Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Anno XXXII
SAN PAOLO
Ottobre 1957
Roma Casa Generalizia,

AVE MARIA, LIBER INCOMPREHENSUS, QUAE VERBUM ET FILIUM PATRIS MUNDO LEGENDUM EXHIBUISTI (S. EPIPHANIUS EP.)

PER I MAESTRI

Le idee fondamentali e direttive nell'insegnamento scolastico sono state riassunte da S. S. Pio XII in un breve discorso recentemente tenuto ai maestri cattolici spagnoli. Ecco la parte principale:
"...intendiamo oggi suggerirvi brevemente, e a mo' di riassunto, soltanto qualche idea, che serva a corrispondere ai desideri che Ci avete manifestato, e, nello stesso tempo, che vi dimostri l'interesse con cui seguiamo la vostra fatica quotidiana.
1) Innanzi tutto, in una società in piena evoluzione come la nostra, dovete conservare la più alta idea della vostra missione provvidenziale:
a) perché essa è e sarà sempre di una necessità imprescindibile, giacché la formazione e l'educazione dei bambini è qualcosa di antecedente a qualunque futura diversificazione sociale;
b) perché essa costituisce la base naturale di tutto quello che si elaborerà posteriormente, procurandole addirittura un tono e un senso, la cui influenza mai si dovrà ignorare; ma, anzi, considerarla come qualcosa di definitivo;
c) perché, anche se il campo della cultura allarga sempre più i suoi confini, è cosa certa che in determinate forme e gradi non sarà mai alla portata di tutti; mentre, invece, i primi passi della cultura comprendono necessariamente tutta la società, a cui può imprimere un timbro ogni volta più definito,
2) Ma perché la vostra missione ottenga piena efficacia, è assolutamente necessario che ne abbiate una idea ben chiara, ricordando:
a) che la vostra missione come maestri non può vedervi ridotti a semplici veicoli nella acquisizione di una scienza più o meno profonda, più o meno vasta; ma dovete essere innanzitutto educatori dello spirito, e, nella debita proporzione, anche artefici delle anime dei vostri scolari;
b) che la vostra missione non può essere concepita come un impegno esclusivamente individuale, bensì come una vera funzione sociale in piena coordinazione specialmente con le famiglie e con le autorità legittime, scambiando con esse elementi di giudizio, mezzi educativi ed il necessario prestigio, con uno scopo comune che è il bene sociale !
c) che la vostra missione può dirsi che vada ben oltre il puramente umano e terreno, facendo di voi dei collaboratori del sacerdote e della stessa Chiesa di Cristo, nell'edificazione delle anime a cui, in modo così singolare, potete prestare il vostro contributo, allo stesso modo con cui purtroppo potreste impedirla.
3) Infine, per poter assolvere pienamente sì alti doveri, sarà necessario che ci sia, da parte vostra:
a) un'assidua dedizione al vostro lavoro, senza sfuggire il sacrificio, e lasciando da parte le vostre ambizioni e profitti;
b) una linea di condotta irreprensibile, perché i vostri alunni, che non distolgono gli occhi su di voi, impareranno più dai vostri esempi che dalle vostre belle parole; specialmente dalla vostra immacolatezza di vita, dalla vostra generosità, pazienza e sincera pietà;
c) un contatto continuo col Signore, specie con l'orazione e con la frequenza ai Sacramenti, perché in cose sublimi e delicate, com'è la prima educazione dei bambini, la parte principale è riservata alla grazia di Dio.
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Per i Gesuiti e tutti i religiosi

Nel discorso tenuto dal Papa alla Congregazione Generale dei Gesuiti (10 settembre 1957) vi sono principi e direttive che si applicano a tutti i religiosi; pur tenendo conto delle diverse particolarità di ogni istituto. Si riporta qui:

Che nessuno vi strappi questa gloria della sana dottrina e della devota ubbidienza dovuta al Vicario di Cristo; né vi sia posto tra voi per quella specie di superbia da «libero esame», propria di una mentalità eterodossa più che cattolica, per la quale non si rifugge dal sottoporre al vaglio del proprio giudizio le disposizioni persino che emanano dalla Sede Apostolica; né si tolleri nessuna connivenza con alcuni che vorrebbero desumere le norme per l'azione e la salvezza eterna da ciò che si fa, piuttosto da quel che si deve fare; né si tolleri che pensino ed agiscano come loro piace colorò ai quali la disciplina ecclesiastica sembri cosa antiquata o, come dicono, vano «formalismo», da cui bisogna senz'altro liberarsi per il culto della verità. Se infatti questa mentalità, presa in prestito dall'ambiente degli increduli, serpeggiasse liberamente tra le nostre file, forse che non si troverebbero in breve tra voi figli indegni e infedeli del vostro Padre Ignazio, che occorrerebbe al più presto recidere dal corpo della vostra Compagnia?
L'ubbidienza veramente perfetta, fin dal principio, fu la caratteristica di coloro che militano per Dio nella vostra Compagnia. Lo stesso vostro Fondatore si spinse tanto che osò proclamare: «Potremmo tollerare che altri Ordini Religiosi ci superino nei digiuni, nelle veglie ed in altre asprezze, che ognuno secondo il proprio Istituto santamente osserva; ma nella purità e' perfezione dell'ubbidienza, che consiste nella rinunzia alla propria volontà ed al proprio giudizio, io desidero vivamente che si segnalino coloro che servono a Dio nostro Signore in questa Compagnia» (Epist. de virtute Obedientiae n. 3). Quanto sia riuscita sempre gradita alla Chiesa l'ubbidienza pronta e totale ai Superiori Religiosi, la fedele osservanza della disciplina regolare, la umile sottomissione, anche di giudizio, a coloro che vi furono preposti dal, Vicario di Cristo, secondo il vostro Istituto, vi è stato tante volte e solennemente dimostrato, da Lui e dai Suoi Predecessori! E' infatti conforme al senso cattolico tale virtù, prescritta, con approvazione della Sede Apostolica, dalla perpetua tradizione degli antichi e venerabili Ordini Religiosi, e che Sant'Ignazio lasciò descritta nella celebre «Lettera; sopra la virtù dell'Ubbidienza». Certamente sbaglia chi ritiene che la dottrina di quel lettera sia cosa ormai da abbandonarsi e che all'ubbidienza gerarchica e religiosa si debba sostituire una certa uguaglianza «democratica»,. per cui il suddito discuta col Superiore sul da farsi finché non si trovino d'accordo sullo stesso argomento.
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Contro lo spirito di superbia e indipendenza, che suole contaminare moltissimi ai nostri giorni, è necessario che conserviate nella sua genuina purezza la virtù dell'umiltà, che Vi rende amabili a Dio e agli uomini (cfr. Const. S. I, p. IX. c. 2, n. 2); la virtù di una totale abnegazione, con cui vi mostriate discepoli di Colui che «si fece ubbidiente fino alla morte» (Phil. 2,8). Sarebbe forse degno di Gesù Cristo Capo colui che, rifuggendo dall'austerità della disciplina religiosa, si industriasse di vivere in Religione come se fosse un uomo di mondo, il quale cercasse a suo piacimento quel che gli sembra utile o gli riesce gradito e dilettevole? Chi pretendesse distruggere la disciplina religiosa col vuoto e abusato nome di «formalismo», sappia che va contro la volontà e il beneplacito della Sede Apostolica e che si illude se fa appello, talora, alla legge della carità per coonestare una falsa libertà, sottratta ai vincoli dell'ubbidienza: che sarebbe infatti questa carità se trascurasse la volontà di Dio nostro Signore, che con voto si sono impegnati a compiere con la vita religiosa?
Quella disciplina severa, che fu vanto e forza del vostro Ordine, sarà ancor essa a conservarci oggi pronti e spediti per le battaglie del Signore e per l'apostolato che chiamano «moderno».
Un bel grave dovere a questo riguardo incombe a tutti i Superiori del vostro Ordine si tratti del Generale, del Provinciale ovvero del Superiore locale. Sappiano essi «comandare con modestia e prudenza» (cfr. Reg. Provincialis 4); con prudenza e con modestia come conviene ai pastori delle anime che si sono rivestiti della benignità, della mansuetudine e della carità di Cristo nostro Signore (cfr. Reg. Provincialis 3); sappiano tuttavia «comandare» e, se occorre, con fermezza, "congiungendo a suo tempo e luogo la severità con la benignità", dovendo rendere conto a Dio delle anime dei sudditi e del loro profitto nell'acquisto della perfezione.
Sebbene infatti le vostre Regole, per una sapiente prescrizione del Fondatore, non obblighino, sotto pena di peccato (Const. p. VI, c. 5), i Superiori tuttavia sono tenuti a promuoverne l'osservanza, né vanno esenti da colpa se tollerano che la disciplina regolare venga qua e là trascurata. Come un buon padre, mostrino) ai sudditi quella fiducia che si suole avere ed e conveniente per i figli, ma insieme, come è dovere di un buon padre, esercitino una assidua vigilanza sui figli, né lascino che essi si allontanino a poco a poco dal ietto sentiero della fedeltà.
Il vostro Istituto descrive sapientemente questo dovere dei Superiori, specialmente locali, riguardo all'uscita dei sudditi dalla casa religiosa e alle loro relazioni con gli esterni, riguardo alla corrispondenza epistolare, i viaggi, l'uso del denaro, fino a curare che tutti compiano fedelmente quegli esercizi di pietà che sono come l'anima dell'osservanza religiosa e dell'apostolato. Ma le Regole, anche se ottime, non giovano, se coloro, ai quali incombe il dovere di sollecitarne l'osservanza, non vi si dedichino con fortezza e costanza.
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«Voi siete il sale della terra» (Matth. 5,13): la purezza della dottrina, il vigore della disciplina, cui si aggiungerà l'austerità della vita, vi conservino immuni dal contagio del mondo e vi rendano degni discepoli di Colui che ci ha redento per mezzo della croce.
Egli stesso vi ha ammonito: "Chi non porta la sua croce e mi segue non può essere mio discepolo" (Luc. 14,27). Perciò il vostro santo Padre Ignazio vi esorta ad "accettare e desiderare con tutte le forze quanto Cristo Signor nostro amò ed abbracciò (Examen generale, c. 4 n. 44; Summ. Const., n. 11); e inoltre «affinché meglio si pervenga a questo sì prezioso grado di perfezione nella vita spirituale, il più grande e più intenso studio di ciascuno deve essere cercare nel Signore la maggiore abnegazione di se stesso e la continua mortificazione quanto sarà possibile, in tutte le cose». (Examen Gen., c. 4 n. 46; Summ. Const., n. 12). Nell'ansia per le novità che s'impadronisce oggi delle menti di tanti uomini, c'è pericolo che si offuschi quel fondamentale precetto di ogni vita religiosa e apostolica l'unione cioè dello strumento con Dio (cfr. Const., p. X, n. 2), e che la nostra fiducia si appoggi piuttosto «su quei mezzi naturali che... dispongono lo strumento ad essere utile ai prossimi» (cfr. Const., p. X, n. 3), in opposizione all'economia della grazia nella quale viviamo.
A vivere quella vita con Cristo crocifisso deve aiutare anzitutto la fedele osservanza della povertà, che stette tanto a cuore al vostro Fondatore; e non soltanto di quella povertà che esclude la indipendenza nell'uso delle cose temporali, ma specialmente di quella cui questa stessa dipendenza è ordinata, e che consiste nell'uso molto moderato delle cose temporali è nella privazione di non poche di quelle comodità che i secolari possono legittimamente reclamare. Potrete, senza dubbio, u-sare a maggior gloria di Dio, con approvazione dei vostri Superiori, quanto può rendere più efficace il vostro apostolato; ma in pari tempo vi priverete volentieri di tutte quelle cose che non sono affatto necessarie al vostro fine pur essendo dilettevoli e piacevoli alla natura, affinché i fedeli vedano in voi i discepoli di Cristo povero, ed eventuali somme esuberanti, lungi dall'essere profuse in sollievi e ricercatezze, vengano destinate a cose utili alla salvezza delle anime. Non è da religiosi l'indulgere a vacanze fuori delle case dell'Ordine senza un motivo straordinario, né intraprendere a scopo di riposo viaggi piacevoli ma costosi, né possedere qualsiasi strumento di lavoro ad uso personale ed esclusivo piuttosto che ad uso e beneficio comune, come esige la natura dello stato religioso. Per amore della povertà e per la ricerca di quella continua mortificazione in tutte le cose, che è propria del vostro Istituto, eliminate senz'altro e con coraggio le cose superflue. Tra esse deve essere compreso l'uso, oggi tanto diffuso, del tabacco, di cui in varie forme si dilettano gli uomini. Essendo religiosi, procurate che quest'uso sia eliminato tra di voi, secondo lo spirito del vostro Fondatore. I religiosi non soltanto con le parole, ma con l'esempio devono predicare l'amore per la penitenza, senza la quale non v'è fondata speranza di salute eterna.
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Tutte queste cose che vi raccomandiamo, benché non siano «secundum hominem» e sembrino anzi troppo ardue alla natura, diventeranno non solo possibili, ma facili e soavi nel Signore, se sarete fedeli a quella vita di orazione che da voi si aspetta il vostro Legislatore e Padre (Const., p. VI, c. 3, n. 1). I vostri esercizi di pietà saranno animati dall'intimo fervore della carità, se sarete fedeli all'orazione mentale alquanto protratta, quale la prescrivono ogni giorno le sante Regole del vostro Ordine. E' proprio soprattutto dei sacerdoti dedicati all'apostolato vivificare tutta la loro attività con una più profonda considerazione delle cose divine, e con una più ardente fiamma di carità verso Dio nostro Signore Gesù Cristo, che, come sappiamo dagli insegnamenti dei Santi, viene soprattutto alimentata con l'orazione mentale. Il vostro Ordine verrebbe meno con assoluta certezza a quello spirito che il vostro Padre e Legislatore si proponeva, se non rimanesse fedele alla formazione ricevuta negli Esercizi Spirituali.
Non c'è nessuno tra voi che condanni o respinga qualsiasi cosa nuova, appunto perché nuova, ma che sia utile alla salvezza e perfezione delle anime proprie e dèi prossimi (cfr. Examen Gen., c. I, n. 2; Summ. Const., n. 2), che è il fine della vostra Compagnia; è anzi quanto mar conforme all'Istituto di Sant'Ignazio e tra di voi costantemente trasmesso, il darsi con tutto lo slancio ad ogni nuova iniziativa, richiesta dal bene della Chiesa e raccomandata dalla. Santa Sede, senza rifuggire da alcun: lavoro di «adattamento». Ma insieme custodite fermamente intatto, contro tutti gli assalti del mondo e del demonio, quanto vi è stato sapientemente trasmesso, appunto perché richiesto dal Vangelo; ovvero dalla stessa natura umana de caduta, l'ascesi religiosa cioè che il vostro Fondatore imparò e prese dagli antichi Ordini.
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