Vocazione - È la volontà di Dio che sceglie alcuno ad una vita più perfetta in terra per una maggiore felicità in cielo. Essa, eccetto nei casi straordinari, risulta a noi dal complesso delle attitudini di intelligenza, di affezione, di pietà, di salute; da un carattere mite e dolce, dall'età conveniente, ecc.: e ripetendo in breve quanto nei trattati appositi è spiegato in lungo, tre sono i segni: retta intenzione, attitudine, assenza d'impedimenti.
a)
Recta intentio candidatorum a confessario convenienter probanda est; quin etiam regulariter exigenda est per certum tempus consilii constantia. Saepe enim fit ut quis sensibili potius aestu quam voluntatis proposito vitam religiosam appetat. De cetero, sciunt omnes veram vocationem aliquando ab humano eventu originem sumere.
b)
Aptitudo pro statu religioso consistit potissimum in recto judicio, in animo jugo oboedientiae submisso, in indole bona, in scientia relative sufficienti. Parum apti sunt ad externam et communem consiliorum professionem, qui sunt ingenii nimis tenaces, animi insolentis, ad invidias suspicionesque propensi, parum sociabiles, qui humanis solatiis nimis indigent, etc. A fortiori parum apti sunt qui nimiam continendi experiuntur difficultatem, maxime si ingredi intendunt religionem clericalem. - Attamen, quoad haec omnia, perpendi debent candidati vires et spes emendationis; semina enim idoneitatis quandoque paulatim et post strenuos conatus voluntatis crescunt et vegetiora apparent (cfr. mox dicenda sub
c).
c) Ad
absentiam impedimentorum quod spectat, notandum, hos esse signum negativum idoneitatis, et ibi intervenire factum humanum, quod ingressum prohibet. Nihilominus non laevis momenti est signum istud; Deus enim per circumstantias exterioresque eventus suam voluntatem manifestare solet. Aditus enim ad claustrum interclusus est iis quos supra indicavimus, n. 2137. -
Status peccati, dummodo fundata spes emendationis detur, non est ratio cur aliquis a proposito vitae religiosae retrahatur. (Morale del Marc, n. 2142).
I chiamati al sublime stato non sono: spostati, incapaci di un posto nella società; né dei caratteri strani, alteri, ecc.; né dei rifiuti di scuole o di famiglie, sebbene è evidente, in questo stato, non richiedesi l'inclinazione allo studio che nella vita sacerdotale. Essi sono dei fortunati, beniamini di Dio. In essi dobbiamo trovare delle condizioni e attitudini che ricordino quelle di San Giuseppe.
Il Signore ci dia lume e virtù e grazia per conoscere, zelare e formare queste anime al divino servizio. Notiamo che gli schiavi dell'invidia, che non lottano per estirparla efficacemente, non sono atti alla vita di comunità.
Molto si è fatto in questi ultimi mesi per i Discepoli e con frutto buono; il Signore attende però ancora tanto, tanto! Portiamo anime generose al Divino Maestro: Egli ritiene come fatto a sé quanto facciamo ad esse.
Ci benedica
Aff.mo Maestro ALBERIONE