Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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una consorella. Il biglietto era infatti accompagnato da un voluminoso dossier dattiloscritto, con la raccolta completa delle preghiere alberioniane già note, più una serie di orazioni tratte dalle Brevi meditazioni per ogni giorno dell'anno o colte dalla viva voce del Fondatore al termine delle sue meditazioni, dettate alle stesse Figlie di San Paolo in epoca imprecisata.2
È anche sulla scorta di questo dossier che intraprendiamo il presente lavoro per la serie Opera omnia di Don Alberione.

I. DALLA VITA ALLA DOTTRINA

Tutta l'esistenza di Don Alberione fu una trama intessuta di preghiera e di azione apostolica, secondo il motto benedettino che gli era familiare, e che tradusse come norma per i suoi: «L'orazione prima di tutto, sopra tutto, vita di tutto» (San Paolo, 20 agosto 1937).
E come Gesù ai dodici, che lo supplicavano di insegnare loro a pregare, propose la formula del Padre nostro, così Don Alberione - vivendo intensamente egli stesso la preghiera - la insegnò ai suoi, tramite formule intese come veicoli concreti di uno spirito, contenitori di un deposito destinato a durare.
Le sue preghiere sono un saggio della sua fede in Dio, della sua devozione alla persona di Cristo, e di Maria, e di San Paolo; una testimonianza dello spirito che ha informato tutta la sua opera.
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Don Alberione orante

È noto che Don Alberione citava spesso, come norma di priorità e criterio di azione, il versetto degli Atti in cui Luca riassume in due verbi la vita terrena di Gesù: «fece e insegnò» (At 1,1). La pratica vissuta precede l'insegnamento. Ciò vale anche per la preghiera. Prima di insegnare la preghiera ai suoi discepoli, Don Alberione pregò intensamente egli stesso.
Che fosse uomo di preghiera è cosa risaputa. Ma ci stupisce sempre, come di un fatto nuovo, la qualità e l'intensità della sua preghiera, che sta all'origine della sua opera, e grazie alla quale egli ha arricchito la Chiesa.
È celebre la lunga adorazione notturna che segnò la vocazione e l'inizio del suo percorso di maturazione spirituale.3 Alla luce di quella esperienza eucaristica, Don Alberione improntò la sua vita personale, la sua pietà, le sue iniziative apostoliche e la tematica fondamentale della formazione da lui impartita ai discepoli e alle discepole.
1. Fin da bambino, in famiglia, egli era allenato alla preghiera, come lascia intendere la sua precoce intuizione vocazionale e il fatto di essere stato ammesso alla Prima Comunione in anticipo rispetto ai compagni (cf. AD 9.11). Significativo in proposito un ricordo del fratello minore, Tommaso: «Io sono andato tante volte a Messa con Giacomino, anche nei giorni feriali... La mamma diceva le preghiere e il Rosario in casa, e gli altri rispondevano...
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Sulla parete, in capo al letto, avevamo il crocifisso, il quadro della Madonna e di San Giuseppe; Giacomino aveva anche delle statuine con le quali faceva il presepio a Natale».
E ancora, sia prima che dopo l'ingresso in Seminario: «Quando eravamo a casa, Giacomino studiava, pregava, e veniva a lavorare in campagna...».4
2. Durante gli anni della formazione seminaristica, Giacomo Alberione maturò, oltre la pratica della preghiera personale, un'autentica passione per la liturgia. In Abundantes divitiæ gratiæ suæ egli elenca sull'argomento una diecina di autori, dei quali lesse le opere, e due periodici di storia e vita liturgica regolarmente seguiti, incoraggiato anche dal nuovo clima che si andava formando col movimento liturgico e l'opera pastorale di Pio X. Da allora Don Alberione «gustò sempre meglio la preghiera della Chiesa e con la Chiesa...».5
Né dobbiamo ignorare quel travaglio di maturazione che precedette la notte di luce di fine secolo. Negli anni successivi egli confidava la sua drammatica esperienza alle pagine del suo diario giovanile, che possiamo considerare le Confessioni del giovane Alberione.6 Egli parlava di un'anima avvilita e tentata dal suicidio, che non vuol morire ma accetta la morte come sacrifizio di espiazione; parlava di un terribile stato, di un intreccio di
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sciagure e di inganni, di infelicità, di anni turbinosi e fatali...7
Nel culmine di quella crisi, il giovane seminarista incontrò per la prima volta in modo personalissimo la Vergine Maria, invocata con espressioni che richiamano il grido di un naufrago sul punto di affondare: «Salvami, o Maria, da sì terribile stato, da sì schifoso fango!» (SC 11). «O Maria, intercedi per me; Mater misericordiæ, soccorri, difendi, proteggi. Mostrami la via... Salva me, fons pietatis» (SC 101).
3. La preghiera di Alberione prete, prima della fondazione paolina, è testimoniata direttamente da due corpose formule di orazione rivolte a Gesù Salvatore,8 e indirettamente dal suo libro Appunti di Teologia Pastorale (ATP), edito a Torino nel 1912. Nel primo capitolo, dedicato ai Fondamenti dello zelo, l'autore pone come fondamento di tutto la pietà. Ma precisa:

«Quando si dice pietà si intende una vita. Essa non è, come erroneamente la intendono anime superficiali, un semplice formalismo esteriore, né... un'illusione di spiriti affetti da misticismo: no. Essa è tutta un'attività interna che si manifesta all'esterno con la fecondità delle opere. Lo spirito illuminato dagli splendori della fede è il primo ad entrare in azione: fissa il suo sguardo in Dio e penetra ogni giorno più innanzi in quest'essere infinito. Il cuore poi vi prende subito parte: sotto il fascino della bellezza e della verità si lascia condurre all'amore ed all'unione con Dio. La volontà poi sotto l'influsso della grazia prende risoluzioni più forti, opera più vigorosamente. Allora ne appaiono gli effetti esterni: il carattere si addolcisce, le parole risentono della carità soprannaturale,
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le mani son più pronte allo zelo; ed ecco i frutti: le opere. Si noti bene però che, siccome ogni vita ha bisogno di nutrimento, così la pietà dev'essere alimentata. Le pratiche di pietà sono gli alimenti, e le virtù i frutti» (ATP 7).

Chi si esprime così non può essere che un uomo di pietà, cioè di preghiera autentica. E tale apparve Don Alberione ai pionieri della vita paolina, quando - ancora alunni del Seminario di Alba all'inizio degli anni Dieci - seguivano le lezioni e le meditazioni del giovane prete, affascinati dal suo modo di pregare e di celebrare le azioni liturgiche.9 Affascinati al punto di affrontare ostacoli ed opposizioni, da parte dei familiari e degli stessi superiori del Seminario, pur di seguire il Signor Teologo nell'avventura della nuova fondazione.10
Tornando al testo degli Appunti, sono illuminanti i titoli degli argomenti che esplicitano la pietà: Meditazione, Lettura spirituale, Breviario, S. Messa, Visita al SS. Sacramento, Esame di coscienza, Confessione, Divozione a Maria SS., a San Giuseppe, all'Angelo Custode, alle Anime purganti, Aggregazione dei Sacerdoti adoratori, Lega Sacerdotale riparatrice... Temi nati dalla vita di un giovane presbitero, che li propone ai suoi giovani confratelli come orientamenti vitali. E dei quali, peraltro, troviamo conferma nel vissuto di Don Alberione maturo, fino al termine dei suoi giorni.11
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Ancora una testimonianza: nel registro dei sacerdoti monfortani in Roma, in data 26 aprile 1910, figura il nome di Giacomo Alberione, Professore del Seminario di Alba, fra coloro che in quel giorno si consacrarono a Maria Regina dei Cuori. Come vedremo, la consacrazione a Maria sarà uno dei capisaldi della preghiera e della spiritualità alberioniana.
4. Da fondatore della Famiglia Paolina, Don Alberione si manifestò subito, oltreché uomo di preghiera, anche un originale maestro di preghiera.12 Tra i suoi scritti esiste un'opera in due volumi, frutto di un corso di Esercizi spirituali predicati ai sacerdoti della Società San Paolo nel 1934, che sviluppa il discorso sulla vita di pietà, sulla necessità della preghiera e sulle sue diverse espressioni.13 In un articolo del 20 agosto 1937, egli ne dava notizia e ne riassumeva il contenuto nei seguenti termini:

«La preghiera per l'uomo, il cristiano, il religioso, il Sacerdote è il primo e massimo dovere.
Nessun contributo maggiore possiamo dare alla Congregazione della preghiera; nessuna opera più utile per noi della preghiera; nessun lavoro più proficuo per la Chiesa in un sacerdote della preghiera.
L'orazione perciò prima di tutto, soprattutto, vita di tutto.
Può venire la tentazione: ho molto, troppo lavoro: ma il primo lavoro per te, il massimo mandato per un Sacerdote, il principale apporto alla Congregazione è la preghiera.
Con illusione qualcuno forse cercherà scusare la mancanza di orazione dicendo che è molto occupato.
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Ma è proprio questa la vera ragione? Oppure si trova soverchio il lavoro perché non precede la preghiera, per la quale facilmente si sbrigherebbero le altre occupazioni?
Occupazioni? Ma la Chiesa, la Congregazione, l'anima nostra ci chiedono la preghiera, poi il rimanente in quanto possibile.
Occupazioni? Sì, ma non urgono in generale le altre, se non dopo questa.
Occupazioni? Prima Dio, poi gli uomini.
Occupazioni? Ma la vita delle altre opere è la grazia, perciò senza la preghiera faremmo opere morte.
Maledictum studium, apostolatum etc. propter quod relinquitur oratio...
Il lavoro senza l'orazione, per il Sacerdote, si riduce al cimbalum tinniens, cioè cose che forse impressionano all'esterno, ma non hanno vita né merito... Non ha diritto di comandare chi prima non ossequia Dio; non può consigliare o predicare chi non riceve la luce da Dio; non educa in quanto sta a lui alla vita soprannaturale chi non la vive veramente...
Non creda un Sacerdote di pregare abbastanza perché dice la Messa, perché recita il Breviario, prepara qualche predica agli altri; no: deve ancora fare l'esame di coscienza, la visita, la meditazione, ecc.
Nelle Case, quindi, il principio fondamentale: Tutto sia fondato sullo spirito di preghiera: prima la Cappella, l'orazione, la Visita al SS. Sacramento, l'esame di coscienza, fedeltà alla confessione settimanale, Rosario quotidiano intero, ecc. Al mattino, prima di dare alle anime, prendiamo per noi e per loro da Dio...».14
Che questo principio fondamentale vigesse nella prassi personale di Don Alberione, non occorre ripeterlo.
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Sappiamo che la sua giornata iniziava abitualmente con la celebrazione eucaristica alle ore 4,30, contemplava ancora tre ore di orazione prima del lavoro mattutino, e si concludeva spesso con la confessione sacramentale e la preghiera di compieta, la sera, dopo aver santificato l'inizio del lavoro pomeridiano con un'ora di adorazione nella Visita eucaristica.15
Una testimonianza autobiografica di indubbio valore è rappresentata dalle invocazioni A Gesù Maestro che concludevano ogni esame di coscienza, registrate nel suo taccuino personale durante gli Esercizi solitari del 1947: esempi commoventi di fede e di sincerità.16
Ma non meno commoventi e significative sono le note sulla preghiera del Fondatore durante gli ultimi due anni di vita, che il segretario D. Antonio Speciale registra nel suo Diario. Eccone alcuni cenni:

«2 giugno 1969: [Il Primo Maestro] passa la giornata pregando e leggendo, e dice questo anche a coloro che gli stanno vicino: Posso ora solo pregare e leggere. Quando è stanco di passeggiare recitando il Rosario, si siede al suo scrittoio e trascorre il tempo pregando con il libretto delle nostre preghiere...
2 novembre 1969: Il Primo Maestro stamattina celebra la Messa al suo altarino alle ore 5,30; dopo si ritira in camera per la preghiera di ringraziamento. Verso le 7,30 incominciano a farsi sentire i dolori, che lo straziano... Dice alla Suora che l'assiste: Fammi una preghiera!.
1° febbraio 1970: Verso le ore 19, si prepara alla sua confessione con il libro delle nostre preghiere e col suo taccuino.
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16 febbraio 1970: Il Primo Maestro celebra la Messa al suo altarino, come al solito, verso le 5,30; dopo si ritira in camera per il ringraziamento. I dolori ad intervalli lo tormentano... Lo trovo, a un certo orario, seduto al tavolino con il libretto delle preghiere, e ripete: Lassù è la nostra patria.
14 marzo 1971: Verso le ore 19, come regola, rimane solo a pregare con il libretto delle nostre preghiere e rivedendo il suo taccuino con appunti e propositi, in attesa del confessore.
10 novembre 1971: Nel pomeriggio... recita il santo Rosario con Madre Giuditta e Fratel Silvano... poi desidera rimanere solo a pregare con il libretto Le preghiere della Famiglia Paolina; preferisce recitare qualche preghiera a Gesù Maestro, altra alla Regina degli Apostoli, altra a S. Paolo. Si confessa prima della cena...
26 Novembre 1971 [ultimo giorno di vita]: Verso le 3,30 del mattino, riceve l'Unzione degli Infermi e assiste alla messa celebrata all'altarino della sua stanza, ove negli ultimi tre anni ha celebrato ogni mattina... - Verso le ore 6 si riesce a cogliere alcune parole, che sono le ultime uscite dalle labbra del Primo Maestro: Muoio... Paradiso... Prego per tutti».

L'orizzonte teologico

1. L'orizzonte nel quale si pone Don Alberione orante - e dove occorre situarci per comprendere la ricchezza delle sue preghiere - è la grande visione biblica della Salvezza, che egli volle esplicitare in un Invito preposto al manuale Preghiere della Pia Società San Paolo, edizione 1946.17 Ne riportiamo per esteso la redazione, corretta e ampliata, dell'edizione 1971.

«INVITO - Il fine ultimo di Dio nella creazione, redenzione e santificazione nostra, è la sua eterna gloria. Siamo creati, redenti e santificati per glorificare Dio in questa vita e
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nell'eternità. Dio ha disposto in tal modo le cose che le creature (angeli e uomini) trovino la loro felicità nel glorificare lui.
La preparazione più diretta all'ingresso in cielo sta nel vivere l'insegnamento di san Paolo: ...qualunque cosa facciate, tutto fate a gloria di Dio. Questa deve essere la prima e costante preoccupazione dell'anima che aspira alla santità. È un prevenire la vita celeste.

[Vivere in Cristo] - Il mezzo generale e necessario per arrivare a vivere l'eterna nostra felicità è la santificazione di tutto il nostro essere. Questo si opera vivendo in Gesù Cristo: L'amore di Dio verso di noi si è dimostrato in questo: Dio ha mandato nel mondo il Figlio suo Unigenito, affinché noi avessimo la vita per mezzo di Lui (1Gv 4,9). Egli è la vite, l'uomo un tralcio; se il tralcio vive della linfa santificatrice di Gesù Cristo darà frutti di vita eterna; distaccato dalla Vite-Gesù, dissecca e viene gettato nel fuoco (cf. Gv 15,1-8).
Questa unione con Cristo dev'essere piena, mediante la fede nella parola di lui, l'imitazione di lui, l'unione con lui, vita della nostra anima mediante la grazia.

[Cammino verso la santità] - La vita presente è preparazione di tutto il nostro essere: mente, volontà, cuore e corpo al paradiso. La nostra stabile dimora è nell'eternità: o sempre salvi con Dio o sempre dannati nell'inferno.
Salvare l'anima nostra è il compito assolutamente necessario, l'unico. Sulla terra siamo sottoposti ad una prova; beato l'uomo che, superata la prova, riceve la corona. Per superare la prova dobbiamo conoscere, servire e unirci al Signore, amandolo con tutto il cuore e sopra ogni cosa, poiché Dio è il sommo bene e nostra eterna felicità. Tutti i doni naturali e soprannaturali che abbiamo sulla terra costituiscono il mezzo per conseguire la salvezza. Il divino Maestro disse: Che gioverebbe a un uomo guadagnare tutto il mondo, se perdesse l'anima sua? (Mt 16,26).
L'aspirante alla vita religiosa, e chiunque vuole assicurarsi il paradiso, deve con ogni impegno lavorare alla propria santificazione.
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Chi poi ha emesso i voti religiosi, si è assunto l'obbligo stretto di tendere alla perfezione, sia per gli impegni contratti che per l'abbondanza dei mezzi dati dalla divina Bontà.
Occorre un lavoro spirituale intenso, costante, che, per quanto faticoso, è il più nobile e consolante. Esso, nello stato dell'uomo decaduto per il peccato originale, ha due compiti: 1) Togliere il male, che viene dalle cattive inclinazioni interne e dall'azione del demonio e del mondo, mediante il combattimento spirituale, l'abnegazione, la fuga dei pericoli e del peccato: Evita il male; 2) Ordinare l'uomo alla soprannaturale unione con Dio. Tutto l'uomo deve orientarsi e unirsi a Dio: la mente con una viva fede; la volontà con una vita virtuosa; il cuore con sentimenti soprannaturali: Fa' il bene.

[Gesù, Via, Verità e Vita] - In Dio vi è ogni bene, per la vita presente e per l'eternità.
La nostra unione con Dio si effettua per mezzo di Gesù Cristo, nello Spirito Santo. Gesù è mediatore tra Dio e l'uomo. Egli compì la sua missione con i suoi tre principali uffici: di Maestro e Dottore, essendo la Verità; di Re ed esemplare, essendo la Via; di Sacerdote ed Ostia, essendo la Vita.
Disse il Maestro divino: Io sono la Via e la Verità, la Vita (Gv 14,6). Cioè: Io sono la via che devi percorrere; la verità che devi credere; la vita che devi sperare (Imit. 3,56). Egli vive nell'anima in grazia, e l'anima in grazia vive in lui: a gloria di Dio e pace degli uomini.
Gesù Cristo compie quest'opera, per ogni singolo uomo, per mezzo della Chiesa. Essa predica le stesse verità, guida con un governo amabile i fedeli, comunica la grazia, santificando le anime con i sacramenti. Così possiamo vivere in Gesù Cristo sulla terra, per poi vivere eternamente felici nel cielo.

[Il buon combattimento della fede] - Si perde chi s'allontana da Dio facendo il peccato, che è allontanamento da Dio e avvicinamento alle creature: al peccato segue la rovina spirituale. Si salva invece chi cerca Dio: allontanamento dalle creature e avvicinamento a Dio.
I nostri propositi e il vero lavoro spirituale devono avere una parte negativa ed una positiva. Ad esempio: lotta contro
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la superbia per sostituirvi l'umiltà; lotta contro la concupiscenza della carne per sostituirvi la mortificazione e la castità; lotta contro l'avarizia e lo spirito di comodità per sostituirvi la carità e la povertà. Si tratta di svestire il vecchio Adamo, per vestire l'uomo nuovo, Gesù Cristo (cfr. Ef 4,24).
Nell'uomo, sebbene molte siano le passioni e le inclinazioni al male, una tra esse è predominante: il conoscerla, combatterla e metterla al servizio di Dio, praticando la virtù contraria, è compiere il vero lavoro spirituale.
È cosa saggia, facile, efficace, dividere e prendere un punto particolare.
Questo lavoro sarà ordinato: 1) Negli esercizi spirituali e nel ritiro mensile: la persona si esamina e, con il consiglio del confessore, sceglie il proposito principale. - 2) Negli esami di coscienza, preventivo, particolare e generale, che si fanno ogni giorno; poi nell'esame settimanale, mensile e annuale. - 3) Nella giornata esercitare una vigilanza costante sui pensieri, i sentimenti, gli atti per operare l'opposto di quanto vorrebbe la cattiva inclinazione: Age contra. - 4) Nella meditazione quotidiana, come pure nella Messa e nella comunione, nell'adorazione eucaristica e nel rosario di ogni giorno si rinnova il proposito, pregando incessantemente per ottenere la vittoria.
L'esame di coscienza ha il principale frutto nella conoscenza di noi stessi.
La meditazione mira particolarmente a rafforzare la volontà e a far rinnovare i propositi.
La comunione aumenta in noi la grazia e stabilisce l'unione con Gesù Cristo.
La lettura spirituale, come pure le conferenze, hanno specialmente lo scopo di istruire la mente.
L'adorazione a Gesù eucaristico e la santa Messa hanno di mira tutti e tre i frutti: per la mente, la volontà, il cuore. In pratica, però, non sono mai del tutto separati i tre frutti dell'istruzione, del conforto e della grazia. Né conviene preoccuparsi di volerli distinguere: l'uomo è sempre uno e la perfezione sta nell'unirsi a Gesù Cristo.
Ogni proposito, perché sia completo e, attraverso Gesù Cristo, ci unisca a Dio, deve abbracciare la mente, la volontà, il cuore.
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Se alla superbia, per esempio, si vuole sostituire l'umiltà, conviene coltivare nella mente, secondo la fede, pensieri umili; con la volontà, seguire Gesù nella sua vita umile; col cuore, coltivare sentimenti di umiltà e chiedere questa preziosissima grazia con la preghiera. Così si dica di ogni altra virtù.
L'uomo allontanerà così la mente, la volontà ed il cuore dal male; e in Gesù Cristo unirà tutto se stesso a Dio, sommo bene ed eterna felicità.

[Incorporati a Cristo] - In realtà le varie devozioni sono ordinate alla vera ed unica divozione a Gesù Cristo, Via e Verità e Vita. Pratiche e devozioni varie sono mezzi per vivere in Gesù Cristo: e per Gesù Cristo, con Lui e in Lui glorificare Dio. Questa è la vita eterna, pregustata sulla terra e beata in cielo.
Incorporati a Gesù Cristo, vivremo in Lui nel cielo. Il paradiso è premio completo: alla mente per la visione; alla volontà per l'amore beatifico; al cuore per il gaudio eterno; al corpo per la glorificazione. Io preparo per voi un regno come il Padre mio ha preparato un regno per me, disse il divino Maestro (Lc 22,29).
Dice san Paolo: Lo stesso Spirito attesta al nostro spirito che noi siamo figli di Dio. Se dunque siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio e coeredi con Cristo, giacché soffriamo con Lui, per essere con Lui glorificati (Rm 8,16s). E ancora: Stimo che le sofferenze del tempo presente non possano essere paragonate alla futura gloria che si rivelerà in noi (Rm 8,18). - SAC. G. ALBERIONE».

Così l'Invito alle Preghiere.

2. Focalizzando ulteriormente la prospettiva sulla centralità di Cristo, Don Alberione ci offre due parametri per verificare e vivere pienamente la preghiera in Cristo e nella Chiesa. Li troviamo in due celebri passi della sua catechesi più matura.
In Abundantes divitiæ gratiæ suæ (1953) egli propone il criterio della totalità, o integralità:
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«Tutto l'uomo in Gesù Cristo, per un totale amore a Dio: intelligenza, volontà, cuore, forze fisiche. Tutto: natura, grazia, vocazione, per l'apostolato. Carro che corre poggiato sulle quattro ruote: santità, studio, apostolato, povertà» (AD 100).

Detto in altri termini: attivando in Cristo tutte le facoltà, si realizza la preghiera della vita.
Successivamente, nel volume Ut Perfectus sit (1960), Don Alberione ci consegna il filo conduttore: quel filo rosso che ha guidato la rivelazione del Verbo e la sua consegna a noi come Via e Verità e Vita, e così ci consente di risalire al Padre con tutto il nostro essere, in attesa della beata speranza.

«Vi è una linea retta tra In principio erat Verbum; et Verbum erat apud Deum [Gv 1,1] e la consumazione dei tempi e l'eternità nostra in Dio per Gesù Cristo. Questa linea (o via) è Gesù Cristo, Via, Verità e Vita.
Dio è uno nella natura, trino nelle Persone: e, per attribuzione, si dànno la potenza al Padre, la sapienza al Figlio, l'amore allo Spirito Santo... Come Dio è uno, così l'uomo è uno; ma vi sono in lui tre facoltà: la volontà, riflesso dell'onnipotenza del Padre; l'intelligenza, riflesso della sapienza del Figlio; il sentimento, riflesso dell'amore dello Spirito Santo...
Adamo peccò. Perdette la grazia che lo costituiva amico di Dio; e rimase in deterius commutatus,18 anche quanto alla mente, sentimento, volontà. Aveva bisogno di essere riabilitato nel suo stato primitivo mediante la grazia ed i beni con essa connessi. Il Figlio di Dio venne a riparare la primitiva costruzione, restaurare l'uomo e le sue facoltà. Per questo restaurò la mente (è Verità), restaurò la volontà (è Via), restaurò il sentimento (è Vita).
Gesù Cristo vive nel cristiano, rifatto immagine e somiglianza di Dio Uno e Trino: in cielo... si immergerà per il Cristo in Dio; ogni Persona divina contribuisce alla beatitudine dell'uomo. Perché sia piena la felicità, ogni facoltà sarà
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2 Il lavoro, molto accurato anche se condotto con mezzi di fortuna (vecchia olivetti, carta di copertine avanzate), è opera della compianta Maestra Agata Bernardini FSP, che lo aveva subito iniziato, ma dovette sospenderlo nel luglio 1953, quando fu inviata in Giappone. L'opera incompiuta rimase fino ad oggi in archivio. Il biglietto e il dossier ci sono stati gentilmente forniti da Sr. Mercedes Mastrostefano, archivista FSP di Via Antonino Pio, Roma.

3 «La notte che divise il secolo scorso dal corrente fu decisiva per la specifica missione e spirito particolare in cui sarebbe nato e vissuto il suo futuro Apostolato. Si fece l'adorazione solenne e continuatain Duomo, dopo la Messa solenne di mezzanotte, innanzi a Gesù esposto... Una particolare luce venne dall'Ostia santa, maggior comprensione dell'invito di Gesù “venite ad me omnes”... La preghiera durò quattro ore dopo la Messa solenne...» (AD 13-19).

4 Testimonianza riportata da G. BARBERO, Il sacerdote Giacomo Alberione..., 2

a ed., Roma 1991, pp. 63-64.

5 «Grande giovamento [gli recò] la lettura dei libri di Guglielmo Durando... Impressione particolare [ricevette da] l'opera di Pio X per il canto sacro, per il breviario, per l'insegnamento della liturgia. Fatto poi maestro di cerimonie, sacrestano del seminario, cerimoniere del Vescovo... gustò sempre meglio la preghiera della Chiesa e con la Chiesa...» (AD 71-72).

6 È una piccola raccolta di note intime, redatte nel 1901-1903 e pubblicate postume sotto il titolo “Sono creato per amare Dio” (SC), a cura di G. Barbero, Edizioni Paoline, Roma 1980.

7 Per questo tema, come per altri dati biografici e il contesto in cui Giacomo Alberione visse ed operò, si rimanda alle biografie finora pubblicate, in particolare Luigi ROLFO, Don Alberione. Appunti per una biografia, San Paolo, Cinisello Balsamo 1998

3 , e Giuseppe BARBERO, o.c.

8 Sono pubblicate più avanti, nella rispettiva sezione.

9 Si leggano in proposito le interviste dei suddetti “pionieri” rilasciate a D. Giovanni Roatta per il bollettino Novità di Vita, negli anni 1974-1976.

10 Fu questo il caso di Paolo Marcellino, Saverio Borrano, Giovanni Chiavarino, Francesco Fenoglio e altri. P. Marcellino: «Vidi per la prima volta Don Alberione in chiesa, quando venne a dir Messa: mi fece tale impressione che mi conquistò, e basta! Mi pareva proprio un Angelo che passasse, un uomo di Dio...».

11 Ne dà testimonianza esplicita il Segretario personale del Fondatore, D. Antonio Speciale SSP, nel suo Diario (inedito), che d'ora in avanti sarà citato semplicemente con Diario.

12 Ecco una testimonianza: «17 gennaio 1919: Il Signor Teologo aveva già spiegato ai giovani Il gran mezzo della Preghiera [di S. Alfonso]; ora sta spiegando L'anima di ogni apostolato [dell'abate Chautard]» (G. Barbero, “Momenti dello spirito”, dattiloscritto).

13 Oportet orare (vol. I, a cura di T. Giaccardo, Tip. Pia Società San Paolo, Alba, Luglio 1937) e È necessario pregare sempre (vol. II, Tip. Figlie di San Paolo, Alba, Ottobre 1940).

14 San Paolo, Roma, San Bernardo [20 agosto] 1937. - Significativa una nota del Segretario: «Il 16 maggio 1955, a Homebush, N.S.W. [Australia], il Primo Maestro tiene una meditazione ai Nostri e alle Figlie [di S. Paolo] che ha per tema “la preghiera” e dice che bisogna “pregare bene, fino a sentirne il gusto, il desiderio, l'intelligenza...”. Il giorno seguente (17) tiene altra meditazione sullo “stato di preghiera”» (Diario).

15 Un caso fra i tanti: «2 Dicembre 1951. È partito verso le ore tre della notte, con Maestra Rosaria (FSP) alla guida della macchina, diretto a Bari. La prima cosa che fa durante il viaggio: recita delle preghiere con la coroncina del giorno - un pensiero di meditazione - Breviario, ecc.» (Diario).

16 Cf. L'Apostolo Paolo modello di vita spirituale, a cura di S. Lamera, Edizioni Paoline, Roma 1972; seconda edizione: Paolo Apostolo, a cura di G. Di Corrado, E.P., Roma 1981.

17 Tale visione fu ulteriormente esposta nell'opuscolo Via Humanitatis: Per Mariam in Christo et in Ecclesia, “Dono natalizio” 1947.

18Mutato in peggio”.