Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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CAPO II
NORME AL CLERO IN GENERALE,
PER RIGUARDO ALLA CURA D'ANIME

I. Conciliare lo zelo colla prudenza. - Oramai la prudenza è divenuta la scusa di tutti gli inerti, mentre lo zelo la scusa d'ogni imprudenza: così diceva, sebbene con qualche po' d'esagerazione, un sacerdote. Ma non mancava del tutto di ragioni. Spesso quelle frasi: oramai conosciamo il mondo... non si riesce a far nulla... eh! quel tale è giovane, è nato ieri... vuol fare, ma sbolliranno gli entusiasmi, ecc.: sono frasi che tendono a coprire una inerzia inveterata, lo spirito di comodità, il nessun zelo per le anime... D'altra parte quel criticare con tanta facilità i vecchi, o chi pare essere troppo calmo, quel gettarsi nell'azione senza chiedere consiglio e senza avere studiato lungamente il proprio ambiente e le proprie forze, sotto il pretesto che conviene agitarsi, che «chi pecora si fa il lupo la mangia», ecc., sono imprudenze volute coprire colla ragione dello zelo.
Conviene studiare, pregare, consigliarsi: conviene tralasciare un'opera piuttosto che farla contro la volontà dei superiori: conviene osservare se la si potrà condurre a termine: ecco la prudenza. Ma non bisogna essere eternamente così indecisi da temere sempre e da credere che ogni difficoltà sia una ragione per
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desistere, tramandare, tralasciare: tutto il bene importa noie, disturbi, inconvenienti: anche il dire il breviario, la Messa, ecc., e le opere umane, per quanto buone, saranno sempre imperfette. Che se si attende d'essere certissimi dell'esito di una impresa, si finirà col fare mai alcuna cosa. Se i Santi e Gesù Cristo stesso avessero atteso che tutti approvassero le loro opere non avrebbero fatto il gran bene che hanno fatto. È d'uopo esaminare innanzi a Dio: e quando una cosa è buona in sé e nel suo complesso: quando il Superiore approva, giova scuotersi ed agire con coraggio e costanza.
È necessario lavorare: occorre attendere alle cose del ministero con ogni impegno: è dovere ai giorni nostri trascurare nulla di ciò che può attirare le anime al paradiso: questo è zelo. Ma non per questo è permesso atteggiarci a maestri dei Superiori; non per questo è permesso procedere a casaccio, senza ponderare le circostanze, senza osservare alcun ordine.
Ben a proposito si ripete spesso: i vecchi hanno la prudenza, i giovani l'energia; d'accordo possono operare meraviglie, divisi si inciampano e rovinano tutto. Il giovane però s'umilii, e chieda consiglio, il vecchio l'ascolti, lo diriga, ma non ne atrofizzi tutte le energie.
II. Nella scelta del bene giova preferire quello non fatto da altri. - Vi sono alcune opere che godono il favore generale, tutti le appoggiano con aiuto materiale e morale. Esse quindi possono prosperare senza che un nuovo cooperatore venga ad aggiungersi ai primi. - Ve ne hanno altre invece che spesso sono più necessarie, ma godono poco favore, o perché sono più nascoste, o perché importano maggiore sacrifizio,
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o perché il compirle non è cosa onorifica o perché non comprese. Ebbene è a queste che un Sacerdote coeteris paribus presterà di preferenza il suo concorso. Si avrà il vantaggio che si opererà un bene più vasto: si avrà maggior merito innanzi a Dio: non si sarà così inclinati alla superbia.
III. Prendere nota dei mezzi usati, delle sconfitte e delle vittorie. - Giova l'esperienza altrui, ma assai più la propria a renderci prudenti. Ma per acquistare esperienza non è necessario vivere lunghissimi anni: vi hanno alcuni così riflessivi che in pochi anni e qualche volta in pochi mesi ne imparano più che altri con una vita lunghissima: alcuni anzi imparano mai. I fatti che si succedono più o meno si rassomigliano, spessissimo non sono che una ripetizione di altri. Ma si richiede riflessione a cogliere le cose, a meditarle, a cavarne le regole. Mezzo efficacissimo a tale scopo si è: annotare i principali mezzi tentati: l'esito che hanno avuto: i disinganni patiti. Un parroco che tenesse un diario della sua cura pastorale imparerebbe dalla propria esperienza assai più di cura pastorale in un anno che forse in dieci di studio sui libri.
IV. Mostrarsi sempre ragionevoli nel ministero. - Spiego il mio pensiero: dimostrare che ciò che facciamo è tutto pel bene altrui, che la religione è utile non solo al prete, ma a chi la pratica, che essa non esige stranezze, ma promove e inculca una morale che renderebbe felice l'uomo e buona la società, se venisse praticata. Diverse applicazioni: spesso ad un sacerdote è doveroso proibire la lettura di libri o giornali: qualche volta egli deve schierarsi pel partito del bene, contro il partito del male, ecc. In questi casi dimostri che non lo fa per interesse proprio, ma pel
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vantaggio delle anime altrui; non dica ad es.: io ti proibisco questo libro; ma dica: questa lettura è proibita senza grave necessità, poiché diminuirebbe lo spirito di fede, abbasserebbe il livello morale, ecc., altri l'han fatta e ne ebbero danno, ecc.
Inoltre: mostrarsi sempre amico del vero progresso anche materiale, non opponendosi, anzi favorendo, moderatamente, le buone iniziative: impianti telefonici, elettrici, linee tranviarie, ecc. Il mondo cammina a dispetto dei laudatores temporis anteacti... e il Sacerdote che assume una posizione contraria a queste buone novità perderebbe la stima e l'affetto del popolo e più del ceto colto. - Mostrarsi pure amico dell'istruzione popolare e della scienza. È grave sconvenienza che il Sacerdote sparli così spesso degli avvocati, dei medici, dei maestri, ecc.: che mostri disgusto perché vien istituita una nuova classe, una nuova scuola, perché il popolo legge, perché oggi tutti sanno, ecc.: tanto più se portasse come ragione che tutto ciò allontana dalla religione. Che dunque la religione sia nemica della scienza? Che dunque chi è istruito naturalmente sia irreligioso? No: è piuttosto che moltiplicandosi i pericoli conviene moltiplicare i buoni mezzi: giova cercare il modo di far servire il sapere alla religione: giova accrescere l'istruzione religiosa. Se il popolo legge, occorre dargli buone letture.
Ancora: nel predicare escludere le invettive, mai cercare di imporre la propria volontà, né pretendere che il popolo si adatti d'un tratto a pratiche che prima ignorava, o che tutti assolutamente agiscano in conformità alle parole nostre. Conviene invece mostrare la ragionevolezza di quanto inculchiamo: conviene esporre con calma il bene che ne verrà: conviene
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aspettare che il seme gettato nei cuori si svolga e faccia i frutti: conviene pensare che per cambiare idee ed abitudini, come per noi, così per gli altri, occorrono lunghi anni.
In ultimo: mostrare che la religione non è un pietismo vuoto e sentimentale, ma una vita buona; che non è un complesso di cerimonie, ma di virtù; che non impedisce, ma aiuta e nobilita tutti gli altri doveri; che la preghiera ed i SS. Sacramenti non sono fini a se stessi, ma mezzi a vincere le passioni; che dove vi è religione prosperano la vita domestica e la vita sociale.
V. Coabitare il più possibile col Parroco. - È questa una gloria del clero dell'Italia settentrionale specialmente: quasi tutti i parroci convivono coi loro vice-curati; molti anzi anche coi Sacerdoti maestri e beneficiati. È vero che tale pratica importa qualche sacrificio e, per accidens, qualche piccolo inconveniente: ma i vantaggi sono immensamente maggiori. - Essa favorisce l'unità d'azione, che è un mezzo molto potente di bene; essa impedisce l'isolamento del clero, fonte di tristezze, di scoraggiamenti e qualche volta di peccati; essa diminuisce le spese del vivere e permette di impiegare quod superest1 in opere buone; essa fa sì che minori siano le occupazioni materiali e che per ciò meglio si possa attendere alla santificazione propria ed altrui.
VI. Dare indirizzo moderno alle opere. - La religione, la dottrina, la morale, l'ascetica sono immutabili: ma hanno pure subìto e subiscono ancora un certo progresso accidentale in quanto che meglio vengono penetrate dagli uomini e si adattano ai bisogni dei tempi e delle classi sociali. - Noi dobbiamo
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sempre condurre le anime al paradiso: ma dobbiamo condurre non quelle vissute dieci secoli or sono, ma quelle che vivono oggi. Occorre prendere il mondo e gli uomini come sono oggi, per fare oggi del bene. È vero che alcuno può talmente esagerare in questo da credere che i mezzi usati ieri non servono più in nulla: è vero che si è realmente esagerato: è vero che per adattarsi al mondo si è nascosto od anche negato dogmi, morale, ascetica cattolica; ma gli abusi di una cosa, avvenuti per colpa degli uomini, non provano la malizia della cosa stessa.
Discendiamo ad applicazioni.
Nella educazione degli ospizi, ricoveri, ritiri, collegi, ecc. occorre tenere innanzi il mondo in cui sono destinati a vivere questi ragazzi o figlie che siano. Si è sentito cantato su tutti i toni questo lamento: La gioventù che esce da tali case, ancorché dirette da religiosi od ecclesiastici, nel mondo diviene peggiore di quella che venne educata altrove. L'asserzione ha dell'esagerato: ma ha pure del vero e, se non altro, è un monito severo agli educatori. Troppo spesso essi costringono e non convincono; troppo spesso non premuniscono contro i pericoli reali; troppo spesso non educano alla vita del mondo, ma ad una vita continua di comunità. Occorre sviluppare il senso morale con la libertà massima che possa conciliarsi con l'ordine necessario in una comunità: occorre sviluppare il senso morale col gettare profondamente i principii religiosi, le verità eterne: occorre sviluppare il senso morale con un'istruzione larga, adatta alla futura posizione degli educandi. Di più: è necessario
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addestrarli alla vita del mondo mostrandolo diviso in due campi schierati a battaglia l'uno contro l'altro; la Chiesa che organizza i Sacerdoti ed i laici, la massoneria che dirige tutti i blocchi dei partiti sovversivi. Conviene mostrare le astuzie dei nemici, le insidie tese ai giovani, le lusinghe poste innanzi, le calunnie lanciate contro la Chiesa: è necessario mostrare il partito del bene, la città di Dio, schierata contro [quella] del male.
Conviene additare loro spesso i mezzi per tenersi fermi nei buoni principi, per essere orgogliosi e quasi superbi della religione, per lavorare nella causa santa. È inutile illudersi: si delineano sempre più i due campi: giova preparare con pazienza e con ogni industria la gioventù alla buona battaglia.
Nell'accudire alle compagnie religiose, per es. alle Figlie di Maria,2 ai Luigini,3 al Terz'Ordine di S. Francesco d'Assisi4 colle prediche, esortazioni, ecc., si deve insistere sopra i bisogni e i pericoli d'oggi: mostrare in che modo i membri possono santificarsi nelle loro circostanze: spiegare come anzi possono zelare oggi. Un parroco illustrando questo pensiero diceva: Occorre allargare secondo i bisogni d'oggi i fini delle associazioni antiche. Ed aggiungeva: una Fraternità di Terziari oggi potrebbe assumersi l'incarico di togliere i giornali cattivi e diffondere i buoni, oppure promuovere all'occorrenza sottoscrizioni contro il progetto di legge pel divorzio, oppure contro l'abolizione del catechismo nelle scuole: potrebbe anzi dare dei buoni catechisti, dei genitori che si obbligano a sostenere l'oratorio, ecc.
Le applicazioni del principio sarebbero tante quante le opere d'un sacerdote: ciascuno potrà facilmente trovarle.
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VII. Studiare il programma del parroco e assecondarlo. - L'associazione maestra stabilita nella Chiesa è la parrocchia: il parroco ne è il moderatore per ufficio, per diritto e per dovere. Gli altri sacerdoti sono più o meno direttamente suoi cooperatori, siano maestri, cappellani, beneficiati, rettori di chiese, direttori spirituali negli ospedali, ospizi, case di correzione, ecc. Essi devono quindi considerarsi come sue braccia, aiutarlo, chiederne i consigli, ecc. Ogni parroco ha qualcosa di proprio nel governo della sua parrocchia; ed in ciò non egli ai suoi cooperatori, ma questi a lui devono adattarsi. È vero che anch'essi possono esporre le proprie vedute e mantenersi nella libertà necessaria per ciò che concerne i loro doveri particolari, ed il parroco dovrà sapere rispettarli e farne il debito conto; ma è pur vero che essi devono appoggiarlo e assecondarlo. Indirizzo diverso o discordia aperta causerebbero dei mali nelle anime, delle divisioni nel popolo, dei danni a tutto il clero.
Qualche volta sarà buona e forse migliore l'idea dell'inferiore: ma nella pratica è sempre miglior cosa innanzi a Dio ed al popolo l'unione. Questo, ben inteso, nei casi ordinari della vita.
VIII. Alcune industrie pel bene.
1) Tenere un registro dei poveri: per avere un certo prontuario nella distribuzione dei soccorsi.
2) Scrivere a caratteri grandi i nomi degli ultimi defunti, da esporsi in fondo alla chiesa: perché i fedeli preghino per essi e ne abbiano un monito salutare.
3) Cercare che in molti luoghi della campagna sorgano piloni e su molti muri delle case vi siano immagini sacre: risvegliano sempre un buon pensiero.
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4) Scegliere il tempo opportuno per fare il bene e cogliere le occasioni: per es. mentre il povero chiede soccorso, dargli un avviso spirituale: quando uno è umiliato o afflitto è più arrendevole ai buoni consigli: quando si è consolati da grazie del Signore si è più atti a sentire correzioni. Se si tratta di introdurre una pia pratica scegliere il tempo in cui è assente chi la ostacolerebbe, ovvero quando vi ha una persona buona che la sosterrebbe, quando un pubblico castigo ha disposti gli animi, ecc.
IX. Avere diversi correttori. - Quanto spesso occorre sentire: questo sacerdote predica bene, ma potrebbe occuparsi di più dei ragazzi! Quell'altro coltiva spiritualmente la sua popolazione, ma lascia rovinare il beneficio; un terzo vorrebbe tenersi in buone relazioni con tutti, ma non dà via un centesimo ai poveri, ecc. Quali rimedî? Ve ne hanno diversi: ma uno dei più efficaci si è di procurarsi almeno due correttori i quali lo avvertano di tali sbagli. Certo che molto servirebbe già anche un solo; ma assai più diversi: perché possono osservarlo in tutti i suoi uffici e, correggendolo l'uno per una parte, l'altro per un'altra, si eviterà il maggior numero possibile di difetti.
Solo chi ha provato può conoscere tutta la utilità e l'efficacia d'un tal mezzo: richiede umiltà, ma l'umiltà è la più grande sapienza.
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1 Mc 12,44: «Del loro superfluo» o «ciò che avanza».

2 Pio sodalizio dell'Ordine dei Canonici Regolari. L'origine risale al secolo XII in cui il beato Pietro de Honestis istituiva nella chiesa di Santa Maria in Porto a Ravenna la Pia Unione dei Figli e delle Figlie di Maria. Pio IX arricchì la Pia Unione di indulgenze e privilegi e la elevò alla dignità di Primaria Unione con Breve del 04.02.1870. Cf F. DEL PIANO, Manuale delle Figlie di Maria, Ed. Santa Lega Eucaristica, Milano 1902. Per altre notizie sulle “Compagnie delle Figlie di Maria”: cf A. BUGNINI, Figlie di Maria, EC, V, 1954, pp. 1270-1273.

3 La Pia Unione dei Luigini ha lo scopo di sottrarre, mediante la devozione a San Luigi Gonzaga e la imitazione dei suoi esempi, i giovanetti dalla seduzione del mondo, di consacrarli all'esercizio delle cristiane virtù, di abituarli a professare francamente la santa religione. Ogni associato deve conoscere e rispettare lo statuto-regolamento della Pia Unione. Cf E. NADDEO, Il vero Pastore d'anime, Ferrari, Roma 1922, pp. 270-273.

4 La tendenza dei fedeli a riunirsi in associazioni e confraternite è chiaramente visibile nel secolo XII. Il Terz'Ordine Francescano come associazione ben definita incominciò nel 1221, anno in cui ebbe la sua prima regola. Cf D. CRESI, San Francesco e i suoi Ordini, Ed. Studi Francescani, Firenze 1955, pp. 281-285.