Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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24. APOSTOLATO DELLA SOFFERENZA*

Vi sono Esercizi di conversione, quando l’anima che ha sbagliato strada vuol ritornare indietro per riprendere la via retta.
Vi sono Esercizi di progresso e di perfezione, quando l’anima, già bene incamminata nella via di Dio, del progresso, vuol seguire questa via più celermente.
Vi sono Esercizi eucaristici, i quali sono fatti per illuminare l’anima sulla fede nell’Eucaristia, per portarla all’imitazione di Gesù Eucaristico, per condurla ed unirsi intimamente con Lui, all’Ostia Santa, presente nel Tabernacolo. Diceva San Paolo: Vivo ego, iam non ego, vivit vero in me Christus1. Dice la Pia Discepola: vive in me Gesù Ostia.
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Gli Esercizi per le religose in genere e particolarmente per le novizie vanno bene sulla considerazione di Gesù, religioso del Padre, Gesù luce, modello, premio dei religiosi. Così vi sono corsi d’Esercizi sull’umiltà, sui voti religiosi: obbedienza che unisca la volontà a quella di Gesù, sempre ossequente al Padre1; povertà che faccia entrare nella grotta di Betlemme, che faccia seguire Gesù nella sua vita fino a dimorare con Lui nella povertà della croce. Non un cuscino, non una goccia d’acqua, aveva Gesù, non il modo di muoversi, di prendere una posizione più comoda. Come siamo lontani noi dalla povertà di Gesù!
Quasi quasi ci viene il timore di commettere un sacrilegio quando si dice: siamo simili a Gesù. No, che non siamo capaci a sopportare una piccola pena.
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Apostolato della sofferenza. È soffrire con Gesù, allo scopo di salvare le anime. «Tutti portan la croce quaggiù»1. Vi è chi la porta trascinandola, chi ne sega qualche pezzo perché pesi di meno, chi la innalza per mostrarla a tutti. Chi la porta con Gesù. Ecco il da farsi.
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Il Battesimo ripara il peccato di Adamo, ma non ci restituisce tutti i doni di cui ci ha privato il peccato, perciò rimane sulla terra quell’insieme di pene, di dolori che preparano al supremo dolore: la morte.
Tutti soffrono: dolori fisici, malattie, incomprensioni, ingratitudini, incertezze, dubbi, scoraggiamenti, pene morali. Altri soffrono pene spirituali: inclinazioni cattive, tentazioni, scrupoli, aridità, desolazioni.
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«Tutta la vita di Cristo fu un martirio»1. E così tutta la vita del cristiano deve essere crocifissa con quella del Cristo.
Non si può pretendere di essere amici di Gesù e passare per altra strada. Se passiamo per un’altra strada non c’incontreremo più con Gesù.
Adspicientes in auctorem fidei et consummatorem Iesum, qui, proposito sibi gaudio, sustinuit crucem, confusione contempta, atque in dextera [sedis] Dei sedet2.
Se noi ci proponiamo delle giornate senza pene, una vita senza sacrificio, allora non siamo simili a Gesù. Si salveranno quelli nei quali Gesù troverà impressa la sua croce.
San Paolo diceva: «Io predico Gesù e Gesù Cristo crocifisso»3.
Quale diversità tra Gesù e noi! Egli è assetato di sofferenza, ne desidera l’ora e noi temiamo l’ora del dolore e rifuggiamo da esso.
Ascoltate la parola del Maestro Divino: «Se uno vuol venire dietro di me, rinunzi a se stesso, prenda la sua croce e mi segua»4.
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Vogliamo essere veri discepoli di Gesù? Seguiamolo nella regia via della santa croce. Cioè:
1. Rinunziamo a noi stessi. Rinunzia alle proprie inclinazioni, alle proprie preferenze, ai propri gusti, alla propria volontà, ad un ufficio che si ama, ad un luogo che si desidera. Per vivere bene dobbiamo sempre rinnegare il male e dire no alle tendenze della carne, la quale ha desideri contrari allo spirito1. Rinunziare a vedere quello che non si deve vedere, a udire quello che non si deve ascoltare; rinunce nel cibo, nel riposo, sempre. Non c’è un’ora nella giornata, in cui non siamo visitati dalla croce.
Un’anima chiese a Gesù: In che cosa devo rinnegare me stessa?. Semper et in omnibus le fu risposto. Sempre ed in tutte le cose.
L’Ostia che volete ricevere non è lo stesso Sacrificio? Ostia significa vittima.
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2. Prendiamo la croce. Gesù ci dia tante croci quante ne ha stabilite nei suoi disegni. Siccome la croce è vita, essa ci santifica. In quo est salus et vita1. Ce ne dia quante sono necessarie per soddisfare prima della morte alla pena dovuta per i nostri peccati, per santificare noi stessi, per salvare tante altre anime, per divenire simili a Lui.
San Paolo dice: «Sono confitto alla croce con Cristo»2; «sempre porto nel mio corpo la mortificazione»3.
Tu vai a dormire in un letto comodo, e Gesù invece è collocato sulla paglia, sulla croce. Egli nacque per soffrire e si fece uomo per morire.
Sei umiliata, hai pene che non puoi dire a nessuno, lotte interiori? Hai degli incomodi di salute: la vista si indebolisce, l’udito anche? È segno che la morte si avvicina. Ne provi ripugnanza? Tale ripugnanza la volle provare Gesù stesso: «Padre, se è possibile passi da me questo calice, però non la mia, ma la tua volontà sia fatta»4.
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3. Seguiamo Gesù. Non parlo di ciò che debbono fare i semplici cristiani, ma di ciò che deve fare l’apostolo della sofferenza. Di Gesù è scritto: Iniquitates nostras Ipse tulit1, si fece l’apostolo della sofferenza, portò tutte le nostre iniquità, per salvarci. Anche tu, mortifica te stessa, perché si moltiplichino le vocazioni, perché la Chiesa si estenda.
Un’anima può dire che esercita l’apostolato della stampa, delle edizioni, l’apostolato liturgico; può dire che fa rettamente il suo apostolato. Ma qual’è il polso che ce lo assicura? Vediamo se quest’anima ama la sofferenza, se si rende capace di soffrire. Se ama il dolore non c’è dubbio sul suo amore all’apostolato e il retto compimento di esso. Questo è il carattere, la pietra di paragone; questo ci dimostra il cuore del vero apostolo.
Rallegratevi se avete qualche cosa da soffrire, il resto può lasciarvi in dubbio.
Fin dove sei arrivata nella sofferenza? Sai sopportare qualche cosa senza che tutte lo sappiano? Sai nascondere alle altre le tue pene interiori?
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L’apostolato della sofferenza è l’apostolato più efficace.
Gesù ci salvò con la predicazione, coi miracoli, ma soprattutto ci salvò con la croce. Quia per sanctam crucem et mortem tuam redemisti mundum1.
Anima, Gesù ha fretta di arrivare alla Passione. Egli viene considerato rifiuto del mondo, obbrobrio della plebe; Egli va a morire sulla croce, il più infame patibolo. Quanto sei distante tu da Gesù! Provati a entrare con Lui nell’orto del Getsemani, vedi come egli accetta il calice della passione, la flagellazione, gli insulti, la coronazione di spine, la morte! Accompagna Gesù ai tribunali, tu che hai paura di essere lasciata in disparte, tu che temi non si tenga conto dei tuoi meriti.
Segui Gesù nel secondo mistero doloroso! Egli è giudicato e ritenuto come un lebbroso2, indegno di stare nel consorzio civile. Viene flagellato fino ad averne scoperte le ossa.
Accompagnalo nella incoronazione di spine e vedi se la tua testa altera, superba, si piega.
Gesù va al supplizio, come agnello mansueto che viene condotto al macello. Iniquitates nostras Ipse portavit2. A Lui si preferisce Barabba3. Che ne dici tu, che temi tanto di essere posposta? Eppure Gesù non si lagna. Anzi il suo volto si illumina all’apparire della croce bramata. Prova, o anima, ad accompagnarlo sulla via del Calvario. Egli porta la croce e si dispone ad esservi crocifisso. Tu lo segui Gesù? Egli ha tante anime che s’assiedono con lui a mensa, mentre tanto poche sono quelle che con Lui si lasciano crocifiggere!
Ed ecco le tre ore di agonia: Gesù non pensa alle sue sofferenze, ma si preoccupa dei peccatori: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che essi fanno»4; pensa al ladrone pentito: «Oggi, sarai con me in Paradiso»5; sospira anime: Sitio6; pensa a lasciarci una Madre, sua Madre: «Ecco tua Madre»7; vuole glorificare il Padre, e finalmente, volontariamente china il capo e muore8.
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Apprezzate l’apostolato della sofferenza, il vero modo per redimere le anime. Sine sanguine non fit remissio1. In unione con Gesù.
Amiamo la croce che il Padre celeste ci manda. Prima di noi l’ha donata al Figlio suo diletto. Accogliamola con fine apostolico; salvare per essa tante anime.
Mettiamoci sotto la protezione della croce e pensiamo che saremo anime veramente eucaristiche se sapremo vivere in unione a Gesù Vittima.
Vivit in me Christus Hostia2!
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* Cf la nota della meditazione n. 18, pag. 93.

1 Gal 2,20.

1 Cf Gv 8,29.

1 Cf P.P. PARZANESE, La croce, v. 6.

1 Imitazione di Cristo, libro II, cap. 12, n. 7.

2 Eb 12,2.

3 Cf 1Cor 1,23.

4 Mc 8,34.

1 Cf Gal 5,17.

1 Liber Usualis Missae et Officii, Feria V in Cena Domini, ant. ad Introitum.

2 Gal 2,19.

3 Cf Gal 6,17.

4 Lc 22,42.

1 Cf Is 53,4.

1 Adattamento dell’atto di adorazione riportato al n.191 nell’Enchiridion Indulgentiarum (Typis Polyglottis Vaticanis, 1952).

2 Cf Is 53,7 e 4.

3 Cf Gv 18,40.

4 Lc 23,34.

5 Lc 23,43.

6 Gv 19,28.

7 Gv 19,27.

8 Cf Gv 19,30.

1 Eb 9,22: Sine sanguinis effusione non fit remissio.

2 Cf Gal 2,20: Vivit in me Cristus.