V.
RISORSE CARISMATICHE
Più luce... Il sogno
In momenti di particolari difficoltà, riesaminando tutta la sua condotta, se vi fossero impedimenti all’azione della grazia da parte sua, parve che il Divin Maestro volesse rassicurare l’Istituto incominciato da pochi anni.
151
Nel sogno,1 avuto successivamente, gli parve di avere una risposta. Gesù Maestro infatti diceva: «NON TEMETE, IO SONO CON VOI. DI QUI VOGLIO ILLUMINARE. ABBIATE DOLORE DEI PECCATI».2
152
Il di qui usciva dal Tabernacolo; e con forza; così da far comprendere che da Lui-Maestro tutta la luce si ha da ricevere.3
153
Ne parlò col Direttore Spirituale, notando in quale luce la figura del Maestro fosse avvolta. Gli rispose: «Sta’ sereno; sogno o altro, ciò che è detto è santo; fanne come un programma pratico di vita e di luce per te e per tutti i membri».
154
Di qui sempre più si orientò e derivò tutto dal Tabernacolo.4
155
Come egli intese nel complesso delle circostanze tali espressioni:
a) Né i Socialisti, né i Fascisti, né il mondo, né il precipitarsi in un momento di panico dei creditori, né il naufragio, né Satana, né le passioni, né la vostra insufficienza in ogni parte... [potranno ostacolarvi], ma assicuratevi di lasciarmi stare con voi, non cacciatemi col peccato. «Io sono con voi», cioè con la vostra Famiglia, che ho voluta, che è mia, che alimento, di cui faccio parte, come capo. Non tentennate! Se anche sono molte le difficoltà; ma che io possa stare sempre con voi! Non peccati...5
156
b) «Di qui voglio illuminare». Cioè che io sono la luce vostra e che mi servirò di voi per illuminare; vi do questa missione e voglio che la compiate.
La luce in cui era avvolto il Divin Maestro, la forza di voce sul voglio e da qui e l’indicazione prolungata con la mano sul Tabernacolo, furono così intesi: un invito a tutto prendere da lui, Maestro divino abitante nel Tabernacolo; che questa è la sua volontà; che dalla allora minacciata Famiglia doveva partire gran luce... Perciò, egli credette di sacrificare la grammatica al senso, scrivendo Ab hinc.6 Ognuno pensi che è trasmettitore di luce, altoparlante di Gesù, segretario degli evangelisti, di San Paolo, di San Pietro...; che la penna della mano, con la penna del calamaio della stampatrice, fanno una sola missione...7
157
c) «Il dolore dei peccati» significa un abituale riconoscimento dei nostri peccati, dei difetti, insufficienze. Distinguere ciò che è di Dio da quello che è nostro: a Dio tutto l’onore, a noi il disprezzo.8 Quindi venne la preghiera della fede, Patto o segreto di riuscita.9
158
La spiritualità integrale di Gesù Maestro10
Nello studio delle varie spiritualità: Benedettina, Francescana, Ignaziana, Carmelitana, Salesiana, Domenicana, Agostiniana; apparve sempre più chiaro che ognuna ha lati buoni; ma in fondo vi è sempre Gesù Cristo, Divino Maestro, di cui ognuna specialmente considera un lato; chi più la verità (San Domenico e seguaci); chi più la carità (San Francesco e seguaci); chi più la vita (San Benedetto e seguaci); chi ne considera due lati, ecc. Ma se poi si passa allo studio di San Paolo, si trova il Discepolo che conosce il Maestro Divino nella sua pienezza; egli lo vive tutto; ne scandaglia i profondi misteri della dottrina, del cuore, della santità, della umanità e divinità: lo vede Dottore, Ostia, Sacerdote; ci presenta il Cristo totale come già si era definito, Via, Verità e Vita.11
159
In questa visione vi sta la religione, dogma, morale e culto; in questa visione vi è Gesù Cristo integrale; per questa divozione l’uomo viene tutto preso, conquistato da Gesù Cristo. La pietà è piena ed il religioso come il Sacerdote crescono così in sapienza (studio e sapienza celeste), età (virilità12 e virtù), e grazia (santità) fino alla pienezza e perfetta età di Gesù Cristo; fino a sostituirsi nell’uomo o all’uomo: «Vivo ego, iam non ego; vivit vero in me Christus».13 In questa divozione convergono tutte le divozioni alla persona di Gesù Cristo Uomo-Dio.
160
La divina assistenza
Vi furono più persone che si offersero vittime per il buon risultato dell’Istituto; di alcune il Signore accettò l’offerta. I chierici del Seminario di Alba, pur non conoscendo precisamente di quanto si trattava, dal 1910 ogni giorno offersero le intenzioni14 del loro Direttore Spirituale; e, scoppiata la guerra 1915, ancora dal fronte rinnovavano la loro offerta, accompagnata pure dall’offerta della loro vita sempre esposta ai pericoli: qualcuno morì al fronte, o per malattia là contratta.
161
Tra le persone di cui il Signore accettò l’offerta della vita, come si può giudicare umanamente: i chierici Borello, Fanteguzzi; i sacerdoti Saffirio, Destefanis, Villari.15 Si possono ricordare con Maggiorino Vigolungo16 alcuni altri della Pia Società San Paolo. Si può ricordare la Cavazza-Vitali17 con un gruppo di Figlie, dalla Calliano18 in avanti.
162
Le famiglie paoline sono il risultato di innumerevoli sacrifici, preghiere, offerte: di molti anni.
Con questo soccorso di cui egli non sa rendersi conto pieno, il patto con Dio che si recita nelle preghiere ed il lavoro nei quattro rami,19 le benedizioni continue di Dio in ogni direzione.20
163
Egli si era formato attorno un circolo di anime virtuose e pie, che continuamente pregavano nelle loro adorazioni: a capo stava il Canonico Chiesa.
Si corsero vari pericoli e di vario genere: personali, economici, accuse in relazioni scritte e verbali: si viveva pericolosamente giornate e giornate; San Paolo fu sempre salvezza.
164
Nelle spese medesime si procedeva col consiglio e con questo esame: questo è necessario? ho retta intenzione? la21 faremmo se fossimo in punto di morte? Se le risposte erano affermative, ci si fidava di Dio.
165
Talora le necessità erano urgenti e gravi: e tutte le risorse e speranze umane erano chiuse: si pregava e si cercava di cacciare il peccato ed ogni mancanza contro la povertà: e soluzioni impensate,22 denaro pervenuto attraverso sconosciuti, prestiti offerti, benefattori nuovi ed altre cose che egli non seppe mai spiegarsi...; le annate passavano, le previsioni di molti di certo fallimento, le accuse di pazzia... svanivano e tutto si conchiudeva, magari con fatica, ma in pace.
166
Nessuno dei creditori perdette un soldo... e sempre i fornitori, i costruttori, le ditte continuarono la loro fiducia. Benefattori cui la carità fruttò il triplo ve ne furono parecchi; e numerosi furono i fatti contrari. Il Maestro Giaccardo diceva: «Mi fanno pena certi oppositori, sebbene in buona fede: poiché ne conosco già vari puniti». Egli, però, rispondeva: «Conosco più numerosi quelli che furono benedetti per aver mandato vocazioni ed aver beneficato San Paolo».
167
Il favore e consenso del Vescovo mai cessò; come neppure quello del Clero più distinto in diocesi.
168
Tra i principali benefattori: il Canonico Chiesa, il Vescovo Monsignor Re, Cavazza-Vitali, uno degli zii di famiglia,23 quasi tutti i Vicari Foranei della diocesi, innumerevoli Cooperatori.
169
Molto gli giovarono i consigli del Cardinal Maffi, del Cardinal Richelmy, del Canonico Allamano; molto aiuto nella parte economica dal Canonico Priero, Monsignor Sibona, Monsignor Dallorto, Arciprete Brovia; molto aiuto spirituale anche dal Canonico Novo, Monsignor Fassino, Don Rossi, Monsignor Molino, Canonico Danusso, Canonico Varaldi.
170
Le prime macchine vennero pagate dallo zio Giacomo.
171
Nei primi tempi i socialisti di Alba minacciarono varie volte di bruciare tipografia, casa e giornali; si passarono anche notti insonni, vigilando perché almeno i fanciulli, in caso, non corressero pericolo o troppo spavento. Ugualmente avvenne al primo organizzarsi del Fascismo; e quando le minacce cominciavano a risolversi con intimazioni e fatti, i Cooperatori che avevano imprestato denaro per le costruzioni perdevano la fiducia; ne derivarono imbarazzi e preoccupazioni serie; ma nessuno perdeva la fiducia.24
172
Sempre si dicevano Rosari, si invocava San Paolo, si facevano Visite25 secondo le intenzioni del Primo Maestro.
173
Spirito e pratiche
Aveva trovato nel Seminario di Alba un ambiente di spiritualità semplice, profonda, operosa.
Nel Seminario arcivescovile di Torino26 un suo zio aveva fondata un’abbondante pensione da assegnarsi ad un aspirante al sacerdozio della parentela, o, mancando questo, secondo giudicava l’Arcivescovo.27 Preferì rimanere nel seminario di Alba, pagandovi la pensione, per il buon spirito che vi aveva trovato, Superiori, confessore, direttore spirituale di molta virtù, zelo, esperienza; ambiente familiare, studio serio, quantunque non di prim’ordine, compagni edificanti.
174
La predicazione era molto abbondante; meditazioni e letture spirituali e vite di santi degli ultimi secoli; tutto ispirato a San Francesco di Sales, Sant’Alfonso de’ Liguori, Imitazione di Gesù Cristo, San Giovanni Bosco, San Cottolengo.28
Ogni domenica, per alcuni anni, un elevato trattenimento su la purezza della dottrina nei vari e più discussi temi e sul dovere di obbedire all’autorità della Chiesa: tenuto sempre dal Vescovo, che non si sapeva distinguere se fosse più profondo in Teologia, o Filosofia, o Diritto canonico, o Sociologia.29
175
Si stava introducendo la Comunione quotidiana, che allora mancava in molti seminari.
La disciplina non era pesante, ma si formavano convinzioni profonde; sebbene il complesso era [= fosse] molto diverso dalla Società San Paolo.
Quanto là imparò di utile egli volle arricchirne la Famiglia Paolina, cercando un maggior aggiornamento e aggiungendo quanto meglio serviva a stabilire la vita sopra «ipso angulari lapide Christo Iesu».30
176
Le divozioni
Monsignor Galletti,31 già Vescovo di Alba, aveva lasciato alla diocesi ed al seminario in particolare, come spirituale eredità, la divozione eucaristica.
177
Aveva collaborato32 con ottimi Sacerdoti per la pratica di esecuzione in Diocesi dei decreti del Beato Pio X, sopra la comunione frequente, la comunione dei bambini, la comunione degli infermi, insistendo specialmente sopra il Viatico amministrato in tempo.33
178
Incaricato per circa dieci anni della Direzione Spirituale34 dei Seminari (piccolo e grande),35 dovette tenere le meditazioni e predicazioni ordinarie. Chi aveva prima tale ufficio era solito dedicare la prima settimana del mese alle divozioni: Angelo custode, Anime purganti, San Giuseppe, Eucaristia, Sacro Cuore di Gesù, Maria Ss., Trinità. Egli continuò lo stesso uso secondo il desiderio dei superiori del seminario, vedendolo molto utile.
179
Poi, iniziata la Famiglia Paolina, ve lo introdusse; solo lo conformò al particolare bisogno, facendo posto alla divozione a San Paolo Apostolo, ed al Divin Maestro, che riassume ogni divozione a Gesù Cristo, considerandolo Bambino nel presepio, Lavoratore a Nazareth, Dottore nella vita pubblica, Crocifisso per la redenzione, Eucarestia nel Tabernacolo, Cuore amante nei doni largiti all’umanità.
180
La divozione alla Regina Apostolorum fu pure inculcata prima in seminario: sotto il suo patrocinio erano le conferenze di pastorale (1912-1915), la scuola di Sociologia, i primi passi dei Sacerdoti novelli nel ministero. Maria è co-Apostola; come è la Corredentrice.
181
Maria ricevette un duplice annunzio: dall’Angelo Gabriele, che le comunicava la Maternità divina verso Gesù Cristo, e l’annuncio di Gesù Cristo Crocifisso, che le comunicava la maternità universale rispetto al suo Corpo mistico che è la Chiesa.
Nessuna più grande ricchezza si può dare a questo mondo povero ed orgoglioso che Gesù Cristo.
Maria diede al mondo la grazia in Gesù Cristo; continua ad offrirlo nei secoli: Mediatrice universale della grazia, ed in questo ufficio è madre nostra.
Il mondo ha bisogno di Gesù Cristo Via Verità e Vita. [Maria] lo dà per mezzo degli apostoli e degli apostolati. Ella li suscita, li forma, li assiste, li incorona di frutti e di gloria in cielo.
182
Tutto deve terminare alla domenica in un gran «Gloria in excelsis Deo et in terra pax hominibus»36 ad onore della Ss. Trinità, cantato dagli angeli, come programma di vita, apostolato e redenzione di Gesù Cristo; il Paolino vive in Cristo.37
183
In seminario col consenso del Vescovo aveva introdotto: comunione quotidiana, ritiro mensile, l’adorazione al Ss. Sacramento nel primo venerdì del mese, la seconda Messa in domenica. Veduto il buon risultato, ne arricchì la Famiglia Paolina.
184
1 Il “sogno” qui narrato dovette avere luogo nel 1923, quando il Primo Maestro cadde in una grave malattia, da cui sembrò uscire in maniera prodigiosa, come accenna egli stesso in AD 64. – Altra narrazione del medesimo sogno in Mihi vivere Christus est (MV, 1938) 139. Cf più avanti, AD 158, nota 8.
2 Queste parole vennero udite, a quanto sembra, in lingua latina: «Nolite timere, Ego vobiscum sum. Ab hinc illuminare volo. Cor pœnitens tenete».
3 Questo paragrafo, presente nel ms originale, e in tutte le edizioni a stampa, è stranamente scomparso dal ds. Noi riteniamo si tratti di una svista del dattilografo, passata inavvertita dall’A. nella revisione.
4 Anche questo paragrafo si legge solo nel ms.
5 Nel ms l’A. lascia qui un abbondante spazio bianco, in maniera del tutto inusuale. Forse, non pienamente soddisfatto, voleva aggiungere qualcosa.
6 Abhinc è un avverbio latino. È usato in senso proprio come avverbio di luogo: da qui, da questo luogo, e più frequentemente dai classici in senso traslato, con significato temporale, riferito al passato o al futuro. È difficile conoscere il motivo per cui Don Alberione afferma: «egli credette di sacrificare la grammatica al senso». Forse una spiegazione potrebbe essere la seguente. Secondo “la grammatica”, gli sarebbe stato sufficiente utilizzare la forma semplice hinc (che da sola significa: da qui); ma egli, al fine di evidenziare “il senso”, preferì il composto ab hinc (due termini separati) proprio per mettere in risalto «l’indicazione prolungata con la mano sul Tabernacolo» compiuta dal Maestro Divino: “ab hinc”, da qui, cioè dal Tabernacolo.
7 Quest’ultima espressione «che la penna...», presente nel ms e in tutte le edizioni stampate, è stata cancellata dal ds con un tratto di penna. Riteniamo opportuno riportarla egualmente.
8 Cf la preghiera tradizionale: «Da me nulla posso, - con Dio posso tutto, - per amor di Dio voglio far tutto. - A Dio l’onore, a me il disprezzo». Espressioni di umiltà, che qui si comprendono meglio se confrontate con la prima narrazione del sogno, fatta da Don Alberione nel 1938 e riportata in Mihi vivere Christus est: «Il Divin Maestro passeggiava ed aveva vicino alcuni di voi e ha detto: Non temete, io sono con voi; di qui io voglio illuminare; solo conservatevi nell’umiltà... e, mi sembra, abbiate il dolore dei peccati» (MV 139).
9 Questa preghiera, con la storia delle sue diverse redazioni, è stata commentata da Don A. COLACRAI. Cf Segreto di riuscita, Ed. Archivio Storico Generale della F.P., Roma 1985
4 .
10 I due seguenti paragrafi 159-160, assenti dal ms, furono aggiunti al testo ds con un ritaglio che venne incollato (erroneamente, a nostro avviso) dopo il 154, prima della spiegazione del sogno. Noi li riportiamo qui, conforme alla collocazione e numerazione adottate dalle edizioni 1971 e 1985.
11 Cf Gv 14,6.
12 Il senso della parola è ovviamente “età adulta”, “maturità”.
13 «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). L’espressione testuale è: «Vivo autem iam non ego, vivit vero in me Christus».
14 La frase forse è da leggere, più correttamente, come segue: «offersero preghiere e sacrifici secondo le intenzioni...».
15 Agostino Borello (1883-1902). – Angelo Fanteguzzi (1893-1917). – Enrico Saffirio (1884-1918). – Giacomo Destefanis (1887-1917). – Ermenegildo Villari (1884-1921).
16 Maggiorino Vigolungo (6.5.1904 - 27.7.1918) fu alunno della Scuola Tipografica Piccolo Operaio dal 15.10.1916 fino al giorno della morte. Riconosciuta la eroicità delle sue virtù, è stato dichiarato Venerabile il 28.3.1988.
17 Amalia Cavazza-Vitali (1866-1921), signora di Barbaresco (Cuneo). Beneficò la nascente istituzione di Don Giacomo Alberione in tutti i modi: con le preghiere, con le offerte in danaro e in natura, e con la collaborazione intellettuale come scrittrice. Fondò l’Opera delle Sante Messe Perpetue presso la Pia Società San Paolo, versando un fondo per sei messe annuali. Scrisse I doveri delle Spose e delle Madri, Alba, Scuola Tipografica, 1918.
18 Clelia Calliano (1892-1918) morì quando le Figlie di S. Paolo, che abitavano allora in Alba, Via Accademia n. 5, avevano già ricevuto l’invito a trasferirsi a Susa (Torino). – Tra le altre che offrirono la vita per le fondazioni di Don Alberione si deve ricordare Angela Maria Boffi (1886-1926), Superiora delle stesse Figlie di S. Paolo dal 1915 al 1922, anno in cui il governo della nascente congregazione passò a Teresa Merlo, Suor Maria Tecla (1894-1964), ora Venerabile.
19 I quattro “rami” sono le “famiglie paoline” accennate poco sopra, cioè le quattro congregazioni allora esistenti (cf AD 33-35). Tale interpretazione ci sembra la più ovvia, a differenza di quella secondo la quale si alluderebbe alle quattro “ruote” (cf AD 100).
20 Periodo molto denso, ma sintatticamente male strutturato, forse a motivo di qualche parola omessa. Una formulazione plausibile potrebbe essere la seguente: «Con questo contributo [di sacrifici, ecc.] va assommato un soccorso [superiore], di cui egli non sa rendersi pieno conto: la fede nel patto con Dio, le benedizioni continue, ecc.».
21 Mentre le edizioni a stampa riportano “lo” (al maschile, come il precedente pronome “questo”), il ds rende “la”, riferita probabilmente a “spesa”.
22 Verbo sottinteso: intervenivano.
23 Era lo zio Giacomo Alberione (1838-1914). Cf AD 171.
24 Quest’ultima espressione «ma nessuno perdeva la fiducia» è stata aggiunta manualmente sul ds. Forse l’A. non si rese conto che era una ripetizione e, almeno verbalmente, contraddittoria con quanto scritto poco prima.
25 Visite eucaristiche o adorazioni al Ss. Sacramento, secondo la tradizione alberioniana.
26 L’archidiocesi di Torino aveva diversi seminari, minori e maggiori: ricordiamo quelli di Torino, Chieri, Bra, Giaveno, Rivoli. Sulla storia del seminario di Bra, cf G. BARBERO, I bei Seminari d’Italia: Il seminario arcivescovile di Bra, in Palestra del Clero, 43 (1964) 192-204.
27 Non si conoscono altri particolari di questa pensione. È certo che a Bra Giacomo Alberione non usufruì di alcuna pensione. Dai termini qui usati, sembra pertanto che la pensione sia stata messa a disposizione dallo zio quando il nipote si trovava già nel seminario diocesano di Alba.
28 A questi autori bisogna aggiungere anche Pier Giuliano Eymard, che Don Alberione dimostra altrove di aver letto, approfondito e assimilato: cf A.F. DA SILVA, Il cammino degli Esercizi..., cit., p. 36 e altrove.
29 È attribuibile a Mons. F. Re la celebre Lettera dell’Episcopato Piemontese contro i Modernisti, in difesa della posizione pontificia. Si veda il riconoscimento tributatogli dal P. Enrico Rosa S.J., in una risposta da Roma concernente l’approvazione della nascente Famiglia Paolina: «...sono sempre grato a Vostra Ecc.za per il valido intervento suo ai tempi del modernismo, con quella magistrale lettera dell’episcopato piemontese che ebbe allora tanta risonanza, ed anche ... tanta efficacia specialmente nell’Alta Italia, contro gli errori...» (cf G. ROCCA, cit., doc. 87).
30 «... pietra angolare lo stesso Cristo Gesù» (Ef 2,20).
31 Mons. Eugenio Galletti (1816-1879) divenne Vescovo di Alba nel 1867, dopo quattordici anni di sede vacante.
32 Ora il soggetto è Don Alberione.
33 Cf PIO X, Sacra Tridentina Synodus, decreto del 20.12.1905. – Quando l’A. scriveva, Pio X era ancora Beato; venne canonizzato pochi mesi dopo, il 29.5.1954.
34 Don Alberione ricoprì l’incarico di Direttore Spirituale nel Seminario di Alba pressoché ininterrottamente dal 1908 al 1920.
35 Un edificio solo, ma due gruppi di seminaristi.
36 Cf Missale Romanum, “Gloria”; cf anche Lc 2,14.
37 Quest’ultima espressione pone un problema di interpretazione, in quanto è diversamente riferita dal ms e dal ds. Nel primo troviamo: «il paolino vivere in Cristo». Nel ds invece: «il Paolino vive in Cristo». La prima versione significherebbe: quanto sopra esposto corrisponde al “vivere in Cristo” secondo San Paolo. Il vocabolo “paolino” in questo caso sarebbe un aggettivo, riferito all’Apostolo. Nel secondo caso, inteso come sostantivo, indica il religioso della Famiglia Paolina, che vive in Cristo (cf 2Tm 3,12).