Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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MEDITAZIONE II.

Necessità di santificare la giornata

Quest'oggi, grande solennità di Pentecoste, la S. Chiesa ci fa invocare, ci fa ripetere sovente lungo l'anno l'invocazione: «Emitte Spiritum tuum et creabuntur». Signore Gesù, che avete promesso lo Spirito Santo alla vostra Chiesa agli Apostoli, mandate lo Spirito che è luce, che è la vita delle anime. Mandate il vostro Spirito e sarà creata una nuova creatura, cioè un nuovo essere. E quale? Il santo, il religioso, il Sacerdote. È lo Spirito Santo che discende nel bambino e lo rende cristiano; è lo Spirito Santo che discende nel fanciullo e lo fortifica; è lo Spirito Santo che discende nell'anima prediletta di Dio e lo invita e la attrae a sè e la fa religiosa; è lo Spirito Santo che discende nel chiamato al sacerdozio e gli conferisce i poteri nuovi,
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l'autorità nuova, la missione nuova, il fervore sacerdotale e pastorale. «Emitte Spiritum tuum et creabuntur», dobbiamo pregare quest'oggi.
Ebbene: questo Spirito Santo, che è disceso negli Apostoli e li ha trasformati, discenda pure su di noi poveretti, tanto soggetti al peccato e alle miserie, tanto ignoranti e tanto deboli, tanto dissipati e distratti, e ci attragga a sé. Perché: «Nemo venit ad Patrem nisi per me» (Giov. XIV, 6); «Nemo potest venire ad me, nisi fuerit ei datum a Patre meo» (giov. VI, 66); e Dio ci attira a sè per mezzo dello Spirito Santo. Che lo Spirito Santo venga in noi e vi abiti continuamente.
Stamattina ricordiamo bene questo: se noi stiamo attenti a santificare la nostra giornata, quotidianamente lo Spirito Santo discenderà in noi, formerà quei chierici forti, quei Paolini dello spirito del Padre S. Paolo, quei religiosi tutti dediti all'umiltà, alla castità, alla povertà, alle opere di zelo e specialmente a fare quotidianamente la volontà di Dio, amanti della vita comune. Lo Spirito Santo farà di noi, quei Sacerdoti i quali nella vita non brameranno, non avranno che due palpiti nel cuore, la gloria di Dio e la pace degli uomini; «Gloria in altissimi
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Deo, et in terra pax hominibus bonae voluntatis» (Luca II, 13).
Veniamo stamattina a considerare la necessità di santificare la giornata, per quotidianamente aumentare lo Spirito Santo, la sua vita in noi. Dalla santificazione della vostra giornata ne avrete tre vantaggi: 1) sarete contenti in vita; 2) sarete contenti in morte; 3)sarete contenti nell'eternità.

1. - Sarete contenti in vita.

O carissimi figliuoli e fratelli, pensiamo a noi! Oh! lasciate che vi dica le stesse parole che diceva già un santo: «Fate carità a voi stessi, procurate il vostro bene». Voi non avete da guardare, diciamo così, se nella vostra vita contentate l'uno o l'altro, neppure i Superiori come uomini; avete da guardare solo se contentate Dio e se avete fatto il vantaggio vostro: fate carità a voi stessi, siate buoni.
A me basta che faccia la mia parte ed il mio dovere; e tanto è esercitare il proprio ufficio quando gli altri corrispondono. Perché il merito non l'ho dall'amore e dallo zelo che metto io nel mio ufficio, dalla
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rispondenza che faccio io alla volontà di Dio; poi quando corrispondono vi sono delle virtù da esercitare, quando non corrispondono ve ne sono altre: ma è sempre l'amor di Dio, che conta, e fa lo stesso. Non mi faccio nè avanti, nè indietro, per il risultato: il vantaggio nella corrispondenza è vostro, in vita, in morte, nell'eternità. Fate carità a voi stessi. Certo voi non sapete tutto, tutto, nè io non so tutto; ma sappiamo questo: che Dio ci ha chiamati ad uno stato speciale. Egli, il Signore, Egli la nostra vita e la nostra via ci guida in ogni rinunzia e tutto dispone in ordine alla virilità, cioè all'ufficio, alla missione che si dovrà compiere, dispone tutto in bene e prepara con infinita premura, con infinita delicatezza. È il Padre che guida; è il Figlio che mette nell'anima i sentimenti e fa leggere quei libri e dispone che abbiate quei Maestri, Confessori, che vi dicano queste e quell'altre parole; è lo Spirito Santo che illumina, che ispira, che fa accadere questa circostanza, quell'altra, che mette questi sentimenti, e che alle volte lascia anche umiliare l'anima, la lascia anche cadere, mentre continua a illuminarla, disponendo al bene e ricavando dalla nostra povera miseria, dal nostro male, il bene.
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Ora considerate: ogni piccola cosa della vostra gioventù, è destinata a una circostanza in cui poi vi troverete, a una virtù, a un bene, a un ministero che avrete da esercitare, a un ufficio che avrete da compiere. Se il Signore vi esercita molto nella pazienza con certi compagni, è perché nella vita vi darà una serie, una catena di circostanze che esigeranno da voi la pazienza; perché forse nella vita vi chiama ad essere la guida di anime molto tentate; perché forse vi chiama nella vita ad essere guida di anime sconsolate. Se adesso vi lascia tante tentazioni contro la bella virtù, è perché nella vita avrete sempre da lavorare nella materia che confina con questo ed a salvare anime in questo.
Iddio dispone tutto in numero, peso e misura. Ora, come vi renderete abili al ministero, agli uffici; come vi renderete abili alla virtù, ai sacrifici; come vi renderete atti a scrivere, a predicare, a guidare; come vi renderete atti a scrivere, a predicare, a guidare; come vi renderete atti in quei determinati uffici, o tecnici, o intellettuali, o morali che avete? La chiave della vita è la gioventù, come la chiave della giornata è la mattina Come si comincia, si continua. vedete: come in morte non troveremo i meriti se in quaranta o cinquant'anni che avremo avuto di vita
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non ne abbiamo guadagnati; così nella virilità non avremo le virtù, la scienza, l'abilità, le disposizioni, le grazie per certe mansioni se non siamo preparati. Se io non so la musica, non la insegno; se io non so il disegno, non lo insegno; se io non so l'inglese, non lo insegno. Si diventa capaci tanto quanto si è preparati: farete quello che avrete imparato, nè più nè meno. Se io non son paziente nelle circostanze attuali, sarò sempre impari al mio ufficio. Se io non ho la virtù di consolare, di curar le anime, sarò sempre impari al mio ufficio: io mi vedrò sempre davanti a un dovere che non so esercitare; come davanti a un libro che dovrei studiare e di cui non ho la chiave, non ho appreso la spiegazione in scuola e che quindi non so studiarlo: lo vedrete dopo.
Ecco un esempio che a prima vista sembra quasi grossolano, ma che spiega. In Seminario un giorno un superiore aveva insegnato a misurare la capacità delle botti, e credo che su una scuola di ventiquattro o venticinque, due o tre abbiano imparato, perché era una cosa di consiglio, era cioè un insegnamento che era stato fatto dopo la scuola e non entrava neppure nelle materie di esame. - Quel maestro aveva sempre l'usanza di insegnare un po' di più a quei che corrispondevano
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maggiormente. - Ebbene: divenuto Sacerdote, uno di quei pochi, andò Parroco in un paese e là c'era un bottaio il quale faceva le sue botti così... presso a poco, e gliele pagavano un tanto alla brenta, secondo quanto contenevano.
- Ma sai fare il conto giusto?
- No, Signor Parroco. Lo faccio un po' presso a poco.
- Eh! ma intanto alle volte fai di più, alle volte fai di meno.
- Mi piacerebbe sapere, Signor Parroco, misurare proprio con precisione. Notate che era un uomo che non andava mai in Chiesa. - E il Parroco gli insegnò a misurare la capacità esatta delle botti. Quel bottaio si affezionò al Parroco e l'anno appresso fece la Pasqua e cominciò a mandare i suoi fanciulli al Catechismo, e mentre prima tra una martellata e l'altra diceva una bestemmia, dopo cominciava a dire delle parole un po' diverse che non erano più bestemmie. E sua moglie e si stupiva dicendo: Mio marito sembra divenuto un agnello; prima era un leone furibondo. Avevo sempre paura della Domenica, perché la Domenica erano sempre busse, grida e invece adesso la Domenica è diventato il giorno più bello della settimana.
Questo è un esempio che sembra ridicolo
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a prima vista; ma il Signore è minuto e dispone tutto in numero, peso e misura. Per es., diminuisce la vista? ma il Signore dispone tutto, egli sa precisamente in che cosa vi adopererà e a cosa vi prepara. Vi prepara prima nello spirito, nelle virtù. Se uno ha dieci tentazioni, non aspiri neppure ad averne solo nove; porti con pazienza le sue tentazioni. «Ma io temo; ma io...». Non importa! Se tu ricevi certe sgridate, e una anche cade proprio sopra una cosa che non hai fatta, mentre invece non ti sgridano per una cosa che hai fatta, non lagnarti! È proprio disposto così! Se tu hai qualche tentazione di superbia che non vuole cessare, combatti ugualmente; non sai quel che succederà; va avanti! È quel Padre celeste che tutto dispone in numero, perso e misura. Se tu sei povero, certamente diverrai il consolatore dei poveri: approfitta delle circostanze. È disposto così. E chi potrà essere robusto da poter risaldare i giovani, se non si è trovato nelle loro circostanze, nelle loro difficoltà?
Ne viene di conseguenza che se passate bene tutta la vostra giornata, senza affanno; se facciamo tutto quello che dobbiamo fare con delicatezza, alla fine troveremo questo; che giorno per giorno
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secondo le necessità, saremo preparati. Sarete preparati nel canto, sarete preparati nel disegno, sarete preparati nella filosofia, nella teologia, nella liturgia, nello studio; sarete preparati nelle cose tecniche di composizione, di carta, di stampa; sarete preparati fianco nel farvi le scarpe e nell'aggiustare la linea elettrica. Non sapete mica quel che avete bisogno in seguito; ma sappiamo che il Signore usa delicatezza. Non è come noi che non vediamo il futuro; Egli vede che nella vita abbiamo bisogno di quel pane, e ce lo provvede, ce lo mette in tasca. Fa come farebbe un buon padre, come farebbe una buona madre. Quella buona mamma vostra non sapeva tutto; ma intanto molte cose le sapeva, e quando vi ha preparato la prima volta il baule per venire a San Paolo, quante cose vi ha messo dentro! - «Ecco: questa maglia qui è di mezza stagione, la indosserai poi a ottobre, e quella lì è un po' più pesante, a novembre, per l'inverno. E poi può essere che abbia una qualche indisposizione: guarda che ti metto un botticino, una scatoletta; e può essere che abbia bisogno di scrivere, guarda: qui ci sono i francobolli, c'è la carta da lettera...».
Se voi consideraste mai la storia della
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creazione e come il Signore ha disposto le epoche geologiche - molti hanno studiato Geologia e sanno parlare bene di questo - sembra di veder Iddio che al principio dell'umanità va mettendo nelle viscere della terra e va disponendo le forze della natura in maniera che quando l'uomo ne avrà bisogno, siano pronte. Al vedere come ha preparato per es. il carbone nelle viscere della terra, sembra una madre che ha messo là le sue biancherie, perché siano pronte nella guardaroba, quando occorreranno. O quali mirabili cose! Quando il maestro ci ha spiegato per la prima volta questo, siamo usciti pieni di giubilo dalla scuola, e con gran voglia di dire il Te Deum per lodare e ringraziare Dio.
Ebbene: così il Signore fa nella storia dell'individuo. Ma fa di più nella storia del religioso e nella storia del sacerdote lo vedrete poi. Attenzione alle minime cose: vi si insegnasse anche solamente a piegare il fazzoletto; vi si insegnasse a fare le calze! e chissà che non abbiate bisogno di farvi le calze? e di insegnare? Che cosa sapete voi? S. Francesco non passava di tanto in tanto le notti in questo? S. Paolo, dopo aver predicato tutto il giorno, ed essere spossato dalle fatiche della predicazione, durante la notte
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lavorava per il proprio mantenimento: « Neque gratis panem manducavimus ab aliquo, sed in labore et in fatigatione nocte et die operante, ne quem vestrum gravaremus» (II Tess. III, 8). Chissà che cosa vi succederà nella vita. Umiltà e docilità. Coloro che non sono strumenti docili nelle mani di Dio, si preparano ad una vita che non avranno, e a quella cui sono destinati non si preparano. Quante volte io penso con trepidazione a questo: alcuni non imparano a fare senza bisogno di assistenza e chissà quanti fastidi avranno, perché avran tutti da fare con la gioventù. Temo molto quando non si impara a vivere da soli, senza bisogno di assistenza: a studiare senza assistente, a fare la visita, a farla bene, a fare specialmente il lavoro interno... Quando imparate tutte queste cose, il Signore che ha disposto tutto, vi darà uffici, vi darà occasioni. Sovente invece accade che nella vita non si fa neppure un terzo del bene che si doveva fare. Nella scuola ci vuol pazienza, specialmente per la correzione: se uno non ha pazienza, la prende in disgusto, in pena, e non la fa o la fa male, e tutta la scolaresca si disorienta e finisce col diventare un campo abbandonato e un giardino in cui cresce ogni specie di erba.
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Che cosa bisogna dire? bisogna dire che è necessario essere docili nelle mani di Dio e fare. Con la mia esperienza posso dire a voi: «Rendetevi abili, perché non sapete quel che vi succederà». Se guardo indietro nella vita, ho dovuto imparare tante cose le quali mi sono venute tutte utili; anche quelle cose che sembravano disgrazie, anche quelle cose che sembravano proprio circostanze sfavorevoli.
Ma non siamo mica degli esseri abbandonati! Su questo punto io potrei ancora allungare molto la predica, specialmente riferendomi a quelli che sono l'oggetto più caro del mio cuore e per i quali vado ogni giorno predicando e pregando e per cui ho detto stamattina la Messa. Oh carissimi! Abbiate i lumi dello Spirito Santo: «Ille docebit vos omnia et suggeret vobis omnia quaecumque dixero vobis» (Giov. XIV, 26). Vorrei parlare al cuore, non alla testa. Vorrei che sentiste con l'anima, e non con le orecchie.

2. - Sarete contenti in morte.

In morte sfoglieremo il libro che abbiamo scritto noi. Cominceremo a lasciare i libri meno necessari, quando diventiamo ammalati. - Vi è qualcheduno che
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ha ancora la tentazione, quando non sta bene, di leggere qualche storia, qualche romanzo! Oh, non sono quelli i libri che vorrete aver testimoni sul letto di morte; non sono quelle le cose che vorrete aver a prova della vostra virtù in punto di morte; i libri che vorrete aver al tribunale di Dio, come testimoni del vostro bene. Poi lascieremo anche gli altri libri: i libri di studio, perché non ci sentiremo più di studiare; poi anche certi libri di meditazione: ci basterà il libro del Crocifisso, il più bello di tutti i libri. Cerchiamo il crocifisso sul letto di morte. Là Gesù non è più considerato come Colui che giudica ciò che abbiamo operato, e specialmente se abbiamo meritato il perdono.
Orbene: quale sarà il libro che leggeremo e che dobbiamo leggere negli ultimi momenti? È il libro della vita, e l'ultima pratica che dobbiamo lasciare è l'esame di coscienza. L'esame di coscienza è la pratica suprema, quella che conserviamo ed a cui dovete affezionarvi più che a tutto. Beati voi se avete il libro dell'esame di coscienza, testimonio che l'avete fatto! Il libro della nostra vita, lo sfoglieremo e tutti noi faremo istintivamente passare i fogli, le pagine scritte
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a sette anni, a sette anni e un giorno, a sette anni e 2 giorni, a sette anni e 3 giorni, e andremo avanti, e sfoglieremo, e volteremo le pagine, e specialmente guarderemo al fondo le parole con le quali l'Angelo farà il riassunto: giornata ottima giornata buona,giornata cattiva. Vorremmo allora fare come fanno certi ragazzi, i quali perché hanno preso zero in un foglio di quaderno, lo strappano, onde non si veda! Si vorrebbe versare un po' di inchiostro sopra alcune pagine della nostra vita, affinché non si veda più nulla! Desidereremo versare almeno il Cuore di Gesù col suo Sangue, che ci dia il perdono ed il Padre non veda più altro che la Passione del tuo Divin Figliuolo, che ha sofferto per noi. Sfoglieremo dunque. E tu va avanti adesso a sfogliare: a otto anni e un giorno, a otto anni e due giorni, e avanti... a dodici anni e un giorno, e due giorno, al trentesimo giorno, cosa vedi? E questi sono gli anni di minor coscienza, gli anni della innocenza. S. Bernardetta Soubirous piacque appunto al Signore negli anni dell'innocenza, nella fanciullezza.
Orbene: veniamo agli anni di maggior coscienza: e a quindici anni quando sono strato nel Noviziato, età della piena coscienza, e finito il Noviziato, età in cui
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ho misurato l'eternità e la vita, e le ho messe di fronte. E l'età della maggior età, diciamo così, quando sono giunto a ventun anno, quando ho incominciato veramente a essere filosofo ed a ragionare; quando ho incominciato a essere teologo e a pensare e ad avere principi più soprannaturali; quando ho incominciato a diventare religioso e ad avere principi di maggiore perfezione, di maggior santità... In quel momento noi daremo due sguardi: uno al Calvario, e l'altro a questo libro. O anime care! sarete desolate o consolate in quei momenti, sfogliando questo libro?... Vi sono degli uomini di cui si narra o si scrive la vita, tutto in bene. Prendete per esempio la vita di San Giovanni Bosco e consideratela nella sua giovinezza. Sì, considerate specialmente la sua giovinezza, fino a quando incominciò la sua missione. Vedete come il Signore l'ha preparato? Perfino coi giuochi dei saltimbanchi S. Bosco ha guadagnata la gioventù. Sapeva inventare perfino dei giochi fatti con le scarpe per guadagnare e per incontrare e trascinare al bene. - Ieri abbiamo considerato come facendo egli la predica ai suoi giovani ed ai suoi chierici sulla mormorazione, il pianto, di tanto in tanto, gli interrompesse la parola, perché
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nonostante tanta santità, trovava pur sempre in qualcheduno uno spirito che non era buono. Ah! Quante volte avrei voluto ripeterla a voi! Oggi è il giorno in cui avete maggiori grazie... Pregate! e prendete tutto docilmente, perché è tutto preparazione alla vita. Si scrive la vita di questo Santo e vedete che è tutta in bene, giorno per giorno. E della prima elementare e della seconda e della terza si scrive: ha fatto bene, prendeva dei bei voti, stava attento, corrispondeva, andava a scuola così e così e imparava... Si era preparato.
Prendete invece la vita di certi cattivi. Giuliano l'Apostata, per es. Ricordate di aver letto qualche cosa della sua giovinezza? Che diversità da quella di Don Bosco!
La vita dei più non è scritta dagli uomini, ma ognuno se la proietta nell'eternità e là sta scritta. Ognuno scrive le sue pagine, le sue giornate. In punto di morte saranno desolanti, o saranno pagine consolanti? pagine che confortano la nostra ultima agonia? Potremo allora dire: Ecco, son passato su questa terra,... ho fatti tanti passi, ma tutti furono sempre rivolti al bene, nella via retta? Il Signore mi ha sorretto, mi ha guidato? Sia benedetto Iddio? per il letto di morte ci prepariamo lacrime e gemiti...oppure ci
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prepariamo sorrisi di consolazione di riconoscenza a Dio? Siamo noi che desoliamo le nostre ultime ore e siamo noi che le consoliamo. E che volete che facciano gli altri, se non parlarci dell'eterno? È lo stesso come se per consolarci ci asciugassero il sudore: piccola cosa, servizio di carità anche questo; ma se il male è nei polmoni, quell'asciugarci il sudore, non ce li sana certamente! Se il male è nel cuore, quell'asciugarci il sudore non ce lo sana! Così sul letto di morte ci diranno delle buone parole - e siano ringraziati anticipatamente tutti quelli che ci useranno tale carità - ma intanto, intanto... quel che è fatto è fatto e nessuno disfà e rifà la nostra vita. Non è come il compito che se lo è sbagliato, si rifà, nè come l'esame che uno cerca di riparare con un altro o ripetendo l'anno, posto che abbia avuto esito negativo. Non si ripete la vita! Quel che è fatto, è fatto!

3. - Sarete contenti in cielo.

Quando le giornate passano bene e tutte le cose si fanno nell'amore di Dio e con santa intenzione, oh, allora quale bene, quale merito! le minime cose guadagnano un premio eterno. Come si fa a
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farsi davvero santi? Non cose grosse: non pensate tanto a cose che impressionano, a cose eccezionali, ma alla vita quotidiana, al quotidiano applicarsi ai nostri doveri comuni, tranquillamente, per amor di Dio, con retta intenzione: è questo che fa il merito. Ricorrere poco in punto di morte a pensare alle cose straordinarie, molto invece a pensare alle cose comuni, ordinarie. Il Figliuolo di Dio, Gesù Cristo, che è il gran maestro, ha passato trent'anni nelle cose più comuni e ordinarie, nella vita semplice di famiglia, nella diligenza ai doveri di pietà, di lavoro, di obbedienza, là, nella casa di Nazareth, crescendo quotidianamente e costantemente in sapienza, età e grazia presso Dio e presso gli uomini: «Et Jesus proficiebat sapientia, aetate et gratia apud Deum et homines» (Luc. II, 52).
Ecco il gran segreto dei meriti: la vita comune, che non è mai o quasi mai guastata dalla vanità e dalla superbia, perché sono le cose che distinguono, le cose eccezionali che fanno cadere: un cappello, un paio di scarpe, un abito, ecc. Sono le cose che distinguono, che trascinano facilmente il cuore alla vanità, mentre è la vita quotidiana che ci fa guadagnare i grandi meriti. Quell'alzarsi sempre prontamente, quella diligenza al primo
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segnale, (al battere delle mani), quel recarvi al vostro posto per fare con tranquillità il vostro studio, il vostro apostolato, è cosa che difficilmente vi danneggia nella salute, e che con tutta sicurezza vi fa guadagnare i più bei meriti per l'eternità. Oh! leggendo allora il libro della vita saranno proprio quegli atti di umiltà con cui avete progredito giorno per giorno, proprio quella diligenza che avete usato nel lubrificare quella macchina, nel far bene quel compito, nel correggere quel lavoro per tempo, bene; proprio quella diligenza nel prestar attenzione che vi allieterà.
«Poenitentia mea maxima, vita comunis». Avete ancora dei peccati? Prendete la vita comune; vedrete che vi farà fare la maggior penitenza. La penitenza del religioso è specialmente la vita comune ben fatta. Non temete! Ancorché voi aveste fatto molti peccati, se voi li piangerete con dolore, come si deve, state sicuri su queste parole: «Se sicuramente farete bene la vostra vita comune, non farete purgatorio, perché avrete fatto la massima penitenza che vale di più che se vi metteste il bastone nel letto o il cilicio ai fianchi». State sicuri! È un buon cilicio la vita comune! «Abbiamo bisogno, diceva leone XIII, in occasione della canonizzazione di S. Giovanni
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Berchmans, abbiamo bisogno di porre alla gioventù studiosa ed ai Collegi esempi come questo, per poter dire: fare bene la vostra giornata e, nella giornata, le cose della vostra vita comune, e voi sarete salvi. Questo piace a Dio, questo è un grande merito». Se vi dicessi che per farvi santi avete da vendere tutto e darlo ai poveri, voi che mi direste? Se vi dicessi che bisogna diventare dei grandi dottoroni, allora chi non può diventarlo si dispererebbe, perché non può farsi santo. Se vi dicessi che bisogna subire il martirio... «Povero me! dice quel figliuolo: solamente che mi punga le dita con un ago o che mi dia una piccola martellata su un dito, grido già, altro che ... Se mi viene un mal di denti, non ho già più pazienza.... povero me! Come farò a farmi santo?» Basta che faccia le cose comuni. Non hai bisogno di navigare e andare fino in Oriente a cercare la santità, non hai bisogno di alzarti in aria e volare sugli strati dell'atmosfera, non hai bisogno di inabissarti e andare a scrutare gli strati geologici della terra, le viscere della terra, i fondi dei mari per cercare il tesoro... mai più Basta la tua vita comune fatta con intenzione retta, con fedeltà, con slancio di cuore.
Vi sono di quelli che hanno sempre
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zelo fuori della vita comune; han sempre la mente a cose che non fan per loro, e nello stesso tempo che fanno l'apostolato vagano con la fantasia, ed il loro cuore, come un mulino a vento, gira trasportato da qualunque vento di passione. State lì raccolti nella vita comune. la santità sta nel far bene la vita comune. Le dispense e le eccezioni bisogna odiarle come la peste, ad imitazione di San Giovanni Berchmans che aveva fatto il proposito: «Odierò come la peste ogni eccezione alla regola». Per mettere l'amore e la diligenza alle cose minute, quotidiane, che, siccome sono meno in vista, facilmente si possono fare solo per amor di Dio ed intanto guadagnano grandi meriti. È il martirio quotidiano della nostra volontà, della nostra mente, del nostro cuore, che costituisce il vero darsi a Dio, il vero servizio di Dio. Fate dunque bene le cose comuni e vi farete grandi santi. Oh! che bella gloria in Paradiso! Gesù Cristo ha vissuto per trent'anni in una vita umile, e solo tre anni di vita pubblica, perché sapeva bene, Egli, Maestro di sapienza infinita, di che cosa abbiamo bisogno, ciò che dovevamo imparare noi.
Questi sono i vantaggi che abbiamo ricordati così sommariamente, ma ciascuno merita di essere considerato a parte e
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allargato: sarete contenti in vita, in morte e nell'eternità delle vostre giornate santificate. Iddio vi dia tanti e tanti di questi giorni belli, di questi giorni che in punto di morte vorremmo leggere di preferenza, sfogliando il libro della vita.
La vita, la morte e la eternità dipendono da noi. Dio ha posto nelle tue mani la salute e la morte.
Occorre retta intenzione nella mente, diligenza nella volontà, fervore nel cuore.
Ed ora io vorrei benedirvi, pregandovi dal Signore tutte le grazie di cui avete bisogno. Ma è necessario ormai che io cessi di parlare per dare posto alla preghiera, e cioè più che dire sarebbe il caso di pregare; ma è tanto il bene che vi desidero, che non cesserei più di esortarvi finché non vi veda più santi. Vi voglio bene, e quindi vi desidero una vita fortunata: preparatela. Vi voglio bene, e quindi vi desidero una morte tranquilla, felice, piena di speranze: preparatela. Vi voglio bene, e quindi vi desidero maggior gloria per tutta l'eternità, maggior santità: preparatela. Sta a voi: è nelle vostre mani!
Sia lodato Gesù Cristo.
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