Scelta delle vocazioni34In tutti i tempi e luoghi è sempre vivo il problema vocazionario. Prima ancora di compiere l'apostolato Pastorale si può mettere l'occhio sopra qualche figliola o qualche giovane che diano segni di vocazione. Anche il formare il sacerdote è cosa che appartiene alle pastorelle. La pastorella contribuisce ad avviarli ai Seminari o Istituti e potrà anche procurare benefattori perché questi possano seguire la loro vocazione. Come assisterà il sacerdote infermo e saprà suffragarne l'anima dopo che sarà passato all'eternità. E' una collaborazione che si presta alle vocazioni del Clero secolare. Ma parlando delle vocazioni nostre è più facile che sappiate scoprirle, coltivarle ed accompagnarle sino all'entrata nell'istituto.
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1° passo - Il reclutamento.
2° passo - La formazione.
3° passo - L'assistenza affinché possano corrispondere, compiere le opere della loro vocazione.
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1) Reclutamento. Sempre bisogna prendere l'ispirazione e l'esempio da Gesù Buon Pastore. Egli è il Pastore Universale, ma quando doveva chiudere la giornata di vita presente, ha voluto lasciare dei continuatori e si è cercato gli Apostoli, uomini di rettitudine e buona fama, e 72 discepoli.
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Ha voluto poi che gli Apostoli ordinassero altri; e siccome generalmente non si potevano prendere giovani, che alle volte sono ancora volubili, aspettavano ad ordinarli quando avevano una certa età. Da qui il nome di Presbiteri dato in antico ai sacerdoti.
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Egli, Gesù, prima di iniziare il suo apostolato, si cercò le vocazioni, costituì il primo gruppo di Apostoli: Pietro, Giacomo, Giovanni, Andrea, Bartolomeo, Filippo, ecc., perché dovevano imparare da Lui, non poteva mica alla fine della vita, in croce, chiamare gli uomini e dire: «Andate, predicate». Dovevano sentire quello che diceva e vedere quello che operava. Dovevano avere e conoscere i mezzi di grazia che usava. «Venite con me, vi farò pescatori di uomini». Li scelse in generale semplici.
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In una Parrocchia sempre si deve avere presente il problema delle vocazioni, come si deve avere presente qui in casa madre, e da qui deve partire l'insegnamento a questo riguardo e l'attività vocazionaria per l'istituto. Questa è grande missione, molto meritoria.
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In secondo luogo il Signore ci ha insegnato a cercare coloro che sono buoni non i ricchi, i potenti, i sapienti, non quelli di alta posizione sociale: pescatori! E se chiamò Matteo, il quale era esattore, lo scelse tra quelli che avevano poca buona fama. Mostrò con questo che si può talvolta prendere una vocazione che non ha sempre seguito la via santa, ma quando viene il ravvedimento può seguire Gesù. Vi sono alle volte giovani che sembrano troppo vivaci e mostrano di avere un poco abbondato nel seguire il mondo; occorre avere l'occhio penetrante, diremo quasi l'occhio clinico delle vocazioni, scoprirle. In generale sono quelle di modesta condizione, quelle giovani che sono sempre rette, che hanno dimostrato pietà. Tuttavia può esserci una vivacità esterna, ma sotto si scopre che c'è una attività, una disposizione all'obbedienza, una disposizione a compiere quello che richiede maggior generosità; sarà fervorosa e attiva nell'apostolato. Stiamo molto umili quando si tratta della decisione delle vocazioni, abbiamo tanto bisogno del lume di Dio, di essere guidati dallo Spirito Santo. Scoprirle con i segni soliti che abbiamo noi uomini: amore alla pietà, delicatezza di coscienza, intelligenza aperta, tendenza allo zelo, amore al lavoro, carattere buono, docilità alle disposizioni; e molte volte si scoprono tra quelle figliole che forse già davano la loro opera al parroco o nell'azione cattolica o nelle opere caritative o nel fare i Catechismi.
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Notare però che man mano che l'istituto si allarga, occorre sempre più il carattere di socievolezza, di docilità. Perché i caratteri difficili fanno soffrire, i caratteri strani, sono poco graditi a coloro che devono viverci insieme. Cioè quelli con cui si deve lavorare; vi sono persone attaccate al loro parere. E quando l'istituto è piccolo, qualcuno si può sopportare, ma quando l'istituto si allarga... se invece di qualcuna ce ne sono parecchie, bisogna sempre vivere in litigi o dire: quella lì lasciala stare! E' buona, ma che carattere! Non toccarla se no morde. In una Casa non la vogliono; essa non vuol cedere e in questa fissazione delle sue idee non fa nemmeno più la pastorella. Relazioni con le famiglie, vanno in giro per qualunque cosa. Si stia ritirati e mostrarsi nelle opere! Quando poi si mette in relazione con due o tre famiglie o giovani, si può dire che bisogna cambiarla di posto perché il suo apostolato in Parrocchia non è più così utile. Di conseguenza badare molto al carattere, alla docilità, all'arrendersi, al seguire quel che è detto. Quella bisogna prenderla così com'è, sì, ma se facesse bene! Quindi scegliere bene, saperla indirizzare, aiutare a giungere alla loro vocazione. Le giovani si trovano in tante circostanze diverse. Qualche volta capita che aspettavano una voce più chiara che Dio le voleva e sentendosi invitare mandano un gran respiro, si sentono piene di riconoscenza al Signore e a chi fa loro quell'invito. Altre volte forse non ci avevano mai pensato eppure in fondo in fondo lo desideravano. Altre volte vi avevano pensato, ma non avevano poi osato parlarne. Avviene anche che si trovino in difficoltà con la famiglia. In generale non conviene abbondare con le figlie uniche: occorrono particolari condizioni per accettarle, e se si verificano, forse faranno del gran bene.
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Forse la difficoltà sarà l'opposizione: «Piuttosto ti vedrei morta che vederti vestita da suora!».
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Però quando vi è vocazione, la giovane prega, vince la grazia di Dio; e se non vince, a 21 anni si è liberi. Come Gesù: «io devo occuparmi delle cose che riguardano il Padre mio». Questa libertà la si ha col battesimo, ma a 21 anni si ha anche la libertà civile, per cui i genitori non possono più presentare opposizioni.
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Vi è però un punto su cui dovete essere inesorabili: specialmente per le suore pastorelle perché avete da vivere e collaborare coi parroci, coi sacerdoti: inesorabili sulla delicatezza di coscienza, sulla purezza. Bisogna che sia conservata a tutta prova. Sempre liete, disinvolte, delicate, semplici, ma svelte: quando vi sono conversazioni lunghe è sempre un pasticcio: farina e acqua, pasticcio anche se è sempre mangiabile. Unite nelle opere, non nelle relazioni e confidenze; e dove è possibile neppure confessarsi dal parroco e neppure dai sacerdoti del posto.
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Facilitare l'entrata: qualche volta bisognerà cercare anche il corredo. Non hanno dote ma hanno le doti dello spirito, dell'intelligenza, della virtù. Mai accettare una figlia perché è ricca o non accettarla perché è povera. Il denaro può essere un aiuto come gli altri ma non è certamente quello decisivo. E allora! Gesù veniva da Nazaret ed era povero: «Che cosa può venire di buono da Nazaret?». Quando vi è la generosità in un'anima, bisogna sempre vedere in quello un segno di vocazione e operare quanto è possibile.
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Quando si entra nell'istituto, non sempre si trova quello che si attendeva. Tante volte i primi giorni, restano un po' disilluse, scoraggiate, sconfortate per la separazione dai propri cari, trovano difficoltà nell'orario, nella pietà... alle volte si può mostrare nei primi giorni un tale complesso d'inferiorità per cui si deve dire: hai sbagliato porta; e allora si aiutano a trovare la porta giusta. Ci vuol tanta carità per saperla aiutare e comprendere. Ora va sempre più allargandosi questo uso: si accettano i ragazzi a passare 15 giorni o un mese durante le vacanze, nell'istituto; si fa pregare, giocare, cantare. Così si cerca di conoscerli e si prende nota di quelli che sembra abbiano vocazione. Qualche cosa di simile fate bene a fare con la figliola che entra, ma non si ha tutta la persuasione che sia fatta per l'istituto: tenerla nelle Case filiali un po' di tempo. Questa è una santa industria.
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Vi sono altri modi di conoscerle, cioè vederle in famiglia, in Parrocchia, e giova tanto il contatto prolungato. E questo per voi è facile: vedete le figliole nelle Parrocchie in cui siete, vedete come si comportano, quale sia il loro carattere.
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Conoscerle bene ed anche farsi conoscere: il nostro istituto è per la cooperazione ai parroci, oltre che in primo luogo per la santificazione.
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Vi sono alle volte figliole timide, vengono dai campi o dalla montagna. Sono timide perché non hanno mai avuto un gran contatto con il mondo, ma si vede che sotto quella timidezza si cela una grande virtù. La spigliatezza, la naturalezza nel fare l'acquisteranno poi. Se giocano una settimana in casa madre, cambiano subito il modo di comportarsi e camminare.
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Semplicità, naturalezza e sveltezza; santa libertà sempre fondata sui due punti: semplicità e sveltezza.
6 agosto 1957
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