Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Direzione spirituale e morale31
Gesù buon Pastore prima di iniziare la sua passione domandò al Padre Celeste questa grazia per gli Apostoli e i fedeli: Ut unum sint; che siano una cosa sola, che siano uniti. E uniti quanto? Egli disse: «Come io e Tu Padre siamo una cosa sola».
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L'unione del Padre col Figlio non è del tutto raggiungibile da noi, ma serve da paragone. Come quando dice: «Siate perfetti come il Padre vostro Celeste». Imitare la bontà del Padre Celeste, così saremo uniti.
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L'istituto unito bene. Vi sono diverse unioni. La prima è l'unione esterna che riguarda la disciplina della vita religiosa. Ma poi vi è l'unione di mente, vi è l'unione dei cuori. Quanto più l'unione è profonda, tanto più i membri dell'istituto vengono a formare un corpo solo le cui membra sono tutte alimentate da un solo centro vitale. Vi è un modo uniforme di pregare, di pensare, di farsi i programmi di vita apostolica, di parlare, di comportarsi; questa unione è assolutamente necessaria. Però vi è una cosa di grande importanza che serve a custodire, a migliorare e a stabilire questa unione: la direzione spirituale e morale.
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La direzione spirituale è per il profitto dell'anima nelle vie di Dio, nella santificazione, però non abbraccia tutto perché vi è anche il profitto nella vita religiosa e nel modo di esercitare l'apostolato.
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Vi è una direzione che è propria del Confessore; riguarda tre punti:
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1) I mezzi per fuggire il peccato, evitare le colpe.
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2) Il progresso nella virtù.
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3) La decisione della vocazione per cui egli può dire: «Sei chiamata a tale stato» ma non decide esteriormente.
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Vi è una direzione morale che spetta alle madri. In questa direzione morale, distinta dalla spirituale, è tutta la vita, e d'altra parte questa direzione morale di necessità spetta alle madri. La madre può vedere, esteriormente come la suora opera e può dire se ha o no vocazione. L'aspirante deve avere il giudizio di entrambi. E il giudizio decisivo è poi quello della madre che dice: «Ecco puoi fare la vestizione, puoi entrare in noviziato, ecco puoi fare professione». Ma se il Confessore avesse detto esplicitamente alla giovane: «Tu non puoi entrare nella vita religiosa, perché non hai le qualità, hai qualche abitudine cattiva», l'aspirante deve dire: «Va bene che lei mi ammetta, ma il Confessore mi ha detto di no, ed io sono obbligata a retrocedere». Perché all'esterno non si vede tutto, mentre il Confessore, se l'aspirante si confessa bene, per sua parte può dire: «Per quanto io vedo, vai avanti, per quanto vedo non puoi andare avanti». Vi sono abitudini per cui non si può andare avanti. La vita religiosa esige laboriosità, esige castità, amore alla povertà, all'obbedienza e attaccamento all'istituto. E questo alle volte può essere più facilmente conosciuto dalla Superiora esterna e qualche volta più facilmente e solamente dal Confessore, ma l'aspirante deve avere il giudizio favorevole di entrambi. Così in riguardo allo schivare il peccato: il Confessore sa quello che la penitente gli dice, ma la Superiora può sapere delle cose che la penitente non dice. Ad esempio: si mette in un'occasione, o ha contratto una certa relazione, oppure non fa nessuno sforzo per uniformare la sua vita alla vita religiosa. Così riguardo al progresso della virtù: noi non siamo giudici di noi stessi. Il Confessore darà un consiglio, ma la madre può vedere che la persona ha bisogno d'altro. Per esempio: voglio lavorare sull'umiltà. Ma tu sei una studente che non studia, devi fare il proposito sulla laboriosità, sulla studiosità, sulla coscienza del dovere. Certo quello che ha detto il Confessore è da accettarsi, ma può essere che sia più necessario quello che dice la madre e quindi integrare.
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Alla madre per la vita interna spetta tutta la direzione disciplinare e comprende tutta la vita quotidiana: orari, uffici, il modo di trattare, di studiare, di comportarsi. La pratica della povertà, dell'obbedienza e in parte quella della castità e la vita comune.
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Il Confessore non può entrare, secondo il diritto Canonico, nelle cose che riguardano la direzione dell'istituto, ma anche la penitente non deve entrarci e cioè deve confessare i suoi peccati e non deve proporre problemi che riguardano proprio la disciplina, l'organizzazione, o l'amministrazione, o l'apostolato. La confessione è per esporre i peccati e per chiedere i consigli per evitare i peccati, praticare le virtù, scegliere la vocazione. Chi vede esternamente l'aspirante, vede molto facilmente i bisogni che essa ha. Quanto più l'aspirante consegna il suo spirito, la sua volontà, le sue forze e tutto quello che ha all'istituto per essere ben guidata, tanto più progredisce. E allora è necessario che si apra con chi la deve guidare. Non dire i peccati, ma aprirsi filialmente, questo è necessario: alle volte del tutto, alle volte è moralmente necessario secondo i casi, allora quando le aspiranti si aprono, esse si sentono dare qualche consiglio secondo i bisogni che l'anima ha, che riguardano il progresso nello studio, apostolato e nella formazione umana e religiosa. E' necessario, in una certa misura che le madri conoscano i propositi. E dopo il noviziato si abbia ancora relazione con la maestra delle novizie e con la madre.
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Ma qui c'è uno scoglio, vorrei essere capito bene. Le disposizioni e le costituzioni nei vari articoli determinano certe cose, però vi è anche un pericolo. Prima da un Confessore hanno avuto un consiglio, poi vanno nelle varie Parrocchie, sentono varie prediche, istruzioni, e hanno altri consigli. Se la figliola ha manifestato i suoi propositi e scelti bene, deve continuare in quelli, non cambiare secondo chi incontra. Diversamente si perde tempo. Mutar sempre è come prendere un lavoro e poi lasciarlo senza portarlo a termine. No, il lavoro spirituale deve essere organizzato, continuato, portato fino a che si sia compiuto quel che si doveva compiere. Certo, dappertutto potete avere dei buoni consigli, però avete la vostra vita, e chi interpreta bene la vita della pastorella? Ma se siete sempre ancorate, cioè sempre guidate dalla vostra madre e da chi ha curato il vostro spirito, continuando si va avanti. Vi è chi spinge sopra una via e chi spinge sopra un'altra. E' la via dell'amore, dice qualcuno, l'altro, l'osservanza soltanto, qualche volta più lo spirito di fede. Noi siamo di Gesù buon Pastore che è via, verità e Vita, totalmente.
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La vita religiosa deve essere guidata in Casa, la direzione morale appartiene alle madri. Agli altri date l'opera e la fatica del vostro apostolato.
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Si prende tutto per farne tesoro a guidare poi gli altri, e per noi prendiamo quello che è utile per l'osservanza religiosa, per la pietà, per l'apostolato. Avete nella vostra Missione il pericolo di mutare: ferme ed ancorate, sempre legate a casa madre; mai nascondere niente e scrivere frequentemente; il tempo più bello per farlo è il ritiro mensile. Farvi una vita per lavorare sempre nella via che scegliete, allora del cammino se ne fa. Per questo è tanto utile segnare nel Taccuino, prima da una parte i propositi per la santificazione individuale che sono i propositi che riguardano lo spirito. Poi dall'altra parte i programmi; il programma che riguarda l'ufficio che una ha. Supponiamo che si fa l'asilo, una si può migliorare affinché progredisca in tutto: sempre più buone pastorelle, sempre più osservanti, sempre più attaccate a casa madre, sempre più unione di spirito e di mente; l'unione esterna poi viene da sé; quando si ama si è industriose.
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Così il lavoro per le vocazioni, così tutto il resto.
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E come conseguenza si avrà questo affetto e unione che vi è fra di voi e poi con l'istituto, particolarmente con casa madre.

4 agosto 1957

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31 4 agosto 1947.