Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Seconda Sezione

L'APOSTOLO

CAPO I

IL MINISTRO ORDINARIO

Il ministro dell'apostolato dell'edizione è duplice: ordinario e straordinario. Ordinario è quello che ne ha il mandato principale e l'ufficio. È il sacerdote. Straordinario è chi coopera in unione e dipendenza dall'ordinario. Sono tutti i cattolici e lo possono essere anche gli stessi scismatici, eretici ed infedeli.1
Limitandoci ora al ministro ordinario, diciamo ch'esso è il sacerdote, e per due motivi principalmente: per elezione divina e per ufficio.
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Per elezione divina

L'apostolato dell'edizione è, si è detto, la predicazione scritta della divina verità. Ma poiché questa Gesù Cristo l'ha affidata alla Chiesa docente, ad essa sola, ossia al Papa e ai Vescovi uniti con lui e, per comunicazione, ai sacri ministri da essi costituiti, o per esprimerci con un termine generico al «sacerdote», spetta la predicazione, sia orale che scritta.
È al sacerdote che vengono commesse le anime per generarle nel Vangelo e con la grazia a Cristo. Sta adunque al sacerdote istruire con autorità, nella verità, nella morale, nel culto divino, nei mezzi di salvezza. Il mezzo, poi, cioè la parola o l'edizione, è questione accidentale e s'impone dalle circostanze.
Quando dunque la necessità dell'edizione si sente maggiormente, maggiore diviene per il sacerdote il dovere, l'opportunità di sviluppare questo apostolato.

Per ufficio

Il sacerdote nella Chiesa ha principalmente due uffici: quello di offrire il Cristo alla Trinità e quello di donare il Cristo al mondo.
Il Cristo alla Trinità lo offre nel sacrificio della Messa. Il Cristo al mondo lo dona in due
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modi: il Cristo Vita nell'amministrazione dell'Eucarestia e di tutti i Sacramenti e Sacramentali.
Il Cristo Via e Verità mediante la evangelizzazione; con l'insegnare, popolarizzare, applicare, difendere la sua divina parola, la sua legge, i suoi divini esempi e col guidare le anime alla pratica dei suoi precetti. Ora, tutte queste cose l'apostolo le può fare con l'apostolato dell'edizione come con quello della parola. In molti casi anzi l'apostolato dell'edizione si presta meglio di quello della parola.
Se quindi il sacerdote è ministro ordinario dell'apostolato della parola, lo è pure di quello dell'edizione; e se ambedue gli apostolati o missioni hanno in comune l'oggetto e il fine, devono averne anche il ministro.
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CAPO II
I RELIGIOSI NELL'APOSTOLATO
DELL'EDIZIONE

I religiosi nell'apostolato dell'edizione hanno uffici comuni al clero secolare e possibilità speciali che dipendono dal loro particolare stato. Possibilità e uffici che possono ridursi ai seguenti: maggior ampiezza, maggior continuità e maggior intensità.

Maggior ampiezza

Di predicazione, influenza, grazia.
Di predicazione: non si limitano ad una parrocchia, ad una diocesi particolare, ma estendono la loro opera alla Chiesa universale.
Di influenza: essendo a servizio particolare della S. Sede, possono avere maggiore ascendente
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su tutti i fedeli dei vari stati sociali, e delle più varie condizioni.
Di grazia: essendo destinati a molti, per vocazione, molte sono le grazie di ufficio loro concesse. Dio infatti largisce a ciascuno le grazie secondo i doveri cui è destinato.

Maggior continuità

La congregazione religiosa ha vita più lunga del sacerdote isolato.
Quando infatti uno dei religiosi sarà insufficiente nell'esercizio del suo apostolato, subentrerà un altro. E quando uno dei religiosi andrà al riposo e alla corona, la congregazione provvederà che altri continui le medesime iniziative.
Quando un'iniziativa promette buoni frutti e il moltiplicato lavoro o nuove difficoltà lo richiedono, la congregazione procurerà personale ed aiuti.

Maggior intensità

Nell'apostolato i religiosi hanno infine maggior intensità, sia perché chi vi si dedica, non dovendo provvedere ai bisogni personali, ha maggior tempo a sua disposizione, e sia perché i voti religiosi importano e fruttano maggior concentrazione
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di forze naturali e soprannaturali nell'apostolato.
I fedeli stessi hanno nel religioso una particolare fiducia ed assecondamento per colui che sanno non aver più nessuna mira sulla terra. La congregazione infine può divenire una scuola di specializzazione in materia e forma, per così dire, per la formazione degli specialisti, pratici in ogni ramo di apostolato.
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CAPO III
LE NECESSITÀ DEI TEMPI

Se in altri tempi l'apostolato dell'edizione poteva essere esercitato fruttuosamente mediante iniziative private, oggi queste iniziative, pur avendo gran merito, non sarebbero più sufficienti a fronteggiare l'avversario.
È infatti noto come i tempi nostri sono caratterizzati da un'organizzazione immensa di edizioni contrarie alla Chiesa, sia perché tutti gli avversari si servono dell'edizione, e sia perché gli ebrei, i massoni, i protestanti, i comunisti... forniscono ad essa mezzi economici fortissimi.
Occorre dunque contrapporre un'organizzazione larga, potente, di spirito antico e di forme moderne, ossia l'apostolato dell'edizione esercitato
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non da iniziative particolari, ma da iniziative di carattere universale che dispongano di un esercito di soggetti preparati e che ne moltiplichino i frutti nel tempo e nello spazio, adattandolo ai bisogni delle anime.
Un apostolato così concepito richiede: ampiezza di dottrina, di influenza, di grazia; continuità di lavoro; intensità di zelo, di sacrificio; spirito di preghiera fervente.
Richiede insomma un esercito di persone che abbiano una vocazione, una formazione speciale, che agiscano in dipendenza dalla Chiesa e che pongano tutta la loro fiducia nella forza divina, la sola che può vincere le forze colossali degli avversari.
Un esercito così formato non può essere che un esercito di religiosi, i quali si propongano come fine speciale di esercitare l'apostolato dell'edizione.
L'idea non pare nuova, anzi pienamente conforme all'economia divina e alla tradizione della Chiesa.
Dio infatti suscitò in ogni tempo uomini e istituzioni conformi ai bisogni. Suscitò cioè religiosi di vita contemplativa, quando i cristiani si spandevano tutti in una vita di esteriorità troppo superficiale; religiosi dediti alla cura degli infermi, quando imperversavano le pestilenze; religiosi missionari, quando si manifestò universale
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lo slancio verso le missioni estere, e ne furono aperte le vie.
E la Chiesa, fedele interprete dei disegni di Dio, nei secoli affidò sempre ai religiosi le opere generali, come ad esempio le missioni per gli infedeli, l'organizzazione della beneficenza nelle carestie e pestilenze, la cura delle crociate, i grandi studi che hanno preparato gli avvenimenti ed i momenti storici più decisivi, la redenzione degli schiavi, le grandi riforme, l'educazione della gioventù.
Dunque anche oggi devono aversi famiglie religiose per le necessità odierne. Dio e la Chiesa non cambiano stile.
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CAPO IV
LA PIA SOCIETÀ SAN PAOLO

Una Congregazione religiosa sorta nei tempi nostri, che si occupa specificatamente dell'apostolato dell'edizione, è la Pia Società San Paolo.

Suo duplice fine

Come tutti gli istituti religiosi, la Pia Società San Paolo ha un fine generale ed un fine speciale.
Fine generale di detta Congregazione è la santificazione dei propri membri mediante la pratica fedele dei tre voti di povertà, castità e obbedienza, nella vita comune, a norma dei sacri canoni e delle sue particolari costituzioni.
Fine speciale è l'esercizio dell'apostolato dell'edizione.
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Suoi membri

La Pia Società San Paolo si compone di religiosi sacerdoti e laici. Ha, come gli istituti congeneri, il probandato, il noviziato, il periodo dei voti temporanei e quindi la professione dei voti perpetui.
A fianco è la Pia Società Figlie di San Paolo, il ramo femminile. È congregazione parallela; ma essendo istituita in aiuto dell'apostolato, ha con la Pia Società San Paolo unità di spirito, di intendimenti, di metodi. È composta di Religiose, che attendono come fine universale della istituzione alla diffusione della dottrina cristiana, con vari mezzi, quali: opere di collaborazione pastorale, divozione al divin Maestro Eucaristico, e principalmente l'apostolato dell'edizione.
Conforme e conveniente agli uffici e ai doveri è la preparazione spirituale, intellettuale e tecnica.

Cooperatori

La Famiglia Sampaolina ha pure i suoi Cooperatori1 nell'apostolato, coloro cioè che imitano nel mondo, in quanto possono, la sua vita religiosa e di apostolato. Perciò si avvicinano in quanto è possibile alla povertà, alla castità, all'obbedienza evangelica, mentre con le preghiere, le offerte e le opere, dànno all'apostolato una potentissima e necessaria collaborazione.
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CAPO V
I CATTOLICI LAICI NELL'APOSTOLATO DELL'EDIZIONE

Nella Chiesa possono e devono essere apostoli, entro certi limiti, anche i fedeli laici. Il loro posto è quello di coadiutori del clero.
Nell'apostolato dell'edizione, in particolare, la cooperazione dei fedeli laici può essere negativa e positiva.

Cooperazione negativa

È obbligatoria e consiste nel negare la cooperazione efficace alle edizioni cattive e areligiose, sia nella parte di direzione che di tecnica e di propaganda.
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Nella parte di direzione: non solo debbono astenersi dalle edizioni contrarie al Vangelo ed alla Chiesa, ma anche negare ogni contributo intellettuale e morale alle edizioni avversarie, indifferenti in materia religiosa.
Nella parte tecnica: negare il proprio lavoro o il materiale di macchinario, locale, mezzi, ecc. quando il lavoro è diretto contro la fede o i costumi.
Nella parte di propaganda: astenersi dal promuovere e diffondere in qualsiasi modo le edizioni contrarie alla fede e alla vita cristiana.
I cattolici infatti - per restringerci al campo della stampa - hanno l'obbligo di astenersi (salvo casi specialissimi da riconoscersi ed esaminarsi dall'autorità ecclesiastica) da letture contrarie alla fede ed alla morale cristiana. Anzi, di astenersi da quella letteratura vana, sentimentale, mistico-sensuale, da quegli stampati che addormentano la vera coscienza cattolica, volendo conciliare le dottrine acattoliche e la morale mondana con la dottrina e la morale del santo Vangelo.
Essi invece devono leggere, usare per i loro studi e seguire per la loro formazione i libri che hanno la più ampia lode della Chiesa. Devono inoltre contribuire, secondo le possibilità, a rimuovere lo scandalo ed i peccati gravissimi della stampa cattiva, con tutti i mezzi leciti, come:
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l'impedire certe pubblicazioni, denunciarle, se occorre darle alle fiamme, sostituirle quando è possibile, proibirle se costituiti in autorità.

Cooperazione positiva

È importante, anzi necessario, che tutti i cattolici si occupino dell'edizione come dell'opera di azione cattolica che sta in capo alle altre, perché formatrice del pensiero, della vita, del cuore; e come opera di fede che direttamente è commessa al clero e indirettamente, ossia in cooperazione, ad ogni cattolico.
In pratica se ne possono occupare direttamente con l'estendere, potenziare, difendere l'apostolato della gerarchia cattolica, e indirettamente col prestare la loro cooperazione all'apostolato dell'edizione con la preghiera, il sacrificio e l'opera.
La cooperazione diretta è in maggioranza riservata ai laici posti in autorità di governo, di insegnamento ed anche a coloro che per motivi diversi hanno una certa influenza sugli altri.
Quella indiretta, invece, è possibile a tutti i cattolici, ma in proporzione e qualità diverse.
Tutti, senza eccezione, possono prestare la collaborazione di preghiera e di sacrificio per riparare le offese recate a Dio con le edizioni
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e per implorare luce, forza, grazia per gli apostoli dell'edizione e per l'incremento dell'apostolato.
La preghiera e il sacrificio costituiscono la gran forza dell'apostolato. Essi infatti suscitano gli apostoli, li sostengono nelle virtù necessarie al loro stato, ottengono luce, conforto, salvezza delle anime.
Molti cattolici possono inoltre dare a questo apostolato quello che, dopo la divina grazia, importa maggiormente: le vocazioni.
I genitori possono dare i figli e le figlie, ed esserne santamente orgogliosi poiché, se l'inchiostro vale come il sangue dei martiri, essi dànno alla Chiesa degli apostoli e, in certo senso, dei martiri.
I maestri possono illuminare gli scolari; i fedeli prendere iniziative o aiutare quelle costituite.
Tutti, secondo il loro stato, possono illuminare i fratelli mediante conferenze, scritti, conversazioni sul grande pericolo costituito dalla propaganda molteplice delle edizioni cattive e circa le molte speranze che si possono riporre nell'apostolato delle edizioni cattoliche.
A moltissimi, poi, è possibile la cooperazione di opere col contribuire, se non a tutte, or all'una or all'altra delle tre parti dell'apostolato: la direzione, la tecnica e la propaganda.
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Quanto alla direzione, tutti i cattolici laici debbono sempre promuovere le edizioni cattoliche. Ciò per qualsiasi argomento: sociologia, politica, storia, letteratura, arte, scienze varie, filosofia, diritto...
Ad essi, anzi, spetta particolarmente lo sconfinato campo dell'applicazione dei principi evangelici alla scienza ed alla letteratura nel più largo senso e cioè alle scienze storiche, civili; alle scienze sociali etiche, demografiche; all'arte della musica, della pittura, dell'architettura; alle discipline giuridiche private e pubbliche; alle scienze filosofiche e morali, ecc. ecc.
Ad essi l'immenso compito di applicare gli insegnamenti del divin Maestro alle leggi, alla vita politica, sociale, domestica.
Molti cattolici laici possono anche trattare di religione: occorre però una preparazione dottrinale proporzionata. Le loro opere poi devono avere l'approvazione dell'autorità ecclesiastica e dipendere dalla gerarchia cattolica.
Ai cattolici tutti, secondo le loro possibilità, spetta la cooperazione all'apostolato dell'edizione con offerte e contributi materiali, come danno, doverosamente, per l'opera catechistica, per la predicazione, per le missioni. Le opere e gli operai evangelici debbono nascere, vivere, produrre i loro frutti salutari.
Potranno offrire collaborazione morale
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d'incoraggiamento, di difesa e propaganda, ognuno secondo la sua posizione sociale: il magistrato come magistrato, il padre come padre, l'industriale come industriale, l'operaio come operaio.
Spetta infine - generalmente parlando - al cattolico, in dipendenza e unione al clero, una parte amplissima di redazione, lavoro tecnico, notiziario, amministrazione, diffusione, nell'immenso campo della stampa, del cinematografo e della radio.
Quanto alla tecnica i cattolici laici possono fornire all'apostolato dell'edizione i mezzi materiali e prestare la loro opera di lavoro.
Per edizioni tecnicamente perfette si richiedono macchinari, materiale, mezzi indefiniti.1
I cattolici di buona volontà sanno a tempo e luogo conoscere e soccorrere le necessità dell'apostolato, convinti dell'opera nobile che compiono; opera grandemente meritoria presso Dio, se stessi, le anime e la società.
Nell'apostolato dell'edizione infine il massimo problema è quello riguardante la propaganda, e la sua soluzione dipende in maggioranza dalla collaborazione dei laici. Collaborazione che può farsi con mezzi senza numero, che variano con le circostanze e che si moltiplicano con lo spirito di iniziativa animato dallo zelo.
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CAPO VI
LA FORMAZIONE DELL'APOSTOLO

La nobiltà e la responsabilità dell'apostolato dell'edizione richiedono evidentemente nell'apostolo, oltreché una vocazione speciale, anche una preparazione, o meglio una formazione particolare, che è specifica e generica. La specifica prepara all'esercizio diretto dell'apostolato nelle sue parti, e varia a seconda dei soggetti e degli impegni. Di questa si parlerà in seguito, trattando, successivamente, dell'apostolato della stampa, del cinematografo e della radio. La generica invece è prevalentemente morale ed è unica per tutti coloro che si dedicano a qualche iniziativa dell'apostolato dell'edizione. Di questa s'intende ora parlare e la si considera sotto tre aspetti: formazione della mente, della volontà e del cuore.
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Formazione della mente1

Consiste nello studio della religione, dell'apostolato e delle scienze profane.
Lo studio della religione dev'essere esatto, completo e sodo. Esatto, ossia senza errori; completo, ossia deve abbracciare il dogma, la morale e il culto cattolico; sodo, ossia stabilirsi sulle verità centrali.
Lo studio dell'apostolato, ed in particolare dell'apostolato dell'edizione, deve essere teorico-pratico ed abbracciare: l'apostolato in genere, l'apostolo, le parti dell'apostolato e la pratica di esso.
Lo studio delle scienze profane dev'essere fatto in relazione alla religione e all'apostolato nella misura richiesta dall'esercizio di questo.
Se si tratta ad esempio di sacerdoti scrittori (e proporzionalmente anche di religiosi e laici) la preparazione della mente è, in generale, la medesima che richiedesi per il sacerdote predicatore e pastore, poiché si tratta di un'unica missione. Predominano però in un ufficio o nell'altro dell'unica missione alcune materie complementari, che si possono definire specializzazioni. Ad es.: l'eloquenza del pulpito, l'abilità dello scrivere, stampare, diffondere, ecc.
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La necessità della preparazione intellettuale per l'apostolo dell'edizione è evidente. Egli, in quanto tale, è maestro per natura, per elezione, per posizione. È il maestro che tiene la cattedra più sublime; che diffonde la dottrina con maggior precisione e ampiezza; che ha varietà imponderabile di discepoli.
Tutto questo mostra ed evidenzia che la sua scienza dev'essere larga, profonda e pratica.
I frutti saranno proporzionati alla preparazione. Perciò il periodo degli studi è delicatissimo. Occorrono: intelligenza più che mediocre, o meglio distinta, tempo sufficiente, scuola e metodi buoni, esercitazioni pratiche, applicazioni esemplari, astensione da quanto può impedire o allontanare dallo studio o impedire l'applicazione e il progresso.
Prima di accingersi all'apostolato si dovranno subire prove, esami, ed avere le debite autorizzazioni, come per l'apostolato della parola.

Formazione della volontà

Consiste nell'addestramento al lavorio spirituale mediante la lotta contro le proprie cattive inclinazioni e l'esercizio delle virtù.
La lotta spirituale sarà molto proficua se fatta con metodo. Fra i molti si consiglia quello suggerito da Sant'Ignazio, ossia accentrarla
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sulla passione predominante. La si studia, la si individua in tutte le sue manifestazioni e caratteri, quindi le si dichiara guerra decisa con tutte le forze spirituali, morali e fisiche, fino a vincerla e soggiogarla, così da farne umile ancella di bene sotto il dominio della ragione e della fede. Ci si appiglia, all'uopo, all'esame di coscienza generale e particolare, preventivo, quotidiano, settimanale, mensile, annuale.
All'esercizio delle virtù ci si addestra a poco a poco mediante un lavoro sistematico e costante. Si comincia dalla più necessaria, secondo il proprio temperamento, la si coltiva con fervore, la si esercita finché l'anima riesca a praticarla «prompte, faciliter et delectabiliter».2
Importanza primaria si dovrà dare alle virtù teologali: fede, speranza, carità, e poi, proporzionatamente, alle virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza; quindi alle morali: obbedienza, purezza, povertà, umiltà, ecc.
Non si dimenticherà che l'essenza della perfezione consiste nella carità e quindi si accentrerà tutto allo studio ed all'acquisto di essa.
Se la necessità del combattimento esiste per tutti i cristiani, si comprende facilmente quanto più lo sia per l'apostolo. A lui infatti è necessaria non solo una vita esemplare, ma anche il possesso di virtù sociali corroborate dall'umiltà,
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dallo spirito di sacrificio, dalla costanza, dall'amore a Dio e alle anime.
Egli infatti non deve accontentarsi della semplice pratica della vita cristiana, ma deve aspirare alla vetta della perfezione: l'unione con Dio nel massimo grado possibile.
In pratica il lavorio spirituale per l'acquisto della virtù e la formazione morale dell'apostolo dura quanto il tempo di formazione intellettuale e continua con uguale costanza per tutta la vita, poiché il passare degli anni porterà nuove opere, nuove necessità; richiederà maggior virtù, nuovi sacrifici. Il frutto sarà proporzionato, oltreché alla formazione intellettuale, anche alla formazione della volontà.

Formazione del cuore

Consiste nell'avviarlo a un lavoro negativo e positivo che porti il sentimento ad aderire completamente a Dio.
Il lavoro negativo è il primo a compiersi. Mira a non lasciar dissipare il cuore negli scoraggiamenti, nelle melanconie, negli sforzi esagerati e dannosi alla ragione.
Il positivo suppone il negativo ed ha tre gradi. Primo: fa gustare il vero, il bello ed il buono, anzi la soavità e la bellezza della verità. Secondo: orienta e stimola ad amare soprannaturalmente
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Dio e la sua legge. Terzo - e questo è il più importante: - coltiva coi più forti motivi il fervore della carità.
Con questo terzo grado si entra nella educazione dello spirito, che si realizza con la pratica dei Sacramenti, dei Sacramentali e dell'Orazione, in modo da ottenere che questi mezzi siano veri canali attraverso i quali passa la vita della grazia dal cuore di Gesù al cuore dell'apostolo, affinché egli possa dirigere a Dio tutti gli affetti e la vita onde effettuare in sé il «Mihi vivere Christus est».3
Tra i Sacramenti si dà maggior importanza a quelli della Penitenza e dell'Eucaristia, inculcandone la frequenza assidua. Particolare divozione deve aversi per la S. Messa poiché l'apostolo deve soddisfare assai per sé e molto per le anime.
Alla pratica dei Sacramenti non si disgiunga quella dei Sacramentali, almeno dei più comuni.
In riguardo poi all'Orazione l'apostolo deve prendere alla lettera l'esortazione del Maestro divino: «Oportet semper orare et non deficere».4 Preghiera mentale, orale e vitale, che lo nutra di Dio affinché egli possa comunicare Dio alle anime.
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Per la preghiera mentale si consiglia la lettura meditata della S. Scrittura ed in particolare del S. Vangelo, delle opere dei Santi Padri, e le Vite dei Santi.
A questa si unisca la meditazione quotidiana di almeno mezz'ora, il ritiro mensile, gli esercizi annuali.
La preghiera orale sia inculcata in modo diretto: non pratiche eccessive, ma poche e buone.
L'apostolo poi sia avviato per tempo alla preghiera vitale, ossia al modo pratico di trasformare tutte le azioni in preghiera, offrendole a Dio per mezzo di Gesù Cristo, con sentimenti di fede e di amore.
La necessità della formazione del cuore, nel senso qui inteso, è indubbia per l'apostolo, poiché è sempre vero che il predicare agli altri non converte noi stessi, come è sempre vero che quanto più l'anima apostola si raccoglie in se stessa tanto più estenderà la sua efficacia: «Attende tibi et doctrinæ... - ammoniva già San Paolo il suo fedele discepolo5 - hoc enim faciens et te ipsum salvum facies et eos, qui te audiunt».6 Mai si è così utili agli altri come quando si attende a se stessi. L'angolo remoto, «elige tibi remotum locum»,7 è sicuramente
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più utile alle anime che il pulpito e la penna stessa.
In pratica si inculchino le divozioni che nutrono maggiormente lo spirito: la divozione al divin Maestro Via, Verità e Vita; la divozione alla Ss. Vergine Regina degli Apostoli, a San Giuseppe protettore della Chiesa universale; ai Santi Apostoli Pietro e Paolo, perché ci tengano stretti alla Chiesa; ai Santi Angeli Custodi, alle Anime Purganti. Si avvii specialmente alla partecipazione intensa della vita di Gesù Maestro quale viene presentata dalla Chiesa nell'anno liturgico. Qui l'apostolato acquista zelo, poiché nella Chiesa e in Gesù Cristo è ogni apostolato e fuori di essi l'apparenza e il vuoto.
Tra le pratiche di pietà dalle quali dipende in maggioranza la formazione dell'apostolo e l'esito dell'apostolato, primeggiano la S. Messa, la Comunione, la Meditazione, la Visita al Ss. Sacramento, l'esame di coscienza. Nei capitoli che seguono, si dà una guida pratica all'apostolo circa il modo di compiere dette pratiche.
E poiché, almeno per i principianti, è utile seguire in esse un metodo, si propone quello che dovrebbe essere caratteristico per l'apostolato dell'edizione: il metodo poggiato sul trinomio evangelico: «via, verità e vita».
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CAPO VII
LA S. MESSA DELL'APOSTOLO DELL'EDIZIONE

Fra i diversi metodi proposti per seguire con devozione e frutto la S. Messa, all'apostolo dell'edizione si consiglia quello ad onore di Gesù Maestro, Via, Verità e Vita.
Secondo questo metodo la S. Messa si divide in tre parti: dal principio all'Offertorio; dall'Offertorio al Pater noster compreso; dal Pater noster al termine.

Prima parte

La prima parte, dal principio all'Offertorio escluso, si dedica all'onore di Gesù Verità, «scientiarum Dominus».1 Consiste in un esercizio d'amor di Dio fatto con la mente, nell'aderire
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alle verità esposte. Ciò in conformità allo spirito della Chiesa, la quale, in ossequio al divin Maestro che fece precedere alla Passione e Morte la predicazione, vuole che la celebrazione del divino Sacrificio sia preceduta da un'istruzione circa le verità della fede.
Anticamente, in questa parte della Messa, venivano istruiti i catecumeni e i fedeli. Ai primi si spiegavano e inculcavano le verità che avrebbero poi dovuto professare; ai secondi si ricordavano i misteri della fede che avevano già ricevuta.
Nella sua sostanza questo uso si è sempre conservato, ed è noto che in ogni tempo la Chiesa ha raccomandato ai Pastori di anime di spiegare ai fedeli il senso delle letture che si eseguiscono nella Messa, particolarmente quello del S. Vangelo.
Ogni giorno le letture della Messa variano. E, mentre riflettono il pensiero liturgico proprio del giorno, contengono, per così dire, una istruzione completa.
La verità principale d'ordinario si enuncia nell'Introito [antifona d'ingresso] e nell'Oremus [colletta], quasi a significare che quanto si deve credere è legge per la preghiera, norma per la vita. Viene esposta e sviluppata nell'Epistola e particolarmente nel Vangelo; confermata nelle altre parti.
Volendo seguire la Messa col metodo «via,
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verità e vita», si cercherà di individuare e completare queste verità, per farla regola della propria vita.
Modo pratico - Durante le preghiere preparatorie che il sacerdote recita ai piedi dell'altare, si domanda perdono a Dio per quanto ci impedisce di accostarci a lui, Santo dei Santi. Ascoltata poi la enunciazione dell'insegnamento principale nell'Introito, si chiede, nel Kyrie e nell'Oremus, la grazia di poterla comprendere e penetrare; si leggono quindi l'Epistola ed il Vangelo e si meditano sotto la luce che spandono sulla festa o la liturgia del giorno. Seguono atti di fede, proteste di voler rigettare ogni dottrina contraria al S. Vangelo. S'impetra quindi l'aumento di fede, la scienza e, per l'apostolo, la grazia comunicativa.
Si termina con la recita del Credo, come protesta di adesione alla verità che è stata proposta e come solenne professione di tutte le verità della dottrina cristiana.

Seconda parte

La seconda parte, dall'Offertorio al Pater noster incluso, comprende la preparazione, la celebrazione e l'applicazione del Sacrificio.
Consiste in un esercizio d'amor di Dio fatto con la volontà; perché si protesta di praticare i comandi e gli esempi proposti.
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È diretta ad onorare Gesù Cristo Via. In questa parte infatti Gesù si dimostra nostra Via specialmente sotto un triplice aspetto: Via perché soltanto in Lui, in merito al sacrificio della croce, di cui la Messa è rinnovazione, possiamo adorare e tributare a Dio l'onore che merita; rendergli le debite grazie per gli innumerabili suoi benefici; placare la sua giustizia offesa per i tanti nostri peccati e rendergli degna soddisfazione; supplicarlo per noi, per la Chiesa tutta, per il mondo e per le anime del Purgatorio.
Inoltre Gesù Cristo, nella sua mistica immolazione, si mostra nostra Via, ossia modello, nell'adempimento della volontà del Padre fino alla completa immolazione di se stesso, fino alla morte: modello di santità, anzi la santità stessa. Chi mette il piede sulle sue orme, cammina rettamente, si perfeziona, si santifica.
E non si tratta qui di simboli, di memorie o di richiami, ma della più vera realtà; si tratta di ciò che costituisce il centro di tutto il culto cristiano, della fonte unica ed essenziale della grazia, della immolazione più perfetta: è opera dell'Uomo-Dio.
Nella seconda parte della Messa, Gesù Cristo si mostra ancora Via dell'apostolo; insegna ad amare il prossimo, anche i nemici, fino
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all'immolazione di se stessi: «Ego vadam immolari pro vobis».2
Modo pratico
- Consiste nel seguire e meditare, passo passo, l'azione liturgica, come intende la Chiesa.
Nell'Offertorio, in cui si prepara l'offerta della vittima per la salute di tutto il genere umano: «pro nostra et totius mundi salute»,3 si protesta a Dio di essere pronti a darci interamente a Lui. Si depongono quindi sull'altare, con il pane e il vino, tutti i beni esterni, il corpo e l'anima con le sue facoltà: mente, volontà, cuore, le pene, i bisogni: l'offerta del proprio essere e della propria vita.
Nel Prefazio, solenne preghiera di benedizione e di ringraziamento, «sacrificium laudis»,4 si fa a Dio, in unione degli Angeli, dei Santi e particolarmente del Verbo Incarnato, la rinnovazione dell'offerta di se stessi, si loda la maestà di Dio e se ne proclama la santità.
Nella Consacrazione - mentre Gesù Cristo, trasformate le nostre offerte nel suo Corpo e nel suo Sangue, si offre al Padre - si sacrifica il Cristo per essere compresi nel suo sacrificio e comparteciparvi con lui e per lui. Dopo aver pregato il Padre ad accettare l'offerta di tutto se stesso [= noi stessi], si compiano atti di adorazione, di ringraziamento, di soddisfazione per i peccati propri e di tutti gli uomini. Si formulino domande per nuove
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grazie e misericordie per sé, per il mondo, per le anime del Purgatorio; si prometta di voler imitare Gesù Cristo nella sua via di obbedienza al Padre fino alla morte e si impetri la forza e la capacità di sapersi immolare per le anime.

Terza parte

Si estende dal Pater noster al termine della Messa ed è diretta ad onorare Gesù Cristo Vita delle anime, perché si chiede particolarmente di vivere in Cristo.
Ha per centro la Comunione, nella quale, a consumazione del Sacrificio, il Padre ci dona il suo Figlio. Anche noi siamo in Dio e Dio in noi per comunicarci la sua vita: «Ego veni ut vitam habeant et abundantius habeant».5
Ed è questa l'unione più stretta possibile tra il Creatore e la creatura. Unione fisica e morale, unione mistica e reale, trasformante e di sua natura permanente. Unione che, in virtù della circuminsessione, trae un'unione speciale con le tre Persone divine della Ss. Trinità.
Questa parte della Messa è specialmente preghiera di domanda e di santificazione del cuore e dello spirito.
Alla Comunione, che è l'atto essenziale, precede
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la preparazione e segue il ringraziamento.
La preparazione si inizia con le orazioni che impetrano particolarmente il dolore dei peccati, il distacco dalle creature, l'amore di unione a Dio.
Il ringraziamento consiste in atti o adorazioni che, mentre esprimono a Dio la riconoscenza, Lo supplicano, affinché ci conceda che, quali suoi figli, con Lui e per Lui possiamo trascorrere la nostra vita.
Modo pratico - Occorre compiere due atti: la Comunione e la presentazione a Dio delle domande.
La Comunione (se non sacramentale, almeno spirituale) sia la più santa e la più completa: adesione di mente, di volontà e di cuore a Gesù Cristo, perché unendosi a noi ci trasformi in Lui. Preceda una fervorosa preparazione e segua, per quanto è possibile, un degno ringraziamento.
La presentazione a Dio delle domande sgorghi da un cuore apostolico; riboccante di amore a Dio e agli uomini. Si chieda a Dio la sua gloria e il bene delle anime; gli si raccomandino i bisogni propri individuali e quelli sociali. Si preghi per la Chiesa militante e purgante; per se stessi e per tutti gli uomini, come c'insegna il divin Maestro nel Padre nostro.
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CAPO VIII
LA COMUNIONE

Nella Comunione Gesù Cristo si unisce a noi per trasformarci in Lui. Questa unione soprannaturale è insieme fisica e morale. Fisica poiché dopo la Comunione «c'è tra Gesù e noi una unione simile a quella che esiste tra il cibo e colui che se l'assimila; con questa differenza: non siamo noi che trasformiamo Gesù nella nostra sostanza, ma è Gesù che trasforma noi in Lui. È infatti l'essere superiore che si assimila l'inferiore».1
Da questa unione fisica dipende un'unione morale, intimissima e trasformatrice. Gesù si unisce a noi per trasformarci e formare tra Lui e noi «cor unum et anima una».2
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Avendo quindi la Comunione per fine di unirci a Gesù Cristo e per Lui a Dio, l'apostolo cercherà di intensificarne gli effetti premettendovi una preparazione e facendovi seguire un ringraziamento che fomenti quest'unione. Una preparazione che sia una specie d'unione anticipata a Gesù Cristo e un ringraziamento che metta in esercizio quest'unione. Unione completa di mente, di volontà e di cuore.

Unione di mente

L'intelligenza umana dovrebbe aderire talmente a quella di Dio, in modo da essere illuminata dagli splendori della fede e poter vedere tutto e tutto giudicare alla luce divina.
Ciò, dopo il peccato originale, riesce sommamente difficile, anzi impossibile, senza una grazia speciale perché, col peccato dei progenitori, la natura umana fu deteriorata. E la storia è a dimostrare che prima della venuta di Gesù Cristo, l'uomo andò di errore in errore e che in ogni tempo e convivenza umana si verificò e si verifica la difficoltà a percepire la verità, a ragionare teologicamente e a pensare cristianamente.
Nella redenzione dallo spirito maligno, che è falsità ed inganno, Gesù Cristo, che è verità,
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ci predicò le verità divine. Ne lasciò poi la Chiesa depositaria e dispensiera.
Tutti gli uomini, in virtù della Redenzione, sono chiamati a conoscere e aderire a questa verità. I cristiani, in virtù dell'infusione della grazia e della fede ricevuta nel santo Battesimo, possiedono tale disposizione particolare a credere. Ma per professare questa fede e perseverare in essa si richiede altra grazia. Questa è appunto quella che cerchiamo nella preghiera, nei Sacramenti, nella Comunione. Grazia abituale e attuale che riabilita a poco a poco la nostra intelligenza, risanandola dalle malattie (irriflessione, ignoranza, dimenticanza, durezza, pregiudizio, errore, perversione...) ed elevandola al soprannaturale, per unirla a quella stessa di Gesù Cristo.
Questi benefici si ottengono infallibilmente, se all'opera di Dio nel Sacramento si unisce il minimo della cooperazione richiesta nella preparazione e nel ringraziamento.

Modo pratico - Preparazione e ringraziamento si ripartiscono rispettivamente in tre atti: esercizio della mente, della volontà e del cuore. Il primo, l'esercizio della mente, si compie nel seguente modo:
Preparazione: Confrontare le proprie idee, le proprie convinzioni e i propri giudizi con
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quelli di Gesù Cristo. Chiedere perdono del cattivo uso fatto dell'intelligenza, delle mancanze di fede, e protestare di volersi emendare, chiedendone la grazia al Maestro divino.
Ringraziamento: Profondo atto di adorazione a Gesù Verità. Rendere a Dio, con Gesù Cristo e per Gesù Cristo, l'omaggio della propria intelligenza. Pregare il Maestro divino a voler instaurare in Lui, nostro capo, la mente, in modo che apprenda, aderisca, ritenga, professi le verità divine. Chiedere che santifichi e soprannaturalizzi i giudizi, i raziocini, i consigli, le decisioni, la memoria. Pregare affinché tutti gli uomini conoscano la Verità e pieghino a Dio la loro intelligenza.

Unione della volontà

L'unione della volontà umana con quella di Dio significa uniformità piena alla volontà divina: e qui c'è la perfezione, perché uniformità significa amore e la perfezione sta appunto nell'amor di Dio. Più sarà intensa e perfetta tale unione e più sarà vivo il nostro amore a Dio, più sarà alta la nostra perfezione.
La volontà di Dio a riguardo dell'uomo si manifesta: per mezzo dei Comandamenti e dei Precetti della Chiesa, degli avvenimenti e in Gesù Cristo. Nei comandamenti e negli avvenimenti
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è teorica. In Gesù Cristo è concreta, vissuta, viva e vivificante. Egli infatti è la santità e la volontà vivente del Padre. La santità, perché ha vissuto i Comandamenti, i Consigli evangelici ed ebbe la più alta perfezione in ogni virtù. La volontà, perché i suoi esempi sono per noi legge e perché le sue parole hanno confermato, applicato, spiegato i Comandamenti con consigli e precetti soprannaturali. Aderendo quindi a Gesù Cristo, alla sua volontà, ai suoi esempi, aderiamo in lui, alla volontà del Padre e raggiungeremo la perfezione.
In Gesù Cristo poi la volontà del Padre diviene facile perché si è da Lui sostenuti, come il tralcio dalla vite, e si partecipa quindi alla sua fortezza morale e al suo vigore soprannaturale. Con Lui si cammina speditamente nella via della perfezione e, quando questa presenta passi malagevoli, Egli sostiene, anzi porta.
Tra i mezzi che ci aiutano ad aderire alla volontà di Gesù Cristo, principalissimo è la preghiera. E, tra le preghiere, la Comunione è senza dubbio la più eccellente perché è il Sacramento che ci dona lo stesso Autore della grazia. In essa, noi, quali olivi selvatici, veniamo innestati su Gesù Cristo, il buon olivo.
Nella Comunione la nostra volontà ricava tre vantaggi: viene sanata, elevata, irrobustita. Il «salutis humanæ Sator»3 risana la volontà
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dalle sue malattie, quali: l'abulia, l'incostanza, l'accidia, l'ostinazione, la malabitudine; la eleva e la irrobustisce mediante la comunicazione delle divine grazie: «qui manet in me et ego in eo, multum fructum affert».4

Modo pratico - Preparazione: Confronto delle proprie intenzioni e dei propri voleri con quelli di Gesù. Esame preventivo sulla giornata che sta innanzi, chiuso con l'atto di dolore e il proposito sul punto centrale del lavoro spirituale. Atto di sincera umiltà che sgorga dalla considerazione della santità di Dio e della propria indegnità. Chiedere al divino Maestro la grazia per il lavoro spirituale.
Ringraziamento: Atto di silenziosa adorazione, di annientamento e di intera donazione di noi stessi a Gesù Cristo Santità, e con lui e per lui alla Ss. Trinità. Suppliche a Gesù Via che si faccia nostra guida e nostra forza nel compimento dei propri doveri, secondo la volontà di Dio. Preghiere perché si compia sempre e da tutte le creature la volontà divina: «fiat voluntas tua sicut in cœlo et in terra».5
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Unione del cuore

L'unione del cuore nostro col cuore di Dio consiste nel sentire e nel vivere con Gesù Cristo una vita divina in tutti i suoi esercizi: la fede, la speranza, la carità, nei beni e nei frutti spirituali che ne derivano, nell'esercizio delle opere di misericordia corporali e spirituali, nella pratica delle beatitudini, nel possesso attivo dei doni dello Spirito Santo. Ma poiché questa vita divina ci è comunicata dallo Spirito Santo per mezzo di Gesù Cristo, è necessario che noi ci incorporiamo a Gesù Cristo per essere con lui e in lui del Padre nello Spirito Santo.
L'incorporazione con Gesù Cristo si inizia nel Battesimo, si mantiene con lo stato di grazia, si accresce e si perfeziona coi Sacramenti, tra i quali, il primo, il Sacramento dell'Eucaristia. Nella Comunione, infatti, ci nutriamo di Gesù perché il suo divin Cuore assorba il nostro in modo da farne un sol cuore col suo. Allora il Cuore di Gesù sanerà il nostro dalle sue malattie (indifferenza, diffidenza, cattive inclinazioni, passioni morbose, sentimenti vani, aspirazioni umane...), lo farà battere all'unisono col suo per la gloria di Dio e la pace degli uomini. Ci farà comprendere l'abisso del nostro nulla e la imponente elevazione in Gesù Cristo.

Modo pratico - Preparazione: Confrontare
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i sentimenti del proprio cuore con quelli di Gesù Cristo. Chiedere perdono del proprio egoismo, delle affezioni solo naturali e solo sensibili. Proporre di voler amare ardentemente, generosamente, appassionatamente Dio e le anime in Lui. Si chiede al Divin Maestro tale grazia e si va a bere la vita, a mangiare Gesù! Si ripartirà poi portando innanzi a se stessi Gesù Cristo ovunque: lasciando che viva Egli solo e operi rimanendo, nell'opera, nascosti in lui e in lui sperduti, poiché «Vivo autem, iam non ego: vivit vero in me Christus».6
Ringraziamento: Glorificare Gesù Cristo nostra Risurrezione e Vita. Offrire a Dio, per mezzo di Gesù Cristo, l'omaggio del proprio cuore. Espandere l'anima in dolci colloqui col divino Ospite. Chiedere una maggior infusione della vita divina. Impetrare grazie particolari per sé, per coloro ai quali si è obbligati, per la Chiesa militante e purgante, per tutto il mondo.
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CAPO IX
LA MEDITAZIONE

Per meditazione s'intende qui non solo il ricordo dei novissimi e della volontà di Dio come regola di vivere, ma la elevazione ed applicazione dell'anima a Dio, quale la praticò Gesù Cristo e, sul suo esempio, i santi.
Il tempo dato alla meditazione non è rubato alle opere di zelo, poiché la preghiera è più necessaria dell'azione. Anzi l'apostolo è tanto fecondo quanto è animato dalla vita interiore, la quale appunto è alimentata dalla meditazione.

Vari metodi di meditazione

I santi cercarono sempre e variamente il modo di riuscire in quest'arte sì difficile, tanto che si
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può dire avervi ognuno dato un timbro particolare, frutto di studio, di preghiera e di esperienza personale.
Metodi ottimi si trovano in Cassiano, in San Giovanni Climaco e nei principali scrittori spirituali. Ma solo verso il secolo XVI vennero elaborati i metodi propriamente detti che guidarono, da allora in poi, le anime nelle vie dell'orazione. Ricordiamo, ad esempio, quelli di Sant'Ignazio, di San Francesco di Sales, degli Oratoriani e di San Sulpizio.
Tutti i metodi proposti dai santi e dai maestri di spirito hanno certi punti in comune che costituiscono l'essenziale della meditazione. Sono: la preparazione, il corpo della meditazione, la conclusione.
La preparazione è triplice: remota, prossima e immediata.
La remota è lo sforzo di mettere la propria vita in armonia con la meditazione. È preparazione di mente che esige la conoscenza delle verità dogmatiche dalle quali si possano ricavare i principi morali, ascetici e mistici; preparazione della volontà in quanto dispone alla pratica della legge di Dio e dei doveri del proprio stato; preparazione del cuore che consiste nel desiderio del proprio miglioramento e nella disposizione dell'anima all'orazione.
La preparazione prossima abbraccia gli atti
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preparatori e cioè: leggere alla sera antecedente un passo sull'argomento della meditazione, ricordarlo al mattino appena desti e ordinare la mente, la volontà e il cuore ad essa, sì da poter ricevere maggior frutto.
La preparazione immediata comprende gli atti coi quali s'inizia la meditazione, e cioè: mettersi alla presenza di Dio, riconoscere la propria miseria ed incapacità, chiedere l'aiuto della divina grazia.
Il corpo della meditazione è quello che presenta più varietà nei diversi metodi. Anche in esso tuttavia si conviene da tutti in ciò che è sostanziale: rendimento a Dio dei doveri di religione che gli sono dovuti, considerazione sopra ciò che è argomento della meditazione, esame o riflessione sopra se stessi per conoscere ciò che vi è da togliere o da migliorare, risoluzioni pratiche per la giornata e preghiera per impetrare le grazie necessarie.
La conclusione chiude la meditazione con un ringraziamento a Dio per la grazia della meditazione, un breve esame sul modo con cui si è fatta e la scelta del mazzetto spirituale.
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Il metodo dell'apostolo dell'edizione

La meditazione alla quale l'apostolo deve tendere è senza dubbio quella unitiva,1 nella quale l'anima si congiunge intimamente e abitualmente a Dio nell'amore. Ma poiché questa dipende da Dio, ed è, in via ordinaria, frutto della meditazione purgativa ed illuminativa, l'apostolo si eserciterà in esse, seguendo uno dei tanti metodi poiché, se nell'unitiva ha molto campo il lavorio della grazia, in queste è di somma utilità l'industria personale.
Potrà, in pratica, seguire indifferentemente qualunque metodo buono che giudicherà utile per l'anima sua. La preferenza sia tuttavia per il metodo «via, verità e vita».
Anche questo metodo, come gli altri, comprende: preparazione, corpo e conclusione.
La preparazione remota è lo studio della religione nelle sue tre parti: fede, morale e culto; la prossima (come per gli altri metodi) è nella previsione della sera e del mattino su ciò che sarà l'argomento della meditazione; la immediata comprende gli atti preparatori: preludi e preghiere, e cioè: richiamo della verità da meditare, composizione del luogo per mezzo dell'immaginazione, proposito generale di trar
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profitto, domanda di grazia speciale conforme al soggetto.
Gli atti preparatori riusciranno molto utili se si ricorrerà ad episodi evangelici adatti all'argomento. Ad esempio: richiamando alla memoria il tratto che ci presenta Maria Maddalena modello dell'anima meditativa: ci si immaginerà di essere al suo posto, di vedere il Maestro Gesù che bussa al castello (simbolo dell'anima). Ci si studierà d'imitare la pia donna nella sua attenzione, nel far tesoro di tutte le parole del Maestro, nell'interessamento ad interrogarlo, nel suo dolore, nella sua buona volontà.
A volte si potrà immaginare di trovarci soli a soli con Gesù, parlargli intimamente, consegnargli la mente, il cuore, la volontà, e tutto se stesso perché ne faccia quanto crede. Così ci si disporrà a mantenersi in dolcissima conversazione con Lui per tutta la meditazione. Potranno pure giovare esempi della vita della Madonna, dei Santi e il raffigurarsi di essere in qualche luogo o circostanza particolare, come sul letto di morte, alla porta del cimitero, sull'orlo dell'inferno, ecc...
Il corpo della meditazione, si divide in tre parti: verità, via e vita, o anche via, verità e vita, delle quali le prime due dovranno occupare ognuna metà il tempo della terza (es. se la
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terza durerà 12 minuti, la prima e la seconda dureranno sei per ognuna).

I PARTE - Verità - Vi predomina l'esercizio della mente.
Dopo aver letto il brano che si vuol meditare, si farà lo sforzo di convincersi su quanto si è letto affinché la verità rifulga agli occhi dell'intelletto.

II PARTE - Via - È l'esercizio della volontà. Comprende tre parti. La prima è una considerazione viva e molto particolare sull'insegnamento del divin Maestro in riguardo alla verità meditata.
Segue il confronto della propria condotta sull'esempio di Gesù e si avrà così l'esame di coscienza il quale deve essere particolare e sincero, riguardare il passato, promettere per il presente e provvedere per l'avvenire.
L'esame finisce nella terza parte che è data dal proposito per la giornata. Proposito pratico, personale, in relazione a quello degli ultimi esercizi spirituali o dell'ultimo ritiro mensile: cioè quello che forma l'oggetto dell'esame particolare.

III PARTE - Vita - È la più lunga. L'anima si esercita in affetti ed in caldi colloqui con Dio e con la Ss. Vergine; prega per ottenere luce onde approfondire quanto meditato, per
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ottenere forza di volontà e l'aiuto soprannaturale necessario per la pratica dei propositi formulati.
Questa preghiera sarà molto libera e conforme alle disposizioni particolari dell'anima. In caso di aridità o di distrazione si potrà recitare qualche preghiera comune, qualche mistero di rosario, le litanie della Ss. Vergine, il Miserere, ecc.2
Alle tre parti del corpo segue la conclusione, che è un breve esame sopra la meditazione fatta. Esame seguito da tre atti: chiedere perdono a Dio per le negligenze commesse durante la meditazione; ringraziare per le grazie e buone ispirazioni ricevute, raccogliere un mazzolino o pensieri spirituali da ricordare durante la giornata, nell'esame particolare del mezzogiorno e in quello della visita al Ss. Sacramento.
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CAPO X
VISITA AL SS. SACRAMENTO

La visita al Ss. Sacramento per l'apostolo è come un'udienza, una scuola, ove il discepolo o il ministro va a intrattenersi col divin Maestro Via, Verità e Vita.
Molti sono i metodi proposti per trarre da questa pratica i maggiori frutti. Per l'apostolo dell'edizione è indicatissimo quello in onore di Gesù Maestro Via, Verità e Vita.
Secondo questo metodo la visita si divide in tre parti di eguale durata.

Prima parte

È un esercizio d'amor di Dio fatto con tutta la mente ed ha un triplice scopo:
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1. Onorare e considerare, in Gesù Cristo e con Gesù Cristo, Dio somma ed essenziale Verità.
2. Riassumere, rischiarare ed unificare al servizio di Dio, tutte le cognizioni naturali e soprannaturali che si sono acquistate nella formazione intellettuale, spirituale e pastorale.
3. Impetrare che tutti gli uomini pervengano alla luce della verità secondo quanto dice il Vangelo: «Hæc est autem vita æterna: ut cognoscant te, solum Deum verum, et quem misisti Jesum Christum».1
In questa prima parte la mente ha modo di allontanare l'errore ed approfondire le divine verità.
Modo pratico - Per riuscire efficace, deve essere molto semplice ed abbracciare tre esercizi: a) Mettersi alla presenza di Dio e chiedere perdono delle proprie colpe.
b) Riassumere nella propria mente le cognizioni acquistate nel giorno o nella settimana, oppure leggere qualche tratto della sacra Scrittura o della sacra Teologia, quindi riflettervi sopra ed esercitarsi in atti di fede.
c) Chiedere a Dio, per sé e per le anime, i doni naturali e soprannaturali della «luce intellettual, piena d'amore». Ed in particolare:
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chiedere la fede (il principio della giustificazione), i doni della scienza, della sapienza, dell'intelletto; la cognizione del proprio ufficio e del proprio stato, la cognizione di Dio e delle anime, la grazia di preparare la mente alla visione beatifica.
Queste domande si possono fare con preghiere private, spontanee, oppure con la recita del Credo, dell'atto di fede, dei misteri gloriosi, dei Salmi vari, del Veni Creator Spiritus...

Seconda parte

È un esercizio d'amor di Dio fatto con tutta la volontà.
Lo scopo è:
1. Onorare e considerare, in Gesù Cristo e con Gesù Cristo, Dio somma ed essenziale Bontà.
2. Seria riflessione e profondo esame di coscienza che portino a:
a) riconoscere la padronanza assoluta che Dio ha su di noi e quindi a rendergli l'omaggio della volontà: accettando liberamente i Comandamenti, i Consigli evangelici e i doveri del proprio stato;
b) riflettere che Gesù Cristo, il Figlio di Dio, si è fatto nostra Via, affinché seguendo Lui possiamo giungere al Padre e alla gloria celeste, e quindi promettere di voler studiare questi
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divini esempi per ricopiarli nella propria vita.
3. Chiedere la grazia di poter uniformare la propria volontà e tutti i suoi atti a Dio, sull'esempio di Gesù Cristo che piacque sempre al Padre.
In questa seconda parte si mira a diventare davvero uomini, cristiani, apostoli, sulle orme di Colui nel quale vi è la generale e somma perfezione di ogni virtù più vera, più sublime, più profonda.
Modo pratico - a) contemplare qualche tratto della vita del divin Maestro;
b) esame, propositi e preghiere per vivere la nuova vita in Gesù Cristo. Ambedue questi esercizi debbono portare alla propria emendazione ed al proprio miglioramento e perciò convergere sull'oggetto dell'esame particolare.
Se, ad es., si accentra il lavorio spirituale sulla pazienza, è utile procedere in questo modo: contemplare ora il presepio, ora il Getsemani, ora la via del Calvario; quindi, discendere ai particolari, confrontare la propria pazienza con quella dell'Uomo dei dolori, chiedere perdono, fare i propositi, supplicare perché Gesù ci attiri a sé nella sua santa via.
Si potrà chiudere con una delle seguenti preghiere: Miserere, De profundis, Atto di dolore, Misteri dolorosi.
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Terza parte

È un esercizio d'amor di Dio fatto con tutto il cuore e con tutta l'anima.
Lo scopo è:
1. onorare e considerare con Gesù Cristo e in Gesù Cristo, Dio Vita somma ed essenziale;
2. riconoscere che Gesù Cristo è la Vita divina e che Egli è venuto a comunicarci questa vita: «in ipso vita erat, et vita erat lux hominum»;2
3. considerare che Egli ci comunica la vita soprannaturale incorporandoci a sé, come membra al capo, come tralci alla vite: «Ego sum vitis, vos palmites: qui manet in me et ego in eo, hic fert fructum multum: quia sine me nihil potestis facere»;3
4. impetrare il dono, l'accrescimento, i frutti di questa vita e tutte le grazie necessarie per la propria anima.
Tutto questo è utilissimo per l'apostolo, perché l'esercizio dell'apostolato suppone vita cristiana e vita santa.
Si chiede a Dio tutto questo perché l'anima tenda unicamente alla gloria sua ed alla pace degli uomini, in Cristo e con Cristo: «Caritas enim Christi urget nos».4 Questa è la vita
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completa: «Vivo autem, iam non ego: vivit vero in me Christus».5 Ed è per i meriti del Crocifisso, per i gemiti eucaristici di Gesù, e per una cooperazione sincera del cuore umano, che cessa di vivere l'uomo vecchio e si incarna, per opera dello Spirito Santo nella carità di Maria, l'uomo nuovo che «ex Deo factus est»,6 cioè Gesù Cristo. Questa grazia, questa vita interiore e soprannaturale, vita dell'anima, è merito per il Paradiso e sarà gloria nell'eternità: gloria doppia per l'apostolo.

Modo pratico - a) riflettere a tutti gli argomenti che costituiscono lo scopo di questa terza parte;
b) intimo colloquio col Maestro divino per trattare con Lui gli interessi di Dio, di se stessi e di tutte le creature;
c) impetrare grazie particolari, come le virtù teologali, particolarmente la carità verso Dio, se stessi e il prossimo; le virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza; i doni dello Spirito Santo: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà, timor di Dio; le otto beatitudini evangeliche ed i dodici frutti dello Spirito Santo; la grazia di poter sempre difendere la propria vita spirituale dai tre nemici: il mondo, la carne, il demonio con
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la fuga dei pericoli e con la preghiera; inoltre, la vocazione alla perfezione, lo zelo per l'apostolato.
Tre le preghiere che possono servire allo scopo, sono da preferirsi: l'atto di carità, le beatitudini, la terza parte di Rosario coi Misteri gaudiosi, ecc.
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CAPO XI
ESAME DI COSCIENZA

Per fomentare nell'anima l'intima ed affettuosa unione con Dio, fonte di ogni apostolato, sono necessarie due cose: la conoscenza di Dio e la conoscenza di se stessi, ossia i due termini dell'unione: Dio e l'anima.
La conoscenza di Dio abbraccia tutto quello che può farcelo ammirare ed amare, e quindi la sua esistenza, la sua natura, i suoi attributi, le sue opere, specialmente la sua vita intima e le sue relazioni con gli uomini.
Si conosce Dio attraverso lo studio della filosofia e della teologia, attraverso la meditazione e l'orazione e con l'abitudine di vedere Dio in tutte le cose.
La conoscenza di se stessi abbraccia tutto
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ciò che si trova nel proprio animo: doti e difetti, doni naturali e doni soprannaturali, inclinazioni e ripugnanze, l'intima storia della propria vita, le proprie colpe, i propri sforzi, i progressi. Il tutto, studiato senza pessimismo, ma con imparzialità, con retta coscienza illuminata dalla fede.
L'apostolo dell'edizione, se vuole veramente santificare se stesso e le anime, deve dunque unire allo studio di Dio anche quello di se stesso. Deve cioè allenarsi ed entrare nel suo interno per esaminarvi il suo piccolo mondo invisibile onde conoscere ciò che vi è in lui che viene da Dio e [ciò che viene] dalla natura corrotta, per assecondare l'uno e rigettare l'altro, perché l'esame è conoscenza pratica che riforma la vita.
Attenderà a questo studio di se stesso mediante la pratica quotidiana dell'esame di coscienza, generale e particolare, secondo il metodo «via, verità e vita».1

Esame generale

È l'esame che ogni buon cristiano deve fare ogni giorno per conoscersi e correggersi.
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Riguarda tutti i pensieri, le azioni, i sentimenti della giornata e comprende cinque punti.

1. Adorare Dio Uno e Trino, Bontà infinita, e ringraziarlo per tutti i benefici generali e particolari che ci ha concessi. Questo primo punto ha un triplice scopo: rendere a Dio gli atti di religione che gli sono dovuti, alimentare la fiducia in Lui e disporre l'animo alla contrizione, facendo risaltare la propria ingratitudine.

2. Chiedere la grazia di conoscere i propri peccati e di liberarsene. Questa domanda deve essere rivolta particolarmente allo Spirito Santo perché comunichi all'anima il dono della scienza, dono che ha tra i suoi uffici quello di aiutare l'anima a ben conoscere se stessa per condurla a Dio.

3. Domandarsi conto esatto della propria condotta dai primi istanti del mattino fino al momento dell'esame, percorrendo una dopo l'altra le ore del giorno o spazi di tempo determinati dall'ordine delle proprie azioni.
Per questo atto si danno tre regole: a) seguire un ordine: pensieri, azioni, sentimenti, estendendo anche la ricerca a quanto segue: stima e fede alla parola di Dio; sottomissione e fedeltà alla Chiesa; pratica dello zelo pastorale nell'apostolato secondo i propri uffici e ministeri; condotta in riguardo a sé e alle anime circa le edizioni cattive e mondane; impiego del
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tempo e soprattutto pratica della vita interiore; b) rilevare il carattere morale e la responsabilità di ogni atto interno ed esterno, esaminandolo con imparzialità di giudizio, in se stesso, nelle sue cause remote e prossime, nei suoi effetti; c) confrontare la propria condotta con quella di Gesù. Il contrasto che si nota fra se stessi e questo divino modello, i propri difetti e le proprie imperfezioni appariranno molto più chiaramente, mentre la volontà sarà spinta a volerlo seguire sempre più da vicino.

4. Fare a Gesù, con umiltà e confidenza, la cosiddetta «confessione spirituale», chiedergli quindi perdono delle proprie colpe e ringraziarlo per le vittorie ottenute. Questo quarto punto è il principale perché contiene la contrizione, l'elemento essenziale dell'esame di coscienza.

5. Formulare propositi chiari e pratici di correggersi e migliorare; impetrare allo scopo la grazia divina. I propositi per essere efficaci devono poggiarsi sull'umiltà, essere espliciti e particolari ed abbracciare i pensieri, le azioni e i sentimenti. Tra le preghiere consigliabili per impetrare la grazia di osservare i propositi, ottima è quella del Pater noster. Essa infatti potenzia e rende infallibile la nostra domanda di perdono e di aiuto, che presentiamo a Dio per mezzo di Gesù Cristo.
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Esame particolare

È la grande arma di un vero combattimento intrapreso allo scopo di vincere se stessi su di un punto ben determinato. Mira ad un difetto da correggere o ad una virtù da coltivare. Perché riesca utile è necessario attenersi ad alcune regole circa la scelta del soggetto e il modo di farlo.

Scelta del soggetto - In linea ordinaria conviene mirare al difetto predominante (uno dei sette vizi capitali od una sua manifestazione) sforzandosi di vincerlo e sostituirlo a poco a poco con la virtù opposta.
Per rendere più completo il lavoro, più facile e più sicuro il progresso, è necessario formularsi un programma pratico che impegni tutte le facoltà principali: intelletto, volontà, sentimento. Dovendo, ad esempio, fissare l'esame particolare sulla carità verso Dio, il programma comprenderà le tre parti seguenti:
1. Esercizio della mente. Persuadersi intimamente dei principi sui quali si basa la carità verso Dio, ossia: Dio è principio, reggitore e fine di tutte le creature, alle quali egli, sommo ed essenziale Bene, ha comunicato tutto il bene che possiedono. A Dio perciò deve essere rivolto l'amore delle creature, il nostro amore. Tutte le altre cose si devono amare in lui e per lui.
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2. Esercizio della volontà. Prefiggersi di acquistare, sull'esempio di Gesù Cristo, la costante gioiosa uniformità alla volontà divina. Uniformità alla volontà di Dio significata, ossia obbedienza ai comandamenti e ai precetti della Chiesa, ai consigli evangelici, alle ispirazioni della grazia, e per i religiosi alle Costituzioni e alle Regole. Uniformità alla volontà di Dio di beneplacito, ossia sottomissione a tutti i provvidenziali avvenimenti voluti o permessi da Dio per il maggior bene e principalmente per la propria santificazione.
3. Esercizio del cuore. Proporsi di acquistare il massimo grado possibile d'unione con Dio attraverso i seguenti mezzi: vedere in tutto il creato solo e sempre il riflesso della Bontà divina e quindi servirsi di esso come di un mezzo per ascendere a Dio; distaccarsi da sé e da ogni affetto naturale e costruire in se stessi come una celletta nella quale si trova, si ama Dio e si parla cuore a cuore con Lui, in attesa dell'amplesso eterno del cielo.

Modo di farlo. L'esame particolare abbraccia tre tempi: al mattino, durante la Visita al Ss. Sacramento, alla sera.
Nel tempo del mattino (appena desti) si fa il cosiddetto «esame preventivo», che comprende quattro atti essenziali: precisare chiaramente il soggetto di lotta per la mattinata; prevedere
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le occasioni; determinare di vincersi in ciascuna di esse; invocare la luce e la forza divina. È cosa breve: bastano due o tre minuti.
Durante la Visita al Ss. Sacramento si fa l'esame particolare propriamente detto, che deve durare venti minuti. Si divide in cinque punti, come l'esame generale, ossia: ringraziamento, preghiera per conoscere e detestare le proprie colpe, ricerca delle mancanze e verifica del progresso, pentimento, proponimento. Precedono due atti preparatori e segue un atto di chiusura.
Gli atti preparatori mirano ad eccitare al raccoglimento e a prendere di mira il proprio esame. Comprendono l'esercizio della presenza di Dio e una preghiera iniziale. L'esercizio della presenza di Dio consiste nel mettersi sotto l'occhio di Dio ed eccitarsi ad un vivo sentimento di umiltà e di confusione.
La preghiera iniziale consiste nel domandare brevemente a Dio la grazia di poter fare bene l'esame attuale. Dev'essere una preghiera fervente.
Ringraziamento. Ringraziare Dio in particolare e minutamente di tutte le grazie elargiteci dopo l'ultimo esame. Ringraziarlo specialmente per la bontà con cui ce le ha fatte.
Preghiera. Concentrare tutta l'attenzione sul soggetto dell'esame particolare e implorare
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l'aiuto divino per ricordare quante volte si è mancato ed avere la forza di correggersi.
Esame. Consiste nel ricercare le mancanze, segnare il numero e confrontarlo con quello degli esami precedenti. Per cercare le mancanze occorre chiedere a se stesso conto esatto del punto speciale sul quale si è proposto di correggersi e di migliorarsi.
In pratica è consigliabile l'uso di un questionario pratico che rivolga domande esplicite e particolari sul programma di lavoro quale è stato sopra esposto. Per non incorrere nell'errore di generalizzare è utile scorrere ora per ora od azione per azione, sempre nel medesimo ordine, e fare un calcolo chiaro, esatto, curando di evitare eccessi di ottimismo e di pessimismo.
Il risultato si scriva su di un taccuino apposito. Questo serve per ricordare più facilmente e per poter fare i confronti che devono essere fatti in questo modo: il resoconto dell'esame di mezzogiorno si confronta con quello della sera, quello di un giorno con quello di un altro. Si confrontino i risultati settimanali, mensili ed annuali e si manifestino al proprio direttore spirituale. I confronti stimolano l'ardore, i resoconti tengono costanti nella lotta, danno modo di avere una guida sicura.
Pentimento. Detestare con tutta l'anima le
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proprie mancanze ed eccitarsi al dolore come si fa per la confessione. Terminare con la recita dell'atto di dolore, di un salmo penitenziale o con la meditazione di qualche stazione della Via Crucis.
Proposito. Ha due scopi: espiare ed emendarsi. Espiare con opere di penitenza, badando di imporsene qualcuna per le proprie mancanze al fine di smorzare l'amore al piacere, fonte di peccato.
Emendarsi precisando il soggetto di lotta, prevedendo le occasioni e scendendo a decisioni particolari di vincersi in ciascuna di esse. Si starà attenti a rimuovere sollecitamente la presunzione, che, inducendo a far troppo assegnamento sulla propria buona volontà e sulla propria energia, priverebbe di molte grazie ed esporrebbe a nuove imprudenze e a nuove cadute. Ci si appoggerà invece fiduciosamente sull'onnipotente e infinita bontà di Dio sempre pronto a venire in aiuto di chi ha coscienza della propria incapacità. Ad implorare questo divino aiuto si termina con l'atto finale che consiste in una preghiera tanto [più] umile e premurosa quanto più diffidenti ci ha resi la vista dei propri peccati.
Oltre al modo esposto che è più conforme al metodo suggerito da Sant'Ignazio, se ne
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possono esporre altri più corrispondenti al metodo «via, verità e vita», quali:
1. Dopo l'atto di fede nella presenza di Dio e le preghiere preparatrici:
a) riconoscere i benefici del Signore, fare atti di gratitudine e di ringraziamento, chiedere grazie di conoscere se stessi e sentire l'orrore dei propri difetti e delle proprie mancanze.
È la parte della «verità» (5 minuti).
b) Esame propriamente detto con la ricerca, il pentimento, il proposito.
È la parte di «via» (10 minuti).
c) Preghiera abbondante.
È la parte di «vita» (4 minuti).
Chiudere col Pater e con la preghiera Cara e tenera2 (1 minuto).
2. Dopo l'atto di fede nella presenza di Dio e preghiera preparatoria (1 minuto):
a) Riconoscere i benefici di Dio e ringraziare; chiedere a Dio di conoscerci e riformarci; ricercare le cadute, i propri difetti e riconoscerli umilmente.
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È la parte della «verità» (7 minuti).
b) Atto di pentimento e proposito.
È la parte della «via» (8 minuti).
c) Preghiera abbondante.
È la parte della «vita» (4 minuti).
Pater, Cara e tenera... (1 minuto).

3. Con l'atto di fede nella divina presenza e la preghiera preparatoria, ringraziare Iddio e chiedergli la grazia di conoscersi, di pentirsi e di proporre (4 minuti).
Quindi dedicarsi all'esame propriamente detto:
a) Ricerca delle mancanze (8 minuti).
b) Pentimento e propositi (8 minuti).
c) Preghiera (4 minuti).
Terminare col Pater e Cara e tenera... (1 minuto).

Oltre il tempo del mattino e della Visita al Ss. Sacramento (che si consiglia possibilmente a metà circa della giornata), l'esame particolare ha ancora il tempo della sera.
Non si tratta qui di un esame a sé, ma di un punto importante dell'esame generale: un punto tuttavia che deve riassumere in breve tutti gli atti dell'esame particolare della Visita al Ss. Sacramento.
Oltre i tre tempi esposti per l'esame particolare, ve ne sono altri secondari come il mezzogiorno,
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il suono dell'Ave Maria, il suono delle ore, il cambiamento di occupazione... Tanti punti di riferimento per un rapido esame sul proposito che aiutino a tenere sempre la propria anima fra le mani, e assicurino un vero progresso spirituale.
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CAPO XII
COME L'APOSTOLO DEVE CONSIDERARE MARIA SANTISSIMA

L'aspetto particolare sotto il quale più conviene, all'apostolo dell'edizione, considerare Maria Ss. è senza dubbio quello di «Regina della storia». Ossia Maria Ss. che presiedette alla creazione nella sua causa, che vi presiede nel suo sviluppo e vi presiederà nella sua consumazione.

Maria Ss. presiedette alla creazione nella sua causa

Maria Ss. condivide con Gesù Cristo la regalità del mondo perché con Lui è causa finale e causa esemplare della creazione. Causa finale perché doveva essere la Madre di Gesù Cristo e
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con Lui la causa della nostra redenzione e di tutto l'ordine della grazia. Ma poiché l'ordine della natura (la creazione) fu istituito per l'ordine della grazia, Ella in Gesù Cristo, pur facendo parte della creazione, l'ha tuttavia preceduta non nel suo essere fisico, ma nel pensiero di Dio, come causa finale.
Iddio la predestinò «ab æterno» ad essere, con Cristo, il principio di tutte le sue opere e, creando il cielo e la terra, creando l'anima e il corpo di Gesù, mirò prima di tutto a Maria. Fece tutto per lei Madre e Padrona del suo proprio Figliolo e per conseguenza Regina di tutto il creato.
Per questo la Chiesa, i Padri, i Dottori applicano tanto alla Ss. Vergine quanto alla Sapienza incarnata, Gesù Cristo, le parole della S. Scrittura: «Dio mi ebbe con sé all'inizio delle sue opere, fin da principio, avanti la creazione. Ab æterno fui stabilita, al principio, avanti che fosse fatta la terra, non erano ancora gli abissi, ed io ero già concepita. Non ancora le sorgenti delle acque rigurgitavano, non ancora le montagne s'eran formate sulla grave mole. Prima delle colline io ero partorita. Egli non aveva fatto né la terra, né i fiumi, né i cardini del mondo. Quando preparava i cieli io ero presente, quando rese stabile in alto la volta celeste e vi sospese le fonti delle acque, quando
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fissava al mare i suoi confini e dava legge alle acque di non passare il loro termine, quando gettava i fondamenti della terra, io ero con Lui a ordinare tutte le cose».1
Maria Ss. è ancora, con Gesù Cristo, la causa formale o meglio esemplare della creazione, ossia la sua idea e il suo modello. Difatti l'ordine della grazia, nel quale Gesù e Maria tengono il primo luogo, è il modello sul quale Iddio foggiò e dispose l'ordine della natura.
Il Verbo di Dio, pur avendo per l'Incarnazione un'anima ed un corpo creati, non diviene nella divina persona una creatura, ma resta la seconda persona della Ss. Trinità, «Dio col Padre e con lo Spirito Santo», l'unico Dio, Creatore dell'universo, e di Maria Santissima ad immagine e somiglianza sua. Su questo perfetto modello, poi, presente alla sua mente dall'eternità, e nel quale Egli pone tutte le sue compiacenze, Nostro Signore dà forma a tutta la creazione sia del mondo spirituale che del mondo materiale.
«La grazia di Maria - afferma Mons. De Ségur - è il tipo, l'immagine, la sorgente, il canale di tutte le grazie diffuse nella creazione, negli angeli, negli uomini e da essi nelle altre creature. L'anima di Maria, creata da Gesù, il Verbo di Dio, ad immagine dell'adorabile anima
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sua, è il tipo e il perfettissimo modello di tutti gli spiriti, e particolarmente delle anime nostre. Il suo santo corpo è il tipo dei corpi nostri, come pure di tutto il mondo materiale».2
Maria Ss. raccoglie dunque in se stessa tutte le qualità del creato ed altre ancora più sublimi, poiché a lei, ch'era prescelta ad essere la Figlia del Padre, la Madre del Figlio e la Sposa dello Spirito Santo, Iddio comunicò tutto ciò che vi è di comunicabile nelle sue perfezioni.

Maria Ss. presiede allo sviluppo della creazione

Nell'esecuzione e nello sviluppo del piano creativo e redentivo di Dio, Maria Ss. appare veramente Regina, come Dio l'aveva predestinata. Nell'Antico Testamento in figura ed in profezia, nel Nuovo Testamento in realtà. Per il mistero dell'Incarnazione che doveva in lei operarsi, ella è quel punto centrale, quel «medium terræ» di cui parla il profeta Isaia. Dio la profetizza e raffigura sotto mille simboli, riferendo a lei tutte le cose, come «all'opera di tutti i secoli».
Ecco perché la creazione dei primi uomini,
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il paradiso terrestre, l'arca del diluvio, l'arcobaleno di Noè, i tre grandi Patriarchi, Mosè, la colonna di nube nel deserto, il tabernacolo e l'arca dell'Alleanza, il vaso d'oro della manna, la verga d'Aronne, la terra santa, Gerusalemme e il tempio, la nube d'Elia, Giuditta, Ester, le profezie di Mosè, Isaia, Geremia, Daniele, Davide, molte figure profetiche ci dicono, nei modi più vari e sempre più dettagliatamente, quali siano le virtù, gli uffici, i privilegi della Vergine Maria. Anzi, il mistero di Maria si trova, sebbene alterato, nelle stesse false religioni dell'antichità.
Giunta finalmente la pienezza dei tempi, [ella] appare al mondo quale aurora della nuova Alleanza e in tutto lo splendore della sua immacolata concezione.
Il Redentore discende dal cielo e Maria lo accoglie, lo sostiene, lo fiancheggia. Con lui ella è centro del mondo, centro della storia: Gesù Cristo è il Re, Maria la Regina: «Adstitit Regina a dextris tuis».3
Ed è un susseguirsi di misteri meravigliosi. Nell'Annunciazione Iddio le manda un Angelo per chiederle il consenso per l'Incarnazione. Al suo «fiat» il Verbo di Dio discende in lei e lei, dopo avergli offerto il tabernacolo del suo seno verginale, lo offre al mondo (a
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Giuseppe, ai pastori, ai magi, ai gentili in Egitto...) e a Dio nel tempio. Gli comanda per trent'anni, e agli inizi della sua predicazione ottiene il suo primo miracolo. Infine lo offre al Padre per gli uomini, vittima sul Calvario.
Lo riceve e lo adora risorto; lo riconsegna al Padre nell'Ascensione. È sempre la Madre e la Regina, che sostiene e accompagna il Re: suo Dio e suo Figlio.
Dopo l'Ascensione, Maria collabora con lo Spirito Santo mandato dal Figlio a compiere ed applicare l'opera della Redenzione per la santificazione degli uomini.
Ed eccola infatti Madre della Chiesa nella Pentecoste, Regina degli Apostoli; Madre, Regina, Maestra di tutti gli uomini in tutti i tempi. Regina del cielo e della terra, dispensiera di tutte le grazie.
E la Chiesa la prega: «Salve, Regina, Mater misericordiæ»; «Ave, Regina cœlorum, ave, Domina angelorum»; «Regina cœli, lætare, alleluia!».

Maria Ss. presiederà alla consumazione del creato

Maria Ss. sarà ancora Regina nella consumazione dell'opera creativa di Dio.
Nell'Assunzione fu infatti incoronata Regina
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poiché assunta in cielo anche col corpo, esaltata sui nove cori angelici, dotata di nuovi doni, volendo Iddio arricchirla di scienza, di virtù e di grazia onde le creature le rendessero l'omaggio dell'intelligenza, della volontà e del cuore.
Maria dunque regna sulle menti, che illumina della luce di Dio al modo che la luna illumina la terra per la luce che riceve dal sole. Maria regna sulle volontà, alle quali conferisce la forza che riceve dalla onnipotenza di Dio.
Maria regna sui cuori, che attira, plasma e arricchisce per la grazia dello Spirito Santo: «Quod Deus imperio, tu prece, Virgo, potes».4
Compiuto il giudizio universale, Maria entrerà la prima, dopo il suo divin Figlio, nel regno eterno. Al di sopra del suo trono vi sarà solo il trono di Dio. Attraverso di lei Iddio darà la visione, il gaudio e la piena contentezza ad ogni creatura fedele.
«Apparve una grande visione in cielo - dice l'apostolo San Giovanni nell'Apocalisse -: una donna vestita di sole, la luna sotto i suoi piedi, e sul capo di lei la corona delle dodici stelle».5 La luna è simbolo del creato tutto, le stelle, figura degli Apostoli, il sole che ammanta, figura della veste interiore della grazia, rappresentano la regalità eterna di Maria.
Uno studio profondo e completo su Maria
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Ss. Regina della storia nonché quello più intimo su Maria Ss. causa secondaria ed esemplare della nostra vita e causa distributrice delle grazie, infonderà nell'anima dell'apostolo una devozione filiale verso questa nostra grande Madre, Maestra e Regina. Devozione che incomincia da una vera dedizione, ossia da un completo dono di sé a lei e per lei a Dio. Le darà perciò l'intelligenza con la venerazione più profonda, la volontà con una confidenza assoluta, il cuore col più filiale amore, tutto il suo essere con l'imitazione più perfetta possibile delle sue virtù.
Si farà in una parola figlio di Maria come lo si è fatto il Maestro divino e i santi suoi.6
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CAPO XIII
UNA CARATTERISTICA DELL'APOSTOLO

L'apostolo dell'edizione deve distinguersi per una caratteristica propria: il culto alla S. Scrittura.
Come luce e guida si propongono qui le nozioni fondamentali circa il culto cattolico della S. Scrittura quale appare dalla dottrina della Chiesa, dalla S. Scrittura stessa, dalla Tradizione e dalla ragione. Seguono norme pratiche.

Culto alla S. Scrittura1

Alla S. Scrittura, come alle immagini, si deve un culto di latria relativo. Ciò appare dalla
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Dottrina della Chiesa, dalla S. Scrittura, dalla Tradizione e anche dalla ragione stessa.

Dottrina della Chiesa - Il Concilio II di Nicea (7a sess., 13 ott. 787) decreta: «Con ogni certezza e diligenza definiamo: Al pari della preziosa e vivifica Croce, le sante e venerabili immagini (del Salvatore, della Madre di Dio, degli Angeli e di tutti i Santi) dipinte o in mosaico o in altra materia, si possono e si devono ritrarre sia nelle chiese che sui paramenti, nelle case, per le vie, sulle pareti.
«Quanto infatti più spesso si rimirano le immagini, tanto più fervorosamente la mente e il cuore si elevano al soggetto rappresentato.
«A queste immagini, secondo l'antica e pia usanza, si presta venerazione mediante il bacio, il saluto, le incensazioni, i lumi, l'inchino o prostrazione (proskúnesis) come si fa verso la croce e i Santi Evangeli e gli altri oggetti sacri: non però l'adorazione assoluta di latria la quale, secondo la fede, spetta solo alla Natura divina».2
Ed il Concilio Costantinopolitano IV nel can. III: «Decretiamo che la Sacra Immagine di nostro Signore Gesù Cristo, Liberatore e Salvatore di tutti, si adori con onore pari al libro dei Santi Vangeli. Poiché, come attraverso
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alle parole contenute nel libro, tutti conseguiranno la salute, così per l'azione dei colori dell'immagine tutti, e sapienti e ignoranti, ne ritraggono utilità, come appare chiaro. Infatti le stesse verità che esprime ed insegna la disposizione delle sillabe, queste ancora sono predicate ed inculcate dalla disposizione dei colori.
«Or è cosa degna che, stante la somiglianza delle ragioni, e l'antichissima tradizione, quanto all'onore, riportandosi esse agli oggetti primari, per derivazione si onorino anche e si adorino le immagini allo stesso modo che il sacro libro dei santi Vangeli e il Crocifisso».3

S. Scrittura - Dio nel Vecchio Testamento fece porre le tavole della Legge nell'Arca santa, ove era pure la manna. Dice infatti Mosè: «E tornai, e sceso dal monte posi nell'arca che avevo fatta le tavole, e vi sono tuttora, come il Signore mi ha comandato».4
Il libro della Legge poi era posto a fianco dell'Arca, nel Santo dei Santi, come appare dall'ordine dato da Mosè ai Sacerdoti: «Prendete questo Libro e mettetelo a lato dell'arca dell'Alleanza del Signore Dio vostro, ché rimanga come testimonio contro di te».5
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Come appare dai testi citati, Dio già nell'Antico Testamento unisce nell'onore e nel culto la manna, figura dell'Eucaristia, Cristo-Vita, con le tavole e il libro della Legge, parte della Bibbia, figura e fondazione del Vangelo, Cristo-Verità e Via.
Ora, se così Dio dispone per le figure, tanto più si doveva avverare per la realtà.
Dunque il libro dei Vangeli si deve onorare di culto simile a quello dato a Gesù Cristo stesso, cioè culto di latria relativa.

La Tradizione - I canoni dei citati Concili, il II di Nicea e il IV Costantinopolitano, accennano l'uno ad una Tradizione antica, l'altro a Tradizione antichissima. Di più, in essi il culto dato al Vangelo è preso come motivo per confermare il culto alle immagini del Salvatore, segno evidente che già esisteva.
Inoltre, il Concilio di Costantinopoli nel can. 1 contro Fozio scrive: «Volendo camminare sulla costante e regale via della divina Giustizia, senza inciampare, dobbiamo ritenere le definizioni e le sentenze dei Santi Padri come lampade sempre ardenti, le quali rischiarano i nostri passi, che sono secondo Iddio».
Dunque nel professare il culto al Libro del S. Vangelo, si cammina sulle orme dei Padri e della Tradizione cristiana.
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Nella Liturgia attuale si onora la Sacra Scrittura:
a) Redigendo con essa la maggior parte del Breviario, e gran parte della Santa Messa, tanto che l'ossatura della Messa può dirsi costituita da tratti della S. Scrittura.
b) Con il bacio del Vangelo.
c) Con accendervi lumi ed incensarlo prima che venga cantato dal diacono nelle Messe solenni.

La ragione - Anche la ragione ha le sue prove.
Ad uguali motivi di eccellenza, corrisponde il dovere di uguale culto.
Ora, il Concilio Costantinopolitano IV, nel decretare l'adorazione per l'immagine del Salvatore, oltre che sulla Tradizione, si basa pure sulla somiglianza dei motivi tra il Crocifisso, il libro dei santi Vangeli e l'immagine del Redentore. Dunque, l'adorazione del libro dei Vangeli e, per estensione, della S. Scrittura, è santa e venerabile.
E quindi, come si può adorare un'immagine del Salvatore, con motivo altrettanto forte si può adorare la sacra Scrittura, che contiene la parola di Dio.
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Pratica del culto alla S. Scrittura

Il culto alla S. Scrittura, come il culto a Dio, dev'essere completo, cioè secondo la nostra natura di esseri umani e socievoli. Culto perciò interno, che si manifesti all'esterno; privato e quando occorra pubblico.
Il tutto, in modo che l'esercizio interno dia all'esterno il suo valore ed il suo significato, e l'esterno reagisca sull'interno intensificandolo. Il pubblico compirà e perfezionerà il privato.
E praticamente:
Soggezione dell'intelligenza con atti di fede sinceramente cattolica, semplice e forte.6
«Fede cattolica», cioè basata sul principio che lo Spirito Santo illumina infallibilmente la Chiesa nell'interpretare le divine Scritture secondo la mente del divin Maestro, e dirige nella fede ognuno che crede alla Chiesa. Fede, che si prepara [con l'acquisto] di una sufficiente istruzione religiosa e si attiene ai commenti approvati dalla Chiesa; che legge la S. Scrittura e in particolare il Vangelo con quell'amore e spirito con cui Gesù Cristo lo ha predicato agli uomini.
«Fede semplice» poiché comprendono la parola divina i semplici ed umili di cuore. Alla S. Scrittura bisogna accostarsi con un cuore simile
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a quello degli Apostoli, a quello della Vergine Santa.
«Fede forte». La parola divina converte, ma ci vuole coraggio per proporla agli smarriti e ai traviati; ci vuole coraggio a sacrificare le passioni per seguire gli insegnamenti di essa.
Soggezione della volontà con l'adesione totale alle leggi divine morali nei Libri santi e particolarmente nel Vangelo. «Esso - dice Cornelio a Lapide - è il libro di Cristo, la filosofia, la teologia di Gesù Cristo, il lietissimo annunzio della Redenzione, della grazia e della salute del genere umano, portato dal cielo per mezzo suo e conferito agli stessi credenti. Per questo, leggere od udire il Vangelo è leggere o sentire la stessissima voce del Figlio di Dio. Il Vangelo si deve dunque ascoltare con tanta riverenza come si ascolterebbe Gesù Cristo stesso».7
Soggezione del cuore e di tutto il nostro essere come c'insegna la Chiesa e come ce ne diedero esempio molti santi, tra i quali ci piace ricordare Sant'Antonio, San Basilio, Sant'Agostino, Santa Cecilia.
Soggezione del cuore, grato a Dio che ci rivela le verità, ci significa la sua volontà, e ci manifesta il suo amore; grato e aperto ad abbracciare
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con slancio e gaudio il divino beneplacito e lodare la divina grandezza.
Soggezione riverente quale intendeva Papa Anastasio, quando rivolto ai Vescovi della Germania e della Borgogna scriveva: «Ci avete fatto sapere che alcuni quando si legge il Vangelo stanno seduti». E poco dopo: «Questa cosa, con l'autorità apostolica comandiamo che in nessun modo abbia da avvenire in seguito. Ma quando si leggono nella Chiesa i Santi Vangeli, i sacerdoti e tutti gli altri presenti, non seduti, ma in piedi e curvi per riverenza in cospetto del S. Vangelo, ascoltino attentamente la parola del Signore e l'adorino con fedeltà».8

Atti esterni di culto alla S. Scrittura

Tra gli atti esterni di culto alla S. Scrittura ve ne sono dei lodevolissimi, quali: processioni, novene e tridui, preghiere, l'esposizione, il bacio, il giuramento sul Vangelo.
Processioni. È ottima pratica il portare i libri santi in processione, in quanto, s'intende, è permesso dalle leggi liturgiche.
A questo proposito, L'Osservatore Romano del 19-2-1933 pubblicò: «Sappiamo da Cencio Camerario il rito di portare in processione,
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sulle spalle dei Diaconi, fra le palme, i turiboli di incenso, i candelieri accesi e dopo gli stendardi delle scuole della città, un elegante e vistoso leggio chiamato Portatorium, affinché si usasse al Vangelo un onore simile a quello ricevuto da Gesù Cristo stesso».
Quest'abitudine è santa e veneranda, degna di continuazione.
Novene e tridui consistenti nella lettura giornaliera di un capitolo del libro sacro. Questa pia pratica, diffusa fra privati di molti luoghi, ha ottenuto vantaggi e grazie particolari.
Le preghiere possono essere sotto varie forme. Narra ad esempio San Gregorio di Tours nelle Vite dei Padri, c. IV, che, devastando un incendio la città di Alvernia, San Gallo entrò in chiesa, pregò a lungo innanzi al santo altare. Alzatosi, prese il libro del Vangelo e con esso si avanzò contro l'incendio. Questo si estinse, al punto che non rimase neppure una favilla.
Altri fatti e miracoli simili riferiscono San Marziano e Niceforo. Una forma di preghiera è pure quella di portare con sé tutto o una parte del libro santo per impetrare la liberazione dalle tentazioni e dalle disgrazie, e per impetrare la protezione divina, perché i demoni sono presi da paura davanti al codice del S. Vangelo. Al riguardo San Giovanni Crisostomo afferma che i demoni non osano entrare nel luogo
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in cui vi è una copia del Vangelo.9
Esposizioni per la venerazione. Niceforo riferisce che in due Concili ecumenici di Nicea, in quelli di Calcedonia e di Efeso, si pose in mezzo alla sala delle adunanze il testo del Vangelo, affinché i Padri si rivolgessero ad esso come alla persona di Gesù Cristo; come se Gesù Cristo dicesse: Fate un giusto giudizio.10
Così nel centro della sala ove fu tenuto il Concilio di Trento, era posta in onore la Sacra Scrittura.
L'Osservatore Romano promuove la pia pratica di esporre nelle chiese il Vangelo davanti alla balaustra e all'altare, perché i fedeli lo bacino e lo leggano. In molte famiglie d'Italia si è diffusa la lodevole pratica di esporre in luogo d'onore il libro santo, di farvi un inchino quando gli si passa innanzi e baciarlo.
Giuramento sul Vangelo: È atto solennissimo che consiste nel chiamare Dio Verità in conferma di quanto si afferma o si nega e nello stesso tempo impetrare la grazia di confessare la verità o mantenere fedelmente quanto si promette.
È questa una pratica voluta dallo stesso Diritto Canonico il quale stabilisce che nell'atto del giuramento solenne si ponga la mano sul Vangelo.
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1 Nel corso del libro (valga una volta per sempre), si denomineranno con l'unico termine «apostolo» sia il ministro ordinario che straordinario.

1 * Cf. l'Appendice, pp. 357ss.

1 * Indefiniti sta per innumerevoli.

1 Il termine «mente» è usato qui, e in tutto il corso del libro, come sinonimo di intelletto.

2 * «Con prontezza, con facilità e con gusto».

3 Fil 1,21. * «Per me vivere è Cristo».

4 Lc 18,1. * «È necessario pregare sempre, senza stancarsi».

5 * Timoteo.

6 1Tm 4,16. * «Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento e sii perseverante: così facendo salverai te stesso e coloro che ti ascoltano».

7 * Cf. Mc 6,31: «Scegliti un angolo remoto».

1 * «Signore delle scienze».

2 * «Io andrò ad immolarmi per voi» riflette qualche versetto di Gv (cf. 8,21-22).

3 * «Per la salvezza nostra e di tutto il mondo».

4 * «Sacrificio di lode».

5 Gv 10,10. * «Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza».

1 A. TANQUEREY, Compendio di teologia ascetica e mistica [n. 278].

2 * Cf. At 4,32: «Un cuore solo e un'anima sola».

3 * «Autore della salvezza umana»: 1Tm 4,10; cf. Gv 4,42.

4 Gv 15,5. * «Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto».

5 * «Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra»: cf. Mt 6,9 e Lc 11,2.

6 Gal 2,20. * «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me».

1 Si danno generalmente tre specie di meditazione: purgativa, illuminativa, unitiva, secondo i tre gradi omonimi della vita spirituale.

2 Volendo invertire l'ordine, e cioè far precedere la «via» alla «verità», secondo l'espressione evangelica «Via, Verità e Vita», si considererà prima l'esempio di Gesù Cristo e dei Santi in riguardo alla verità proposta per la meditazione. Quest'esempio appare come una via tracciata fuori di noi, che ci è messa dinnanzi perché la percorriamo passo passo.
A questo primo esercizio (detto via) seguirà il secondo (verità) che è riflessione, esame sul nesso proporzionale di effetti (buoni e cattivi) in relazione a determinate cause.
Nel terzo esercizio (vita) viene l'assimilazione interna per cui quelle verità seguite e considerate si fanno proprie e viventi in noi. Le convinzioni diventano come realtà assimilata che poi si sviluppano in atti singoli, ossia in realizzazione di propositi.

1 Gv 17,3. * «Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo».

2 Gv 1,4. * «In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini».

3 Gv 15,5. * «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla».

4 2Cor 5,14. * «Poiché l'amore del Cristo ci sospinge».

5 Gal 2,20. * «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me».

6 * Cf. Gv 1,13: «Da Dio è stato generato».

1 È il metodo di Sant'Ignazio visto sotto la luce speciale del trinomio evangelico e diviso secondo il suo ordine logico e progressivo.

2 Cara e tenera mia madre Maria, tenetemi la vostra santa mano sul capo, custodite la mia mente, il mio cuore, i miei sensi perché non m'imbratti di peccato; santificate i miei pensieri, affetti, parole ed azioni perché possa piacere a Voi ed al vostro Gesù e Dio mio, e giunga al santo paradiso con Voi. Gesù e Maria, datemi la vostra santa benedizione. In nome del Padre, e del Figliolo e dello Spirito Santo. Così sia.

1 Pr 8,22-30.

2 Mons. DE SEGUR, La Ss. Vergine nei commenti dei Santi Padri.

3 Sal 44,10. * (Sal 45,10): «Alla tua destra [sta] la regina in ori di Ofir».

4 * «Quel che Dio può comandando, tu, Vergine, lo puoi pregando».

5 Ap 12,1.

6 I dottori impararono da lei (ricorda: Sant'Anselmo, San Tommaso); i santi si fecero tali con l'aiuto suo (ricorda: San Francesco di Sales, Sant'Alfonso); gli scrittori consacrarono a lei le loro penne (ricorda: San Giovanni Damasceno, San Bernardo).

1 S'intende di parlare dei libri della Sacra Scrittura e del Vangelo poiché non si fa questione sulla parola di Dio come tale, in se stessa.

2 Denzinger 302.

3 Denzinger 337.

4 Dt 10,5.

5 Dt 31,26.

6 CORNELJ, Introduzione alla S. Scrittura.

7 Cf. Vol. III, 3-4.

8 Can. Apost. de Consecrat. dist. 1.

9 Cf. Disc. 51 su San Giovanni Evangelista.

10 Cf. libro XIV, capo III.