Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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PARTE SECONDA
GLI APOSTOLATI DELLA STAMPA, DEL CINEMA E DELLA RADIO

Prima Sezione
L'APOSTOLATO DELLA STAMPA

CAPO I
ORIGINE E SVILUPPO DELL'APOSTOLATO DELLA STAMPA

Pur nuovo nella forma, l'apostolato della stampa, nella sua sostanza, in quanto cioè imprime la parola divina, è antico come l'apostolato della parola perché, come questo, viene da Dio, fu adottato dalla Chiesa ed è esercitato universalmente.

Viene da Dio

Iddio può dirsi vero autore dell'apostolato della stampa poiché lo comandò, e lo ispirò egli stesso e lo protesse in ogni tempo.
Lo comandò più volte agli agiografi, come è
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registrato nella Scrittura: «Sume tibi librum grandem, et scribe in eo stylo hominis»;1 «Scribe hoc ob monimentum in libro».2
Lo ispirò egli stesso col far registrare nella Sacra Scrittura a mezzo degli agiografi la sua divina parola. La fede infatti c'insegna che gli scrittori del Vecchio e del Nuovo Testamento furono illuminati dallo Spirito Santo circa le cose che dovevano scrivere, assistiti da lui per scrivere tutto, solo e quanto egli voleva e come voleva: «Non enim voluntate humana allata est aliquando prophetia: sed Spiritu Sancto inspirati, locuti sunt sancti Dei homines».3
Iddio protesse l'apostolato della stampa con l'assistenza che prodigò alla Sinagoga e poi alla Chiesa perché il Libro divino si conservasse integro attraverso i secoli e non si corrompesse quanto al contenuto.

Adottato dalla Chiesa

La storia sta a dimostrare che la Chiesa in ogni tempo conobbe ed esercitò l'apostolato della stampa, sia pure nelle forme e nella quantità permessa dai tempi e dalle circostanze.
Ed ecco come:
Che cosa sono i Vangeli e le lettere degli
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Apostoli, se non la registrazione della prima catechesi della Chiesa?
I Pontefici poi, sull'esempio di San Pietro, nell'esercizio del loro magistero pastorale, usarono ugualmente e abbondantemente e della parola e dello scritto. Così fin dai primordi della Chiesa San Clemente scrisse ai fedeli di Corinto; San Marcello dal carcere governò le parrocchie di Roma con lettere; San Sotero, San Vittore e Santo Stefano usarono dello scritto per divulgare e difendere la dottrina cattolica.
Nei secoli seguenti San Leone Magno, San Gregorio Magno e successivamente tutti i Sommi Pontefici, servendosi di tal mezzo, arricchirono la Chiesa di costituzioni pontificie, rescritti, bolle, brevi e specialmente di Lettere Apostoliche.
I Concili ecumenici - assemblee di pastori della Chiesa adunati per decidere questioni di fede, di costumi, di disciplina - ci hanno lasciato per iscritto le loro definizioni ed atti, curandone la maggior diffusione, volgarizzazione e applicazione.
La Chiesa, pur lasciando libera la stampa civile, ha avocato a sé il diritto di regolare quanto riguarda l'apostolato della stampa, poiché ne ha la medesima cura che dell'apostolato della parola. Lo dimostrano i vari canoni riguardanti la stampa (1395, 1396, 1397, 1398, 1399, 1400, 1401, 1402, 1403, 1404, 1405).4
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Il canone 1385 regola, in particolare, la stampa della Sacra Scrittura, della Teologia e delle Scienze ecclesiastiche; in generale, quanto riguarda la fede, i costumi e il culto.
Il canone 1386 comprende regole particolari per il clero, i religiosi e laici circa la stampa di libri, periodici e fogli.
Speciali disposizioni regolano gli scritti riguardanti la canonizzazione dei Santi, i libri liturgici, le collezioni dei decreti delle Congregazioni, le versioni della Sacra Scrittura, l'approvazione dei libri presso le Curie vescovili.
La Chiesa decora i santi Scrittori dello speciale titolo di Dottori, li onora con ufficiatura propria e, di molti, inserisce gli scritti nel Breviario.

Praticato universalmente

L'apostolato della stampa, come l'apostolato della parola, fu usato sempre.
Dagli Apostoli coi Vangeli, gli Atti, le Epistole, l'Apocalisse.
Dai Santi Padri e dai Dottori della Chiesa i quali con scritti, vari e profondissimi, affermarono il pensiero cristiano contro gli assalti del giudaismo, del paganesimo, degli eretici; lo giustificarono di fronte all'Impero e ci diedero l'esatta interpretazione dei Sacri Testi.
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Colossale è la raccolta delle loro opere fatta dal Migne in 387 grossi volumi; raccolta che è un monumento ed un'apologia dell'apostolato della stampa.5
Dello scritto si servirono in genere i Santi, i quali, piena l'anima di amor di Dio e degli uomini, fecero non meno uso della penna che della parola, quando le necessità o le occasioni lo richiedevano.
La stampa è un mezzo usato in tutti gli apostolati. Come non vi è scienza che non venga diffusa con la parola e insieme con la penna, così è di ogni apostolato ed opera pia. L'azione cattolica, le missioni, le opere pontificie, le opere di beneficenza, l'apostolato della preghiera e ogni buona iniziativa ricevono dall'apostolato della stampa sostegno, collaborazione, fermenti di vita.
In ogni luogo, in ogni tempo, qualunque sia il pensiero che si vuol conoscere, si ricorre alla stampa.
La S. Sede ha il suo giornale, la sua tipografia. Ogni Vescovo, si può dire, ha la tipografia e il periodico proprio; il Parroco ha il bollettino o diffonde stampe comuni, completando così la parola viva. I Religiosi usano questo mezzo; quasi tutti gli ordini, le congregazioni e le famiglie religiose hanno la propria stampa.
La usarono i cattolici. Ovunque sulla terra vi
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sono cattolici organizzati, ivi esistono pure tipografie, periodici, associazioni diocesane per la stampa, biblioteche cattoliche, librerie. E per esse si compiono sacrifici immensi.
Più ancora, e tecnicamente meglio, si servono della stampa gli avversari. È lecito impararne la tattica. La maggior parte della stampa è nelle mani di ebrei, di protestanti, di atei, di massoni, di socialisti sovietici, di mussulmani e infedeli.6
Dello scritto si fa adunque un uso veramente universale.
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CAPO II
LA REDAZIONE NELL'APOSTOLATO DELLA STAMPA

L'apostolato della stampa comprende tre parti: redazione, tecnica e diffusione.
La redazione è la preparazione degli scritti che dovranno essere stampati e moltiplicati dalle macchine.
Perché la redazione possa ottenere il suo fine, oltre le qualità proprie del redattore apostolo (vocazione, preparazione idonea e spirito soprannaturale), ne richiede altre nell'opera redatta che si possono ridurre a tre: il vero nella dottrina, il bene nella morale, il bello nella forma.1
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Il vero nella dottrina

La mente umana è stata creata da Dio per la verità. Vi tende come a suo oggetto formale; e solo nel possesso di essa trova il suo appagamento. Perciò, se la redazione intralcia ed ostacola la verità, è contraria alla natura ed al fine dell'apostolato che ha, anzitutto, il compito di continuare la missione di Gesù Verità.
Riguardo quindi alla verità, le opere dell'apostolato hanno un duplice ufficio:
1. Smascherare l'errore propagato in modo particolare dalle stampe apertamente irreligiose ed empie, che gettano il dubbio e il sarcasmo sulle verità cattoliche, e delle stampe che le combattono con arte velata, con fini sofismi, con giudizi ostili.
2. Esporre, divulgare, diffondere le verità che salvano, quali sono date dalla Chiesa, la quale sola ha il compito di custodire il sacro deposito della verità ed è la Maestra della fede nel mondo.

Il bene nella morale

Il bene è l'oggetto della nostra volontà, al quale essa tende per impulso naturale. E solo nel possesso assoluto e definitivo di Dio, il Sommo
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Bene, le nostre facoltà appetitive possono trovare il pieno appagamento delle aspirazioni, le quali non possono essere soddisfatte dai beni creati, limitati e passeggeri.
Per assecondare ed elevare queste tendenze naturali della volontà e così per continuare la missione del divin Maestro nostra Via, le opere dell'apostolato devono mirare:
1. a distruggere il male propagato principalmente attraverso le stampe immorali, siano esse apertamente tali od anche solo troppo spinte, sconvenienti, grossolane e volgari;
2. a elevare i desideri, le intenzioni, i propositi in modo che, sull'esempio e con l'aiuto di Gesù Cristo nostro divino modello e mediatore, aspirino al Bene infinito, increato, e verso quei beni creati che sono il riflesso di Dio e che a Dio conducono.

Il bello nella forma

Il bello è lo splendore del vero, l'esigenza del buono, l'oggetto del sentimento estetico e del nostro cuore, che alla bellezza piega e nella bellezza gode, in preparazione al godimento della suprema e sostanziale bellezza, Dio.
È necessario perciò che il vero e il bene siano presentati in forma attraente, elegante, capace
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di impressionare e comunicare aspirazioni nobili ed elevate.
Al riguardo gli scritti dell'apostolo devono attendere a:
1. combattere le teorie e le opere di coloro che considerano il bello indipendentemente dal vero e dal buono. Le stampe empie ed immorali che sono presentate con lingua fiorita e stile elegante, sono molto più dannose perché attirano ed ammagliano;
2. presentare ai lettori il vero e il bene con una forma artistica perché vengano fruttuosamente accettati.
E si darà onore a Gesù nostra Vita, per la nuova forza che comunica la bellezza dello scritto.
Se il bello nella forma è sempre conveniente in tutti gli scritti, tanto più lo è quando questi riportano e commentano la stessa parola di Dio. Difatti, come il Verbo divino s'incarnò nel purissimo seno della più santa delle Vergini e come l'Eucaristia è conservata in pissidi di metallo prezioso, così è conveniente che la parola di Dio sia rivestita della forma più nobile.
Concludendo: gli scritti dell'apostolo se, sotto la guida della Chiesa, assecondano la natura umana col presentare il vero nella dottrina, il bene nella morale, il bello nella forma, possiedono
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la condizione naturale per essere bene accolti.
Se a queste doti aggiungono ciò che è veramente edificante, la grazia di Dio, saranno infallibilmente fruttuosi poiché è sempre vero quel che afferma l'Apostolo delle genti: «Ego plantavi, Apollo rigavit; sed Deus incrementum dedit».2
E la grazia di Dio non mancherà se l'apostolo avrà fatto precedere la dovuta preparazione intellettuale, morale, spirituale; se scriverà in grazia di Dio, anzi col cuore acceso di carità verso Dio e verso le anime, suggellando l'opera sua con la preghiera e col sacrificio.
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CAPO III
LE GRANDI VERITÀ

Le verità principali che costituiscono il «Vero nella dottrina» e che l'apostolo deve esporre, difendere e divulgare, sono quelle necessarie a tutti gli uomini e contenute nei principi essenziali della sana filosofia e della teologia.
Riguardano: l'origine del mondo e dell'uomo, la provvidenza divina nel governo dell'universo in generale e dell'uomo in particolare, la fine del mondo e dell'uomo. Verità naturali e divine che si possono ridurre a tre: tutto viene da Dio, tutto è retto da Dio, tutto torna a Dio.

Tutto viene da Dio

Dio si manifesta agli uomini attraverso le sue opere: il cielo, lo spazio, il mare, le piante,
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gli animali, le creature tutte, affermano invincibilmente l'esistenza di un Creatore e ne svelano largamente gli attributi: «invisibilia enim ipsius, a creatura mundi, per ea quæ facta sunt, intellecta, conspiciuntur».1
Ma tutto questo non è che una parte della creazione divina. Opera di Dio è pure il corso della storia naturale ed umana. Difatti, se per mezzo degli esseri sensibili Dio fa conoscere la sua Esistenza, per mezzo della storia egli rivela la sua Provvidenza, dirigendo tutte le cose con forza e soavità al proprio fine: «Attingit ergo a fine usque ad finem fortiter, et disponit omnia suaviter».2
Nella natura si mostra Creatore, nella storia si palesa Governatore, nella consumazione dei secoli si svelerà Amore; e quello che oggi si intravede, allora si contemplerà.
Creato il mondo per la sua gloria, Dio vi stabilì un ordine naturale e un ordine soprannaturale, retti dalla sua Provvidenza, in modo che entrambi servano al suo altissimo fine.
Nell'ordine naturale la Provvidenza di Dio si nota nel lento succedersi delle epoche geologiche, nelle graduali formazioni geografiche, nella distribuzione degli animali, vegetali e minerali. Ma si ammira soprattutto nello sviluppo etnografico per cui, da un padre unico discesero
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tanti popoli; nel progresso intellettuale, morale e materiale dell'uomo; nel sorgere e nel cadere dei vasti imperi che si stabilirono, l'un dopo l'altro, sulla terra.
Con la sua Provvidenza naturale, Dio accompagna il mondo dal suo primo esistere fino alla rinnovazione quando vi saranno «cieli nuovi e terra nuova»;3 accompagna l'umanità dal paradiso terrestre al giudizio finale, all'eternità.
Nell'ordine soprannaturale la Provvidenza divina è una maggior effusione dell'amore di Dio verso l'uomo, uscito dalle sue mani ricco di doni soprannaturali, amico dell'Altissimo, destinato a godere la visione beatifica. Ma l'uomo col peccato infranse il piano creativo di Dio. Allora la divina Provvidenza ne stabilì uno nuovo, più mirabile del primo: il piano redentivo. Lo preparò nel corso di tutto l'Antico Testamento, lo attuò, giunta la pienezza dei tempi, in Gesù Cristo; lo compie nell'umanità e nelle anime col piano santificativo per mezzo della Chiesa.
Dio lascia gli uomini liberi. Vuole però la sua gloria; vuole che essi concorrano con lui a costruire la storia e gli siano cooperatori nell'ordine della grazia. Lascia che vivano insieme buoni e cattivi, ma ad ognuno darà poi la giusta rimunerazione: i giusti avranno un premio senza fine e loderanno in eterno la divina misericordia;
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i cattivi, al cospetto di tutto il creato, subiranno la condanna e saranno eternamente sottoposti ai rigori della divina giustizia.
Il giudizio universale sarà l'epilogo della storia in quanto è provvidenza di Dio e in quanto è cooperazione dell'umanità.

Tutto è retto da Dio

Anche sotto questo aspetto si debbono distinguere due elementi: l'elemento naturale e quello soprannaturale. Il naturale serve al soprannaturale, come lo Stato alla Chiesa, come il corpo all'anima, come il temporale all'eterno. Ambedue poi servono alla gloria di Dio, perché tutto quello che avviene in questo mondo deve risultare a gloria del Signore.
Nel corso della storia, come nella natura, non solo tutto viene da Dio, ma tutto è retto, ordinato, conservato e sostenuto da lui. Perciò la storia è, insieme con la natura, la maestra della vita: maestra nel campo della verità, della giustizia e del culto.
Tutta la dottrina cristiana, la rivelazione primitiva fatta da Dio ai nostri progenitori, la Rivelazione mosaica, la Scrittura, la Tradizione e tutti i dogmi della Chiesa cattolica, nel corso della storia sono guidati da Dio.
Il Cristianesimo, predicando l'amore del
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prossimo quale espressione massima della moralità, ha capovolto i concetti della civiltà pagana. Con la sua trascendenza divina ha dato alla legge morale un'autorità nuova: l'atto umano assurge ad un valore soprannaturale, in quanto esso si ispira non solo alla ragione, ma anche alla fede; e il cristiano può operare il bene comandato non solo mediante lo sforzo umano, ma mediante ancora la potenza della grazia.
Riconoscendo la coscienza giudice intimo del bene e del male, la morale cristiana ha posto un contrasto tra carne e spirito, tempo ed eternità, mondo e Dio, contrasto ignoto al pensiero antico.
I precetti della legge naturale sono stati riaffermati nella loro purezza; la famiglia (società stabile) santificata, le relazioni dell'uomo con lo Stato basate sul principio che «non v'è autorità se non da Dio»4 e quindi su una partecipazione della potestà divina.
Quanto alle relazioni individuali, il primo fondamentale precetto, quello espresso nei due comandamenti della carità, che abbraccia in un solo atto Dio e il prossimo, racchiude tutta la moralità.
Il cristiano mira ad un fine che non è temporale soltanto: la pace dell'individuo nelle sue relazioni personali, sociali, internazionali, ma ad un fine soprannaturale: la visione beatifica di Dio, il regno di Dio, la salvezza del genere umano.
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L'uomo, le sue opere, le sue istituzioni, l'umanità intera vengono proiettate verso l'eterno, verso Cristo, verso Dio. Guidata parimenti da Dio fu la vita di Gesù Cristo; i suoi sublimi insegnamenti, i suoi esempi, la sua passione, la risurrezione e la gloria, l'istituzione della Chiesa e la discesa dello Spirito Santo. Così la dottrina degli Apostoli e della Chiesa, dalle 14 Lettere di San Paolo ai Concili ecumenici, alle ultime definizioni.
Così la Chiesa fu sempre sostenuta da Dio nelle battaglie contro gli eretici di ogni tempo per difendere l'integrità del dogma cattolico; da lui sostenuta nella faticosa marcia del Vangelo fra i popoli civili ed i popoli barbari; da lui guidata nelle lotte contro l'assolutismo degli Imperatori, contro il paganesimo sempre rinascente e la pseudo-Riforma, contro il Filosofismo, il Razionalismo e il Modernismo.
La dogmatica intera è frutto della provvidenziale assistenza di Dio.
Regola dell'onnipotente scettro universale della Provvidenza divina è pure la morale, ossia la giustizia nel senso scritturale, la morale intera, la virtù, la santità, negli individui, nelle famiglie e negli Stati.
Il culto infine è retto da Dio. Si può considerare come i popoli si siano diportati nel corso dei secoli, verso la religione. Esaminare l'evoluzione esteriore del culto; ammirare il cammino
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progressivo che la Messa, i Sacramenti, i Sacramentali e l'intera Liturgia hanno fatto lungo i secoli, per giungere al punto in cui li abbiamo attualmente, pur rimanendo sempre, sostanzialmente, immutati.
Il confronto tra la storia dell'unica vera religione e quella delle innumerevoli false, ci mostra chiaramente l'infinita superiorità di quella sopra tutte le altre; ci fa conoscere qual è il vero omaggio che si deve rendere a Dio.

Tutto termina a Dio

Dio sta al principio, nel corso ed al fine di ogni cosa: «Ego sum alpha, et omega».5
Alla fine ogni cosa sarà rinnovata: «Ecce ego nova facio omnia».6 «La creazione sta ansiosamente aspettando la rivelazione dei figli di Dio - dice San Paolo - e non soltanto le creature ma anche noi che abbiamo le primizie dello Spirito, anche noi sospiriamo dentro noi stessi aspettando l'adozione dei figli di Dio, la redenzione del nostro corpo, essendo noi salvati in speranza».7
Saremo glorificati in Gesù Cristo. Piacque infatti al Padre di restaurare tutto nel suo Figlio, che costituì erede di un regno universale.
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L'uomo avrebbe dovuto farsi voce del creato per cantare a Dio. Egli invece «cum in honore esset, non intellexit»;8 non glorificò Dio come meritava, perciò Dio assunse il creato nella natura umana di Gesù Cristo, per unirla al Verbo divino. Allora al Padre celeste fu cantato un inno che è sopra ogni lode; un inno che è cantato dall'uomo ed ha il valore infinito della persona divina. Questo inno durerà in eterno. Si è iniziato a Betlemme, ebbe la massima espressione sul Calvario e assumerà nel giudizio universale un'armonia nuova, concorde, che non avrà fine. Il Figlio contempla il Padre, nel Figlio anche i giusti contempleranno il Padre. Il Figlio avrà un regno, ed i sudditi di tale regno saranno condotti al cospetto del Padre per glorificarlo in Gesù Cristo. Lo Spirito Santo, amore del Padre e del Figlio, sarà l'anima di questo regno felice.
Il fine di Dio nel creare sarà raggiunto e, diremmo, sorpassato, poiché sovrabbonda la grazia ove abbondò il peccato: Dio fa ciò che è di sua volontà in cielo e in terra.

Conclusione - Se l'apostolo scrittore vuole compiere opera di gloria di Dio utile a sé e alle anime, sia ben fondato non solo sopra la religione,
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ma anche convinto dei tre principi esposti. Sia persona retta, osservante dei precetti naturali e di vita cristiana, si appoggi a Dio, lavori sotto l'occhio di Dio, miri a Dio e faccia serio oggetto di esame di coscienza ogni parola che esce dalla sua penna.
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CAPO IV
L'ADATTAMENTO AI LETTORI

L'unità di fine per tutti gli uomini richiede unità di mezzi per raggiungerlo: adesione alle verità di fede, pratica dei precetti morali e partecipazione ai mezzi di grazia, ossia adesione a tutto ciò che forma l'oggetto specifico della predicazione orale e scritta.
Tuttavia, la diversità dei soggetti circa il grado di cultura e di perfezione esige che queste stesse cose siano presentate in modo adatto e conveniente.
Ora, secondo queste differenze, i soggetti ai quali si rivolge l'apostolo scrittore, le anime, si possono classificare in tre grandi categorie: incipienti, proficienti e perfetti.
Incipienti in ordine all'apostolato della stampa,
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sono i bambini nella fede, cioè i fanciulli che muovono i primi passi nella vita cristiana: il popolo in generale, quello di cui intendeva parlare Sant'Agostino nel De catechizandis rudibus. A questi si debbono aggiungere quegli infedeli che vengono man mano ammaestrati dalla Chiesa nel suo cammino attraverso i luoghi e i tempi.
Proficienti sono gli adolescenti nel sapere, cioè gli studenti avviati allo stato ecclesiastico o ad una professione; i giovani e gli adulti di media cultura e di alta posizione sociale.
Perfetti, sono quegli ecclesiastici o laici che compiono studi profondi e completi sulla religione.

Necessità particolari delle singole categorie

Fra le tre categorie, prima e più bisognosa di apostolato è, naturalmente, quella dei principianti. Essi infatti costituiscono la gran massa dei fedeli che hanno bisogno venga loro spezzato il pane di verità e di vita cristiana mediante l'insegnamento catechistico. Con calcoli approssimativi si può affermare che sui due miliardi di uomini viventi, almeno nove decimi, cioè un miliardo e ottocento milioni (1.800.000.000) appartengono a questa categoria.
Per essi devono essere le predilezioni dell'apostolo, il quale ha, come il divin Maestro, la
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missione di rivolgersi di preferenza ai poveri ed umili: «evangelizare pauperibus misit me».1
Ai principianti seguono i proficienti. L'apostolato rivolto ad essi è importante non tanto per il numero, quanto per la loro qualità. Si tratta di un solo ventesimo circa dell'umanità, una minima parte, ma in compenso quella a cui, per influenza morale, ovvero per autorità di censo o di relazione, spetterà la parte direttiva della società.
Non sono i grandi pensatori, i grandi scrittori che dirigono le masse, ma i grandi divulgatori. Perciò guidare essi è come guidare i capitani nell'esercito.
Si tratta del ceto e del momento più difficile nel quale gli educatori hanno provato le più grandi sfiducie e disillusioni, ma anche i più grandi entusiasmi e i più sublimi raffinamenti.
Istruiti e ben guidati, i proficienti comprendono la religione - in linea generale - meglio dei principianti perché posseggono maggior preparazione. Anzi, con il nuovo fondamento razionale, saranno facilitati ad una maggior fedeltà a Dio e alla pratica del «psallite sapienter».2
Per ultimo vengono i perfetti. Per questi l'apostolo continua l'opera formatrice del «nuovo uomo» in Gesù Cristo, comunicando con maggior ampiezza, «ut abundantius habeant»,3 la verità, la morale, la grazia. Ciò in modo da consolidare in essi il fondamento razionale della
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loro fede, sviluppare il vero senso della vita e della morale ed aiutarli ad ottenere la grazia necessaria alle circostanze particolari della loro vita.
Quanto importi la formazione religiosa di questa schiera eletta di persone, appare dalla necessità di avere nella Chiesa la parte docente: la gerarchia di ordine e di giurisdizione; dalla necessità di avere una difesa competente della religione cattolica, contro gli assalti dell'incredulità e dell'eresia; dalla necessità infine di avere iniziative di conquista a Gesù Cristo delle menti, delle volontà e dei cuori onde si formi un'unica grande scuola, la cattolica.
Formare i perfetti significa promuovere i vari apostolati, le missioni, il fior fiore del pensiero cattolico, capace di mettere in tutta la scienza, la civiltà, le arti, i costumi, la legislazione, la scuola, la stampa... il lievito nuovo, la vita indefettibile di Cristo. Significa rendere onore a Dio e impetrare per mezzo di Gesù Cristo che tutti gli uomini diventino veri figli di Dio.

Metodo pratico

Essendo diversi i bisogni spirituali propri ad ognuna delle tre grandi categorie, diverso sarà pure il modo di presentare ad ognuna di esse ciò che costituisce l'oggetto di apostolato,
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unico per tutti: la fede, la morale e il culto cattolico.
In pratica pare ottimo l'attenersi ad un metodo: quello «via, verità, e vita» in modo ciclico, che consiste nel dare ad ogni classe di persone un complesso proporzionato e completo di tutta la dottrina cristiana. Ogni classe e categoria dovrà dunque avere progressivamente le verità adatte alla sua capacità e preparazione, riguardanti sempre il dogma, la morale e il culto. L'insieme potrà paragonarsi alla figura di un cono rovesciato nel quale il vertice rappresenta le prime nozioni necessarie alla gran massa degli incipienti. La sezione media rappresenta istruzioni utili ai proficienti e la base quelle convenienti ai perfetti.
In questo senso il metodo «via, verità e vita» in modo ciclico può dirsi vitale e naturale. Vitale perché si propone di dare ad ogni classe, anzi ad ogni individuo, tutto quanto è necessario per vivere la religione: la fede, la morale e il culto. E ciò progressivamente. Inizia con nozioni generali circa il Credo, i Comandamenti e i mezzi di grazia. Prosegue a poco a poco, ampliando sempre i medesimi principi.
Metodo naturale, in quanto segue l'uomo nel suo sviluppo fisico, intellettuale e morale. Considera il bambino quale egli è realmente: un piccolo uomo già dotato d'intelletto, volontà e sentimento; lo segue tratto tratto nel suo sviluppo
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guidandolo, nel campo nostro, a rendere in ogni tempo l'omaggio completo di se stesso a Dio.
È questo il metodo che si segue generalmente nell'insegnamento; quello che fu promosso costantemente nella Chiesa, sia nella teoria che nella pratica. Per la teoria appare principalmente in San Tommaso, il dottore del metodo, e per la pratica in molti santi Pastori tra i quali il Dottore della Pastorale, San Gregorio Magno, che nelle sue esposizioni procedeva dal facile al difficile, dal noto all'ignoto.
È infine il metodo che si presta maggiormente alla forma pastorale, quella da preferirsi a tutte le altre perché più efficace e più conforme alle esigenze comuni. I fanciulli, il popolo, le persone rette - anche se colte - non cercano generalmente lunghi e sottili ragionamenti, ma sono, al contrario, amanti della semplicità. È questo il riflesso nelle anime della bontà e semplicità divina e la testimonianza della coscienza umana, la quale è naturalmente cristiana: «testimonium animæ naturaliter christianæ».4
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CAPO V
DIO MODELLO DELL'APOSTOLO SCRITTORE

Per non venire meno al compito di apostolo della stampa che richiede si dia il vero della dottrina, il bene della morale e il bello della forma, non è necessario scrivere sempre di religione, ma bisogna sempre scrivere cristianamente. Questo è possibile ad ogni scrittore cristiano.
L'apostolo tuttavia deve spingersi più innanzi. Egli ha la sua missione specifica: estendere nel tempo e nello spazio l'opera di Dio autore della S. Scrittura.
Il modello è quindi Dio. La Bibbia è la lunga lettera indirizzata da Dio agli uomini per invitarli al cielo. Ora la Bibbia ha un carattere tutto
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proprio; è il libro divino: contiene le leggi da praticarsi, le verità da credersi; indica, rivela e appresta i mezzi di grazia per credere ed agire da figli di Dio onde raggiungere il fine. È, in altre parole, via, verità e vita agli uomini.
Così devono essere gli scritti dell'apostolo.

Gli scritti dell'apostolo devono essere «Via»

Perché i suoi scritti siano la vera via che conduce al Cielo, l'apostolo deve modellarsi sulla Bibbia, ossia trattare il medesimo suo argomento, nel medesimo modo e col medesimo fine.
Argomento della Bibbia sono le verità riguardanti Dio e l'anima: tutto ciò che ha carattere spirituale. Sono quindi rivelate ed esposte l'opera di Dio Padre, l'opera di Dio Figlio, l'opera di Dio Spirito Santo. Si aggiungono i doveri riguardanti l'anima compresi nei comandamenti, nei consigli evangelici e nelle virtù, dalle più semplici alle più elevate, e tutti i mezzi di santificazione.
Questi, e non altri, devono essere gli argomenti trattati dall'apostolo scrittore.
E come trattarli? Nel modo biblico, ossia con quella semplicità che è verità e timbro di divinità.
Scriva dunque l'apostolo con la semplicità di
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stile e di forma con cui sono scritti i libri santi: stile ripulito, forma artistica anche, ma popolare; chiara e modesta. Semplicità senza pretese, sull'esempio del Maestro divino, che, coerente alla sua attestazione: «Sono mandato ai poveri», non volle apparato esteriore di cattedre, di scuola, di atteggiamento, né forma di dire elevata o astrusa, ma volle al contrario la massima semplicità di luogo, di uditorio, di tono della voce, di frase, d'esempio e di parabola...
Semplicità eucaristica. L'Eucaristia è sotto le apparenze del cibo più comune, eppure contiene Gesù Cristo, Dio-Uomo. Così dev'essere per l'apostolo della stampa. Egli con l'umile forma di un libro o di un foglio, che si presenta senza pretese, deve dare la divina verità, la quale per giungere agli uomini di tutte le condizioni, dev'essere economica, accessibile a tutti, come il pane. Ciò a volte potrà richiedere grandi sacrifici, ma si faccia generosamente perché è sacrificio al quale invita Dio stesso.
Ancora: l'apostolo della stampa deve proporsi, nei suoi scritti, il medesimo fine ch'ebbe Iddio nel far scrivere il Libro santo: Gloria di Dio e salvezza delle anime.
Gloria a Dio, quindi non propria soddisfazione, non lucro, non onore; salvezza delle anime, di tutte le anime, perché è di fede che Dio vuole tutti salvi: «Deus vult omnes homines salvos
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fieri»,1 e in questa sua volontà efficace Dio ha indirizzato a tutti i suoi figli la sua lettera di invito al Cielo.

Gli scritti dell'apostolo devono essere «Verità»

L'apostolo della stampa non si propone di comporre opere scientifiche o letterarie, per se stesse, non di divulgare idee proprie o di altri uomini, ma egli mira esclusivamente a divulgare le verità rivelate quali ci sono date dalla Chiesa, e quanto a queste verità conduce o ne è irradiazione. E ciò fa o col moltiplicare le edizioni della Bibbia stessa o col commentare, spiegare, diluire le verità in essa contenute.
Ne segue per lui la necessità di apprendere il linguaggio divino per trasfonderlo nelle sue opere, le quali saranno tanto efficaci in quanto, invece di parlare lui, farà parlare Dio, poiché, lo afferma l'Apostolo: «La parola di Dio è viva ed efficace ed è più efficace e più affilata di qualunque spada a due tagli; e penetra fino alla divisione dell'anima e dello spirito, ed anche delle giunture e delle midolla, e scruta i pensieri e le intenzioni del cuore, e non vi è cosa creata che resti invisibile davanti a lui».2
In una sala di redazione il migliore ornamento
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è il quadro degli Evangelisti; il migliore segno ed oggetto di culto è un Vangelo aperto là dove si dice: «Semen est verbum Dei»;3 il più prezioso libro di consultazione è una Bibbia corredata da ampi commenti dei Padri e dei Dottori della Chiesa.
Ma questo non è ancora sufficiente. Deve lo scrittore stesso essere penetrato del contenuto del libro divino per poterlo trasfondere! E vi giungerà se avrà la costanza di fare, della Bibbia, la sua lettura e la sua meditazione quotidiana, sotto la guida della Chiesa. Ciò non per semplice passatempo o per curiosità, ma con animo di figlio che vuole sentire ed assecondare con pieno cuore il suo Padre Celeste. Come i Padri della Chiesa, i Padri del deserto, i Santi, in ginocchio, con la sottomissione dello spirito, con la volontà fermamente stabile nell'obbedienza a Dio, con la beata speranza del suo regno e della sua gloria in lui e nel mondo intero.
L'animo suo allora acquisterà a poco a poco il delicato e meraviglioso sapere dell'adorabile parola di Dio in modo che, senza avvedersene, la trasfonderà nei suoi scritti.
Il libro divino potrà servire all'apostolo come lettura spirituale, come mezzo di raccoglimento e di elevazione nelle visite al Ss. Sacramento, come il principale libro di meditazione,
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come l'oracolo divino da consultare in tutti i bisogni spirituali, di apostolato e sociali.
Non si danno per questo regole particolari. Ma per chi volesse stabilirsi un ordine, si consiglia di seguire quello della Liturgia e del Breviario Romano, dividendo la materia in modo che la Bibbia possa essere letta tutta nel corso di un anno.
Coloro che recitano il divino ufficio troveranno in questo modo un appoggio; e gli altri il beneficio particolare di sentirsi ancora uniti, per mezzo di questa lettura, alla preghiera pubblica della Chiesa.
E tutti impareranno da Dio stesso il modo di scrivere per le anime.

Gli scritti dell'apostolo devono essere «Vita»

Leggendo le divine Scritture, i Padri e i Dottori della Chiesa ottenevano lumi e mozioni per la propria e l'altrui santificazione. Per la lettura della Bibbia Sant'Antonio Abate, Sant'Agostino, San Benedetto, San Francesco d'Assisi, Sant'Ignazio... hanno mutato vita ed hanno asceso il monte della perfezione. I santi e gli uomini tutti nella lettura del Libro di Dio trovarono luce e forza spirituale. Ciò perché la Bibbia contiene una forza divina che le è data da Dio, suo Autore principale,
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nonché dalla santità del suo contenuto, dal fine per cui essa fu scritta e dall'intercessione della Chiesa che la custodisce.
Ma anche gli scritti dell'apostolo della stampa, in quanto sono un'estensione dell'opera divina, devono impressionare e santificare gli animi. Diversamente l'apostolo della stampa non raggiungerebbe il suo scopo.
Ma come può l'opera dell'uomo giungere a tanto?
Valga un paragone. I Sacramenti, i Sacramentali e la preghiera hanno virtù in quanto originano dal Calvario e quanto più essi attingono a questa divina sorgente, tanto più hanno efficacia.
Per l'apostolato della stampa, i libri, i periodici, le stampe tutte, acquistano efficacia in virtù della Bibbia, della predicazione di Gesù Cristo e del Vangelo. Ed esse hanno tanto più efficacia quanto più attingono, si accostano, dipendono, riproducono, zelano, applicano la Bibbia e in particolare il Vangelo.
L'apostolo otterrà questo, se da parte sua, oltre la lettura e la meditazione quotidiana della Bibbia, saprà ancora tenere rispetto a Dio la posizione che tennero gli agiografi. Questi non contavano sulle proprie forze, ma su Dio; non miravano a fini secondari ma a Dio, alla sua gloria e al bene spirituale degli uomini.
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Spirito di preghiera e retta intenzione: ecco le condizioni necessarie alla divina grazia, condizioni che faranno stabilire all'apostolo il suo programma: «Io conto su Dio; io miro a Dio». Programma secondo la giustizia, la verità e l'ordine perché proclama il riconoscimento di chi è Dio e chi è l'uomo.
Filosofia e teologia, ascetica ed esperienza, la Chiesa ed i concili, si accordano nel proclamare questo principio.
La preghiera dunque preceda, accompagni e segua l'apostolato. L'apostolo faccia propria la preghiera di Gesù: «ut cognoscant te et quem misisti Jesum Christum»4 e parteciperà così all'efficacia eternamente salvatrice della medesima.
La retta intenzione sia il movente che determina a scrivere e guidi a stampare e a diffondere. Ma non basta ancora. L'apostolo deve unire qualcosa di suo: lo zelo amoroso.
Il motivo da cui fu mosso Dio a dare il dono ineffabile della sacra Scrittura agli uomini è stato l'amore: «Deus qui amas animas».5 Lo stesso amore deve spingere l'apostolo a scrivere: «Amor mi mosse che mi fa parlare». Amor di Dio che fa lui centro del suo essere: del suo intelletto con voli frequenti a lui, della sua volontà con la sottomissione ai suoi desideri, della
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sua sensibilità in modo da non trattenere in cuore affetti che non siano Dio e le anime. Amore verso il prossimo che lo porti all'immolazione di sé, fino a poter dire alle anime affidategli con l'Apostolo: «Io volentierissimo darò e sopraddarò me stesso per le anime vostre, quand'anche più singolarmente amandovi, dovessi essere da voi meno amato».6
Ripieno dunque d'amore, fornito di retta intenzione, fortificato dalla preghiera, imbevuto del Libro santo, l'apostolo potrà risalire la cattedra redazionale con la fiducia che i suoi scritti, come il Libro santo, possano riuscire di luce, guida e sostegno alle anime, ossia essere per loro via, verità e vita.
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CAPO VI
LA SACRA BIBBIA

Il S. Vangelo in particolare e i libri della S. Scrittura o Bibbia, in generale, quali ci sono dati dalla Chiesa, costituiscono l'opera essenziale per l'apostolo della stampa. Questo, infatti, non si può concepire senza la Bibbia, come non si può concepire Sacerdozio senza missione; Sacramento senza croce; pianta senza radice.
Il motivo appare chiaro se si considera: l'importanza della Bibbia; la volontà divina in riguardo alla Bibbia; la storia e il bisogno delle anime.

Importanza della Bibbia

In confronto agli altri libri, la Bibbia si può paragonare ad un monte d'oro di fronte ad un filo d'argento, sperduto nelle viscere della terra.
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Ciò per parte dell'Autore, del contenuto e dello spirito che la vivifica.
La Bibbia ha per Autore principale Dio stesso. Gli agiografi non sono che strumenti di cui Dio si è servito per scrivere ciò che voleva. La Bibbia dunque è il libro di Dio. Ecco il motivo principale della sua importanza.
Se un libro poi attrae per l'autore e interessa per il contenuto, qual libro vi può mai essere, al mondo, che abbia un contenuto più interessante del libro di Dio? I libri degli uomini possono esporre delle belle e buone cose, ma nessuno, da sé, può sciogliere senza alcun dubbio questioni capitali per l'umanità come quelle riguardanti Dio, l'uomo, l'origine e la fine di tutte le cose.
Queste sono verità che poteva dirci Dio solo e ch'egli ci ha detto nella Bibbia.
Così solo Dio poteva rivelarci le cose future, quelle che avverranno in questo mondo e quelle che saranno nell'eternità. Solo lui poteva manifestare il suo proposito di salvarci dalla dannazione eterna, per mezzo dei misteri dell'Incarnazione, Passione e Morte del suo stesso Figliuolo. Solo Dio poteva rivelarci la nostra elevazione nella figliuolanza divina, la nostra eterna destinazione; indicarci il modo e somministrarci i mezzi per camminare sicuramente sulla via della felicità eterna.
E tutto questo Dio l'ha fatto nella Bibbia. Vi
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può essere dunque libro più interessante, più importante del libro di Dio?
La Bibbia si differenzia dagli altri per lo spirito che la penetra e la vivifica. Essa è il grande sacramento del Verbo di Dio. Sotto le sue pagine arde il fuoco divino dello Spirito Santo, come sotto le specie sacramentali vive la persona divina del Cristo. E come colui che ricevendo l'Ostia santa prende un nutrimento celeste di virtù incomparabile, così colui che si pasce delle parole della Bibbia, sente accendersi nell'anima un fuoco divino di ineffabile attività, che gli penetra l'anima e la rinnova spiritualmente.
Chi mangia del pane della vita, vivrà in eterno. E chi si nutre della parola della Bibbia, con le debite disposizioni, si penetra di Spirito Santo. Lo Spirito infatti che investe la Bibbia non è come quello degli scritti umani, finito e mutevole. È lo stesso Spirito Santo, Dio che tutto conosce e che conosceva fin da principio coloro che avrebbero letto il suo libro. Egli scrisse, per mezzo degli agiografi, parole d'infinita sapienza, di eterno valore, parole che attualmente anima e vivifica della sua virtù, come se le scrivesse nell'istante in cui vengono lette.
La Bibbia è dunque il libro per antonomasia. Quello che ha esercitato l'influenza più profonda sull'umanità; influenza immensamente superiore a quella esercitata dai popoli e dalle
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religioni. La civiltà ne è permeata, l'arte e la letteratura ne sono ispirate.
Senza la conoscenza della Bibbia ci resterebbero quasi incomprensibili gli scritti di molti autori quali Dante, Klopstock, Milton e moltissimi altri. Si può dire non esservi quasi scritto letterario importante nel quale non ne abbondino le citazioni e i riferimenti.1
Le leggi, le istituzioni, la morale, i riti: tutto dipende dalla Bibbia.
Essa è tradotta in quasi tutte le lingue, ha commenti, introduzioni, in numero sterminato. Ma la maggioranza di queste opere sono indirizzate agli studiosi per facilitarli nelle loro investigazioni.
La Bibbia è il libro che costituì sempre la base letteraria più solida degli studi profondi: e fu in ogni tempo la consolatrice dei grandi dolori. Il libro insomma più importante che possiede l'umanità.

La volontà divina riguardo alla Bibbia

La volontà di Dio riguardo alla Bibbia è che gli uomini la leggano.
Il fatto ch'egli stesso si degnò di eccitare e muovere gli agiografi a scrivere; la sua assistenza
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nella loro opera ci dimostrano la logicità di questa affermazione.
Non si potrebbe del resto pensare diversamente. Come Gesù Cristo arde dal desiderio che lo riceviamo nella S. Eucaristia, istituita proprio per noi, così Dio desidera che leggiamo ciò che ci ha scritto nella Bibbia.
Gesù Cristo ci dimostrò questo volere di Dio, adempiendolo egli stesso per darcene l'esempio. Di lui, ad esempio, il Vangelo narra che, all'inizio del suo ministero pubblico, fu invitato alla Sinagoga, nel giorno di sabato, a leggere il libro del profeta Isaia.
Il divin Maestro lesse e spiegò dicendo che quel passo lo riguardava. Spesso poi, riferendosi alla Sacra Scrittura, dimostrava che si adempiva in lui quanto era stato profetato. Ciò significa ch'egli conosceva la Bibbia e rimandava ad essa.
Apparso ai discepoli di Emmaus dopo la Risurrezione, si intrattenne con loro su «ciò che nelle Scritture si riferiva a lui, cominciando da Mosè e da tutti i Profeti».2
La volontà di Dio in riguardo alla lettura della Bibbia ci appare ancora dall'insegnamento e dall'uso della Chiesa, l'autentica interprete dei voleri di Dio.3
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Essa ci presenta i libri della Bibbia suddivisi in capi e versetti, in modo che possano essere letti con facilità e frutto.
Molti canoni di Concili e molti scritti di Pontefici, tra i quali particolarmente l'enciclica Providentissimus Deus4 di Leone XIII, e Spiritus Paraclitus5 di Benedetto XV, sono una prova lampante del desiderio della Chiesa circa la lettura della Sacra Scrittura.
La Chiesa ha stabilito che la Bibbia costituisse la più gran parte della Liturgia cattolica. I Salmi, ad es., sono la preghiera ufficiale della Chiesa. Quotidianamente nella Messa si leggono passi del Vangelo scelti. Le lettere di San Paolo ed altri passi tolti dai vari libri formano sempre la cosiddetta lezione delle Messe.
La volontà divina in riguardo alla Bibbia è dunque che essa venga letta da tutti gli uomini. Lo disse Dio stesso, lo insegnò Gesù Cristo e lo insegna la Chiesa.

La storia e il bisogno delle anime

Prima della venuta di Gesù Cristo la Bibbia era per gli ebrei il solo libro sacro; il libro per
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eccellenza. Così nei primi tempi della Chiesa per i cristiani.
I primi fedeli, ai quali risuonavano ancora all'orecchio gli insegnamenti di Gesù Cristo e degli Apostoli, leggevano le Sacre Scritture tutti i giorni. Per avere poi maggior comodità di leggerle nei pericoli e nelle persecuzioni, portavano con sé, se non tutta la Bibbia, almeno il Santo Vangelo o parte di esso. Da questa lettura attingevano forza a perseverare nella loro fede e dare per essa, quando era necessario, anche la vita.L'uso dei primi cristiani andò poi perdendosi e con esso anche il frutto della lettura dei libri santi. Si giunse così, a poco a poco, fino a trascurarli e, ai tempi nostri, ignorarli dalla quasi maggioranza dei fedeli.
Le conseguenze furono e sono deleterie. «La società nostra - afferma il Peduzzi - nonostante il vantato progresso civile, è retroceduta di molto nella religione e nei costumi, ritornando verso l'antico paganesimo, per la fenomenale antipatia religiosa che incombe su troppi, per la scostumatezza di vita che già dilaga un po' dappertutto. Essa si guastò tanto perché l'inferno riuscì a strapparle il centro della vita spirituale, Gesù Cristo: Cristo nell'Eucaristia col malcostume e le eresie, specie col paganesimo; Cristo
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nel Vangelo con l'ignoranza dapprima e poi col libero esame del protestantesimo».6
Ed il grande Pontefice Benedetto XV, scrivendo al Cardinal Cassetta, dichiarava: «L'esperienza insegna, più che non occorra farne menzione, che i deviamenti dell'odierna società hanno origine dal fatto che la vita, la dottrina e le opere di Gesù Cristo sono cadute nel più profondo oblio, né più curano gli uomini di ispirare ad esse le loro quotidiane azioni».
Se oggi non si vuole quasi più saperne di Dio, è perché quasi più nulla si sa di Dio. La religione di molti, di troppi è più di abitudine e superficialità che di convinzione e sentimento.
Il rimedio l'aveva già nel suo programma il mite e piissimo Pio X, che volendo con San Paolo rinnovar la società in Cristo, niente di più atto trovava che ridarle Cristo. Ma Cristo tutto intero, cioè vivo e vero nella Ss. Eucaristia e parlante nella S. Scrittura, nel S. Vangelo. «Dal momento che ci siamo proposti di restaurare ogni cosa in Gesù Cristo, - scrive al Cardinal Cassetta - nulla potremo meglio desiderare quanto che si introduca fra i fedeli il costume della lettura non pure frequente, ma quotidiana dei Ss. Vangeli, essendo che precisamente questa lettura dimostra e fa chiaramente vedere per
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qual via si possa e si debba arrivare a quella sospirata restaurazione».
La storia dunque nonché il bisogno stringente delle anime dimostrano che è necessario ritornare alla primitiva tradizione circa la lettura del libro santo, al gran libro che Dio ci ha scritto per indicare la via del cielo.

Crediamo opportuno riferire qui alcuni canoni e decreti relativi alla lettura dei libri santi. - I numeri a lato sono quelli del Denzinger:

Clemente XI ha condannato i seguenti errori7 di Quesnel:8
1429. - 79. Utile et necessarium est omni tempore, omni loco et omni personarum generi, studere et cognoscere spiritum, pietatem et mysteria Sacræ Scripturæ.
1430. - 80. Lectio Sacræ Scripturæ est pro omnibus.
1431. - 81. Obscuritas sancta verbi Dei non est laicis ratio dispensandi se ipsos ab eius lectione.
1432. - 82. Dies Dominicus a Christianis debet sanctificari lectionibus pietatis et super omnia sanctarum Scripturarum. Damnosum est, velle Christianum ab hac lectione retrahere.
1433. - 83. Est illusio sibi persuadere, quod notitia mysteriorum religionis non debeat communicari feminis lectione sacrorum librorum. Non ex feminarum simplicitate, sed ex superba virorum scientia ortus est Scripturarum abusus, et natæ sunt hæreses.
1434. - 84. Abripere e Christianorum manibus Novum Testamentum seu eis illud clausum tenere auferendo eis modum illud intelligendi est illis Christi os obturare.
1435. - 85. Interdicere Christianis lectionem Sacræ Scripturæ, præsertim Evangelii, est interdicere usum luminis filiis lucis et facere, ut patiantur speciem quandam excommunicationis.
Pio VI ha così notato l'insegnamento pistoiese:
1567. - 67. Doctrina perhibens, a lectione sacrarum Scripturarum nonnisi veram impotentiam excusare; subiungens, ultro se prodere obscurationem, quæ ex huiusce præcepti neglectu orta est super primarias veritates religionis: - falsa, temeraria, quietis animarum perturbativa, alias in Quesnellio damnata.
Pio VII insegna:
1604. - Sane cum in vernaculo sermone creberrimas animadvertamus vicissitudines, varietates, commutationesque, profecto
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ex immoderata biblicarum versionum licentia immutabilitas illa convelleretur, quæ divina decet testimonia, et fides ipsa nutaret, cum præsertim ex unius syllabæ ratione quandoque de dogmatis veritate dignoscatur. In id proinde pravas teterrimasque machinationes suas conferre in more habuerunt hæretici, ut editis vernaculis Bibliis (de quorum tamen mira varietate ac discrepantia ipsi se invicem accusant et carpunt) suos quisque errores sanctiore divini eloquii apparatu obvolutos per insidias obtruderent. «Non (neque) enim natæ sunt hæreses, inquiebat S. Augustinus, nisi dum Scripturæ bonæ intelliguntur non bene, et quod in eis non bene intelligitur, etiam temere et audacter asseritur». Quod si viros pietate et sapientia spectatissimos in Scripturarum interpretatione haud raro defecisse dolemus, quid non timendum, si imperito vulgo, qui ut plurimum non delectu aliquo, sed temeritate quadam iudicat, translatæ in vulgarem quamcunque linguam Scripturæ libere pervolvendæ traderentur?...
Gregorio XVI insegna pure:
1630. - ...Perspectum vobis est vel a prima christiani nominis ætate hanc fuisse propriam hæreticorum artem, ut, repudiato verbo Dei tradito et Ecclesiæ catholicæ auctoritate reiecta, Scripturas aut manu interpolarent aut sensus expositionem interverterent. Nec denique ignoratis, quanta vel diligentia vel sapientia opus sit ad transferenda fideliter in aliam linguam eloquia Domini; ut nihil proinde facilius contingat, quam ut in eorundem versionibus per societates biblicas multiplicatis gravissimi ex tot interpretum vel imprudentia vel fraude inserantur errores; quos ipsa porro illarum multitudo et varietas diu occultat in perniciem multorum. Ipsarum tamen societatum parum aut nihil omnino interest, si homines Biblia illa vulgaribus sermonibus interpretata lecturi in alios potius quam alios errores dilabantur; dummodo assuescant paulatim ad liberum de Scripturarum sensu iudicium sibimet ipsis vindicandum, atque ad contemnendas traditiones divinas ex Patrum doctrina in Ecclesia catholica custoditas, ipsumque Ecclesiæ magisterium repudiandum.
Ma così difende e solennemente conclude:
1631. - Hunc in finem biblici iidem socii Ecclesiam sanctamque hanc PETRI Sedem calumniari non cessant, quasi a pluribus iam sæculis fidelem populum a sacrarum Scripturarum cognitione arcere conetur; cum tamen plurima exstent eademque luculentissima documenta singularis studii, quo recentioribus ipsis temporibus Summi Pontifices, ceterique illorum ductu catholici antistites usi sunt, ut catholicorum gentes ad Dei eloquia scripta et tradita impensius erudirentur.
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CAPO VII
L'OPERA BIBLICA

Con l'iniziativa biblica l'apostolo scrittore si prefigge di propagare la Scrittura sacra ed in particolare il Vangelo, perché da tutti sia conosciuta la parola di Dio.
Praticamente egli esplicherà la sua azione con edizioni bibliche, stampe spiegative,1 stampe formative.

Edizioni bibliche

Convinto che «la Bibbia è la lettera scritta da Dio agli uomini per guidarli al loro ultimo fine», l'apostolo dovrebbe bramare di farla conoscere e pervenire a tutti gli uomini.
Ma poiché una piccolissima parte soltanto
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sarebbe in grado di comprendere il Libro sacro in lingua greca o latina, e in edizione completa, egli dovrebbe venire incontro alle necessità generali e particolari mediante le edizioni bibliche, versioni, edizioni ridotte, storie sacre.
Versioni con commenti che rendano fedelmente il testo della Volgata nelle varie lingue. Tutte contengano note di carattere storico, morale e pastorale dedotte dai Ss. Padri e Dottori della Chiesa.
Edizioni ridotte ad uso delle scuole e delle famiglie nelle quali si escludano o appena si sfiorino le genealogie, le leggi abrogate, le questioni che interessano gli studiosi. Edizioni tuttavia che contengano tutta la Storia Sacra dell'Antico e Nuovo Testamento raccontata con le parole stesse dei Libri santi. Che diano ai fatti il loro filo storico, ai profeti il loro tempo, ai libri sapienziali il loro posto, in modo che il quadro della divina storia sia reso fedele, efficace e piacevole.
Storie sacre e Bibbie dei fanciulli in forma attraente, arricchite di illustrazioni. Gli animi dei fanciulli e dei semplici sono i più disposti a ricevere i divini insegnamenti!
Estratti [=edizioni parziali] sia dell'Antico che del Nuovo Testamento, arricchiti di introduzioni e commenti.
Fra questi deve tenere il primissimo posto il Vangelo, il sole dei libri, il più bel canto della
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fede, la più bella ricchezza della liturgia, il libro che dovrebbe formare la quotidiana ed indispensabile lettura di ogni cristiano.

Stampe spiegative

Col nome di stampe spiegative s'intendono tutte quelle stampe che in modo più o meno esplicito esordiano,2 commentano, illustrano, difendono, applicano... il Libro sacro o parte di esso. Stampe che variano secondo il loro scopo particolare, come:
- introduzione alla Bibbia intera o a qualche libro in particolare;
- illustrazione di qualche personaggio biblico, come ad es. Davide, Giuditta, la Maddalena, ecc.
- [studi sulle] relazioni generali e particolari della Bibbia con la scienza profana e sacra, con la storia, con l'arte...
- scritti vari od illustrazioni, album illustrati, articoli su giornali e periodici, libri che dilucidino qualche verità o fatto biblico...
- citazioni bibliche... I santi Padri e gli scrittori ecclesiastici nei loro scritti e nei loro discorsi intramezzarono sempre tratti o versetti della S. Scrittura, tanto che alcuni formarono lettere intere compilate dall'ingegnosa combinazione di tratti scritturali.
L'apostolo della stampa dovrebbe introdurre
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nuovamente questa buona abitudine. «La Scrittura - afferma Sant'Agostino - si spiega con la Scrittura».
Vi sono invece tanti libri nei quali si è sostituito l'uomo a Dio.
L'apostolo invece dev'essere dispensatore dei misteri di Dio e, se non farà questo, non si potrà più chiamare apostolo.
Questo è anche lo spirito della Chiesa.
Particolare attenzione è poi da aversi circa il modo di presentare i passi scelti.
«Non tutti i libri della Bibbia si presentano alla capacità comune. Non dovrebbe affrontare senz'altro la lettura per es. dei Profeti, così densi di pensiero e così splendidi di poesia, chi non ha più pratica dello stile orientale o del modo di pensare, della teologia, delle istituzioni ebraiche.
«In primo luogo sarà da leggersi la Genesi, poi l'Esodo, pochi passi scelti dai cinque libri seguenti, parecchi altri dai Re, dai Paralipomeni [= Cronache], da Esdra e Nehemia.
«Si leggerà invece con delizia il libro di Ruth, e così quelli di Tobia, Giuditta ed Ester. Giobbe è tutto un sublime cantico filosofico, ma abbastanza oscuro.
«La lettura del Cantico dei Cantici richiede la pratica del linguaggio dei mistici, specialmente orientali.
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«Si gusterà l'altissima poesia dei Salmi, la saggezza dei Proverbi, dell'Ecclesiaste, della Sapienza e dell'Ecclesiastico.
«Dei Profeti basteranno passi scelti con accuratezza.
«Quanto ai Vangeli, il consiglio non può essere che uno solo: leggerli e rileggerli nella loro interezza e renderseli familiari. Molto interessanti gli Atti degli Apostoli. Le Lettere di San Paolo sono altissime, nutrientissime, ma hanno passi difficili ed oscuri e richiedono un commento chiaro. Più accessibili sono le cattoliche.
«L'Apocalisse pure va letta seguendo un commento opportuno, data la sua grande oscurità.
«Molto utili sono i passi scelti, sotto qualche punto di vista particolare, quali filosofico e storico, o come studio della lingua latina (testo della Volgata) o greca (testo dei LXX).
«Al riguardo si consiglia anche l'uso delle sinossi, cioè dei Vangeli unificati».3
Di qualunque genere siano le stampe bibliche spiegative preparate dall'apostolo per il popolo, non devono, per regola generale, avere carattere critico, né presentare novità sotto nessun aspetto.
Mirino a dare alla gran massa del popolo la
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parola di Dio e siano preparate con l'amore e lo spirito con cui Dio preparò la Bibbia.
Si presentino in modo che non dispiacciano ai dotti e che, soprattutto, soddisfino coloro che, con cuore retto e semplice, cercano Dio, la saggezza, la salute della società, la salvezza eterna; coloro che vogliono trovare «la via, la verità e la vita».
Siano stampe pastorali: pastorali perché preparate da anime apostole, pastorali nella forma, pastorali nella scelta delle note, e quanto è possibile per la modicità dell'offerta; pastorali in quanto si rivolgono a tutte le anime.

Stampe formative

«La S. Scrittura - afferma San Gregorio Magno - si presenta agli occhi della nostra mente quasi come uno specchio, per vedervi l'immagine nostra spirituale. In essa infatti noi scorgiamo la bruttura dei nostri peccati e la beltà delle nostre opere buone. Da essa ci viene segnato quanto ancora siamo distanti dalla perfezione».
Ma, afferma anche San Giovanni Crisostomo: «Nemo potest sensum Scripturæ sacræ cognoscere, nisi legendi familiaritate, sicut scriptum est: Ama illam et exaltabit te: glorificaberis ab ea, cum fueris amplexatus».4
E Sant'Agostino: «Credimi, tutto quel che v'è
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nella Scrittura santa è grande e divino. La verità vi è tutta intera, e vi si trova una dottrina eminentemente propria a nutrire l'anima e a riparar le nostre forze; anzi è così ben accomodata ai nostri bisogni, che non v'è alcuno che non possa attingere quanto gli basta, purché si avvicini con la fede e la pietà che la vera religione domanda».
Se si vuole che la lettura della Bibbia porti frutti nelle anime bisogna guidarle a leggere il S. Libro col desiderio vivo di incontrarvi Gesù Cristo, il dono di Dio: a leggerla con umiltà, fede, preghiera, desiderio di mutar vita.
Si insista pertanto, spesso e in tutti i modi possibili, sulla importanza, la necessità e il modo di leggere i Libri santi.
Si faccia comprendere che la loro lettura è importante e raccomandata dalla Chiesa, perché sono scritti di Dio per tutti e tutti ne hanno bisogno: il povero per attingervi la parola che gli promette le ricchezze eterne e lo consola nelle sue privazioni; il ricco per imparare ad essere buono e caritatevole coi poveri; il sano per apprendere come santificare l'uso della vita; l'ammalato per attingere forza e rassegnazione; l'innocente per confermarsi nel bene; il peccatore per pentirsi dei suoi falli e ritornare a vita cristiana; il dotto per farsi discepolo della Sapienza celeste; il popolo semplice per conoscere ed
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amare sempre più il suo Salvatore. Tutti, insomma, nei Libri santi trovano la parola buona che fa per loro e li rende migliori.
Si guidi ad una lettura pia, fatta con amore, con fede sincera e con ferma volontà di voler conformare la propria vita agli insegnamenti esposti.
Ognuno che si accosta al Libro di Dio dovrebbe poter confessare di se stesso quanto confessava il notissimo scrittore francese, Francesco Coppée: «Io, modesto ignorante, ho riletto il Vangelo pregando Dio con fervore di concedermi la sommissione dei poveri di spirito. Mi sono ridotto simile a quei fanciulletti, che nostro Signore voleva si lasciassero venire a lui, e dinanzi ai quali ha detto che il regno dei cieli sarà per coloro che li rassomigliano. Ho ascoltato la parola divina con la semplicità dei pescatori del lago di Tiberiade, ai quali Gesù parlava dalle acque, seduto a prua di una barca... A poco a poco ogni linea del Libro santo si è fatta vivente per me e mi ha affermato che essa conteneva la verità. Sì, in ogni parola del Vangelo ho visto brillare la verità come una stella, e l'ho sentita palpitare come un cuore».
Fra gli ordini di lettura proposti, tre sono particolarmente raccomandabili: l'ordine teologico, il familiare e il liturgico.
L'ordine teologico propone di leggere i libri
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della Sacra Scrittura nell'ordine con cui sono elencati dal Concilio di Trento; cominciare dal Genesi, poi Esodo, ecc. e terminare con l'Apocalisse.
L'ordine familiare è quello consigliato da molti autori di ascetica. Consiste nel leggere prima tutti i libri del Nuovo Testamento e fra questi prima i libri storici, come i più facili e i più adatti a preparare la mentalità biblica; poi i didattici e in ultimo i profetici, che sono i più difficili. Seguono poi gli storici del Vecchio Testamento, ai quali si faranno seguire i sapienziali e i profetici.
L'ordine liturgico è quello proposto dalla Chiesa nella liturgia, quale risulta dal Breviario e dalla S. Messa.
Di somma importanza, e regola primissima: leggere la Scrittura come ce la presenta la S. Chiesa la quale l'ebbe in custodia e attenersi ai soli testi che portano la sua approvazione.
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CAPO VIII
STORIA ECCLESIASTICA

La Chiesa, istituzione divina nell'origine, ma affidata pure alla libera volontà degli individui, ha una storia tutta particolare. Storia che può dirsi un gran dramma in cui il disegno di Dio e le resistenze umane che ne ritardano l'attuazione, concorrono ad una finalità sublime: la composizione della Chiesa trionfante, adombrata nell'Apocalisse sotto il nome di Gerusalemme Celeste.
Ora, se la storia in genere è «maestra della vita», quella ecclesiastica lo è in senso e modo e misura tutto particolare, per la missione specifica che la Chiesa ebbe dal suo fondatore e capo, Gesù Cristo.
L'ammaestramento che ci offre la Chiesa nella
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sua storia attraverso i secoli, appare chiaro quando si tenga presente quale essa è nella sua causa divina, nel suo sviluppo e nelle sue conseguenze.
Prima quindi di esporre le norme pratiche circa il modo di redigere la storia ecclesiastica, si prepone lo sviluppo di questi concetti dei quali l'apostolo deve essere profondamente penetrato, concetti che gli possono fornire argomento per innumerevoli trattazioni.

La storia ecclesiastica nella sua causa divina

La causa divina della storia ecclesiastica è Gesù Cristo, suo istitutore, suo capo e sua guida.
La storia della Redenzione è nota. L'umanità, diseredata della grazia, di ogni dono soprannaturale e preternaturale, per la colpa di origine, era miseramente caduta nelle più fitte tenebre del peccato e nella assoluta impossibilità di risorgere, per sé sola, senza speranza di poter giungere mai più al paradiso. Ma Dio ebbe pietà dell'uomo peccatore, volle riabilitarlo e, nell'inesauribile ricchezza della economia divina, attuò il piano redentivo: mandò in terra il suo Figliuolo Unigenito ad illuminare di nuovo gli uomini con la dottrina, a segnare la via col suo esempio, a salvarli col sacrificio di se stesso sulla Croce.
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Nella sua vita terrena il Redentore, secondo la sua missione divina, fu via, verità e vita agli uomini.
Fu «via», col dare loro esempio di tutte le virtù, anche di quelle ignorate fino allora nel mondo pagano. Perfetto nei doveri verso Dio, verso il prossimo e verso se stesso: perfetto nell'osservanza dei Comandamenti e dei Consigli evangelici, che predicò agli uomini.
Fu «verità», nell'insegnare durante i tre anni di vita pubblica, alle turbe e agli Apostoli, le verità della fede, raccolte ed esposte dalla Chiesa nella teologia dogmatica, morale, ascetica e pastorale.
Fu «vita», riacquistando all'umanità la grazia perduta, per ridonarla alle anime attraverso i Sacramenti e l'orazione e facendosi porta alla beata eternità.
Ma la vita terrena di Gesù Cristo doveva essere breve e svolgersi nei limiti ristretti della Palestina.
Egli perciò, fin dal principio della sua predicazione, radunò attorno a sé gli Apostoli e i discepoli, li istruì ed educò secondo il suo cuore e, fra essi, scelse un capo nella persona di Pietro. Conferì loro i suoi divini poteri di insegnamento, di giurisdizione e di ordine. Prossimo al compimento supremo della Redenzione degli uomini, egli lasciò loro se stesso nel Sacramento
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dell'Eucaristia, confermò Pietro nel primato e diede agli Apostoli il comando di continuare la sua missione nel mondo: «E Gesù accostatosi disse loro: Mi è stato dato ogni potere, in cielo e in terra. Andate dunque ed ammaestrate tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo».1 In tal modo Gesù Cristo istituì la Chiesa alla quale doveva affidare il compito della sua missione redentrice estendendola nello spazio e prolungandola nel tempo.
Chiusa la breve giornata terrena del Maestro, incomincia dunque la lunga giornata della Chiesa, il suo corpo mistico. Essa, guidata dal suo fondatore e capo universale, assistita dallo Spirito Santo, sarà nei secoli la custode e la Maestra autentica della verità insegnata da Gesù Cristo, l'erede dei suoi poteri e la depositaria del suo Corpo e del suo Sangue. Le porte dell'inferno non prevarranno contro di essa; Pietro avrà sempre il primato nei suoi successori: il Sommo Pontefice, al quale spetterà in tutte le controversie dire l'ultima parola, definire infallibilmente le verità: Columna, firmamentum veritatis.2
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Nella Chiesa, col Papa e i Vescovi, vi sarà l'unica via di salvezza. Non varie guide morali ma la sola morale; non varie scuole, ma l'unica scuola, quella di Gesù Cristo attraverso i suoi rappresentanti.
Nella Chiesa, verrà rinnovato il Sacrificio del Calvario; verranno amministrati i Sacramenti: il Battesimo che fa nascere l'anima alla vita soprannaturale, la Cresima che la fortifica, l'Eucaristia che la nutre, la Penitenza che la riabilita se caduta, l'Estrema Unzione che la conforta nelle gravi infermità.
Nella Chiesa si amministra l'Ordine, per provvedere alla società religiosa i Sacri Ministri, si celebra e si benedice il Matrimonio, per la propagazione dei figli di Dio nel genere umano. La Chiesa insegnerà come onorare Iddio, come pregare.

La storia della Chiesa nel suo sviluppo

La Chiesa militante ha una storia simile a quella di Gesù Cristo nella sua vita terrena. Essa infatti, fedele alla missione affidatale da lui, suo fondatore e capo, ha continuato e continua l'opera redentrice facendosi, in Gesù Cristo, via, verità e vita degli uomini.
Si fece «via» con l'esercizio delle eroiche
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virtù dei suoi Santi, e la morale evangelica, «verità» col difendere e propagare ed inculcare la fede cattolica, «vita» col dispensare i tesori della grazia meritata da Gesù Cristo con la Redenzione.
L'opera della Chiesa per la pratica della morale evangelica è meravigliosa, sia negli individui che nella società. Allorché irruppero i barbari, la Chiesa cominciò tosto a educarli, li mansuefece e li trasformò tanto da preparare l'età dei Comuni. Difatti è un Papa che porta la bandiera dei Comuni liberi: Alessandro III.
In seguito, la Chiesa dovette lottare contro l'assolutismo degli Imperatori; Gregorio VII, la vittima più illustre di questa lotta, morì in esilio, ma vinse morendo, come aveva fatto Gesù Cristo.
Altri abusi, altri scandali desolarono la Chiesa: gravissimi ad esempio i danni sociali della Rivoluzione francese, del socialismo e del liberalismo..., ma essa ne uscì sempre vittoriosa.
La Chiesa infine presentò alla società umana, con la soluzione cristiana, i veri rimedi naturali prima, e soprannaturali dopo, che Leone XIII,3 Pio X,4 Pio XI,5 inculcarono nelle loro encicliche.
Presentemente gli Stati più ordinati e più civili, quelli che dominano la civiltà contemporanea, si sono molto conformati ai principi di
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queste encicliche; principi che segnano la retta via. Se non li segue, il mondo si condanna da sé!
In ogni tempo poi la Chiesa fu altrice della santificazione della famiglia. Essa infatti inculcò sempre l'unità e l'indissolubilità del matrimonio, tutelò le nascite, difese l'innocenza e curò l'educazione della gioventù con l'istituzione di scuole e collegi.
Abolì la schiavitù che era la negazione della famiglia. Trasformò la società mediante un lavoro sempre faticoso e un cammino lento, ma costantemente progressivo.
Opera importantissima compì col trasformare il diritto romano (che fu il più forte, il più profondo, il più naturale ed umano), eliminando in esso le parti non conformi alla sana morale ed elaborò a poco a poco il diritto cristiano foggiato non più, come il romano, sull'autorità umana, sul diritto e sulla forza, ma sull'autorità di Dio, sulla religione e sulla fede. Splendida opera la canonizzazione dei Santi, la quale ogni volta è risveglio di giganteschi progressi morali.
La Chiesa, insomma, ebbe in ogni tempo le cure più assidue perché la società, la famiglia, gli individui, gli uomini fossero guidati da principi morali cristiani, perché fossero santificati.
In riguardo alla dottrina cattolica la Chiesa
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ha continuato e continua la missione illuminatrice del divin Maestro conservando pura la fede attraverso i secoli e diffondendola, presso i popoli cristiani, mediante l'insegnamento della dottrina cristiana, la predicazione, l'apostolato della stampa, le missioni...
Onde comprendere quale sia l'opera della Chiesa per conservare pura la fede, giova ricordare le lotte che essa dovette sostenere per adempiere questa divina missione: lavoro gigantesco durante il periodo delle grandi eresie dal III al VI secolo, e durante il periodo che si estende da Lutero e il Concilio di Trento, a Pio X, ai giorni nostri.
Abbiamo il Credo, del quale ciascuno articolo rappresenta una vittoria della Chiesa sull'eresia o sugli assalti degli avversari. Abbiamo venti Concili ecumenici fra i quali di primissima importanza il Concilio Tridentino poiché in esso furono definiti i dogmi principali negati dai protestanti, e fu compilato il Catechismo Romano per il Clero. Per ultimo il Concilio Vaticano [I], che consolò il mondo con il dogma della infallibilità pontificia.
Custode e maestra infallibile di verità, la Chiesa smascherò e condannò sempre e tutti gli errori di tutti i tempi. E quando per conservare pura la fede fu necessario tagliare via quei tralci seccati, gli innumerevoli eretici e scismatici
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sorti nei secoli, in seno ad essa, lo fece decisamente.
All'opera di conservazione della fede unì pure l'opera di divulgazione della medesima. Essa infatti lavorò costantemente in ogni tempo per far conoscere il Vangelo a tutti gli uomini.
San Pietro, San Paolo e gli Apostoli si divisero il mondo per l'evangelizzazione: furono i primi missionari.
Li seguirono in ogni tempo elette schiere di apostoli e missionari ferventi i quali fecero sempre capo a Roma, il centro della fede e delle missioni cattoliche.
E ciò la Chiesa fece non solo mediante la parola, ma anche con lo scritto. Si può osservare, al riguardo, l'opera degli Apostoli, dei Padri, dei Dottori e degli scrittori ecclesiastici, dei Papi, dei Santi, dei pastori più zelanti.
Si esamini anche solo l'opera del Migne. Che mole! Eppure egli avrebbe voluto raggiungere i duemila volumi. A quest'opera si uniscano tutti i trattati di teologia dogmatica, morale, ascetica, mistica, pastorale e tutti i libri di scienze sacre.
La Chiesa infine continuò e continua pure l'opera del divin Maestro «Vita» nel campo dei Sacramenti e del culto cattolico distribuendo alle
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anime la grazia ch'egli meritò con la Redenzione.
E ciò mediante tre grandi mezzi: i Sacramenti, i Sacramentali, fra cui principali sono le sacre funzioni, e la preghiera.
Quanto sia stata solerte la cura della Chiesa nel comunicare la vita della grazia alle anime, si può utilmente constatare dalla storia dei singoli Sacramenti, dei Sacramentali e della Preghiera liturgica. Essa mirò sempre ad inculcare nei fedeli una pietà completa che portasse ad amare Dio con tutta la mente, con tutta la volontà e con tutto il cuore.

La storia della Chiesa nelle sue conseguenze eterne

La Chiesa militante è per la Chiesa trionfante. Essa infatti costituisce il regno di Gesù Cristo il quale non ha fine: «Et regni eius non erit finis».6
La Chiesa perciò guida l'uomo al suo fine soprannaturale, la visione, il possesso, il gaudio beatifico di Dio, con mezzi soprannaturali: la fede che essa diffonde nel mondo; l'osservanza dei Comandamenti che inculca secondo l'insegnamento evangelico e la preghiera. Lo guida non come un individuo, ma come membro di un corpo mistico il cui capo è Gesù Cristo, perché
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il Padre Celeste ha stabilito di «instaurare omnia in Christo, quæ in cœlis et quæ in terra sunt!».7
Perciò, dopo il giudizio universale il divin Redentore, capo degli eletti, entrerà per primo in cielo, e tutti gli altri lo seguiranno. Vi sarà allora una moltitudine di beati che in Gesù Cristo vivranno nell'amore, vedranno Dio, lo possederanno e lo godranno eternamente.

Conclusioni pratiche

Gesù Cristo salvò il mondo mediante una triplice azione: dottrinale, morale, santificatrice. La Chiesa perpetua la triplice azione di Gesù Cristo, con l'insegnare, giudicare e santificare gli uomini, per guidarli all'ultimo loro fine. Perciò, narrare come Gesù Cristo fu maestro di verità, esempio di ogni perfezione, riparatore della vita nostra, significa scrivere la vita di Gesù Cristo. Narrare come la Chiesa insegnò la verità, come la Chiesa guidò a virtù, come la Chiesa comunicò la grazia di Gesù Cristo, significa scrivere la storia della Chiesa cattolica.
Sostanzialmente non sono due, ma un'unica storia: [quella di] Gesù Cristo che direttamente o per mezzo della Chiesa ripara le rovine del peccato
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originale e forma l'uomo nuovo: il cristiano. E Dio avrà la sua gloria, e l'uomo di buona volontà avrà la sua pace. La vita di Gesù Cristo, la Storia della Chiesa e la Storia Sacra, prima ancora (tre parti di un'unica Storia, meglio che tre storie), ci presentano tutta una serie di splendidi esempi da seguire, di verità da credere, di mezzi di grazia a cui partecipare.
Solidamente basato su questi principi, l'apostolo scrittore, nelle sue trattazioni di storia ecclesiastica, si attenga alle seguenti norme pratiche:
1. Eviti di giudicare e misurare la Chiesa secondo i principi naturali che reggono e giudicano la società umana e lo stato medesimo.
2. Mostri sempre la Chiesa come intenta a giudicare, guidare gli uomini all'eternità e preparata a richiedere tutto, anche il sacrificio della vita temporale, pur di conquistare il tesoro nascosto.
3. Nella Chiesa apprezzi, come primo e massimo bene, la grazia che ci rende figli adottivi di Dio e perciò eredi e coeredi di Gesù Cristo. La civiltà, la scienza, gli altri beni sono pure frutti della Chiesa, ma vengono in seconda linea; mentre il fine primario rimane sempre quello di Gesù Cristo stesso: «ut vitam habeant et abundantius habeant».8
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4. Consideri ogni periodo di storia ecclesiastica divisibile in tre parti in modo che la prima comprenda tutto ciò che riguarda la diffusione e lo stabilirsi della verità nel mondo; la seconda riassuma il lavoro di elevazione morale e santificazione degli uomini e la terza abbracci lo svolgersi della liturgia e della preghiera.
In ogni parte, poi, esamini due elementi: il divino e l'umano. Elemento divino della Chiesa che guida, sono la dottrina, la morale e la grazia. Elemento umano è la gerarchia che presiede e il popolo che impara e segue.
Da una parte quindi lo sforzo della Chiesa per insegnare, santificare e salvare, dall'altra la fatica degli uomini per corrispondere: Dio che viene incontro all'uomo e l'uomo che va incontro a Dio, nelle varie epoche, nei vari periodi, ci danno quella che noi chiamiamo Storia ecclesiastica nel suo vero senso: la continuazione nei secoli della vita di Gesù Cristo.
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CAPO IX
LA SANTISSIMA VERGINE

L'apostolo scrittore deve prestarsi a trattare qualunque argomento, deve dare il suo aiuto a qualunque opera che riesca a maggior gloria di Dio e al maggior vantaggio delle anime. Tuttavia ciò non toglie ch'egli, per inclinazione naturale o per la sua particolare preparazione, si senta attirato verso un'attività specifica.
C'è, ad esempio, chi ha un'attrattiva speciale per i bambini e gode nel dedicarsi ad essi. Un'anima invece che viva un'intensa vita interiore, si anima e tratta in modo mirabile gli argomenti che riguardano l'unione con Dio. Altri sono più disposti a trattare argomenti teologici, filosofici, sociali...
Vi sono tuttavia argomenti che devono interessare
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tutti, che riguardano tutti: argomenti consolanti e piacevoli che toccano le più intime aspirazioni dell'animo umano.
Tra questi, luogo principalissimo tiene quello che si propone di divulgare la divozione alla Ss. Vergine, divozione vera che porta le anime ad ammirarla, imitarla, e renderle il culto dovuto.

Fede in Maria Ss.

Si fonda ed ha origine sulla conoscenza della dignità di Madre di Dio e sulle conseguenze che ne derivano, oggetto della teologia mariana.
Questo tema, nel suo complesso e nelle sue parti, ha già dato origine ad un numero sterminato di libri e lascia sempre posto per nuovi. All'apostolo spetta divulgare, sostenere quanto già esiste, approfittare di tutte le occasioni per far conoscere questa nostra tenera madre.
La materia è amplissima, si presta alle trattazioni più varie, corrisponde ai bisogni ed alle esigenze di tutti.
Quante e quali cose, infatti, non si possono dire in riguardo alla Madonna considerata nella rivelazione, nella tradizione, nella vita terrena, nella dottrina, nel culto, nella liturgia, nelle devozioni, nei santuari, nelle sue apparizioni?
Tuttavia, fra le verità mariane, interessano
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tutti ed impressionano grandemente gli animi quelle che illustrano i suoi uffici in riguardo a Dio, alla creazione degli uomini, a ciascun'anima in particolare.
In riguardo a Dio: i suoi vincoli di parentela con la Ss. Trinità e cioè: Figlia prediletta del Padre, a lui associata nell'opera dell'Incarnazione; Madre del Figlio, sua collaboratrice nell'opera della Redenzione; tempio vivo, santuario privilegiato, la Sposa dello Spirito Santo.
In riguardo alla Creazione: che è con Gesù Cristo sua causa finale e formale.
In riguardo alla Redenzione: è corredentrice degli uomini perché madre di Gesù Cristo Redentore, il quale, per divina costituzione, sta a capo dell'umanità rigenerata.1
In riguardo ad ogni anima in particolare: causa meritoria ed esemplare, sebbene secondaria, della vita del cristiano e causa distributrice della grazia.

Imitazione di Maria Ss.

L'ammirazione della Ss. Vergine, frutto della conoscenza particolare dei suoi privilegi, deve portare all'omaggio più delicato che le si possa prestare: l'imitazione.
All'idea delle altezze divine della perfezione di Gesù Cristo, tante anime si possono spaventare.
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Ma, come avviene della luce attraverso un prisma, la santità del Verbo Eterno, incarnandosi nei Santi, si è quasi decomposta2 lasciandosi più facilmente analizzare e più efficacemente assorbire.
Ora, poiché tra i Santi la Vergine Ss. occupa il primo posto, ella è, dopo Gesù, il più bel modello che si possa imitare. Lo Spirito Santo, che in virtù dei meriti di Gesù Cristo viveva in lei, ne fece una copia vivente del divin Figlio.
Accostarsi a Maria è accostarsi a Gesù.
Convinto di questa grande e consolante verità, l'apostolo la comunichi alle anime e le inciti a sempre meglio studiare, meditare e sforzarsi per imitare le virtù e gli esempi di questa nostra Madre celeste. La santità di Maria è immensamente superiore a quella degli altri Santi e degli stessi Angeli del cielo, e ciò - secondo l'espressione di Elgeberto Abate - per generalità di grazie, per singolarità di privilegi, per dignità di preminenza.
«Gli altri Santi - dice San Tommaso - hanno primeggiato in qualche virtù particolare. Ma la Vergine benedetta primeggia in tutte le virtù e ci è modello in ciascuna di esse. Ella quindi è il modello di tutte le età e di tutte le condizioni e in modo particolare alle vergini consacrate a Dio».
Il Vangelo presenta saggi delle mirabili
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virtù di Maria. Sono cenni brevi, guizzi simili a lampi che illuminano solo qualche aspetto della Vergine e lasciano indovinare la grandiosità degli aspetti velati.
L'apostolo sappia a tempo e luogo levare il lembo che cela al nostro sguardo la vita intima della Vergine Santa e faccia risaltare come essa sia semplice, ordinata, invidiabile agli stessi Angeli. Vita che si riassume in quello che dovrebbe essere l'ideale di ogni cristiano: Tutto per Gesù, tutto con Gesù, tutto in Gesù.
Riuscirà in tal modo facile comprendere l'essenza della devozione a Maria, ossia andare a Gesù per Maria, «ad Jesum per Mariam».

Preghiere e culto a Maria Ss.

All'ammirazione ed all'imitazione di Maria Ss. non va disgiunto il culto. Culto non superstizioso e strano, ma culto giusto e santo quale lo vuole la santa madre Chiesa. Culto interno ed esterno, privato e pubblico, che porti alla venerazione profonda, alla confidenza assoluta e all'amore filiale. Venerazione che si fonda sulla sua dignità di Madre di Dio e sulle conseguenze che ne derivano. Che porta quindi non ad eguagliarla a Dio e farne la sorgente della grazia, ma a glorificare in lei Dio per i privilegi di cui l'ha arricchita, e l'ufficio di dispensatrice di tutte
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le grazie. Quale venerazione infatti non è da rendersi a Colei che il Verbo Incarnato riverisce come Madre, che il Padre amorosamente contempla come Figlia prediletta, che lo Spirito Santo riguarda come tempio di predilezione!
Confidenza incrollabile ed universale fondata sulla potenza e sulla bontà di Maria Ss. Potenza che non viene da lei, ma dal suo potere di intercessione: Dio non vuol rifiutare nulla di legittimo a Colei che venera ed ama più di tutte le creature. Bontà di madre che riversa su di noi, membri del Corpo mistico di Gesù Cristo, l'affetto che porta al Capo, suo divin Figlio: d'una madre che ci ha generati tra gli spasimi, che le ha costato l'ufficio di corredentrice.
Amore di compiacenza che gioisce delle grandezze, delle virtù e dei privilegi di Maria; di benevolenza che brama, prega ed agisce perché la devozione della Vergine santa s'impossessi ed infiammi tutti i cuori. Amore di gratitudine per i benefici che ci elargisce. Amore di conformità che si sforza di conformare in ogni cosa la propria volontà a quella di Maria e di conseguenza a quella di Dio.
Il culto a Maria presenta una materia di vastità enciclopedica sia che si consideri:
- in sé: sua legittimità, natura ed atti essenziali, frutti e necessità;
- nelle sue manifestazioni liturgiche: tempi
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sacri a Maria, preghiere e lodi in onore di lei;
- nel suo graduale sviluppo attraverso i secoli, quale ci è attestato dalla letteratura e dall'arte;
- nelle divozioni particolari a Maria: divozioni numerose e svariate, che hanno per oggetto delle prerogative o delle rivelazioni speciali di Maria e, pur non essendo imposte dalla Chiesa, ma lasciate alla libera elezione dei fedeli, sono dalla Chiesa approvate e governate. Di esse alcune si fondano sulla misericordia di Maria (la Madonna del Perpetuo Soccorso, la divozione a Maria Ausiliatrice, a Maria Madre della Provvidenza, alla Madonna del Buon Consiglio, a Maria Consolatrice, alla Regina degli Apostoli, la pratica delle tre Ave Maria). Altre l'onorano specialmente nei suoi rapporti con Gesù Redentore (la divozione a nostra Signora del S. Cuore di Gesù, la Madonna del Ss. Sacramento).
Altre ancora esaltano Maria, soprattutto in quanto è mediatrice di tutte le grazie (la divozione al Cuore Immacolato di Maria, la divozione a Maria Regina dei Cuori, ossia della santa schiavitù d'amore).
A tutte queste sono da aggiungersi le moderne forme di culto all'Immacolata Concezione (la medaglia miracolosa, l'Immacolata di Lourdes) e le divozioni a ciò che porta le impronte di Maria (la devozione allo scapolare di Maria, pellegrinaggi in onore di Maria).
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Quanto alle devozioni vi sono: le pie associazioni in onore di Maria (la Congregazione mariana per i giovani, le Figlie di Maria); i Congressi mariani nazionali e internazionali.
Non si tratta certo di argomenti che interessano tutti e in tutti i tempi. L'apostolo sappia scegliere a tempo e a luogo e approfitti di tutte le occasioni per inculcare sempre e dovunque l'ammirazione, la imitazione e il culto alla Vergine santa, facendo sua la frase di San Bernardo: «De Maria nunquam satis».3
Particolare cura e predilezione abbia per i peccatori e affidi la loro causa alla Regina delle misericordie.
Tra i molti atti di divozione alla Vergine Santa dia posto a quello che li contiene tutti: l'atto di consacrazione totale a Maria, quale è esposto dal Beato Grignion de Montfort.
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CAPO X
SACRA TEOLOGIA

Dopo la Sacra Scrittura e la Tradizione, la Teologia è la scienza che spetta maggiormente all'apostolo scrittore, il quale deve conoscerne la necessità per il clero, l'utilità per i fedeli e seguire alcune norme pratiche nell'esporla alle anime.

Necessità per i Pastori

Lo studio della sacra Teologia è essenziale nella formazione dei pastori di anime. Lo dimostra l'esempio di Gesù Cristo che volle preparare egli stesso gli Apostoli alla loro missione; lo dichiara San Paolo che tra le doti pastorali enumera anche la scienza; lo dimostrano l'insegnamento e la pratica della Chiesa; lo richiedono
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la dignità del Pastore e i bisogni spirituali delle anime.
Non si può concepire un vero pastore d'anime che non unisca ad una condotta esemplare la scienza, e specialmente la scienza teologica. Solo a questa condizione il suo ministero dottrinale potrà essere fruttuoso ed egli sarà pari alla sua missione di maestro della dottrina rivelata e di giudice delle coscienze innanzi a Dio. Il popolo attinge le sue nozioni dogmatiche e morali e impara la norma del suo retto vivere dalle labbra del sacerdote: «Labia enim sacerdotis custodient scientiam, et legem requirent ex ore eius».1 Lo studio quindi della sacra teologia deve essere per il pastore d'anime come il suo pane quotidiano.
Studio della Teologia dogmatica, che lo porti alla precisione di dottrina nella sacra predicazione, e - per regola generale - non a confutazioni di errori antichi, ma a fronteggiare i bisogni dei tempi e delle anime affidate alla sua cura. Studio della morale, che gli faccia conoscere il cuore umano, imparare i mezzi di curarne le piaghe e guidarlo alla perfezione per la via ordinaria o per quella della mistica cristiana.
Studio, infine, che guidi il pastore d'anime a fare di se stesso un esemplare di cristiana pietà, secondo l'ammonimento che l'Apostolo delle
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genti rivolgeva a Timoteo: «Attende tibi et doctrinæ: insta in illis. Hoc enim faciens, et teipsum salvum facies, et eos qui te audiunt».2

L'utilità per i fedeli

La Teologia è la prima scienza, la più necessaria perché ordinata al conseguimento della vita eterna. Infatti: «Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio».3
È scienza che nobilita perché eleva la mente alla fede, che è fondamento e radice di tutta la giustizia, senza la quale è impossibile piacere a Dio e pervenire al consorzio dei suoi fedeli; essa è fonte perenne di forza e di conforto; aurora e pregustazione della visione beatifica. «E la vita eterna è questa: che conoscano te, solo vero Dio, e colui che hai mandato sulla terra, Gesù Cristo».4 Ci fa scrutare, fin dal presente, le profondità di Dio e ci fa conoscere, sia pure in modo velato, Dio uno e trino e Colui che ha mandato sulla terra, Gesù Cristo.
La Teologia ancora insegna a vivere secondo Dio. Appariranno allora chiare le parole di San Paolo: «Imitatores mei estote, sicut et ego Christi».5
Infine essa insegna a vivere della vita divina
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mediante la partecipazione della grazia, finché si possa ripetere con l'Apostolo delle genti: «Vivo autem, iam non ego: vivit vero in me Christus».6
La conoscenza della Teologia per i fedeli è utile, anzi può dirsi necessaria, particolarmente ai nostri giorni nei quali si ignora da molti la scienza divina che illumina, fortifica e salva. Oggi in special modo è necessario approfondire la sentenza evangelica: «Che giova mai all'uomo guadagnare tutto il mondo, se poi perde l'anima?».7

Norme pratiche

Non vi è pieno accordo sul modo di presentare la scienza teologica. Si notano due tendenze diverse, delle quali la prima preferisce unificare, compendiare, dar tutto in breve e la seconda invece tende a dividere e a suddividere. Sono buone entrambe. La scelta dell'una o dell'altra dipende dal fine che si propone chi scrive e dalla categoria di persone alle quali si rivolge.
Segue la seconda chi, specializzato nella materia, si rivolge ai dotti e a coloro che, trovandosi nell'errore, ricercano la verità.
Rivolgendosi al popolo (e questa è la missione principale dell'apostolo della stampa), si evitino le dispute e la critica; si proponga sempre
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la verità chiara, come viene insegnata dalla Chiesa, e la si dia interamente. Non si cerchi solo di illuminare la mente dei lettori, ma anche di fortificare la loro volontà e avvicinarli alle fonti della grazia.
Trattando, ad esempio, la dogmatica, si dimostrerà che è necessario aderire ai dogmi proposti dalla Chiesa e che per giungere a questo è indispensabile l'aiuto della grazia che si ottiene mediante i sacramenti e la preghiera. Trattando la morale si dimostrerà che è necessario mettersi nelle condizioni necessarie per fuggire il male e praticare il bene. Altrettanto si dica per le altre parti della teologia.
La lingua da preferirsi è la latina se i lettori la conoscono, ma scrivendo per il popolo si usa la lingua volgare. È utile giovarsi di buone illustrazioni.
La Teologia poi si mostri sempre nelle sue fonti: S. Scrittura e Tradizione, come ce la dà la Chiesa cattolica. Non manchi all'occorrenza l'illustrazione, la prova di ragione e di convenienza, specialmente quando il lettore lo richiede.
Particolarmente l'apostolo può scrivere di Teologia con spiegazioni di catechismo, con trattati di dogmatica, ascetica, mistica e pastorale, con articoli, libri di cultura e con altri mezzi suggeriti dalle circostanze.
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CAPO XI
ASCETICA E MISTICA

Riguardo alla teoria e alla pratica della Teologia ascetica e mistica, l'apostolo della stampa può trovarsi di fronte a quattro grandi categorie di persone: avversari, ignoranti, indifferenti e anime assetate di vita interiore.
Contro gli avversari dovrà compiere opera di difesa. Presso gli ignoranti e indifferenti opera di illuminazione e di incoraggiamento. Per le anime ferventi opera di guida pratica.

Opera di difesa

Anche ai nostri tempi nei quali vi sono, in ogni condizione, anime assetate di raccoglimento, di preghiera, di vita intima, accade di trovare
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forme di pensiero e di vita che sono in antitesi con l'ascetismo cristiano.
Spesso si ha una falsa concezione di tale ascetismo; una pagana concezione delle energie e dei godimenti materiali, a scapito dei valori superiori dello spirito e dei ben più nobili e intensi godimenti che essi ci offrono. Concezioni che s'insinuano specialmente nella gioventù e creano una mentalità pagana che sembra benefica esaltazione della vita, ma che in realtà la deturpa, quando non è foriera di rovine e di morte.
Sorgono allora accuse contro il principio ascetico-mistico cristiano e i suoi più insigni modelli, i santi. La spiritualità, si dice, è un'ipocrisia, rinnega la vita, rende malinconici, sciupa la salute, violenta la natura, danneggia lo Stato, distrugge la Società...
A queste e a simili obiezioni, che sono talora vere accuse, è necessario rispondere con argomenti validi ed energici che, pur variando con le circostanze, devono sempre esporre e difendere la dottrina e la pratica della spiritualità cristiana.
La ragione, poggiata alla filosofia, alla scienza, illuminata dall'esperienza e in modo particolare dalla fede, suggerirà a tempo e a luogo argomenti validi e persuasivi.
Si può, del resto, rispondere a gran parte
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delle accuse e delle obiezioni ampliando e ribadendo, secondo le necessità, i seguenti principi cattolici: «L'ascetismo cristiano, praticato secondo le proprie condizioni di vita e liberamente esercitato per ottenere il dominio di sé e il retto uso dei beni materiali, potenzia mirabilmente la stirpe ed è fonte di ineffabile soddisfazione per l'individuo, di benessere per le famiglie, di prosperità per le nazioni. Esso è frutto di un sentimento religioso ben radicato nell'anima, che diffonde un senso sacro della vita, e induce al rispetto del corpo, considerato nel nobilissimo riflesso di strumento dell'anima, capolavoro della natura organica vivente, tempio di Dio, che nell'uomo giusto e onesto inabita con la grazia.
«Da tal sentimento nasce quel senso di pudore che non è affatto un'ipocrisia, una superstruttura artificiosa e convenzionale, ma una salda difesa contro le seduzioni del male, il bell'ornamento della persona, così com'è spontanea e necessaria manifestazione dell'uomo moralmente sano, che lotta per ottenere in sé il primato dello spirito sulla materia».1

Opera illuminativa e di incoraggiamento

Più numerosi degli avversari e dei critici, sono gli ignoranti e gl'indifferenti.
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Naturalmente, non basta la pura scienza spirituale per farsi santi. È infatti possibile trovare delle anime elevate ai più alti gradi della perfezione, che non hanno mai letto il più elementare trattato di ascetica, come si possono dare, assolutamente parlando, delle anime perverse che pure posseggono una scienza ascetica e mistica eminente. La storia ce ne dà un esempio in un Michele Molinos2 e in una Madama de Guyon.3
Si tratta di eccezioni, poiché l'esperienza insegna che, in via ordinaria, tante anime non si slanciano nella via della perfezione perché non la conoscono o perché ne sono trattenute da falsi pregiudizi.
Anime che, poggiandosi sopra la verità che afferma essere sufficiente morire in stato di grazia per salvarsi, non si preoccupano di altro che di evitare il peccato mortale.
Anime - e sono la maggioranza - che rifuggono da qualsiasi generoso tentativo di perfezione, perché lo considerano come un privilegio di pochi.
Anime, anche religiose e sacerdotali, che, pur convinte della nobiltà della vita interiore, non si sentono il coraggio di abbracciarla perché la considerano come un giogo che toglie loro la libertà e la felicità.
Anime, infine, che dopo essersi slanciate per la via della santità con eroico entusiasmo, si
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sono poi ritratte, mormorando deluse e sconfitte: Impossibile! Bisogna andar contro corrente... Si rimane abbandonati da Dio e dagli uomini... Si è sempre da capo...
In questi e simili casi si tratta di illuminare e incoraggiare le anime con argomenti validi e convincenti, suggeriti dalle circostanze, da un'ampia esperienza e competenza.
Basandosi sull'autorità e sulla ragione illuminata dalla fede, si dimostra che nello stato di natura decaduta non si può restare a lungo in grazia e ottenere la perseveranza finale senza sforzarsi di progredire nella vita spirituale e di praticare in un certo grado, almeno, alcuni dei Consigli evangelici. La pratica della vita interiore impone sacrifici che diventano a poco a poco piacevoli: «Il mio giogo è soave e leggero il mio carico»,4 ha detto il divin Maestro. E questo sacro giogo rende liberi dalle preoccupazioni mondane, allontana in molti casi i dolori più gravi della vita (le angosce del dubbio, i rimorsi, le desolazioni...), addolcisce e avvalora i dolori affatto indipendenti dalla fede e dalla coscienza di ognuno.
Si dimostra soprattutto «ch'essa permette, anzi intensifica elevandole, tutte le gioie lecite (come la contemplazione della natura, il gaudio delle scienze, le dolcezze profonde ed estasianti dell'arte,
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l'assaporamento dei doni e dei frutti svariatissimi della terra, le gioie familiari, i diletti che provengono dai sani divertimenti, ecc.); che dà di suo tutto un tesoro di gioie purissime e ineffabili, frutto del servizio e del possesso di Dio».5

Opera di guida

Vi sono, infine, non poche anime che desiderano sinceramente la vita interiore e si sforzano di praticarla, ma che spesso si arenano nello scoraggiamento, si smarriscono, deviano in un vago e incosciente sentimentalismo. Anime, favorite da Dio di doni e di grazie eccezionali, che se non si perdono in una mediocrità, hanno con Dio delle relazioni inferiori a quelle che potrebbero avere.
L'apostolo, al quale spetta non solo di cercare la riabilitazione e preservazione delle anime, ma anche di guidarle alla perfezione, proponga la teoria e la pratica della vita spirituale attraverso le tre vie: purgativa, illuminativa e unitiva.
Si rivolga in questa sua opera, non solo agli individui, alle collettività, ai fedeli in genere o in specie, ma anche e particolarmente alle anime religiose e sacerdotali come a persone
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che hanno obbligo particolare di tendere alla perfezione.
I religiosi vi sono tenuti in virtù del loro stato: il loro obbligo si fonda sui tre voti e sulle costituzioni del proprio Istituto.
I sacerdoti vi sono tenuti in virtù del ministero e della missione che loro incombe di santificare le anime.
Risulta infatti da tutti i documenti di autorità e di ragione che il sacerdote deve, prima dell'ordinazione, avere acquistato un certo grado di santità e che, diventato sacerdote, deve continuare a progredire verso una perfezione sempre maggiore.

Norme pratiche

L'apostolo, prima di accingersi a toccare un argomento ascetico o mistico, deve essere convenientemente preparato intellettualmente e moralmente.
Intellettualmente: far precedere uno studio completo, serio e profondo di teologia ascetica e mistica, delle sue fonti e dei suoi fondamenti (teologia dogmatica e morale).
Moralmente: essere egli stesso fornito di non ordinaria perfezione; avere un'accurata esperienza del cuore umano e delle svariatissime e mirabili operazioni esercitate sopra di esso dall'influsso
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soprannaturale della grazia. Deve possedere un cuore retto, molta prudenza e quella discrezione illuminata senza la quale rischierebbe di compiere opere non solo vane, ma anche gravemente pericolose.6 Accintosi poi all'opera non disorienti se stesso e le anime, perdendosi in questioni vane e in sbandamenti pericolosi che sviano da ciò che è l'essenza della perfezione. Si attenga sempre alla dottrina comune della Chiesa e attinga i suoi argomenti da fonti sicure: la S. Scrittura, la Tradizione e la ragione illuminata dalla fede e dall'esperienza. Nella S. Scrittura non troverà certo una sintesi della dottrina spirituale, ma ricchi documenti sparsi qua e là sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento, sotto forma di dottrine, di precetti, di consigli, di preghiere e di esempi.
La Tradizione, che si manifesta col magistero solenne e ordinario della Chiesa, sarà per l'apostolo della stampa come un complemento della S. Scrittura in quanto la interpreta in modo autentico e presenta verità che in essa non sono contenute.
La ragione, guidata e perfezionata dal lume della fede, gli gioverà a coordinare i dati della S. Scrittura e della Tradizione, a mostrare come la spiritualità è stata storicamente vissuta
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dai santi, ad applicare i principi e le regole generali alle persone in particolare, tenendo conto del temperamento, del carattere, dell'età e del sesso, della posizione sociale, dei doveri dello stato come anche delle attrattive soprannaturali della grazia, badando pure alle regole sul discernimento degli spiriti.
L'apostolo miri a perfezionare non solo una delle facoltà umane, ma tutto l'uomo qual è, cioè dotato dell'intelletto, volontà e sentimento, esponendogli contemporaneamente la verità da credersi, la via da seguirsi e il modo di ottenere da Dio la grazia di credere e di operare secondo la propria vocazione.
La vita spirituale non è metodo, e perciò istruisca ed educhi alla sveltezza della docilità allo Spirito Santo. Ma la vita spirituale non è disordine e perciò spieghi che un buon metodo, ben conosciuto, applicato a tempo, porta alla maturità, e da questa alla perfezione e all'unione perfetta con Dio.
Tenga poi sempre presente questo punto fondamentale: la perfezione cristiana è vivere in Gesù Cristo, e che la nostra incorporazione in lui è fondamento e radice della imitazione di Gesù Cristo, delle ascesi7 spirituali verso di lui e della vita di unione con lui.
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CAPO XII
LITURGIA

L'arte e la scienza liturgica, che presenta sempre, nel complesso e nelle sue parti, un ricco tesoro di cultura religiosa, un pascolo salutare di insegnamenti morali, una ricca e copiosa fonte di grazia, può essere in mano dell'apostolo un mezzo potentissimo per collaborare alla gloria di Dio e alla santificazione delle anime. E sarà veramente tale se egli in tutte le singole iniziative liturgiche si proporrà di divulgare la conoscenza, l'amore della Liturgia e la pratica della vita liturgica, secondo gl'insegnamenti e le direttive della santa Chiesa.

Conoscenza della Liturgia

Nei primordi del cristianesimo, nei quali, mentre i crudeli imperatori romani tentavano
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di soffocare nel sangue la Chiesa nascente e per vari motivi era necessaria la disciplina dell'arcano, assai ridotta fu la letteratura liturgica. Non c'era del resto molto bisogno di spiegare al popolo la Liturgia, perché esso ne capiva la lingua, le funzioni erano compiute con svolgimento loro naturale e si viveva come a contatto diretto e familiare con Dio. Tuttavia si istruivano con grande cura i neofiti circa le cerimonie della Messa e i principali Sacramenti.
Dopo che l'imperatore Costantino ebbe data la libertà alla Chiesa, la Liturgia entrò in una fase di progressivo sviluppo. Il cerimoniale del culto divenne più complesso. Fu allora necessario dare spiegazioni più approfondite e regole particolari sui riti liturgici. Fu così che sorsero i primi libri liturgici.
Più tardi, la generale decadenza letteraria si fece sentire anche nella Liturgia, e la lingua liturgica fu incompresa dalle nuove generazioni. Si ebbe un succedersi d'interpretazioni, soppressioni, semplificazioni e riforme, finché gli errori del secolo XVIII1 tentarono di corrompere le cognizioni liturgiche e di allontanare gli animi dei fedeli dagli atti solenni del culto.
Ma i Papi nulla trascurarono per mantenere salde le basi della sacra Liturgia. Sotto i loro auspici vi fu, verso la metà del secolo XIX, un grande risveglio prodotto da opere
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che miravano soprattutto a mettere in rilievo la bellezza intima del culto.
Si ebbe tosto grande interesse per la Liturgia e vivo desiderio della sua valutazione storica. Si moltiplicarono le ricerche del materiale manoscritto e degli antichi libri liturgici pubblicati o isolati o in collezioni. Primeggiarono in questo lavoro gli ordini religiosi, società scientifiche e singoli studiosi. Si distinsero in modo tutto particolare i Benedettini.
Sui primi albori del secolo XX ebbe poi inizio l'attuale movimento di apostolato liturgico.
Il primo e più potente impulso lo diede il Pontefice Pio X che, col motto «restaurare ogni cosa in Cristo», intendeva principalmente di portare i cattolici ad una comprensione profonda della divina bellezza ed eccellenza degli augusti riti del culto cattolico.
Primo atto del suo Pontificato fu il «Motu proprio» sul canto sacro2 - l'espressione [melodica e musicale] della Liturgia - con la relativa istruzione. Più tardi intraprese altre riforme, tutte indirizzate alla restaurazione liturgica.
Benedetto XV e Pio XI diedero nuovo impulso a questo movimento di restaurazione.
I richiami dei Pontefici trovarono piena adesione in molti Vescovi, Istituti religiosi, nella stampa, ecc. ed una viva partecipazione nel popolo. Si ebbe una fioritura di pubblicazioni, riviste,
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giornali. Le Settimane liturgiche si moltiplicarono fino a diventare uno tra gli elementi più sensibili della rinnovazione cristiana.
I risultati di tal movimento sono ottimi e in via di grande progresso.
Resta però ancora un campo aperto a moltissime attività, sia per i ministri, gli organi ufficiali del culto divino, che per il popolo.
Molti, fra i ministri, riducono ancora lo studio della Liturgia alla parte puramente meccanica e decorativa del culto.
Un vero studio della Liturgia fa precedere alla parte pratica quella scientifica e si basa sul metodo storico-esegetico. La pratica è necessaria, senza dubbio, ma è solo una parte. La scientifica, mediante uno studio metodico, darà la conoscenza razionale, la comprensione degli atti del culto.
Il metodo storico-esegetico è il più completo.
Lo storico, procedendo sulle linee dello svolgimento, dimostrerà che la Liturgia è una vera scienza teologica autonoma, con oggetto suo proprio, il culto stabilito, reso a Dio dalla Chiesa per Gesù Cristo.
L'esegetico darà il significato dei riti, delle cerimonie e delle formule, quale è insito nella loro natura intrinseca, nella loro origine o istituzione, ossia il simbolismo vero e scientifico
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che non è soggettivo o idealistico, ma oggettivo e storico.
Il clero, approfondito in questo modo nella scienza liturgica, potrà a sua volta istruire il popolo. E quanto il popolo necessiti di istruzione religiosa è facile conoscerlo.
Per quanti la Liturgia è diventata un libro chiuso! Anche all'infuori di quelli che la combattono perché non ammettono il culto sociale collettivo, vi sono molti cristiani che non sanno che cosa essa sia. A questi se ne aggiungono altri, i più, che, pur non trovando nuova la parola «Liturgia», ne ignorano il vasto e profondo significato, giudicandola cosa di secondaria importanza, che può interessare tutt'al più i chierici e i sacerdoti novelli.
È dunque evidente la necessità dell'istruzione, e di quell'istruzione che non si limita ad un'élite che restringe il suo raggio d'azione all'ambito delle associazioni cattoliche o delle confraternite pie.
La Liturgia, universale come il Vangelo, di cui è un commento e applicazione fedele, deve estendere la sua azione benefica su tutto il popolo ed avere il campo di attuazione più vicino al popolo: la Parrocchia.
Tutti i cristiani, anzi tutti gli uomini, come figli di Dio e membri della società umana, hanno il diritto e il dovere di conoscere il culto,
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prima nella parte determinata cui immediatamente partecipano, poi in tutto il sistema del culto, nel suo concetto di unità e di organicità.

Amore alla Liturgia

Le verità religiose, per ottenere l'adesione della volontà, devono prima riscuotere l'assenso dell'intelletto e l'entusiasmo del sentimento.
È noto infatti come molti, convinti delle verità evangeliche fino al punto da non potersi sottrarre al fascino della dottrina che vi s'annunzia, vivono tuttavia nell'indifferenza, se non anche nella colpa. Per la Liturgia può accadere altrettanto se non si unirà alla conoscenza di essa un vivo amore.
L'amore alla Liturgia sgorga da un'intrinseca conoscenza e da un'intima penetrazione di essa. Ma un amore di tal fatta è possibile solo a coloro che hanno il dovere e la possibilità di compiere studi particolari sulla scienza liturgica.
In via ordinaria, invece, non solo il popolo, ma anche il clero e gli studiosi hanno bisogno di far precedere allo studio intrinseco della Liturgia, quello estrinseco; alla illustrazione delle sue singole parti devono anteporre l'idea d'insieme e l'intimo legame che unisce la verità teorica e la perfezione morale; di penetrare
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la necessità, la grandezza, la bellezza, la bontà dell'oggetto della Liturgia e i suoi effetti.
Praticamente hanno efficacia particolare sugli animi la spiegazione degli atti di culto e la partecipazione del popolo alle funzioni.
La spiegazione degli atti di culto porta all'intelligenza ed alla comprensione del valore intrinseco del rito e della formula.
La partecipazione deve interessare non soltanto il clero, al quale spetta di compiere gli atti riservati al potere sacerdotale, ma anche i laici a nome, vantaggio e unione dei quali il sacerdote esercita le altissime funzioni proprie del suo ministero. Non deve ridursi ad un vano formalismo, né ad una semplice ricerca dei mezzi esteriori, di usanze arcaiche o di elementi estetici, ma deve essere intelligente, viva e affettuosa.
In tal modo la Liturgia «svelerà verità profonde, meravigliose, armonie ignote, aprirà vasti orizzonti, solleverà gli animi in un'atmosfera di bellezza e di godimento spirituale, e ognuno potrà constatare ch'essa risponde ai bisogni più sentiti e alle aspirazioni più nobili del cuore umano».

Vivere la Liturgia

Nella Liturgia non è da ricercarsi la soddisfazione scientifica o poetica. Certo, anche la
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scienza e l'arte onorano e devono onorare Dio, ma per sé non costituiscono la Liturgia. Essa è qualche cosa di vivo e di vivificante, qualche cosa di santo e di santificante. È in un certo senso la consumazione stessa di Gesù Cristo per cui egli continua ad essere nella sua Chiesa il Maestro, il Sacrificatore e la Vittima, il Santificatore: Via, Verità e Vita agli uomini.
La Liturgia è dunque parola di Dio, scuola di santità, sorgente di grazia.3

Parola di Dio. L'insegnamento della Chiesa fu, per lo più, inquadrato nella Liturgia. «Erant autem perseverantes in doctrina Apostolorum et communicatione fractionis panis et orationibus»,4 è detto dei primi cristiani. E in queste parole troviamo una specie di trinomio eminentemente comprensivo di ogni riunione liturgica.
Uno dei termini del trinomio è «Doctrina». Come i Santi Padri continuarono ad istruire i fedeli, così continua a fare la Chiesa nella sua Liturgia.
E quale miniera di parola di Dio nei libri liturgici! È ben misera cosa, in confronto, tutta quella colluvie di libri di varia natura che invade ogni giorno il mercato librario!
Nel Breviario, nel Messale, nel Rituale e
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in tutti gli altri libri liturgici vi è un tesoro magnifico di parola di Dio.
Parola ispirata della Scrittura che nelle pagine del Vecchio Testamento ci presenta il Cristo nelle sue figure e nel Nuovo ce lo presenta in persona. Parola di Dio, uscita dalla bocca dei suoi santi e dei suoi dottori; parola di Dio attuata nelle vite dei santi e dei martiri, che non sono altro che il Cristo prolungato nel suo Corpo Mistico. E, per ultimo, parola, anzi pensiero stesso della Chiesa, che affiora in tutte le formule di preghiere e negli stessi riti e cerimonie che hanno il linguaggio silenziosamente eloquente, spesso più eloquente delle stesse parole.

Scuola di santità. La santità implica nel suo concetto una separazione e una dedizione stabile: separazione da tutto ciò che è contro Dio o semplicemente estraneo a Dio; dedizione stabile di se stessi a Dio e alle cose di Dio, che si esplica in una continua e crescente attività ordinata alla glorificazione di Dio e alla propria santificazione.
Orbene, il sacerdozio di Cristo attuato perennemente nella Liturgia secondo le esigenze dei luoghi, dei tempi, delle persone e delle circostanze, è eminentemente modello di separazione e di dedizione.
Questa scuola di separazione e di dedizione
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appare da tutta la Liturgia e dalle sue singole parti, perché tutti i suoi sforzi mirano a sviluppare nelle anime la vita di Cristo. Egli infatti, come durante la sua vita terrena spandeva sui discepoli gli splendori del suo ideale e li conduceva nella via della santità, così lungo il corso dei secoli attira misticamente i cristiani sui suoi passi mediante la Liturgia.

Sorgente di grazia. La Liturgia non solo contiene il dogma nelle sue manifestazioni più minute, non solo insegna la via della santità, ma ne è la sorgente. Mediante la Liturgia, la Chiesa dispone dei meriti infiniti del suo Capo, Gesù Cristo, non soltanto per rendere a Dio la gloria che gli è dovuta, ma anche per conferire agli uomini la salvezza. Così mentre essa ispira negli animi lo spirito di religione, il bisogno di gridare a Dio, per mezzo di Gesù Cristo, unitamente alla Chiesa e alla natura tutta, la propria ammirazione e dipendenza, comunica pure la vita divina, la sua santità, di cui essa è fonte.
Fonte di santità è la Messa, nella quale Gesù ripete: «pro eis sanctifico meipsum ut sint et ipsi sanctificati in veritate... ut sint consummati in unum».5 Fonte, strumento quasi fisico di santità sono i Sacramenti, azioni di
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Gesù Cristo che ricevono efficacia dalla S. Messa, ci liberano dalla morte dell'anima e ci danno la vita di essa. Comunicazione della bontà di Dio sono pure i Sacramentali, sorgente anch'essi, sia pure secondaria, ma vera, di vita e di santità.
La preghiera liturgica ha virtù purificatrice, illuminatrice, fortificante e unitiva. È la più potente delle preghiere perché è la preghiera della Chiesa, la preghiera di tutti. L'apostolo della stampa, nella sua attività liturgica, si proponga dunque di far conoscere, amare e vivere la vita liturgica. E poiché la conoscenza e l'amore sono indirizzati alla vita liturgica, i suoi sforzi siano indirizzati direttamente o indirettamente ad essa, in proporzione che lo permette lo scopo particolare delle singole iniziative.
Per far «vivere la Liturgia» egli, conformemente ai principi suesposti, in ogni sua trattazione liturgica la presenti adeguatamente sotto un triplice aspetto: esporre la verità che illumini la mente, ricavare un insegnamento pratico che muova la volontà, inculcare la preghiera che innalzi e unisca a Dio. Questo sarà possibile sempre, sia che si tratti la Liturgia nella sua essenza o nella pratica, nella sua totalità o nelle sue parti, rivolta a ministri, studenti, fedeli, infedeli..., svolta in forma di trattato, ampio o sintetico, di spiegazione
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al popolo, considerata sotto l'aspetto storico, dogmatico, ascetico, letterale, simbolico...
Presentata in tal modo, la Liturgia porta l'uomo a rendere a Dio, in Gesù Cristo e nella Chiesa, l'ossequio totale di sé, quale egli lo esige. La mente conosce e contempla; la volontà compie la consacrazione a Dio della vita e dell'essere; dal cuore sgorga l'amore che deve insieme compenetrare e sorreggere questo sforzo di elaborazione e di dedizione.
Così tutto l'uomo si muove, s'innalza, adora, e su tutto l'uomo si riflette efficacemente l'influsso santificatore della Liturgia.
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CAPO XIII
I SANTI PADRI

Il termine «Padri» non è qui inteso nel senso che gli si dava nei primi tempi della Chiesa, quando erano così denominati tutti i Vescovi; né in quello che gli si diede più tardi quando lo si estese a tutti quei cristiani che, per aver spiegato, difeso, chiarito e svolto il pensiero teologico, erano considerati Padri nel senso spirituale.
È invece inteso secondo l'attuale concezione teologica, che riserva il titolo di Padri della Chiesa a quegli scrittori cattolici che hanno le quattro seguenti qualità: ortodossia dottrinale, santità di vita, approvazione della Chiesa, antichità.
Rispetto alla lingua usata nei loro scritti, i Padri sono classificati in orientali e occidentali; invece rispetto al momento dello sviluppo del pensiero cristiano che rappresentano, si dividono in apostolici, controversisti e sistematici.
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Ad essi si uniscono necessariamente i Dottori, ossia quei Padri, teologi e maestri di spirito che, per la loro eminente importanza e autorità, furono decorati dalla Chiesa di questo titolo onorifico.
Circa queste insigni figure di scrittori e pensatori e delle opere loro, l'apostolo non deve condividere l'idea di quei critici che dicono essere ormai morta la memoria dei Padri e delle loro opere, né accettare quella che afferma trattarsi di cose riservate agli studiosi. Al contrario, egli deve essere convinto che i Santi Padri, considerati nel momento storico-letterario della patrologia, interessano tutti, perché sono i testimoni e i cultori della sacra Tradizione.

Proporli a tutti1

Il desiderio di mettere i Santi Padri nelle mani di tutti, ossia di trarre fuori dalle accademie, dalle scuole, dall'ambiente dei dotti questi veri tesori del cristianesimo, non è così antico come quello riguardante i libri della S. Scrittura. Fiorì nel secolo XIX appena, ma fu tanto forte che riuscì tosto ad attuarsi in gran parte mediante iniziative diverse.
Si cominciò con la pubblicazione di alcuni testi originali e a poco a poco si venne alla compilazione di preziose collane.
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Tra le raccolte di testi originali destinati ad una larga diffusione è nota quella dell'Hurter «Sanctorum Patrum opuscula selecta», concepita come sussidio agli studenti di teologia. Col medesimo scopo seguì il «Florilegium patristicum» di Bonn [= H. Rauschen, Bonn] e la «Bibliotheca Ss. Patrum theologiæ tironibus et universo clero accomodata», diretta da G. Vizzini, rimasta incompleta.
Altre iniziative si prefissero non tanto di inculcare la lettura dei Santi Padri nelle aule scolastiche, quanto fra le persone colte che amano le buone letture.
Sorsero pertanto collane di opere dei Santi Padri tradotte in diverse lingue. La prima fu quella dei Tractariani di Oxford, che comprende la maggior parte degli scritti patristici allora noti. In Inghilterra si ebbe la traduzione dei Padri anteniceni, che fu continuata a New York con i Padri niceni e post-niceni.
Un simile disegno fu attuato in Germania in un'opera intitolata «Biblioteca dei Padri della Chiesa».
In Francia e in Italia seguirono altre iniziative del genere. Tra le italiane è nota «La voce dei Santi Padri», che è una ricca scelta dei migliori scritti dei Santi Padri tradotti in italiano allo scopo di giovare ai predicatori ed ai conferenzieri sacri. Si ebbero collezioni dei testi dei Santi Padri tradotti, nei quali si nota un duplice scopo:
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far conoscere lo scritto al ceto laico e mettere in particolare risalto il valore letterario. Tra queste ebbero maggior successo «I libri della fede» dell'Editrice Fiorentina; «Le pagine cristiane antiche e moderne» edite dalla Soc. Ed. Internazionale e «I classici cristiani» di Cantagalli.
Recente è la «Corona Patrum Salesiana», collana di testi patristici greci e latini pubblicati integralmente con la versione italiana a fronte, con note dichiarative, introduzioni e indici. Tale iniziativa ha scelto una via di mezzo tra l'opera strettamente scientifica e quella di pura divulgazione.
Le iniziative e le opere citate hanno già contribuito molto alla divulgazione della vita e delle opere dei Santi Padri. Resta tuttavia moltissimo [d]a fare per il raggiungimento pieno dell'ottimo ideale.
L'apostolo, facendo tesoro di quanto è già stato fatto, cooperi efficacemente alla divulgazione sempre maggiore dei Santi Padri fra i cattolici, affinché tutti possano leggere la loro vita e le loro opere, studiarle, farle proprie e usufruire di tutta la ricchezza di dottrina e di sapienza in esse contenuta.
Procuri anzi di proporre i Santi Padri a tutti:
Agli studiosi, affinché siano loro di guida nelle speculazioni esegetiche, teologiche, filosofiche, scientifiche e storiche. Ai pastori di anime
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perché integrino la loro formazione dogmatica, apologetica, oratorica, morale, ascetica e liturgica. Agli studenti di teologia e di storia ecclesiastica affinché non si contentino di quanto è sistematicamente esposto nei trattati delle singole materie, ma si abituino ad attingere direttamente alle fonti, onde avere nozioni più copiose e forse anche più genuine. Ai laici che si dilettano di letture religiose onde possano completare la loro cultura e avere nei Santi Padri un valido aiuto per comprendere e gustare le Scritture, una chiave per conoscere la storia del cristianesimo, una guida per tenersi lontani dai pericoli spirituali della vita.
Facciamo conoscere ai cattolici le inimitabili opere cristiane che sorpassano di gran lunga quelle profane dei greci, dei romani e di ogni altro popolo.
Anche agli eretici e infedeli potranno utilmente proporsi i Santi Padri! Faranno loro conoscere ed amare la vera religione.

Testimoni della sacra Tradizione

Il motivo principale per cui i Padri sono da proporsi a tutti, è dato dal fatto che essi sono i testimoni della tradizione divina-apostolica ed ecclesiastica in quanto hanno raccolto, interpretato e commentato gli insegnamenti di Gesù Cristo, degli Apostoli e della Chiesa.
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Essi sono i testimoni di ciò che costituisce la nostra religione, ossia: fede, morale e culto.
I Padri hanno sistemato e sviluppato il dogma della dottrina cristiana attraverso il contatto che essa ebbe con la cultura storica di tutti i tempi. Ciò non con l'introduzione di verità nuove, ma con la delucidazione orale e scritta di quelle verità che nella S. Scrittura sono oscure e perciò più esposte ad interpretazioni non consone al senso della Chiesa, e col fissare quelle verità rivelate che non sono contenute nei libri santi, ma furono tramandate oralmente.
Essi, inoltre, hanno documentato la legittimità del magistero cattolico, poiché in essi è costante il riferimento, non alla propria opinione personale, ma all'autorità della Chiesa docente, depositaria della parola di Gesù Cristo.
Tutto ciò fecero sapientemente, mossi dal desiderio di penetrare, con lo studio indefesso, la sostanza e il significato genuino della divina rivelazione.
Nei Padri è facilitato lo studio dei libri santi.
Chi, infatti, non gusterà meglio la Bibbia, prendendo a guida l'aurea eloquenza di San Giovanni Crisostomo, l'erudizione poderosa e sicura di San Girolamo, la potente dialettica di Sant'Agostino, la nobile e seria dottrina di San Basilio, la poesia penetrante di Gregorio [Nazianzeno]?
Lo studio dei Padri è luce vera che illumina
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i credenti in Cristo, fiaccola inestinguibile fra le tenebre dell'errore, fuoco sacro per alimentare in noi l'amore alla verità. È guida sicura per conoscere la storia della religione cristiana, del suo sviluppo e del suo imporsi sul paganesimo.
Gli epistolari dei Padri, le loro polemiche, le loro apologie appaiono sempre come un lucidissimo specchio ove si riflette inalterata la dottrina di Cristo. La loro dottrina è quella stessa del Redentore e degli Apostoli quando debbono difendere la Chiesa dagli attacchi dell'eresia.
I Santi Padri sono, inoltre, i testimoni della morale cristiana.
Studiati in se stessi, presentano il tipo ideale del cristiano perfetto che sa armonizzare la pratica fedele della vita cristiana con la più grande varietà di doni. Alcuni sono uomini d'azione, altri uomini di studio; questi è apologista e filosofo, quegli teologo e mistico. La maggior parte sono oratori, né vi mancano quelli che, come Agostino, sintetizzano tutte queste attitudini in una personalità possente e magnifica. Tutti, del resto, sono santi.
Nelle opere dei Padri si trova la pienezza dello spirito cristiano che splende e irradia. Esse producono un effetto ammirabile in chi le legge, appunto perché i loro autori sono nutriti
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della pura sostanza della religione. E poiché sono come saturi dello spirito primitivo che hanno attinto più direttamente e più abbondantemente dalla stessa Sorgente, accade, non di rado, che quanto emana, con naturale freschezza dalla loro abbondanza, è più nutritivo di quel che è stato, poi, ripensato e meditato.
La lettura della vita dei Padri e delle loro opere è vivo commento a quanto è oggetto della morale cattolica e guida alla pratica della medesima.
I Santi Padri, infine, sono testimoni del culto cattolico, poiché con l'esempio, con la parola e con lo scritto hanno inculcato la pratica della vera religione nei suoi diretti rapporti con Dio, mediante il culto esterno e interno, privato e pubblico.
Essi mirarono ad introdurre e stabilire ovunque il culto del vero Dio, distruggendo gli dèi falsi e bugiardi, e inaugurando il regno di Gesù Cristo.
In particolare i Padri hanno un posto importante nello sviluppo della Liturgia cattolica, ossia della preghiera pubblica e della pratica del culto che per Gesù Cristo e in Gesù Cristo la Chiesa rende a Dio; l'esercitarono nel vero spirito, e ne stabilirono le leggi.
È noto infatti che il Redentore, gettati i fondamenti del culto del Nuovo Testamento con
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l'istituzione della S. Messa e dei Sacramenti, ne lasciò l'ulteriore sviluppo agli Apostoli e ai loro successori.
I Padri raccolsero, divulgarono, ampliarono le tradizioni apostoliche e, fissandole nei loro scritti, ci diedero i fondamenti della scienza liturgica, delle sue fonti, della sua letteratura e della sua storia.
Patrologia e Patristica, studio della vita e delle opere dei Padri, offrono all'apostolo della stampa dei tesori immensi che, trattati convenientemente, conducono le anime a conoscere, amare e servire Dio.

Conclusioni pratiche

I Santi Padri e Dottori della Chiesa sono maestri nella fede, difensori e propagatori del dogma, della morale e del culto, campioni nell'apologia, sicuri esegeti, maestri di spiritualità, interpreti e custodi della rivelazione, fonti della storia della Chiesa.
Essi sono quelli che hanno scritto di Dio, del suo Cristo e della Chiesa. Le loro opere hanno superato la prova del tempo perché trattano argomenti universali, o, se trattano questioni particolari, si elevano a ragioni, asseriscono principi che trascendono il loro tempo.
Il candore della fede, l'attaccamento alla
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Chiesa, la chiarezza del pensiero... sono doti che li fanno amare, comprendere, seguire.
Divulgare gli scritti e il pensiero dei Padri e dei Dottori è cosa sapiente, è via sicura, è opera meritoria innanzi a Dio e agli uomini.
Nei Padri e Dottori della Chiesa si conosce Gesù Cristo, Via, Verità e Vita.
Divulgare gli scritti e il pensiero dei Santi Padri è quindi opera altamente sapiente, meritoria, utile al bene delle anime.
L'apostolo sfogli per sé prima, e porga quindi agli altri, con mano riverente, le pagine immortali delle loro opere.
Leggendo quegli scritti preziosi, non per una semplice ricreazione dello spirito od un pascolo speculativo dell'intelletto, ma ponderandone sapientemente tutto il contenuto, tutto il valore, egli farà propria la ricchezza di dottrina e di sapienza in essi contenuta.
Aspirato poi, per così dire, il loro spirito, che è quello del Vangelo, degli Apostoli, della Chiesa, lo potrà utilmente comunicare alle anime dei lettori.
L'apostolo può diffondere i testi dei Santi Padri nella lingua originale o tradotti, con commenti di natura teologica, filosofica, liturgica, polemica o storica secondo l'argomento, lo scopo, l'opportunità.
Soprattutto si preoccupi di far conoscere
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i Santi Padri e divulgare i loro scritti fra il popolo, mediante traduzioni di opere complete e di florilegi in lingua volgare.
Le traduzioni possono farsi in diversi modi.2
Vi sono quelle, diremo, scolastiche, le quali mirano a facilitare semplicemente la lettura del testo originale. Sono eccellenti se riflettono chiaramente il pensiero e la struttura grammaticale dell'originale.
Le versioni cosiddette letterarie mirano a far gustare l'arte e la bellezza dell'opera tradotta. Queste non s'accontentano di rendere fedelmente il pensiero, ma quando lo permette l'indole delle due lingue, riflettono anche la forma dell'originale.
Questa è senza dubbio la maniera più perfetta di tradurre, ma è anche la più ardua, soprattutto quando si tratta di scrittori che posseggono uno stile personale.
Altro modo più comune è quello che mira a rendere tutto il pensiero, arricchendolo di note e divisioni, preoccupandosi più di questo che della forma. L'apostolo non si leghi all'uno o all'altro modo, ma scelga caso per caso quello più utile a far conoscere, amare e seguire i Santi Padri da tutti i fedeli perché tutti possano attingere a questa fonte copiosa e pura, ricavandone giovamento per l'anima loro.
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CAPO XIV
OPERA CATECHISTICA

L'opera catechistica1 abbraccia tutto quel complesso di attività e di industrie che, sotto la guida sapiente della Chiesa, hanno di mira l'evangelizzazione delle masse.
Costituisce la forma genuina di apostolato e ne supera ogni altra perché continua l'opera del divin Maestro che fu il primo e il più grande catechista.
Nella Chiesa è fondamentale perché è diretta a tutti gli uomini, fedeli ed infedeli, per farci conoscere Dio, nostro ultimo fine, e indicare i mezzi per raggiungerlo.
Pur sotto forme varie, l'opera catechistica è sempre esistita. Gesù Cristo nell'insegnamento
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dato agli Apostoli e alle turbe, ne costituì il tema centrale e tracciò in forma plastica e vivente le principali norme pedagogiche e didattiche.
A lui seguirono gli Apostoli ai quali aveva detto: «Andate dunque ad ammaestrare tutte le genti, battezzandole...».2 La loro fu catechesi battesimale, basata sulla dottrina del Maestro, inquadrata nel racconto della sua vita.
Gli Apostoli si associarono i diaconi ed anche alcuni laici. Alla catechizzazione [da parte] degli Apostoli seguì il catecumenato che aveva lo scopo di raccogliere i convertiti alla nuova fede cristiana, istruirli convenientemente nella religione e prepararli al battesimo.
Sorsero poi importanti scuole di catechismo ad Antiochia, a Gerusalemme, a Roma, e fiorirono nella Chiesa catechisti insigni, quali: San Clemente Alessandrino, Tertulliano, San Cirillo di Gerusalemme, Sant'Ambrogio, Sant'Agostino.
Nei secoli di ferro dell'alto Medio Evo si riscontra una notevole povertà del programma catechistico, finché questo non ebbe un nuovo impulso dal Concilio di Trento, che a base della riforma cattolica, della disciplina e della legge ecclesiastica pose l'istruzione religiosa. Da allora il catechismo ebbe una vera e propria organizzazione, sotto la guida di eminenti Dottori
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e Pastori: San Roberto Bellarmino a Roma, San Carlo Borromeo a Milano e il Beato Gregorio Barbarigo a Padova. Si aggiunsero i primi testi, fra i quali molto pratici quelli di San Pietro Canisio in Germania e di San Roberto Bellarmino in Italia.
Ma la causa del catechismo, pur guadagnando terreno, non determinò un vero orientamento universale della coscienza cattolica finché Pio X con l'enciclica Acerbo nimis3 (1905) non risvegliò gli animi e non diede norme severe e precise per un lavoro organico.
L'apostolo della stampa contribuisce all'opera catechistica mediante tutte le sue iniziative. Per convincersene basta ricordare il suo fine specifico. Tuttavia egli può contribuire in modo diretto a quest'opera - nel senso in cui è intesa comunemente - sia col prestare la sua cooperazione diretta di catechista e sia, specialmente, col coadiuvare a tre grandi attività: l'istruzione catechistica, la formazione catechistica, l'organizzazione catechistica.

Istruzione catechistica

La dottrina catechistica può essere rivolta ai catechisti e ai catechizzandi.
Catechista per ufficio è essenzialmente il sacerdote. Ed è noto che per essere un bravo catechista
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non è sufficiente ch'egli sia un bravo teologo. Lo dimostra il fatto che il Codice del Diritto Canonico (can. 1564 § 3) prescrive che nei Seminari siano organizzati esercizi pratici sul modo di insegnare il catechismo. Così nella lettera della Congregazione dei Seminari si richiama l'attenzione sulla formazione del clero all'insegnamento del catechismo.
Se dunque non basta aver studiato la Teologia nel Seminario per essere buon catechista, ma si esige una preparazione speciale anche per il clero, la dottrina catechista dovrà anzitutto essere diretta ai sacerdoti.
Maggior bisogno ne avranno tuttavia quei laici che sono chiamati a collaborare con la gerarchia ecclesiastica nell'opera dell'evangelizzazione.
Oltreché ai catechisti la dottrina potrà essere rivolta ai catechizzandi.
Testi ufficiali sono i due di Pio X: Catechismo della dottrina cristiana e I primi elementi della dottrina cristiana. A questi hanno fatto seguito e possono seguire altri che, volendo corrispondere a bisogni o intenti particolari, ne comprendono parte o tutta la materia, ampliandola o arricchendola di fatti, spiegazioni, preghiere, illustrazioni, applicazioni pratiche.
La dottrina rivolta ai catechisti deve generalmente
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servire loro di guida per la scuola.
Quella rivolta ai catechizzandi forma il loro testo di studio.
Entrambe devono essere adatte, complete, metodiche.
Adatte alle persone e all'ambiente. La dottrina catechistica destinata ad infedeli [=non cristiani] dovrà essere naturalmente presentata in modo diverso da quella destinata ad eretici e scismatici. Trattandosi poi di cattolici, altra sarà la forma richiesta per adulti e altra per fanciulli, altra quella per le persone analfabete o ignoranti e altra quella per studenti e persone colte.
La dottrina catechistica dev'essere completa, cioè non limitata ad una sola parte della dottrina cattolica, ma estesa a tutte e tre: fede, morale e grazia, dando ad ognuna lo svolgimento conveniente.
Dev'essere metodica, ossia esposta con metodo. L'apostolo scrittore, pur non trascurando ciò che presentano di buono tutti i metodi, preferirà quello ciclico progressivo, al quale unirà il così detto attivismo, in tutti i suoi aspetti: intellettuale, organizzativo, collaborativo e vitale.

Formazione catechistica

Il catechismo, secondo gli intenti della Chiesa, dev'essere una scuola nella quale il catechizzando si forma alla vita cristiana. Si comprende
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facilmente che tale formazione dipende dal catechista. Ciò tanto più ai tempi nostri, in cui essere «maestri di dottrina» non significa più come un tempo essere dei ripetitori sotto il controllo del sacerdote.
Oggi il catechista deve sapere far da sé e, se non completamente certo in buona parte, dove il catechismo è organizzato in forma di scuola, il catechista supplisce il sacerdote. Egli quindi, per compiere degnamente la sua missione, deve avere una vocazione ed una formazione particolare.
Vocazione che esige: un'anima docile a Dio, alla Chiesa, al sacerdote suo superiore; un'anima apostola che senta e viva nel suo cuore il grido di Gesù: «Misereor super turbam»;4 un'anima virile che possieda un certo spirito di comando, non mai disgiunto però dalla dolcezza e dalla carità.
Formazione completa che comprende: formazione dottrinale, formazione pedagogica e formazione interiore.
La formazione dottrinale è sempre necessaria, anche nelle scuole rurali, perché si tratta di esporre alle anime la dottrina più difficile e più delicata. Dalla scuola di catechismo dipende assai spesso l'orientamento della vita e la salvezza di tante anime.5
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Detta formazione richiede una duplice preparazione: remota e prossima.
La prima dev'essere metodica ed esige un corso completo di istruzione religiosa, che abbracci: la dottrina cattolica nelle sue tre parti principali: fede, morale e grazia; la storia sacra del Vecchio e del Nuovo Testamento, la storia della Chiesa almeno nelle sue linee principali, la storia della Liturgia e la vita liturgica della Chiesa.
La seconda è la preparazione immediata ad ogni lezione. Può essere aiutata dai libri di guida per i catechisti, dall'uso del diario e da uno studio continuo, aggiornato.
La formazione pedagogica è necessaria per avviare i catechisti all'arte di educare le anime affidate alle loro cure.
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Comprende lo studio della psicologia e della didattica.
La psicologia con i suoi principi generali e particolari insegnerà il modo di render adatta, proficua e completa l'educazione catechistica.
La didattica, se sarà saggia e aggiornata, aiuterà ad approfittare di tutti i mezzi naturali per collaborare all'azione divina a vantaggio delle anime.
E poiché il catechismo è rivolto particolarmente ai fanciulli, il catechista deve conoscere in modo particolare la psicologia dei fanciulli, ossia com'è fatta la loro anima;6 conoscere la loro lingua (i fanciulli hanno lingua e vocaboli propri), e imparare a farsi bambino come loro, rifacendosi agli anni della sua fanciullezza per ricordare le cose e le parole che in quell'età gli hanno fatto più impressione.
Alla formazione dottrinale e pedagogica non si può disunire la formazione interiore, perché da essa dipende l'efficacia soprannaturale.
Questa mira a formare dei catechisti che siano cristiani perfetti, capaci di unire alla preghiera intensa un grande amore a Dio e alle anime.
L'apostolo che si dedica all'opera catechistica (dopo aver procurato a se stesso una conveniente
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formazione secondo le norme suesposte), potrà contribuire alla formazione dei catechisti e, quando fosse necessario e possibile, anche direttamente dei catechizzandi.

Organizzazione catechistica

L'attuale organizzazione catechistica è data dal decreto Provido sane consilio emanato dalla Congregazione del Concilio l'11 febbraio 1935, che è un capolavoro di sapienza catechistica.
Con questo decreto, l'organizzazione e la metodica catechistica non sono più lasciate all'arbitrio e giudizio dei singoli, ma entrano a far parte della legislazione ecclesiastica. Questa ha i suoi organi competenti nell'Ufficio Catechistico centrale a Roma e negli Uffici Catechistici diocesani alla diretta dipendenza dei Vescovi.
Il decreto Provido sane consilio dopo aver, in una prima parte, indicato il lavoro fatto dalla Chiesa per la causa del catechismo, stabilisce, nella seconda, il lavoro da farsi, precisando alcuni punti e indicando alcuni mezzi.
Tre cose sono prescritte:
Il sodalizio della Dottrina Cristiana, che deve tenere il primo luogo nelle parrocchie. A norma del canone 1333 § 1 del Codice di Diritto Canonico, «il parroco può e anzi, se è legittimamente
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impedito, deve usare dell'opera dei chierici che abitano entro i confini della parrocchia ed anche, se sia necessario, di quei pii laici che hanno dato nome al Sodalizio della Dottrina Cristiana o ad altra istituzione consimile che sia eretta in parrocchia».
I sacerdoti e gli altri chierici, non trattenuti da alcun legittimo impedimento, dovranno aiutare il proprio parroco in questa santissima opera, anche per non incorrere in pene da infliggersi dall'Ordinario della Diocesi: «Un appello speciale è rivolto perché i maestri di scuola entrino generosamente in questo insegnamento».
Le Scuole Catechistiche Parrocchiali siano tenute come vere e proprie scuole, non inferiori alle altre, ma che gareggino invece con esse per ciò che riguarda la decenza dei locali, il metodo d'insegnamento e il personale.
Il catechismo festivo agli adulti sia tenuto in tutte le domeniche e feste di precetto come vuole il canone 1332 e si spieghi tutto il catechismo del Concilio di Trento.
Per arrivare a ciò, il decreto suggerisce sapientemente alcuni mezzi pratici agli Eccellentissimi Ordinari:
a) Ogni diocesi d'Italia deve avere l'Ufficio Catechistico già prescritto dal Concilio, [e riconfermato] con lettera 12 dicembre 1929, avente lo scopo di:
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1. curare che s'insegni la dottrina cristiana secondo la forma tradizionale della Chiesa e da persone idonee;
2. promuovere la celebrazione di congressi catechistici;
3. indire corsi di religione per formare e perfezionare maestri per le scuole parrocchiali e pubbliche.
b) Il catechismo deve essere sorvegliato, perché sia fatto bene. Il Vescovo potrà stabilire sacerdoti con funzione ispettiva.
c) L'Azione Cattolica è fucina di catechisti; «ha già fatto molto in questa materia».
d) Ogni parrocchia deve tenere la Giornata della Dottrina Cristiana (Sacramenti, predica, stampa, colletta, ecc.).
e) Sull'andamento catechistico, l'Ordinario deve riferire ogni cinque anni alla Congregazione del Concilio, rispondendo a un apposito formulario di ben 24 domande.
Sempre fedele alle direttive della Chiesa, l'apostolo studi, segua e divulghi le norme pratiche ch'essa propone.
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CAPO XV
I PAPI

La vita e l'opera dei Sommi Pontefici costituiscono una ricchissima fonte di trattazione salutare.
Scrivere dei Papi equivale a dimostrare come essi siano interpreti e continuatori dell'opera del divin Maestro, Via, Verità e Vita.
Il Papa infatti non è un dotto, un diplomatico, o comunque una personalità insigne, ma è essenzialmente il Vicario di Gesù Cristo, e come tale deve essere presentato.
È il capo della Chiesa universale, che egli guida al di sopra di ogni contesa sociale. E, come capo, domina sul mondo e su tutte le nazioni, poiché tutte sono chiamate ad appartenere alla Chiesa di Gesù Cristo onde ricevere la
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luce della verità, essere guidate al cielo e partecipare della grazia di cui la Chiesa è depositaria.
In breve: il Papa è modello di giustizia, maestro di verità, ministro di grazia.

Il Papa è modello di giustizia

Come Gesù Cristo non insegnò se non dopo aver dato l'esempio: «Jesus cœpit facere et docere»1 ed egli stesso disse di sé: «Ego sum Via»,2 così il Papa, suo Vicario, mentre presiede all'umanità, precede con l'esempio.
Difatti, quanti Papi santi! Non v'è dinastia più gloriosa di quella dei Papi. Quelli dei primi tre secoli furono quasi tutti martiri che, col loro esempio, precedettero i cristiani nella pratica dell'esortazione evangelica: «E non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l'anima: temete piuttosto colui che può mandare in perdizione e l'anima e il corpo nell'inferno».3
Tra i Papi si enumerano dei grandi dotti e la storia di ogni tempo dimostra come essi, in conformità alla legge evangelica, incivilirono [=civilizzarono] i popoli, sviluppando le loro buone
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qualità e alcune loro istituzioni politico-sociali, che produssero in seguito e perfezionarono la civiltà cristiana.
Ma, si potrà obiettare, i Papi non furono sempre all'altezza della loro missione. È vero. Ciò però non deve far meraviglia: è una prova evidente della debolezza umana e dell'assistenza di Dio sulla Chiesa, secondo la sua promessa: «Sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo».4 Diversamente avrebbe forse subìto anch'essa, più volte, la sorte di tutte le istituzioni umane. Ma la Chiesa è di istituzione divina, e il Sommo Pontefice che la presiede come Vicario di Gesù Cristo è dotato d'infallibilità, che si estende anche ai costumi. La storia può testimoniare quanto bene abbia compiuto nei secoli lo zelo indefesso dei Pontefici in favore della morale cattolica.
Questa benefica opera dei Pontefici non è sempre riconosciuta, e tale ignoranza è la causa per cui spesso le anime, e soprattutto le nazioni, guardano al Papa con poca fiducia.
Ecco dunque la necessità di far conoscere la santità dei Pontefici e di mostrare l'uso che essi hanno fatto della loro potestà di giurisdizione, piena, suprema, ordinaria ed immediata sui Pastori e sui fedeli, nel triplice campo: dottrinale,
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giurisdizionale e liturgico, in ordine al bene della società in generale e delle anime in particolare.

Il Papa è maestro di verità

Il Papa come Vicario di Gesù Cristo continua inoltre la missione di Gesù Cristo Maestro di verità: «Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi».5
Egli non crea verità nuove, ma custodisce, difende e divulga le verità insegnate da Gesù Cristo. Esercita questa sua missione con l'uso del diritto di magistero giuridico e di apostolato. Riguardo agli infedeli col mandare i missionari e col rimuovere gli ostacoli che si oppongono alla accettazione della dottrina cattolica. Riguardo ai fedeli proponendo loro la retta dottrina col magistero solenne e ordinario, con l'assistenza ai Maestri e Pastori, con la vigilanza sugli studi, sugli scritti, ecc.
È necessario che anche questa missione del Pontefice sia conosciuta ed apprezzata affinché tutti si rivolgano a lui, quale maestro di verità e seguano fedelmente i suoi insegnamenti.
In ogni tempo vi furono eretici ed eresie, ed i Pontefici sempre combatterono e vinsero, dando
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all'occorrenza anche la loro stessa vita in difesa della verità e per la salute delle anime, sull'esempio del Buon Pastore che disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la vita per le sue pecorelle».6
Ancora: in ogni tempo i Papi diedero impulso alla divulgazione della fede cattolica mediante l'insegnamento scritto ed orale, e con l'incoraggiare e favorire in mille modi l'opera grandiosa delle missioni.
Quest'opera non è mai cessata, né cesserà fino a tanto che non si arrivi alla formazione di un solo ovile sotto un solo pastore: «et fiet unum ovile et unus pastor».7
L'apostolo scrittore dimostri dunque l'opera compiuta dai Pontefici attraverso i secoli, circa la divulgazione, la difesa, la delucidazione della verità.

Il Papa è ministro di grazia

Il Pontefice continua infine la missione di Gesù Vita, nel campo del culto cattolico.
Gesù Cristo, con la Redenzione, ci ha guadagnato la grazia; la Chiesa comunica questa grazia alle anime in virtù del potere sacramentale e del potere liturgico, che spettano al Sommo
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Pontefice, per diritto divino. Egli esercita questi poteri non solo sugli uomini che appartengono al corpo della Chiesa, ossia sui fedeli, ma anche su quelli che appartengono solo all'anima di questa, sugli infedeli, perché la potestà sacramentale è ordinata ad aumentare e a produrre la grazia. È quindi assolutamente soprannaturale.
Questa è la massima potestà del Pontefice, perché è diretta al raggiungimento del fine soprannaturale, alla visione beatifica. Ora, al fine soprannaturale che si deve ottenere nella vita futura, è necessaria una conveniente preparazione in questa vita. Essa non consiste solo nella conoscenza e nell'amore di Dio, con la seguente sottomissione alla sua volontà, ma anche in un dono soprannaturale, la grazia santificante, che viene comunicata per l'infusione dello Spirito Santo, ossia per la potestà sacramentale di ordine che è nella Chiesa.
Al Papa spetta la massima potestà liturgica.
L'apostolo miri anche a far conoscere ai fedeli questa missione del Pontefice nella sua essenza, nella sua storia, nella necessità e nella pratica, affinché i fedeli possano partecipare non solo al corpo, ma anche all'anima della Chiesa e godere il beneficio della grazia sacramentale e sacramentaria nel grado e nel modo stabilito da Gesù Cristo.
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Norme pratiche

Un modo che facilita la trattazione organica della vita e dell'opera dei Pontefici è quella di illustrarne la missione di continuatori dell'opera del divin Maestro nell'umanità.
Basato su questo principio fondamentale, l'apostolo, scrivendo dei Papi, si propone tre fini:
- narrare la loro vita esemplare, la loro opera in favore della morale cattolica e la loro azione nel campo giurisdizionale per guidare le anime sulla retta via;
- dimostrare che essi sono custodi, interpreti e propagatori della verità cattolica;
- illustrare la loro opera nel campo liturgico per la santificazione delle anime.
Dovendo, ad esempio, stendere la biografia di un Sommo Pontefice, la mente corre subito allo svolgimento della sua attività - curriculum vitæ - per passare poi a riflettere sulle cause ambientali, politiche, sociali, intellettuali, religiose della sua attività; a esaminare quali furono le segrete forze che assicurarono gli effetti e la riuscita dell'opera sua, che la facilitarono, ecc. Perciò, se nella prima parte si segue un conspectum historicum, nella seconda parte si esaminano i sistemi dottrinali, politici, sociali (errori, eresie, lotte dottrinali, progressi
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di scuole, definizioni di verità...); nella terza parte si tratta dello spirito interiore, liturgia (preghiera), azione religiosa, istruzioni, agiografia, arte...
Oppure:
Si presenta la vita del Papa nelle sue doti e nelle sue virtù, come imitatore fedele del Maestro divino; poi la sua opera di giurisdizione come Vicario di Gesù Cristo nella dottrina, nel governo, nel diritto liturgico o rituale; quindi la sua devozione e attività liturgica sacramentale.
In appendice può avere luogo il nuovo Ufficio e la nuova Messa dei Papi.
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CAPO XVI
AGIOGRAFIA E BIOGRAFIA

È un fatto generalmente constatato che la biografia, e in prima linea l'agiografia, esercitano sull'animo umano una potentissima attrattiva.
Ciò tanto più oggi, quando tra i gusti del pubblico domina una tendenza verso gli studi storici in generale, e verso il genere biografico in modo particolare.
Scrittori ed editori si sforzano di rispondere a questo bisogno della natura, a questa esigenza della cultura e dei tempi, moltiplicando a dismisura biografie e agiografie di ogni genere.
Biografie e agiografie spesso romanzate, che sul tronco della verità e della realtà innestano le variazioni dell'arbitrio e della fantasia dando una immagine alterata della storia.
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L'apostolo scrittore, convinto della ricchezza di forza suggestiva, emotiva e persuasiva di questi generi letterari, sappia servirsene a tempo e a luogo per proporre esempi, moniti e insegnamenti alle anime.
Creatori d'imperi, dominatori di popoli, condottieri di eserciti, scopritori di nuove terre e di mirabili invenzioni, letterati e artisti baciati dal genio, rivendicatori di libertà e di giustizia, scienziati, esploratori, filantropi, inventori, colonizzatori, semplici persone del popolo... gli offriranno spesso l'occasione di esercitare sullo spirito umano un'invincibile attrattiva alla fede e alla virtù.
Ma ben più gliene offriranno persone che condussero una vita edificante e specialmente i santi che personificarono le forme più pure, le espressioni più nobili e disinteressate dell'eroismo.
Nel genere biografico merita dunque il primo posto l'agiografia, che è la rivelazione della vita di anime sante, proposte alla ammirazione, all'esempio e al culto di coloro che si trovano ancora in statu viæ.

La conoscenza dei santi

Vi sono talora persone che non conoscono affatto i santi e ve ne sono altre che hanno una
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conoscenza confusa, errata ed offuscata da strani e falsi pregiudizi.
L'apostolo, profittando del fatto che l'uomo è naturalmente portato ad ammirare quelle persone che si distinguono per scienza e per valore, rilevi a tempo e luogo che le persone più degne d'essere conosciute sono quelle che si distinsero per virtù, cioè i santi.
I grandi secondo il mondo offrono spesso l'esempio d'una umanità gravata di macchie, di colpe, talora di non lievi errori.
I santi invece brillano sempre di una luce sovrumana, limpida e serena. La loro memoria è immortale ed eterna.
Per divulgare la conoscenza dei santi giova il far conoscere la storia dei singoli, delle classi (martiri, confessori, vergini...), la storia della santità dell'Antico e del Nuovo Testamento nelle sue caratteristiche, nei suoi periodi, nelle sue conseguenze.
Giova particolarmente l'esposizione chiara della dottrina cattolica circa l'essenza della santità.
Certi agiografi, pur con ottime intenzioni, insistono molto sulla umiltà, sulla obbedienza e su virtù particolari dei santi. E ci insistono tanto e con tale tornitura di parole da far credere che quelle siano le virtù più eccelse della santità.
La santità è umiltà, obbedienza, mortificazione,
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perché dalla fede non si va all'amore senza l'umiltà e l'obbedienza, nelle quali virtù la santità matura. L'umiltà, l'obbedienza, la mortificazione, per se stesse, sono disposizioni, fondamento, condizione per arrivare a Dio. Ma culmine ed essenza della santità è la carità: carità verso Dio e verso il prossimo.
Talora poi sarà utile ed anche necessario correggere le idee errate che circolano intorno alla persona dei santi e al concetto di santità.
Essi non sono mai - come dicono taluni - degli oziosi, inutili alla società. Le rendono invece i servizi più preziosi perché la perfezionano moralmente, e spesso anche civilmente.
Non sono dei suicidi, nemmeno parziali, perché il loro ascetismo rigido e volontario generalmente giova alla salute, e, se in certi casi le nuoce, ciò è giustificato dal bene maggiore e spirituale che ne risulta.
Non violentano la natura con l'austerità della vita e le afflizioni del corpo, poiché è nell'ordine della natura subordinare l'inferiore al superiore; è nell'ordine logico sacrificare un bene, una soddisfazione materiale, ed anche imporsi un male fisico, per conseguire un bene di ordine superiore.
Neppure la violentano coloro che si obbligano all'osservanza della castità assoluta, ossia del celibato volontario, perché il matrimonio non
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è di precetto per il singolo e il celibato cristiano è moralmente più nobile del matrimonio, non nuoce alla prosperità del genere umano, né quantitativamente né qualitativamente.
I santi non sono dunque degli oziosi, dei violentatori di se stessi e della società. Essi sono invece i più nobili e più grandi benefattori della umanità. Il pane, la scienza, la civiltà, la grazia e la salvezza di tanti uomini dipendono spesso da loro.
Un giusto concetto della santità e una buona conoscenza dei santi, disporrà gli animi all'ammirazione delle loro grandezze e all'imitazione della loro vita.

L'imitazione dei santi

L'uomo, creato da Dio per la felicità, raggiunge il suo fine solo se cerca Dio, se si riempie sempre più di lui, in una parola: se si fa santo. «Hæc est voluntas Dei, sanctificatio vestra».1
Ma la santità di Dio quale si rivela nella persona del Verbo incarnato, ha delle sublimità che spaventano. Se invece la si vede riflessa e quasi decomposta in un'anima più vicina a noi, che ha le medesime miserie, che deve sostenere le identiche
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nostre lotte, allora ci appare più accessibile ed anche più facile.
Le anime sante sono infatti altrettante semplificazioni della santità, luminosi riflessi della perfezione divina sotto un aspetto determinato, corrispondente alla missione che lo Spirito Santo ha affidato ad ognuna di esse. Ogni anima santa è una vera scuola pratica che stimola e forma al bene.
È in questo senso che ce li presenta la liturgia, proponendoci in ognuno di essi un esemplare sul quale possiamo plasmare la nostra condotta: «Sanctorum tuorum, Domine, exempla nos provocent, quatenus quorum solemnia agimus etiam actus imitemur».2
È in questo senso che l'apostolo deve proporre i santi all'imitazione. Egli non deve schierarsi con gli agiografi che ritraggono la fisionomia morale dei santi in circostanze così eccezionali e in un'atmosfera così alta, da farli apparire esseri superiori fin dal primo tempo della loro dimora quaggiù. E, una volta trapassati, li fanno apparire così distanti da essere sensibili soltanto per mezzo di una evanescente immagine aureolata, assunti nel cielo della loro gloria, irraggiungibili.
Né deve schierarsi con quegli altri che si limitano alla cronistoria della loro attività o, peggio, abbondano dell'elemento mondano e contingente,
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umano ed affettivo in modo da occultare lo spirituale e l'eterno.
La troppa sublimità scoraggia. La troppa umanità non porterà mai a comprendere amorosamente la santità e a penetrarne l'essenza.
Se si vuol riuscire a rendere evidente come la Grazia divina opera d'accordo con lo sforzo umano del santo e nell'esatta misura in cui egli compie tale sforzo, bisogna sentire e far sentire la stretta appartenenza del santo alla nostra vita terrena.
La Grazia aiuta chi ne è meritevole, senza calcolo di distinzioni, di preferenze e di privilegi umani.3 Se la fede è un dono di Dio, la santità è la corona e tutti gli uomini sono chiamati a concorrervi. «Il santo è un lottatore che ha vinto. La Chiesa ne ha proclamato l'eroicità delle virtù. E non c'è eroismo dove non c'è lotta e lotta fortissima».
Prima quindi di presentare il santo negli eroismi della sua virtù o nelle altezze della contemplazione, lo si presenti come figlio di Adamo che, con sforzo diuturno, deve pazientemente lavorare (e talora con esasperante lentezza) per compiere la distruzione di quello che San
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Paolo chiama l'uomo vecchio onde stabilire definitivamente ogni sua attività in Dio.
Presentato in tal modo, il santo diviene una scuola pratica di virtù, di santità. E, all'evidenza dei fatti che molto spesso rispecchiano il caso personale, se non identico almeno simile del lettore, egli sarà costretto a concludere che l'ideale della santità non deve scoraggiare quasi fosse una mèta irraggiungibile. Gli verrà quindi spontanea la stessa domanda che si pose un giorno il grande lottatore vittorioso, Sant'Agostino: «Si isti et illæ, cur non ego?».4 Domanda che è spesso il principio di forti ed efficaci risoluzioni.

Il culto dei santi

Oltre che all'ammirazione e all'imitazione dei santi, l'apostolo deve ancora portare al [loro] culto, nei suoi due atti: venerazione e invocazione, come insegna la Chiesa e pratica nella liturgia.
Nei santi onoriamo:
«I santuari viventi della Ss. Trinità che si degnò di abitare in loro, di ornarne l'anima con le virtù e coi doni, di operare sulle loro facoltà per farne produrre atti meritori, e concedere loro la grazia insigne della perseveranza;
- i figli adottivi del Padre, da lui singolarmente amati, circondati della sua sollecitudine paterna, a cui seppero corrispondere avvicinandosi
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a poco a poco alla sua santità e alle sue perfezioni;
- i fratelli di Gesù Cristo, suoi membri fedeli, che, incorporati nel suo corpo mistico, ricevettero da lui la vita spirituale e la coltivarono con amore e costanza;
- i templi e i docili strumenti dello Spirito Santo, che si lasciarono guidare da lui e dalle sue ispirazioni anziché seguir ciecamente le tendenze della guasta natura».5
Queste verità fondamentali convincono che, col venerare i santi, si venera in loro lo stesso Dio e lo stesso Gesù Cristo. Si vedrà chiaramente in ciascun santo brillare, variamente riflessa, l'immagine di Dio, e risplendere in chi più e in chi meno la sua gloria.
Invocazione. Si faccia inoltre conoscere rettamente che, in virtù del consolante e grandioso dogma della Comunione dei Santi, si può e si deve pregare i santi per ottenere più facilmente, con la loro possente intercessione, le grazie di cui abbisogniamo.
È vero, la sola mediazione necessaria è quella di Gesù Cristo, ma i santi, partecipando al Corpo Mistico, uniscono le loro preghiere alle sue. È quindi tutto il Corpo Mistico che fa pressione al cuore di Dio. I santi ci aiutano in
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Gesù Cristo, e Gesù Cristo per mezzo dei santi.
I santi del resto, essendo amici di Dio e nostri, sono lieti di prestarci un aiuto che risulta a maggior gloria di Dio e a sostegno di noi, loro fratelli, che ci troviamo nelle medesime difficoltà in cui si trovarono essi stessi.
* * *

Portare le anime alla conoscenza, all'imitazione e al culto dei santi sarà scopo di ogni agiografia e di ogni iniziativa agiografica compiuta o diretta dall'apostolo.
Nell'agiografia, in particolare, la narrazione della vita del santo sia svolta in modo da farlo conoscere. L'esposizione delle virtù e dei suoi insegnamenti scritti od orali miri a spingere all'imitazione. La storia del suo culto e dei suoi miracoli, seguita da preghiere particolarmente liturgiche o approvate dalla Chiesa, infonda nei cuori il culto al santo: culto di venerazione e di impetrazione.
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CAPO XVII
APOLOGIA SACRA

Compito dell'apostolo scrittore - lo si è ripetuto più volte - è di rivolgersi al popolo semplice, alle masse, per comunicare loro la fede, la morale e il culto cattolico, in ordine alla vita eterna. Questo tuttavia non esclude che l'apostolo possa e debba anche rivolgersi a quelle persone che, per necessità particolari, esigono la dimostrazione delle verità cattoliche.
L'apologia sacra è uno dei mezzi principali di cui l'apostolo può servirsi in questi casi particolari.

Necessità dell'apologia sacra

La necessità dell'apologia sacra appare evidente dalle condizioni religiose attuali nonché da tutta la storia del cristianesimo, il quale, fin dalla sua origine, ebbe bisogno di difesa.
Gesù Cristo stesso aveva profetizzato che sarebbe stato «segno di contraddizione». Alla
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comparsa della Croce, tutti gli interessi umani, tutte le passioni gli si levarono contro: Ebrei e Gentili, poteri pubblici e influenze sociali, pregiudizi e calunnie, la filosofia e l'opinione pubblica. Da allora le contraddizioni a Cristo, ai suoi seguaci, alla Chiesa si moltiplicarono e furono, può dirsi, senza interruzione.
I difensori tuttavia non mancarono mai.
San Pietro e San Paolo aprono la serie degli apologisti. Dopo di essi, dalle arene del martirio, dalle aule accademiche e dalle chiese, in ogni tempo si levò potente la voce della difesa, che impose silenzio ai tiranni e ai contraddittori della fede.
La storia lo dimostra. Ci rimangono in perpetuo i monumenti di scienza degli apologisti maggiori e minori del secolo secondo, cui precedono quelli dei Padri apostolici, e seguono quelli dei Padri, Dottori, Teologi di ogni tempo, che variano secondo i vari aspetti assunti dall'errore.
Gli apologisti non mancano neppure ai tempi presenti. Tra le opere benemerite che ci diedero, ricordiamo: Hettinger, L'Apologia del cristianesimo; il Protestantesimo comparato al Cattolicesimo del Balmes; Il Cristianesimo ai tempi moderni di Mons. Bougaud; Le Conferenze sul dogma del Monsabré; quelle di Mons. d'Hulst; le opere del P. Gratry; quelle del G. Card. Alimonda,
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del Lacordaire, e di Mons. Bonomelli; le Conferenze di Mons. L. Bésson; l'Apologia del Cristianesimo del Dott. Paolo Schanz; quelle del Weiss (R.P.A.) e del P. Agostino Gemelli.
L'opera apologetica prende sempre maggior sviluppo, s'informa di trattati, di articoli di giornali, riviste, periodici, come s'informa di conferenze tenute dal pulpito o nelle Università cattoliche.
Sebbene l'apologia non sia il genere di scritto più comune e più frequente, tuttavia essa deve essere proporzionata ai tempi e alle necessità. Oggi è più che mai necessaria poiché si nota uno sforzo dei nemici che tendono ad escludere il cristianesimo dalla famiglia, dal regime nazionale ed internazionale. Sforzo che, sorto con l'umanesimo, corroborato dal protestantesimo, ha preso oggi forme gigantesche ed ha fatto tante conquiste.
In mezzo a questo male generale, vi sono anime che hanno bisogno di essere illuminate nella verità, fortificate nell'osservanza religiosa, avvicinate alle fonti della grazia, e tutto ciò con mezzi che non sono comuni.
Spetta all'apostolo della stampa non meno che all'apostolo della parola venire incontro ai bisogni di queste anime, mediante l'apologia sacra, per far conoscere ad esse, in tutta la sua luce e bellezza, la religione cristiana. Anzi,
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all'apostolo della stampa incombe un dovere più stretto perché egli può giungere anche e specialmente dove non può giungere l'apostolo della parola.
La Sacra Congregazione del Concilio ha inviato una circolare al clero cattolico, nella quale dice che l'apologia deve esser fatta oralmente solo per eccezione e che in tal caso dev'essere tenuta da oratori idonei dopo che ne hanno ottenuto il consenso dai Vescovi. Cosa questa che è permessa solo in certi tempi e luoghi. Al contrario la stessa Congregazione non solo non impone tali limiti all'apologia scritta, ma l'incoraggia.
Se l'apostolo, all'occorrenza, trascura questo modo di bene, non soddisfa pienamente alla sua missione. Le opere popolari avranno più larga diffusione e gli gioveranno maggiormente. Le opere apologetiche, invece, gli saranno in generale di peso finanziario perché indirizzate ad un piccolo numero di persone, mentre richiedono maggior preparazione e maggior cura. Esse tuttavia non devono essere trascurate perché entrano nel fine dell'apostolato: dare Dio alle anime e portare le anime a Dio; fine che deve spingere a non trascurare nessun'anima e a dare alle singole non ciò che è più cercato e che soddisfa, ma ciò che purifica ed eleva a Dio, ciò che è utile per l'eternità.
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Solo così l'apostolo è all'altezza della sua missione e di lui si potrà dire che ha veramente il pensiero cristiano, pensiero che elabora nell'anima sua per esprimerlo nello scritto e moltiplicarlo con la stampa per farlo giungere alle anime.

Norme generali

Dell'apologia sacra, in quanto è difesa ed esaltazione della dottrina cattolica, l'apostolo scrittore può servirsene nelle due forme in cui si presenta: apologia diretta e apologia indiretta.1
La prima, con lo scopo di far conoscere le verità fondamentali della fede, difenderle dagli assalti dei nemici, indirizzare le anime che sinceramente le cercano e corroborare quelle che ne dubitano o sono tentate al riguardo.
La seconda, non per attaccare direttamente un errore determinato, ma per sciogliere le obiezioni e principalmente per esporre la verità con affermazione autoritativa ed assoluta, avvalorandola con forti argomenti.
Nell'apologia diretta deve tener presente: l'idea chiara della questione, la conoscenza esatta della fede e il punto preciso di ciò che viene presentato.
Per [la] conoscenza della questione gli è necessario
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lo studio dei fatti, dei principi filosofici, storici e scientifici che hanno dato origine all'obiezione. Deve rendersi conto del loro vero valore, vedere se la verità che gli si obietta è stata provata, se la scienza è veramente tale e non semplice ipotesi o teoria privata.
In riguardo alla conoscenza della fede è necessario che distingua i dogmi definiti dalla Chiesa dalle semplici opinioni; che conosca la storia della verità.
Per determinare poi le relazioni reciproche tra la fede e la scienza dovrà fare il confronto tenendo presente la definizione del Concilio Vaticano [I], in cui è espressamente dichiarato che non può esservi contraddizione vera tra la fede e la ragione, e che esse hanno invece delle relazioni vicendevoli.
La fede difende la ragione dagli errori, la conferma nelle verità acquistate, la eleva a concetti più alti. La ragione, a sua volta, se non può dimostrare i misteri, può tuttavia affermare che essi non sono assurdi. Può dilucidarli basandosi sia sulla natura delle cose come del fatto. Può confermarli con ragioni di convenienza, di similitudine e con la ragione teologica. Può infine coordinarli in un unico sistema.
Argomento dell'apologia diretta, o conferenza, può essere tutto ciò che serve a confutare l'avversario. Varia col variare dell'errore e del
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genere di avversari. Se l'apologia riguarda verità naturali, si varrà di argomenti naturali dedotti dalla filosofia e dalla teodicea, quali: l'esistenza di Dio, la natura e gli attributi suoi; [si varrà pure] degli argomenti riguardanti la religione, formanti la mentalità filosofica cristiana e cattolica. Se l'apologia poi riguarda verità soprannaturali, si varrà di argomenti soprannaturali: la dottrina della Chiesa, la Sacra Scrittura, la Tradizione. A questi può aggiungere le prove storiche e della ragione teologica; avvalorare le dimostrazioni poggiandosi sopra la divinità della religione cristiana quale appare dalla sua assoluta ed intrinseca perfezione, dagli effetti, dai miracoli ed avveramento delle profezie, nonché dalla testimonianza dei martiri.
Varia poi secondo il genere degli avversari, i quali possono essere ebrei, razionalisti, eretici ed increduli...
Diversa è l'apologia indiretta, la quale non tende a confutare l'avversario, ma solo ad esporre e provare la verità con affermazioni autoritative, assolute e con forti argomenti. È nello stesso tempo opera di filosofo e di dottore, di polemico e di apologista. Abbraccia tutti gli argomenti del dogma, della morale e del culto e si rivolge indifferentemente e contemporaneamente ai credenti ed agli increduli, attirando gli uni e confutando gli altri.
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Anche questa forma di polemica richiede una preparazione simile alla prima; ed in generale esige le stesse norme.

Norme particolari

Nella apologia moderna si nota un carattere di soggettività. Essa tende a dare ciò che piace e a evitare ciò che disgusta. Vi è poi anche l'apologia diretta al sentimento, basata sulla fantasia e sulla poesia.
L'apostolo della stampa deve evitare la prima e non fermarsi ai limiti della seconda. L'opera sua dev'essere completa, conforme alla integrità della religione e alla natura dell'uomo. In essa dovrà predominare la parte della dottrina, tuttavia non mai disgiunta dalla parte pratica che trasforma ed eleva. Si rivolge particolarmente all'intelletto, ma non trascura ciò che è incitamento alla volontà e stimolo al cuore.
È noto come l'apologia è il genere di parola e di scritto cui più facilmente non seguono frutti. Questa deve essere la preoccupazione dell'apostolo. Il grande apologista Lacordaire prima di salire al pergamo, alla preparazione intellettuale faceva seguire una preparazione pratica fatta di penitenze e di preghiere. Così dovrebbe fare l'apostolo scrittore, anzi più ancora, poiché se la parola viva ha spesso attrattiva e forza sul
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sentimento, non può sempre dirsi lo stesso per lo scritto.
Si prepari dunque l'apostolo a compiere opera di apologista non solo con una cultura adeguata, ma anche con una santa vita, ed accompagni la sua opera con molta preghiera.
All'occorrenza poi sia pronto. Non potrà seguire una regola unica per tutti i casi. Ed in pratica, dopo essersi messo al corrente della questione e avere consultato gli autori migliori e più sicuri, cerchi il modo di esposizione che conduce alla verità e lo faccia in modo chiaro e convinto. La sua parola, avvalorata allora da una vita santa, corroborata dalla grazia, resa piacevole dalla sua maestria nel convincere non solo, ma anche nel muovere la volontà per l'eccitazione del sentimento e della fantasia dell'avversario, otterrà il frutto desiderato.
Ricordi che l'abilità non dipende dal dire tutta la verità, ma dal dire solo quanto è necessario e conveniente.
Soprattutto poi non perda di vista l'aurea regola che insegna a non assalire e non umiliare l'avversario, bensì a guadagnarlo. In questo gli sarà d'esempio San Francesco di Sales il quale col suo metodo chiaro e conforme alle inclinazioni umane ha convertito ottantamila eretici.
Solo così l'apostolo, pur avendo chi resiste alla sua opera, potrà soddisfare alla sua missione di apologista e ottenere frutto alle anime.
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CAPO XVIII
IL QUOTIDIANO

Uno dei generi di stampa che, particolarmente nel tempo nostro, deve preoccupare l'apostolo scrittore è il quotidiano.1 È infatti evidente che, nella statistica delle letture, il giornale occupa il primo posto.
L'apostolo usi sapientemente e fruttuosamente di questo mezzo, regoli il suo lavoro positivo su norme salde e, prima ancora, si prepari con uno studio particolare sul problema del quotidiano in genere e del quotidiano cattolico in specie.
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Il valore del quotidiano

Quello del quotidiano è problema che si differenzia da tutti gli altri problemi di stampa. Il libro, il periodico... riguardano categorie particolari di persone. Il quotidiano, invece, riguarda tutti, perché è diventato necessario per tutti.
Il quotidiano poi tratta tutti gli argomenti che possono interessare ogni categoria di lettori.
In esso, la politica, il commento, la cronaca ragguagliano sugli sviluppi o le previsioni del momento. La rubrica letteraria mette al corrente delle attualità e novità. Il novelliere racconta la sua leggera trama di moda. Il corrispondente cinematografico presenta e applaude alle novità che possono interessare la curiosità del pubblico... Per questo è ormai diventato necessario. La gente vuol sapere, vuol conoscere, vuol imparare e legge. Legge il giornale.
Il quotidiano giunge dappertutto: prende di assalto i ritrovi, tiene il primo posto nelle edicole, dà lavoro ad un numero stragrande di strilloni che infestano le stazioni, le vie ed i corsi più affollati.
Il quotidiano è voce che si moltiplica su milioni di fogli per moltiplicarsi su milioni di bocche e di cervelli.
È divulgatore di idee, di riflessioni: è germe di azione. Idee, riflessioni, azioni che germogliano
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il bene o il male a seconda se scaturiscono da menti sane o menti guaste, perché anche qui si applica il detto del Maestro divino: «Ogni albero buono dà frutti buoni, ed ogni albero cattivo dà frutti cattivi».2
La gran massa dei lettori prende in generale e legge il giornale senza discernere, senza vagliare. Si legge, si beve a sorsi copiosi la medicina o il veleno. Ci si forma così la mente e la coscienza a poco a poco, senza accorgersene, finché si trova in se stessi un patrimonio nuovo che si pensa di dovere a nessuno perché si crede proprio, tanto il lavoro esterno del foglio è influente nello spirito, ma impercettibile e inavvertito.
Naturalmente il male, che è più conforme alla nostra natura corrotta, s'infiltra con più facilità e miete vittime in numero sterminato.
A questo purtroppo non si riflette, e il giornalismo diventa troppo spesso non solo un semplice raccoglitore di idee, ma anche una vera cattedra di errore e di male.

La missione del quotidiano cattolico

Se il giornale è una delle principali mani che concorrono alla coltivazione di quella pianta sensibilissima, ragionevole, impressionabile che
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è la coscienza, non deve essere preparato con leggerezza.
È troppo noto il male cagionato da un giornale malsano, diventato ormai una professione d'iniquità, che rende la vita ogni giorno più amara, più turbinosa.
Quanto odio, quanta immoralità, si svela e si decanta sulle colonne di giornali non ispirati a principi e criteri cristiani!
Specialmente nel ceto medio, fra la gente di cultura media, nel popolo, essi dettano leggi, formano la base di ragionamenti, di propositi, di entusiasmi impregnati di pessimismo pernicioso quando non sia di errore e di immoralità.
Per troppi, un quotidiano che forse non è in se stesso se non un foglio di carta insudiciato di inchiostro, è diventato Vangelo.
Tutto questo fa comprendere la necessità di un giornalismo che si proponga come missione specifica di formare le coscienze degli individui e delle masse. Un giornale di valore, che merita d'essere letto, cercato e amato come un amico; che non seduce, non inganna, non mentisce, ma che, nell'esposizione e valutazione dei fatti, dispone lo spirito a considerare le cose umane con un senso di ottimismo, che fa pensare ad un Dio, buono e giusto, nostro principio e nostro fine.
E ciò lo può fare solo il giornale cattolico che, astraendo da ogni interesse materiale, abbia,
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per così dire, come motto il programma evangelico compendiato nel trinomio via, verità e vita, ossia quel giornale che forma le menti, le volontà e i cuori secondo la fede e la morale evangelica.
Riguardo al quotidiano cattolico è da notare che molto è stato fatto e si fa, ma troppe forze si disperdono. Il giornalismo cattolico deve più e specialmente oggi, rendersi conto dell'importanza della sua missione. Si pensi che tanti hanno fame e sete di luce e di amore; che la parola di Gesù Cristo e del suo Vicario è desiderata dalle masse che la domandano e la vogliono; che negare il pane all'affamato è delitto, darne poco quando si può dare con sovrabbondanza è rinunziare alla propria missione di carità.
Di più, il giornale cattolico è sottoposto a innumerevoli critiche; si dice, ad esempio, che è scarso di notizie, retrogrado, deficiente nella parte tecnica, privo di servizi dall'estero, ecc.

Norme pratiche

Nella sua orazione pentecostale tenuta all'inaugurazione del secondo Congresso internazionale dei giornalisti cattolici, nel 1937, il Card. Eugenio Pacelli, che ora veneriamo Papa Pio XII, considerò l'opera del giornalismo cattolico come una battaglia, di cui designò i combattenti, il nemico e le armi insieme. «I combattenti
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siete voi - diceva ai giornalisti -, il nemico è la paganizzazione della vita moderna; le armi sono la diffusione e l'illustrazione dei documenti pontifici. L'ora della battaglia è il presente; il campo della lotta è l'antagonismo che si svolge fra la ragione e il senso, fra gli idoli della fantasia sognante e l'autentica rivelazione di Dio, fra Nerone e Pietro, fra Cristo e Pilato. Non è nuovo il combattimento; è nuova l'ora che volge».
L'apostolo giornalista è dunque un combattente. E nella sua battaglia, per essere destro al buon uso delle sue armi salutari, deve possedere qualità che si possono ridurre alle seguenti: disinteresse, sincerità e coerenza, studio e scienza, elevazione e abbandono in Dio, devozione al Papa.
Praticamente può esplicare la sua attività nei riguardi del quotidiano mediante un'azione negativa e positiva.
Negativa con l'impedire il sorgere e il divulgarsi di quotidiani non ispirati a principi cattolici; positiva col sostenere, promuovere e divulgare i quotidiani cattolici già esistenti e col suscitarne altri dove e quando ne nota il bisogno e ne trova la possibilità.
Per quanto dipende da lui, e gli è lecito, cerchi di pareggiare, non solo, ma superare l'avversario.
Miri soprattutto a formare una coscienza cattolica
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nei lettori, seguendo le direttive della Santa Sede e dell'Episcopato.
Garantisca con la sicurezza del pensiero la purezza della morale, evitando con austera disciplina le cronache e le illustrazioni che offendono la morale e insidiano la famiglia e la gioventù.
Riferisca gli avvenimenti del giorno presentandoli alla luce della dottrina cristiana, guidando il lettore a giudicarli secondo la propria coscienza cristiana, ed evitando con somma cura tutto quello che potrebbe costituire un pericolo per la fede dei lettori e per la onestà della vita.
Ricordi che la verità a cui serve non ammette equivoci o compromessi; che difende una morale che, incisa su tavole di pietra, non tollera cancellature. Anche quando ciò gli dovesse costare sudore e sangue.
Sia guida sicura che addita, nelle rassegne letterarie, teatrali, cinematografiche, ciò che è buono, lecito, pernicioso e illecito.
Cerchi tutti i mezzi possibili per far giungere ovunque il quotidiano cattolico che con la pace e nella giustizia porti a tutti l'attesa carità della verità.
Tenga presenti in ogni tempo le vigenti leggi sulla stampa: non faccia mai del male, e si contenti di fare il bene che può, dove può, coi mezzi che può, senza esporre inutilmente la vita del giornale al sequestro e alle sospensioni.3
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CAPO XIX
RIVISTE E PERIODICI

S'intende qui di parlare delle pubblicazioni tanto a formato e tipo di giornali, quanto a formato di riviste o rassegne, cioè in fascicoli di parecchi fogli di stampa, le quali hanno tutte, qualunque ne sia il contenuto, la caratteristica di essere diffuse a intervalli di tempi determinati, oppure liberi.

Diffusione delle riviste e dei periodici

Ai tempi nostri nei quali tutto è rapido, standardizzato, vi sono molti lettori, ma pochi che abbiano tempo e mezzi per studi profondi. I più cercano l'informazione succinta, paghi di giungere presto a sfiorare i problemi più complessi
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e diversi e di formarsi una cultura improvvisata e vanamente rilucente.
Perciò il periodico e la rivista trionfano: periodico e rivista settimanale, quindicinale, mensile, trimestrale, illustrati e non illustrati. Anzi quelli non illustrati, col loro aspetto maggiormente scientifico e serio, hanno una diffusione più ampia.
Riviste e periodici specializzati, con di tutto un poco che, rispondendo alle necessità dei tempi, trovano lettori sempre più numerosi e si moltiplicano sotto tutti i titoli possibili ed immaginabili.
La lievità del prezzo, la facilità dell'acquisto, lo stesso poco posto che occupano, la varietà di materia a cui si ispirano, li fanno preferire da molti al libro.
Si può anzi dire che codesto tipo di cultura fa reale concorrenza al libro, e che talora lo soppianta. Caratterizza la piccola biblioteca individuale del medio ceto, segna più d'ogni altra stampa la fretta della nostra epoca, il suo dilettantismo, il desiderio di sapere e la poca voglia e il poco tempo di conquistarlo. Risponde, in breve, alla metamorfosi e al moltiplicarsi dei lettori benevoli e moderni.
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Valore delle riviste e dei periodici

Il lettore delle stampe periodiche ha generalmente una fede quasi cieca in ciò che legge, e ne farà poi il nerbo dei suoi pensieri, dei suoi ragionamenti, delle sue conversazioni.
E poiché tali lettori sono numerosissimi, può dirsi che molta parte dell'opinione pubblica, religiosa, politica, sociale di oggi, vive di codesto cibo periodico e se ne sazia, senza riflettere che è spesso molto deleterio alla cultura non meno che all'anima.1
Tutto questo non è da condannarsi, anzi spesso da appoggiarsi perché giova alla divulgazione culturale e corrisponde alle necessità dei tempi. Ma, appunto per questo, se la responsabilità del giornalista è grave, molto di più lo è per lo scrittore di riviste e periodici, al quale, in modo specialissimo, si chiede informazione esatta e sicura nonché competenza sugli argomenti che tratta. Egli si rivolge generalmente ai meno informati, ai meno colti, ai più occupati che gli si affidano quasi ciecamente.
D'ordinario il periodico e la rivista hanno un'influenza molto superiore a quella del libro. Questo è scelto generalmente dal lettore secondo la sua prudenza e non sempre secondo il bisogno. Ed in pratica, anche se viene scelto a proposito,
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ha un effetto inferiore perché si limita ad un argomento particolare. Esso poi stanca facilmente il lettore, o almeno non si presta ad essere riletto con facilità, perché è tendenza comune il cercare sempre novità.
Al contrario, la rivista e il periodico si presentano in veste attraente, spesso resa piacevole da illustrazioni e curiosità interessanti. Però questa varietà, che ne dovrebbe costituire il pregio, è, non di rado, veicolo di veleno. La scusa che la rivista è fatta per tutti i gusti è molto spesso il cavallo d'Ulisse con cui l'errore e il cattivo consiglio si insinuano nelle anime.
Ma è anche vero che se la rivista e il periodico sono seri, fatti bene e con basi solide, allora diventano grandi mezzi di divulgazione di tanti problemi, che diversamente sarebbero inaccessibili ai più, e soprattutto diventano mezzo di un apostolato fruttuoso perché continuo, esteso e generalmente ben accolto.

Norme per l'apostolo

L'apostolo, oltre al lavoro negativo per distogliere le anime dalla lettura delle riviste e dei periodici non conformi ai principi religiosi, deve compierne un altro positivo, molto intenso, per sostenere quelli buoni già esistenti, e crearne all'occorrenza dei nuovi.
Non sembri fuor di proposito l'aiuto a quelli
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già esistenti. L'apostolo non mira al lucro, ma al bene. Per lui (e tanto più s'egli è religioso) l'esercizio del voto di povertà, secondo la sua condizione, consiste in gran parte nel sostenere quelle riviste e periodici che, pur passivi, sono destinati a compiere il vero bene. È questa una carità fatta non di pane, ma di parola di Dio; carità forse sconosciuta e non apprezzata dagli uomini, anzi talora biasimata per l'arrischio a cui si espone, ma pur sempre carità eroica e sommamente meritoria; carità che gli procurerà in cielo la sorpresa di un premio inaspettato.
Nel modo poi e nelle condizioni possibili, l'apostolo può, anzi deve egli stesso fondare riviste e periodici che corrispondano alle necessità spirituali delle anime che le cercano e anche di quelle che non le cercano. E perché queste sue pubblicazioni non vengano respinte e raggiungano anzi lo scopo, devono essere tali da poter soddisfare il lettore, sia nella parte redazionale, come nella tecnica e, a tempo e modo, nella propaganda.
Si sa: la rivista e il periodico sono forse tra i generi di pubblicazioni più difficili e più esigenti, perché vanno nelle mani più diverse e rispondono ad una specie di media coscienza collettiva, mutevole, spesso puerile.
Per questo essi richiedono, come del resto anche i quotidiani, un direttore competente che
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abbia la possibilità di curarli personalmente e minutamente nei tre momenti: redazione, stampa e diffusione e nell'amministrazione.
In riguardo alla redazione il direttore curi particolarmente di raggiungere lo scopo attraverso la varietà.
Scopo delle riviste e dei periodici dell'apostolo è specificatamente la formazione religiosa. Il direttore curi che si tratti in modo conveniente l'argomento religioso, come quello che è superiore a ogni altro. Questo argomento deve avere un duplice carattere: essere trattato in modo da farsi preferire ad altre letture nocive e rivolgersi alla mente, alla volontà e al cuore dei lettori per elevarli interamente a Dio.
Nel modo e nel tempo opportuno si deve quindi toccare di preferenza tutto ciò che costituisce la fede, la morale e il culto cattolico, affinché il lettore possa, quasi insensibilmente, giungere alla conoscenza e alla pratica della vita cristiana secondo il suo stato. Tuttavia, pur ispirandosi in modo tutto particolare al principio religioso, si può e talora si deve toccare la politica, appigliarsi all'evocazione di un fatto storico, di una data personalità inquadrata nel suo tempo, trattare a volte anche lo sport, la poesia, l'arte, la scienza, rubriche varie, ecc.
Questo perché la varietà è pure molto da curarsi. Guai alla monotonia!
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Più saranno le risposte date alla curiosità (il lettore è sempre un po' come il bambino, eterno ed insoddisfatto interrogante), più saranno toccati i problemi rispondenti al clima del giorno e più la rivista sarà soddisfacente.
Il direttore quindi non cerchi semplicemente di riempire le pagine, ma sappia trovare il posto per la varietà divertente. Dopo l'articolo di fondo, tenga viva la corrispondenza periodica coi lettori, come fa l'insegnante nella scuola o il predicatore nella predica. Cerchi di conoscere per quanto è possibile i lettori, e adatti la materia alle loro capacità, alle loro tendenze, in modo che la sua stampa sia attesa e letta non solo con piacere ed interesse, ma con avidità.
Curi che siano vari i testi, le forme note, i problemi accennati più che discussi.
La tecnica non è da trascurarsi perché, pur di secondaria importanza, è quella che colpisce maggiormente e che dà la prima impressione di simpatia o di antipatia.
Dia norme particolari perché le pagine siano varie, ben scelti i caratteri e ben dosata la composizione, attraente la copertina, i titoli e tutto ciò che stimola la curiosità e impressiona il senso estetico.
Vigili infine la correzione delle bozze, la stampa, la copertina, la spedizione e l'amministrazione.
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Il lavoro del direttore non si ferma alla redazione e alla tecnica, ma deve avere il suo compimento nella diffusione.
I lettori sono gli scolari specifici del direttore e talora, se così è lecito esprimersi, i suoi figli spirituali. Egli li consideri, li tratti quindi come tali. Nessuno gli sfugga. Abbia con essi corrispondenza frequente sia attraverso le colonne del giornale, come privatamente. Renda propri i loro desideri, i loro bisogni. Faccia loro sentire il suo affetto paterno, il suo aiuto forte ed incoraggiante.
Non si accontenti mai del loro numero. La sua non è scolaresca limitata. Dopo aver affezionato i vecchi [lettori], s'industri di trovarne dei nuovi. A questo scopo si potrà servire dei periodici stessi con reclami,2 saggi... dei lettori avviandoli ed entusiasmandoli alla propaganda di nuove conoscenze... La pratica e lo zelo gli suggeriranno i mezzi.
Il direttore non potendo attendere a tutti i lettori si serve di aiutanti, ma su tutto e su tutti deve vigilare: egli è il maestro.
La vita del periodico dipende in gran parte dall'amministrazione. Anche di questa il direttore abbia la cura diretta: regoli l'offerta di abbonamento e si appigli a tutti i mezzi per impedire la passività che costituirebbe per il periodico o la rivista un pericolo di morte.
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CAPO XX
BOLLETTINO PARROCCHIALE

Tra la stampa periodica cattolica tiene un posto eminente il periodico della parrocchia o «bollettino parrocchiale».

Che cos'è

Il bollettino parrocchiale non è un notiziario, una cronaca degli avvenimenti civili di un determinato tempo, un bollettino agricolo, commerciale, industriale; non una palestra letteraria scientifica, un'autoincensazione o un'autodifesa; non un foglio infamatore di avversari veri o presunti...
Esso invece è: l'altoparlante del Parroco e delle opere parrocchiali, la campana di carta che chiama silenziosamente i figli alla parrocchia,
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la comune casa paterna nella quale si è nati alla vita spirituale, ove si vivono i momenti più solenni, ed ove si dovrà passare defunti per averne i primi suffragi. È il veicolo della carità del pastore che vuol fissare sulla carta la sua parola rivolta ai figli, perché teme che la dimentichino. È l'estensione dello zelo pastorale che oltrepassa le mura del tempio per giungere a tutte le anime, anche a quelle che non frequentano la chiesa, che sono lontane da Dio.
Il bollettino parrocchiale, pur avendo sempre lo stesso scopo, può variare secondo il periodo di tempo in cui esce, il formato, il contenuto...
In riguardo al periodo di tempo in cui esce, può essere: settimanale, quindicinale, mensile, bimensile [= bimestrale], semestrale, annuale.
In riguardo al formato: foglietto, avviso, lettera parrocchiale,1 manifesto da affiggersi alla porta della chiesa o ai muri, a forma di giornale, o semplice o illustrato, in quattro, otto, sedici o più pagine.
In riguardo al contenuto può essere: tutto comune, tutto proprio, in parte comune e in parte proprio.
Tutto comune quando è uguale per più parrocchie. Tutto proprio quando è scritto interamente
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dal Parroco o da chi fa per lui. Parte comune e parte proprio quando, su un bollettino comune per una o più diocesi, il Parroco riserva qualche colonna o pagina per la materia sua.

Sua utilità

L'utilità o meglio la necessità del bollettino parrocchiale appare principalmente dal suo scopo pratico.
Esso mira a stabilire un vincolo fortissimo tra il Parroco e i parrocchiani. Vincolo con tutti quelli che hanno ascoltato in chiesa la sua parola, fissandola con precisione, in modo che essi possano richiamarla e meditarla a tempo opportuno.
Vincolo con quelli che gli sono lontani, che non frequentano la chiesa, portando loro il ricordo e il richiamo paterno del pastore che deve e vuole guidarli alla pratica fedele della vita cristiana.
Vincolo con gli alieni dalla parola religiosa, con gli avversari e, all'occorrenza, con gli emigrati. L'esperienza ha dimostrato e dimostra che molti avversari, nell'intimo del loro animo, mostrano stima, fiducia e amore verso il loro parroco che si è votato al servizio di Dio e al bene delle anime, dell'anima loro. E, se anche non lo dimostrano, molti godranno di leggere
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nel segreto della loro casa la parola che, per falsi pregiudizi, non vogliono udire. Altri invece vi saranno attratti dalla curiosità, dal bisogno di far passare il tempo, col proposito di criticarla... Ma anche in questi casi, la parola scritta dal Parroco, se sarà la vera parola di Dio, riportata o commentata con spirito soprannaturale, non mancherà di essere un pretesto d'unione, un seme di vita per il cielo.
Per comprendere poi quanto il bollettino possa giovare agli emigrati, basta pensare al loro attaccamento alla religione ed alla Patria.
In mano a tutti i parrocchiani il bollettino sarà dunque il segno di fratellanza fra loro, il distintivo di figliuolanza al proprio Pastore.
In mano del Pastore sarà un'attestazione della sua viva carità verso Dio, e verso le anime; una dichiarazione del suo zelo spinto fino al sacrificio e all'ardimento, perché l'iniziare un bollettino parrocchiale esige talora non piccoli sacrifici e il superamento di difficoltà non indifferenti.
Ed oggi, più che mai, fra tanto indifferentismo, egoismo religioso e passione sfrenata per la lettura, il Parroco che è riuscito ad introdurre nella sua parrocchia il bollettino, può affermare di non aver trascurato uno dei mezzi più efficaci del suo ministero.
Scopo ancora del bollettino parrocchiale è
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di dare sviluppo a tutte le iniziative della parrocchia.
È infatti delle persone più pratiche e più sagge il dar vita alle opere organizzative mediante stampati che le spieghino, le inculchino e le sostengano. Così per le opere civili, commerciali, sportive, scientifiche, artistiche, religiose. Così per le opere missionarie, assistenziali, educative...
Si tratta naturalmente di un «dulce pondus»,2 simile al peso delle ali per l'uccello: peso tuttavia che viene portato dalle ali stesse.
Il bollettino sostiene le opere parrocchiali come l'asilo, l'ospedale..., chiede soccorso per coprire le opere della chiesa; promuove e sostiene le iniziative religiose come i primi venerdì in onore del S. Cuore, Quarant'ore, missioni...; sviluppa l'organizzazione catechistica; dà attività all'Azione Cattolica, alle confraternite, alle opere caritative, alle organizzazioni delle varie classi di persone, ecc. ecc.
In breve: il bollettino parrocchiale è voce alta, voce continua, voce scritta, voce meditatamente e opportunamente emessa che ha, anche umanamente, i migliori requisiti per un buon successo.
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Come deve essere

Perché il bollettino parrocchiale raggiunga più agevolmente il suo santo scopo, deve possedere qualità in riguardo alla redazione, alla materia, alla forma esteriore, all'amministrazione e alla diffusione.
Sia redatto dal Parroco (almeno nella parte riguardante la parrocchia), e sia sotto la diretta sua responsabilità. Ciò perché, essendo il bollettino una forma di predicazione, deve rispecchiare il pulpito ove il sacerdote sale tremante per non guastare la parola di Dio.
Sia indirizzato a tutti e i singoli parrocchiani, specialmente ai meno praticanti.
Il Parroco parli impersonalmente, si presenti non come persona particolare, ma come padre e pastore; effonda l'anima ed il cuore suo attraverso lo scritto, con zelo, unzione sacra, affetto soprannaturale.
Sia redatto in forma semplice: dialogica, narrativa, aneddotica... secondo i casi.
La materia sia morale e religiosa, cioè pastorale. Contenga possibilmente una parte propria ed una parte comune; la comune non sia scritta possibilmente dal Parroco, ma da persone più esperte. La propria contenga le cose particolari della parrocchia e sia riservata al Parroco.
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Come riempitivo o appendice riporti notizie brevissime che possono interessare i parrocchiani e giovare, almeno indirettamente, al bene della loro anima, all'unione col Parroco, all'affetto verso il bollettino.
Occupino invece la parte principale: la ripetizione delle istruzioni parrocchiali, l'orario delle funzioni, il resoconto anagrafico e specialmente l'augusta parola del Papa e quella dei Vescovi. Tornerebbe infatti inutile che il Papa parli e il Vescovo spedisca lettere pastorali, se poi i fedeli non ne vengono a conoscenza. È poi desiderabile che in esso non manchi un'apologia popolare delle verità della fede, fatta però con coscienza e chiarezza.
Il bollettino sia l'eco di tutte le organizzazioni parrocchiali: Azione Cattolica, confraternite, iniziative religiose e caritative, biblioteca, teatro o proiezioni parrocchiali, ecc.
Eviti sempre, assolutamente, ogni invettiva, inutili e indecorosi strisciamenti. Si presenti al contrario in modo piacevole ed incoraggiante.
L'amministrazione del bollettino, in via ordinaria, non è, e non deve essere gravosa, perché se è fatto nella debita forma, non solo non è passivo, ma sostiene anche tutte le altre opere e iniziative parrocchiali. Si può fissare un abbonamento, ma è necessario mandarlo specialmente a coloro che non lo pagano. Il maggior sostenimento
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sono le offerte libere. Talora si possono usare collette, banchi di beneficenza, recite...
Anche la distribuzione del bollettino deve essere, per quanto è possibile, pastorale. Poco indicata è la spedizione fatta a mezzo della posta. Utilissimo invece è dare l'incarico a zelatori o zelatrici di portarlo alle case e consegnarlo preferibilmente al capo famiglia. Se in parrocchia sarà costituito il gruppo cooperatori all'apostolato stampa, il compito della distribuzione toccherà ad uno o più membri dei componenti.
Qualunque però sia il modo di distribuzione, è da curarsi che il bollettino pervenga a tutte le famiglie, specialmente a quelle che non frequentano la Chiesa e alle avversarie.
Compito dell'apostolo della stampa in riguardo al bollettino parrocchiale è: consigliare secondo le norme sopra esposte, incoraggiare, e all'occorrenza redigere la parte comune, curare la stampa e la diffusione.
L'apostolo non dovrebbe darsi pace al riguardo fintanto che tutte le parrocchie non posseggano il bollettino parrocchiale.
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CAPO XXI
LETTURE AMENE

Con nome di «letture amene» s'intendono tutte quelle letture che hanno lo scopo di educare e istruire presentando ciò che piace ed attrae, come il romanzo, la novella, il bozzetto, il racconto, la favola, gli apologhi, le parabole, le avventure, i viaggi, i racconti storici...

Loro utilità nell'apostolato

Servirsi delle letture amene per l'apostolato della stampa è sapiente industria, basata sulla natura umana e, soprattutto, sull'esempio del Maestro divino. Gesù Cristo, infatti, insegnò la sua dottrina servendosi appunto di racconti, di parabole, di spunti sempre piacevoli e adatti alle inclinazioni del popolo che lo ascoltava.
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Le letture amene costituiscono il genere di stampe preferito e più diffuso. Interessano non solo una categoria di persone, ma tutti: piccoli e grandi del popolo, gli studenti, i professionisti, i colti tutti. I giovani perché spensierati; gli adulti, per lenire le preoccupazioni; gli studenti che li preferiscono ai libri di scuola; coloro che non hanno del lavoro per passare il tempo.
Costituiscono il genere di letture che in percentuale maggiore si trovano nelle librerie, nelle biblioteche, nelle edicole e nelle famiglie. Sono le stampe che hanno più forti tirature.
Sono letture attraenti ed interessanti perché si rivolgono ai sensi e specialmente alla fantasia. Tengono viva e desta la curiosità, suscitano profonde impressioni che, se buone, costituiscono un forte incentivo alla virtù, ma se cattive, trascinano inesorabilmente al vizio.
Di esse più che d'ogni altro genere, l'apostolo può servirsi per combattere la stampa cattiva e per diffondere la buona. Il mondo è allagato da un mare di stampa amena. Al riguardo vi sono statistiche impressionanti anche se molto approssimative.
Per limitarsi alla sola produzione libraria di carattere narrativo, si calcola che in un anno vengono pubblicati, solo in Italia, diecimila romanzi. Ciascuno di essi ha una tiratura che varia
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dal migliaio di copie ad un massimo di 50.000 (specialmente per quelli smaltiti nelle bancarelle). Così all'ingrosso oltre mezzo milione di copie di romanzi vengono vendute ogni anno, solo in Italia. Quasi tutti questi volumi vengono letti da più di due persone; se poi sono nelle biblioteche pubbliche vanno a ruba.
Ebbene, di questi romanzi, nemmeno un quinto è raccomandabile, mentre tre quinti sono negativi, ed un quinto è tollerabile con riserve.
È qui il caso d'applicare la parola d'ordine di Leone XIII: «opporre arma ad arma»; opporre romanzi a romanzi, letture a letture.
Le letture amene, inoltre, si prestano moltissimo, sebbene indirettamente, alla causa del bene.
Uno scrittore cattolico, Domenico Giuliotti, scrive: «I trattati filosofici e teologici (parole e pensiero che si cristallizzano nel ragionamento) sono impotenti a far sentire agli uomini che il cristianesimo è vero e vivente. Ma durante una lettura, per esempio dei Promessi Sposi, parola viva, anzi vita, è impossibile non sentire (al disopra dell'arte) il fascino divino della dottrina di Gesù Cristo».
L'apostolo può dunque servirsi di queste letture come mezzo efficacissimo non solo per preservare le anime dal veleno della stampa cattiva, ma anche per nutrirle spiritualmente.
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Come devono essere

Per raggiungere il loro scopo, sia negativo che positivo, le letture amene preparate dall'apostolo devono possedere almeno tre qualità essenziali: una tesi buona, indirizzarsi a tutte le facoltà dell'uomo, forma piacevole.
La tesi potrà variare secondo il genere dello scritto o la categoria di persone cui esso è indirizzato. Ma non dovrà mai mancare.
Consiste nel fine e si propone un principio da dimostrare, un ammaestramento da impartire, un ideale a cui indirizzare il lettore, ecc.
Lo svolgimento dev'essere condotto in modo tale che l'azione o intreccio valgano a provare la tesi proposta.
Le facoltà dell'uomo alle quali bisogna indirizzarsi sono non solo l'intelletto e il sentimento, o tanto meno facoltà secondarie, quali la fantasia o i sensi, ma devono essere tutte le facoltà essenziali dell'animo umano: l'intelletto, il sentimento, la volontà. Si potrà dare la preminenza all'una o all'altra, secondo le circostanze particolari, ma nessuna mai sarà da trascurarsi.
Per sottrarlo interamente dal male e portarlo tutto a Dio, l'uomo è da prendersi qual è. Ora, egli, secondo la sua natura, ama ciò che conosce, vuole ciò che ama. E poiché egli conosce, ama e vuole rispettivamente con le facoltà
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dell'intelletto, del sentimento e della volontà, egli deve essere coltivato in tutte e tre, contemporaneamente e cordialmente.
La forma sarà piacevole se il tema che forma l'argomento, la lingua, i caratteri tipografici, il tipo delle illustrazioni..., tutto è proporzionato alla categoria di persone cui si dirige, alle circostanze di luogo e di tempo e soprattutto se corrisponde alle esigenze proprie della natura umana.
I temi possono essere variissimi, indefiniti: racconti a sfondo biblico e storico, rifacimenti o rielaborazioni dei capolavori classici, opere originali, istruttive, educative, divertenti...
Sebbene l'istruzione e la lingua non debbano essere il fine principale, tuttavia non bisogna dimenticare il sapiente adagio: «Quanto è stato appreso divertendosi non si dimentica più».Si curi quindi la retta accentuazione fonetica e l'esattezza ortografica, l'ortodossia più rigida della grammatica e della sintassi, la finezza di vocaboli, la punteggiatura.
Vi sia conveniente scelta di idee, distinguendo le più importanti dalle meno importanti; ordine nel distinguere le parti; passaggio spontaneo e regolare da un pensiero all'altro, proporzione tra le parti.
Vi sia, in fine, chiarezza di pensiero, proprietà, brevità, convenienza, armonia ed anche
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una certa qual eleganza, per cui il racconto riesca chiaro, semplice, colorito, brioso.
Trattandosi di fatti veri, si procuri sempre di avere chiara e distinta la cognizione delle loro cause ed effetti. Se poi sono finti, siano immaginati conformi alla legge della verosimiglianza.
Si mettano in rilievo le persone che vi hanno parte, le circostanze di luogo e di tempo in cui i fatti si svolgono, omettendo tutte le particolarità inutili.

Modelli cui ispirarsi

Tra i molti, se ne possono suggerire due: I Promessi Sposi e il Libro di Tobia, nei quali risultano chiare le tre condizioni proposte.
I Promessi Sposi è, nel campo profano, il capolavoro del genere. La tesi propostasi dal Manzoni in questo romanzo religioso-morale, appare chiara: «L'innocenza perseguitata dagli uomini prepotenti è protetta da Dio, mentre la prepotenza, la codardia saranno un giorno da lui colpite. Sopra tutti poi, buoni e cattivi, si eleva benefica e dominatrice la religione, la sola che ha la vera potenza di lenire i dolori degli oppressi e convertire ancora gli oppressori».
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L'orditura generale del romanzo, ammirabile nella sua semplicità, è tutta mirante allo scopo. Ma, per renderla più viva, l'autore la scolpisce in alcuni quadri essenziali, quali: il «verrà un giorno» del P. Cristoforo, la conversione dell'Innominato, la morte di don Rodrigo e infine la nuova famigliuola di Renzo e Lucia.
L'opera si rivolge a tutto l'uomo, anzi, l'evidenza quasi drammatica con la quale l'artista racconta i fatti, rappresenta le più varie e difficili scene e dimostra la sua profonda conoscenza dell'animo umano. La fedeltà e la vivezza con cui è rappresentato l'ambiente storico, la pittoresca descrizione dei luoghi, la naturalezza e il rilievo singolarissimo dei caratteri, quali Don Abbondio, don Rodrigo, P. Cristoforo, il Cardinal Federigo..., i due protagonisti..., sono altrettante voci che parlano profondamente alla mente, alla volontà e al cuore del lettore e che insensibilmente lo inducono a pensare, a sentire e a volere con l'autore.
Riguardo poi alla forma, i critici non vi trovano appunti.
Il Libro di Tobia è un gioiello di letteratura. La tesi che si propone è questa: «La divina Provvidenza, se prova i giusti, non li abbandona mai, e li rende felici anche in questa vita». Viene svolta nella semplicissima
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trama del racconto: descritte le sventure di Tobia (povero e cieco) e di Sara (insultata perché le son morti sette mariti uccisi dal demonio), mostra la Provvidenza divina che manda l'Arcangelo Raffaele a guida del figlio Tobia, per andare in Media a riscuotere dieci talenti da un certo Gabelo. L'Arcangelo libera il figlio di Tobia dal pesce, Sara dal demonio e gliela dà in sposa; finalmente ridona la vista al padre. Dal complesso appare Tobia, uomo giusto, che si affida alla divina Provvidenza.
Nessuna delle facoltà umane è trascurata in questo libro. Infatti, leggendolo, la mente è innalzata a verità consolanti quali la bontà di Dio, l'esistenza e la protezione degli Angeli, i benefici effetti della rassegnazione e della fiducia in Dio; la volontà è invitata e spinta al bene da sentimenti prodotti nell'animo alla considerazione di santi esempi.
Riguardo alla forma fu considerato come un gioiello d'arte e di delicatezza.
L'apostolo scrittore cerchi di modellarsi su questi esempi e, all'occorrenza, suggerirli ed esigerli dai collaboratori nel campo delle letture amene. È anzi utile che si serva dei collaboratori, specialmente per la compilazione di romanzi. Per sé riserverà in modo particolare ciò che è aneddoto, bozzetto, novella, racconto storico e soprattutto biografia e agiografia.
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CAPO XXII
LETTERATURA PER L'INFANZIA E PER LA FANCIULLEZZA

Scrivere per fanciulli è arte singolarmente rara e difficile che, oltre una vocazione speciale, richiede nell'apostolo preparazione adeguata e attività sapiente.

Preparazione adeguata

Preparazione morale, ossia carattere buono, schietto e allegro. In particolare, grande amore ai fanciulli. È noto che, se i fanciulli non si amano di amore sincero ed efficace, non si sanno comprendere e trattare.
Quanti valenti scrittori, che suggestionano ed affascinano le folle, lasciano indifferenti i fanciulli!
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Preparazione intellettuale che, oltre il patrimonio di scienza religiosa e profana, richiesta all'apostolato redazionale, vuole ancora una giusta valutazione dell'importanza della letteratura infantile; la conoscenza della sua storia e quella teorica e pratica della psicologia del fanciullo.
La valutazione dell'importanza abbraccia:
- il punto di vista educativo-morale: la letteratura dei fanciulli si volge a spiriti in formazione; a persone nelle quali i poteri critici sono ancora quasi del tutto assenti; forma uno dei principali alimenti dell'animo del fanciullo;
- la responsabilità per gli adulti (genitori, educatori, coloro che regalano un libro al fanciullo): perché sugli adulti ricade la scelta, l'orientamento delle letture infantili;
- l'ordinamento della scuola: in alcuni ordinamenti scolastici la letteratura costituisce la base dell'insegnamento e della formazione.
La storia della letteratura può dirsi antica e recente nello stesso tempo.
Antica, poiché descrizioni della natura, di atteggiamenti psicologici, di giochi e azioni che esprimono il modo di percezione, di giudicare e di agire del fanciullo, si trovano in quasi tutte le opere letterarie dall'antichità fino ai giorni nostri: da Omero a Giovanni Pascoli, dalle favole di Esopo alle odierne descrizioni dell'aeroplano. Onde, sotto questo riguardo, la letteratura
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per i fanciulli si potrebbe proclamare antica quanto l'arte letteraria.
Recente, poiché in quasi tutte le nazioni civili vi è tutta una vasta letteratura costituita da libri e giornaletti scritti per i fanciulli, suggeriti dallo studio e dall'osservazione del mondo, prima non troppo esplorato, della fanciullezza. Letteratura che, considerata nel suo insieme, è un fenomeno poiché ovunque ha avuto rapido progresso, quasi vi fosse la fretta di ricuperare il tempo perduto. Ovunque essa ha mirato a divenire sempre più artistica ed ha voluto servire la causa dell'educazione, non con diretti sermoni, ma con la persuasione, cercando di essere sempre più divertente.
È necessaria infine la conoscenza della teoria e pratica della psicologia del bambino nei suoi tre principali periodi: infanzia, fanciullezza e adolescenza, secondo i principi generali qui esposti.
L'infanzia comprende i primi sei anni del bambino e presenta tre fasi. La prima va dalla nascita al quindicesimo mese. È caratterizzata soprattutto dall'acquisto del linguaggio. Le sensazioni, sul principio poco differenziate, acquistano in seguito il loro carattere specifico, e le percezioni delle persone e delle cose che formano l'ambiente in cui vive il bambino diventano gradatamente sempre più precise. La seconda
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fase si chiude con il terzo anno di età. È il periodo in cui il bambino si rivela un grande imitatore. La terza si estende dal terzo al sesto anno e ci rivela il bambino in multiforme relazione con le persone che lo circondano.
Nelle tre fasi dell'infanzia, la caratteristica più importante ai fini dell'educazione, e quindi anche della letteratura, è una curiosità che sembra insaziabile e inesauribile nella formulazione dei «perché». Vi si aggiunge il capriccio, che si manifesta in una reazione alla volontà altrui perché al bambino pare contraria a ciò che pensa o gli è stato detto.
L'infanzia sboccia nella fanciullezza, che decorre dai sei ai dodici anni circa.
La fanciullezza è il periodo dell'educazione e dell'istruzione perché il fanciullo, che si sente già legato alla vita sociale, è un complesso di attività psichiche e morali che si vanno svolgendo. Energie che hanno bisogno di essere conosciute, suscitate e rivolte verso il loro svolgimento e perfezionamento.
Alla fanciullezza segue l'adolescenza, che si estende dai dodici ai quindici anni circa. È definita dagli psicologi la seconda nascita perché costituisce una fase dello sviluppo umano molto decisiva.
Nel campo intellettuale l'adolescente è prevalentemente soggettivo, ossia è meno realista
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o legato al concreto del fanciullo. La realtà per lui è modificata dalla finzione o creazione della fantasia, che a sua volta è colorita dal sentimento. L'adolescente ama quindi il simbolo e quasi l'illusione, le cerimonie, i segni esteriori, i simboli. La vita sentimentale è ricchissima. Notevole la simpatia che si trasforma in sentimento erotico e talora morboso.
La volontà è spesso volubile e squilibrata.
Il sentimento estetico, che nasce sia dalla contemplazione della natura, che per l'adolescente riesce quasi una rivelazione simbolica, come dalle arti e particolarmente dalla musica e dalla poesia, è assai sviluppato.
Il concetto di Dio nasce in lui dall'idea di un giudice, ossia dal concetto di sanzione, ma non è ancora la concezione di un assoluto filosoficamente indotto e dedotto.
L'adolescenza del giovane è alquanto diversa da quella della giovinetta, nella quale appare più frequente la fantasticheria, quasi sonnolenza intellettuale, talvolta congiunta a malinconia. Cosa questa più rara nell'adolescente fanciullo, il quale più attivamente cerca lo sfogo nel gioco.
Nell'adolescenza il ragazzo, che non è più fanciullo e non ancora giovane, forma la propria personalità. È quindi necessario studiarlo in tutte le sue multiformi rivelazioni in modo da poter
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corrispondere ai suoi bisogni, non comprimergli quelle tendenze che gli si debbono lasciare libere e avviarlo al giusto concetto della vita.

Attività sapiente

L'attività dell'apostolo scrittore nel campo della letteratura infantile sarà sapiente se egli mira alla formazione morale-religiosa del fanciullo, a preparare cioè dei buoni cittadini per la patria terrena e dei beati per la patria celeste.
A questo tende mediante un lavoro di preservazione e di produzione.
Preservazione dalle stampe nocive. Illumini circa la bontà o meno di tutte le opere che costituiscono la ricca serie della letteratura antica e moderna già esistenti. È noto che questa, e in particolare la moderna, mentre ha mirato a diventare sempre più artistica e divertente, non di rado però ha oltrepassato i limiti sconfinando nella frivolezza, quando non in peggio. In mezzo alle poche opere buone, educative e morali, vanno moltiplicandosi altre vuote, inconsistenti, che si chiamano libri e giornali solo perché non si riesce a indicarli con altro nome.
Praticamente l'apostolo deve:
- indurre le persone di autorità civile e religiosa, le famiglie - e in particolare le mamme -
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a vigilare sulle letture dei ragazzi, e distinguerle dal testo scolastico, dal libro e giornaletto di lettura;
- persuadere gli educatori a rendersi conto dei criteri che debbono ispirare una bella e buona letteratura per l'infanzia e la fanciullezza;
- indicare le opere che educano e formano attraverso una nobile forma d'arte, sia narrativa che rappresentativa;
- creare un generale interesse per questa letteratura, uno dei più potenti mezzi di educazione. Farla conoscere, vigilare, amare; far comprendere l'importanza del dono del libro, quello però fatto con oculata scelta e rispondenza ai bisogni dell'animo del fanciullo.
A questo lavoro d'indirizzo, l'apostolo aggiunga quello positivo di produzione sua.
In essa - sempre coerente alla sua missione - non cerchi la propria soddisfazione, né si leghi a un genere particolare di produzione, o ad una categoria di giovani di luogo, condizione, età determinata.
L'apostolo non cerca se stesso, ma Dio e le anime.
Si rivolga quindi or ai fanciulli e ora alle fanciulle, ora ai piccoli, ora ai più grandicelli, ora ai poveri, ora ai ricchi, ora ai cattolici, ora agli eretici o infedeli. Sempre con lo stesso entusiasmo, e sempre nel modo che crederà più utile al suo scopo.
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In questi suoi scritti curi: la scelta dei generi, del metodo e delle fonti.1
Tutti i generi che costituiscono la letteratura dell'infanzia e della fanciullezza possono servirgli allo scopo.
Può quindi produrre: opere di carattere morale, o teorico, e scritti di vita morale vissuta o concreta; opere di indole storica o biografica; pubblicazioni di carattere sociale e di ambiente; fiabe, leggende, romanzi di avventure e fantastici; narrazioni e descrizioni fantastiche di avventure e di conoscenze scientifiche ad un tempo; libri di divulgazione scientifica; libri umoristici ricreativi; poesie; giornalismo...
Fra tutti, però, corrispondono meglio ai suoi fini di apostolo le figure, i racconti, le parabole e le similitudini, perché questi generi, più degli altri, toccano il sentimento, la fantasia, la curiosità e l'umorismo, le corde più vibranti nel fanciullo.
Le figure [o illustrazioni] precedano e completino gli scritti. Sono particolarmente utili per i tre periodi dell'infanzia, per i fanciulli, per gli adulti analfabeti e per coloro che non conoscono la lingua. Si possono presentare sotto forma di quadri, foglietti, giornali... Possibilmente devono essere colorate.
Per i piccolissimi giovano figure di fanciulli
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o fanciulle modello (meglio se santi), nei quali il ragazzo si diletti, rapito con atti e segni grati alla sua età; scene bibliche come la Vergine Maria col fanciullo in braccio, Gesù che dorme in grembo alla Madre, Gesù in mezzo ai fanciulli; illustrazioni di particolari delle vite dei santi, quali: Agnese col grazioso agnello, Cecilia incoronata di rose, Caterina [d'Alessandria] sulla ruota... figure che incitino all'amore della verginità, al desiderio di piacere a Gesù, all'odio verso il peccato, al disprezzo della vanità, al fuggire le cattive compagnie...
In un secondo tempo si potranno illustrare verità della fede: i dodici articoli del Credo, i Comandamenti, i Sacramenti, i Sacramentali, l'orazione.
I racconti s'imprimono facilmente nella memoria e destano impressioni durevoli, aprono la via per giungere alla mente e al cuore dei bambini.
Un racconto ben narrato e ben colorito trasforma quasi istantaneamente. Se l'apostolo è abile, saprà valersene per imprimere nella mente del fanciullo anche le verità più alte.
Anche gli adulti ritengono più facilmente le verità quando sono legate ad un fatto!
Le parabole (racconti di fatti verosimili) servono a far conoscere verità per se stesse difficili, con le quali hanno punti di contatto e affinità facili a rilevarsi.
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Ancor più delle parabole, giovano alle spiegazioni delle verità cristiane e alla formazione del sentimento religioso, le similitudini e i paragoni.
Racconti, parabole, similitudini e tutti gli scritti per i fanciulli devono seguire, più d'ogni altro, il metodo evangelico: semplice, adatto, intuitivo, progressivo, dialogico.
I bambini amano racconti interessanti, veri. Siano quindi vari, sempre nuovi, interessanti, brevi, semplici, anche se ricchi di descrizioni e di episodi. Potranno così essere seguiti con facilità e quindi con attenzione continua. La morale che segue è efficace se brevissima.
Le parabole siano come quelle di Gesù. Egli ne prendeva l'argomento dai fatti che cadevano sotto gli occhi del popolo. Non ricorreva mai a cose inverosimili o strane, non faceva parlare animali o piante, non attribuiva a esseri inanimati sentimenti propri degli uomini, come usano favolisti di ogni tempo. Stava sempre nella realtà vera e da questa toglieva argomenti di moralità e insegnamenti sublimi ed efficacissimi. Che cosa c'è, ad esempio, di più affascinante della parabola del figliuol prodigo?
In riguardo alle similitudini vi è da osservare che devono togliersi da cose note ai fanciulli, tratte dal loro ambiente. Se, ad es., si parla di «ascensore» è necessario che egli conosca questo
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congegno, cosa che generalmente non si trova in un bambino di campagna o di montagna.
Anche le parabole debbono essere le più semplici, le più chiare e le più naturali.
Le fonti preferite dell'apostolo scrittore per i suoi scritti diretti ai fanciulli sono la Sacra Scrittura, i Ss. Padri, le vite di Santi, le biografie edificanti.
Si possono trarre dall'Antico e Nuovo Testamento i fatti più salienti e più belli, e raccontarli con parole piane e appropriate all'intelligenza dei piccoli. Particolarmente gradito ed efficace è il racconto della vita di Gesù Bambino.
Mostrare Gesù nella casa di Nazareth, accanto a Maria e a Giuseppe, pronto a obbedire, a compiere piccoli servizi, ad accompagnarsi con essi quando vanno al Tempio. Rappresentarlo quando parla coi Dottori, osservarlo nella bottega del padre suo putativo quando lavora, umile, paziente, obbedientissimo.
Fonti inesauribili sono pure gli scritti dei Ss. Padri e degli scrittori ecclesiastici, moltissimi dei quali si prestano a rifacimenti e rielaborazioni adatti per i giovani di tutte le età e di tutti i tempi.
Terza fonte è la vita di fanciulli modello, di santi giovani o anche l'infanzia e la giovinezza di santi adulti: San Luigi, San Tarcisio, Sant'Agnese e Santa Teresa del Bambino Gesù, nella loro prima
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età, sono meravigliosi tipi e modelli di fanciullezza che esercitano efficacia grandissima sull'animo dei fanciulli.
A queste tre fonti principali se ne possono aggiungere altre secondarie, come: la storia, la vita quotidiana, gli usi, gli avvenimenti celebri...
La storia e la vita quotidiana, ricche entrambe di episodi, di aneddoti familiari e pubblici, giovano moltissimo alla penna dello scrittore apostolo. Occorre soltanto aprire gli occhi, osservare quello che accade intorno per cogliere le occasioni opportune. È tuttavia necessaria molta finezza d'animo per saper scegliere fior da fiore. Vi sono dei fatti che dicono niente. Questi bisogna lasciarli da parte. Ve ne sono altri che non giovano ai fini educativi, altri invece che illuminano la mente, toccano il cuore, fanno diventare migliori. Questi solo sono da raccogliersi.
Gli usi della vita familiare e civile (come il saluto, segno di rispetto), i casi quotidiani, la natura stessa offrono elementi magnifici di similitudini, per farsi intendere ai piccoli.
Gli avvenimenti celebri porgono anch'essi argomento alle anime vivide e pronte per il loro magistero.
L'apostolo sappia dunque far tesoro delle indefinite fonti poste a sua disposizione, ma ricordi
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tuttavia che esse, se possono costituire un grande aiuto, non costituiscono il tutto. La materia deve sempre essere rielaborata nell'anima sua e ridotta in cibo adatto alle possibilità dei teneri fanciulli.
Opera questa difficile e faticosa, ma che otterrà, oltre il premio promesso da Dio, anche qualche soddisfazione su questa terra, perché il fanciullo segue, ricorda e corrisponde.
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CAPO XXIII
MISSIONOLOGIA

Il problema missionario deve essere uno di quelli che preoccupano e infiammano maggiormente l'apostolo scrittore. Se egli infatti ama veramente Dio e le anime, non può rimanere indifferente innanzi al fatto che centinaia di milioni di uomini nascono, vivono e muoiono senza conoscere, amare e adorare il vero Dio! Che popoli e tribù senza numero non sanno ancora che per essi è nato ed è morto un Redentore e che sono chiamati ad una eredità di grazie, di beatitudini, di gloria!
Praticamente l'apostolo si occupa delle missioni portando le anime dei lettori alla conoscenza, alla cooperazione e alla preghiera per esse.
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Conoscenza delle missioni

Una conoscenza completa delle missioni abbraccia:
- Il concetto esatto del termine «missioni» quale è inteso dalla Chiesa, ossia il mandato di evangelizzare la fede ai popoli infedeli.
- Il duplice fine dell'attività missionaria: il fine generico che mira alla gloria di Dio e alla salvezza delle anime; il fine specifico che è di stabilire in modo perfetto e duraturo la Chiesa di Gesù Cristo in quei luoghi ove non lo è ancora.
- Lo studio della missionologia dottrinale, descrittiva, operativa. La dottrina nella parte generale, in quanto considera l'idea missionaria nella sua base, ossia indaga le cause filosofiche e teologiche per cui la Chiesa cattolica ha il diritto e il dovere di propagare la fede; il fondamento biblico, patristico, dogmatico, morale, liturgico, apostolico.
Nella parte speciale che abbraccia l'attività missionaria nelle modalità della sua estrinsecazione: il diritto (parte giuridica) e la metodica. La descrittiva, ossia la storia del passato e la descrizione del presente, la missionografia (studio delle religioni, analogia, geografia missionaria, statistica missionaria...). La operativa, sia pratica che di cooperazione. La prima riguarda il personale che lavora nelle missioni. La seconda
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considera l'aiuto che prestano ai missionari i cattolici dimoranti in paesi nei quali la gerarchia ecclesiastica è già regolarmente costituita.
Questa conoscenza si integra con lo studio dei mezzi, delle vie e dei pregiudizi circa le missioni.
I mezzi delle missioni sono molteplici e variano secondo le circostanze di tempo, di luogo, di persone, di condizioni politiche e sociali. Tra i molti si ricorda ad esempio la geografia delle missioni, che risponde a domande essenziali: a chi andare? in quali luoghi? come sono quei popoli?
Le vie delle missioni, che sono le vie dei cuori. Nell'opera missionaria i grandi successi come i grandi insuccessi dipendono in maggioranza dall'avere o no trovate o seguite queste vie. Gli apostoli ed i grandi missionari hanno in questo imitato la perspicacia e la delicatezza del Maestro divino, quale appare ad esempio nella chiamata degli Apostoli, nella conversazione con la Samaritana, con Zaccheo, nel modo di affascinare le turbe.
Queste vie variano secondo le circostanze e richiedono studio, esperienza, adattamento.
Il Massaia,1 ad esempio, si è inoltrato in Etiopia esercitando la medicina. Gli infedeli andavano a lui per essere guariti dal vaiolo ed egli ne approfittava per portarli a Dio. I primi
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Gesuiti sono riusciti ad entrare in Cina con l'astronomia; altri in altri modi.
Tutti i missionari hanno esercitato la beneficenza sotto le più svariate forme. Ne rendono testimonianza i molteplici ospedali, ricoveri, orfanotrofi, scuole, opere di assistenza... aperte in quasi tutte le missioni.
I pregiudizi e gli equivoci circa le missioni, i missionari e le opere loro, sono molti e vari. Tra i più comuni vi è questo: i missionari - si dice - sono preziosi propagatori dell'idea e dell'influenza nazionale del proprio paese. Ed è noto come uomini contrari alla fede apprezzano i missionari non per la loro opera evangelica, ma perché essi possono aprire in paesi lontani vie all'influenza politica e al commercio del proprio paese. Ne deriva che a volte, mentre si perseguitano i religiosi in Patria, si aiutano all'estero per i benefici di carattere politico o commerciale. L'esperienza invece di tanti secoli dimostra che il missionario il quale porta all'estero il solo nazionalismo, inquina e sterilizza la propaganda, sia religiosa che politica. Tuttavia se egli, senza preoccuparsi della propaganda politica, farà il buon missionario, anche non direttamente, farà conoscere e amare il proprio paese.
La conoscenza delle missioni è per alcuni necessaria e per altri utile.
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È necessaria al clero, ai missionari, agli apologisti, agli studiosi, agli avversari...
Al clero per completare il corso teologico onde possa entrare pienamente nella finalità e nella missione pastorale.
Ai missionari perché imparino la teoria della loro futura azione pratica e tesoreggino dell'esperienza di coloro che già li hanno preceduti.
Agli studiosi perché comprendano l'importanza della missionologia sia dal punto di vista teorico-scientifico che pratico.
Agli apologisti perché se ne valgano nella lotta contro i nemici della Chiesa, particolarmente contro i protestanti e i maomettani, che si sforzano di estendere i loro errori invadendo a tal fine il nostro campo e rubandoci messi biondeggianti.
Gli avversari, sia teorici che pratici, che tentano di paralizzare l'opera missionaria.
La conoscenza delle missioni è poi utile e importante per tutti, buoni e cattivi, fedeli e infedeli, regnanti e sudditi... perché tutti non solo non le impediscano, ma le favoriscano in ogni modo, secondo le direttive proposte dalla Chiesa.
L'apostolo scrittore, profondamente penetrato dell'idea missionaria, sappia approfittare di tutte le occasioni per propagarla nel modo che giudicherà più utile alla gloria di Dio e alla salvezza delle anime.
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Cooperazione alle missioni

La conoscenza delle missioni è indirizzata al loro giovamento mediante la cooperazione. È qui, più che mai, il caso di applicare il detto: «Non si apprezza e non si aiuta ciò che non si conosce».
Tra i mezzi di cooperazione ricordiamo i più comuni: vocazioni missionarie e clero indigeno, la beneficenza, le opere missionarie pontificie, tutte le altre opere e associazioni.
Vocazioni. Per attuare il programma missionario: moltiplicare le missioni estere ed istituire le missioni indigene, son necessarie le vocazioni: religiosi, sacerdoti e laici, religiose, catechisti e catechiste in ambo i campi.
L'apostolo scrittore deve proporsi di eccitare, sostenere e formare le vocazioni:
- Incoraggiare i genitori a offrire volentieri i propri figli per la causa santa della gloria di Dio e salvezza delle anime.
- Far comprendere a tutti che la divina Provvidenza suscita generalmente le vocazioni tra le persone di condizione meno agiata o povera per dar modo ai fedeli di partecipare al frutto dell'apostolato missionario cooperando con mezzi finanziari.
- Indurre quindi ad una generosa e caritatevole collaborazione mediante offerte finanziarie
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come: borse di studio, pensioni ed oblazioni di qualsiasi entità fatte agli Istituti e alle opere missionarie.
Beneficenza. Pio XI nell'enciclica Rerum Ecclesiæ2 disse: «Non abbiate vergogna e non v'incresca di farvi quasi mendicanti per Cristo e per la salute delle anime». E il Rambelli nel Piccolo Catechismo Missionario: «Il cristiano che non zela per le missioni non ama Dio che vuole le missioni, non ama Gesù Cristo che è morto per salvar tutti, non ama la Chiesa che deve continuare l'opera di evangelizzazione, non ama il suo prossimo che deve soccorrere».
L'apostolo colga le occasioni propizie per far caldo appello alle anime buone perché nei limiti delle loro forze provvedano ai bisogni delle missioni, in tutte le possibili forme di beneficenza.
Modi particolari di cooperazione sono: trattenimenti di argomento missionario e non missionario a pro delle missioni (proiezioni, cinema, accademie, teatri, recite), confezionamento di arredi sacri o di abiti, esposizioni missionarie, banchi di beneficenza, salvadanai per le missioni, raccogliere francobolli e cartoline usate, stagnola..., propaganda orale e scritta dell'idea missionaria, offerte per battesimi, suscitare collettività di fedeli che provvedano a collettività missionarie, seminari che provvedano a
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seminari indigeni, parrocchie che s'impegnino ad aiutare [una] determinata missione, diocesi che adottino un vicariato apostolico o una prefettura apostolica, organizzazioni di bambini che si propongano opere determinate di cooperazione.
Le vie di cui si serve la divina Provvidenza per venire in aiuto delle missioni e per procurare meriti alle persone generose sono indefinite.
Opere missionarie. L'apostolo, ancora, approfitti di ogni occasione per zelare:
- le opere missionarie pontificie: la propagazione della fede, l'opera di San Pietro apostolo;
- le altre opere missionarie del clero, l'antischiavismo;
- tutte le opere generali e particolari, ossia quelle che hanno lo scopo di aiutare tutte le missioni o quelle che hanno per oggetto determinate missioni o aspetti precisi dell'attività missionaria.
Per convincere gli animi alla cooperazione delle missioni, oltre a farle loro conoscere nel modo sopra esposto, gioverà ancora portare argomenti teorici e pratici convincenti e avvincenti, quali: l'obbligo che ha ogni cristiano di cooperare, derivante dal dovere di pietà verso Dio, di carità verso il prossimo.
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Pregare per le missioni

La preghiera è il primo e il più importante fra i mezzi di cooperazione per le missioni, possibile a tutti, sempre e in ogni luogo.
Si può dire non esservi documento pontificio che, richiamando il dovere della cooperazione missionaria, non assegni alla preghiera un posto d'onore, né esservi missionario che, scrivendo dal suo campo di apostolato, non chieda in primo luogo l'aiuto della preghiera.
Vangelo, teologia, storia, sono concordi nell'attestare la ineffabile efficacia della preghiera.
Il Vangelo riporta le insistenze, i richiami, i rimproveri, le assicurazioni del Maestro. Se la nostra preghiera è sempre ascoltata quando chiede una cosa buona, lo sarà più veramente quando domandiamo al Padre ciò che Gesù Cristo stesso ci ha insegnato a domandare: «che sia benedetto il suo nome su tutta la terra, che sia compiuta la sua augusta volontà, che si affermi dovunque il suo regno di giustizia e di amore».
La teologia ammonisce che la finalità suprema dell'apostolato missionario, «la vita soprannaturale», non può trovare mezzo proporzionato che nella grazia, conquista preziosa della nostra umile preghiera, la quale a sua volta è un appello alla Sapienza divina che conosce le vie
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della Redenzione, alla Potenza che sa attuarle, alla Bontà che le vuole.
La storia infine documenta con l'evidenza dei fatti quanto alla propagazione della fede abbia contribuito, nel raccoglimento dei chiostri e degli altari, il segreto sacrificio delle anime nascoste.
L'apostolo, convinto della grande necessità ed importanza della preghiera per le missioni, infiammi le anime e soprattutto i fanciulli e le religiose a pregare il Padrone della messe perché mandi buoni operai alla sua messe e ad implorare per gli infedeli gli aiuti del lume e della grazia celeste.
Faccia comprendere a tutti il significato della domanda del Padre Nostro «adveniat regnum tuum», promuova preghiere pubbliche e private, l'opera grandiosa dell'apostolato della preghiera, la necessità e il modo di trasformare la vita in continua preghiera.
Unita alla cooperazione di preghiera vi è quella della sofferenza. L'apostolo la faccia conoscere nella sua natura, necessità ed efficacia. Promuova le giornate di sofferenza pro missioni, sproni all'offerta generosa di sofferenze specialmente volontarie, all'offerta della vita stessa. Le anime predestinate ad essere vittime d'espiazione e d'amore sono molto più numerose di quanto si crede. Spesso non compiono la loro
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missione perché non vi è chi le illumini e le guidi.
L'unione di tutti i fedeli mediante la cooperazione delle preghiere e di opere convertirà il mondo.
* * *

Gli scritti riguardanti le missioni possono essere variissimi. Fra tutti sono consigliabili quelli a sfondo geografico, religioso e biografico.
Nel primo caso la parte di base è la geografia etnologica e morale che predomina, onde commuovere il lettore a compassione per quelle popolazioni. Nel secondo caso è la storia dei religiosi che si consacrano all'opera delle missioni: giacché soltanto i religiosi possono dedicarsi a quest'opera. Nel terzo caso è la vita dei grandi missionari e, attraverso ad essa, ogni notizia che riguarda le missioni.
Qualunque però ne sia il modo, il fine principale dovrà essere unico: far conoscere le missioni per indurre all'opera missionaria e alla preghiera per le missioni, perché in questo campo, più d'ogni altro, la generosità segue la convinzione.
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CAPO XXIV
TESTI SCOLASTICI

Anche i testi scolastici entrano nell'apostolato della stampa! Il motivo è evidente: lo studio deve portare a cercare e a trovare Dio, sia direttamente, attraverso le materie religiose, sia indirettamente attraverso le materie profane.
Per l'apostolo, poi, occuparsi dei testi scolastici significa quasi sempre occuparsi dei capi, ossia di quelli che dovranno formare le folle. E occuparsi dei capi è una gran sapienza; ce lo dimostra l'esempio del Maestro divino, il quale fu formatore di capi.

Di quali testi occuparsi

L'apostolo può occuparsi di tutti i testi scolastici, di tutte le scienze sacre e profane: per allievi e per insegnanti di tutte le età e di tutte
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le condizioni. Ma in tutti e sempre dovrà avere or l'una or l'altra, se non ambedue le mire: allontanare dai testi non conformi ai sani principi della fede e della morale cattolica ed elevare gli animi a Dio attraverso la scienza.
L'allontanare dai testi non conformi ai principi religiosi è talora necessario. È noto infatti che in alcune nazioni la classe colta è aliena alla Chiesa perché non fu educata e istruita cristianamente. Molti individui hanno trovato la propria rovina morale e intellettuale nei testi di studio. Molti errori, molte eresie che hanno sconvolto gli animi e le società, molti turbamenti, molti smarrimenti di fanciulli, di giovani e anche di adulti, hanno spesso le lontane origini in un libro di testo o in un insegnamento appreso in scuola.
L'elevare poi a Dio attraverso lo studio non dev'essere difficile per l'apostolo scrittore, che non è mosso dalla brama della rinomanza o del denaro, bensì dall'abbondanza della carità.

Come devono essere

I testi scolastici preparati dall'apostolo dovrebbero essere i migliori in modo da potersi imporre ai testi avversari, anticattolici, acattolici o indifferenti.
Per essere tali devono avere caratteri particolari che si possono riassumere nei seguenti:
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valore spirituale, decoro letterario, efficacia educativa.
Valore spirituale: ossia il potere di influire sulle facoltà spirituali di coloro che li adottano, per giovare ad essi il massimo possibile nel campo della scienza e della religione.
Decoro letterario: corrispondere a tutte le migliori regole della scienza, dell'arte, sulla guida dei programmi governativi dei vari tempi e luoghi, eccetto che non lo impediscano motivi di fede o di morale.
Efficacia educativa: mira a formare veri uomini, cittadini, cristiani nel modo che lo richiedono i tempi, i luoghi e le circostanze particolari.

Norme pratiche

I tre caratteri su esposti sono indirizzati ad ottenere quello che dev'essere come la tesi da proporsi in ogni testo: elevare a Dio attraverso la scienza e la natura. Questo si dovrà ottenere variamente e magistralmente.
Variamente, ossia adattarsi alle scienze. Altri infatti sono gli insegnamenti che si possono trarre dalle scienze fisiche (generali e particolari), altro quello dalle matematiche (pure e applicate), altro dalle filosofie (logiche, metafisiche, estetiche, morali, storiche).
Magistralmente, ossia insinuarsi senza urtare, senza stancare, anzi in modo piacevole, attraente, convincente, trascinante.
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CAPO XXV
GEOGRAFIA

Tra le scienze ed arti che possono con maggior facilità servire di mezzo per elevare l'uomo a Dio, vi è senza dubbio la geografia.
L'apostolo ne tratterà in modo completo ed efficace se saprà metterla a servizio dell'individuo e dell'apostolato.

La geografia a servizio dell'individuo

Sono tante e tanto frequenti le relazioni dell'uomo rispetto al creato, ed in particolare rispetto alla terra, che nessuno può disinteressarsi completamente della geografia.
Vi è chi ha una conoscenza teorica più o meno ampia, chi (sono naturalmente i più) si
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limita ad una conoscenza pratica. Ma non vi è chi la ignora completamente.
L'apostolo sappia far tesoro di questo fatto universale per elevare gli animi delle creature al Creatore.
Nei trattati e testi di studio della geografia generale e delle sue parti (geografia astronomica, fisica, politica, commerciale, antropica, etnica, morale, religiosa...) egli si proponga sempre di giovare, nel modo conveniente, all'anima dei lettori rievocando or questa or quella delle divine verità.
A volte verrà bene accennare alla dottrina cattolica circa la divina creazione: «Deus creavit cælum et terram»,1 tutto viene da Dio, tutto è retto da Dio e tutto deve tornare a lui.
E perché Dio ha creato il mondo? Per coesistere con altre esistenze, vivere insieme alle altre vite, comunicare il suo pensiero ad altri che pensano, amare altri esseri ed essere amato. «Universa propter semetipsum operatus est Dominus».2
A volte invece si potrà accennare alla bontà delle creature. Nel mondo non vi è nulla di inutile, nulla di originariamente e intrinsecamente cattivo.
Restringendosi alla terra e a parte di essa, l'apostolo ricorderà che Dio l'ha donata all'uomo
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affinché egli se ne serva per lui. Senza numero poi saranno le occasioni per elevare gli uomini a Dio dallo studio, dalla contemplazione, ed anche dalla semplice osservazione della natura e delle sue singole parti.
A quali elevazioni non possono ad esempio portare le chiarezze del cielo, il tripudio dei fiori, i trilli degli uccelli, le messi biondeggianti al sole, le immensità del mare azzurro?...
Il libro della natura contiene degli insegnamenti per tutte le categorie di persone, per tutte le età, per tutte le condizioni di vita. Lo leggono e lo capiscono particolarmente le anime pure e semplici.
La montagna ad esempio ha esercitato un influsso potente sull'animo di Pier Giorgio Frassati: vi contemplava le grandezze del Creatore. Da quelle rocce che emergono aguzze su un fondo di cielo, trovava più facile sfuggire alla terra e incontrarsi con Dio. La preghiera là riusciva più dolce perché gli pareva di unire la sua alla voce della natura.
Per San Francesco d'Assisi il creato era un canto armonioso che gli rapiva la mente e il cuore in Dio.
A tante anime le cose anche più insignificanti narrano la sapienza e l'amor divino.
Oh, sappia l'apostolo elevare al Creatore [l'inno] del creato! Insegni alle anime il modo di unire
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il canto del proprio cuore a quello del cielo, delle stelle, della terra e della natura tutta.

La geografia a servizio dell'apostolo

Per l'apostolo la geografia ha un compito particolare: entusiasmarlo e guidarlo a conoscere la sua esistenza per contribuire alla realizzazione della preghiera di Gesù Cristo: «Che [tutti gli uomini] conoscano te e Colui che hai mandato... e si faccia un solo ovile ed un solo pastore».3
Ma, per ottenere questo, è necessario presentargliela in modo pastorale e fargliela amare.
Sarà pastorale quel tratto o quell'articolo di geografia che assieme alle notizie scientifiche profane darà sviluppo a quanto riguarda lo stato scientifico, morale e religioso dei popoli.
In riguardo allo stato scientifico non è sufficiente una semplice notizia del grado d'istruzione. È necessario esporre chiaramente le idee sociali, politiche e religiose; il pensiero, le dottrine filosofiche correnti e di conseguenza lo stato del giornalismo e della stampa in genere: se buona, indifferente, cattiva. Notizie precise e particolari riguardanti la scuola, i maestri (quale parte vi hanno i cattolici e specialmente
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i religiosi), il cinema, la radio... Ciò tenendo conto dell'indole dello scritto.
Come lo stato scientifico, anche quello morale varia da nazione a nazione. Ogni popolo ha, proporzionalmente come ogni individuo, la propria indole, le proprie tradizioni, la propria mentalità specifica. In conseguenza si mettano in luce le difficoltà e le speranze per la vita cristiana e per la religione cattolica e i mezzi per una sua maggior diffusione.
Praticamente si può rispondere ora all'una ora all'altra, quando non a tutte delle seguenti domande: Vi sono partiti politici? Quali relazioni hanno in riguardo alla morale? Il Governo è cristiano? I governanti? Quale religione professano? Il costume politico è sano? L'amministrazione della giustizia è retta? Le leggi tutelano la pubblica moralità? Domina forse la immoralità nei contratti e negli affari? Vi è lotta o collaborazione fra le classi? Quali sono le relazioni con la S. Sede? Nelle famiglie vi è l'onestà, la pace, il rispetto vicendevole? Gli individui fuggono la licenza, i pericoli, i piaceri? hanno rispetto all'onore, alla persona, alle sostanze altrui?...
Sviluppo speciale si dovrà dare infine a quanto riguarda la religione. Ed in particolare: la religione o le varie religioni praticate, il numero dei cattolici, del clero e dei religiosi, l'organizzazione,
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il progresso, le difficoltà e facilità, il numero dei missionari, le loro opere ed istituzioni...
Spesso poi, specialmente trattandosi dei luoghi di missione, si può opportunamente accennare alla missione civilizzatrice della Chiesa, al largo contributo scientifico e geografico che l'attività missionaria ha portato all'umanità. Giova ricordarlo: il missionario non è solo l'apostolo che accende nel cuore degli infedeli la fiamma della fede e della carità, ma è anche un grande benemerito del progresso umano, che diventa ad un tempo esploratore, scienziato, riformatore, civilizzatore.
Tutte queste cose siano presentate in modo piacevole, in modo che entusiasmino e compenetrino di santi ideali.
Particolare cura si abbia nel preparare i testi indirizzati agli studenti che si preparano all'apostolato dell'edizione o all'apostolato missionario.
Si tratta di contribuire in gran parte ad aprire la mente dei giovani alunni a grandi ideali e i loro occhi a vasti orizzonti di azione. Di far loro comprendere quanto sia nobile e ampia la missione del sacerdote, del religioso e del cristiano generoso, che esce dal proprio interesse per donarsi alle anime mediante la carità della
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preghiera, del sacrificio e dell'azione, per portare le anime a Gesù Cristo.
Valga un esempio profano. Taine, storico francese, attribuendo a Napoleone gran parte dell'esito delle sue conquiste allo studio appassionato della geografia, immagina di vedere nella mente del grande conquistatore tre atlanti. Il primo è un atlante militare formante una enorme raccolta di carte topografiche minute, come quelle dello Stato Maggiore, col piano particolareggiato delle fortezze, la designazione specifica e la distribuzione di tutte le forze di terra e di mare, equipaggi, reggimenti, batterie, arsenali, magazzini, riserve presenti e future in uomini, cavalli, carri, armi, munizioni, viveri e simili.
Il secondo è un atlante civile, simile ai grossi volumi contenenti i bilanci dello Stato, con tutte le indicazioni delle rendite e delle spese ordinarie e straordinarie, imposte, prodotti dei beni demaniali, pensioni, lavori pubblici. Quindi tutta la gerarchia delle autorità civili, ecclesiastiche, giudiziarie, ministri, prefetti, professori, ciascuno col suo grado, sua dimora, le attribuzioni, i suoi onorari.
Il terzo atlante è un gigantesco dizionario biografico e morale dove, come in un casellario di polizia, ogni personaggio alquanto notabile, ciascun gruppo locale, ciascuna classe professionale
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o sociale e ciascun popolo ha la sua casella con l'indicazione sommaria della sua condizione presente, dei suoi bisogni, dei suoi antecedenti e per conseguenza del suo carattere già provato, delle sue disposizioni possibili in futuro e della sua condotta probabile.
Al termine delle conquiste, per quanto questi tre atlanti si siano venuti ingrandendo, sono ancora interamente scolpiti nella mente del grande Napoleone.
Egli non solamente ne conosce il riassunto totale e i riassunti speciali, ma ancora tutte le particolarità. Vi legge entro correntemente e a ogni ora. Vede in complesso e nelle varie parti le diverse nazioni che governa o da sé o per mezzo d'altri, le diverse regioni che ha conquistate o percorse. Prima la Francia accresciuta del Belgio e del Piemonte, poi la Spagna, dove è stato e donde ha fatto ritorno, e dove ha collocato suo fratello Giuseppe. L'Italia del sud dove in luogo di Giuseppe ha posto Murat, l'Italia centrale, dove occupa Roma; l'Italia del nord, ove Eugenio è suo vice gerente. La Dalmazia e l'Istria da lui annesse al suo impero, l'Austria che invade la seconda volta, la Confederazione del Reno da lui creata e che egli dirige, la Westfalia e l'Olanda, ove i suoi fratelli Luigi e Girolamo ne sono luogotenenti; la Prussia, dopo averla vinta e mutilata, se ne serve
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come di strumento per tenere in mano le piazze forti.
Questo il segreto del grande conquistatore.
[Non] molto diverso doveva essere San Paolo. Vi è chi se lo immagina così: con l'occhio al panorama geografico del mondo pagano, l'anima tesa notte e giorno agli uomini tutti per comunicare a tutti l'ardore santo che lo consuma e lo trasforma in Gesù Cristo.
Non diversa dovrebbe essere ogni anima apostolica alla quale Gesù Cristo estende il comando dato agli Apostoli: «Andate e predicate a tutti gli uomini».4
Concludendo: la geografia messa a servizio dell'individuo e dell'apostolo contribuisce alla maggiore gloria di Dio e al maggior bene delle anime, perché è mezzo atto a guidare le menti, le volontà e i cuori a Dio, primo principio e ultimo fine di tutte le cose.
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CAPO XXVI
RIVISTE BIBLIOGRAFICHE

La stampa d'apostolato non si limita a produrre opere secondo il suo fine specifico, ma si assume, tra gli altri, anche il compito di orientare le menti e le coscienze circa la produzione della stampa internazionale, nazionale e particolare. Al riguardo si propone un duplice scopo: condannare le stampe cattive e sostenere le buone.
Ciò è necessario perché è noto come nei cinque continenti si pubblicano ogni giorno centinaia e migliaia di volumi e periodici: altrettanti maestri che insegnano il bene o il male, il vero o il falso a seconda che sono buoni o cattivi, falsi o veritieri.
La Chiesa docente non controlla né giudica immediatamente tutta questa immensa produzione! Non lo può e non lo vuole.
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Lo può invece l'apostolo con l'appoggio e in dipendenza dalla Chiesa.
Le attività più adatte allo scopo sono naturalmente le riviste bibliografiche per le produzioni internazionali e nazionali e le recensioni per le produzioni particolari.
Riservando al capitolo seguente l'argomento delle recensioni, si tratta ora quello delle riviste bibliografiche proponendone due: una generale per le produzioni internazionali e un'altra particolare per le produzioni nazionali, locali o di generi o autori particolari.

Rivista generale

Dovrebbe avere lo scopo di orientare le menti e le coscienze circa le produzioni della stampa di tutto il mondo (almeno le più influenti). Formulare quindi su di esse giudizi autorevoli in base ai principi cristiani e poi farli pervenire a tutti gli uomini e in particolare a quelli che nella Chiesa e nella società hanno l'ufficio di guidare le masse del popolo e dei lettori.
Si comprende facilmente come una rivista di tal genere ha un compito amplissimo e sommamente delicato. In particolare si propone di:
1. misurare secondo i principi evangelici, cristiani, cattolici, tutta l'attività che si svolge nel campo della stampa;
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2. dare le necessarie cognizioni teologiche, indicare le vie sicure, distinguere la vera dalla falsa scienza, proiettare la luce e i riflessi della rivelazione sulle scienze naturali, applicare la dottrina cattolica ai nuovi bisogni;
3. indicare quali siano le opere ed i periodici convenienti per conoscere lo stato del sapere del proprio tempo, i punti ancora controversi ed i risultati ormai acquisiti e pacifici;
4. illuminare e guidare gli scrittori, gli editori, i librai, i propagandisti circa gli argomenti e le opere da escludersi, quelli vitali e più nobili da trattarsi e diffondersi;
5. mettere gli uomini in guardia dalle fonti avvelenate, dai maestri di errore e di immoralità;
6. indicare ai lettori le fonti pure del sapere cristiano e della santità della vita;
7. invitare insomma tutti quelli che amano se stessi e gli uomini a servirsi della stampa per illuminare, soccorrere, salvare.
Per redigere una rivista così concepita non è sufficiente un individuo, o individui isolati, ma è necessario un collegio di redattori competenti che possano esaminare e giudicare con autorità, precisione, chiarezza, tempestività, imparzialità. Si tratta di esaminare e giudicare di tutta la produzione libraria che ogni giorno vede la luce nel mondo, di tutte le scienze, di tutte le forme e di tutti i generi letterari.
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Riviste particolari

Possono essere in forma di rivista o anche di rassegna. Sono in pratica molto utili, talora necessarie, ed hanno uno scopo pratico in quanto guidano e orientano scrittori, stampatori, librai, propagandisti, e soprattutto coloro che hanno uffici di responsabilità: genitori, educatori, bibliotecari, pastori d'anime.
Un tipo di questo genere l'abbiamo in Italia nella Rivista di Letture del Casati.1 Ha lo scopo di giudicare il contenuto dei libri di lettura popolare, specialmente sotto l'aspetto morale-religioso. Dà quindi regole pratiche per coloro che devono guidare le letture popolari, classificando i libri da leggersi con cautela, cioè riservati per adulti o per categorie speciali di lettori, e i libri da includersi nelle biblioteche cattoliche.
Detta rivista è frutto di un lungo e paziente lavoro. Mira a preservare gli inesperti dai gravi pericoli di letture pericolose; indica quelle ispirate a principi sani; è guida pratica e sicura ai genitori, ai bibliotecari, agli educatori e ai direttori di anime.
L'esempio che ha dato lo zelante sacerdote italiano nel campo religioso-popolare, sarebbe da imitarsi in tutte le nazioni e per le produzioni di tutti i generi, siano esse di scopo intellettuale, che morale, economico o ricreativo.
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Le riviste particolari devono avere lo stesso scopo di quella generale, e possederne gli stessi caratteri, cioè:
Autorità: per cui scrittori, editori, librai e lettori si sentano appoggiati ed illuminati senza tentennamenti.
Precisione: esame attento e giudizi rispondenti all'oggettività.
Chiarezza: ossia giudizio equilibrato e preciso e sicuro circa il valore dottrinale, morale e artistico. Praticamente questo pare il carattere più importante. Si potrebbe meglio definire: carattere pastorale, oggettivo. (Non sfoggio di parole incomprensibili, non vane lodi e neppure umilianti o troppo sarcastiche condanne, né semplice critica letteraria, ma giudizio oggettivo equilibrato).
Tempestività: per cui i lettori sono messi per tempo al corrente [delle nuove pubblicazioni] e conoscono la posizione da tenere di fronte alla novità che li raggiunge.
Imparzialità: che assicuri la stima e la conseguente diffusione della rivista. Essa non deve, per così dire, «vendersi» a nessun autore o editore, a nessun orientamento o partito.
I tempi e le circostanze suggeriranno il titolo, la periodicità, i caratteri particolari.
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CAPO XXVI/BIS
RECENSIONI

Il termine «recensione» è qui inteso nel suo significato scientifico di «rassegna» e in quello pratico di «esame critico» di un'opera nuova, con giudizio del suo valore e pregio.
Nell'apostolato della stampa le recensioni devono mirare all'utilità pratica dei lettori e dei propagandisti: illuminare i primi nella scelta e guidare i secondi per una sapiente diffusione.
Per raggiungere tale scopo devono essere: complete, coscienziose, fatte con competenza.1
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Complete

È completa quella recensione che presenta: l'autore, il titolo dell'opera, l'editore, il formato, la veste tipografica, il numero delle pagine, il sunto del contenuto e il giudizio sul valore dottrinale, morale ed artistico.
L'autore di un'opera nuova può essere conosciuto o no. A volte è sufficiente riportare il nome; altre invece giova ricordare i suoi pregi ed elencare le opere precedenti già conosciute dal pubblico.
Se si tratta di un autore celebre per qualche opera, lo si potrà presentare come si fece in Italia per l'autore della Pratica progressiva della Confessione e della Direzione spirituale.2
Si noti però che a volte autori, anche profondi, non sono apprezzati nel loro tempo o in alcuni periodi in cui circolano idee contrarie o non conformi alle loro. Abbiamo un esempio riguardo a Sant'Alfonso: le sue opere furono disapprovate e date pubblicamente alle fiamme dai contemporanei.
Dell'autore è molto utile dare notizie particolareggiate: se è vivente o defunto, la patria, la professione (se laico, ecclesiastico, religioso), qualche accenno alla sua vita, ai suoi meriti, ai pregi delle sue opere, ecc...
L'editore è generalmente lo stampatore. Da
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esso molto spesso si può dedurre il carattere del libro sia riguardo al contenuto come alla tecnica, perché ogni casa editrice, ben costituita, ha il proprio timbro che distingue le proprie edizioni dalle altrui.
Anche il formato, il numero delle pagine e il prezzo devono comparire in una recensione, perché molto spesso i lettori desiderano esserne informati.
Il contenuto dev'essere esposto fedelmente ed esaurientemente, in modo che dalla recensione il lettore possa avere l'idea completa dell'argomento e del come è svolto. Trattandosi quindi di letture amene se ne dia il sunto. Trattandosi invece di opere delle quali riesca difficile un sunto, se ne porti l'indice o lo schema generale.
Il giudizio riguarda il valore intrinseco ed estrinseco dell'opera. L'intrinseco tocca la convenienza e il contenuto in senso religioso e scientifico, e deve far risaltare la caratteristica dell'opera. L'estrinseco riguarda l'estetica.
Il giudizio dato dall'apostolo deve essere pastorale e perciò dica praticamente la categoria particolare di persone a cui è diretta o consigliabile e suggerisca i mezzi pratici di propaganda o, al caso, di distribuzione.
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Coscienziose

La recensione può avere serie conseguenze sulle anime e in riguardo alla giustizia. Il recensore deve quindi agire rettamente, cioè:
Essere coscienzioso nella lettura: leggere tutto e «fino in fondo», specialmente se si tratta di romanzi, di opere narrative, o altre che possono contenere pagine, espressioni o anche parole indegne, equivoche o poco lodevoli.
Sereno nel giudizio. Non si lasci guidare da eventuali simpatie o antipatie per l'autore, l'editore o il genere di opera da recensire. L'apostolo deve cercare non il proprio o l'altrui gusto, ma il valore vero dell'opera. E neppure deve esitare, con eccessivo timore, di urtare quando l'opera fosse realmente difettosa.
Chiaro nel distinguere se l'opera è buona sotto tutti gli aspetti. E praticamente: se è raccomandabile o difettosa in qualche parte; se passabile per certe categorie di persone come studiosi o adulti; se abbisogna di correzioni, ma non al punto da «guastarla del tutto»; se appena tollerabile; oppure se assolutamente da escludere.
Preciso nell'indicare la categoria di persone alle quali l'opera può giovare.
È un fatto indiscusso che si dà generalmente troppo credito a ciò che è stampato, per la
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sola ragione che è stampato; che si legge da molti qualunque stampa, con estrema leggerezza, senza saper giudicare e scegliere.
Eppure, non tutti i libri, benché cattolicamente «impostati» ed egregiamente scritti, sono indicati per qualsiasi persona. Ad es. vi sono opere che possono giovare assai a persone mature, ma che sarebbe grave imprudenza mettere in mano alla gioventù. Ve ne sono altre che richiedono una certa cultura, una certa preparazione ed esperienza, per essere capite a dovere e non fraintese!
Si abbia poi particolare attenzione nel recensire i libri «per ragazzi». A torto si pensa che essi non capiscano certe cose! Anzi, spesso quello che è «meno capito» stuzzica maggiormente la loro curiosità e li spinge ad informarsi dai compagni...
Non ci dev'essere nulla che possa turbarli. E neppure sono consigliabili quelle avventure che soverchiamente possono eccitare la fantasia, anche se non ci fosse nulla di male nella narrazione.
Talvolta, su questo non c'è nulla da obiettare, ma le illustrazioni son tutt'altro che corrette! E non è raro il caso di opere che trattano argomenti adatti per grandi, con stile, illustrazioni... indicati per i piccini.
L'apostolo recensore, compreso della sua responsabilità innanzi a Dio, a se stesso e alle
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anime, vagli sempre accuratamente tutti gli elementi delle opere da recensire, ne valuti il pro e il contro, sintetizzi infine il proprio giudizio, avendo cura d'esprimerlo nel modo più completo possibile e col minor numero di parole.

Fatte con competenza

Da quanto sopra esposto, si deduce facilmente come la recensione non può e non deve essere fatta da persone incompetenti.
Non potrà quindi, in linea generale, una sola persona occuparsi di qualunque genere di recensioni, ma ognuno potrà solo occuparsi di quelle che riguardano il ramo del sapere nel quale si è specializzato.
Il motivo è evidente: il recensore deve essere in grado di giudicare l'autore. Ora, se ad esempio per un autore di testi scolastici, si richiede che possieda ampiamente non solo la materia che tratta, ma che abbia l'esperienza personale acquistata nell'insegnamento, a fortiori queste prerogative si dovranno esigere in colui che deve, con la recensione, giudicare dell'opera fatta dall'autore.
E per giudicare un'opera non basta sempre il buon senso! Ci vogliono idee chiare, ci vuole competenza.
L'apostolo cerchi quindi di formarsi criteri
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di giudizio per saper discernere, fra tanta carta stampata che inonda il mondo, il bene o il male, e poter illuminare le anime che si giovano dell'apostolato.
Criteri non labili e personali, ma sicuri, che stabiliscano, specialmente nel campo religioso, norme assolute.
Criterio assoluto in materia di fede è il dogma. Una pubblicazione che si permetta di irridere o anche solo di discutere una verità rivelata e come tale insegnata dalla Chiesa, è senz'altro da rifiutarsi.
Criterio assoluto in materia di costumi è la legge morale (legge di natura, decalogo, vangelo, leggi ecclesiastiche). Una stampa che si fa banditrice di costumi, che sono in contrasto con questa legge, è da proscriversi.
Praticamente ci si attenga, dove è possibile, a quanto esposto nel Codice di Diritto Canonico, nell'Indice dei libri proibiti, e al giudizio dell'Istituto giuridico della revisione ecclesiastica.
Per casi particolari, non sottoposti al giudizio della Chiesa, possono giovare altri criteri di giudizio pratico come:
- l'autore;
- la casa editrice;
- il buon senso;
- il tempo in cui le pubblicazioni sono apparse, per non applicare a uomini e a cose del
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proprio tempo, giudizi che si riferiscono a tempi diversi;
- l'ambiente nel quale le pubblicazioni sono apparse;
- le particolari categorie di persone cui le pubblicazioni sono destinate;
- l'età, il sesso, l'istruzione, e la formazione specialmente religiosa e morale, delle persone alle quali la stampa deve essere consegnata.
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CAPO XXVII
POLITICA - SCIENZE SOCIALI - FILOSOFIA

La politica, le scienze sociali (sociologia, diritto, economia) e la filosofia possono essere argomento di trattazione per l'apostolo scrittore quando lo esigono la difesa e la propagazione della fede, della morale naturale e cristiana.
Per l'occorrenza possono dare un indirizzo generale le seguenti norme.

Politica

Il Vangelo ha al riguardo un precetto categorico: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».1
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Precetto che l'apostolo deve seguire con la prudenza del serpente non disgiunta dalla semplicità della colomba.
In particolare:
1. Tenga sempre presenti le relazioni della Chiesa con lo Stato: si tratta di due società perfette, indipendenti, che hanno territorio e sudditi comuni. Tra esse non vi deve essere opposizione, non parallelismo, ma concordia: in materia di religione, lo Stato è subordinato alla Chiesa, e ne dipende di una dipendenza indiretta, negativa e positiva.
2. La sua politica sia quella del Papa. Si pronunci solo quando si tratta di fede e di morale, ed allora si regoli in questo modo: a) Si sottometta e inculchi sottomissione alle leggi che non sono ingiuste. b) Quando si tratta di leggi ingiuste, se ne esima nel modo che vi è tenuto ogni cristiano fedele. E, se nel caso ha libertà di parola e di stampa, protesti energicamente in difesa dei diritti di Dio, della Chiesa e delle anime. Quando non gli sia possibile l'opera diretta di difesa, si appigli alla preghiera e al sacrificio.

Scienze sociali

Sotto il nome di scienze sociali s'intende qui di comprenderne particolarmente tre: la sociologia, il diritto e l'economia politica.
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Di scienze sociali si può scrivere in modo assoluto e in modo contingente.
Assolutamente e moralmente esse trattano delle azioni dell'uomo come membro della società. In questo senso fanno parte della morale cristiana e quindi sono campo proprio, diretto, immediato dell'apostolato. Lo scrittore cattolico ne può trattare come materia sua, così come ne trattano San Tommaso e Sant'Alfonso.
Nella loro contingenza e tecnicamente, riguardano: il modo di ricondurre i fatti sociali a leggi generali (sociologia), - l'insieme delle leggi e il loro studio (diritto), - l'arte di amministrare la ricchezza, il governo, i movimenti sociali secondo giustizia (economia).
In questo senso esse sono oggetto indiretto dell'apostolato, e l'apostolo ne tratti in quanto è necessario per inculcare che non si deve fare nulla contro la fede e la religione.
Le scienze sociali devono prestare alla Chiesa e alla religione l'appoggio che le cose materiali e temporali devono alle spirituali ed eterne.
In ogni caso l'apostolo si attenga all'insegnamento sociale del Vangelo, vivente nel magistero pontificio.
Gli servano di norma e di guida i documenti pontifici riguardanti il magistero e l'azione sociale della Chiesa nel mondo.
Tra essi tengono un posto eminente quelli che vanno dal pontificato di Pio IX a quello di
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Pio XII: un periodo di 77 anni, quello che finora è stato spettatore dei più grandi rivolgimenti politici e sociali. Di questi documenti i principali esprimono le idee fondamentali sulle quali la Chiesa desidera ricostruita la società e riguardano la persona umana, la famiglia, l'insegnamento, il lavoro, il capitale, la proprietà, i rapporti sociali, lo Stato, la Chiesa.2

Filosofia

La filosofia, in modo speciale l'etica, fa parte delle scienze sociali.
L'apostolo può trattarne direttamente o indirettamente.
Nel primo caso si attenga alla filosofia aristotelico-tomista come a quella adottata dalla
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Chiesa e costituente la base e l'ossatura della teologia cattolica. Può anche esporre i sistemi contrari rivelandone i punti discordi e mostrandone l'irrazionalità e l'illogicità, nonché i tristi effetti.
Quando invece ne tratta indirettamente, pur poggiandosi sopra le proprie asserzioni, si attenga alla sana filosofia e ad essa chieda l'aiuto corroborante e probatorio3 a cui nessun ben pensante può opporsi.
All'apostolo, poi, spetta in modo tutto particolare il dimostrare e far comprendere che la vera filosofia è quella cristiana.
Difatti, merita il nome di vera filosofia [quella] che è scevra di errori intorno ai problemi dell'universo, della natura e della vita umana.4
Ma solo la filosofia cristiana può avere tale prerogativa perché possiede la luce della rivelazione che la libera da tutti questi errori. E la storia è a dimostrare che solo dopo il cristianesimo la filosofia ha potuto evitare gli errori intorno ai principali problemi della vita, e che solo alla luce della fede cristiana ha potuto fare i progressi straordinari che troviamo in San Tommaso d'Aquino e nei seguaci della filosofia perenne.
Trattare nel loro giusto senso la politica, le scienze sociali e la filosofia, possono essere mezzi
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di orientamento delle masse verso i due grandi doveri di ogni uomo: l'amore a Dio e l'amore al prossimo.
Le norme particolari qui esposte possono pure servire di guida per trattare altre scienze, specialmente le professionali.
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CAPO XXVIII
ILLUSTRAZIONI

Le illustrazioni, ossia i segni grafici, le figure che accompagnano e spiegano il pensiero scritto o anche lo esprimono, possono essere sommamente utili all'apostolato quando se ne valuti la loro potenza psicologica, e vengano usate convenientemente.

Potenza psicologica dell'illustrazione1

Di qualunque genere siano e di qualunque forma si presentino, oltreché all'intento estetico, le illustrazioni sono ordinate almeno a uno dei
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tre fini: chiarire il pensiero, muovere la volontà, impressionare il sentimento.
La storia è a dimostrarlo. In ogni tempo si è sentito il bisogno di accompagnare e spiegare con illustrazioni - fossero pure rozze silografie o incisioni - fatti, teorie e opere letterarie, scientifiche e popolari, per facilitarne non solo la comprensione ma anche l'assimilamento.2
Il campo aperto all'illustrazione è universale. Essa è come una porta aperta verso il mondo soprannaturale e naturale.
Si presta infatti a rappresentare e commentare le più alte verità della dottrina cristiana nelle sue tre parti: fede, morale e grazia; come si presta a rappresentare e commentare la bellezza, la potenza, la sapienza e le opere di cui sono ricolmi la vita e il mondo.
Corrisponde ad una delle grandi aspirazioni dell'uomo: rendersi sensibile il mondo soprannaturale, spirituale e naturale, onde poter contemplare, sia pure nella immagine, ciò che vi è di meraviglioso e di irraggiungibile: dalle sublimità dei cieli alle profondità degli oceani; tutto quanto è in lui e fuori di lui, gli esseri che sono e quelli che furono nei secoli, non esclusi quelli delle epoche più lontane.
Se si considera poi il valore dell'illustrazione nel campo istruttivo, educativo e formativo, è facile comprendere come esso sia grandissimo, superiore allo stesso scritto o stampato.
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Una pagina di libro, anche se ben colorita, non scaverà nello spirito un solco più profondo di quello che può scavare un'illustrazione.
La lettura impressiona la fantasia, mentre l'illustrazione impressiona l'occhio. E «la luce degli occhi - come scrive Salomone - è la gioia dell'anima».3
Essa quindi, prima di parlare alla fantasia, all'appetito, all'intelletto e alla volontà, parla al senso, in forma piacevole. Ha perciò una potenza più suggestiva che non la stessa stampa perché - come insegna la buona filosofia tradizionale - l'intelletto intende «per conversionem ad phantasmata».4 Le idee filtrano [nel]l'animo attraverso i sensi, e sono tanto più chiare ed efficaci quanto più vive e impressionanti sono le immagini che i sensi medesimi ci presentano.

Utilità dell'illustrazione nell'apostolato

L'illustrazione è - come tutti i ritrovati del genio umano - una forza per sé indifferente che può essere messa a servizio della verità e della menzogna, del vizio e della virtù, di Dio e di Satana.
In mano dell'apostolo può diventare mezzo naturale potentissimo che, cooperando a quello soprannaturale, la grazia, eccita le intelligenze
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alla fede, le volontà alla santità della vita, i cuori all'unione con Dio.
Per questo il culto delle immagini [sacre] nella Chiesa cattolica fu sempre professato, difeso, giustificato. Basta, per convincersene, leggere ad es. le opere di San Giovanni Damasceno e i decreti dei Concili ecumenici IV e VIII.
Sono del resto a dimostrarlo la storia e l'uso di tutti i tempi e di tutti i luoghi, nonché l'esperienza quotidiana. Mediante illustrazioni si sono rese accessibili anche alle persone più semplici la mistica di Santa Teresa, di San Giovanni della Croce, l'infanzia spirituale di Santa Teresina del Bambino Gesù e altre dottrine altissime.
Semplici illustrazioni giovano a far apprendere anche ai fanciulli i misteri più alti della fede, come quello della Ss. Trinità, dell'Incarnazione... Dinanzi al Giudizio universale di Michelangelo nel Vaticano ci si sente soprannaturalmente portati ad ammettere il senso vero della Provvidenza, della divina Giustizia.
La rappresentazione dei comandamenti, delle virtù, della vita dei Santi facilita la volontà a concepire fermi propositi di bene.
Le illustrazioni rappresentanti i premi riservati all'anima fedele e i castighi all'infedele, quelle rappresentanti la bellezza della carità, la soddisfazione cristiana delle anime che lavorano e soffrono per Dio, come i martiri e confessori...
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spingono ad abbracciare generosamente la divina volontà quale conviene secondo i comandamenti, l'esercizio delle virtù cristiane, la pratica dei voti religiosi.
Il Crocifisso è un gran libro anche per le persone che non sanno leggere. La rappresentazione dei comandamenti dispone gli animi a riceverli degnamente. La rappresentazione della Messa o quella dei misteri del Rosario conciliano la devozione, il raccoglimento, la fede, la carità. Quella della Via Crucis suscita sentimenti di amore, dolore, umiltà, preghiera. I quadri rappresentanti la Madonna, San Giuseppe, gli Angeli, i Santi sono per tutti, anche per i colti, inviti e attrattive delicatissime. Chi, ad esempio, non si commuove innanzi alla Madonna del Beato Angelico, all'Ultima Cena del Vinci, al S. Cuore di Gesù del Reffo?
Dogma, morale, sacramenti, sacramentali, preghiera, hanno nell'arte un potente alleato.

Norme per l'apostolo

Faccia molto uso delle illustrazioni. Spesso una figura vale un articolo, un libro.
Per chi non sa leggere, ad esempio i selvaggi, per quelli di altra lingua, si può dare in soli cinquantadue quadri tutta la religione: Creazione, Ss. Trinità, Incarnazione, Passione,
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Morte, Risurrezione di N.S.G.C., la Pentecoste, i dieci Comandamenti, i sette Sacramenti, i Novissimi, ecc.
Ogni argomento di ordine naturale e soprannaturale può essere, per un pittore, una buona occasione per elevarlo alla dignità di predicatore, missionario, maestro.
Ne faccia buon uso. Quando l'illustrazione è a servizio del testo scritto, deve esprimere esattamente il pensiero dell'autore. Dovendo, ad esempio, illustrare I Promessi Sposi, si dovrà anzitutto immedesimarsi della tesi propostasi dall'autore: l'innocenza perseguitata dai prepotenti viene protetta da Dio, mentre la prepotenza sarà un giorno da lui colpita. Si darà quindi importanza a quelli che devono essere i quadri principali: Padre Cristoforo che, alzando il dito, pronuncia il «verrà un giorno»; don Rodrigo appestato che muore col perdono di Renzo; la nuova famigliola di Renzo e Lucia in compagnia di Agnese, benedetta da Dio e rallegrata dalla prima culla.
Le figure che illustrano un testo - sia libro o semplice articolo - spieghino, confermino e inculchino quello che è il suo scopo principale.
Tutte le illustrazioni prodotte o dirette dall'apostolo si propongano uno scopo dottrinale o morale o liturgico, e, quando sia possibile, tutti e tre insieme.
Ne faccia uso artistico. Le illustrazioni
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siano belle nel vero senso, avverse al pericoloso principio: «l'arte per l'arte». Siano convenienti per il grado di persone alle quali sono destinate; se occorre anche popolari, ma sempre decorose. Siano adatte allo scopo e curate con molta delicatezza, notando che oggi molti pittori, che pur si dicono sacri, non lo sono.
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CAPO XXIX
LA TECNICA NELLA STAMPA

Con l'espressione «tecnica nella stampa» si intende qui, oltre la forma letteraria, anche il complesso del lavoro di composizione, di impressione, di confezione e di spedizione, necessario per moltiplicare il manoscritto e farlo giungere al lettore in modo conveniente.
È questa la seconda parte dell'apostolato della stampa. Parte che, come dignità, è inferiore alla redazione e alla propaganda, ma è d'importanza grandissima: moltiplica la parola, la fissa, la rende visibile; la fa bella, appetibile, affascinatrice.
Ordinariamente, perciò, la buona forma letteraria e la piacevole veste tipografica sono coefficienti preziosi di apostolato.
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Convinto dell'importanza pratica della tecnica, l'apostolo cerchi di procurare all'apostolato penne elette, di curare il lavoro materiale delle pubblicazioni secondo le esigenze dei tempi e di educare il gusto dei lettori in modo da far apprezzare, amare e assimilare le letture sane.

Procurare penne elette

Nell'apostolato ci vogliono penne elette. Lo richiede la gloria di Dio a cui mira l'apostolo. Lo richiede il rispetto alle anime alle quali si dirige. Lo richiede la materia che per lo più tratta. Lo richiede infine la dignità dello stesso scrittore che è maestro, padre, apostolo.
Penne elette che intingano nel Cuore di Gesù e traducano sulla carta secondo le migliori regole della stilistica.
Penne elette che guadagnino i cuori, appaghino le intelligenze, trascinino le volontà. Penne che sappiano adattarsi ai tempi, alle circostanze, all'argomento, alla categoria di persone cui sono dirette.
Quante letture, ed oggi sono troppe, non producono ammirazione nei lettori, ma disgusto, noia, indifferenza e talvolta anche sdegno!
Certa stampa buona, cattolica, che pare domandi la carità di essere sopportata, menoma il prestigio faticosamente acquistato dalle pubblicazioni anche migliori.
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La forma artistica usata dall'apostolo scrittore dev'essere la più semplice e la più elegante.

Curare il lavoro tipografico

Si tratta di mettere al servizio di Dio e del Vangelo la scienza e le creature tutte con l'impiego dei mezzi umani, meccanici, economici.
Si scelgano dunque gli operai migliori e tra essi si preferiscano i religiosi e le religiose che, allo scopo principale della propria santificazione richiesto dal loro stato, uniscono quello del lavoro tipografico per l'apostolato della stampa.
Un tempo i monaci spendevano grande parte della loro giornata per copiare le pergamene più antiche; i discepoli di San Paolo moltiplicavano le sue lettere per farle giungere a tutti i fedeli; religiosi, sacerdoti e laici, dedicano la loro attività a moltiplicare la parola di Dio e presentarla in modo conveniente a tutti gli uomini.
Vi si unisca l'opera di laici facoltosi che dispongono le loro sostanze per l'apostolato. Tante opere cattoliche non hanno sussistenza, altre sono imperfette o non possono raggiungere il loro scopo, perché non sono sostenute finanziariamente. Questo si verifica in modo particolare nel campo della stampa, ove l'aiuto difetta e non se ne comprende ancora bene la necessità.
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I mezzi meccanici devono essere i migliori, i più celeri, i più economici e i più convenienti che offrono i tempi e la civiltà. Quindi: il telefono, la radio, la televisione per la raccolta delle notizie e delle figure; le macchine più progredite per l'impressione e la confezione; i mezzi più celeri e più estesi per la propaganda.
L'apostolo, nella sua pienezza di carità verso Dio e gli uomini, sappia utilizzare al suo scopo tutto ciò che la provvidenza gli offre perché da tutte le creature si elevi l'inno di lode al Creatore. Sia tanto ingegnoso da saper anche far crescere rose e gigli dai rifiuti e trasformare gli stracci in carta per il Vangelo.

Educare il gusto dei lettori

Pur dando tutta l'importanza che merita alla parte tecnica, è necessario che i lettori siano convinti ch'essa non costituisce l'essenziale della lettura e che s'illude grandemente chi dà la preferenza ad autori e a edizioni non tipicamente cattoliche per soddisfare il suo gusto estetico.
Ci può essere il veleno in un piatto d'oro, ma è sempre veleno, e ci può essere del buon pane presentato senza tanta eleganza e ricercatezza, ma non per questo perde la sua sostanza e cessa di essere utile e necessario.
Se un libro è cattivo dal punto di vista
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religioso-morale può fare molto più male d'un altro difettoso di forma tecnica.
È poi da notare che i gusti del popolo in genere sono poco coltivati e che spesso una pubblicazione grandemente apprezzata da persone competenti, non riesce a suscitare che uno scarso interesse, se non il disgusto, in persone inesperte e di poca cultura.
Al contrario, persone incompetenti considerano come pregi certi difetti di forma, di gusto, di tipografia, di confezione che disgustano coloro che sono abituati al lavoro intellettuale e ad avere tra le mani opere artisticamente belle.
L'apostolo si proponga pertanto di educare a poco a poco il gusto dei lettori:
- facendo comprendere che la stampa buona, anche se imperfetta, può ugualmente giovare;
- offrendo una stampa che, pur essendo accessibile alla comune mentalità, sia immune dai difetti da deplorarsi;
- insegnando che, per poter dare un giudizio completo su di un'opera, è necessario esaminare con competenza l'idea ispiratrice, la forma letteraria adottata, l'impressione che la lettura produce, l'aspetto esteriore del libro.
Tenuta nel giusto concetto dall'apostolo e dal lettore, la tecnica avrà nell'apostolato il posto che ha l'elemento sensibile nei sacramenti e nei sacramentali.
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CAPO XXX
LA PROPAGANDA

La propaganda è la terza parte dell'apostolato della stampa, alla quale sono ordinate le prime due: la redazione e la tecnica. Perché l'apostolo non incorra nel pericolo di alterarne il fine, si premettono alcuni principi circa la sua natura, la sua importanza e i suoi mezzi, che sono del resto quelli stessi già esposti per l'apostolato in genere.

Natura della propaganda

Per l'apostolo, la propaganda è l'estensione nello spazio e il prolungamento nel tempo dell'opera apostolica del Maestro divino.
Gesù Cristo venne dal cielo, apostolo del Padre, per indicare la via della salute ai figli
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smarriti. Compiuta la sua missione divina, se ne ritornò al Padre dopo aver affidato negli apostoli alla Chiesa l'incarico di continuare l'opera sua.
Nella Chiesa, dunque, come si perpetua la presenza reale di Gesù Cristo nell'Eucaristia, e la sua autorità mistica nei ministri sacri, così si perpetua la sua missione divina nella propaganda della buona stampa.
Si comprende facilmente che la propaganda intesa in questo senso si differenzia essenzialmente dal commercio e dalla questua.
Non è commercio perché non è uno scambio di merce e di prezzo, e non mira al lucro, ossia al guadagno, ma alla gloria di Dio e alla salute eterna degli uomini.
L'apostolo studia i maggiori bisogni spirituali e morali delle anime e delle popolazioni, quindi scrive e diffonde dal pulpito della stampa, come il predicatore dal pulpito della chiesa.
Non è questua perché non chiede, ma dà. L'apostolo rilascia gratuitamente ciò che gratuitamente ha ricevuto da Dio.
L'offerta che chiede, il più delle volte, è fissa ed è ben poca cosa in confronto alla parola di Dio! È una collaborazione alla divina Provvidenza, simile all'offerta della Messa, la quale, mentre significa la volontà dell'offerente di concorrere al Sacrificio di Gesù Cristo, ha pure lo scopo di contribuire al sostentamento dei ministri.
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Nella propaganda dunque l'offerta-prezzo significa la buona volontà dell'acquirente ed ha lo scopo pratico di giovare al sostentamento dell'apostolo, di coprire le spese dell'apostolato, procurare la carità della verità agli ignoranti in materia di fede e particolarmente fornire il pane spirituale a quegli indigenti che vivono lontano da Dio e dalla Chiesa.
La propaganda deve dunque pervenire a tutte le anime, ma specialmente alle più bisognose, poiché l'apostolo che la compie deve essere come il Buon Pastore che, assicurato il gregge fedele, corre ed espone se stesso per la pecorella smarrita.
L'apostolo abbia dunque le sue preferenze per i derelitti; per gli avversari; per i poveri vergognosi che non osano cibarsi del pane spezzato dal pulpito alla massa dei fedeli; per gl'infedeli che ignorano il vero Dio, Uno e Trino, l'opera della Redenzione, il Vangelo; per gli insidiati nella fede mediante l'opera malefica degli emissari di Satana, del mondo, della carne, attraverso la scuola della stampa, le massime mondane...; per i dubbiosi, gli assorbiti dalle cure di governo, di ufficio, di lavoro.
Egli dev'essere l'angelo benefico che a tutti e ad ognuno ricorda i destini eterni e le vie della salvezza; l'angelo che parla di Dio e del cielo a quei figli di Dio che si preoccupano solo della terra.
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Importanza e necessità

La propaganda costituisce il gran problema dell'apostolato della stampa. Ad essa sono ordinate e da essa sono come indirizzate la redazione e la tecnica. Può dirsi il canale attraverso il quale le verità che sgorgano dal cuore dell'apostolo o meglio dal cuore del Maestro divino arrivano alle anime.
L'apostolo propagandista è un dispensario1 che prende dalla Chiesa i tesori affidategli in deposito da Gesù Cristo e li distribuisce alle anime: «Ci consideri ognuno come servitori di Cristo e dispensatori dei misteri di Dio».2
Dispensario1 che non limita la sua azione a pochi indigenti, ma l'estende a tutti gli uomini, perché i tesori che la Chiesa possiede sono per tutti. E basta dare uno sguardo al mondo per comprendere quale sia la necessità di questa distribuzione!
Oggi si contano sulla terra oltre due miliardi di uomini. Di essi soltanto un sesto circa professa la religione cattolica ed è illuminato, nutrito, riscaldato dal sole delle genti: Roma.
E ciò non perché Roma sia venuta meno alla fede: sta ferma e sicura la parola di Gesù Cristo: «Rogavi pro te (Petre), ut non deficiat
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fides tua»,3 né si è corrotta la sua morale, perché la morale cristiana è quella di tutti i tempi. La Chiesa è e rimane la depositaria di un tesoro inesauribile; è e rimane santa.
La vera causa è che mancano i dispensatori; mancano gli apostoli che, fattisi voce di Dio, chiamino le pecorelle che si trovano fuori dell'ovile di Gesù Cristo e affrettino l'adempimento della profezia del Redentore: «E si avrà un solo ovile e un solo pastore».4
A queste pecorelle si può arrivare facilmente attraverso la propaganda. Ad essa miri decisamente l'apostolo. Per essa crei e formi i distributori.
Libri e stampati si preparano facilmente. Il Catechismo del resto, anche nell'edizione dei Primi Elementi, è sufficiente ai diciotto ventesimi dell'umanità. Ma è necessario portarlo, farlo conoscere!
Si mobilitino dunque tutti i mezzi di diffusione e di propaganda.
L'apostolato della stampa senza la diffusione si può paragonare ad una lucerna posta sotto il moggio, ad una famiglia senza figli. Come la lampada se è nascosta non rischiara, così se la buona stampa sta ferma nei magazzini non può illuminare le anime. E, come una figliolanza numerosa è indice della vitalità dei
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genitori e garanzia di un avvenire largo e fruttuoso, così un'ampia propaganda è indice di un animo veramente apostolico in colui che la compie, e garanzia di frutti copiosi.
Assicurata una stampa con spirito di vero apostolato e sufficientemente decorosa per la parola di Dio che porta, si diriga la gran cura alla diffusione.
L'errore capitale di oggi è questo: che il gran talento5 della Verità, che le ricchezze della Fede, dei Padri, della Chiesa rimangono sepolti, mentre i nemici di Dio e delle anime, applauditi e pagati, seminano la zizzania a piene mani.

Modi di propaganda

Per l'apostolo i principali modi di propaganda sono quelli insegnati da Gesù Cristo, dalla Chiesa e richiesti dalle necessità.
Gesù Cristo insegnò a non aspettare le genti, bensì ad andare ad esse. Come il Maestro, l'apostolo deve propagare la divina parola nelle città, nei paesi, nelle case, anche le più remote. Deve valicare i monti, salpare gli oceani, recarsi a tutti gli uomini perché tutti sono chiamati a conoscere la via della salvezza. Deve interessarsi delle singole anime, delle singole famiglie, delle singole parrocchie. Organizzare librerie, formare zelatori, entrare in tutte le associazioni, convincere
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i capi officina, i capi scuola, le persone autorevoli...
Naturalmente tutto questo importa difficoltà, sacrifici, pericoli, che richiedono, oltre lo spirito di apostolato, anche la prudenza del serpente, la semplicità della colomba, la fedeltà del martire.
Ma l'apostolo deve sapere dimenticare se stesso per donarsi alle anime e offrirsi a Dio.
Il martire San Tarcisio può essere posto a modello e a protettore.

La Chiesa poi insegna il modo pratico di esercitare la propaganda. L'apostolato della stampa è il complemento e il prolungamento dell'apostolato di Gesù Cristo vivente nei pastori sacri: perciò per diritto e per dovere deve ricevere da essi la sua maggior espansività.
Per questo la Chiesa insegna che esso, e quindi la propaganda, devono essere esercitati in primo luogo dalla Gerarchia ecclesiastica.
La propaganda fatta dai laici deve essere in dipendenza ed aiuto all'autorità ecclesiastica, nello stesso modo che il catechista e la catechista parrocchiale insegnano sotto la guida del Parroco e a lui devono ubbidienza, venerazione, rispetto e fiducia.

Le circostanze dei tempi e la tempestività di combattere avversari organizzati, fanno oggi apparire evidente la necessità di un esercito completo
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formato da anime ardenti che si consacrino esplicitamente ed esclusivamente alla propaganda della stampa cattolica; di un esercito numeroso ed organizzato che abbia continuità di tempo e che operi ampiamente sorpassando confini di spazio; che serva la Chiesa, le diocesi, le parrocchie, le missioni e muova decisamente per portare e fissare la lucerna della verità là dove vi sono ancora tenebre e ombra di morte.
È necessario, insomma, un esercito di religiosi che si consacrino esclusivamente alla stampa e che si associno collaboratori laici; religiosi suscitati da Dio che si mettano al servizio della Chiesa e che da essa siano accettati nella mistica vigna, benedetti e guidati nel loro lavoro.
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CAPO XXXI
IL PROPAGANDISTA

Se per «propagandista» s'intende un semplice «distributore», la propaganda diviene per lui un lavoro relativamente semplice e facile.
Ma il propagandista apostolo non è un semplice distributore! Per lui invece la propaganda è il mezzo pratico di portare alle anime, a tutte le anime, la parola di verità e di salute, adattata ai bisogni particolari di ognuna.
Ma quale difficoltà non presenta questo adattamento! Altri sono i bisogni del fanciullo, altri quelli dell'adolescente, del giovane, dell'uomo adulto. Una persona colta ha esigenze diverse da quelle del popolo. Il professionista non gusta ciò che invece soddisfa l'operaio o l'agricoltore... Ed anche la stessa anima non ha sempre i medesimi bisogni!
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È vero, la verità è unica per tutti. Anche la natura umana è unica, eppure quale diversità nelle persone! Si può affermare non esservene due perfettamente uguali. Così è delle anime. Tutte sono create a immagine e somiglianza di Dio, tutte hanno lo stesso principio, lo stesso fine, gli stessi mezzi di salute, ma ognuna ha tendenze e bisogni particolari che variano con l'età e con le circostanze.
Il propagandista dovrebbe intuire questi bisogni e venirvi incontro col libro, col foglio adatto. Questo richiede in lui: preparazione specifica, retta intenzione, tatto e intuito delle anime.

Preparazione specifica

È la preparazione prossima all'esercizio della propaganda, ed è in parte teorica e in parte pratica. Pur variando col variare dei soggetti e delle circostanze, ha alcune parti essenziali che non devono mai mancare. Prima e necessaria dote del propagandista è un grande amor di Dio, e un'umile adesione ai Superiori ecclesiastici.
Seguono quindi:
Conoscenza delle vie di propaganda, almeno delle principali accennate nel presente volume.
Conoscenza della stampa da propagandarsi, sia per studio proprio o attraverso recensioni allo scopo.
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Conoscenza delle leggi civili ed ecclesiastiche che toccano direttamente o indirettamente l'esercizio della propaganda.
Conoscenza dell'ambiente particolare ove si deve svolgere la propria attività e dei mezzi pratici suggeriti dall'esperienza.
Addestramento pratico sotto la guida di propagandisti già provetti.
Attitudine naturale o acquisita che porti alla completa dedizione con animo ilare, contento e disinteressato.
Docilità che porti alla fiducia filiale verso i Superiori legittimi e alla massima fedeltà alle loro direttive.
Una buona preparazione specifica così intesa completerà nel propagandista i doni naturali, ch'egli deve soprannaturalizzare perché gli sono scala per giungere al Creatore e mezzo fecondo di apostolato.
A volte potrà anche accadere che la preparazione non sia possibile o che nell'esercizio dell'apostolato si presentino casi imprevisti. Si affiderà allora primariamente la cosa al Signore, fidenti che egli nella sua onnipotenza può servirsi delle cose che non sono per confondere quelle che sono [cf. 1Cor 1,27].
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Retta intenzione

Coerente e fedele all'alta sua missione, l'apostolo non si serva della propaganda come di mezzo per disfarsi dei fondi di magazzino, per accumulare ricchezze, per soddisfare l'ambizione propria o l'altrui, per accontentare il pubblico, o fosse anche per uno scopo più nobile, quale ad esempio il procurare nuovi mezzi per l'apostolato.
Primo ed esclusivo suo fine dev'essere: la gloria di Dio e il bene delle anime. Tutto il resto di lavoro e d'iniziativa è indirizzato a questo fine supremo.
Fra le stampe da propagarsi spetta la preferenza alle scienze sacre: S. Scrittura, opere dei Ss. Padri, Dottori della Chiesa e Scrittori ecclesiastici, sacra Teologia, Liturgia, vite di santi, cultura religiosa e tutto ciò che parla direttamente alle anime di Dio, loro primo principio, conservatore perpetuo, ultimo fine. Le stampe profane sono da curarsi solo in quanto possono servire al fine specifico dell'apostolato. E ciò anche se sono più richieste, come avviene ad esempio nel settore delle letture amene.
Fra i lettori è da preferirsi la pecorella smarrita, errante sui monti, alle novantanove fedeli, rinchiuse nell'ovile; le anime lontane da Dio, dalla Chiesa e dai Pastori, a quelle più praticanti; gli infedeli ai fedeli.
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Le difficoltà, gli insuccessi, le fatiche sono da affrontarsi e da superarsi con animo apostolico, pronto sempre ad affermare con l'Apostolo delle genti: «Che cosa mi potrà separare dalla carità di Cristo?».1
È necessaria insomma quella retta intenzione che non scambia l'apostolato col commercio; che lo santifica con la carità, con la preghiera, con la fiducia e l'abbandono in Dio.
L'anima così disposta ama e preferisce a tanti altri un apostolato così ampio, così nascosto e così privo di soddisfazione!
Guida a tempo opportuno i lettori nella scelta del libro, della rivista, del giornale e lo fa con cura minuziosa e vigile, come se l'effetto dipendesse esclusivamente da quella scelta, mentre [li] eleverà nella fiducia in Dio, il solo che ha il potere di cambiare la parola in vita per le anime.
La retta intenzione, fortificata dalla fiducia in Dio, lo sostiene quando è tentato di pensare che il foglietto diffuso venga gettato, che il libro gradito e ricevuto forse per fargli un favore non verrà aperto oltre le prime pagine e che il suo sforzo sarà, nella massima parte dei casi, inutile. In ogni caso pensa che Dio vede, nota, premia tutto e che sa, quando non vi si pongono impedimenti, far sì che anche poche righe rivelino
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un'anima a se stessa e siano il principio della sua salvezza, della sua santificazione.

Tatto e intuito delle anime

Perché il foglio, il libro siano veramente parola di vita, devono corrispondere alle necessità particolari dell'anima alla quale si offrono. Per ottenere questo, in linea generale, il propagandista deve conoscere l'anima coi suoi bisogni, le sue sofferenze, i suoi desideri.
È vero: in fondo, veramente in fondo, le anime non si possono conoscere e non si possono vedere. Dio solo lo può. Noi le ignoriamo anche quando esse ci parlano e si manifestano. Ancor più le ignoriamo quando, solo un muto stampato, messo tra le mani, è l'indiretto discorso che facciamo loro.
Ma sappiamo che tante anime sante hanno avuto questa scienza soprannaturale e l'hanno imparata negli intimi colloqui col loro Amico.
«Il propagandista chieda a Dio, il solo Padrone delle anime, luce e grazia per loro, e per sé il dono del consiglio e della sapienza. Saprà così avvicinarle con quel tratto e quella delicatezza soprannaturale che s'impara ai piedi dell'altare, con gli anni e con la sofferenza.
Chi non ha sofferto, chi non si è mai raccolto in se stesso, chi non si è abituato con la
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meditazione e la riflessione a esaminare e vagliare i propri sentimenti, difficilmente acquisterà queste doti.
Le persone leggere e spensierate, abituate a giudicare le cose alla superficie, non saranno mai degne di penetrare nel santuario delle anime».2
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CAPO XXXII
FORME DI PROPAGANDA

Poiché la carità è ricca di iniziative, le forme di propaganda si moltiplicano secondo le iniziative individuali dei singoli propagandisti. Tuttavia si possono, almeno generalmente, raggruppare in tre principali: propaganda di organizzazione, di formazione e di azione.

Propaganda di organizzazione

È quella che si compie generalmente dai centri di direzione. Può assumere due principali aspetti: studio dell'ambiente che forma la zona d'apostolato, e iniziative di organizzazione.
Studio dell'ambiente, che abbraccia tutte le notizie generali e particolari di tempo, luogo, persone e circostanze che possono favorire o
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meno l'apostolato, onde poter prendere, in base ad esse, le mosse di azione. Studio specialmente dei bisogni delle anime, del modo pedagogico di venir loro incontro e del momento psicologico opportuno.
Iniziative organizzative, che presentano le varie opere di apostolato e aprono ad esse la via delle anime. Costituiscono ciò che generalmente si suole denominare «pubblicità». Si possono moltiplicare senza numero e avere forme disparate che variano con le circostanze.
Tra le molte ricordiamo: riviste bibliografiche; - cataloghi generali e particolari; - recensioni su quotidiani cattolici, su giornali e riviste di maggior importanza e portata; - recensioni sui libri stessi; - annunzi per librerie, parrocchie, collettività e privati; - manifesti e illustrazioni; - corrispondenza con parenti, amici e conoscenti; - saggi gratis, ecc. ecc.

Propaganda di formazione

È il più vasto, il più bello, ma anche il più difficile modo di propaganda. Consiste nella ricerca, nella formazione, nell'organizzazione e direzione dei cooperatori all'apostolato.
La ricerca mira a un reclutamento di persone che prestino la loro cooperazione di preghiera, di sacrificio, di opera e di offerta. La preghiera
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e il sacrificio sono possibili a tutti. Sono tuttavia da chiedersi in modo particolare alle anime che si dedicano alla vita interiore. L'opera può essere prestata alla parte redazionale mediante scritti; alla tecnica col mettere a servizio dell'apostolato industrie, macchinari, materiali vari, cognizioni, lavoro tipografico; alla propaganda col prestarsi per la divulgazione della stampa dell'apostolato. Quest'ultima forma richiede molto personale, che dovrebbe essere scelto in tutti i centri (grandi e piccoli) e in tutte le condizioni sociali.
La formazione dei cooperatori dev'essere, come quella dell'apostolo, completa, ossia: intellettuale, morale e tecnica.
L'intellettuale comprende, oltreché la conoscenza della religione e delle scienze naturali, in quanto necessarie o almeno utili all'apostolato, anche quella dell'apostolato della stampa in sé, nel suo fine, nella sua estensione e nella sua amplificazione.
La morale mira a formare nei cooperatori il cristiano apostolo. Perciò le anime siano davvero credenti e praticanti, e quindi sappiano rendere a Gesù Cristo la testimonianza della propria vita e della propria opera.
La tecnica addestra all'esercizio dell'apostolato stesso nella maggior ampiezza e con la maggior efficacia possibile.
L'organizzazione e la direzione dei cooperatori
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costituisce il segreto di riuscita. Si tratta di formare un esercito compatto e forte sotto le direttive di un solo comando. Esercito votato ad un solo fine: la sconfitta di un nemico (la stampa cattiva) e la conquista di un tesoro (le anime a Dio attraverso la stampa).
La direzione dell'apostolato deve dunque essere la direzione dei cooperatori, anche se sono sparsi in tutto il mondo. Per tutti vi siano regole chiare, precise, che accomunino i diritti e i doveri. Su tutti sorvegli sempre l'occhio vigile dell'apostolo. A tutti giunga la sua opera di guida e sostegno e, quando sia necessario, anche la sua presenza.
Tra i vari modi di organizzazione, l'ideale pare il seguente: ogni parrocchia dovrebbe avere il gruppo «Buona Stampa» composto di cinque persone (un giovane, una giovane, un uomo, una donna, un uomo dirigente) che si occupano della propria parrocchia. I gruppi parrocchiali dovrebbero far capo a quelli diocesani, questi ad un gruppo nazionale e i nazionali ad una sola direzione generale.
I gruppi parrocchiali e diocesani possono avere collaboratori alle loro dipendenze.
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Propaganda di azione

È la propaganda che viene fatta direttamente dall'apostolo. Ha una duplice attività: soddisfazione alle richieste dirette e penetrazione.
La soddisfazione alle richieste abbraccia il lavoro di spedizione, corrispondenza e contabilità.
La spedizione può essere isolata e periodica (come per gli abbonati a libri, riviste e stampe periodiche) e sotto variissime forme, come: per ferrovia a grande e piccola velocità, per bagaglio, per pacchi postali, per abbonamento postale, per corriere...
La corrispondenza deve tenere informati i richiedenti di tutto ciò che li può interessare, come: stampe esaurite, il motivo degli eventuali ritardi, informazioni sulle innovazioni...
La contabilità riguarda la regolare registrazione delle entrate e delle uscite, la compilazione degli schedari, dei bilanci e tutto ciò che si suole comunemente denominare amministrazione.
Spedizione, corrispondenza e contabilità siano sollecite, esatte e regolari. Gli sbagli, i contrattempi, gli inconvenienti urtano e alienano gli animi, quando non offendono anche la carità e la giustizia.
Per lavoro di penetrazione s'intende qui non la propaganda di organizzazione e di formazione, ma il contatto diretto dell'apostolo con le
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anime. Comprende quindi la propaganda a domicilio, la visita ai cooperatori, l'utilizzazione del telefono, della radio e del cinematografo, la fondazione e l'organizzazione di centri di diffusione, l'impianto e la direzione di biblioteche e tutte quelle opere di propaganda utilizzate direttamente dall'apostolo.
Lasciando [spazio] alla libera iniziativa e allo zelo particolare, nonché alle necessità delle varie circostanze, nei capitoli seguenti si accennerà brevemente alle forme principali di questo modo di propaganda, cioè: i centri di diffusione, le biblioteche, la propaganda a domicilio, la festa del divin Maestro.
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CAPO XXXIII
CENTRI DI DIFFUSIONE

Per «centri di diffusione» s'intendono vere e proprie librerie aperte al pubblico come mezzo di apostolato. Sono così denominati perché devono essere centri di apostolato, dai quali partono raggi di luce e di grazia che illuminano e riscaldano le anime.

Formazione ed organizzazione

I centri di diffusione nel senso su esposto devono essere a servizio delle diocesi e delle parrocchie. Ve ne dovrebbe quindi essere uno almeno per ogni parrocchia o almeno per ogni diocesi.
Per la fondazione si richiede l'approvazione dell'autorità ecclesiastica e il nulla osta o la presa d'atto dell'autorità civile.
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La loro organizzazione riguarda la direzione e l'ordinamento. La direzione è quella del centro generale. Tuttavia essi possono essere gestiti sia dall'apostolo che dai suoi cooperatori.
L'ordinamento riguarda: il fornimento del materiale per la diffusione, la sua distinzione, la cura e il decoro del locale.
Materiale per i centri di diffusione sono tutte le opere e le iniziative e tutte le stampe delle editrici cattoliche che possono contribuire direttamente o indirettamente all'apostolato.
Il rifornimento del materiale richiede competenza circa il modo di arrivo, apertura e verifica dei pacchi, registrazione dei libri e dei prezzi-offerta. Il migliore pare quello della divisione per materia. In questo caso le stampe di contenuto uguale o simile devono essere collocate una accanto all'altra in modo da essere a portata di mano. Nei centri grandi vi possono essere divisioni in molti gruppi coi loro sottogruppi o sezioni. Nei centri piccoli invece possono essere sufficienti le seguenti divisioni: Sacra Scrittura, Teologia, Patristica, Predicazione, Catechistica, Ascetica, Pietà, Agiografia e Biografia, Formazione, Cultura, libri per gioventù, letture amene per uomini, donne, giovani, signorine, fanciulli, periodici e stampati vari.
La cura e il decoro del locale hanno molta importanza. I centri di diffusione sono luoghi
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sacri come la chiesa, la scuola, e perciò esigono ordine, pulizia ed estetica.
Ordine e pulizia del locale, degli scaffali, dei libri. Si scopi, si spolveri, si disinfettino spesso le scansie, le vetrine, il banco, i libri.
Estetica specialmente nelle vetrine e nelle stampe esposte al pubblico. Queste siano disposte in modo da produrre un senso di piacere in coloro che osservano. Chi entra deve poter abbracciare in un colpo d'occhio le varie classificazioni dei libri, onde dirigersi facilmente a ciò che più l'interessa.
Si mutino spesso i libri nella vetrina tenendo presenti le opportunità dei tempi e delle feste e si dia precedenza ai libri sugli oggetti religiosi.
L'ordine, la pulizia, il decoro sono specialmente da curarsi nel personale addetto ai centri di diffusione: lo richiede la parola di Dio che si amministra, la dignità dell'apostolo, il rispetto e la carità per le persone che vi accedono.

Funzionamento

Il buon funzionamento dei centri di diffusione richiede: la conoscenza dell'ambiente e delle stampe, il modo di attirare i fedeli, l'amministrazione.
La conoscenza dell'ambiente è necessaria per il fornimento delle stampe opportune. Si ottiene
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mediante il contatto con le autorità ecclesiastiche o per mezzo di cooperatori. La conoscenza delle stampe è necessaria per saperle collocare al loro posto e per consigliarle e appropriarle ai fedeli. Può essere diretta, mediante la lettura di esse, o indiretta, mediante la guida di opportune recensioni o riviste bibliografiche.
Per attirare i fedeli occorre avere sempre il centro ben fornito e si richiede, in chi lo dirige, competenza nel consigliare e guidare i fedeli nella scelta, buon tatto, abilità per richiamare l'attenzione sulle stampe, abilità nel saper approfittare di tutte le occasioni di propaganda, come: la formazione delle vetrine, i tavoli per mostra, l'invio di opere in visione, la visita a domicilio, l'invio di stampe di propaganda, uso del telefono, consegna diretta...
La vetrina dev'essere disposta in modo da far effetto sul passante, e indurlo a fermarsi.
Sui tavoli di mostra si espongano pochi libri, e si dispongano in modo che il fedele possa esaminarli.
L'invio delle opere in visione è per interessare i fedeli, i religiosi, il clero. Onde poter giungere a tutti è consigliabile tenere registri con gli indirizzi delle persone alle quali si vogliono spedire e specialmente di tutte quelle che desiderano le novità. Si consultino poi i giornali, le riviste, i cataloghi, le stampe, gli avvisi per tenersi al corrente di tutte le novità.
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La visita a domicilio è utilissima e talvolta necessaria. Si rivolga particolare attenzione sugli amici, conoscenti, cooperatori, poi ai parroci e pastori di anime, quindi alle collettività: scuole, caserme, istituti, confraternite, ospedali, carceri, uffici, dopolavoro, fabbriche...
In certe località torna pure utile visitare gli sposi, i parenti dei neonati. È questa un'ottima occasione per aprire la via ad una proficua propaganda.
All'occorrenza ci si serva del telefono e della collaborazione del giornalismo, del cinema o della radio.
L'invio del materiale di propaganda può farsi anche a mezzo della posta. Allo scopo si possono prendere gli indirizzi dagli elenchi professionali, liste di soci, di associazioni, società, ecc.
Le lettere di propaganda possono essere riprodotte in serie. È utile dare ad esse un'intonazione personale, mantenere il carattere di lettera individuale firmandole a mano, ed evitare lo stile commerciale.
La consegna diretta nel centro stesso richiede tatto e attenzione onde chi accede veda al banco una persona provetta e di animo apostolico.
L'arte di trattare i fedeli richiede una decorosa e modesta presentazione, la conoscenza delle persone, ed esige alcune regole speciali per la diffusione.
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La prima attenzione va rivolta dunque a se stessi, al modo di presentarsi, al garbo, alla irreprensibilità della propria igiene personale e della nettezza dei vestiti, e soprattutto al delicato tratto apostolico.
La conoscenza delle persone richiede accortezza. Quando entra qualcuno è molto utile fare su di lui un'umile e rapida analisi. Non si tratta di curiosità, di un giudizio qualunque, ma di ricavare un'impressione che serve a determinare l'atteggiamento verso chi si presenta onde potergli giovare nel miglior modo possibile.
Le principali regole per la diffusione si possono ridurre alle seguenti:
- Quando entra qualcuno, evitare le domande vuote, come sarebbero: «Che cosa desiderate? Che cosa volete?». Si preferisca la conversazione specifica, adatta alle singole persone, cominciando dal saluto cristiano: «Sia lodato Gesù Cristo».
- Quando la persona ha espresso il suo desiderio, cercare di soddisfarla pienamente e con premura. Se non si ha quello che richiede, impegnarsi, quando è possibile, di procurarlo al più presto.
- Si trattino sempre tutti con cortesia e religiosa carità, anche i fanciulli.
- Ci si attenga ad offerte-prezzo sempre fisse e non si permettano facili eccezioni. Le particolarità alienano gli animi.
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L'amministrazione richiede la registrazione esatta delle entrate e delle uscite, l'inventario e il bilancio.
Al riguardo ci vuole prudenza e competenza. Non ci si fidi mai della sola memoria, ma si segni tutto con ordine, metodo e precisione; si osservino tutte le regole richieste dall'autorità religiosa-civile e della propria direzione generale.
La pratica e le circostanze suggeriranno al riguardo norme particolari e guida pratica.
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CAPO XXXIV
BIBLIOTECHE

L'opera delle biblioteche è per l'apostolo una meravigliosa iniziativa di bene.
Perciò egli, sempre pronto a rivolgere l'attività in tutti quei settori in cui è maggiore il bisogno e più grande l'efficacia, dia a questa il posto che merita, la studi nella sua importanza e nelle sue forme, la zeli con saggio criterio di costituzione e di organizzazione.

Importanza ed efficacia

L'influenza sempre notevole, a volte decisiva, del libro nell'opera di formazione e di educazione universale, dice sufficientemente quale sia l'importanza delle biblioteche, importanza, anzi necessità improrogabile fra il dilagare continuo di tanta stampa e in un tempo in cui si verifica
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sempre più crescente il desiderio di leggere. Oggi non è più un lusso il cercare le ultime novità librarie! La lettura, riservata un tempo a pochissimi individui delle classi colte e abbienti, è ormai diventata universale.
È necessaria quindi una larga propaganda del libro buono onde prevenire il libro cattivo o per lo meno indifferente.
Tra i mezzi di diffusione la biblioteca tiene senza dubbio un posto importantissimo. Essa infatti porta il libro a contatto di qualunque categoria di persone, permette di leggerlo anche a chi non può acquistarlo, dà al libro quella massima utilità che gli deriva dalla più rapida e più numerosa circolazione, offrendo ad ogni nuovo lettore la sua preziosa utilità.
La biblioteca inoltre integra e sviluppa la formazione religiosa, promuove la formazione individuale e la cultura sociale, integra la responsabilità e lo sforzo di educazione e impedisce ai lettori di cercare altrove libri di lettura e anche di studio che potrebbero essere nocivi. Esercita quindi un'opera che non è solo di preservazione, ma anche di costruzione e di apostolato.

Forme di biblioteche

La biblioteca, pur restando sempre sostanzialmente una raccolta di libri e giornali in lettura,
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può assumere forme varie a seconda della categoria di persone a cui è diretta.
Vi sono così biblioteche familiari, scolastiche, professionali, circolanti, parrocchiali, comunali, civiche e nazionali...
L'apostolato della stampa può e deve occuparsi - nel limite del possibile - di tutte queste specie di biblioteche, perché in ognuna di esse può ottenere il suo scopo preservativo e costruttivo. Rivolgerà tuttavia la sua attività particolarmente alle biblioteche familiari, circolanti e parrocchiali come a quelle più atte a divenire centri di preservazione, di irradiazione di verità e di vita cristiana.
Biblioteche familiari non solo tra le famiglie distinte, ma anche fra quelle del popolo, perché ormai è generale la tendenza delle famiglie a far studiare i figli e portarli in una condizione intellettuale più elevata.
Anche dove non vi è questa tendenza è utile il richiamo alle buone letture di famiglia, particolarmente per promuovere la lettura del Vangelo e della Bibbia.
Si entri per tempo nel santuario della famiglia con la stampa di apostolato. Il domani potrebbe essere troppo tardi.
Biblioteche circolanti presso carceri, istituti, ospedali, case di cura, collegi, pensionati,
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confraternite, associazioni religiose, associazioni di Azione Cattolica.
Per le collettività la biblioteca è spesso mezzo di unione, di sana ricreazione, centro di cultura, cenacolo di vita spirituale e di conquiste apostoliche: una cosa insomma indispensabile.
Biblioteche scolastiche per alunni ed insegnanti di tutte le scuole (dalle materne alle universitarie), che integrino la cultura, formino alla vita e alla virtù.
Biblioteche parrocchiali, o pastorali, che aiutino e completino l'opera del parroco nel suo ministero sacerdotale.
Si dovrebbe cercare di costituire la biblioteca in ogni parrocchia, anche nella più piccola e più remota.

Costituzione delle biblioteche

La costituzione di una biblioteca non è sempre facile. Ma non per questo è da iscriversi tra le opere più difficili se non impossibili.
Ci vuole della buona volontà, del coraggio, e talora anche dell'ardimento.
Per costituire biblioteche familiari è necessaria grazia e tattica, onde poter entrare nel sacrario della famiglia, conoscere le esigenze e i bisogni morali dei singoli membri, vincere i
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contrasti, consigliare e talora imporsi nella scelta dei libri.
Proporzionalmente dicasi per la costituzione di biblioteche circolanti. Le collettività sono famiglie più grandi, composte talora di membri eterogenei sotto gli aspetti più vari. Anche qui si tratta di penetrare, conoscere, consigliare, convincere, guidare.
La costituzione poi di biblioteche scolastiche richiede competenza e abilità tutta particolare.
Quelle per gli alunni hanno lo scopo di integrare la loro istruzione e formazione. Quelle per gli insegnanti devono completare la cultura e servire di sussidio per l'insegnamento.
Ci vuole dunque competenza e abilità per la scelta, l'adattamento dei libri, in base ai programmi e in pieno accordo con le autorità competenti.
Più importante è sempre la costituzione delle biblioteche parrocchiali.
Le norme particolareggiate che qui si espongono al riguardo, mentre possono servire di guida per la formazione di queste biblioteche, potranno gettare luce sul modo di costituire anche le altre.
Per formare una biblioteca parrocchiale è necessario anzitutto accordarsi col parroco, quindi procedere per la scelta dei libri e sciogliere la questione del finanziamento.
Al clero, specialmente ai parroci che non
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avessero ancora avuto occasione di occuparsi della biblioteca, si dovrà far comprendere lo scopo e la necessità di essa con carità e prudenza.
Davanti all'indifferenza o neghittosità nostra, avrebbero largo campo di azione gli avversari!
È vero, si tratta di una nuova fatica, un nuovo lavoro, una nuova preoccupazione... e i parroci ne hanno già tante, troppe! Eppure, se è trascurata, si avrà in seguito una preoccupazione molto più assillante e un lavoro da compiere molto più faticoso e ingrato.
La biblioteca parrocchiale, lo si faccia comprendere bene, deve essere elencata tra le iniziative del parroco.
La scelta dei libri è un problema non sempre facile, che spetta di regola all'apostolo stesso.
È assioma indiscutibile: bisogna scegliere dei libri buoni, che si facciano leggere, altrimenti non si raggiunge lo scopo. Libri che incontrino il gusto dei lettori, s'intende il gusto sano, morale, e che non restino negli scaffali a far bella mostra di sé o sui cataloghi per rendere più imponente la cifra dei volumi.
La scelta potrà variare secondo il grado di cultura, le condizioni sociali, morali e religiose della parrocchia.
Potrà quindi, secondo i casi, essere:
Prevalentemente ascetica, se, ad esempio, mira di preferenza a completare l'opera del confessore,
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con letture adatte alle necessità spirituali dei fedeli.
Prevalentemente ameno-educativa, se mira particolarmente a distogliere dalle letture cattive, a invogliare alle buone.
Prevalentemente culturale, quando, trattandosi di un ceto medio o studentesco, vuole diffondere la cultura letteraria, scientifica, professionale...
Prevalentemente religiosa o pastorale, se mira a integrare l'opera del parroco, mediante libri di formazione e di cultura religiosa. Questo ultimo tipo, l'ideale, è in genere da preferirsi.
In esso si darà il primo posto ai libri santi: S. Bibbia, opere dei Ss. Padri, Dottori e Scrittori ecclesiastici, Teologia per laici, Catechismo, Ascetica, Liturgia, vite di santi, Biografie edificanti, letture missionarie, collezioni e annate di periodici religiosi illustrati...
Non si pensi che il popolo non gusti le opere spirituali. Le gusta, le desidera e le comprende molto di più di quanto si possa a volte immaginare. Del resto è sempre vero ciò che diceva il Card. Mercier: «Bisogna elevarsi per elevare».
Molto spesso si constata che il gusto dei lettori segue quello del bibliotecario e quando questi sa raccomandare un libro può stare certo che sarà gustato e produrrà del bene. Naturalmente non bisogna deporre le armi alle prime difficoltà... Molti libri di ascetica e di cultura
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penetrano talmente nell'animo, da farsi leggere con vera passione. Che dire poi di certe vite di santi e biografie talmente interessanti, da superare in questo le attrattive degli stessi romanzi?
Oltre i libri prevalentemente religiosi, occorrono letture amene: romanzi, novelle, racconti di viaggi. Letture agili, interessanti, ma, s'intende, sempre sane e morali.
Talora saranno letture aventi ben poco di costruttivo e di pastorale: ma queste fungeranno, per così dire, da contravveleno ed apriranno a poco a poco la via ad altre più sostanziose e più educative. Anzi conviene unire tosto ai libri di lettura amena altri che elevino, che facciano del bene.
Nella scelta dei romanzi va posta una cautela particolare. Sovente il male è nascosto in poche frasi, ma è sufficiente a rapire la pace ad un'anima.
Si escludano inesorabilmente tutti quelli che portano in qualche modo al male e alla corruzione. Si escludano, per quanto è possibile, quei romanzi troppo fantastici che lasciano nell'anima il vuoto, lo scontento, una brama insoddisfatta della vita piacevole e divagata. Quelli che fanno astrazione da ogni idea religiosa, che spingono a ideali di felicità soltanto terrena, che sostituiscono a Dio il fato o il destino.
Si riservino per gli adulti quelli che flagellano i vizi ancora ignorati dai giovani. Si osservino
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per la scelta tutti i criteri pratici di giudizio, quali: l'Indice dei libri proibiti, l'approvazione della Chiesa, la guida delle riviste e rassegne cattoliche, il buon senso, le condizioni di tempo e luogo, la categoria dei lettori.
Il finanziamento è spesso uno scoglio inevitabile, davanti al quale si arrestano e talvolta si spezzano anche le più belle iniziative.
Un fondo è necessario, indispensabile per la costituzione e installazione di una biblioteca anche minima. Si può procurare con una sottoscrizione, una lotteria, una pesca di beneficenza, un'accademia, una piccola fiera, con offerte o qualche altra iniziativa.
Un po' di aiuto si può avere dalla quota per la distribuzione dei libri, che, sia pure minima in certi ambienti, non deve mancare. L'esperienza insegna che se si fa tutto gratuitamente, senza richiedere qualche sacrificio, il beneficio sarà meno apprezzato.
Dove è possibile si potrà provvedere un comitato di patroni e di patronesse che versino annualmente una quota.

L'organizzazione

Un errore da evitarsi è quello di credere che, una volta costituita una biblioteca con una buona scelta di libri, si possa abbandonarla alle proprie forze.
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La biblioteca è come un seme, come un essere vivente: non basta impiantarla, farla nascere. Bisogna sorvegliare passo passo il suo sviluppo. Morirebbe presto se non si sviluppasse in condizioni normali!
Una buona organizzazione comprende: l'impianto tecnico adeguato, l'indirizzo per promuovere i mezzi di vita, il modo del funzionamento, la formazione del bibliotecario.
La sede per la biblioteca si rende talora indispensabile. A volte, tuttavia, almeno per l'inizio, si potrà rimediare con un armadio od uno scaffale, possibilmente chiusi.
Il procurare i mezzi di vita può parere a prima vista cosa ardua. Ma in pratica non sarà così se si sapranno interessare tutti i parrocchiani, autorità, insegnanti, genitori, giovani, associazioni cattoliche.
L'unione e l'interesse generale scioglieranno ogni difficoltà. Praticamente si potranno invitare individui o gruppi di persone a fare dono di libri nuovi, conferenze, giorni di propaganda... e tutti i mezzi suggeriti per la spesa di fondo.
Affinché poi la biblioteca sia un essere vivente e prosperi, bisogna che non sia considerata come un'opera staccata dalle altre, a sé, ma come un'opera che, di pieno diritto, recluta i suoi membri e attinge le sue risorse in tutte le opere parrocchiali, sia per i lettori che per le spese.
L'opera vive e prospera sotto la cura del parroco
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al quale appartiene «ex iustitia» la responsabilità e la direzione, come di tutte le opere parrocchiali.
Molte biblioteche, ricche all'inizio, sono venute meno al loro compito perché troppo isolate dalle altre opere parrocchiali e indipendenti dal parroco.
Dal funzionamento della biblioteca dipende in gran parte la sua vita. La biblioteca infatti che non funziona è come una ditta in fallimento.
L'organizzazione del funzionamento dipende dal genere di biblioteca, dal locale, dalle persone che la dispongono, dai lettori e da molti altri particolari.
Si può tuttavia suggerire un modo semplice e pratico, che potrà essere esteso, modificato, migliorato od anche cambiato secondo le varie necessità e circostanze.
Occorrerà anzitutto procurare:
- un registro-catalogo per segnare i volumi entrati col relativo prezzo: questo serve per controllare lo sviluppo della biblioteca;
- un indice alfabetico per autore e per materia, nel quale saranno notati tutti gli argomenti dei libri e dei periodici;
- una rubrica ove segnare i prestiti con relative lettere da consegnarsi ai lettori;
- schedine da mettersi al posto del libro dato, recanti: collocazione, nome, autore, titolo
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dell'opera e indirizzo della persona che ha il libro a prestito;
- carta resistente per ricoprire i volumi, perché siano sempre in ordine e puliti;
- un taccuino per segnare i libri desiderati, che serva di guida per i nuovi acquisti;
- regole fisse e tassative per la distribuzione e riconsegna dei libri.
Un buon funzionamento richiede inoltre un bibliotecario fisso e competente che, trattandosi di biblioteche parrocchiali, potrà essere il parroco o qualche persona di fiducia e a sua diretta dipendenza.
Per le biblioteche familiari dovrà essere il padre o la madre. Per le circolanti una persona di fiducia delegata dai superiori; per quelle scolastiche sarà l'insegnante stesso.
Al bibliotecario spetta, fra gli altri, un ufficio importante e delicato: la distribuzione dei libri.
Egli, oltre la conoscenza esatta del contenuto di tutte le opere che vi sono in biblioteca, deve avere anche la conoscenza dei lettori, onde fare una sapiente distribuzione per adattare le letture all'età, alle condizioni di cultura e di studio, alle qualità di temperamento e di carattere.
Quanto più il libro corrisponderà ai bisogni dei singoli individui, tanto più la lettura di esso sarà efficace.
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Compiuta l'istituzione [della biblioteca] e data la guida per una buona organizzazione, si sarà fatto un gran passo, ma l'opera [dell'apostolo] non sarà completa.
Si dovrà ancora mettersi in comunicazione diretta con le biblioteche, visitarle ogni volta che lo si crederà opportuno; comunicare loro le nuove iniziative, sostenerle, allenarle per nuova e più ampia propaganda.1
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CAPO XXXV
PROPAGANDA A DOMICILIO

La propaganda a domicilio consiste nel visitare personalmente gli individui, le famiglie e le collettività per presentare la stampa di apostolato.
Tale forma di propaganda può dirsi praticamente la più efficace e molto spesso la più meritoria.

È mezzo efficace

Si è qui come nel campo delle missioni. Se il missionario non va lui stesso in cerca delle anime per portarle a Cristo, esse generalmente non lo cercano. Così, se l'apostolo non portasse direttamente il buon libro, il buon giornale, moltissimi non lo riceverebbero, perché non lo cercano.
Di più: l'apostolo in contatto diretto con le anime, può adattare la lettura ai loro bisogni particolari, accompagnarla con parole di consiglio,
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di guida e, quando sia necessario, anche di dolce pressione.
A confermare questo non mancano i fatti. Eccone qualcuno, scelto tra i moltissimi che avvennero durante la propaganda compiuta dalle Figlie di San Paolo.

Due propagandiste si portano mensilmente in una farmacia per offrire un foglietto religioso al proprietario protestante. Questi lo riceve senza far parola, poi lo stropiccia, ne fa una palla e lo tira alle spalle di chi l'ha offerto. Raccoltolo in silenzio le due escono raccomandando a Dio quell'anima.
La scena si ripete parecchie volte finché il protestante vinto, legge, poi si presenta alle due suore per manifestare la volontà di abbracciare la religione cattolica. Non molto tempo dopo riceve il battesimo e diviene praticante.

In un tugurio di una grande città d'Italia un povero operaio, disperato per dissesti finanziari e per la malattia dell'unico figlio, ha deciso di farla finita per sé e per i suoi. Ed eccolo: col pugnale in una manica sta spiando il momento che la consorte si allontani dal capezzale del figlio, per uccidere prima il fanciullo, poi la moglie, quindi se stesso.
Nel frattempo si ode bussare alla porta. La moglie, che ignora la decisione del marito, accorre. Dopo alcuni istanti ritorna recando un foglietto, e dice:
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- Lo portano due missionarie. Vedi di che si tratta.
L'operaio osserva, legge per distrarsi, e poco dopo si alza trasformato. La parola di Dio gli ha salvata la vita del corpo e gli ha ridonato quella dell'anima.

Un giovane cieco ha perso con la vista anche la grazia di Dio e la pace della coscienza.
Una propagandista prega la sorella del giovane ad acquistare alcuni libri e leggerglieli nelle ore di sconforto.
Quella lettura scende sull'animo del giovane come rugiada benefica. Ben presto egli ritorna alla Chiesa, ai Sacramenti, si rassegna al volere di Dio ed infine si vota all'eroismo della sofferenza.

Su di un treno alcuni giovani schiamazzano e bestemmiano.
Una propagandista distribuisce loro foglietti religiosi, pregando di leggerli.
Alcuni accondiscendono. Un giovane ventenne legge attentamente, poi depone il foglietto, riflette alquanto e, rivolto ai compagni, dice: «Ero un angelo e sono diventato una bestia... Voglio riabilitarmi». Ed è fedele al suo proposito.

Una giovane montanara si sente attratta verso l'alto, verso ideali nobili e grandi, indefinibili, ed è inquieta perché non ha chi la comprenda e la guidi. Un libro inatteso, recatole dalle
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propagandiste della stampa, le ha rischiarato l'orizzonte e l'ha guidata alle vette spirituali.

Esempi simili sono innumerevoli. Persone che forse non avrebbero mai cercata la parola di Dio, pregate, o anche pressate a riceverla, hanno trovata in essa la loro salvezza morale e spesso anche materiale. Individui, famiglie intere che sono ritornate a Dio; carcerati che hanno trovato la via della conversione e della riabilitazione, ammalati che hanno trovato il conforto, anime che hanno trovato la luce che forse non potevano trovare altrove.

È opera meritoria

Si tratta di scorrere paesi e regioni, andare di casa in casa, in città e in campagna, in pianura e in montagna, nei tuguri e nei palazzi, senza preferenze, senza distinzione: andare alle anime.
Ma quante difficoltà, quante rinunzie! I disagi del viaggio e delle intemperie, l'impiccio delle stampe che pesano, il bisogno di aiuto e di appoggio, il contatto col mondo e con tutte le sue miserie morali e spirituali, la ripugnanza di presentarsi alle porte, ai luoghi pubblici, a persone sconosciute, l'umiliazione delle disapprovazioni, dei rifiuti, la responsabilità dell'adattamento della lettura ai bisogni delle anime, l'obbligo del buon esempio, l'insoddisfazione, ecc.
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Sì, anche e soprattutto l'insoddisfazione. Chi scrive, chi stampa, chi insegna, chi si dedica agli ammalati ha quasi sempre la soddisfazione di constatare il risultato delle proprie fatiche. Ma chi svela al propagandista il frutto dei suoi sforzi? A volte, come nei casi sopra citati, è l'anima beneficata che si manifesta. Ma questi casi sono rari. Per lo più il propagandista semina con sudore e poi lascia ad altri la consolazione del mietere. Egli confida in Dio solo che tutto vede, che raccoglie le sue lacrime, versate segretamente nelle ore tempestose dei suoi viaggi apostolici.
A tanti sacrifici corrisponde necessariamente il merito proporzionato perché Iddio, che ha promesso di non lasciare senza ricompensa un bicchier d'acqua dato ad un povero, tanto più ricompenserà i sacrifici fatti per portare alle anime la sua divina parola.
La propaganda a domicilio si può considerare quindi come un grande esercizio di carità e insieme di sacrificio, di penitenza. Se è ben fatta, riserverà certamente tante sorprese per il giorno del premio eterno. Si avvererà allora per i propagandisti il detto del salmista: «Euntes autem ibant et flebant... venientes autem venient cum exultatione portantes manipulos suos».1
Beati dunque i piedi di coloro che annunziano il Vangelo e che portano la pace!
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CAPO XXXVI
GIORNATA DEL VANGELO

Fra i modi di propagare la divina parola, tiene un posto eminente la Giornata del Vangelo, o del divin Maestro o della Buona Stampa.
Introdotta da non molto, ebbe già adesione in parecchie diocesi e moltissime parrocchie. Dovunque ha risvegliato palpiti di entusiasmo verso Gesù Cristo e il suo Vangelo, ridestato la fede e prodotto consolantissimi frutti di vita cristiana.
È la giornata della dottrina di Gesù Cristo, divin Maestro: «Voi mi chiamate Maestro e dite bene, perché lo sono».1 Per essa si onora il Verbo del Padre, la Sapienza eterna, il Figlio diletto che gli uomini devono ascoltare.
Vi è una lotta tra la verità che è Gesù Cristo
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e la menzogna che è il demonio. Il mondo è distinto in due scuole: la scuola di Cristo e la scuola del demonio; e Cristo manda i suoi apostoli, ma il diavolo ha numerosi emissari.
Ora, con la «Festa del divin Maestro», si intende fare una solenne accolta attorno al Maestro divino e una decisa protesta di ascoltarlo perché egli, egli solo ha parole di vita: «Tu solo hai parole di vita eterna».2
Gli insegnamenti di Gesù Maestro possono venir divulgati con la parola e con la stampa. Entrambe sono mezzi potenti ed efficaci; ma entrambe dalla malizia degli uomini furono traviate e rivolte contro Dio, loro Autore.
È necessario che l'apostolato-stampa, come l'apostolato-parola, sia riportato attorno all'altare e al tabernacolo; sia riallacciato alla Messa e alla Comunione. Nella Messa il sacerdote legge e bacia il Vangelo, poi fa la Comunione, e la Chiesa vuole che nella Messa si predichi e si distribuisca la Comunione. Torniamo alle fonti! Solo così si ha il culto completo, il cristiano perfetto, l'uomo nutrito nella mente, nella volontà e nel cuore! Solo così si può in realtà amare il Signore con tutto il cuore, con tutte le forze e con tutta la mente.
Quanto è dunque utile la Festa del divin Maestro che intende far conoscere Gesù Verità!
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Detta festa consiste in uno o più giorni di preghiera, di studio e di diffusione del S. Vangelo affine di onorare Gesù Cristo, il Maestro divino. Si vuole per essa far entrare il Vangelo in ogni famiglia affinché sia letto e vissuto.
Praticamente viene svolta secondo il programma fissato dalle autorità ecclesiastiche locali.
Per chi, tuttavia, desidera una guida dettagliata per l'organizzazione pratica, suggeriamo la seguente.

Preparazione

Remota: che dovrà essere orale, stampata, spirituale e organizzativa.
Orale: si avverta ripetutamente il popolo alcune settimane prima.
Stampata: si diffondano libri, opuscoli, manifesti e foglietti adatti allo scopo.
Spirituale: si faccia un invito particolare alla preghiera per la buona riuscita della festa; si chieda la collaborazione delle anime pie, degli ammalati, dei sofferenti, dei piccoli; si suggerisca la frequenza ai santi Sacramenti.
Organizzativa: si può istituire un comitato alle dipendenze dell'autorità ecclesiastica, che lavori per la buona riuscita della festa. In particolare detto comitato dovrà proporsi di far entrare
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il Vangelo in ogni famiglia; di accogliere e distruggere, in omaggio alla Verità, libri, periodici, giornali e qualsiasi stampato cattivo. Nei piccoli centri questo lo potrà fare il parroco stesso.
Prossima: consiste in un triduo di predicazione che potrà svolgersi nel seguente modo:
- nella mattinata: esposizione solenne del Ss. Sacramento e del S. Vangelo (sull'altare in cornu Evangelii), meditazione sulle verità eterne;
- nel pomeriggio: istruzione e benedizione del Ss. Sacramento. L'adorazione sia continua e si succedano uomini, donne, giovani, fanciulli.
Gli argomenti della meditazione possono essere: l'Eucaristia, viatico all'eternità; il Giudizio, l'Eternità. Oppure svolgere il seguente pensiero: l'uomo creato per il cielo, ne ha smarrito la strada. Gesù Cristo si fece per gli uomini Verità - Via - Vita, indicando nuovamente la via del cielo, insegnando come percorrerla e meritando la grazia che rende capaci di raggiungere la gloria eterna. Alla fine del mondo G. C. tornerà per giudicare i buoni e i cattivi, introdurrà i buoni nella gloria eterna e precipiterà i cattivi nel fuoco eterno.
Nelle istruzioni della sera si potrà invece svolgere questo argomento: il dovere di ogni cristiano di ascoltare la dottrina di Gesù Cristo, di seguirne gli esempi e di vivere della di lui vita.
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Invece dei suddetti, si potrebbero trattare gli argomenti seguenti:
1. Gesù Cristo è l'unico Maestro: Maestro per natura, per volontà del Padre e perché nella sua vita terrena si mostrò veramente tale. La Chiesa perpetua nel tempo ed estende nello spazio l'insegnamento di Gesù Cristo. Essa però è ostacolata dall'«inimicus homo»3 che semina zizzania per mezzo di stampe, discorsi, scuole e tendenze contrarie al Vangelo. Gli effetti dell'insegnamento di Gesù Cristo e della Chiesa si verificano nel mondo (conversione e civiltà), nelle anime (salvezza e santità), nell'eternità (Paradiso per chi ascolta, Inferno per chi non ascolta).
2. I due stendardi: Gli uomini, rispetto all'insegnamento di Gesù Cristo, sono divisi in due grandi schiere: i discepoli di Gesù Cristo e i discepoli di Satana. Noi, quale stendardo seguiamo? Esame pratico sopra l'amore alla dottrina di Gesù Cristo, il sentire con la Chiesa, l'istruzione religiosa, le buone letture. Necessità di aborrire la scuola di Satana per aderire fortemente a quella di Gesù Cristo: «Non si possono contemporaneamente servire due padroni».4
3. Come schierarsi alla scuola di Gesù Cristo: Declina a malo:5 come conoscere gli emissari di Satana, come riparare, per chi li ha seguiti, e come fuggirli per l'avvenire. Fac bonum:6 conoscere, amare, vivere il Vangelo. Scegliere
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propositi e mezzi di perseveranza: vigilanza, preghiera (Messa, Confessione, Comunione).

La parola sacra, poi, non sia riservata a qualche categoria particolare di persone, ma a tutto il popolo. Si potranno tuttavia fare adunanze distinte per membri dell'Azione Cattolica, per pie associazioni o per categorie particolari di persone: uomini, donne, giovani, fanciulli. Anzi per questi ultimi si dovrà avere cura tutta speciale.
Alla parola del sacerdote, si può unire quella dei laici debitamente preparati, che prendano non il tono dei maestri, ma quello dei veri discepoli dell'unico Maestro, Gesù Cristo.Nelle ore di adorazione si preghi per il riconoscimento del magistero di Gesù Cristo e del suo Vicario, il Papa; si preghi per l'apostolato della parola e per l'apostolato della stampa.
Le funzioni siano rese suggestive; la chiesa e l'altare siano parati a festa e, soprattutto, i fedeli abbiano la comodità di accostarsi ai santi Sacramenti della Confessione e della Comunione.

Giornata

Disposti gli animi col triduo, riuscirà facile organizzare la festa.
Mattinata: Messa con fervorino che preceda
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la Comunione generale; Messa solenne con discorso d'occasione; esposizione del Ss. Sacramento e del Vangelo.
Pomeriggio: Ora di adorazione solenne che si concluderà con la sincera risoluzione di entrare nella scuola di Cristo, di unirsi ai suoi discepoli più diligenti, di stringersi strettamente al Maestro divino mediante la venerazione, la lettura e la diffusione del Vangelo, la frequenza alla S. Messa e alla Comunione.
Si potrà chiudere la giornata con la benedizione di tante copie del Vangelo quante sono le famiglie della parrocchia; con la distribuzione delle stesse ai capi-famiglia; col bacio del Vangelo tenuto esposto nel triduo e nella festa; con la protesta solenne:
- di voler riconoscere, amare, seguire Gesù Cristo e la Chiesa, custode della sua dottrina;
- di rigettare ogni insegnamento contrario al Vangelo;
- di leggere il Vangelo e custodirlo in posto di onore;
- di intervenire all'istruzione religiosa parrocchiale;
- di curare l'istruzione religiosa dei figli e dei familiari;
- di propagare in tutti i modi la stampa cattolica;
- di astenersi dalle rappresentazioni cinematografiche immorali.
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Si terminerà il tutto con la benedizione del Ss. Sacramento.
Oltre quanto sopra, potranno aver luogo anche le seguenti iniziative:
- distribuzione del Vangelo alle famiglie che non l'avessero ricevuto in chiesa;
- iscrizione dei partecipanti alla «Lega della lettura quotidiana del S. Vangelo»;7
- formazione del Gruppo o Sezione Cooperatori dell'apostolato della stampa, ossia di un gruppo organizzato di laici che s'impegnano di cooperare col proprio parroco nella diffusione della buona stampa;
- raccolta di offerte per il dono del Vangelo ai poveri e per aiutare con esse l'apostolato della stampa.
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CAPO XXXVII
PRATICA DELL'APOSTOLATO-STAMPA
NELLA PIA SOCIETÀ SAN PAOLO

All'esposizione teorica riguardante l'apostolato e l'apostolo della stampa, sia lecito aggiungere le norme pratiche seguite al riguardo dalla Congregazione religiosa della Pia Società San Paolo e, di conseguenza, dalla Pia Società Figlie di San Paolo.1

Formazione dei membri

La Pia Società San Paolo dà ai suoi membri una formazione religiosa-morale, intellettuale e tecnica.
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La formazione religiosa-morale è in ordine alla vita cristiana, alla vita religiosa e all'apostolato specifico della Congregazione. Si compie attraverso il periodo del probandato, del noviziato e dei primi anni di vita religiosa. Mira a stabilire nei membri una soda vita interiore, incentrata sulla carità. Carità verso Dio, che porti all'intima e abituale unione con lui per mezzo di Gesù Cristo Via, Verità e Vita fino a «vivere summe Deo in Christo Jesu».2 Carità verso il prossimo che porti all'immolazione di se stessi sull'esempio del Maestro divino. «Avendo Gesù dato la vita per noi, anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli».3
La formazione intellettuale e tecnica si compie in regolari corsi di studio delle materie sacre e profane in quanto necessarie al conveniente esercizio dell'apostolato. Curato in modo particolare, sia in estensione che in profondità, è lo studio della religione, come la disciplina del tutto fondamentale per la buona formazione all'apostolato.
Le ore di studio sono convenientemente alternate a quelle di apostolato. In queste ultime i soggetti apprendono principalmente la teoria e la pratica della tecnica tipografica e legatoriale.4
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Esercizio dell'apostolato

I membri della Pia Società San Paolo esercitano l'apostolato della stampa in tutte le sue parti: redazione, tecnica e propaganda.

Redazione: Sono promossi all'ufficio di redattori soltanto i membri che vi si riconoscono idonei e che, dopo il tempo stabilito per la formazione, hanno subito con buon esito gli esami stabiliti. Si richiede soprattutto ch'essi uniscano alla scienza un profondo spirito di umiltà, di fede e di grande docilità.
I religiosi scrittori sampaolini si propongono la divulgazione della dottrina cristiana ossia delle verità riguardanti la fede, la morale e il culto cristiano, come le insegna la Chiesa. Tutto il rimanente contorno di notizie, narrazioni, esempi... devono, per essi, mirare a meglio disporre gli animi alla lettura stessa, e quindi esserne scala o irradiazione.
Per regola generale devono evitare le questioni oziose, gli argomenti elevati e profani. Si attengono invece alle verità fondamentali, comuni, e l'espongono in forma chiara, semplice, modellandosi sull'esempio divino quale appare dai libri santi. Le loro pubblicazioni possono essere varie: libri, giornali, opuscoli, foglietti, illustrazioni..., le più utili alle grandi masse, ai fanciulli
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e a tutti i più bisognosi della «Caritas veritatis»,5 siano essi tra i popoli civili o in terra di missione. Perciò quelle che divulgano principalmente:
- la dottrina della Chiesa esposta negli atti pontifici, nei catechismi, nei libri liturgici e di preghiere, nei trattati di religione...;
- la Scrittura sacra ed in particolare il santo Vangelo;
- la Tradizione con le opere dei Padri, dei Dottori, degli scrittori ecclesiastici, con le vite dei santi...
Per assicurare sempre all'apostolato il carattere spirituale, alieno da ogni genere di industria e di commercio, la direzione della Pia Società San Paolo esige dai membri suoi piena sottomissione ai Superiori e si propone di stampare e diffondere solo quanto vien scritto dai membri della Società stessa, e dai Cooperatori, o voluto dalle competenti autorità ecclesiastiche.
Non permette che alcun manoscritto venga dato alla stampa se prima non sarà assoggettato a due revisioni: a quella della Pia Società e a quella dell'autorità ecclesiastica, della quale deve anche portare l'«Imprimatur».
La revisione degli scritti, da compiersi nella Società, è riservata a persone competenti, e riguarda: la dottrina dogmatico-morale e l'utilità pratica della pubblicazione con riguardo allo spirito della Società e alle circostanze di tempo, di
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luogo e di persona. Deve inoltre giudicare se lo scritto mira alla maggior gloria di Dio e al maggior bene delle anime, escluso ogni fine semplicemente umano, artistico, industriale e commerciale. Tutto questo, sempre in conformità al Diritto Canonico6 e alle norme della costituzione Officiorum ac munerum7 e alle ultime istruzioni della Congregazione del Sant'Ufficio [= Dottrina della Fede].
Il giudizio della revisione fatto nella Società deve essere breve e chiaro, consegnato scritto al Superiore o a un suo delegato affinché dispongano, secondo i casi, se deve essere escluso, corretto, oppure presentato alla revisione ecclesiastica. Questa sola è definitiva8 per licenziarlo alla stampa.
Tutti i manoscritti firmati dall'autore e con la data di consegna si conservano nell'archivio della Società e non si restituiscono se non in copia.

Tecnica: Nella Pia Società San Paolo l'organizzazione e i mezzi di stampa devono essere, per quanto possibile, i più semplici e i più rapidi che il progresso mette al servizio della stampa e delle anime.
Il lavoro tipografico e legatoriale deve essere
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eseguito secondo le buone norme dell'arte, senza vane ricercatezze, in modo che presenti la verità della religione in forma decorosa e gradita.
L'offerta (detta comunemente prezzo) che deve comparire su ogni stampato, include le spese della redazione, della stampa, della confezione e diffusione. Si richiede per la vita della Società e per lo sviluppo delle sue opere.

Propaganda: Nella sua propaganda la Pia Società San Paolo si propone di far penetrare la parola di Dio stampata in ogni luogo, anche il più remoto, e specialmente là dove non penetra la parola del sacerdote.
Ciò attraverso i più svariati mezzi di propaganda. Primeggiano i cataloghi, i periodici-annunzio, le recensioni, i centri di diffusione, le biblioteche, la propaganda a domicilio.
I cataloghi, i periodici-annunzio e le recensioni di nuove pubblicazioni devono mostrare quale sia il bisogno delle anime che si vogliono soccorrere, come vi sovvengono le pubblicazioni di cui si tratta, come esse si diffondono praticamente ed a quali persone si devono far pervenire.
I centri di diffusione sono librerie aperte al pubblico per il servizio del clero e dei fedeli, dirette dai membri della Pia Società. Piccoli centri diocesani e parrocchiali che, a dipendenza
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della direzione centrale della Pia Società, esercitino praticamente l'apostolato negativo e positivo della stampa, mediante l'opera e il consiglio.
Per corrispondere al loro scopo devono tenere:
- un deposito completo di tutte le pubblicazioni della Pia Società;
- un centro di attività per biblioteche e bollettini parrocchiali e religiosi;
- un centro di raccolta degli abbonamenti ai giornali e periodici della Società, nonché dei migliori giornali e periodici cattolici;
- servizio di indicazione e diffusione delle stampe più utili e sicure delle editrici cattoliche;
- opera e consiglio per segnalare la stampa cattiva e per esortare i fedeli ad astenersene;
- un deposito di immagini, statue e oggetti religiosi.
I centri di diffusione vengono scelti e stabiliti in modo che vi riesca facile l'accesso dei fedeli, pronto e soddisfacente il servizio. I religiosi che li dirigono devono avere la tutela dell'occhio caritatevole e vigile della Società nonché un richiamo continuo dalle persone estranee che vi accedono.
Le indicazioni per gli esterni, la disposizione interna dei mobili e degli oggetti, l'esposizione particolare delle immagini e del Vangelo devono mostrare che non si tratta di un negozio,
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ma di un luogo sacro, destinato alla diffusione della parola di Dio attraverso la stampa.
Il parlare dei religiosi dev'essere moderato e serio; il comportamento raccolto (come si esigerebbe in una scuola di catechismo); le offerte-prezzi fisse e chiare.

La propaganda a domicilio che si compie dalla Società San Paolo ha lo scopo di far pervenire le verità principali della religione al popolo. Ha, come norma, di offrire sempre gratuitamente a ogni persona e famiglia che non lo rifiuti, almeno un foglio di indole religioso-morale. È compiuta da religiosi della Pia Società o dai suoi Cooperatori.
Quando è compiuta da religiosi, si devono osservare le seguenti regole:
1. A questo ufficio si destinano soltanto religiosi professi seri e di età matura.
2. È obbligatorio osservare le istruzioni che la Santa Sede ha dato o darà per casi, sotto certo aspetto, analoghi, come sarebbe per esempio quello della questua.
3. I propagandisti portano con sé documenti autentici dai quali risultano: l'incarico avuto e il permesso dell'Ordinario. Richiesti, devono presentare volentieri tali documenti.
4. Devono sempre essere a due a due senza mai separarsi.
5. Lontani dalla propria casa religiosa non
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devono alloggiare in alberghi, ma chiedere in carità di essere ospitati da altri religiosi o, in casi straordinari, da famiglie singolarmente note per cristiana pietà e soda virtù.
6. Non devono rimanere fuori di Congregazione oltre due mesi. Ritornati, trascorrono in comunità tanti giorni quanti furono quelli dell'assenza.
7. Quando si trovano in luoghi vicini o di facile comunicazione, devono ritornare in Congregazione ogni sera o almeno ogni settimana.
8. Sempre e ovunque essi devono distinguersi per umiltà, modestia e pulizia. Non è loro lecito frequentare luoghi sconvenienti alla propria condizione e, quantunque fuori comunità, devono praticare fedelmente la regola e le pratiche religiose.
9. Non devono entrare nelle case9 né accettare bevande all'infuori di qualche cordiale o acqua in caso di necessità.
10. Devono essere sempre sotto la sorveglianza dei Superiori, i quali danno loro, caso per caso, gli avvertimenti opportuni.
Riassumendo: Redazione, tecnica e propaganda costituiscono le tre parti di un unico apostolato che la Congregazione religiosa della Pia Società San Paolo si propone di esercitare per la gloria di Dio e il bene delle anime.
Apostolato che, secondo gli intendimenti della
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Pia Società, deve essere completo, cioè: negativo e positivo, universale, adatto alle circostanze di tempo e di persone.
Apostolato che ha impronta caratteristica: la penetrazione, l'assimilazione e il commento del trinomio evangelico: «Via, Verità e Vita».
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CAPO XXXVIII
I PECCATI CAUSATI DALLA STAMPA

La considerazione dell'opera nefasta, vera strage d'anime, che la stampa compie e moltiplica quando è posta a servizio del male, dalla Pia Società San Paolo è ritenuta potentissimo incentivo che accende nel cuore dell'apostolo una intensa fiamma di zelo. Per questo essa propone ai suoi membri di riflettere spesso sulla natura, sulla gravità di questi peccati, e suggerisce modi pratici di scongiurarli e ripararli.
Il presente capitolo riporta, in breve, le istruzioni e le direttive che al riguardo vengono date agli apostoli sampaolini.

La natura e la gravità

La stampa cattiva innalza una cattedra di menzogna contro la cattedra di Verità. Ossia:
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contro il Padre, che «dopo aver molte volte e in molte guise, anticamente parlato ai Padri per i Profeti, in questi ultimi tempi... ci ha parlato per il Figliolo».1 Contro il Figlio, che consumò i giorni della sua vita terrena nel rendere testimonianza alla Verità e manifestarci Dio. Contro lo Spirito Santo, che è lo Spirito di verità.
La stampa cattiva attenta la rovina spirituale dell'uomo nella radice, perché avvelena il pensiero umano.
I peccati causati dalla stampa cattiva racchiudono quindi una malizia gravissima, perché attentano alla stessa Verità divina, e di conseguenza alla salute spirituale dell'uomo, perché ne avvelenano il pensiero.
Di più: sono peccati premeditati, causano grave scandalo, si moltiplicano facilmente e perciò vengono puniti severamente dalla Chiesa.
Sono premeditati. Lo scritto non può essere, in linea generale, frutto di impeto passionale, ma esige una lunga preparazione fatta a mente calma e a sangue freddo.
Vi è infatti un esercito di scrittori che, spinti or dal lucro, or dall'ambizione, or dall'odio e ora da una diabolica corruzione, trascorrono
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giorni e notti, mesi, anni interi nell'imbrattare carte di veleni micidiali, destinati a uccidere anime nel maggior numero possibile. L'opera loro è potenziata da grandi associazioni di stampa pervertitrice. Si ricordino le organizzazioni o imprese giornalistiche, le organizzazioni librarie... A queste si aggiungano tutte le iniziative private e individuali.
Causano grave scandalo pubblico. Fra gli scandalosi più frequenti e più dannosi la Teologia Morale2 enumera coloro che scrivono, stampano, vendono, imprestano, diffondono libri e stampati nocivi. A questi si aggiungano i pittori, gli scultori, i fotografi, gli zincografi e quanti nelle case private, o peggio, in pubblico, presentano figure disoneste.
Si moltiplicano facilmente. Se i peccati di scandalo si moltiplicano secondo il numero delle persone scandalizzate, che cosa bisogna pensare per i peccati della stampa cattiva? Non si tratta di un discorso tenuto a poche persone, né di una scuola a un numero limitato di alunni o di una conferenza ove gli uditori possono controllarsi.
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Qui può dirsi che il peccato si moltiplica secondo il numero delle copie, o meglio, secondo il numero incontrollabile delle persone scandalizzate. È quindi peccato senza misura più grave di quello di scandalo causato da un atto, da un discorso. Peccato che racchiude doppia malizia perché offende la fede o la morale e la carità.
Sono puniti gravemente dalla Chiesa. Alcune forme più gravi dei peccati e scandali di stampa sono contemplati dal Codice stesso. E precisamente: sono soggetti alla scomunica «speciali modo» riservata alla S. Sede gli editori delle opere di apostati, di eretici e scismatici, che propugnano l'apostasia, l'eresia, lo scisma, dal momento che queste sono messe in ordinario commercio; coloro che difendono o che scientemente, senza la debita licenza, leggono, ritengono i libri sopraddetti o quelli proibiti nominatamente dalla S. Sede.
Sono soggetti alla scomunica «nemini reservata» gli autori e gli editori che, senza la debita licenza, fanno stampare libri della Sacra Scrittura, annotazioni o commenti di essa.3

Come ripararli e scongiurarli

Il miglior modo di riparare e scongiurare i peccati causati dalla stampa è quello di compiere l'apostolato della stampa nella sua parte negativa e positiva.
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La parte negativa consiste nell'impedire tali peccati esercitando un'azione di convinzione sugli scrittori, sugli editori, sui librai, sui propagandisti, sulla gran massa dei lettori e, quando sia necessario, sulle autorità.
Si tratta di far comprendere quale tremenda responsabilità grava sugli scrittori e su tutti quelli che costituiscono una cooperazione prossima (azionisti, direttori, compositori, impressori, correttori di bozze...) o una cooperazione remota (fornitori di inchiostri, carta, forza motrice e materie varie, confezionisti, spedizionieri, propagandisti...).
Quanti, ad esempio, non riflettono:
- che è un peccato grave cooperare alla pubblicità di libri cattivi, di medicinali dannosi, di divertimenti pericolosi, di collegi non cattolici, ecc. ecc.;
- che per nessuna causa è lecito cooperare al lavoro di una tipografia avente per unico fine principale la propagazione del male e dell'errore e che le persone impiegate sono obbligate a licenziarsi;
- che se (secondo la dottrina comune dei teologi) si possono scusare i cooperatori remoti, non si può dire altrettanto dei cooperatori prossimi di una tipografia che, anche raramente e accidentalmente, stampa di proposito qualcosa di errato o di pernicioso;
- che peccano gravemente, per sé, coloro
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che si abbonano a giornali cattivi, perché col loro denaro cooperano efficacemente a mantenerli in vita;
- che l'esporre in vendita, vendere, dare, stampare, procurare al padrone stampe oscene o perniciose per dottrina, è cooperazione prossima al male, dalla quale solo urgente necessità può scusare;
- che il procurare un libro proibito a persona non fornita del debito permesso, è peccato,
- che non si può, senza il debito permesso, servire in uno spaccio comune ove si vendono ogni sorta di libri stampati, indistintamente a qualunque avventore...
La parte positiva consiste nell'esercizio diretto dell'apostolato della stampa mediante l'azione, la preghiera e il sacrificio.
Tralasciando la parte positiva di azione, perché ampiamente svolta in tutto il volume, ci si limita ora alla preghiera e al sacrificio.
Fanno cosa certamente molto gradita al Signore quelle anime che si consacrano alla riparazione dei peccati della stampa cattiva, in una vita di preghiera e di sacrificio.
A queste anime e a tutte quelle che sentono il bisogno di consolare il cuore di Gesù per le offese che riceve attraverso la stampa, si suggeriscano le seguenti pratiche, in spirito di riparazione:
1. la S. Messa e la S. Comunione quotidiana;
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2. ore private e pubbliche di adorazione al Ss. Sacramento;
3. celebrazione della prima domenica di ogni mese ad onore del divin Maestro, con ritiro mensile, Confessione, Comunione riparatrice e meditazione della parola divina;
4. lettura quotidiana di un tratto del S. Vangelo;
5. piccoli sacrifizi e mortificazioni volontarie;
6. recita del «Dio sia benedetto» nelle orazioni del mattino e della sera e dopo la S. Messa;
7. recita quotidiana della preghiera «Per chi sente sete di anime come Gesù» quale è qui riportata:

«Signore, io vi offro in unione con tutti i sacerdoti che oggi celebrano la S. Messa, la Vittima divina, Gesù Ostia, e me stesso, piccola vittima:
1. In riparazione delle innumerevoli bestemmie, errori ed oscenità che si stampano in tante tipografie, dalle quali ogni giorno esce un fiume di carta che allaga il mondo come torrente putrido.
2. Per invocare la vostra misericordia sugli innumerevoli lettori, perversi o innocenti, che la stampa scandalosa strappa dal vostro Cuore di Padre, assetato di anime.
3. Per la conversione di tanti scrittori e stampatori, ciechi ministri di Satana, falsi maestri, che hanno alzato cattedra contro il divin
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Maestro, avvelenando ogni insegnamento, il pensiero umano e le sorgenti dell'umana attività.
4. Per onorare, amare, ascoltare unicamente Colui, che Voi, o Padre Celeste nell'eccesso del vostro amore, avete dato al mondo proclamando: Questi è il mio Figlio diletto: Lui ascoltate.
5. Per conoscere che solo Gesù è perfetto Maestro: cioè la Verità che illumina, la Via o il Modello di ogni santità, la Vita vera dell'anima, cioè grazia santificante.
6. Per ottenere che si moltiplichino nel mondo i sacerdoti, i religiosi, le religiose consacrati a diffondere la dottrina di Gesù a mezzo della stampa.
7. Perché gli scrittori e operai di questa stampa siano santi, pieni di sapienza e di zelo, per la gloria di Dio e per le anime.
8. Per domandarvi che la stampa cattolica prosperi, sia diffusa, aiutata e si moltiplichi, innalzando la sua voce così da coprire l'inebriante e trascinante strepito della stampa perversa.
9. Perché tutti noi conosciamo la nostra ignoranza e miseria e il bisogno di starcene sempre con l'occhio supplichevole e a capo chino, innanzi al vostro santo tabernacolo, o Signore, invocando luce, pietà, misericordia».
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1 Is 8,1. * «Prenditi una grande tavoletta e scrivici con caratteri ordinari».

2 Es 17,14. * «Scrivi questo per ricordo nel libro».

3 2Pt 1,21. * «Poiché non da volontà umana fu recata mai una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono quegli uomini da parte di Dio».

4 * Questi canoni si riferiscono ovviamente al Codice di Diritto Canonico (C.J.C.) del 1917, allora in uso.

5 * È la celebre Patrologia, distinta in due serie: Patrologia Greca (PG) e Patrologia Latina (PL).

6 * Non occorre ricordare che queste espressioni, come quelle che seguono, rispecchiano la mentalità e la cultura dei decenni anteriori al Concilio Vaticano II, alla cui luce vanno ora interpretate, integrate ed eventualmente rettificate.

1 La materia del presente capitolo fu tratta in gran parte dall'opuscolo apologetico Perché non posso leggere tutto di B. RE S.J. (I edizione).

2 1Cor 3,6. * «Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere».

1 Rm 1,20. * «Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute».

2 Sap 8,1. * «Essa si estende da un confine all'altro con forza, governa con bontà eccellente ogni cosa».

3 Is 66,22.

4 * Cf. Rm 13,1: «Ciascuno stia sottomesso alle autorità costituite; poiché non c'è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio».

5 Ap 1,8. * «Io sono l'Alfa e l'Omega, dice il Signore Dio, Colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente!».

6 Ap 21,5. * «Ecco, io faccio nuove tutte le cose».

7 Rm 8,23.

8 Sal 48,21. * (Sal 49,21): «L'uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono».

1 * Cf. Lc 4,18: «Mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, [per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi]».

2 * Cf. Sal 47[46],8: «[Perché Dio è re di tutta la terra,] cantate inni con arte». Cf. anche Col 3,16.

3 * Cf. Gv 10,10: «[Io sono venuto perché abbiano la vita e] l'abbiano in abbondanza».

4 TERTULLIANO, Apol. XVII. * «Testimonianza dell'anima naturalmente cristiana».

1 * Cf. 1Tm 2,3-4: «Dio... vuole che tutti gli uomini siano salvati [e arrivino alla conoscenza della verità]».

2 Eb 4,12s.

3 Lc 8,11. * «Il seme è la parola di Dio».

4 Cf. Gv 17,3. * «Che conoscano te... e colui che hai mandato, Gesù Cristo».

5 * Cf. Sap 11,26: «Tu risparmi tutte le cose, perché tutte son tue, Signore, amante della vita».

6 2Cor 12,15.

1 Grande Dizionario Enciclopedico, a cura del Prof. Giovanni TRUCCO (Vol. II).

2 * Cf. Lc 24,27.

3 Si accusa generalmente la Chiesa cattolica di proibire la lettura della Bibbia ai semplici fedeli. Ciò non è punto vero. La Chiesa esige soltanto che si leggano versioni approvate e munite di note, giacché la Bibbia è un libro difficilissimo, è facile a fraintendersi. Ai tempi della Riforma, che poneva senz'altra garanzia il testo sacro in mano a tutti, forse ci poté essere stato - per reazione - un maggior rigore; ma la Chiesa ha sempre inculcato e promosso lo studio e la lettura della Bibbia.

4 * Del 1893, sugli studi biblici.

5 * Del 1920, per celebrare il quindicesimo centenario di San Girolamo.

6 PEDUZZI, Alle fonti della vita.

7 * Alla luce della Costituzione Dei Verbum del Concilio Vaticano II risulterà che le seguenti affermazioni condannate non meritano sempre la qualifica di “errori”.

8 * Diamo la traduzione italiana dei canoni e decreti riportati. I numeri a lato sono quelli del Denzinger, edizione bilingue a cura di P. Hünermann, EDB 1995.
2479 - 79. È utile e necessario in ogni tempo, in ogni luogo e per ogni genere di persona, studiare e conoscere lo spirito, la pietà e i misteri della sacra Scrittura. - 1Cor 14,5.
2480 - 80. La lettura della sacra Scrittura è per tutti. - At 8,28.
2481 - 81. La santa oscurità della parola di Dio non è per i laici un motivo per dispensare se stessi dalla sua lettura. - At 8,31.
2482 - 82. Il giorno del Signore deve essere santificato dai cristiani con letture pie, e soprattutto delle sacre Scritture. È dannoso voler ritrarre il cristiano da questa lettura. - At 15,21.
2483 - 83. È un inganno l'essere persuasi che la conoscenza dei misteri della religione non deve essere comunicata alle donne mediante la lettura dei libri sacri. Non dalla semplicità delle donne, ma dalla scienza superba degli uomini è sorto l'abuso delle Scritture, e sono nate le eresie. - Gv 4,26.
2484 - 84. Strappar via dalle mani dei cristiani il Nuovo Testamento, oppure tenerglielo chiuso privandoli del modo di comprenderlo, è chiudere a loro la bocca di Cristo. - Mt 5,2.
2485 - 85. Proibire ai cristiani la lettura della sacra Scrittura, in modo particolare del Vangelo, è proibire l'uso della luce ai figli della luce, e far sì che subiscano una specie di scomunica. - Lc 11,33.
Pio VI ha così notato l'insegnamento pistoiese:
2667. - 67. La dottrina che dice che soltanto una vera incapacità può dispensare dalla lettura delle sacre Scritture; e che soggiunge che si è ulteriormente propagata l'oscurità che dalla dimenticanza di questo precetto è sorta sopra le primarie verità della religione: (è) falsa, temeraria, turba la tranquillità delle anime, è stata condannata altra volta in Quesnel.
Pio VII insegna:
2711. - Dal momento poi che nelle lingue nazionali constatiamo moltissime irregolarità, variazioni, cambiamenti, da una eccessiva libertà delle traduzioni bibliche sarebbe certamente sconvolta quella immutabilità che si addice alle testimonianze divine, e la fede stessa vacillerebbe, soprattutto quando sul fondamento di una sola sillaba si decide della verità del dogma.
Gli eretici poi hanno sempre avuto l'abitudine di introdurre così le loro perverse e odiosissime macchinazioni, e per mezzo delle Bibbie pubblicate in lingua nazionale (riguardo poi alla singolare diversità e discordanza di queste, loro stessi si accusano e si mordono a vicenda) nascondere con l'inganno i propri errori avvolti nel più santo ornamento della parola divina. “Le eresie infatti sono nate”, diceva Sant'Agostino, “solo quando le Scritture buone non sono state capite bene, e ciò che in esse non è capito bene è anche affermato in modo sconsiderato e impudente”.
Se poi ci addolora il fatto che uomini stimatissimi per la pietà e per la sapienza non di rado siano venuti meno nell'interpretazione delle Scritture, che cosa non si deve temere, se al popolo inesperto, che giudica soprattutto non in base a un qualche discernimento, ma con una certa leggerezza, fossero consegnate per essere liberamente lette le Scritture tradotte in una qualsiasi lingua volgare? ...
Gregorio XVI insegna pure:
2771 - Vi è ben noto che fin dai primordi del nome cristiano l'arte tipica degli eretici è stata questa: ripudiata la parola di Dio ricevuta e rifiutata l'autorità della Chiesa cattolica, o manipolavano il testo delle Scritture o ne stravolgevano l'esposizione del senso. Né ignorate infine quanta diligenza e sapienza occorrano per tradurre fedelmente in altra lingua le parole del Signore: sicché niente è più facile ad avvenire che il moltiplicarsi, nelle versioni procurate dalle società bibliche, o per frode o per ignoranza di tanti interpreti, di gravissimi errori; i quali poi sono lungamente occultati dalla stessa moltitudine e varietà di quelle, con danno di molti. Ma poco importa alle dette società quali errori si bevano i lettori di siffatte versioni, purché a poco a poco si avvezzino a giudicare arditamente del senso delle Scritture, a disprezzare le tradizioni divine custodite diligentemente dalla chiesa secondo la dottrina dei Padri, e a ripudiare il magistero della Chiesa medesima. ...
Ma così difende e solennemente conclude:
A tal fine questa medesima corrente di biblisti non smette di calunniare la Chiesa e questa santa Sede di Pietro, come se già da molti secoli cercasse di allontanare i fedeli dalla conoscenza delle sacre Scritture, mentre al contrario esistono numerose e ben evidenti prove del singolare impegno con cui proprio nei tempi più recenti i Sommi Pontefici e, sotto la loro guida, gli altri vescovi cattolici si sono adoperati per ammaestrare vigorosamente il popolo cattolico nelle parole di Dio scritte e tramandate.

1 * Esplicative.

2 * Introducono.

3 Grande Dizionario Enciclopedico, a cura del Prof. Giovanni TRUCCO, vol. II.

4 * «Nessuno può conoscere il senso della Sacra Scrittura, senza familiarizzarvisi leggendola, secondo quanto è scritto: Tu amala ed essa ti esalterà: lei ti glorificherà, quando da lei ti sentirai avvolto».

1 Mt 28,18-20.

2 * Cf. 1Tm 3,15: «...

la casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità».

3 * Leone XIII (1878-1903) ha emanato 60 encicliche.

4 * Pio X (1903-1914) ha emanato 16 encicliche.

5 * Pio XI (1922-1939) ha emanato 28 encicliche. Fino al 1944, Pio XII (1939-1958) ne aveva emanate già 6, su un totale che sarà di 41 encicliche. Don Alberione qui non menziona Benedetto XV (1914-1922) che di encicliche ne aveva emanate 13.

6 * Cf. Lc 1,33: «E regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

7 Ef 1,10. * «Ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra».

8 Gv 10,10. * «Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza».

1 * Questo capoverso è stato ricostruito in base al senso presunto e alla correzione apportata nell'edizione del 1950, poiché nella prima era saltata una riga.

2 * Decomposta. sta per scomposta.

3 * «Di Maria mai basta quel che si dice».

1 Mal 2,7. * «Infatti le labbra del sacerdote devono custodire la scienza e dalla sua bocca si ricerca l'istruzione, perché egli è messaggero del Signore degli eserciti».

2 1Tm 4,16. * «Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento e sii perseverante: così facendo salverai te stesso e coloro che ti ascoltano».

3 Mt 4,4.

4 Gv 17,3.

5 1Cor 4,16. * «Vi esorto dunque, fatevi miei imitatori!». Vedi, più esattamente, 1Cor 11,1.

6 Gal 2,20. * «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me».

7 Mt 16,26.

1 CAVASSA, Ascetismo cristiano e vita moderna.

2 * Miguel de Molinos (1628-1696), teologo spagnolo condannato per la sua Guida Spirituale accusata di quietismo.

3 * J.-M. Bouvier de Guyon (1648-1717), mistica francese, pure accusata di quietismo.

4 Mt 11,30.

5 CAVASSA, Ascetismo cristiano e vita moderna.

6 La storia dei quietisti e degli pseudo-mistici lo prova a sufficienza.

7 * Ovviamente la parola ascesi (dal greco áskesis = lotta morale) sta qui per ascensioni.

1 * L'Illuminismo ateo e rivoluzionario, da parte della cultura secolare, e il Giansenismo, in campo cattolico.

2 * Inter pastoralis officii sollicitudines (1903).

3 Cf. Rivista Liturgica, di Finalpia, anni 1935, 1938-1939.

4 At 2,42. * «Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere».

5 Gv 17,23. * Cf. Gv 17,19-23: «Per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità... perché tutti siano una sola cosa... perché siano perfetti nell'unità».

1 Cf. La Civiltà Cattolica, ottobre 1938. * A. FERRUA S.J., I Ss. Padri per tutti - Rassegna in La Civiltà Cattolica 89 (1938), vol. IV, quad. 2119, 46-57.

2 Cf. La Civiltà Cattolica, ottobre 1938.

1 Per il presente capitolo, cf. TONOLO, Il manuale della Catechista, dal quale fu tratta parte della materia.

2 Mt 28,19.

3 * Enciclica promulgata per affermare l'importanza fondamentale dell'insegnamento della dottrina cristiana.

4 * Cf. Mc 8,2: «Sento compassione di questa folla».

5 «Tal genere di predicazione - diceva Pio X nella sua magnifica enciclica sul Catechismo - non si pensi che non richieda fatica e meditazione, ché anzi ne esige più che qualunque altro genere. È più facile assai trovare un predicatore capace di tenere un eloquente discorso, anzi che un catechista che faccia una istruzione lodevole sotto ogni riguardo. Qualunque sia la facilità che altri abbia da natura di concepire e di parlare, si rammenti bene che non potrà mai fare un fruttuoso catechismo ai fanciulli e al popolo senza prepararvisi con molta riflessione.
S'ingannano coloro che, facendo fidanza con la rozzezza e ignoranza del popolo, credono di poter procedere in questo fatto con trascuratezza. Per contrario quanto più l'uditorio è grossolano, tanto più cresce l'obbligo di studio maggiore e di maggiore diligenza per mettere alla portata di ognuno verità sì sublimi e sì remote dalla intelligenza del volgo, che pur fa d'uopo che tutti, dotti e ignoranti, conoscano per conseguire l'eterna salute».

6 Il cervello del fanciullo - scrive il Fénelon - è come una candela accesa in un luogo esposto al vento; la sua fiamma tremula sempre.

1 Cf. At 1,1. * «Nel mio primo libro ho già trattato, o Teòfilo, di tutto quello che Gesù fece e insegnò dal principio».

2 Gv 14,6. * «Io sono la via».

3 Mt 10,28.

4 Mt 28,20.

5 Gv 20,21.

6 Gv 10,11.

7 Gv 10,16. * «E diventeranno un solo gregge e un solo pastore».

1 * 1Ts 4,3: «Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione».

2 * «Dei tuoi santi, Signore, ci spronino gli esempi, affinché celebrando le loro feste ne possiamo imitare anche gli atti».

3 È vero: «divisiones gratiarum sunt» [«vi sono diversità di carismi»] (1Cor 12,4), ma non è meno vero che «Deus vult omnes homines salvos fieri» [«Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati»] (1Tm 2,4). Tutti gli uomini sono chiamati alla santità e per giungervi devono corrispondere alla libera azione di Dio. Non si nasce santi, ma ci si forma.

4 * «Se questi e quelle [vi sono riusciti], perché non io?».

5 A. TANQUEREY, Compendio di teologia ascetica e mistica [n. 178].

1 Cf. Grande Dizionario Enciclopedico, a cura del Prof. Giovanni TRUCCO.

1 Gran parte della materia del presente capitolo e del seguente è la rielaborazione di articoli pubblicati sul fascicoletto Nero e bianco, Sales, Roma. - * Ma si legga in proposito anche l'articolo dell'Unione Cooperatori Buona Stampa del 1921, riportato in Appendice al presente volume.

2 Mt 7,17.

3 * Quest'ultima raccomandazione va letta alla luce di una esperienza vissuta da Don Alberione nel 1942, quando, per un suo intervento sul settimanale La Domenica Illustrata - in cui suggeriva la “tregua di Dio” per un Natale di pace durante la guerra allora in corso -, fu minacciato di arresto dal Ministro della Propaganda fascista, e il periodico diffidato dall'interferire sulla politica del regime, pena la sospensione.

1 Naturalmente non si allude alla rivista scientifica, la quale riesce quasi sempre di grandissima utilità.

2 * Reclami sta per annunci pubblicitari.

1 Sotto queste forme il bollettino parrocchiale può anche essere dattilografato.

2 * Dolce peso.

1 Cf. BORLA, La formazione religiosa del fanciullo.

1 * Guglielmo Massaia (1809-1886), missionario cappuccino piemontese, Cardinale nel 1884, fu molto ammirato da Don Alberione, che volle dedicargli il film Abuna Messias (1938).

2 * Del 1926, sullo sviluppo delle missioni tra gli “infedeli”.

1 Gn 1,1. * «In principio Dio creò il cielo e la terra».

2 Pr 16,4. * «Il Signore ha fatto tutto per un fine».

3 Gv 10,10. * Cf., più precisamente, Gv 17,3; 10,16.

4 * Mc 16,15.

1 * Giovanni CASATI (1881-1957), prete milanese, giornalista e animatore sociale, assunse nel 1912 la Rivista di Letture, nata nel 1904 come Bollettino delle Biblioteche Cattoliche, organo della Federazione Italiana delle Biblioteche Cattoliche Circolanti. (Iniziativa che ispirò a Don Alberione la “Associazione Generale Biblioteche” fondata nel 1921). Nel 1946 la rivista fu ceduta dal Card. Schuster ai Gesuiti di San Fedele e assunse la nuova testata Letture. Dal giugno 1994 essa viene edita dalla San Paolo Periodici.

1 Cf. Pane e tossico, la stampa U.D., di A.C.I., Roma.

2 * A.M.D.G. - Can. Leopoldo BEAUDENOM, Pratica progressiva... secondo il metodo di Sant'Ignazio di Loyola e lo spirito di San Francesco di Sales, vol. II, 3ª ed., Marietti, Torino-Roma 1931.

1 Mt 22,21.

2 Sono i seguenti:
PIO IX: Quanta cura (1864) , Sillabo.
LEONE XIII: Inscrutabili Dei consilio (1878). Quod Apostolici muneris (1878). Arcanum divinæ Sapientiæ (1880). Diuturnum (1881). Immortale Dei (1885). Libertas (1888). Sapientiæ Christianæ (1890). Rerum novarum (1891). Inimica vis (1892). Graves de communi (1901).
PIO X: Il fermo proposito (1905).
BENEDETTO XV: Pacem, Dei munus pulcherrimum (1920).
PIO XI: Ubi arcano (1922). Divini illius Magistri (1929). Casti connubii (1930), Quadragesimo anno (1931). Nova impendet (1931). Caritate Christi compulsi (1932). Vigilanti cura (1936). Divini Redemptoris promissio (1937).
PIO XII: Summi Pontificatus (1939). Radiomessaggio per il cinquantenario della Rerum novarum (1941). Radiomessaggio di Natale (1941).
Cf. GIORDANI, Le Encicliche sociali, Studium, Roma.

3 * La parola originale era probatico.

4 Cf. La Civiltà Cattolica, gennaio 1935, quaderno 2029.

1 Cf. Psicologia dell'illustrato di S.T. SERINI, in Bianco e nero, Sales, Roma.

2 * Apprendimento, assimilazione.

3 Pr 15,30.

4 * «Attraverso la conversione alle immagini che ci si forma della realtà».

1 * Dispensatore.

2 1Cor 4,1.

3 Lc 22,32. * «Ho pregato per te (Pietro), che non venga meno la tua fede».

4 Gv 10,16.

5 * Nelle edizioni successive, al posto di “talento” c'è “tesoro”.

1 Cf. Rm 8,35.

2 Voce che diffonde il regno di Cristo, G.C.I.G.F., Milano.

1 La Pia Società San Paolo ha costituita un'Associazione Generale Biblioteche (A.G.B.), con lo scopo di:
«Unire gli sforzi isolati per dare più ampio sviluppo alla istruzione religiosa, educativa, morale e scientifica fra il popolo, mediante la diffusione e la circolazione di ottimi libri adatti alle varie capacità e secondo le diverse necessità dei lettori, fondando biblioteche familiari, scolastiche, e specialmente parrocchiali.
Rifornire le biblioteche già costituite delle ultime novità e di tutti gli stampati necessari e desiderati.
Dare norme e consigli pratici per la costituzione, lo sviluppo, il funzionamento della biblioteca: norme che, pur basate su principi generali, variano secondo il genere e le necessità di ogni singola biblioteca.
Formulare giudizi sicuri circa il valore dottrinale, morale, artistico delle edizioni della Pia Società San Paolo e di altre Case Editrici.
Accordare sconti e facilitazioni speciali nell'acquisto di libri e periodici della Pia Società San Paolo e di altre case editrici».

1 Sal 125,6. * (Sal 126,6): «Nell'andare, se ne va e piange, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con giubilo, portando i suoi covoni».

1 Gv 13,13.

2 Gv 6,68.

3 * Cf. Mt 13,28: «Un nemico ha fatto questo...».

4 * Cf. Mt 6,24.

5 * Cf. Sal 37[36],27: «Sta' lontano dal male...».

6 * Cf. ivi: «Fa' il bene...».

7 Chiedere informazioni a: Pia Società San Paolo, Roma.

1 Per la natura e il fine di dette Congregazioni, vedi p. 56 e seguenti.

2 * «Vivere sommamente per Dio in Cristo Gesù».

3 1Gv 3,16.

4 * Legatoriale, da “legatura” (e legatoria), che è l'arte e la tecnica di riunire insieme le varie segnature di un'opera per costituire il volume e dargli una veste più elegante e duratura

5 * «Carità della verità»: cf. 1Cor 8,1; 1Gv 2,5.

6 Vedi canoni: 1345 (n. 1, 2, 3), 1386, 1389, 1390, 1391, 1392, 1393, 1394. * Si tratta di articoli presenti nel Codice di Diritto Canonico precedente all'attuale, riformato.

7 * Costituzione di Leone XIII, del 25 gennaio 1897.

8 * La parola originale era indefinitiva.

9 * Norma di apparente provenienza estranea, in contraddizione col concetto stesso di “propaganda a domicilio”.

1 Eb 1,1.

2 Cf. MARK, Institutiones morales alphonsianæ, t. I, par. 37.

3 * Ovviamente tali sanzioni, comminate dal Codice di Diritto Canonico del 1917, come tutta la disciplina analoga ricordata nelle pagine precedenti, sono state ampiamente modificate nel nuovo Codice (cf. canoni 1311-1322).