Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Roma, 21-6-1965



SPIRITO PAOLINO – COSTITUZIONI


Ho celebrato la Messa per la Suora defunta in Casa Madre, ad Alba. In questa occasione ho riflettuto di più sulle circostanze in cui si è costruita quella chiesa. Quindici anni di rosari, finché si è ottenuto di costruirla. Il terreno era stato acquistato nel 1915, ma poi vi sono state delle difficoltà che sembravano insormontabili, e tuttavia si deve riconoscere che il rosario è onnipotente. Quando vi sono grazie particolari da chiedere, si ricorra alla corona del rosario, specialmente per stabilire sempre più solidamente la vita cristiana, e sopra di essa la vita religiosa.
Siamo nel mese consacrato a san Paolo. Vi chiamate Paoline appunto per la divozione a san Paolo. La sua dottrina risulta specialmente dagli Atti degli Apostoli, dalle Lettere e specialmente dalle sue opere. Egli ci è esempio e protettore.
In questi giorni, nelle varie case in cui sono stato, ho fatto la meditazione sulla sofferenza
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e sull'amore di San Paolo a Gesù Cristo e alle anime, insistendo particolarmente sopra la fortezza e sopra lo spirito di sacrificio in generale. Il sacrificio consiste nel consacrare tutto il nostro essere a Dio, e impiegare tutte le nostre forze per vivere la nostra consacrazione del battesimo, e poi della professione.
L'essenza della vita religiosa consiste nei voti di povertà, castità e obbedienza. Che l'anima cammini libera nella strada e voli speditamente alla santità, verso il cielo.
La sofferenza di San Paolo risulta particolarmente da due punti delle sue lettere. L'ultimo è quello della lettera a S. Timoteo, scritto dall'ultima prigionia e l'altro è quello che risulta dalla seconda lettera ai Corinti. Egli aveva lavorato tanto a Corinto per la loro conversione, e aveva stabilito bene la chiesa in quella città; poi si era rivolto ad altre nazioni e ad altre città e frattanto erano subentrati quei predicatori che volevano ottenere simpatie, vantaggi e aiuti materiali per vivere più comodamente.
Ad un certo punto San Paolo, nella seconda lettera ai Corinti dice:
"Lo dico con vergogna, come chi è stato debole in questo lato; del resto in qualunque altra cosa uno ardisca vantarsi (parlo da stolto) ardisco anch'io.
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Sono essi ebrei? Anch'io. Sono Israeliti? Anch'io. Sono discendenti d'Abramo? Anch'io. Sono ministri di Cristo? (parlo da stolto) io son più di loro: più di loro nelle fatiche, più di loro nelle carceri, molto più nelle battiture, e spesso mi son trovato nei pericoli di morte.
Dai Giudei cinque volte ho ricevuto quaranta colpi meno uno; tre volte sono stato battuto con le verghe; una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio; ho passato una notte e un giorno nel profondo del mare. Spesso in viaggio tra i pericoli dei fiumi, pericoli degli assassini, pericoli da parte dei miei connazionali, pericoli dei Gentili, pericoli nelle città, pericoli nel deserto, pericoli in mare, pericoli dai falsi fratelli.
Nella fatica, nella miseria, in continue vigilie, nella fame, nella sete, in frequenti digiuni, nel freddo, nella nudità.
Oltre a quello che mi vien dal di fuori, ho anche l'affanno quotidiano, la cura di tutte le chiese.
Chi è debole, senza che io ne soffra? chi si scandalizza senza che io ne arda?
Se c'è bisogno di gloriarsi, mi glorierò di ciò che è proprio della mia debolezza; Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo il quale è benedetto nei secoli, sa ch'io non mentisco. A Damasco, il governatore del re Areta aveva posto
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guardie intorno alla città dei damasceni, per catturarmi, e da una finestra fui calato in una cesta lungo il muro, e così scampai dalle sue mani.
Se c'è bisogno di gloriarsi (veramente non sarebbe utile) verrò alle visioni e alle rivelazioni del Signore. Io conosco un uomo in Cristo, il quale quattordici anni fa (se fu col corpo o senza il corpo non lo so, lo sa Dio) fu rapito, quest'uomo, fino al terzo cielo. E so che questo uomo (se col corpo, o senza il corpo, non lo so, lo sa Dio) fu rapito in Paradiso e udì parole arcane che non è lecito all'uomo di proferire.
Riguardo a quest'uomo potrei gloriarmi; ma riguardo a me non mi glorierò che delle mie debolezze. Però, anche se volessi gloriarmi, non sarei un pazzo, perché direi la verità; ma me ne astengo, pel timore che qualcuno non mi stimi di più di quello che vede in me o che sente da me.
E affinché la grandezza delle rivelazioni non mi facesse insuperbire, mi è stato dato lo stimolo della mia carne, un angelo di Satana che mi schiaffeggi. Tre volte ne pregai il Signore, perché lo allontanasse da me. Ed Egli mi ha detto: "Ti basta la mia grazia perché la mia potenza si fa meglio sentire nella debolezza". Volentieri adunque mi glorierò nelle mie infermità, affinché abiti in me la potenza di Cristo.
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Per questo io mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angustie per Cristo, perché quando sono debole allora sono potente".
Ora si deve considerare questo: occorre tanta fortezza per dominare il nostro essere. "Ti basti la mia grazia, perché nella debolezza dell'uomo risplende la potenza di Dio". Così ha risposto il Signore. Appunto perché siamo deboli, la grazia di Dio e la potenza di Dio risplendono in coloro che si santificano, e si santificano coloro che sono umili e confidano nella grazia di Dio. Allora nella debolezza risplende la potenza di Dio che ci fa superare tutte le difficoltà.
In questo momento particolare si riferisce alle difficoltà per l'apostolato, perché tutto quello che narra San Paolo riguarda il suo ministero, il suo apostolato. Ma poi passati vari anni, fu travagliato da altre sofferenze ancor più dolorose: due anni di prigionia in Oriente e poi a Roma. Sappiamo quello che è successo a Malta. Arrivò poi a Roma dove stette per due anni prigioniero. Liberato, continuò il suo apostolato e i suoi viaggi e poi ritornò a Roma per ordinare la vita cristiana che in quel momento si era un po' disorganizzata a causa della persecuzione. Imprigionato per causa di una donna che egli aveva convertito, venne condannato a morte e fu martirizzato.
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Il vostro apostolato è faticoso se veramente si vuole far bene: sia la redazione, sia la tecnica, sia la diffusione. Dio sia benedetto! Impiegate le forze per le anime. Avete il grande privilegio di consacrarvi a Dio, quindi la santificazione personale, e di consacrarvi alle anime, per la loro salvezza. Dunque la fortezza, la generosità, lo zelo apostolico. Pensare al doppio premio, ma anche alla doppia fatica, a quelle anime che alla risurrezione finale vi ringrazieranno perché le avete aiutate.
Il vostro apostolato è così, che il più delle volte non si ha neppure la consolazione di vederne i frutti. Allora lavorate nell'umiltà, e arriverà il giorno in cui tutto sarà svelato.
Ognuna rifletta sul come compie il proprio ufficio di apostolato. Vi sono nella Congregazione persone che fanno l'apostolato diretto, avvicinando le anime e portando loro la luce. Poi vi sono tanti servizi in casa. È tutta la Congregazione che fa l'apostolato: chi lo fa direttamente e chi lo fa indirettamente. Perché? Perché tutta la Congregazione ha un apostolato e nelle case occorre pure che ci sia chi fa la cucina, e chi compie i diversi lavori che sono da compiersi. Poi, c'è chi attende alla formazione e all'insegnamento: tutto quello che serve a formare lo spirito.
Ora vi sono le Professioni da emettere o da
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rinnovare. Occorre pregare per quelle che emetteranno i voti perché siano benedette, illuminate dalla luce di Dio, fortificate dallo spirito di san Paolo, coraggiose! La Professione perpetua è il momento in cui si entra definitivamente nella vita religiosa. Ecco, di lì l'obbligo, l'impegno di osservare tutto ciò che è prescritto dalle Costituzioni. Nella professione risulta questo, che bisogna conformare la vita secondo le Costituzioni; cioè nello spirito delle Costituzioni.
La conclusione perciò è questa: domandare al Signore la grazia di spendere le forze per le anime, quanto c'è di salute, quanto c'è d'intelligenza, quanto c'è di volontà, e quanto c'è di cuore; tutto l'essere a Dio e alle anime fino al momento in cui chiuderemo gli occhi a questa vita e li apriremo alla luce dell'eternità. "E mostraci dopo questo esilio, Gesù!".
Quindi che si viva la Congregazione, che si ami, che se ne senta lo spirito. Poi la dedizione. È fatica, certo, e si consumano le forze – tutti le consumano le forze – ma che mirabile frutto: forze intellettuali e fisiche adoperate per le anime e consumate per le anime!
Ora fate i propositi. La novena a san Paolo sia ben fatta, con molta pietà, e possibilmente, leggendo nella prima parte della Visita al SS.mo
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Sacramento, la mirabile Lettera di San Paolo ai Romani.
Poi domandare la grazia di vivere le Costituzioni. Sarebbe molto bene che a capo dei propositi, come ho detto durante gli esercizi, vi fosse la parola: Costituzioni, perché quella è la via della santità vostra particolare. Non una santità generica, ma una santità basata sui voti che avete fatto, secondo le Costituzioni che avete abbracciato. Poi accompagnare con la preghiera quelle che emetteranno i voti, specialmente quelle che li fanno per la prima volta, come avviene ad Alba il giorno 30, e in altre Case.
La Congregazione è sulla terra, ma si è già certamente formata la Congregazione anche in cielo con le buone Suore, le sante Suore che sono già passate all'eterno riposo. E se qualche anima si trovasse ancora nella Chiesa purgante, allora, mandare suffragi. Sentirvi unite tutte, perché vi è uno spirito solo e un solo impegno di santificazione, insieme all'impegno dell'apostolato per raddoppiare i meriti. Oltre la santificazione individuale vi è l'apostolato. Benedite sempre il Signore che vi ha amate e chiamate in questa Congregazione!
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