Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Roma, 27-8-1965



L'UMILTÀ


Per il vostro anno di preparazione al grande passo definitivo, ho fissato questo programma:
1) Rivedere l'osservanza delle Costituzioni nella lettera e nello spirito.
2) Migliorare la preghiera. Se non si arriva proprio ai più alti gradi, tuttavia si faccia qualche buon passo.
3) Oltre la vita religiosa esteriore con cui si presenta la buona suora, vi sia anche quello che è il lavoro interiore della santificazione. Questo è il fine della vita religiosa.
Per arrivare a realizzare questi tre punti, bisogna mettere a base l'umiltà.
L'umiltà è sorgente e fondamento della santità, e non solamente santità cristiana, ma santità religiosa.
San Paolo paragona il lavoro spirituale alla costruzione di una casa. Primo: il fondamento della casa, secondo: l'elevazione dei muri, terzo: il tetto.
Il fondamento è l'umiltà. Come per costruire
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una casa si scava nel terreno, e poi si riempie il fosso con materiale resistente e robusto, così avviene per la nostra costruzione spirituale. Deve avere questa base di umiltà. Non si deve badare all'apparenza dell'edificio, ma quello che è di importanza capitale e che regge la costruzione è il fondamento.
Così se vi è da costruire l'edificio della santità è necessaria la base: ossia l'umiltà. L'umiltà che è verità. Non si tratta di fare il collo storto o fare delle proteste, si tratta di essere convinti che siamo nulla, che siamo carichi di debiti verso Dio, e che in ogni istante abbiamo bisogno di Dio, sia per essere mantenuti in vita, sia per mantenerci in grazia e sia per fare qualche progresso. Infatti tutto è dono di Dio, tutto ci viene da Dio.
Ricordiamo che vi sono sette vizi capitali. Il primo dei vizi capitali è la superbia. La superbia non è solo un vizio capitale, ma è il padre dei vizi capitali e di tutti gli altri. Quando in un'anima c'è la superbia, la grazia di Dio non entra e allora molto facilmente ci sono anche gli altri vizi: l'ira, l'avarizia, l'invidia, la sensualità, la gola, la pigrizia. Quindi la superbia non è solamente il vizio capitale, ma è il capo dei vizi. C'è tanto pericolo che la superbia domini. Superbia vuol dire super - sopra, considerarsi qualche cosa, che abbiamo questo dono e
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quell'altro. E di chi è tutto quello che hai? Siamo un nulla. Allora occorre stare in questa posizione. Al contrario: se c'è umiltà, vi sono le sette virtù contrarie ai sette vizi, le virtù della fede, speranza, carità, prudenza, giustizia, fortezza, temperanza. Tutte queste virtù esistono quando c'è l'umiltà.
Talvolta ci si gloria di questo o di quello, per es. perché si ha una bella voce, perché si ha resistenza, perché si è studiato; e poi... succedono catastrofi. Poverette quelle che si compiacciono di se stesse, e si compiacciono dei doni e delle grazie che hanno ricevuto. Alcune si gloriano della grazia della vocazione e dei doni ricevuti dall'Istituto.
Invece se c'è l'umiltà, certamente a poco a poco crescono le tre virtù teologali e le quattro virtù cardinali. Poi seguiranno le altre e specialmente la virtù della religione.
L'origine di tutti i mali che abbiamo nella nostra povera umanità e non soltanto individualmente, ma socialmente, è ancora la superbia. Eva per superbia si è lasciata lusingare da Satana ed è caduta. Pensava di poter conoscere il bene e il male. Purtroppo ha conosciuto il bene e il male, ma ha lasciato a tutti in eredità solo il male. Così è stata anche la causa della rovina di Adamo, perché ha insistito affinché prendesse del frutto proibito e ne mangiasse
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Tante volte la donna è la rovina. Questo avviene un po' in tutto il mondo. Quanto male fa la donna quando è cattiva, e quanto bene fa quando è buona. Quando è buona come madre di famiglia, come sposa buona, come giovane edificante, fino all'apostolato per cui la donna è associata allo zelo sacerdotale.
Quanto vale l'umiltà davanti a Dio!
La persona superba si impoverisce in tutto. E perché ha avuto qualche privilegio, qualche grazia particolare, si comporta e rovina un po' tutto. E si trova poi alla fine della vita, dopo aver lavorato e talvolta con sforzi e sacrifici, però tutto per ambizione, con intenzioni vane, per il piacere di essere ammirata e stimata; allora tutto quello che ha fatto non serve per la eternità. Tutto è perduto! Poverette!...
San Giuseppe non aveva nessuna qualità appariscente, era semplice operaio-falegname, ma sempre ha accettato generosamente le disposizioni di Dio. Sebbene semplice falegname, in cielo è al di sopra di tutti i martiri, di tutti i papi, di tutti i confessori. Solo Maria è al di sopra di lui.
L'umiltà è quella virtù per cui l'anima cerca Dio, si conforma a Dio, mette al servizio di Dio tutto quello che ha di salute, di intelligenza, di capacità, di tempo; la vita, lunga o breve, tutta a servizio di Dio. "Ecco l'ancella del
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Signore, si faccia di me secondo la tua parola!". Maria, docilissima ancella del Signore, è diventata la più grande creatura: Regina del cielo e della terra!
Quando c'è la superbia, l'obbedienza c'è? No, non c'è. L'obbedienza di cuore non c'è. Quando c'è la superbia, si fanno paragoni, si giudicano i superiori, si influenzano altre persone.
E allora che cosa avviene? Avviene come al fariseo: andò nel tempio a pregare e si vantava delle sue virtù e come egli fosse osservante della legge mosaica. E tornò a casa peggiore di prima, pieno di orgoglio. Invece il pubblicano si era messo in fondo al tempio e teneva la testa bassa, si batteva il petto dicendo: – Signore, abbi pietà di me – e tornò a casa giustificato, cioè santo. La superbia svuota tutte le opere del merito.
Consideriamo questo: dopo aver lavorato tanto e fatto tanti sacrifici, raccogliere niente, anzi, portare le conseguenze della superbia, dello orgoglio, della vanità, è ben doloroso. L'anima superba viene privata delle grazie, di quelle comunicazioni intime fra Gesù e lei. L'anima superba resta vuota, non solo di meriti, ma anche di spiritualità. Può avvenire che una suora sappia solamente fare la pulizia della casa, ma con umiltà attende al servizio di Dio. Si farà tanti meriti, si farà santa. Mentre colei che avrà
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insegnato, scritto, parlato, ma che ha agito sempre solo per essere lodata, e si è compiaciuta, come si troverà in punto di morte? Il castigo di un'anima quale è? È l'orgoglio. Poi la malizia, la pigrizia, la sensualità: si finisce col cadere in quello che è umiliante.
Leggiamo il Vangelo che fin dal primo versetto, ci insegna l'umiltà. Come ha vissuto Gesù Bambino? Nasce in una grotta, conduce una vita privata, povera, esercitando l'umile mestiere che aveva appreso da san Giuseppe, obbediente a Maria e a Giuseppe. Nella vita pubblica passava le notti in preghiera. E come pregava! Nel Getsemani inginocchiato a terra, poi umiliato fra due ladroni e condannato al supplizio più umiliante: la crocifissione. Colui che era l'innocenza, che era il Figlio di Dio incarnato!
Quanta gente fa pena allorché si mette in mostra e si compiace di se stessa e vorrebbe giudicare, criticare, condannare.
Certe persone orgogliose condannerebbero anche nostro Signore!
Quindi leggere e rileggere il Vangelo perché è lì che si impara l'umiltà, che è base del lavoro di santificazione. Naturalmente c'è pure la fede, che ci porta ad accogliere le parole di Gesù con ossequio profondo e ad imitare i suoi esempi. Gesù si mette ai piedi degli apostoli e glieli
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lava. E lava e bacia i piedi anche a Giuda che era il suo traditore.
Leggere il Vangelo: "Imparate da me che sono mansueto ed umile di cuore". Così ha insegnato agli Apostoli e: "Se non vi farete come questo piccolo, non entrerete nel regno dei cieli".
Ma approfondiamo il significato di questa frase. Gli apostoli avevano domandato chi era il primo. Allora Gesù chiamò un bambino e lì, alla presenza degli Apostoli, disse: "Se non vi farete come questo bambino non entrerete nel regno dei cieli". Capiamo bene questo. Ripeto: "Se non vi farete come questo bambino, non entrerete nel regno dei cieli". Questo sia il fondamento del vostro anno di perfezionamento: "l'umiltà" da cui deriva la docilità, per cui ci si apre e si prende tutto quello che viene insegnato, consigliato, spiegato, applicato. Manifestate quello che c'è di male, quello che costituisce un pericolo: aprirsi, aprirsi. Non pensate: ma non sapranno cosa dirmi! Lo sa il Signore che cosa dire. Se si manifestano umilmente le proprie difficoltà, può darsi che la persona con cui ci si confida (fosse anche il confessore) non capisca lo stato di quell'anima, ma interviene il Signore, farà Lui, perché lo Spirito Santo illuminerà l'anima e infonderà coraggio, fortezza e spirito di fede a cui seguono le altre
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virtù teologali e le virtù cardinali. Quando una persona è umile, lo dimostra anche nel comportamento esterno, nei viaggi, nei movimenti, nel trattare con le sorelle, nel presentare il libro, nell'esortare, nello scoprire le vocazioni per invitarle; può darsi che sappia poco, ma tuttavia saprà molto, perché si farà santa.
San Giuseppe è il primo santo; e qualche volta sono ultimi i personaggi che di qua hanno fatto bella figura, ma di là che cosa avranno? Quello che conta, è la figura che si fa nell'eternità. "Imparate da me che sono mansueto ed umile di cuore" ci dice Gesù. E ci sono delle persone che non chiedono e non accettano nessun consiglio, persone che vorrebbero giudicare e condannare quello che è disposto, quello che è insegnato. Pensano di aver sempre ragione. Che superbia! Quindi se troviamo in noi delle mancanze o l'avarizia, o l'invidia, o la collera, o la pigrizia, o la sensualità, o la golosità, o altri vizi, pensiamo che tutto viene dalla superbia. Bisogna partire dall'umiltà. L'umiltà è il fondamento negativo, tuttavia costituisce la base della santità e quindi della pratica delle virtù.
Ora riflettiamo: che siamo un nulla, che siamo peccatori, poverissimi, vanitosi. Vedere se in noi vi è il germe della superbia, anzi dobbiamo dire che c'è; si tratta solo di vedere se ce n'è di più o di meno. Con questo non dico che tutto
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sia acconsentito, quindi forse non ci sarà il male, ma intanto nell'intimo vi è questa vanità, c'è questa tentazione di compiacersi e odiare qualunque osservazione e qualunque umiliazione.
Vedete quindi di fare un buon esame di coscienza sull'umiltà. Poi verrà il resto. Ma che cosa verrà? verrà la santità: "Chi si umilia sarà esaltato, e chi si esalta sarà umiliato". Questa è la parola di Dio, ossia il giudizio che fa Dio. "Chi si umilia sarà esaltato, chi si esalta sarà umiliato!". Ci sono delle anime che hanno tanta vanità, eppure sono così povere di grazia e di soprannaturale! Vorrebbero prendere certe posizioni, insegnare, giudicare e condannare.
Se un'anima è troppo tormentata dalla superbia, legga "La pratica dell'umiltà". Questo libro di esercizio per l'acquisto dell'umiltà, credo di averlo letto almeno tre volte, perché a noi chierici lo facevano leggere. Questo però è solo un inizio; sulla superbia bisogna combattere per tutta la vita.
San Francesco di Sales dice che la superbia muore tre ore dopo di noi. È l'eredità che ci ha lasciato Eva. Voleva paragonarsi a Dio, e sapere il bene e il male! E vogliamo saper tutto e poi le tentazioni ci travagliano. Vogliono vedere pellicole, leggere libri e credono di potersi presentare e discutere con la Chiesa e con chi
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impartisce disposizioni. Poverette! Come diventano misere, misere; povere, povere queste anime! "Chi si umilia sarà esaltato e chi si esalta sarà umiliato!".
Imparare da Gesù Cristo; infatti Egli ci ha detto: "Imparate da me".
Domandiamo questa grazia: voi per me e io per voi, tutti chiediamo questa virtù fondamentale: l'umiltà.
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