VIII.
IL PECCATO
La vocazione sacerdotale è una chiamata di Dio a combattere sulla terra contro il peccato. Per la vocazione sacerdotale si è chiamati, invitati da Dio ad arruolarsi sotto la bandiera di San Michele affine di combattere la gran battaglia in terra. Là si è combattuta nel cielo: «Factum est proelium magnum in coelo» (Ap 12,7), e Michele e i suoi Angeli pugnarono contro Lucifero e i suoi segnaci. Sacerdote e peccato sono due avversari.
Ebbene, quali sono i grandi rimedi contro il peccato? I grandi rimedi contro il peccato sono i Novissimi. Perché la morte è venuta per il peccato nel mondo, per il peccato di Adamo è entrata nel mondo; ma la morte è una medicina, a sua volta,
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contro il peccato. Il timore dei Novissimi, la considerazione della morte scaccia il peccato dal cuore degli uomini: «Meditare novissima tua et in aeternum non peccabis!» Chi medita i Novissimi non pecca: bisogna dunque che consideriamo i Novissimi per non peccare. Ma non solamente dal punto del timore dobbiamo considerare i Novissimi, ma anche dal punto dell'incoraggiamento, e cioè ci allieti la speranza di una santa morte che è promessa a chi fa una santa vita, ci allieti la speranza di un giudizio propizio, giudizio favorevole che avrà certamente il religioso fedele alla sua vocazione, ci allieti la fiducia di una buona sentenza e di una grande esaltazione e giustificazione nel giudizio universale, al cospetto di tutto il mondo, premio riservato appunto a chi combatte il peccato e fa bene, ci allieti la speranza della ricompensa eterna, soprattutto il Paradiso. È per questo che consideriamo il Paradiso: per incoraggiarci a sostenere le fatiche, a privarci delle soddisfazioni della terra, affine di godere un giorno il gran premio, ottenere un bel posto in cielo. Oh, l'eternità felice! Un angolo di Paradiso ricompenserà ben tutte le fatiche e gli sforzi e le mortificazioni
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e le privazioni che avremo fatte sulla terra! I Novissimi dunque per combattere il peccato.
E stamattina pensiamo al peccato nostro, che è il peccato particolare, e vediamo i suoi mali affine di poter sempre aver più dolore del peccato e sempre più aver fermezza nei propositi che faremo per l'avvenire.
Quali saranno i punti che noi considereremo sul peccato «Come offesa alla vostra maestà infinita, cagione della morte del vostro Divin Figliuolo Gesù e mia spirituale rovina». Il peccato è un'offesa alla infinita maestà di Dio. - Cagione della morte del Figliuolo di Dio, Gesù Cristo. - E nostra spirituale rovina.
I. - Prima di tutto il peccato è un'offesa alla maestà infinita di Dio. Difatti che cos'è il peccato? Il peccato è un pensiero, o un sentimento, o una parola, o un fatto contrario alla legge di Dio.
Quindi vi sono i peccati di pensiero: si capisce, i pensieri acconsentiti: non ciò che è dubbio, non ciò che è inavvertito, non ciò che passa nel sonno. È un pensiero.
Oppure è un sentimento: un sentimento
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del cuore che può essere compiacersi di noi, di una cattiva azione passata: chi di nuovo acconsente, di nuovo fa peccato, ed è molto utile non esaminarsi troppo su questo, anche per il passato: tanto non si distinguerà mai tutto fino in fondo e ci verranno nuove tentazioni. È una compiacenza del passato, oppure un troppo lungo e morboso fermarsi sopra qualche cosa di presente che è male: per es., leggere più adagio una strofa perché contiene in sé qualche cosa di male...
La mente dell'apostolo tutto il giorno gira e pensa e combina salvezza di anime, santificazione e fuga del peccato; invece la mente di colui che è terreno, tutto il giorno combina male e peccato.
Oppure è un detto, una parola, un discorso, una canzone.
Una parola buttata là maliziosamente può suscitare qualche cosa che fa venire pensieri cattivi, e allora si può dire che vi è pericolo che si offenda la carità, che si offenda l'obbedienza, che si offenda la fede, che si offenda l'energia, il fervore... o che si offenda la speranza, secondo il caso, e tanto più poi se vi fosse pericolo che il peccato sia doppio, in quanto che vi può essere anche lo scandalo.
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E poi il peccato può essere un fatto, un'opera. E le opere sono o contro i Comandamenti della legge di Dio, o contro i Comandamenti della legge della Chiesa, o contro le virtù religiose, o contro i doveri del proprio Stato.
Ma è molto più facile che i peccati siano di omissione che di commissione, d'ordinario. Il peccato di commissione è per es., una parola positiva, detta; il peccato di omissione invece è il tralasciare di dire le orazioni, è il tralasciare di dire una parola buona a un compagno, è tralasciare di parlare quando è tempo, è tralasciare lo studio, è tralasciare la preghiera, è tralasciare la povertà, è tralasciare l'apostolato... è perdere il tempo, le energie e le grazie in cose che sono inutili e di nessun valore, ed essere per queste cose inutili tanto zelanti da dimenticare tutto quello che invece è santificazione, è zelo. Cosa dobbiamo cercare? Dobbiamo cercare col cuore di evitare anche le omissioni.
Ho detto che è contro la legge di Dio il peccato, cioè un pensiero, un detto, un sentimento o un fatto contro la legge divina. Si capisce quindi subito che è offesa alla maestà di Dio. Iddio è padrone perfino dei capelli nostri, di noi, perché
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ci ha creati, ci ha tratti dal nulla. Tu dici che un componimento è tuo perché l'hai fatto tu; ma non è tua la carta, i pensieri sono i pensieri di Dio, sono verità che non hai fatte tu: tu hai fatto ben poco nel combinare i pensieri: eppure ne sei il padrone. Che cosa dire della padronanza precisa che Iddio ha di tutto il nostro essere, intieramente? È assai più estesa: Egli è padrone radicalissimo, di tutto.
Orbene, ecco: il peccato è un atto di ribellione al padrone: è il servo che si ribella al padrone universale che ama e che provvede a tutto. Nessun padre è padre come Dio: e questo «io» si ribella a suo padre. Assai più insolente di quello che sia stato il figliuol prodigo verso il padre quando gli chiedeva: Dàmmi la mia porzione, me ne vado via da casa, non posso più stare in questa casa.
Inoltre Iddio, il Redentore Gesù Cristo, è il benefattore sommo, e il peccato va a colpirlo. Che ingratitudine! E perché? Perché se tu avendo ricevuto dieci lire comperi l'arma per uccidere il tuo compagno da cui hai ricevuto i soldi; se tu avendo avuto cento lire dal padre, comperassi l'arma per uccidere il padre, che cosa diresti? Oh, l'ingratitudine somma
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nostra! Qualche volta diciamo che qualcheduno è stato ingrato con noi. Eh, sì! Ne riceverete tante ingratitudini dal mondo, perché se cercate di fare del bene, vi perseguitano fedelmente, mentre che se cercaste di fare del male, vi aiuterebbero: ed è facile fare il male; ma voi volete fare il bene e troverete difficoltà, e anche quando l'avrete fatto, saranno con voi ingrati, come furono ingrati verso Gesù Cristo gli Apostoli, che nella Passione l'abbandonarono e San Pietro lo rinnegò. L'ingratitudine è una cosa che ferisce il cuore, è proprio la lancia che trapassa il Cuore di Gesù.
Ebbene, hai ricevuto tutto: occhi, mani, lingua, salute, tempo, intelligenza, volontà, forze fisiche... e più Dio dà dei beni e più si offende il Signore! In questi anni in cui sembrava di guadagnar tanto non si andava più in Chiesa: bisognava proprio che venisse la crisi a farli andare in Chiesa, a far togliere le canzonacce e le mode smodate! Ecco: quando Iddio dà di più, si offende di più, e sovente una bella intelligenza è occasione di maggior alterigia, superbia, insolenza. E proprio gli occhi guardano ciò che non devono guardare: quegli occhi dati da Dio
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a nostro servizio - il dono della vista è un dono molto grande -, questi occhi sono destinati a guardare Dio «facie ad faciem, sicuti est» (1 Cor 13,12). Oh, quanto dobbiamo essere umili davanti a Nostro Signore Iddio!
Inoltre il peccato è un insulto gravissimo. Il peccatore dice il suo «Non serviam» (Ger 2,20): chi è questo Dio che io debbo ubbidire? Pare che sfidi Iddio. Iddio lo potrebbe colpire... Voi sapete quello che dice San Tommaso: l'offesa cresce in proporzione della dignità della persona che viene oltraggiata. Altra è l'offesa fatta ad un compagno, altra è l'offesa fatta al padre, altra è l'offesa fatta al Vescovo, altra è l'offesa fatta al re, altra è l'offesa fatta al Papa. E non è sempre lo stesso l'offensore? Sì: ma lo schiaffo dato ad un compagno ha una malizia ed è un'offesa, ma lo schiaffo dato al Papa, vedete quale orribile peccato! E se questo offeso è il Signore stesso, infinita maestà? Allora il peccato assume «quamdam infinitatem malitiae ex parte rei offensae»: ha una certa infinità di malizia che Iddio castiga. E non potendo Iddio castigare infinitamente l'uomo, perché soltanto capace di castighi limitati, lo castiga infinitamente
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nella durata, e dà un castigo eterno al peccato. È dunque una grande misericordia che sappiamo queste cose.
Inoltre il peccato è una insipienza. Pensare che Iddio può colpire sull'atto del peccato, nell'atto in cui si pecca! Sei nelle sue mani e Iddio ti sostiene per un filo, e può lasciarti cadere, perché la tua vita è nelle sue mani... E ti rivolti contro colui che ti sostiene, e lo insulti!? Se tu fossi sostenuto su un precipizio da una fune sorretta da un uomo forte, a cui devi tutto; sei nelle sue mani, se egli ti lascia cadere vai a sfracellarti... E se tu, sorretto così, con una spada tentassi di colpire colui che ti sostiene, cosa direste? Somma insipienza! Ma non fai così: lo prendi alle buone anzi, ti raccomandi, protesti che non ti lasci cadere, che tenga duro, vedendo l'abisso che ti sta sotto.
Somma insipienza, perché? perché il peccato è rovina nostra.
II. - Veniamo al secondo punto: cagione della morte del Vostro Divin Figliuolo Gesù. Gesù morì per i nostri peccati.
Oh, figliuoli, quanto ci fa bene prendere il Crocifisso! L'avete un Crocifisso un
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po' bello in tasca, appeso alla corona? Lo vedete sovente? Se non l'avete, procuratevelo. Chi ha il Crocifisso con sé fa bene. Chi può ammirare il Crocifisso, e non piangere!? Ecco lì un corpo esangue, appeso alla croce: unitevi alla Madonna, quando non si stancava di contemplare Gesù che «inclinato capite, tradidit spiritum» (Gv 19,30). Oramai non era più che un cadavere, ed ella non si stancava di mirare e di pregare: trafitta da sette spade, quasi impietrita dal dolore, non poteva staccarsi dalle care membra del suo Figlio. Fermiamoci lì un momento: ecco un Crocifisso, un giustiziato, un cadavere! Ma vedete che scempio ne han fatto del suo corpo: non è solamente crocifisso con alcuni chiodi nelle mani e nei piedi, ma tutto il corpo è una lividura: il suo costato mostra le ossa scoperte, e il cuore è trafitto e il capo è crivellato da spine, e il volto è coperto di sputi... Chi ha ridotto così il più bello dei figli degli uomini? Sono i peccati suoi, forse? Non andiamo a pensieri che sarebbero bestemmie, se acconsentiti. Sono i peccati nostri! Egli, l'innocente! il santo! Non prendiamocela coi Giudei, siamo noi ogni volta che abbiamo commesso il peccato:
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«Rursum crucifigentes Filium Dei» (Eb 6,6), ci avverte il nostro Padre San Paolo. L'abbiamo fatto tante volte ostinatamente, tante volte allettati dal piacere siamo caduti e ricaduti a crocifiggere il Signore! Oh, cagione della morte del Figliuolo di Dio è davvero il nostro peccato!
Qualche volta avveniva che San Filippo non potendo muovere a dolore, condurre a pentimento qualche peccatore, gli metteva un Crocifisso davanti, lo invitava a considerarlo e poi si allontanava per un poco e ritornava quando l'altro aveva avuto tempo a riflettere. Quante volte tornò e trovò il penitente tutto bagnato di lagrime e col Crocifisso stretto fra le mani, appoggiato al petto...
Questo Gesù che morì per il peccato! Ma questa è una considerazione che ci porta a somma umiliazione e insieme a somma confidenza. Tu hai offeso questo Gesù, l'hai crocifisso: ma Egli ti versa il suo Sangue stesso nelle tue mani. È nostro quel Sangue, e, se noi vogliamo, adoperiamo quel Sangue che abbiamo versato col peccato, a lavar l'anima nostra! Somma confidenza: per quanto siano gravi le tue mancanze, oh, abbi fiducia! I tuoi
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peccati dal Sangue di Gesù saran lavati e l'anima tua diverrà candida come la neve! Ecco la nostra speranza! Quante cose si possono pensare, qui, quante cose! Gesù ci perdona il passato, Gesù col suo Sangue ci dà la grazia per togliere il peccato nell'avvenire... Eccolo trafitto: «Vidi... agnum stantem tanquam occisum», (Ap 5,6). «Ecco l'agnello di Dio che toglie i peccati del mondo» (Gv 1,29).
Preghiamo di evitare sempre il peccato: i Misteri Dolorosi ci fanno tanto bene, se li consideriamo attentamente; il Crocifisso, la Messa, la Confessione in cui è l'effusione del Sangue di Gesù.
Ma non pensare tanto al passato, quanto provvedere per l'avvenire: su quel che è stato oramai non ci rimangano che due occhi per piangere. Ma il Signore ci offre ancora santità e grazia: alziamoci su, speriamo in quelle piaghe di non offendere mai più il Signore Iddio, facciamo la debita penitenza e cerchiamo di risorgere.
III. - Rovina spirituale dell'anima nostra. Può essere che qualcheduno pensi così: il peccato offende Dio, il peccato crocifigge Gesù Cristo... questo poi non
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mi dà tanto fastidio. Ma notiamo: il peccato è rovina nostra. Abbi almeno compassione di te stesso se non ti importa o quasi nulla di Dio! Abbi almeno compassione di te!
Spirituale rovina: col peccato ti sei chiuso il Paradiso: «Ecce, Lutere, quam patriam perdidisti», diceva a se stesso Lutero, contemplando il cielo. «Quarant'anni di regno e un'eternità di dannazione» diceva quella regina soddisfatta del suo regno, ma ormai diventata schiava, per quanto si può prevedere, del regno di Lucifero. «Bonum erat ei si natus non fuisset homo ille» (Mt 26,24), era meglio che non fosse nato piuttosto che nascere e peccare!
Inoltre perdere un Paradiso è un gravissimo male, ma guadagnare un inferno eterno è una stoltezza: hai gustato un tantino di dolcezza e ti sei condannato ad un supplizio eterno: «Gustans gustavi paululum mellis et ecce ego morior» (1 Re,14,43).
Esaù, venduta la primogenitura, «inrugiit clamore magno» (Gn 27,34) di spavento, di orrore per la propria azione compiuta. Eh, quanti nell'inferno son lì per un peccato solo. Ma ci fanno ancor
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più orrore coloro che si trovano là dopo una serie di peccati e quindi aggiungono inferno a inferno.
Il peccato veniale merita il Purgatorio: vi par niente andare in quelle fiamme? Forse perché cessano, perché sono temporanee? Ah, se consideriamo che lo stare anche temporaneamente, una sola giornata in Purgatorio è terribile!...
Se consideriamo certe apparizioni, e ciò che ci attestano certi santi, specialmente San Tommaso, quando dice che «un solo fuoco brucia i dannati e purifica gli eletti», non ragioneremmo così e non lasceremmo quasi cosa da trascurarsi il Purgatorio.
Inoltre il peccato toglie la pace. Dimmi un po' se stai bene col peccato. Ah, quelle notti! quei giorni! Non ti accorgi? Dio ti ha destinato ad essere un'anima eletta, intima di Gesù, a contatto famigliare con Gesù, seduto alla sua mensa... e tu hai da essere tanto ipocrita da vestire un abito candido e portare in cuore il nemico di Gesù? Tu che dici tante orazioni e che protesti di amarlo sopra ogni cosa...
Oh, i rimorsi! Piuttosto la morte che il peccato! Ma se Iddio ci prendesse in
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parola e ci dicesse: Muori! e nel peccato!... cosa direste? «Non est pax impiis» (Is 12,21), tanto più se costui fosse oblato a Dio. E ti accosti al Sacerdozio così? No, no, prega! cambia!
E il peccato priva di tutte le grazie! Bella la vocazione che sembrava la pianta che avesse le radici proprio sulla corrente delle acque, che doveva dare il frutto nel tempo opportuno... vocazione avvizzita, consumata, poi distrutta dal peccato! Altri hanno preso il posto di Giuda, mentre che poteva essere una delle più splendide stelle del cielo, è diventato un tizzone d'inferno!
Il peccato inoltre accelera la morte: «Per peccatum mors» (Rm 5,12), «Propter peccata veniunt adversa»: Iddio nella Sacra Scrittura lo dice. Tutte le volte che ti godi delle creature, ricorda che sarai tormentato dalle creature. Perché il peccato sarà come la vipera al ciarlatano: il ciarlatano se la portava in seno e la vipera l'ha morsicato. Quanti mali fisici e morali per causa del peccato! Quanti disgusti e dispiaceri, quanti affanni e miserie! E anche sulla tua famiglia, sui compagni, sulla tua Congregazione, sulla tua parrocchia e sul luogo dove abiti!
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Ti sei persuaso che certi peccati vogliono poi dire nella vita avvenire ministero senza frutti e senza consolazioni? Figliuoli, figlioli, ascoltatemi! È Iddio che ci ama, che ci avverte. Gli innocenti e i santi fanno degli innocenti e dei santi, e noi che cosa faremo? Noi faremo degli innocenti e dei santi, se saremo innocenti e santi. Oh, non vogliate piangere poi, ma usate lo sforzo, l'energia che sono necessari ora per evitare il peccato: dopo la mortificazione, la gioia.
Come scrive diversamente colui che è innocente!
Veniamo a qualche applicazione.
1.o Confessarsi bene con le dovute disposizioni. Non ho bisogno di spiegare: parlo a gente istruita.
2.o Risoluzioni efficaci e cioè fuga delle occasioni. Quali sono le occasioni? Specialmente la tiepidezza: la tiepidezza è il nido del peccato, il nido della serpe: essa quasi si occulta, e intanto cresce finché finirà col mordere e avvelenare. E poi vi sono delle altre occasioni che possono essere di cose, di persone... Ma più di tutto siamo noi: l'accidia, l'ozio, la sensibilità, la superbia, l'attaccamento alle
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cose terrene... Fuga quindi del peccato!
3.o Predicare contro il peccato, scrivere bene contro il peccato. E date subito i mezzi che sono: la divozione alla Santa Madonna, l'apertura col Confessore, l'uso dei Sacramenti. Guardate che il demonio fa come il ladro: il ladro viene di notte, nell'oscurità, e se trova il cane a guardia cerca di non destarlo, oppure cerca di avvelenarlo, di condurlo via... di farlo tacere in sostanza.
4.o Finalmente pregare e riparare per i peccati nostri. Pregare: «Ab omni peccato, libera nos, Domine»; e fare pregare gli innocenti e raccomandarsi di cuore alla Santa Vergine, all'Immacolata, agli Angeli, ai Santi nostri protettori.
Sia lodato Gesù Cristo!
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