VII
IL RELIGIOSO TIEPIDO AL GIUDIZIO UNIVERSALE
Dobbiamo stassera fare una considerazione molto grave, e cioè abbiamo da parlare del religioso negligente al giorno del giudizio.
Questi Esercizi in generale sono molto ben sviluppati nel PINCELLI; ed è bene che ognuno lo segua come testo, perché più si seguono i testi e più si impara. Non vi farò altro che la meditazione stessa che vi è là.
Come si troverà il religioso tiepido nel giorno della risurrezione finale. - Nello svolgersi del giudizio. - E quale sentenza avrà. - Ecco i tre punti.
I. - Passa la vita e ognuno fa la sua
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prova. Per ciascheduno di noi è fissato dalla Divina Misericordia un certo tempo di grazie: e queste grazie sono la salute, sono i doni di intelligenza, sono i doni di cuore, sono i doni spirituali, soprannaturali, le grazie di illustrazione, ecc. Ciascheduno ha i suoi doni, e deve trafficare i suoi talenti e poi un giorno darne ragione. Verrà la morte e il corpo discenderà nel sepolcro e l'anima andrà al premio o alla pena che si è meritata. Altri uomini, altre generazioni passeranno per la prova sulla terra. A ciascheduno sembra già una gran cosa questo mondo: così sembrava ai primi uomini, agli uomini che si sono succeduti nei seimila anni di storia umana, e così sembra anche a noi; ma ciò che è veramente molto è l'eternità, che è il tutto: il resto, la vita presente, è un brevissimo tempo: «tempus breve est» (1 Cor 7,29). Passeranno altri uomini a far la prova, verrà finalmente ad essere completo il numero degli eletti in Cielo. Iddio avrà messo sulla terra tanti uomini, quanti credeva necessari per compiere il numero degli eletti, scartando tutti quelli che si sarebbero resi infedeli e facendo la prova con altri ed altri, per compiere
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assolutamente il numero degli eletti: poiché la sua volontà è onnipotente. Con pazienza aspetta, «attingens a fine usque ad finem, fortiter» (Sap 8,1), ma Egli infine raggiungerà il suo scopo. Vi saranno i dannati che non raggiungeranno la felicità. Il danno a far male è solo nostro.
Compito il numero degli eletti, ecco che verrà la fine del mondo. Il mondo attuale verrà rinnovato, perché il mondo vecchio verrà distrutto e rinnovellato. Il fuoco, il tuono, il lampo, il terremoto verranno a mettere lo sconquasso, perché cadranno dai cieli gli astri, si oscurerà il sole, e tutto assieme questo mondo andrà in sconquasso, in rovina: tutta la terra sarà un gran cimitero. Verranno gli Angeli dal Cielo e intimeranno agli uomini di risorgere. Ed ecco venire fuori dal suo sepolcro quel corpo del religioso infedele alla propria vocazione; ed ecco sbucare dall'inferno la sua anima, l'anima di quel religioso infedele alla propria vocazione. Uno dal sepolcro e l'altro dall'inferno per ricongiungersi come due compagni, di delitto, i quali saranno compagni nel carcere non a vita, ma per l'eternità!
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Oh! immaginate due compagni che sono presi assieme e accompagnati dai gendarmi, dai carabinieri al giudice, a cui tutto è noto, e innanzi a cui sono chiare le prove della verità: camminano a capo chino, dolenti, vanno tirandosi il cappello sugli occhi per non essere riconosciuti...
Guardate quel corpo che esce dal sepolcro: doveva essere sacro come Iddio e invece è lordo come una carogna! Doveva essere ornato di gemme per la sua povertà, e invece è coperto di immondezze e vestito di stracci, per il suo spirito contrario alla povertà! Doveva essere un corpo bellissimo e invece è tutto brutto! Doveva essere tutto splendido, sottile, agile, lucente più del sole, immortale, impassibile: invece vedete un acciacco, un cancro per senso che lo tormentano: gli occhi e la bocca e il cuore e il tatto portano impressi i marchi dei suoi peccati, una storia di delitti, di infingardaggini per avviluppare e coprire... Camminava un giorno rispettato e lo chiamavano «reverendo»; camminava un giorno per la città e si faceva cedere il posto per il suo abito sacro; tutti guardando in lui, riconoscevano un'anima di Dio, consacrata al servizio di Dio.
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Ma sotto quell'abito c'era tutt'altro che Iddio, ma dietro quel nome di «reverendo», sarebbe stato meglio metterne un altro: «abbominevole», cioè «sepolcro imbiancato», che si lava l'esterno e dentro invece è putredine e sangue corrotto. Ed ecco come uscirà incontro alla sua anima nella tomba.
Ma e l'anima? L'anima anch'essa procede vergognosa: non la distinguete dai demoni che l'accompagnano, perché è loro compagna nella iniquità! Ecco: si uniscono: e immaginate due cani mastini furibondi l'un contro l'altro, che vengono ad essere rinchiusi e uniti nella stessa gabbia e si mordono incessantemente. Perché il corpo si avventerà contro l'anima e dirà: Maledetta! toccava a te che avevi la ragione guidar bene, tu che sapevi, per fede, dove andavano a finire certi desideri! Corpo maledetto, dirà l'anima, per contentare te ho rovinato me e te. È giusto che tu, che ricevevi tante soddisfazioni, scenda anche con me nell'inferno. Vieni! Poveri compagni di sventura e di carcere eterno!
Ah, l'amore al proprio corpo nel farlo lavorare, nel negargli le soddisfazioni, nell'indurlo alla preghiera, alla penitenza,
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nel farlo servire unicamente agli studi, alla meditazione, ai canti sacri, alla carità e alla pazienza e all'adempimento incessante dei propri doveri!... Quando un corpo è così, come entra glorioso in cielo! E invece colui il quale salva la sua anima per il suo corpo, per la sua vita, per il suo amor proprio, in una parola «odit animam suam» (Gv 12, 25): la odia in realtà. Perché soddisfa gli occhi, e li condanna a quel fumo, a quel fuoco eterno; soddisfa la gola e avrà una fame ed una sete insaziabile; soddisfa il tatto e tutto attorno sarà come un ammasso di vipere che lo pungeranno e lo morderanno; soddisfa il cuore e sarà immerso in una fornace di fuoco... Poveretto quel cuore!
L'amor vero al corpo è tutt'altro. Chi odia se stesso, salva la sua vita e la sua anima, e li castiga: e perciò San Paolo energicamente si esprime: «Castigo corpus meum et in servitutem redigo, ne forte cum aliis praedicaverim, ipse reprobus efficiar» (1 Cor 9,27).
Pochi anni, figliuoli, abbiamo da battagliare sulla terra in questa milizia e dopo un'eternità beata! Beato chi si salva
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perdendo la sua anima, perché chi perde la sua vita, l'avrà acquistata.
II. - Veniamo al secondo punto: lo sviluppo del giudizio. Sulla terra il Signore aveva preso quest'anima e l'aveva messa sopra il presbitero, dinanzi alla moltitudine: l'aveva elevata, come in un posto di privilegio, alla destra: nella Chiesa di Dio ha un posto d'onore il religioso. Ed ecco laggiù, al giudizio, vien fatta la divisione. Poveretto! Quell'infedele alla sua vocazione è cacciato alla sinistra! Perché non importa che due confratelli siano stati nello stesso banco a pregare, nello stesso banco in studio e siano stati assieme molti anni negli stessi uffici: «Unus assumetur et alter relinquetur» (Lc 17,34). E sarà separato il padre dal figlio, il fratello dal fratello. Sulla terra il religioso infedele e il religioso fedele appena appena si distinguono; alle volte si distinguono anche con molta chiarezza, ma il più delle volte appena si distinguono. Ah, ma nell'eternità non è più così: uno alla destra e uno alla sinistra! «Exibunt Angeli et separabunt malos de medio justorum» (Mt 13,49): il grano dalla paglia.
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Poi verrà Nostro Signore Gesù Cristo, preceduto dagli Angeli che porteranno i segni della passione: la corona di spine, i flagelli, i chiodi, la lancia, la croce. Ma che urla manderà quel religioso! che urla di disperazione quel religioso infedele! Ecco là gli strumenti della sua salvezza! E furono infatti la croce e le piaghe di Gesù e la corona di spine e il suo Cuore trafitto, la speranza e i meriti del religioso fedele. Ma, notiamolo bene, lo stesso Gesù è salvezza per gli uni e rovina per gli altri: «Positus est hic in ruinam et in resurrestionem multorum» (Lc 2,34): sentenza terribile per i cattivi e salvezza per i buoni. Giuda era con Giovanni, ma Giuda è perduto, e Giovanni è santo, è il discepolo dell'amore!
Questo religioso che faceva tanta bella figura, confinato là alla sinistra coi demoni, coi ladri, cogli omicidi, coi sacrileghi, coi disonesti, con tutto ciò che ha di male la povera umanità! Pien di vergogna griderà: «Cadite montes super nos et operite nos» (Lc 23,30). Questo Gesù, tradito da questo religioso, che viene a vendicare il proprio onore, a vendicare e punire tante Comunioni sacrileghe,
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tanti atti disonesti, tanti sentimentacci, tante invidie, tante tergiversazioni... È scoperto il suo male di fronte a tutti, e non potrà sfuggire la sua vergogna, ma subirla!
Oh, figliuoli! Pensiamo a queste due massime: «Chi si esamina, non sarà esaminato e chi si condanna, non sarà condannato» (Lc 6,37). Fosti infedele alla tua vocazione? Condannati da te, risorgi: non sarai più condannato da Gesù Cristo. Hai timore che in quel giorno si scoprano macchie, infedeltà, peccati? Esamina te stesso: se ti condanni non sarai condannato!
E andiamo innanzi ancora: si manifestano le coscienze: «Illuminabit abscondita tenebrarum et manifestabit consilia cordium» (1 Cor 4,5): ecco: i consigli più segreti del cuore, le tenebre dell'anima saranno manifestate. Il religioso fedele apparirà splendido innanzi agli uomini, rivestito di un corpo glorioso, di abiti splendidi, con una stola magnifica di gloria. Ora si rivelano tutte le sue opere occulte: Comunioni, sacrifici, tentazioni vinte, spirito di povertà, obbedienza: tutto risplenderà. «Franciscus pauper et humilis, dives in caelum ingreditur».
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Che splendore! Ma la nostra meditazione è fissa sul religioso infedele: quante cose verranno fuori: «manifestabit consilia cordium»!
Si aprirà il libro della vita: dai sette ai venticinque anni la sua storia è una storia di fantasie, di sentimentalità, di cose umane, se non vogliamo dire di odio e di invidie, di gelosie e di false intenzioni, di mire storte, di infingimenti, di impurità. Speriamo di no questo, ma ricordiamoci che parliamo del religioso infedele, non del religioso fervoroso. Che storia sinistra vi è in quei libri! Sulla terra passa a fronte alta, disprezza i buoni, si crede furbo perché ha nascosto e coperto, va continuamente ordendo e nascondendo... Poveretto! E si crede sapiente!
«Nos insensati!...» diranno infine costoro: «erravimus a via veritatis, et iustitiae lumen non luxit nobis» (Sap 5,4.6). Eh, certe intenzioni, certi sentimenti! Se ci prendessero la fotografia dell'anima e del cuore e poi ce la pubblicassero sui giornali o davanti alla distesa di cinquanta persone, quanto ci farebbe arrossire, fuggire, cercare un nascondiglio! Ma che dire poi quando non saranno cinquanta
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persone, o cinquanta milioni di persone, ma tutti gli uomini! E proprio il Confessore che ti ha sentito e a cui hai nascosto; e proprio il compagno che ti stava vicino e a cui hai invidiato; e proprio tuo padre e tua madre a cui comparivi un angelo; e proprio quel mondo che credeva di doverti fare riverenza e si raccomandava alle tue preghiere... Ti sei assunto dei pesi, ti sei usurpato degli onori che non avevi, una stima che non ti spettava e non sei mai entrato in te stesso a pianger una volta e a dire: «Ah, se mi conoscessi!». E ti conoscevamo, figliuolo, ti conoscevamo!
«Ostendam gentibus nuditatem tuam»; (Na 3,5): ti getterò sulla faccia tutto e mostrerò agli uomini le tue cose più occulte. «Tu fecisti in occulto» (Sal 138,15); «ego palam loquar». Vedi un po' i Sacramenti che hai ricevuto tante volte con l'abito bianco e le mani giunte! Dimmi un poco, se toccava a te quel posto elevato presso Gesù, sull'Altare, o se non toccava a te il nascondimento, l'angolo ultimo della Chiesa, il luogo del pubblicano, dove avresti trovato la salvezza dicendo: «Deus, propitius esto mihi peccatori» (Lc. 18,13). Quella vecchia,
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quell'uomo che sta tremando all'ultimo posto e si accusa anche se non dice «mea culpa»..., e tu, alto ed elevato in onore e dignità, tu rappresentavi Iddio! Eh, via! È finita la scena del mondo, il teatro, dove magari la Madonna e San Giuseppe erano cacciati in una stalla e Gesù messo in una greppia, e Nerone ed Augusto abitavano case che si chiamavano le case d'oro. Ma è così? Sarà sempre così? Finirà questa scena, dove uno è chiamato con onori, e ad essere il primo, ed è chiamato il primo magari. Eh, finisce questa scena! Viene la verità e si avrà il posto secondo il proprio lavoro: «Unusquisque propriam mercedem accipiet secundum suum laborem» (1 Cor 3,8).
III. - E andiamo ancora innanzi al terzo punto: viene la sentenza. Mettiamocelo bene in mente: questo religioso era stato chiamato da in mezzo ai cristiani, elevato ad una dignità, ad un posto altissimo, tanto più se anche era Sacerdote. Questo religioso avrebbe dovuto sedere giudice: «Vos qui reliquistis omnia et secuti estis me... sedebitis et vos super sedes duodecim, iudicantes duodecim tribus
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Israel, et centuplum accipietis, et vitam aeternam possidebitis» (Mt 19,28-29).
La sua carriera nei consigli evangelici, avrebbe dovuto rispondere ai primi posti del cielo, doveva essere questo religioso principe della patria celeste. E invece? Che infelicità! Dove è messo! dove è cacciato! La sentenza è chiara: «Discedite a me, maledicti, in ignem aeternum» (Mt 25,41); lontani da me, nel fuoco eterno, preparato per i demoni e per i suoi angeli: andatevene e definitivamente; non potete più ottenere perdono: siete macchiati, sporchi! Avevate tanto tempo per pentirvi, non l'avete fatto. Ora andate! Dirà infatti Gesù alle cinque vergini stolte: «Nescio vos» (Mt 25,12-13): andatevene!... Dovevate stare preparate, perché non sapete né il giorno, né l'ora. E notiamo che erano cinque vergini, cioè religiosi. Non si parla di persone cattive, ma si parla di noi in quel tratto. Andatevene: «Nescio vos»!
E dove andare? Non nel vostro posto preparato fra i beati del cielo, ma nel fuoco eterno! Fuoco sarà l'abitazione di questo religioso, destinato ad ascendere
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al cielo ed a splendere come una stella delle più fulgenti. «Stella a stella differt in claritate» (1 Cor 15, 41). Preparato per il demonio: il religioso ha avuto una prova simile a quella degli Angeli in cielo. È adorno di tante grazie il religioso: infedeli gli uni, infedele l'altro. Ecco adunque in che condizioni si troverà egli.
Ah! benediciamo la misericordia di Dio se non siamo andati perduti in quel giorno in cui eravamo caduti! «Misericordia Domini quia non sumus consumpti» (Lam 3,22).
Ringraziatelo e lodatelo per tutti i secoli, perché buono è il Signore e grande è la sua misericordia: «Misericordia eius a progenie in progenies» (Lc 1,50). E non vi sentite di doverlo amare di più questo Signore che ci ha riscattati, che ci ha voluto risparmiare i castighi, quando tutte le creature sdegnate e i demoni dell'inferno chiedevano l'anima nostra? Infedele a Dio, ritorna al suo Creatore e al suo amico, violatore delle promesse più sacre fatte nel Battesimo.
E riconoscenza quindi: amarlo molto questo Dio, amarlo non solo perché è il Creatore, perché è il Redentore, ma perché
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è il Dio paziente: pazienta ed aspetta «ad poenitentiam». Fu paziente con noi, e non solo; ma molte volte ci ha perdonati. Perché dobbiamo pur dire che la pazienza di Dio è infinita, ma gli atti della pazienza non sono infiniti con ognuno: per ognuno gli atti sono finiti. Infinita la misericordia, ma finiti gli atti di misericordia con ognuno. Dio è onnipotente, ma le creature hanno un limite.
E quindi mentre che amiamo, temiamo! Temiamo: se alla prima caduta fossi colpito, sorpreso dalla morte? Ti fidi della giovinezza? Eh, non sai che tutto è nelle mani di Dio? E guai se il suo sdegno ti colpisse!
Viviamo sempre con timore pensando così: posso cadere, posso morire in peccato, posso dannarmi! Chi approfitta della misericordia, si pente, merita misericordia; ma chi si abusa della misericordia e continua a peccare... «Maledictus homo qui peccat in spe».
Veniamo ad un serio esame sulla nostra fedeltà, in questi anni, ai santi voti; e chi non si sente, non li rifaccia, chieda consiglio, perché non deve essere un gioco questo di rinnovare i voti e poi continuare a vivere mondanamente: non
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bisogna continuare a vivere sempre vanamente, ambiziosamente, con la propria volontà, divagati: bisogna vigilare. Quando uno fa così, che non dà le forze a Dio, è meglio che si ritiri. Vedete: adesso sono stato a Roma e ne ho fatti ritirare due. Sempre essere ambiziosi e vani, sempre essere con vaneggiamenti e scipitaggini... Datevi alla vita secolare: avrete i fastidi per guadagnarvi il pane e vi passeranno tante leggerezze, e vi salvate. «Utinam frigidus esses» (Ap 3,15). Ma lasciate che questo sia detto così; non che non ce ne sia bisogno, ma ce n'è bisogno per pochi e potrei anche dirlo ad ognuno e glielo direi volentieri, proprio con affetto, se venissero a parlarmi, col desiderio e la speranza serena di vederli sulla buona strada.
Vi ho fatto la considerazione questa sera per mostrarvi la infelice sorte che spetta al religioso alla chiusura del tempo: là non si scherza! Il religioso infedele avrà la sua sentenza! Non si pensi di passare una vita tranquilla, nel soddisfare se stesso portando l'abito religioso, mentre che quest'abito indica mortificazione.
I romani ubriacavano uno schiavo e lo
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mostravano ai loro figliuoli per far veder loro lo stato deplorevole di un uomo in quella condizione e ne prendessero orrore per mai più darsi al vizio. Dice la Scrittura che alla vista dell'uomo cattivo, ma castigato, gli altri devono mettere giudizio.
E noi mettiamoci bene, facciamoci santi! santi religiosi! Che bella gloria vi aspetta, che bel premio vi attende.
Sia lodato Gesù Cristo!
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