Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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II.
I FINI DELLO STATO RELIGIOSO

Abbiamo domandato la grazia di formare la mentalità religiosa, la virtù religiosa, la pietà religiosa. Questa mattina facciamo un passo più innanzi: qualche cosa che ci serva anche per l'esame di coscienza; perché i primi giorni degli Esercizi sono anche destinati all'esame di coscienza. Difatti la prima parte degli Esercizi si chiama via purgativa: cioè è quel tempo che viene destinato a prepararci alla Confessione, non solo quanto ad avere il dolore, ma anche quanto a distaccare il cuore da tutto ciò che possa dispiacere a Nostro Signore. Dobbiamo entrare in noi stessi e vedere se qualche cosa dei sette vizi capitali ha le radici in noi; se noi li abbiamo già tolti molto, se li abbiamo ridotti
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questi difetti, questi vizi capitali all'impotenza, cioè a non nuocere più e se ci lasciano il cammino sciolto e libero nella via di Dio. Anzi le passioni per noi dovrebbero mutarsi in forze per maggior santificazione, per maggior pratica della virtù.
E venendo quindi a qualche cosa che ci aiuti a fare l'esame di coscienza, noi ci interrogheremo: qual fine ebbe Gesù nell'istituire lo Stato Religioso. - Quale fine ha la Chiesa nel guidare lo Stato Religioso nella sua legislazione canonica. - Quale fine ci siamo proposti noi nell'abbracciare lo Stato Religioso.
È molto chiaro quindi: il fine di Gesù, il fine della Chiesa, il fine nostro.
I. - Gesù ha istituito lo Stato Religioso come ha istituito i Sacramenti, come ha istituito la Chiesa, come ha fatto tante altre istituzioni a favore degli uomini per condurli alla salvezza eterna, condurli sulla strada del cielo.
Quale fine ebbe Gesù nell'istituire lo Stato Religioso? - Il fine di Gesù nell'istituire lo Stato Religioso fu duplice, e cioè: dare la maggior gloria a Dio Padre, procurare alle anime la maggior pace,
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cioè il maggior merito, la maggior grazia.
a) Lo Stato Religioso infatti dà a Dio la maggior gloria. Iddio ha in cielo un coro di anime e di Angeli, i quali continuamente lo lodano. Gli uomini sulla terra non possono fare continui atti di religione, la maggior parte non possono continuamente dare a Dio il culto di religione. E allora Nostro Signore Gesù Cristo, come aveva messo da parte la tribù di Levi, perché questa tribù fosse specialmente consacrata al suo servizio, così mise da parte un'eletta schiera di anime, la quale facesse nella sua vita atti religiosi, e cioè fosse come un coro continuo sulla terra che corrispondesse al coro del cielo. E questo coro continuo di anime religiose, tutto quel che fanno è atto di religione: si chiamano appunto religiosi per questo. Difatti la religione ha diversi gradi: vi è la religione naturale, vi è la religione cristiana, vi è la religione comune dei cristiani, e vi è la religione speciale dei religiosi. E perché i religiosi si chiamano così? Non sono anche gli altri uomini religiosi e non hanno anche gli altri la religione? Ma gli altri fanno atti di religione, il religioso, invece, fa una vita di religione,
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cioè una continuità. Come un candeliere che potrebbe servire ad illuminare degli uomini in una stanza e qualche volta viene portato anche sull'altare, così i cristiani ordinariamente attendono alle loro cose umane, e i religiosi invece sono come candelieri sempre sull'altare, consacrati al servizio dell'altare, dati al Signore: essi non si possono sottrarre e sempre onorano con la loro presenza, e sempre sono accesi davanti al Signore. E così per i religiosi, dopo che sono entrati nello stato religioso, tutti i servizi, tutte le occupazioni della giornata, anche le più materiali, sono atti di religione: perché il frutto è della natura della pianta, e tutto ciò che ha il religioso è al servizio di Dio. Ecco perché i religiosi sono come un coro continuo che incessantemente dà lode e glorifica il Signore sulla terra, come gli Angeli lo glorificano in cielo.
E quale lode dànno a Dio? la lode più pura, la lode più santa, la lode più bella. La lode più pura, perché il loro cuore non è diviso: è tutto e solo di Dio; la lode più santa, perché loro di volontà hanno niente e tutta la loro volontà è di Dio; la lode più bella, perché gli dànno
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un culto totale: i beni esterni con la offerta del voto di povertà, i beni del corpo con l'offerta del voto di castità, i beni spirituali, cioè la libertà con l'offerta del voto di obbedienza, e tutto questo in una vita comune.
E perciò ecco che ognuno è persuaso che il religioso è più accetto a Dio, è un fiore tutto fragrante, il cui profumo va fino all'altare del Signore. I suoi pensieri, il sonno e il vitto, il riposo, le occupazioni, le preghiere, il lavoro... tutto è al servizio di Dio: egli è un consacrato, un oblato, un offerto. E difatti si toglie il religioso dal mondo, entra nella Casa Religiosa, e la Casa stessa è consacrata, e il rubarla è un peccato speciale. Chi batte il religioso ha delle pene particolari nella Chiesa, perché è persona sacra, è tutto consacrato a Dio, è tutto religioso, e offende direttamente Dio chi batte il religioso.
E non solo: ma se noi andiamo più avanti, il religioso fa doppio peccato, quando pecca. E perché? Perché oltre al peccato degli uomini comuni, fa qualche cosa di particolare, di turpe, di cattivo, di malizioso; e questo perché si serve di quello che è stato consacrato a Dio per fine cattivo.
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Di conseguenza cosa abbiamo? Di conseguenza noi abbiamo che il religioso dà la maggior gloria a Dio.
b) Gesù Cristo istituì lo Stato Religioso per maggior grazia a certe anime. Oh! vi sono certe anime che Gesù ama! Andate a domandare il perché: a noi non è lecito sapere perché il Signore abbia voluto distribuire così i suoi doni. Agli altri ha dato questi, ad altri quelli: Egli è il vero padrone. «Non hai avuto tu quello che era pattuito? Non offenderti se io ho voluto essere più largo con altri» (Mt 20,13-15). Tutti gli uomini hanno doni naturali, ma al religioso il Signore ha dato in sovrabbondanza: grazie interiori, lumi, principi speciali di fede, virtù speciali, movimenti del cuore, spirito di fervore, coltura, esercizi di pietà:... «Vos qui secuti estis me... centuplum accipietis...» (Mt 19,28-29). Ecco: il centuplo di grazie interiori. Perché difatti il religioso ha doni di natura: deve aver una sufficiente intelligenza per poter fare i voti, deve avere delle illustrazioni speciali; ha doni di cuore: deve essere un bel carattere il religioso; ha doni di salute, ha doni di grazia: ebbe maggiore infusione di grazia
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nel Battesimo e nella Cresima, sente di più l'odio al peccato, il timore del peccato e vuole fuggire il mondo e ritirarsi per non commetterlo, sente di più l'amore a Dio e vuole attaccarsi a Lui e consacrarsi tutto a Lui. Cosicché Gesù Cristo ebbe per fine di santificare maggiormente delle anime per cui riservò dei segreti, i segreti del suo Cuore, cioè i Consigli.
II. - Quale fine ebbe la Chiesa nel curare lo Stato Religioso? - Noi sappiamo che lo Stato religioso ha una storia propria. La storia dello Stato religioso ha poi vari punti che formano come tante tappe o nodi della storia. Quali sono? Sant'Antonio, San Basilio, Sant'Agostino, San Benedetto, gli Ordini Mendicanti, San Francesco d'Assisi, il periodo dei Chierici Regolari, il periodo delle Congregazioni religiose formano come tante tappe dello stato religioso. E la Chiesa è andata sempre meglio perfezionando ed elaborando la legislazione, affinché assicurasse meglio il fine che il religioso si propone e che Gesù Cristo si è proposto nell'istituirlo. Come la Chiesa ebbe costante cura dei Sacramenti, della Messa, - e vedete
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che legislazione nella Messa, che legislazione liturgica, morale canonica -, così ebbe cura specialissima dello Stato Religioso e ha fatto una legislazione propria, morale, canonica, liturgica attorno allo Stato Religioso.
Quale fine ebbe la Chiesa? Il fine della Chiesa è duplice: primo: è il fine che riguarda i religiosi stessi, e l'altro è il fine di apostolato che riguarda le anime in generale.
Il fine che riguarda i religiosi stessi è anch'esso duplice, e cioè: la Chiesa ebbe mira di aprire degli asili all'innocenza e di stabilire delle case di penitenza: ecco perché vi sono le Case Religiose.
a) Asili di innocenza. Quante anime nel mondo sentono i pericoli: si sta troppo male in questo mondo, viviamo in continuo pericolo, non si può più uscire di casa. Ed ecco che a quelle anime che sono tentate e che sentono anche il pericolo di offendere il Signore, il Signore fa sentire alla sua voce: «Egredere de terra tua et de domo patris tui et de cognatione tua et veni in terram quam monstrabo tibi» (Gn 12,1). Eh, sì, sì! Forse voi lo sentite parzialmente questo; ma vedete:
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l'Istituto Religioso è apposta per premunirvi dai pericoli, e perciò quelli che hanno lo spirito religioso non solo sono usciti dal mondo, ma hanno timore di accostarsi al mondo, han timore persino delle vacanze, han timore persino di prolungare troppo la portieria, han timore di mettersi fra le mani certi libri che sanno di mondo, persino i libri scolastici, persino i divertimenti...; del modo di diportarsi nelle relazioni stesse vicendevoli hanno timore, e sono come avvolti in un'atmosfera di spiritualità: e bisogna rompere l'orario, bisogna rompere la regola per trovarsi a contatto con i pericoli del mondo.
b) Case di penitenza. Quante anime, come San2 Francesco d'Assisi, sono andate a rinchiudersi rinunziando alla loro volontà, rinunziando ai propri sensi, mettendo da parte i loro averi, per essere interamente di Dio! E lo Stato Religioso e uno Stato di penitenza: si sono chiusi nel convento per darsi ad una vita più penitente di mortificazione. Oh! San Giovanni della Croce! Oh, i Serviti, i Passionisti, i Frati Francescani! Cosa vi dice il P. Cristoforo? Quello che racconta il Manzoni è una cosa esteriore, è un delitto
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comune esteriore, non è vero? Ma quello che egli non racconta è ciò che adombra e cioè che tante anime che dopo aver ceduto alle loro passioni sentono il bisogno di trattare il loro corpo con più severità, e con penitenze e mortificazioni e pianti, nel segreto di una Casa Religiosa, dar soddisfazione a Dio, per le offese che a Dio avevano fatte. Oh, sì! Asili d'innocenza, non solo, ma case di penitenza. E San Stanislao, San Luigi, San Giovanni Berchmans, San Francesco Saverio, Sant'Ignazio, Sant'Alfonso, San Francesco di Assisi, che cosa ci dicono? Essi hanno mirato nello stato religioso o l'asilo dell'innocenza, come Sant'Alfonso, o la casa di penitenza, come San Francesco di Assisi: e così degli altri.
c) Inoltre la Chiesa ebbe di mira di costituire case di formazione di operai evangelici. Vedete i religiosi che opere compiono nella Chiesa! Vi sono mille e seicento Vescovi: e quasi settecento sono religiosi. E quando la Chiesa si trovò in maggiori pericoli, ecco, uscirono dai conventi queste anime tutte di Dio, che non avevano niente da salvare nel mondo che riguardasse il proprio onore o la propria stima o la propria comodità, se stessi,
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ma solo salvare l'onore di Dio, il suo Vangelo. Ed ecco Sant'Atanasio, San Francesco d'Assisi, ecco San Domenico, ecco San Pio V., ecco Sant'Ignazio, ecco Sant'Alfonso... Vedete: fra i settecento Vescovi ve ne sono quasi cinquecento nelle missioni, e sono tutti religiosi: perché là l'esercizio dell'Episcopato non è mica stare in una casa comoda, avere già il beneficio piantato e tutte le parrocchie e tutto avviato, ma richiede una virtù e uno spirito di sacrificio maggiore; là è tutto da fare e quando c'è tutto da fare, ci vuole una virtù maggiore e questa è per i religiosi; per il religioso il quale impianterà tutto, e quando avrà impiantato, dovrà lasciare il campo ai Sacerdoti secolari, perché quando la via è fatta non si tratta che di percorrerla. E così dopo che nelle missioni sia passato il periodo della formazione le Diocesi sono ridotte al governo normale e dalla Congregazione dei Religiosi e di Propaganda Fide passano sotto la Congregazione del Concilio e della Concistoriale, cioè sotto il governo regolare.
Guardate i maggiori dotti che hanno formato la teologia: Sant'Agostino: nella sua casa vi era non solo un Vescovo, ma
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un vero religioso e legislatore di religiosi, e la sua casa era di religiosi. E poi guardate San Bonaventura per la teologia mistica, come Sant'Agostino per la teologia dogmatica. Guardate San Giovanni Damasceno, guardate Sant'Alberto Magno, guardate San Tommaso d'Aquino, guardate San Bernardo, guardate Sant'Alfonso, guardate San Gregorio Magno, padre della teologia pastorale. E perché? Perché i religiosi sono più raccolti, approfondiscono e formano il nerbo e la sostanza dei trattati che poi vengono diffusi e studiati in mezzo al clero e dal clero stesso. E non solo questo; ma nessuno può essere più ardente missionario del religioso, perché ci vogliono virtù maggiori nelle missioni e la Chiesa affida appunto ai religiosi le opere più grandi.
Bisogna dunque che noi consideriamo questo: che la Chiesa ebbe di mira di dare, con lo stato religioso, non solo dei buoni operai per la vigna di Dio, ma operai pieni di virtù e di scienza: la vita religiosa è per maggior virtù e per maggior scienza.
III. - Qual è il fine, in terzo luogo, che ci siamo proposti noi nell'abbracciare
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la vita religiosa? - Ricordate perché avete fatti i primi voti, i santi propositi che vi hanno portati a questo fine. Cosa volevate voi? «Bernarde, ad quid venisti?». Così si interrogava spesso quel santo religioso: perché ti sei dato alla vita religiosa, perché? E noi abbiamo riflettuto al perché, non è vero? E ci siamo dati alla vita religiosa coscienziosamente, perché come stato di perfezione vi è maggior preparazione e perciò si fa il Noviziato, e si fanno poi i voti annuali, a fine di far sempre prove se si resiste a questa vita.
Ma quale fu il fine che ci siamo proposti? Io sono persuaso che ognuno di voi ha avuto questo fine: farmi più santo, amare di più il Signore. Non è questo? Vi è mica nessuno che sia entrato nello stato religioso solo per compiere i suoi studi, e non soltanto come mezzo per arrivare al sacerdozio: bisogna prima che tu sia religioso, e poi ti farai sacerdote: tanto è vero che non si può ricevere il Suddiaconato nello Stato religioso se non si è già legati coi voti perpetui: prima di tutto dobbiamo proporci di raggiungere quella santità speciale, la quale è per la vita religiosa.
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Ecco dunque: tu ti volevi far santo, e più santo: hai sentito l'invito: «Si vis perfectus esse» (Mt 19,21), e, migliore di quel giovanetto evangelico, tu hai risposto: «Sì, o Signore, voglio essere perfetto: «Reliquimus omnia et secuti sumus te» (Mt 19,27). Ebbene, vieni ora a esaminarti: sei tu perfetto? Sei santo? Quante volte si lascia il mondo da una parte e poi si riprende dall'altra: si invidiano i mondani attraverso i muri dello Stato Religioso e si guarda con invidia dalla finestra... voglio dire, si guarda con una certa invidia al mondo, pensando a casa, pensando che ci si priva di certi divertimenti, di certe libertà... E non avviene proprio così? che tante volte, lasciato il mondo, lo si riprende, e se già lo si è lasciato materialmente, non si è lasciato però col cuore? È necessario che noi lo lasciamo interamente e cordialmente e costantemente, se vogliamo che davvero possiamo guadagnare i meriti che ci siamo proposti di guadagnare.
Per amare di più il Signore: e lo amiamo di più? Il religioso pone la sua delizia nella meditazione delle cose sacre, trova la sua delizia nel canto delle
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lodi, nelle funzioni sacre. Siamo ancora più profani che sacri? La vera delizia del religioso è lo studio delle cose sante: e la nostra delizia qual è? È utile quindi che noi con gran cuore andiamo riflettendo se amiamo sempre più il Signore. Qual è la delizia tua? Certuni trovano persino odioso andare vicino a Dio in Chiesa: vedete quanto si allontanano dall'Altare e stentano persino a mettersi il rocchetto addosso, a seguire le sacre funzioni... Eh, chi ha cuore per il Signore! Ma se voi non amate il Signore, che cosa ne verrà? Ne verrà che invidierete i mondani. Sentite il programma del Beato Cafasso, quando parlò a Don Bosco. Don Bosco era piccolino ed era sulla piazza: si faceva la festa della pignatta al paese, ed egli saltava sulla corda; e vide quel chierichetto, il Beato Cafasso, piccolo e gobbo che stava là, contro la Chiesa, aspettando che fossero aperte le porte. «Venga abatino a vedere i nostri giuochi; ci divertiamo un mondo», diceva ingenuamente D. Boschino, che allora era piccolo. «O caro figliuolo, vedi, dopo che abbiamo abbracciato questo stato, le nostre delizie sono i canti sacri e le funzioni in Chiesa: lodare il
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Signore, pregare e studiare». Allora era chierico il Beato Cafasso e tracciava così la via e il programma sacerdotale e religioso.
Mi pare quindi che sia molto bene esaminarvi sulla pietà religiosa, perché qui vi è parecchio da migliorare. Chi non assapora la divozione alla Madonna, il canto sacro, lo studio della Teologia e delle cose sacre, cosa volete che sia? «Tu sei Cristiano? No, sei Ciceroniano! Tu sei religioso? No, sei pagano!». Il religioso fervente a uscire fuori sente fatica, ma il religioso che è profano è sempre con la mente e col cuore in giro, ama assai più le notizie, la politica, le divagazioni che non le cose sacre: è religioso con l'abito, ma è profano con la volontà e con il cuore.
E basta.
Tre domande dunque noi stamattina ci siam fatte, e cioè: quale fu il fine di Gesù nell'istituire lo Stato Religioso, qual è il fine della Chiesa nel curarne la perfezione e assicurarne che esso conseguisca tutti i suoi fini, e quale è il fine che ci siamo proposti noi.
Facciamo un gran passo: o essere religiosi
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o niente. «Aut sint, aut non sint», bisogna dire, e cioè: o che sono o che non sono. Vedete: è anche onorevole il mestiere comune degli artigiani, il mestiere comune dei contadini, la professione comune di un medico, di un Sacerdote; ma il religioso che non sia religioso è una cosa che è disonorevole davanti a Dio, piena di pene davanti a se stesso, e anche una contraddizione permanente. E poi chissà che cosa prepara per la chiusura della vita, cioè per il giudizio particolare. Siamo quel che siamo: «Age quod agis» con coraggio! Uno che sia religioso, come diceva il Cottolengo, con tante tare... Cioè se tu pesi quel carro, fa cento chilogrammi, e se poi fai la tara, gliene togli trenta, quaranta... questo religioso che fa qualche cosa da religioso, ma poi ha tante tare... Eh, figliuoli, siamo tutti di un pezzo quel che siamo, con coraggio davanti a tutti. Ecco, non ascoltiamo i consigli e i pareri e i sentimenti di tutti, no, no! Quando io andavo qualche giorno a casa, mia mamma, appena arrivato, mi avvertiva subito: «Io vorrei che stessi due mesi, ma tu quanto ne portano i tuoi doveri, neh! Se portano un quarto d'ora
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stai un quarto d'ora»: ed era così la sua legge. Perché si capisce che nella vita ognuno si assume dei doveri, ma è sempre di grande onore, di grande merito fare i doveri di precetto che ci assumiamo. Ci moriremo sopra, tutti noi, come tutti muoiono; e chi muore vincendo se stesso e le difficoltà, merita una grande lode; ma chi muore vinto, che cosa dire di lui? È un infelice, un vinto nella vita. Siate dei vittoriosi: «Non coronabitur nisi qui legitime certaverit» (2 Tm 2,5). - Io vorrei fare di voi dei religiosi fortissimi, tutti di un pezzo, e desidero o che lo siate o che non lo siate: siate piuttosto un'altra cosa, ma ora che siete religiosi, avanti con coraggio. La pace di Dio sarà con voi e la grazia di Dio sarà nel vostro cuore.
Sia lodato Gesù Cristo!
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2 Don Alberione utilizza frequentemente abbreviazioni come Sac. per Sacerdote; S. per Santo/a, Sacro/a; B. per Beato; Can. per Canonico; ecc. Nella presente edizione si è preferito esplicitare tali abbreviazioni.