Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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III.
IL DOVERE DI ATTENDERE ALLA PERFEZIONE

L'esame di coscienza si rivolge in questo corso di Esercizi specialmente alla pratica della vita religiosa, cioè sopra la mentalità religiosa, sopra le virtù religiose, sopra la pietà religiosa. E così il lavoro successivo, il programma di lavoro o i propositi, se così vogliamo dire, per il corso dell'anno che deve venire, devono riguardare particolarmente queste tre parti che costituiscono la vita religiosa. Ma noi dobbiamo fermarci sopra tutto su quello che è essenziale nella vita religiosa, affinché possiamo progredire nelle cose che riguardano lo spirito.
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Quali sono i doveri essenziali della vita religiosa? I doveri della vita religiosa si possono ridurre tutti ad uno, che forma come l'essenza della vita religiosa stessa, la base, il motivo dell'istituzione: attendere alla perfezione. Tutto infatti si riduce qui: alla maggior perfezione. Vediamo in che cosa consista questa perfezione, quali sono i mezzi per raggiungere questa perfezione e come sarà la pratica del lavoro in questa perfezione.
I. - Prima di tutto, ho detto, in che cosa consista la perfezione religiosa. La perfezione religiosa è il lavoro di santificazione, anzi la santificazione stessa con la pratica, oltre che dei santi Comandamenti, dei Consigli Evangelici, nella vita comune, a cui si riduce proprio la essenza della vita religiosa. Infatti Nostro Signore istituì la vita religiosa per questo: quando interrogò quel giovanetto gli disse: «Se vuoi essere perfetto, va, vendi quello che hai, dallo ai poveri... e poi vieni e seguimi» (Mt 19,21). Vieni e seguirmi, ecco.
Scegliere lo Stato religioso che significa? Significa scegliere il mestiere della perfezione. Il religioso deve attendere alla
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propria santificazione come il Sacerdote deve attendere specialmente alla salvezza delle anime: cosicché il proprio mestiere, il proprio ufficio, il compito che ha sulla terra è precisamente questo: di santificarsi. Infatti uno può dire: sì, vorrei farmi Sacerdote; ma nella vita religiosa si dice una cosa sola, ed è questa la cosa che si dice sempre e costantemente: attendere alla propria santificazione. Vedete: quando si ha da avviarsi allo Stato Religioso la prima cosa in mente non deve essere: io voglio farmi Sacerdote, io voglio andare nelle Missioni, io voglio darmi alla stampa... ma deve essere questo: io voglio farmi santo, io voglio santificare l'anima mia. Le occupazioni poi ve le assegneranno.
Secondo il Diritto Canonico, qual è il fine primario dello Stato Religioso? Il fine primario dello Stato Religioso è questo: che i membri possano attendere alla propria santificazione nella vita comune, secondo i Consigli Evangelici: questo basta a costituire la essenza dello Stato Religioso. Quanto poi al lavoro di Apostolato, appartiene al fine secondario, non al principale; tanto che per un Istituto può essere le Missioni, per un altro la predicazione,
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per un altro gli studi, per un altro ancora l'educazione della gioventù, per un altro la stampa, ecc.; ma attendere alla propria santificazione è di essenza, è per tutti, e senza di essa è ben difficile, è un assurdo anzi, la vita religiosa, mentre che con questo desiderio e con questo sforzo si ha già la vita religiosa. Dite: quante sono le Suore le quali attendono nella clausura alla propria santificazione e ne fanno il voto e non hanno nessun apostolato fuori che quello dei patimenti e della preghiera che abbiamo tutti? Eppure sono religiose? Sì, che sono religiose; e perché? Perché è l'attendere alla propria santificazione che costituisce l'essenza della vita religiosa. Quanti giovani laici entrano nella vita religiosa: e sono religiosi? Sì! E avranno il premio? Sì!
Quest'anno abbiamo veduto salire agli onori degli altari religiosi i quali non erano Sacerdoti. Ebbene, che cosa significa questo? Significa che la vita religiosa si dà anche senza essere Sacerdoti, si dà anche senza apostolato, ma non si dà senza questo sforzo, senza questo impegno per la propria santificazione. In principio delle Istituzioni religiose, i primi
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religiosi, i Benedettini, i Francescani, i Camilliani, avevano su cento almeno novantacinque laici; i Fratelli delle Scuole Cristiane sono 20.000, ma han nessun Sacerdote: hanno trecentomila scolari nel complesso. Ebbene la vita di costoro è vera vita religiosa? Sì! Il centro della vita religiosa è attendere alla propria santificazione con l'osservanza dei Consigli nella vita comune. Gesù quindi fa la domanda: «Si vis perfectus esse»: se vuoi essere santo.
II. Ora: quali sono i mezzi della vita religiosa, cioè i mezzi di santificazione? Vi sono i mezzi generalissimi e i mezzi speciali.
1° I mezzi generalissimi di santificazione sono: la pratica delle virtù cristiane e l'uso della preghiera.
a) La pratica delle virtù, cioè la fede, la speranza, la carità, le virtù cardinali della prudenza, della giustizia, della fortezza, della temperanza. Allorché si ha da canonizzare una persona, si ha da dichiarare uno santo, il processo ordinario ha due parti: l'eroicità delle virtù e la fama dei miracoli. Poi vi sono delle parti secondarie: per esempio del non culto,
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degli scritti...­ Il processo di Pio X è arrivato a queste due parti. - Ma questo processo degli scritti, riguarda solo chi ha scritto, e non tutti, e il processo del non culto alle volte non lo fanno neppure, perché consta già. Ma in sostanza quello che è essenziale è chiedere se hanno esercitato eroicamente le virtù della fede, speranza e carità e le quattro cardinali. Quindi questi sono i mezzi generalissimi per farci santi, comuni a tutti i cristiani. E li deve avere anche il religioso? Sì, come fondamento, come base: di lì poi passerà anche una pratica degli altri ma prima ci vuole questo: passerà poi anche alla pratica delle virtù che sono di consiglio, ma prima ci vogliono queste. Molta fede: eroismo nella fede; molta speranza: eroismo nella speranza; molta carità: eroismo nella carità verso Dio e verso gli uomini; molta giustizia: eroismo nella giustizia; molta fortezza: eroismo nella fortezza; e così dite delle altre due virtù cardinali.
Questi sono i mezzi generalissimi su cui vi esaminerete, perché bisognerebbe costituire il nerbo della santità, la forza della santità. Che cosa vale mai che uno
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abbia qualche sospiro, qualche momento, abbia certi desideri... Ci vogliono le virtù, e le virtù essenziali! La santità non consiste mica nel desiderare di fare questa o quell'altra piccola cosa, ma la santità ha dei punti che sono veramente essenziali: e tra i punti veramente essenziali abbiamo la pratica delle virtù teologali e la pratica delle virtù cardinali.
b) Secondo mezzo generalissimo è la preghiera, particolarmente l'uso dei SS. Sacramenti. Attendiamo davvero ai Sacramenti e bene, e cioè: buone Confessioni: quando si sfugge la Confessione, non è attendere alla propria santificazione. La pratica dei Sacramenti: e cioè voglio dire la Comunione, la Visita, l'esame di coscienza.
2° Oltre ai mezzi generalissimi vi sono i mezzi speciali della vita religiosa. Quali sono i mezzi speciali della vita religiosa? Sono l'osservanza dei tre voti e la pratica della vita comune.
a) L'osservanza dei tre voti consiste, come già sapete, nell'obbedienza perfetta, nella castità perfetta, nella povertà perfetta. Il religioso è vincolato prima di tutto dai voti con cui tutto dà a Dio, e tutto gli offre con generosità: volontà,
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corpo, beni esterni: tutto quanto dà al Signore e lo dà con grande generosità.
b) Inoltre la vita comune: la vita comune la quale è la pratica dell'obbedienza. Quanto esercizio richiede! esercizio continuato di ogni sorta di virtù!
Per conseguenza ecco i mezzi speciali della vita religiosa. Non vi è paragone tra i mezzi di santificazione che ha un Sacerdote ordinario e un Sacerdote religioso: molto di più dà il Signore a noi. Ricordiamoci bene che chi ha ricevuto cinque, deve dare cinque, chi ha ricevuto due, deve dare due: «Ecce, alia quinque superlucratus sum; ecce duo tradidisti mihi, alia duo superlucratus sum» (Mt 25,20-22). Ma se avessimo ricevuto anche soltanto uno, e non avessimo trafficato questo talento, oh, allora! avremo un giudizio ben severo! Oh, amiamo il Signore! Ricordiamoci che andiamo verso l'eternità: tutto questo è un momento, è una prova! Che cosa vi sembra? Non vi pare che sia stata breve la prova di Adamo? Pochi giorni in quel Paradiso: se rimaneva ancora fedele quell'ora, quella volta, ecco, sarebbero seimila anni che noi vivremmo in grazia, con la sicurezza del Paradiso, e
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la famiglia umana sarebbe fortunata! Così è della vita: brevissima prova, ma dalla vita dipende l'eternità: non seimila anni o seimila secoli o seimila miliardi di secoli, ma l'eternità! È tutto detto. Beati noi, beati noi se pensiamo all'eternità!
3° Infine abbiamo i mezzi specialissimi. I mezzi specialissimi sono quelli che sono dati ad ogni Istituto e formano quel complesso di pratiche, di lavoro, di studi, di tradizioni che vi sono in un Istituto. Da noi, per es., deve predominare assai l'esame di coscienza; un altro gran mezzo che noi abbiamo è la Visita, in cui si concentra l'adorazione, la lettura della Bibbia, l'esame di coscienza, il Rosario, che altrimenti dovrebbero essere sparsi in altro modo. Bisogna dunque vedere di attendere alla nostra santificazione in questa maniera, seguendo la pratica di tutto questo complesso di esercizi di pietà, seguendo tutti quegli studi che sono fissati. Mezzi specialissimi sono poi ancora quelli che vi sono consigliati, le devozioni speciali della Casa, quello che è dato ad ogni religioso, quello che si sente in confessionale, ecc.
Che cosa vuol dire tutto questo? Tutto
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questo significa che noi abbiamo dalla Divina Provvidenza tutto quanto ci è necessario per raggiungere una grande perfezione.
III. - Veniamo a fare alcune applicazioni.
1° Nella nostra mente c'è il vero concetto della vita religiosa, che è un mestiere la perfezione? La professione che facciamo non è altro che la scelta della nostra professione, del nostro lavoro, del nostro mestiere. E come vi è la professione del medico, del maestro, dell'artista, dell'avvocato, così vi è la professione della santificazione: la vita religiosa è vita di santificazione. Anzi nella Chiesa lo Stato Religioso è indissolubile, non verrà mai meno, perché questo stato implica la maggior perfezione: ora siccome una nota della Chiesa è la santità, ecco che bisogna che nella Chiesa esista sempre chi pratica la maggior santità, affinché la Chiesa abbia sempre questa prerogativa; perciò finirà uno stato o un altro, un Ordine o un altro, un istituto o un altro per mancanza di membri o per mancanza di spirito religioso, ma non perirà, non verrà mai meno lo Stato Religioso, perché appartiene alla integrità
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della Chiesa ed è la nota esterna, uno dei caratteri principali della sua santità.
Ecco dunque che noi dobbiamo in primissimo luogo guardar quest'opera della nostra santificazione. Abbiamo questo concetto? Vi possono essere tre concetti dello Stato Religioso: il concetto che lo Stato Religioso sia una condizione di tranquillità, oppure che lo Stato Religioso sia uno Stato di sacrificio soltanto, oppure che lo Stato Religioso sia uno Stato di perfezione. Qual è il concetto che abbiamo noi?
2° E noi attendiamo davvero a questa santità? Ma non ad una santità comune, ma a una santità speciale? Guardate che l'attendere ad una santità speciale, porterà molti sacrifici speciali: e noi siamo indifferenti, disposti cioè a questi sacrifici speciali? Chi vuole attendere proprio alla santità, non si immagini che nella santità trovi chi lo riverisca, o chi cerchi di consolarlo. Per attendere alla santità speciale bisogna rassegnarsi ad essere disprezzati dal mondo, perseguitati e male interpretati persino dai confratelli e dagli inferiori, e dai Superiori, contenti solo che sappia Iddio le nostre intenzioni e i nostri desideri.
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C'è in noi questa disposizione? Vogliamo la santità, cioè maggior preghiera, anche con sacrificio, con qualche mortificazione interiore? Ma proprio combattere e averlo sempre lì e prender tutti i giorni per il collo la collera, ad es., e sempre tornarvi sopra... Abbiamo proprio questo: il volere la santità ad ogni costo? Chi vuole farsi santo nella vita religiosa deve dire di no a tante cose: «Mundus gaudebit, vos vero contristabimini» (Gv 16,20). Bisogna che ci rassegniamo allo sforzo, al sacrificio costante di ogni giorno fino alla morte. Sì, fino alla morte. E non disporrò un giorno di una passeggiata per mio conto? No! E non avrò io un ufficio, non potrò aggiustarmi le cose come mi piacciono, e combinare, e studiare, che appariscono così davanti ai Superiori e ottenere le licenze in qualche maniera?... E no! Non si può aspirare ad un ufficio o ad un altro? E no! Bisogna proprio che siamo rassegnati! Diceva stamattina il Brevario nelle lezioni (17 Luglio: Festa di Sant'Alessio Conf.): «Percosso il santo in un guancia, porge l'altra. Ogni volta che è disprezzato, è giocondo, e fa coraggio, ed egli stima fortuna la povertà
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e gode più egli della povertà che gli altri nel possedere le loro ricchezze e i loro cibi e le loro vesti, e i loro palazzi e i loro tappeti, ecc». Abbiamo proprio questo nell'animo, vogliamo proprio davvero farci santi? La volontà si conosce dalla fortezza d'animo, dalla generosità.
3° Fatti religiosi, l'esame di coscienza è, nella vita religiosa, tra i mezzi generalissimi, speciali e specialissimi. Quindi bisogna proprio che noi andiamo ai nostri doveri quotidiani: non basta che ci confessiamo e diciamo: «In questa settimana nella purezza non mi pare di essere caduto...». Ma diciamo invece: «In questa settimana non ho amato il Signore con tutto il cuore...». Ecco, avanti. Non basta dire: «Questa settimana non mi pare di aver disobbedito». Ma: «Questa settimana ho amato la volontà di Dio con tutta l'anima e l'ho cercata con semplicità, e mi sono addestrato con cuore pronto». Non basta dire: «In questa settimana non ho offeso la povertà: non ho dato via niente senza permesso, non ho accettato niente dai parenti, senza il permesso, non ha tenuto nessun soldo, ho tenuto d'acconto...». Ma: «Io in questa
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settimana sono stato generoso: ho fatto, ho procurato e ho contribuito al benessere e allo sviluppo della Congregazione coi mezzi che avevo. E non solo ho fatto questo, ma ho ancora voluto e pregato...». Ecco, avanti!
Figliuoli carissimi! La vita religiosa è la vita della felicità sulla terra: «Centuplum accipietis» (Mt 19,29). Ma si intende sempre vera vita religiosa. La vita religiosa è una garanzia non solo di felicità eterna, ma del miglior posto in Paradiso: «Et habebis thesaurum in caelo» (Mt 19,21); ma esige che sia davvero vita religiosa. Ed essenzialmente ognuno lo sa ed è lui giudice: il mio mestiere, la mia preoccupazione è proprio questa: di farmi santo? Esaminiamoci.
Sia lodato Gesù Cristo!
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