Si domanda:
1. Le nostre case, possono stampare libri in altre tipografie?
Possono acquistare opere scritte da estranei?
Se la Pia Società San Paolo, o una nostra casa, si dedicasse a cercare ed acquistare edizioni scritte da estranei, ne curasse quindi la stampa in tipografie non proprie, o proprie con operai stipendiati, per diffonderle poi a scopo di lucro, eserciterebbe una vera industria lucrativa, proibita dal can. 142.
Che la Pia Società San Paolo faccia stampare
qualche edizione in altre tipografie, non fa sì che la nostra attività diventi industria proibita: purché si faccia in proporzioni minime, da essere in realtà solo parte integrativa della nostra opera, del nostro apostolato.
c) Ugualmente si deve dire nel caso che si tratti di acquistare
qualche edizione scritta da estranei: fermo sempre restando il principio e la regola generale che i membri della Congregazione con la loro opera personale, e non per mezzo di operai stipendiati, devono curare il lavoro di stampa.
d) Perciò il Superiore Generale, salvo lo spirito e la natura della Congregazione e del suo apostolato, tenuto conto delle circostanze di tempo, di luogo, di persone, non solo può permettere che si accettino edizioni scritte da estranei, ma può anche, come opera
integrativa del nostro apostolato, che richiede tanta varietà ed abbondanza di edizioni, promuovere ed organizzare scrittori capaci,, disposti a dare la loro cooperazione, gratuitamente o per un equo compenso: sempre a norma dell'art. 235. Come pure può permettere che, in misura limitata, edizioni nostre si facciano stampare in altre tipografie.
2. La Pia Società San Paolo può assumere
operai stipendiati nelle proprie tipografie?
a) Prima di tutto è necessario rilevare, al riguardo, come sia molto difficile, in pratica, che nelle nostre tipografie si stampino solo edizioni scritte dai membri della Congregazione
b) Posto anche il caso che si stampassero solo edizioni scritte dai religiosi, se in una nostra tipografia si lavorasse esclusivamente o quasi con operai stipendiati è evidente che non si può in alcun modo considerare questa prestazione d'opera come parte integrativa del nostro apostolato, della nostra attività: ma sarebbe invece un'opera principalmente industriale, sia pure a scopo di bene.
c) Non si andrebbe contro i principi e le disposizioni canoniche che proibiscono ai religiosi l'industria lucrativa, se nelle nostre tipografie si ammettesse
qualche operaio, sia pure abitualmente, ma solo per qualche lavoro particolare, come parte integrativa cioè del nostro lavoro stesso. Ciò però, nel nostro caso particolare, sia detto solo in teoria.
Le Costituzioni infatti, anche per ragioni particolari ed evidenti, di indole pratica, chiaramente e decisamente stabiliscono: «Societas uti poterit etiam opera laicorum optimae notae, cooperatione, sive gratuito, sive ex aequa mercede praestita, prout necessitas aut utilitas pro rerum adiunctis id suaserit;
non tamen in propriis domibus, nisi exceptionaliter omnino et ad breve tempus, si peculiaria adiuncta vel ipsa natura operis exequendi id requirant».
Quanto a servirsi dell'opera di estranei per la diffusione, si tenga presente l'art. 243.