Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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MEDITAZIONE XIV

Gesù e la preghiera

SACRA SCRITTURA

La preghiera Sacerdotale di Gesù. - Padre è giunta l'ora; glorifica il tuo Figlio, onde anche il tuo Figlio glorifichi te; e come gli hai dato potere su ogni mortale, dagli pure che egli doni la vita eterna a coloro che gli hai affidati. E la vita eterna è questa: che conoscano te, solo vero Dio, e colui che hai mandato; Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra compiendo l'opera che mi hai dato a fare; ed ora, Padre, glorifica me nel tuo cospetto con quella gloria che ebbi presso di te prima che il mondo fosse. Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai affidati nel mondo: erano tuoi e li hai consegnati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora hanno conosciuto che tutto quello che mi hai dato, viene da te,
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perché le parole che desti a me le ho date a loro, ed essi le hanno accolte e veramente hanno riconosciuto che io sono venuto da Dio, ed han creduto che tu mi hai mandato.
Prego per loro. Non prego per il mondo, ma per quelli che mi hai affidati, perché son tuoi. Ed ogni cosa mia è tua, ed ogni cosa tua è mia. In essi io sono stato glorificato. Io già non sono più nel mondo, ma essi restano nel mondo mentre io vengo a te. Padre santo, custodisci nel nome tuo quelli che mi hai affidati, acciocché siano una sola cosa come noi. Finché io ero con essi li conservavo nel nome tuo. Quelli che mi hai affidati li ho custoditi, e nessuno di loro è perito, tranne il figlio di perdizione, affinché sia adempiuta la Scrittura. Ora però vengo a te, e questo dico nel mondo affinché abbiano il mio gaudio perfetto in se stessi. Io ho comunicato loro la tua parola ed il mondo li ha odiati perché non sono del mondo, come neppure io sono del mondo. Non chiedo che tu li levi dal mondo, ma che tu li guardi dal male. Essi non sono del mondo come neppure io sono del mondo. Santificali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, così io ho mandato nel mondo essi. E per loro amore io santifico me stesso, affinché essi pure siano santificati nella verità.
Né soltanto per questi prego, ma prego
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anche per quelli che crederanno in me per la loro parola; che sian tutti una sola cosa come tu sei in me, o Padre, ed io in te; che siano anch'essi una sola cosa in noi, affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu mi desti l'ho data loro, affinché siano una sola cosa come noi. Io in essi e tu in me; affinché sian perfetti nell'unità e conosca il mondo che tu mi hai mandato, e li hai amati come hai amato me. Padre, io voglio che dove sono io, sian pur con me quelli che mi affidasti, affinché vedano la gloria che tu mi hai data, perché tu mi hai amato prima della creazione del mondo. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto; ma io ti ho conosciuto e questi han riconosciuto che tu mi hai mandato. Ed ho fatto conoscere a loro il tuo nome e lo farò conoscere ancora, affinché l'amore col quale mi hai amato sia in essi ed io in loro».

(Giov. 17, 1-26).


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«Qualcuno dice: Abbreviamo la preghiera per dare maggior tempo all'istruzione, alla spiegazione ed allo studio della dottrina cristiana. Ma questo è un errore grave e fatale. A chi parla in questo modo risponde Sant'Alfonso de' Liquori, Dottore della Chiesa, grande
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missionario, grande vescovo e non meno grande catechista: «Le prediche, le meditazioni e quindi anche i catechismi e tutti gli altri mezzi non servono a vivere in grazia di Dio a chi non prega» (P. Corti S. J.).
«Per salire alla perfezione è necessaria la meditazione e la preghiera. Colla meditazione vediamo ciò che ci manca e colla preghiera impetriamo ciò che ci occorre» (S. Bernardo).
Consideriamo Gesù e la preghiera e vedremo:
1) Gesù modello di preghiera colla parola e coll'esempio; 2) Gesù nostra preghiera; 3) la pratica.

I.A - Gesù maestro di preghiera con la parola.
Gesù insegnò la preghiera in varie maniere e la inculcò mostrandone la necessità, l'efficacia e stabilendone le condizioni.
1) Gesù mostrò la necessità della preghiera: Usque modo non petistis quidquam in nomine meo: petite et accipietis: «Fino ad ora non avete chiesto nulla in nome mio, chiedete ed otterrete» (Giov. 16, 24). Vigilate et orate ut non intretis in tentationem: «Vegliate e pregate per non cadere in tentazione» (Marco 14, 38). Oportet semper orare et non deficere:
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«Bisogna sempre pregare e mai stancarsi» (Luca 18, 1).
2) Gesù mostra l'efficacia ed il valore della preghiera. «Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: amico, prestami tre pani, perché un mio amico è arrivato di viaggio in casa mia e non ho che porgli davanti. E quello di dentro rispondendo dica: Non mi dar noia, l'uscio è già chiuso ed i miei figlioli sono con me a letto e non posso levarmi a darteli! Ma se l'altro seguiterà a picchiare, vi assicuro, che quand'anche non si levasse a darglieli perché suo amico; pure per l'importunità di lui si leverà a dargliene quanti ne ha bisogno. Ed io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, picchiate e vi sarà aperto. Infatti chi chiede riceve, chi cerca trova e a chi picchia sarà aperto. E se alcuno tra voi domanda al padre un pane, gli darà forse un sasso? e se un pesce, gli darà forse un serpe? E se chiede un uovo gli darà forse uno scorpione? Se voi dunque pur essendo cattivi, sapete dare buoni doni ai vostri figliuoli, quanto più il Padre dal cielo darà spirito buono a chi glielo domanda» (Luca 11, 5-18).
Si duo ex vobis consenserint super terram, de omni re quamcumque petierint, fiet illis a Patre meo, qui in caelis est: «Se due tra di
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voi si accorderanno sulla terra a domandare qualche cosa, sarà loro concessa dal Padre mio» (Matteo 18, 19). Omnia quaecumque orantes petitis, credite quia accipietis: «Qualunque cosa chiederete colla preghiera abbiate fede d'ottenerla e l'otterrete» (Marco 11, 24). Si quid petieritis me in nomine meo, hoc faciam: «Se mi domanderete qualcosa in nome mio la farò» (Giov. 14, 14). Quodcumque volueritis petetis, et fiet vobis: «Domanderete quel che vorrete e vi sarà fatto» (Giov. 15, 7). Amen, amen dico vobis: si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabit vobis: «In verità, in verità vi dico, qualunque cosa domanderete al Padre in nome mio, ve la concederà» (Giov. 16, 23). «E non vogliate angustiarvi dicendo: che mangeremo, che berremo, di che ci vestiremo? Tutte queste cose preoccupano i Gentili, or il Padre vostro sa che avete bisogno di tutto questo. Cercate prima di tutto il regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno date per giunta» (Matteo 6, 31-33).
3) Gesù stabilì le condizioni della preghiera: Umiltà: «Due uomini ascesero al Tempio a pregare; uno era fariseo, l'altro pubblicano. Il fariseo stando in piedi, così dentro di sé pregava: O Dio, ti ringrazio di non essere come gli altri: rapaci, ingiusti, adulteri, come anche questo pubblicano. Io digiuno due volte
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la settimana, pago le decime di quanto possiedo. Il pubblicano invece, stando da lungi, non ardiva nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. Vi assicuro che questi tornò a casa sua giustificato a differenza dell'altro, perché chi si umilia sarà esaltato e chi si esalta sarà umiliato» (Luca 18, 10-14).
Fede: Amen quippe dico vobis, si habueritis fidem, sicut granum sinapis, dicetis monti huic, transi hinc illuc, et transibit, et nihil impossibile erit vobis: «In verità vi dico: se avrete fede quanto un granello di senapa e direte a questo monte: passa di qua a là, passerà e niente vi sarà impossibile» (Matteo 17, 19). Et omnia quaecumque petieritis in oratione credentes, accipietis: «E quanto domanderete nell'orazione con fede, l'otterrete» (Matteo 21, 22). Secundum fidem vestram fiat vobis: «Sia fatto secondo la vostra fede» (Matteo 9, 29). Almeno sette volte Gesù ripete: la tua fede ti ha salvato.
Luminosissimo è l'esempio di umiltà e di fede offerto dalla preghiera della Cananea: «Ed ecco una donna Cananea venne fuori da quei luoghi a dirgli, gridando: Abbi pietà di me, o Signore, Figlio di David, la mia figliuola è crudelmente tormentata dal demonio.
Egli però non le fece parola. Ed i suoi
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discepoli accostatisi a lui, lo pregavan dicendo: licenziala che ci grida dietro. Ed egli rispose: non son mandato che alle pecorelle perdute della casa d'Israele. Ma quella venne e l'adorò dicendo: Signore, aiutami. Ed egli le rispose: Non è bene prendere il pane dei figliuoli e gettarlo ai cani. Ed essa: Dici bene, Signore, ma anche i cagnolini mangiano delle bricciole che cadono dalla mensa dei padroni. Allora Gesù disse: O donna, è grande la tua fede, ti sia fatto come desideri» (Matteo 15, 22-28).
Perseveranza. «Propose loro anche una parabola intorno al dovere di pregare sempre senza mai stancarsi, dicendo: C'era in una città un giudice che non temeva Dio, né aveva rispetto ad alcuno. E c'era in quella una vedova che andava da lui a dirgli: Rendimi giustizia del mio avversario. E per molto tempo non volle ma poi disse tra sé: Quantunque io non tema Dio, né abbia riguardo agli uomini, pure, siccome questa vedova mi dà molestia, le farò giustizia, ché non venga finalmente a rompermi il capo. Ascoltate, proseguì il Signore, quel che dice il giudice iniquo: Dio non farà giustizia ai suoi eletti che giorno e notte lo invocano e sarà lento con essi?» (Luca 18, 1-7). La nostra forza è la preghiera, e se chiederemo otterremo sempre:
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Amen, amen dico vobis: si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabit vobis: «In verità, in verità vi dico, qualunque cosa domanderete al Padre in nome mio ve la concederà» (Giov. 16, 23).

I.B - Gesù maestro di preghiera con l'esempio.
Gesù iniziò la sua vita con la preghiera. Egli, la Sapienza del Padre, sotto le sembianze di bambino, offriva al Padre una preghiera che nessun uomo nell'età adulta mai seppe offrire. Gesù vigilava e pregava davanti al Padre: Ego dormio sed cor meum vigilat: «Io dormo ma il mio cuore veglia» (Cant. 5, 2).
Così tutta la vita privata di Gesù fu una continua preghiera, e noi amiamo figurarci il Bambino tra le braccia oppure a fianco di Maria, colle mani giunte, gli occhi rivolti al Cielo, ripetere le parole che la Mamma gli suggeriva. Ci piace contemplarlo a sette od otto anni nella preghiera del mattino e della sera e nella preghiera frequente durante la giornata; ci è caro rappresentarci la S. Famiglia raccolta al sabato nella Sinagoga per la lettura della Bibbia e la preghiera. A dodici anni lo incontriamo nel tempio dove ammaestra e prega. E cosa fa prima della vita pubblica? Riceve il Battesimo, quindi si porta nel deserto
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e là passa quaranta giorni nel digiuno, penitenza, preghiera. Poi comincia la vita pubblica e il Vangelo nota più luoghi ove Gesù faceva orazione e si intratteneva col Padre dopo le fatiche dell'Apostolato: il deserto, Venite seorsum in desertum locum, et requiescite pusillum: «Venite in luogo solitario e riposatevi un poco» (Marco 6, 31); il monte: Et dimissa turba, ascendit in montem solus orare. Vespere autem facto solus erat ibi: «Licenziata la turba, salì solo sul monte a pregare. E fattosi sera era solo in quel luogo» (Matteo 14, 23). Et cum dimisisset eos, abiit in montem orare: «Preso commiato dalla folla andò sul monte a pregare» (Marco 6, 46). Jesus ergo cum cognovisset quia venturi essent ut raperent eum et facerent eum regem, fugit iterum in montem ipse solus: «Accortosi che stavano per venire a rapirlo e farlo re, fuggì dinuovo solo sul monte» (Giov. 6, 15). In vari punti il Vangelo nota: ed era solo. In questa solitudine egli pregava. Altre volte serviva alla sua preghiera il fondo di una barca.
Gesù pregò prima di eleggere gli Apostoli, pregava prima di operare i miracoli, e quante notti passò in preghiera! Il Vangelo fa notare: Et erat pernoctans in oratione Dei: «E passava l'intera notte in orazione a Dio» (Luca 6, 12).
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A Cafarnao egli aveva domicilio e quindi anche un luogo di orazione, ma quando venne a Gerusalemme, il luogo ove trascorreva la notte in preghiera era il Monte degli Ulivi o il Getsemani: Erat autem diebus docens in templo: noctibus vere exiens, morabatur in monte, qui vocatur Oliveti: «Il giorno egli insegnava nel tempio e la notte usciva e la passava sul monte degli Ulivi» (Luca 21, 37).
Là si recò ancora dopo l'ultima cena: Et egressus ibat secundum consuetudinem in montem Olivarum. «Uscì per andare, secondo il solito al monte degli Ulivi» (Luca 22, 39); là lo trovò Giuda perché: Sciebat autem et Judas, qui tradebat eum, locum: quia frequenter Jesus convenerat illuc cum discipulis suis: «Anche lui che lo tradiva, conosceva quel luogo, poiché spesso Gesù vi si ritirava coi suoi discepoli» (Giov. 18, 2). Nel Getsemani Gesù pregò ripetutamente: Pater mi, si possibile est, transeat a me calix iste: veruntamen non sicut ego volo, sed sicut tu: «Padre mio, se è possibile passi da me questo calice, peraltro non come io voglio, ma come vuoi tu» (Matteo 26, 39).
Gesù è modello di preghiera, e prima della morte innalzò a Dio una preghiera che è un monumento: Pater, venit hora, clarifica Filium tuum, ecc. Preghiera bellissima, degna dei
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secoli, preghiera ripetuta da tante anime. In essa Gesù pregò per sé, pregò per gli Apostoli, pregò per la Chiesa, per tutti gli uomini. E' la preghiera del conforto, del sollievo nei momenti più tristi della vita. E' la preghiera che ravviva la fede, infiamma il cuore.
Gesù chiuse ancora la sua vita colla preghiera: Pater, dimitte illis: non enim sciunt quid faciunt: «Padre, perdona loro perché non sanno quel che si fanno» (Luca 23, 34). Pater in manus tuas commendo spiritum meum: «Padre, nelle tue mani raccomando il mio spirito» (Luca 23, 46).

II. - Gesù è nostra preghiera.
Gesù non ha solo pregato, ma si è fatto nostra preghiera: Factus est nobis... justitia et sanctificatio et redemptio: «Fatto per noi... giustizia, santificazione e redenzione» (I Corinti 1, 30).
Se il suo esempio è un argomento che ci spinge a pregare, l'essere per noi preghiera ci dà un nuovo motivo di speranza.
Gesù è nostra preghiera perché come uomo prega, e come Dio, dà un valore infinito alla preghiera.
Egli è la preghiera, perché nella sua stessa persona, nella sua umanità supplica il Padre. Fu immensa la degnazione del Figlio di Dio
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nel prendere carne, perché diede modo all'umanità di Gesù di stare davanti a Dio in continua preghiera di adorazione, ringraziamento, propiziazione, impetrazione. La sua preghiera è degna del Padre, è sostanza di preghiera eterna, perché Gesù in Cielo e nel Sacramento dell'Altare è: Semper vivens ad interpellandum pro nobis: «Sempre vivo ad intercedere per noi» (Ebrei 7, 25), e Ipse Spiritus postulat pro nobis gemitibus inenarrabilibus: «Lo stesso Spirito chiede per noi con gemiti ineffabili» (Rom. 8, 26). Gesù offre a Dio continuamente i suoi meriti e la sua orazione; adora, ringrazia, soddisfa, implora pietà per i peccatori, grazia per i bambini, per i deboli, per i sofferenti, per tutti gli uomini.
E' orazione di valore infinito, orazione efficace per i meriti di Gesù che è: Exauditus pro sua reverentia «esaudito per la sua riverenza» (Ebr. 5, 7).
Gesù è la preghiera vivente, e la sua preghiera è assolutamente efficace. Le parole della consacrazione nella S. Messa non sono parole di valore incerto, ma parole operatorie, perché la preghiera di Gesù opera sempre. Anche nei Sacramenti l'effetto è sicuro da parte di Dio, se non s'incontra opposizione ed ostacolo nell'uomo.
Gesù è nostra preghiera, e per questo, non
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solo prega ed ottiene infallibilmente, ma dà valore e forza anche alla preghiera nostra. Chi potrebbe pregare appoggiato ai propri meriti? Quale forza potrebbero avere le nostre preghiere senza Gesù? Quale argomento di speranza in noi? Le nostre operazioni sono per sé assolutamente umane, naturali, e non potrebbero mai avere un valore e merito soprannaturale. Solo in Gesù le nostre azioni, e quindi anche le nostre preghiere, sono meritorie per la grazia e valgono avanti al Padre. Solo in Gesù le nostre operazioni e preghiere producono frutti divini, non frutti nostri, ma di Gesù, che per questo è nostra preghiera. L'anima che è in Gesù con la grazia, guadagna merito, perché non è lei che opera, ma Gesù su cui è innestata: Tu ex naturali excisus es oleastro, et contra naturam insertus es in bonam olivam... et socius radicis et pinguedinis olivae factus es: «Tu, tagliato dall'olivo di natura sua selvatico, sei stato contro la tua natura innestato al buon olivo... e sei divenuto partecipe della radice e del succo dell'olivo» (Rom. 11, 17-24).
Perciò tutte le azioni della giornata, della vita, appartengono alla persona che le compie, perché sono compiute liberamente, ma hanno un valore nuovo in Gesù Cristo, sono operazioni: umano-divine-cristiane. Se le
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nostre orazioni, se la nostra vita ha qualche valore è per Gesù perché, egli vivendo in noi con la grazia, mostra al Padre i suoi meriti, le sue piaghe, e fa sue le nostre azioni. Noi operiamo per la vitalità del capo, quindi non meritiamo per l'azione nostra, ma perché Gesù opera in noi.
Chi opera in grazia acquista certamente in tutto un merito, e la preghiera ha efficacia «de condigno», ossia merita assolutamente quando si tratta di ottenere la santità, i beni spirituali, perché Gesù che è in noi prega lui ed è sempre esaudito.
Tutte le azioni, naturalmente buone, ordinate ad un merito e premio naturale acquistano in Gesù un merito soprannaturale e quindi un diritto al premio soprannaturale della gloria. In Gesù si colma l'abisso, la sproporzione tra l'ordine naturale e quello soprannaturale, perché l'opera nostra è presentata al Padre dal Figlio, che la fa sua.
Trattandosi di grazie materiali, l'esaudimento è relativo al nostro bisogno e alla gloria di Dio.
Se poi la preghiera si fa per altri, l'esaudimento è infallibile per quanto non si oppongono.
Infine, la preghiera che si compie in peccato, non essendo fatta in Gesù, non merita «de
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condigno» e cioè assolutamente, ma merita «de congruo» e cioè, secondo la misericordia di Dio, il quale, per tale preghiera aiuterà a ritornare in grazia. Chi opera in grazia può dire con verità: «Vive in me Gesù Cristo» (Gal. 2, 20).

III. - Pratica.
Se Gesù Cristo è nostra orazione, e se le nostre preghiere hanno valore in quanto Gesù le fa sue, quale dovrà essere il nostro atteggiamento?
1) Profonda umiltà. «Da me nulla posso, con Dio posso tutto». Gesù ci avvisa: Sine me nihil potestis facere: «Senza di me non potete far nulla» (Giov. 15, 5), e ci esorta San Paolo: Omnia possum in eo qui me confortat: «Posso tutto in colui che è mio conforto» (Filipp. 4, 13). Quanto più ci umilieremo, tanto più saremo potenti, perché: Cum enim infirmor, tunc potens sum: «Quando sono debole, allora sono potente» (II Cor. 12, 10), Qui se humiliat, exaltabitur: «Chi si umilia sarà esaltato» (Luca 14, 11).
Noi siamo il peccato, il Signore non guardi a noi ma a Gesù: Averte faciem tuam a peccatis meis... et respice in faciem Christi tui. «Rivolgi la faccia dalle mie iniquità... e volgi
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il tuo sguardo e mira la faccia del tuo Cristo» (Salmi 50, 11; 83, 10).
2) Illimitata fiducia. L'anima che è in grazia deve essere sicurissima del merito.
E' vero che la nostra natura è imperfetta, ma Gesù assume le nostre debolezze, fa sua la nostra preghiera, che quindi sarà di ineffabile efficacia. Le preghiere preferite siano quelle in cui Gesù opera più direttamente: la S. Messa, i Sacramenti, i Sacramentali.
In questo modo l'anima si avvicina sempre più a Gesù. Tutte le preghiere si appoggino a Gesù Cristo sull'imitazione della Chiesa, che prega sempre: «Per Christum Dominum nostrum».
PREGHIAMO. - O Dio protettore di coloro che sperano in te, e senza il di cui aiuto niente è forte, niente è santo, moltiplica su di noi la tua misericordia, affinché sotto il tuo governo e la tua guida passiamo attraverso le cose temporali in modo da non perdere le eterne.

(Dal Messale).


ESEMPIO

Il Santo Curato d'Ars

Uno dei soggetti di conversazione più famigliari al Santo Curato d'Ars era quello delle dolcezze della preghiera e della vita interiore: «La preghiera - diceva - ecco tutta la felicità dell'uomo sulla terra. Oh la bella vita! la bella unione dell'anima con nostro Signore! L'eternità non sarà lunga abbastanza per
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comprenderla, codesta felicità... la vita interiore d'unione con Dio è un bagno d'amore in cui l'anima si immerge... essa è come affogata nell'amore!... Dio tiene l'uomo interiore, come una madre tiene il capo del suo bambino fra le mani per coprirlo di baci e di carezze...
«Chi non prega è simile alla gallina o al tacchino, che non possono levarsi in aria, o se volano alcun poco, ricadono ben presto, razzolano nella terra, e vi si immergono, se ne coprono il capo, e sembra non prendano piacere che in quello. Al contrario colui che prega è un'aquila intrepida, che spazia nell'aria, e sembra volersi accostare al sole. Così fa il buon cristiano sulle ali della preghiera
Unione con Gesù Cristo, unione con la Croce: ecco la salute. Segno distintivo degli eletti è l'amore, come l'odio è il marchio dei reprobi. Niun reprobo ama l'altro reprobo... i santi amano tutti, amano soprattutto i loro nemici... Il loro cuore infiammato d'amore divino dilatasi in proporzione del numero delle anime che Dio pone sul loro cammino, a quella maniera che le ali della chioccia si stendono in proporzione del numero dei suoi pulcini...».
Il santo parroco diceva ancora: «Non v'è bisogno di parlare molto per ben pregare. Sappiamo che Dio è là nel santo Tabernacolo: apriamogli il cuor nostro, rallegriamoci della sua santa presenza; sarà questa la miglior preghiera».
L'anima di lui era unita a Dio più che al suo corpo. Il suo desiderio della solitudine altra ragione non aveva, che il desiderio di una più intima unione con Dio. E siccome l'anima possiede la facoltà di essere sola anche in mezzo al frastuono del mondo e ai clamori delle moltitudini, così egli viveva in una continua unione con Dio, di tal modo che né le più svariate occupazioni, né le più grandi fatiche ne lo distraevano.

(Da «Breve vita di S. Giov. B. M. Vianney» pag. 123).

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