Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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MEDITAZIONE X

La Passione di Gesù

SACRA SCRITTURA

Chi ha creduto a ciò che annunciammo? E il braccio del Signore a chi è stato rivelato? Egli spunterà innanzi a lui come un virgulto, come un germoglio che ha radici in arida terra. Egli non ha bellezza né splendore, l'abbiamo veduto, non era di bell'aspetto né l'abbiamo amato. Disprezzato come l'ultimo degli uomini, l'uomo dei dolori, assuefatto a patire, teneva nascosto il volto, era vilipeso: e noi non ne facemmo alcun conto.
Veramente egli ha preso sopra di sé i nostri mali, ha portato i nostri dolori, e noi lo abbiamo guardato come un lebbroso, come un percosso da Dio e umiliato. Egli invece è stato piagato per le nostre iniquità, è stato trafitto per le nostre scelleratezze: piombò
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sopra di lui il castigo che ci ridona la pace, per le sue lividure siamo stati sanati. Noi tutti siamo stati come pecore erranti, ciascuno aveva deviato per la strada, e il Signore pose addosso a lui l'iniquità di noi tutti.
E' stato sacrificato perché ha voluto: non ha aperto bocca, come pecorella sarà condotto ad essere ucciso, come agnello muto innanzi a chi lo tosa, egli non aprirà bocca. Dopo l'oppressione e la condanna fu innalzato, chi parlerà della sua generazione? Egli è stato reciso dalla terra dei viventi; l'ho percosso per i peccati del mio popolo. Metterà gli empi alla sua sepoltura e un ricco alla sua morte, perché egli non ha commesso l'iniquità, né ebbe mai frode nella sua bocca.
Il Signore volle consumarlo coi patimenti, ma quando avrà dato la sua vita in sacrificio d'espiazione, vedrà una lunga posterità, e i voleri del Signore andranno in effetto nelle sue mani; per gli affanni dell'anima sua vedrà e ne sarà sazio. Colla sua dottrina il Giusto, il mio servo, giustificherà molti e ne prenderà sopra di sé l'iniquità. Per questo gli darò una moltitudine; Egli dividerà le spoglie dei forti, perché consegnò la sua vita alla morte, fu annoverato fra i malfattori, Egli che tolse i peccati di molti e pregò per i peccatori
».

(Isaia 53, 1-12).

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Passio Christi conforta me: La Passione di N. S. Gesù Cristo è il nostro conforto, e la nostra forza, perché noi vi troviamo Gesù sofferente, l'Autore della vita che viene ucciso, il più grande Benefattore dell'umanità calpestato, Dio stesso insultato e odiato a morte.
Parlando della pietà è utile fermare il pensiero sulla passione, che è la causa meritoria di ogni grazia e che dà valore ed efficacia alla nostra preghiera. Dal Calvario sgorgano i Sacramenti e l'orazione. Il Calvario è la fonte fons aquae salientis in vitam aeternam: «fontana d'acqua viva zampillante in vita eterna» (Giov. 4, 14).
Consideriamo i punti principali della passione e vediamo come Gesù in essa ha sanato 1) il cuore; 2) la mente; 3) la volontà.

I. - La Passione di Gesù ha sanato il cuore.
Il cuore fu oggetto della più dolorosa ed intima passione di Gesù. La santificazione del cuore importa tanto, che Gesù aprì e chiuse la sua passione col martirio del cuore. Il cuore è la sede degli affetti, e può essere umano, carnale, bestiale o anche divino, secondo
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l'oggetto che ama. Il cuore è una grande potenza e può dirigere tutta la vita. «Ami la terra? dice S. Agostino, sei terra; ami Dio? che dico? Tu sei quasi Dio».
Dal Getsemani cominciò la santificazione del cuore. Saputo che i nemici volevano prenderlo andò al Getsemani: Et ait discipulis suis: sedete hic donec orem. Et assumit Petrum et Jacobum et Joannem secum: et coepit pavere, et taedere. Et ait illis: Tristis est anima mea usque ad mortem: sustinete hic et vigilate: «e disse ai suoi discepoli: fermatevi qui finché sto a pregare. E prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a dare segni di spavento e di tedio. E disse loro: L'anima mia è triste fino alla morte, rimanete qui e vegliate» (Marco 14, 32-34).
Gesù è oppresso da una immensa tristezza, non si abbatte però, ma in un atto di profonda umiltà prega: Pater mi, si possibile est transeat a me calix iste: veruntamen non sicut ego volo, sed sicut tu: «Padre, se ti è possibile, allontana da me questo calice, però non quello che voglio io ma quello che tu vuoi» (Matteo 26, 39).
In quel momento doloroso sentì, come tutti i mortali, il bisogno di un po' di conforto e lo cercò presso i suoi discepoli, ma invano: essi dormivano. Et venit ad discipulos suos,
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et invenit eos dormientes, et dicit Petro: sic non potuistis una hora vigilare mecum? Vigilate et orate: «E andò dai suoi discepoli e li trovò addormentati, e disse a Pietro: Non siete stati capaci di vegliare neppure un'ora? Vigilate e pregate» (Matteo 26, 40).
Poi tornò a pregare ripetendo una seconda e una terza volta la stessa preghiera: Oravit tertio eundem sermonem dicens: «E pregò per la terza volta ripetendo le stesse parole» (Matteo 26, 44).
In quella sera tristissima Gesù contemplò l'immenso cumulo dei peccati degli uomini che doveva scontare e ne ebbe tale terrore che pianse. Vide avanti a sé il quadro orribile dei suoi patimenti: la flagellazione, l'incoronazione di spine, la condanna, gli scherni, la crocifissione, l'agonia e la morte. Questo quadro fece sulla sua umanità una impressione dolorosissima, non tanto per le sofferenze, ma per il delitto che all'indomani gli uomini avrebbero commesso. Dio aveva mandato suo Figlio per salvare gli uomini, e gli uomini tenevano consiglio contro di lui per farlo morire. Astiterunt reges terrae et principes convenerunt in unum adversus Dominum et adversus Christum eius: «Sono insorti i re della terra, i principi cospirano insieme contro il Signore e contro il suo Cristo» (Salmi 2, 2).
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Questo peccato, che doveva porre il colmo a tutti i delitti e doveva attuarsi per la cecità dei Sacerdoti dell'A. T. e per l'ignavia dei Sacerdoti del N. T., gli Apostoli, ferì tanto il cuore di Gesù, ch'Egli non ebbe più forza: Apparuit autem Angelus de caelo, confortans eum. Et factus in agonia prolixius orabat: «Allora gli apparve un Angelo dal cielo a confortarlo. E caduto in agonia pregava più intensamente» (Luca 22, 43).
E crebbe ancora più la sua ambascia perché nonostante i suoi patimenti tante anime si sarebbero perdute. Egli vedeva l'esercito delle anime che sarebbero cadute nell'inferno e pensava: «A che pro questo mio sangue?». Moriva per aprire il cielo, per chiudere l'inferno e molti avrebbero resistito e continuato a camminare verso l'abisso. A questo spettacolo doloroso, il cuore di Gesù si strinse così da produrre il sudor di sangue: Et factus est sudor eius, sicut guttae sanguinis decurrentis in terra: «E diede in un sudore come gocce di sangue cadenti in terra» (Luca 22, 44). Christus non contentus fuit lacrymis oculorum, sed totius corporis sanguinis lacrymis, peccata nostra flere et lavare voluit: «Gesù, non contento delle lacrime degli occhi, volle piangere e lavare i nostri peccati con lacrime di
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sangue, che scorreva da tutto il suo corpo» (S. Bernardo).
Un altro schianto doveva ancora provare il Cuore di Gesù: il tradimento di Giuda. Il tradimento è un delitto così nero, un atto così vile che l'animo delicato ne risente fortemente, specie se il tradimento viene da un amico. Così avvenne a Gesù. Qui autem tradidit eum, dedit illis signum, dicens: Quicumque osculatus fuero, ipse est, tenete eum. Et confestim accedens ad Jesum, dixit: Ave Rabbi. Et osculatus est eum. Dixitque illi Jesus: Amice, ad quid venisti? Osculo, Filium hominis tradis? «Or il traditore aveva dato il segno dicendo: Chi bacerò è Lui, pigliatelo. E subito accostatosi a Gesù disse: Salve Maestro. E lo baciò. Gesù gli disse: Amico, che sei venuto a fare? con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo?» (Matteo 26, 48-50; Luca 22, 48).
La passione del cuore così dolorosamente iniziata ebbe il suo compimento con l'apertura del costato. Judaei ergo (quoniam Parasceve erat) ut non remanerent in cruce corpora sabbato,(erat enim magnus dies ille Sabbati) rogaverunt Pilatum ut frangerentur eorum crura, et tollerentur. Venerunt ergo milites: et primi quidem fregerunt crura, et alterius, qui crucifixus est cum eo. Ad Jesum autem cum venissent, ut viderunt eum iam mortuum, non
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fregerunt eius crura, sed unus militum lancea latus eius aperuit, et continuo exivit sanguis, et aqua: «Affinché non restassero in croce i corpi nel sabato, che era Parasceve ed era solenne quel sabato, i Giudei chiesero a Pilato che fossero ad essi rotte le gambe e fossero tolti via. Andaron quindi i soldati e ruppero le gambe al primo e all'altro che eran con lui crocifissi, ma quando furono a Gesù come videro che era già morto non gli ruppero le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli aprì il costato, e subito ne uscì sangue ed acqua» (Giov. 19, 31-34). Era una legge e questa legge veniva a compiere un disegno di Dio. Il soldato fece penetrare la lancia e dal costato di Gesù uscì sangue ed acqua: erano le ultime gocce di sangue che Gesù dava ancora per l'uomo; era l'acqua che circondava il cuore che unendosi venivano a simboleggiare i due sacramenti principali, il Battesimo e l'Eucarestia.
Gesù sanava così questo cuore, sede di tutte le passioni, sorgente di ogni concupiscenza e male. Dice infatti S. Giacomo: Unde bella et lites in vobis? Nonne hinc? ex concupiscentiis vestris, quae militant in membris vestris?: «Donde procedono le guerre e le liti tra voi, se non di qui: dalle vostre concupiscenze che battagliano nelle vostre membra?» (Giac. 4, 1).
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Dal cuore sorge in noi la febbre della superbia, dell'avarizia, della lussuria e di ogni altro vizio che Gesù volle sanare, essendo mandato per questo: Spiritus Domini super me...: propter quod misit me sanare contritos corde. «Lo Spirito del Signore è sopra di me... mi ha mandato a sanare i contriti di cuore». (Luca 4, 18).

II. - La Passione di Gesù ha sanato la mente.
Gli uomini sono molto spesso superbi. Per superbia caddero gli Angeli, per superbia caddero Adamo ed Eva lusingati dal demonio che prometteva loro: «Sarete come Dei». E dalla superbia e dal peccato la mente fu accecata e sorsero innumerevoli errori. Errori nella filosofia, errori nella sociologia, errori nella morale, errori sull'origine, sulla natura e sul fine dell'uomo. Tutto fu sconvolto e l'uomo altero giunse fino ad innalzare l'arca alla «Dea Ragione» e bruciare incenso a se stesso. Dio diede l'intelligenza, aprì le vie alle migliori scoperte e l'uomo di tutto si servì spesso per elevarsi, per alimentare il suo orgoglio, dominare i suoi simili. Gesù riparò e sanò l'orgoglio umano con la sua profonda umiliazione.
Consideriamo la scena penosissima: Gesù legato, carico di funi, viene condotto da
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Anna ove ha inizio il doloroso interrogatorio. A chi lo interroga Gesù risponde: Ego palam locutus sum mundo: ego semper docui in synagoga, et in templo, quo omnes Judaei conveniunt: et in occulto locutus sum nihil. Quid me interrogas? Interroga eos qui audierunt quid locutus sum ipsis: ecce hi sciunt quae dixerim ego: «Io ho parlato in pubblico al mondo, io ho sempre insegnato nelle sinagoghe e nel tempio, dove si adunano tutti i Giudei e niente ho detto in segreto. Perché interroghi me? Interroga quelli che mi hanno udito» (Giov. 18, 20-21).
La risposta era umile; ma fu male interpretata. Difatti: Haec autem cum dixisset, unus assistens ministrorum dedit alapam Jesu, dicens: Sic respondes Pontifici? «Appena ebbe pronunciate queste parole una delle guardie che gli stava accanto diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: Così rispondi al Pontefice?» (Giov. 18, 22). Anna lo mandò legato a Caifa, Sommo Sacerdote. Davanti a questo indegno ministro della giustizia, Gesù subisce nuove umiliazioni. Il Figlio di Dio, il Creatore, sta davanti alle creature che si atteggiano a giudici! Assieme a Caifa stavano i Principi dei Sacerdoti con tutto il Sinedrio. «Cercarono false testimonianze contro Gesù per farlo morire, e non ne trovarono, sebbene si
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fossero presentati molti falsi testimoni che dissero: Costui ha detto: posso distruggere il tempio di Dio e riedificarlo in tre giorni. E alzatosi il Sommo Sacerdote gli disse: Non rispondi nulla a quanto essi depongono contro di te? Ma Gesù taceva e il Sommo Sacerdote riprese: Ti scongiuro per il Dio vivente a dirci se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio. Gesù gli rispose: Tu l'hai detto: anzi vi aggiungo che di qui avanti vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della potenza di Dio, venire sulle nubi del cielo. Allora il Sommo Sacerdote si stracciò le vesti dicendo: Egli ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo più di testimoni? Ecco, l'avete sentita ora la bestemmia? Che ve ne pare? Quelli risposero: E' reo di morte» (Matteo 26, 59-66),
Gesù viene poi trascinato davanti al tribunale di Pilato. Il governatore interroga minuziosamente l'accusato, ma conclude: Nullam invenio in eo causam: «Non trovo in Lui colpa alcuna» (Giov. 18, 38), e per liberarsi lo rimette ad Erode, che gli infligge nuove umiliazioni. Il pagano superbo e vizioso gode di aver davanti a sé Gesù e spera di sentirlo parlare e di assistere a qualche miracolo. Per questo raduna la coorte e rivolge a Gesù molte domande: ma Gesù tace! La sapienza di Dio non apre la sua bocca davanti al superbo.
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Erode, ferito nel suo orgoglio, Sprevit illum cum exercitu suo: et illusit indutum veste alba, et remisit ad Pilatum «Col suo esercito lo disprezzò e lo schernì e dopo averlo vestito di bianco (divisa dei pazzi) lo rimandò a Pilato» (Luca 23, 11).
Quale profonda umiliazione per Gesù essere stimato pazzo! Egli, la Sapienza del Padre! Pilato si sforza di liberare Gesù. Ma ricorre a ripieghi poco lodevoli e Gesù è umiliato fino al punto di essere posposto a Barabba, abbandonato al furore della soldatesca che lo dileggia in tutti i modi, flagellandolo e coronandolo di spine. Et milites plectentes coronam de spinis, imposuerunt capiti eius et veste purpurea circumdederunt eum. Et veniebant ad eum et dicebant: Ave rex Judeorum et dabant ei alapas: «Intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un manto di porpora e gli venivano davanti dicendo: Salute, o re dei Giudei, e gli davano degli schiaffi» (Giov. 19, 2-3).
Gesù è vero re e perché lo confessa viene condannato e questa forma il titolo della sua condanna: Scripsit autem et titulum Pilatus: et posuit super crucem. Erat autem scriptum: JESUS NAZARENUS, REX JUDAEORUM: «Pilato fece poi scrivere il titolo e lo fece mettere sopra la croce. E c'era scritto: Gesù
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Nazareno, Re dei Giudei» (Giov. 19, 19).
Ecco quanto sono costati a Gesù i nostri peccati di superbia! Ogni piccola cosa ci sconcerta e ci ferisce! Che dire davanti all'esempio di Gesù?

III. - La Passione di Gesù ha sanato la volontà.
Gesù ha risanato la nostra volontà piegandosi interamente alla volontà di Dio. Noi siamo ostinati e testardi, quante volte resistiamo e tardiamo a sottometterci a Dio! Gli Ebrei gridarono: Nolumus hunc regnare super nos: «Non vogliamo che costui regni su di noi» (Luca 19, 14), ed anche noi molte volte gridiamo: «Non vogliamo cedere» e cerchiamo in ogni modo di piegare la volontà di Dio al nostro gusto. Gesù invece dice al Padre celeste: Non mea, sed tua voluntas fiat: «Non la mia, ma la tua volontà sia fatta» (Luca 22, 42).
Viene flagellato, coronato di spine, vilipeso in tutti i modi, ed accetta tutto senza lamento. La turba grida: Crucifige, crucifige, ed egli a testa china, ma sereno, riceve la condanna.
Si piega alla volontà degli uomini che in
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quel momento era veramente perversa: condannare a morte Dio!
L'amico dei peccatori, il benefattore dell'umanità, il padre dei poveri, il mite e umile Maestro è condannato a morte. Gli si presenta la croce ed egli la prende, l'abbraccia con trasporto e la porta fino al Calvario. Là si stende volontariamente sul patibolo, offrendo le mani ed i piedi per essere trafitti.
E' innalzato a vista di tutti, gronda sangue e spasima, ma non si ribella, anzi prega: Pater, dimitte illis: non enim sciunt quid faciunt: «Padre, perdona loro perché non sanno quel che fanno» (Luca 23, 34). Pater, in manus tuas, commendo spiritum meum: «Padre, nelle tue mani raccomando il mio spirito» (Luca 23, 46). Quindi in un atto di profonda sottomissione: Inclinato capite, tradidit spiritum «Chinato il capo, rese lo spirito» (Giov. 19, 30).
Ecco come Gesù sanò la nostra volontà ribelle: Humiliavit semetipsum factus obediens usque ad mortem, mortem autem crucis: «Umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce» (Filipp. 2, 8).
Il nostro spirito d'indipendenza, di libertà, d'indisciplina che lezioni trova nell'esempio del Maestro Divino. Sentiamo sempre duro, pesante e insopportabile il sottometterci a
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quelli che il Signore ha disposti a guidarci. Tante volte ci pieghiamo a obbedire ma con molte riserve: in tal modo si perdono meriti e meriti.
Preghiamo Gesù appassionato a volere sanare la nostra volontà e a volere rintuzzare il nostro orgoglio e quello spirito innato di ribellione che ci accompagna un po' dappertutto.

Conseguenze
1) Nessuno disperi mai della salvezza eterna. Se l'anima merita per sé l'inferno, Gesù ha meritato il Paradiso, nel quale ciascuno può entrare per Lui e con i suoi meriti. Né la gravità, né il numero dei peccati devono toglierci la confidenza, perché: Ubi abundavit delictum, superabundavit gratia: «Dove abbondò il delitto sovrabbondò la grazia» (Rom. 5, 20).
2) Tutti possiamo farci santi. Siamo deboli, miseri, inclinati al male, ma c'è Gesù con la sua grazia e la sua grazia ci santifica e ci salva.
3) Avere grande confidenza nel Crocifisso. Non est in alio aliquo salus: «Non c'è in altro salvezza» (Atti 4, 12). Il Crocifisso sia dappertutto e domini. Il segno della croce benedica frequentemente il nostro corpo. Il Crocifisso sarà nostro conforto in morte.
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PREGHIAMO. - O Signore Gesù Cristo, che dal seno del Padre sei disceso dal cielo in terra, ed hai sparso il tuo sangue prezioso in remissione dei nostri peccati, umilmente ti supplichiamo a fare sì che nel giorno del giudizio, alla tua destra meritiamo di udire: Venite, benedetti. Tu che col medesimo Padre e con lo Spirito Santo vivi e regni Dio per tutti i secoli dei secoli. Così sia.

(Dal Messale).


ESEMPIO

Il B. Andrea Umberto Fournet e la Croce

Il Beato Andrea Fournet aveva un amore ardentissimo per la Croce.
Se passava presso una croce eretta in una piazza o nella campagna, si prostrava salutandola teneramente: «O Crux, ave, spes unica!». Gli era tanto famigliare l'abitudine di pregare con le braccia in croce, che era divenuto, si può dire, egli stesso una croce...
Faceva ogni giorno la Via Crucis, in ginocchio per terra, con le braccia in croce, fermandosi a lungo davanti ad ogni stazione. Era quello l'esercizio comunemente scelto da lui quando doveva chiedere una grazia speciale per sé o per altri. Ogni venerdì e, molti altri giorni dell'anno, la faceva in pubblico; in piedi su di una sedia, commentava con forza e compunzione le varie scene della via dolorosa. «L'ho veduto, dice un testimone, fare la Via Crucis un giorno in cui la Chiesa era affollata. Ne spiegava ogni stazione e la gente scoppiava in pianto. Lo vidi una volta cadere svenuto per il dolore cagionatogli dalla viva immagine delle sofferenze di Nostro Signore Gesù Cristo».
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Nelle sue istruzioni e nelle sue letture, ricordava incessantemente il Crocifisso: «Bisogna portarlo con riflessione, diceva, e non averlo soltanto sul petto, ma soprattutto nel cuore... O croce, volontà del Padre, gloria del Figlio, gioia dello Spirito Santo, ornamento del cielo e benedizione della terra! O croce divina, trono di misericordia, sorgente di ogni benedizione, origine della grazia, centro di luce e di vita, dissipate le nostre tenebre, vincete le nostre resistenze, animateci del vostro spirito, apriteci le vostre braccia, affinché vi possiamo vivere e morire. O buona croce, croce preziosa, che ha portato il Re dei re, vi adoro, vi abbraccio e voglio portarvi coraggiosamente tutto il resto della mia vita».
Ecco una delle sue frasi abituali: «Prima di agire avete ben consultato il vostro Crocifisso?». Ed egli pure non mancava di farlo: pregava, lavorava, mangiava, si ricreava sempre in presenza del Crocifisso.

(Mons. Salotti - Vita del B. Andrea Umberto Fournet Pag. 155, 156).

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