Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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MEDITAZIONE IX

La visita al SS. Sacramento

SACRA SCRITTURA

«Or avvenne che seguitando la strada, entrò in un villaggio dove una donna, chiamata Marta, lo ricevette in casa sua. E questa aveva una sorella chiamata Maria, la quale, postasi a sedere ai piedi del Signore, ne ascoltava la parola. Marta intanto s'affannava tra le molte faccende e si presentò a dire: Signore, non t'importa che la mia sorella mi lasci sola a servire? Dille dunque di aiutarmi. Ma il Signore rispose: Marta, Marta, t'affanni e ti inquieti di molte cose, eppure una sola è necessaria. Maria s'è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta»

(Luca 10, 38-42).


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L'amore trova sempre i mezzi per manifestarsi. E quale fu il mezzo trovato da Gesù per manifestare il suo amore verso di noi?
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Nel sacrificio della Croce ci ha data la massima prova d'amore: Majorem hanc dilectionem nemo habet, ut animam suam ponat quis pro amicis suis. Vos amici mei estis... Jam non dicam vos servos: quia servus nescit quid faciat dominus eius. Vos autem dixi amicos: quia omnia quaecumque audivi a Patre meo, nota feci vobis: «Nessuno ha amore più grande di colui che dà la vita per i suoi amici. Voi siete miei amici... Non vi chiamerò servi perché il servo non sa quel che fa il padrone, ma vi ho chiamati amici perché vi ho fatto sapere tutto quello che ho udito dal Padre» (Giov. 15, 13-15).
Ma Gesù volle perpetuare questa sua carità con un mistero d'amore: l'Eucarestia. Deliciae meae esse cum filiis hominum: «E' mia delizia stare coi figli degli uomini» (Prov. 8, 31).
L'Eucarestia è un fuoco che non si estingue. Gesù ci amava, e sapendo che era venuta l'ora di passare da questo mondo al Padre, volle trovare il modo per tenere presente nel mondo il fuoco della sua carità. Quando compì quest'atto? In qua nocte tradebatur: «Nella notte in cui era tradito» (I Cor. 11, 23). Egli vide il prossimo tradimento di Giuda, l'abbandono degli Apostoli, il doloroso quadro della Passione, 1e innumerevoli
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incorrispondenze degli uomini, gli insulti, i dilegi, le profanazioni, i sacrilegi, ma nulla trattenne l'amor suo, e: cum dilexisset suos... in finem dilexit eos: «avendo amato i suoi, li amò fino alla fine» (Giov. 13, 1). Voi siete miei amici; sto per lasciarvi, morirò per voi; ma prima che ciò avvenga, voglio darmi tutto a voi: Prendete e mangiate, questo è il mio corpo; prendete e bevete, questo è il mio sangue. Desiderio desideravi hoc pascha manducare vobiscum, antequam patiar: «Ho desiderato ardentemente di mangiare con voi questa Pasqua, prima del mio patire» (Luca 22, 15). «Affinché l'immensità del suo amore più profondamente si scolpisse nel cuore dei credenti, stabilì nell'ultima cena, come un memoriale perenne della sua passione, adempimento delle antiche figure, il massimo dei miracoli da lui operati, prezioso conforto a coloro ch'egli lasciava smarriti per mancanza della sua presenza visibile» (S. Tommaso).
Ecce ego vobiscum sum omnibus diebus, usque ad consummationem saeculi: «Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla consumazione dei secoli» (Matteo 28, 20).
Gesù è qui con noi, ma è con noi nella forma più semplice: cioè sotto le specie del pane e del vino; nella forma che maggiormente indica l'unione: cioè del cibo.
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Quale maggiore unione vi può essere di quella del cibo con chi lo mangia? Il cibo diventa qualcosa di noi. Gesù nell'Eucarestia si dona così da essere la nostra vita: Vivo ego iam non ego.
L'Eucarestia è un mistero; ma il cuore dell'uomo sembra che squarci quei veli che ci nascondono una delle più gradite realtà e trova nel cuore divino quella felicità che lo appaga appieno e lo soddisfa completamente.
S. Tommaso chiama questo Sacramento: «Sacramento di carità e pegno di sommo amore»; S. Bernardo: «Amore degli amori» e S. Maria Maddalena chiama il giorno in cui Gesù istituì questo Sacramento: «Il giorno dell'amore». Solo l'amore spiega il mistero eucaristico.
L'amore si prova con la presenza, con l'unione e con il sacrificio. Gesù non disgiunge questi tre atti e si è lasciato come: presenza reale nel SS. Sacramento; come unione nella S. Comunione; come sacrificio nella S. Messa.
La presenza reale richiede dall'uomo una corrispondenza che si esprime colla visita al SS. Sacramento. Consideriamo ora questo atto doveroso e piacevole che l'uomo deve compiere come segno di riconoscenza e di amore.
1) Che significhi visitare il SS. Sacramento;
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2) Utilità della visita al SS. Sacramento;
3) Come visitare il SS. Sacramento.

I. - Che significa visitare il SS. Sacramento.
Significa seguire l'invito: Magister adest et vocat te: «Il Maestro è qui e ti chiama» (Giov. 11, 28). Gesù per noi è tutto: Se nascens dedit socium; convescens in edulium; se moriens in praemium; se regnans dat in praemium: «Nascendo si è fatto nostro compagno; mangiando si è fatto cibo; morendo si offre come prezzo; regnando si dà in premio». Tra gli uomini si scambiano tante visite di congratulazione e di condoglianza, di augurio e di convenienza ecc. Anche Gesù merita di essere visitato. Sì, dobbiamo visitare il nostro Dio per adorarlo, per domandarGli perdono, per implorarne grazie. Visitare Gesù significa andare a Lui, stare con Lui per confidargli le nostre cose, sentire le sue parole, domandar le sue benedizioni.
Si legge nel Vangelo: «Trovandosi di nuovo Giovanni con due suoi discepoli, e mirando Gesù che passava, disse: Ecco l'Agnello di Dio. I due discepoli avendo sentite queste parole, seguirono Gesù. E Gesù rivoltosi a guardare questi che lo seguivano disse loro: Che
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cercate? Ed essi risposero a Lui: Rabbi, (che vuol dire Maestro), dove abiti? Ed egli a loro: Venite e vedrete. Andarono e videro dove abitava e rimasero con Lui quel giorno» (Giov. 1, 35-39).
Ecco una visita a Gesù. Visitare Gesù è dunque andare da Gesù e rimanere con Lui.

II. - Utilità della Visita al SS. Sacramento.
E' utile visitare Gesù per vari motivi.
1) La visita al SS. Sacramento onora Gesù Cristo. Le anime che visitano il SS. Sacramento si possono considerare come la guardia d'onore di Gesù. Non sono guardie trattenute loro malgrado alla sua presenza, per interesse o per stipendio, ma sono guardie d'onore trattenute dal loro amore per Gesù, dal bisogno di stare con Lui. Queste guardie piacciono tanto a Gesù e mentre sono guardie d'amore lo sono pure d'onore, perché visitare Gesù significa riconoscere la sua dignità, la sua bontà, la sua grandezza.
2) E' un onore per noi. Non è sempre facile avere accesso alla presenza degli uomini altolocati e spesso occorrono raccomandazioni speciali. Non è così per visitare Gesù. Dio è Dio ed opera divinamente: Egli è disceso
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fino a noi, tutti ci accoglie; ci ammette alla sua divina presenza e ci invita: Venite ad me omnes: e rimane continuamente in mezzo a noi: Et ecce ego vobiscum sum omnibus diebus, usque ad consummationem saeculi: «Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla consumazione dei secoli» (Matteo 28, 20).
Non è Dio che manca, ma l'uomo. Gesù non rigetta alcuno. Noi miserabili abbiamo avuto delle preferenze da Dio, perché siamo poveri, deboli, infermi, perché apparteniamo al ceto di quanti seguivano e circondavano Gesù. Non egent qui sani sunt, medico, sed qui male habent. Non veni vocare justos, sed peccatores ad poenitentiam: «Non han bisogno del medico i sani, ma gli ammalati. Non son venuto a cercare i giusti ma i peccatori» (Luca 5, 31-32). Ed i peccatori erano i suoi amici; gli ammalati e i poveri il suo corteo; i bambini i suoi preferiti: Sinite parvulos venire ad me, et ne prohibueritis eos: talium enim est regnum Dei: «Lasciate che i fanciulli vengano a me e non glielo impedite, ché di essi è il regno di Dio» (Marco 10, 14); ad essi esternava la sua tenerezza e predilezione. Gesù dunque ci fa grande onore nell'accettarci.
3) E' fruttuosa per l'anima nostra. a) Primo frutto: La visita al SS Sacramento ci dà
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occasione di meritare avanti a Dio un premio maggiore. La visita al SS. Sacramento, la lettura del Vangelo e l'esame di coscienza sono tre grandi mezzi per togliere il peccato, evitare il Purgatorio, avere la grazia di essere ammessi al Paradiso ed avere una visione, un possesso e un gaudio di Dio più intimi. Chi cerca di conoscere Dio nella lettura del Vangelo, avrà una maggior visione di Dio: Gesù gli si svelerà. Chi purifica l'anima sua con l'esame di coscienza si dispone al possesso eterno di Dio e sarà soddisfatto in tutti i suoi desideri. Chi poi nella visita al SS. Sacramento, cerca Gesù, lo troverà, perché: qui quaerit invenit: «chi cerca trova» (Matteo 7, 8).
Gesù non resisterà all'anima che picchia per essere ammessa alla sua presenza, pulsanti aperietur: «a chi picchia sarà aperto» (Matteo 7, 8), e non la rigetterà: et eum, qui venit ad me, non ejiciam foras: «non scaccerò chi viene a me» (Giov. 6, 37), ma anzi l'ammetterà al suo gaudio eterno: intra in gaudium Domini tui: «entra nel gaudio del tuo Signore» (Matteo 25, 21). Chi visita Gesù sulla terra Lo godrà eternamente in cielo. La visita al SS. Sacramento acquisterà all'anima un maggior premio in cielo perché è un esercizio di fede. Sulla terra Gesù è velato, ma l'anima che lo visita solleva quel velo: Credo,
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Domine: «Credo, Signore» alla tua presenza. Essa compie l'atto di fede nel mistero più alto dopo quello della SS. Trinità: e l'atto di fede ottiene la visione di Dio. L'anima dunque che visita Gesù si mette in comunione con Dio, la sua vita spirituale si perfeziona e merita la visione chiara in cielo.
b) Secondo frutto: La visita al SS. Sacramento ci dà modo di parlare con Gesù. Diceva S. Teresa: «Per parlare con voi, o Re del cielo, non vi è bisogno di terze persone: ognuno che vi vuole vi trova nel SS. Sacramento e può parlarvi a suo piacere senza soggezione».
Nella visita al SS. Sacramento l'anima può parlare a Gesù per esprimere i sentimenti di fede, di speranza, di carità; per esporre le proprie domande e suppliche, per manifestare tutte le sue necessità.
L'amore ed il bisogno debbono condurre a Gesù. Tutti quelli che vanno a Gesù con fede e animo retto sono esauditi. Andò il lebbroso: Domine, si vis, potes me mundare. Et extendens manum, tetigit eum dicens: Volo: mundare. Et confestim lepra discessit ab illo: «Signore, se vuoi, puoi mondarmi. Ed egli stesa la mano lo toccò dicendo: Sì, lo voglio, sii mondato. E subito la lebbra partì da lui» (Luca 5, 12-13).
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Andò la Maddalena: «Ed ecco una donna che era peccatrice nella città, appena seppe che Egli (Gesù) era a mangiare in casa del fariseo, portò un alabastro d'unguento e stando ai piedi di lui, di dietro, con le lacrime incominciò a bagnarne i piedi, e coi capelli del suo capo li asciugava e li baciava e li ungeva d'unguento... e Gesù disse a Lei: Ti son rimessi i peccati... la tua fede ti ha salvata, vattene in pace» (Luca 7, 37-50).
Andò il Centurione: «Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente. E Gesù a Lui: Io verrò e lo guarirò. Ma il Centurione rispondendo soggiunse: Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, ma dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito... E Gesù al Centurione: Va', e come hai creduto ti avvenga» (Matteo 8, 5-13).
Andò il cieco: «Signore, che io ci veda. E Gesù gli disse: Guarda, la tua fede ti ha salvato» (Luca 18, 41-42).
Andarono pubblicani e peccatori, e tutti furono illuminati, confortati, sanati.
Andiamo a Gesù per parlarGli, per dirGli tutto.
Vi sono ansietà e pene, vi sono debolezze, vi sono bisogni che non si rivelano mai a nessuno, ma a Gesù si può rivelare tutto. Non
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è cosa amara e difficile parlare a Gesù perché Egli comprende i sentimenti e le intenzioni, e vede l'anima.
c) Terzo frutto: La visita al SS. Sacramento ci fa sentire Gesù. Non basta parlarGli, bisogna anche sentirLo. Audiam quid loquetur in me Dominus Deus: quoniam loquetur pacem in plebem suam: «Voglio sentire quel che dice dentro di me il Signore Dio! Certo, egli parlerà di pace» (Salmi 84, 9); Loquere Domine, quia audit servus tuus: «Parla o Signore, che il tuo servo ti ascolta» (I Re 3, 10); Ego lactabo eam, et ducam eam in solitudinem: et loquar ad cor ejus: «Io l'attirerò dolcemente, e la condurrò nella solitudine e parlerò al suo cuore» (Osea 2, 14).
Gesù parla all'anima con un linguaggio che gli uomini non comprendono, ma l'anima capisce. Quante ispirazioni! Quanta luce! Gesù parla: parla e rimprovera; parla ed invita; parla e conforta; parla ed illumina; parla ed incoraggia. Le sue parole avvincono e stringono l'anima. O se tutti comprendessero questo dono! Si scires donum Dei: «Se conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti parla» (Giov. 4, 10). Se in morte avremo un rimpianto sarà questo: «Potevo con tanta facilità andare a Gesù e l'ho trascurato tante volte».
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III - Come fare la visita al SS. Sacramento.
Uno dei migliori modi per fare la visita al SS. Sacramento è quello che ci porta ad onorare Gesù Maestro: Via, Verità e Vita. E' il metodo che dà all'anima tutto Gesù: la sua dottrina, la sua virtù, la sua grazia; è il metodo che porta a Gesù tutta l'anima: mente, volontà e cuore.
1.a Parte - Verità. E' la parte che conduce alla scuola di Gesù. Consiste nell'onorare e considerare in Gesù Cristo, Dio, somma ed essenziale verità, scientiarum Dominus, nell'esercizio dell'amor di Dio con tutta la mente; nel chiedere al Signore il dono della fede, principio di tutta la giustificazione; nell'invocare la sapienza, la scienza, l'intelletto delle cose naturali e soprannaturali, della filosofia e della teologia. Particolarmente chiedere: la scienza e la prudenza dei Santi, la cognizione del nostro ufficio e del nostro stato, la conoscenza di Dio e delle anime, la grazia di preparare la mente alla visione beatifica. In questa parte si riassumono, si rischiarano, si unificano a servizio di Dio tutte le cognizioni. Si rende gloria a Dio con l'esercizio della fede «ossequio ragionevole» per cui la parte migliore di noi e tutto il creato viene messo a
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sgabello dei piedi di Dio. Si chiede per gli uomini di pervenire alla luce della verità: Haec est autem vita aeterna; ut cognoscant te, solum Deum verum et quem misisti Jesum Christum: «Questa è la vita eterna, che conoscano Te e Colui che hai mandato, Gesù Cristo» (Giov. 17, 3).
Il modo è semplice: si legge qualcosa che ci parli di Gesù, qualche libro che ce lo faccia conoscere: il Vangelo, le Lettere di S. Paolo, la Bibbia, la Dogmatica, l'Ascetica, il Catechismo, la vita di un Santo ecc...; quindi si riflette, si ringrazia Gesù della luce data, si eccita la mente a compiere atti di fede, aiutando questo esercizio con la recita dell'atto di fede o del Credo, di salmi, dei misteri gloriosi e particolarmente col tratto di Vangelo: «In principio era il Verbo ecc.» (Giov. 1, 1-14).
Si domanda poi l'aumento di fede: Credo, Domine, adiuva incredulitatem meam: «Credo, Signore, ma aiuta la mia fede» (Marco 9, 23).
Spesso nella vita si crede poco, eppure justus ex fide vivit: «Il giusto vive di fede» (Gal. 3, 11). In questa prima parte della visita si domanda inoltre che la fede si diffonda, che la luce del Vangelo si estenda e illumini tutti gli uomini.
2.a Parte - Via. E' la parte che ci porta
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a copiare in noi stessi Gesù. Consiste nell'onorare e considerare Dio somma bontà, in Gesù Cristo e con Gesù Cristo; riconoscere la padronanza assoluta che Egli ha su di noi; accettare con l'intero omaggio della nostra volontà i comandamenti, i consigli evangelici, gli esempi divini di ogni virtù che Gesù ci diede; riconoscere che il Figlio di Dio si è fatto nostra via per giungere al Padre e alla gloria celeste; chiedere di farci simili a questo Modello e così aver parte alla di lui felicità; renderGli quindi il completo servizio della nostra volontà «amandoLo con tutte le forze»; contemplare passo passo la vita di Gesù, cercando di ricopiarla nella nostra condotta.
Questa parte uniforma la nostra volontà e tutti i suoi atti a Dio sull'esempio di Colui che piacque sempre al Padre: Hic est Filius meus dilectus, in quo mihi bene complacui: «Questo è il mio Figlio diletto in cui mi son compiaciuto» (Matteo 17, 5); ci offre la via della vera perfezione. In Gesù Cristo vi è la generale e somma perfezione di ogni virtù: più vera, più larga, più alta, più profonda.
Gesù è il grande modello di ogni santità: modello di fede, di speranza, di carità; modello in tutte le virtù morali; modello nelle virtù private: Exemplum dedi vobis, ut quemadmodum ego feci vobis, ita et vos
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faciatis; «Vi ho dato l'esempio, affinché come ho fatto io con voi così facciate anche voi» (Giov. 13, 15); Discite a me, quia mitis sum et humilis corde: «Imparate da me che sono mansueto ed umile di cuore» (Matteo 11, 29).
Gli uomini avevano smarrito la strada della salvezza: Gesù la indicò: Ego sum via (Giov. 16, 6); Venite post me: «Venite dietro a me» (Matteo 4, 19).
Il nostro sommo studio dunque deve essere quello di meditare la vita di Gesù Cristo. In questo esercizio la volontà si emenda, si perfeziona, perché, vista la figura di Gesù attraverso a qualche tratto del Vangelo, dell'Imitazione o di qualche vita di Santo, entra in sé e coll'esame di coscienza scopre i punti in cui si scosta dalla vita di Gesù e cerca di conformarvisi. Il compito nostro è di diventare simili a Lui: Nam quos praescivit, et praedestinavit conformes fieri imagini Filii sui: «Perché quelli che (Dio) ha preveduti li ha pure predestinati ad essere conformi all'immagine del suo Figliuolo» (Rom. 8, 29).
Riconoscere Gesù perfetto in ogni virtù e riconoscere la nostra dissomiglianza non è tutto: occorre pregare. Quindi, in questa seconda parte della visita al SS. Sacramento, si chiede al Signore perdono delle proprie colpe e la grazia di imitare Gesù. A questo fine può
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servire la recita del De profundis, del Miserere, dei Misteri dolorosi, delle Beatitudini.
3.a Parte - Vita. E' la parte che porta a vivere di Gesù e conferma nell'anima la Comunione.
Consiste nell'onorare e considerare Dio - Vita somma ed essenziale, con Gesù Cristo e in Gesù Cristo; nell'esercizio dell'amor di Dio «con tutta l'anima e con tutto il cuore»; nel riconoscere che Gesù Cristo è la Vita divina e che è venuto a comunicarcela: In ipso vita erat et vita erat lux hominum: «In Lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini» (Giov. 1, 4). Consiste ancora nel comprendere che Egli ci comunica tale vita soprannaturale, incorporandoci a Lui nostro capo, come membra; nell'invocare il dono di questa vita; il suo accrescimento ed i frutti che sono la grazia santificante, la fede, la speranza, la carità; i doni dello Spirito Santo, le virtù cardinali ecc.; le grazie attuali necessarie per la nostra vita spirituale. Ego sum vitis, vos palmites: qui manet in me et ego in eo, hic fert fructum multum: «Io sono la vite, voi i tralci, chi rimane in me ed io in lui costui porta molto frutto» (Giov. 15, 5).
Aiuterà questa considerazione la lettura dei tratti evangelici in cui Gesù si manifesta più chiaramente vita dell'anima, come: l'istituzione
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della SS. Eucarestia, il perdono concesso alla Maddalena, l'episodio della Samaritana, il racconto della passione di Gesù ecc.
In questo terzo punto si chiede che l'anima tenda unicamente alla gloria di Dio e alla pace degli uomini. E considerando che la grazia di Gesù fu depositata sul cuore di Maria, si avrà animo e forza di chiedere per sua intercessione tutte le grazie: le virtù teologali, specialmente la carità verso Dio e verso il prossimo, le virtù cardinali, i doni dello Spirito Santo, le beatitudini, la liberazione dal peccato, dalle tentazioni, la santità della vita, la corrispondenza alle grazie secondo il proprio stato ecc.; anzi si pregherà il Signore a volerci concedere anche ciò che ignoriamo esserci necessario.
Inoltre si raccomanderanno al Signore i bisogni di tutte le persone care, tutte le opere di bene, l'apostolato, i moribondi, le anime purganti, i bambini, i deboli, i perseguitati, i persecutori, i superiori, i benefattori, ecc.
L'anima che ama il Signore non ha confini nella sua preghiera, racchiude tutto nel suo cuore: il mondo, il purgatorio, il cielo.

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Andiamo a Gesù, là saremo accompagnati dagli Angeli e dai Santi, fermiamoci in loro
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compagnia e preghiamo: O sacrum convivium in quo Christus sumitur, recolitur memoria passionis eius, mens impletur gratia, et futurae gloriae nobis pignus datur: «O Sacro Convito, in cui si riceve Cristo, rinnovasi la memoria della sua passione, l'anima è colmata di grazia, e ci è dato il pegno della gloria futura».
PREGHIAMO. - «O quanto è soave, o Signore, il tuo spirito, che per dimostrare verso dei figli la tua tenerezza, con pane soavissimo preso dal cielo, colmi di beni coloro che hanno fame, mentre i ricchi disdegnosi rimandi vuoti».
«O Dio, che sotto un sacramento mirabile ci hai lasciato il ricordo della tua passione: deh! concedi di venerare così i sacri misteri del corpo e sangue tuo, da sentire continuamente in noi il frutto della tua redenzione».

(Dalla liturgia del Corpus Domini).


ESEMPIO

Il Sacerdote dell'Eucaristia

Il 3 Febbraio 1851, il Beato Eymard, in una lettera al suo Superiore Generale, così scriveva: «Trovandomi un giorno a Fourvière, fui fortemente impressionato dalla poca divozione che si ha verso il SS. Sacramento...
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dai tanti sacrilegi commessi contro l'adorabile Eucarestia. Commosso da tutti questi pensieri ne sopraggiunse un altro: Bisognerebbe stabilire per gli uomini ciò che si vuol stabilire per le donne: un corpo di uomini per l'adorazione riparatrice, i quali formerebbero una Comunità...». Questa fu la prima illuminazione precisa che il Beato ebbe sull'opportunità di una Opera Eucaristica...
Dopo tante preghiere e tanti dolori il Beato Eymard riuscì finalmente a porre sul primo Trono eucaristico il divin Prigioniero del Tabernacolo. Ciò fu nell'Epifania del 1857. Pochi giorni innanzi, nella riunione generale dei soci dell'Adorazione notturna di Parigi, pronunziò un discorso che tradiva la commozione, da cui si sentiva preso nell'anima, all'avvicinarsi del giorno tanto sospirato. E parlò come egli solo poteva parlare, e disse con chiarezza cristallina le idee fondamentali della sua vocazione Eucaristica.
«Un giorno, - disse, - Giovanni Battista ricevette una deputazione inviatagli dai capi dei giudei per domandargli: Tu quis es? Mi pare, o Signori, che la vostra presenza in questo luogo ci faccia la stessa questione: chi siete voi? Che cosa è quest'opera nuova?
«Alla prima parte della questione noi risponderemo: Noi siamo un niente; e veri niente ci sia dato di essere in mano di Dio! Noi non abbiamo quel che fa la gloria, il successo, la potenza di un'opera. Se noi avessimo presso la culla queste grandezze umane e queste protezioni che sono già la stessa vittoria, noi temeremmo che Iddio non fosse con noi.
«Noi ci facciamo innanzi muniti della benedizione della Chiesa...
«Che opera è questa?
«E' la Congregazione del SS. Sacramento: Religioso del SS. Sacramento, questo è il nome dei suoi figli:
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suo mezzo, l'Esposizione continua dell'Augusto Sacramento. Essa non vieta, no, qualsiasi apostolato esterno; soltanto si limita ai ministeri che si riferiscono più direttamente al nobile suo intento».
Il giorno poi che poté con le sue mani porre la prima volta Gesù sul trono Eucaristico, la sua gioia non ebbe confini. Egli stesso, nel raccontarla, si sente impotente ad esprimersi. Ecco una sua lettera del 19 Gennaio 1857 alla Sig.ra Guillot:
«Quale felicità per noi quella del 6, giovedì! Vedere per la prima volta Gesù nostro Re salire sul trono d'amore, manifestare la sua presenza con questa grazia cotanto singolare. Il mio cuore era troppo pieno per poter parlare e dire i suoi sentimenti: io era quasi muto e stupito dalla meraviglia. Quando penso, infatti, alla via che Gesù tenne per giungere fin qui e farci passare per tante difficoltà senza che ce ne accorgessimo: oggi che vedo queste difficoltà passate, sono come chi ha superato i più grandi pericoli senza avvedersene. Gesù era nella barca e noi dormivamo ai suoi piedi. Oh sì! Dio vuole quest'opera eucaristica, tutti i giorni ne vediamo le prove; ma purché noi corrispondiamo bene ad una grazia sì grande».
Il solo limite che ebbe la sua gioia fu il doversi contentare di far l'Esposizione tre sole volte la settimana, la domenica, il martedì, ed il giovedì che egli chiamava «tre giorni di festa».
Quando, essendo più numerosi, potranno averla sempre «sarà allora il cielo continuato».

(B. P. Giuliano Eymard del Fossati. Pag. 104).

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