Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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ESERCIZI SPIRITUALI - SETTEMBRE 1946



La cronaca informa: «Dal 13 al 22 settembre si sono svolti [a Roma] gli Esercizi spirituali delle Maestre. Vi hanno partecipato le superiore di tutte le Case d'Italia e alcune delle professe più anziane di Roma. Era la prima volta che, dopo la guerra, la nostra casa ospitava tante e sì meritevoli Figlie di San Paolo. Tutto era per loro nuovo e rinnovato; tutto più bello e più caro; tutto più sacro e più intimo. Il rev.mo Signor Primo Maestro tenne le istruzioni e volle che gli "Esercizi$, fossero gli Esercizi "del progresso"»1 /sup>.
Le istruzioni sono tredici più l'Introduzione, e sono pubblicate in Haec Meditare, serie seconda, volume 6, che comprende due corsi di Esercizi del 1946 (settembre e ottobre).
Nel riordinare questa predicazione la curatrice ha seguito un criterio diverso dalle raccolte precedenti. Il volume si apre con una preghiera a Gesù nel mistero della sua passione (p. 7). Le singole meditazioni sono strutturate nel modo seguente:
- preghiera del Veni Creator;
- la parola di Dio sulla Passione, tratta quasi sempre dal Vangelo concordato,
- testo della meditazione vera e propria, in carattere tipografico più grande;
- un esempio di vita o un fatto, distinto dal testo da un segno tipografico: o.
- alcune domande o il semplice richiamo all'esame di coscienza;
- Indicazioni di alcune preghiere: La preghiera sacerdotale (pp. 16-17; giaculatorie e preghiere varie (p. 27).

Questi elementi che fanno da contorno alla meditazione, sono certamente aggiunte della curatrice. Sono quindi stati omessi nella presente raccolta. Si sono conservati invece quelli che in
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qualche modo hanno una connessione con la meditazione o riflettono qualche elemento alberioniano. Riguardo al testo evangelico, si è conservata in nota la citazione.
Gli Esercizi, indirizzati «ad ottenere l'amore di Gesù» (Intr., 10), attraverso il duplice dinamismo del «purificare e accendere il cuore» (Intr., 14), sono anche definiti «Esercizi del progresso» (XIII, 135). Iniziati alla vigilia della festa dell'Esaltazione della Croce, hanno come tema principale la Passione di Gesù. L'autore percorre l'ultima settimana della vita di Gesù dall'ultima cena fino all'immolazione sulla croce. Sviluppa il tema con viva partecipazione al mistero redentivo e con applicazioni alla vita paolina.
È difficile individuare se don Alberione segua un libro particolare.
Il numero delle meditazioni e qualche passo fanno pensare a sant'Alfonso: La via della salute: Quindici meditazioni sulla passione di Gesù Cristo, ma lo sviluppo è personale e applicato alla concretezza della vita paolina.
Il tema centrale è preceduto quasi sempre da esortazioni varie o da indicazioni formative per le superiore. Queste, nell'originale, sono contraddistinte da due asterischi (**), simbolo che è stato omesso. Per facilitare la lettura, visto l'intrecciarsi dei temi, si è creduto opportuno inserire, ove richiesto, dei sottotitoli in corsivo.
Tra gli orientamenti formativi che sottolineano il compito della superiora, si possono evidenziare i seguenti:
Il lavoro spirituale, che deve essere «fedele, semplice, costante» (I, 21) per il quale «la strada è Gesù: egli è la via» (I, 25).
Dilatazione del cuore verso tutto il mondo. Prendendo spunto dalle nazioni visitate nell'ultimo viaggio, il Fondatore incoraggia in tutte lo slancio missionario: «Diffondervi all'estero e pregare per l'estero» (I, 30); propone l'ampiezza dell'apostolato paolino che comprende «tutti i mezzi più celeri e fecondi nel diffondere il regno di Dio sulla terra e nelle anime» (I, 32); sollecita ampiezza di orizzonti: «Nel suo cuore ardente san Paolo sognava anime, popoli. Voleva arrivare a tutti. Dove non poteva arrivare con la parola viva, arrivava con gli scritti» (II, 30).
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CRESCERE NELL'AMORE A GESÙ *

Introduzione

È cosa bella, dolce, pia raccoglierci per gli Esercizi spirituali | [10] nel mese di settembre in cui tanto è ricordata Maria, la nostra Regina. Infatti la festeggiamo più volte in questo mese: la natività, il nome di Maria, l'Addolorata, la Madonna della Mercede, ecc. La Madre raccoglie in questi giorni le sue figlie per istruirle, benedirle, invocare su di loro lo Spirito Santo. E voi sarete figlie docili e la invocherete perché voglia illuminarvi, aiutarvi, portarvi a Gesù e ottenervi il suo amore.

Ottenere l'amore di Gesù è lo scopo generale di questi Esercizi. Si possono fare gli Esercizi per molti fini: secondo le necessità particolari dell'anima propria. Ma oltre a questi fini particolari, indirizziamo questi Esercizi ad ottenere l'amore a Gesù.
Vi sono molti che nel fare gli Esercizi osservano specialmente se hanno fatto progresso: fanno gli Esercizi del progresso in quantoché esaminano se nell'anno hanno fatto vero miglioramento; è cosa buona questa e indice di fervore, come quando si confronta un giorno con l'altro, una settimana con l'altra, un mese con l'altro. E alla fine dell'anno si domanda: che cosa ho fatto in questi trecentosessantacinque giorni? Ho progredito? Gli anni passano, ci avviciniamo alla morte; ma camminiamo anche nello spirito? Ci avanziamo anche verso Dio con intenzioni più rette, con amore più puro, con osservanza più perfetta, con fede più viva?

I. La vita dev'essere tutta un cammino, una conquista. Un | [11] cammino d'amore, una conquista di meriti. E questo, anzitutto, perché tale è il fine della creazione, della vita nostra. Se non cerchiamo Dio, non stiamo bene, non abbiamo pace, non siamo contenti; il Signore ci ha fatti per sé e vuol prendere possesso dell'anima nostra, di tutto il nostro essere.
Per qual fine Dio ci ha creati? Per qual fine ci ha dato il tempo, un nuovo anno e altri ancora, come speriamo? Per conoscerlo di più, per amarlo di più, per servirlo sempre meglio: questa è la volontà di Dio.
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Spesso il vostro bollettino interno Vita Nostra porta la notizia della morte di una nuova consorella: queste notizie ci addolorano, ma la fede ci illumina e noi speriamo di avere in queste anime nuove protettrici in cielo, mentre adempiamo l'obbligo imposto dalle Costituzioni di pregare per esse. Preghiamo perché tutte le sorelle defunte vadano presto in Paradiso e preparino il posto per noi. Dal mio viaggio in Spagna1 ho forte timore che non tutti i nostri defunti siano già entrati in Paradiso; e ho preso la risoluzione di celebrare ogni giorno la S. Messa in loro suffragio. La lista dei nostri defunti si allunga e non tarderà molto adaggiungersi il nostro nome.
La vita dev'essere uno sforzo continuo per arrivare all'amor di Dio: l'eternità è vicina, e l'eternità è amore. Dire di sforzarsi ad amare vuol dire sforzarsi a conquistare il Paradiso.

[12] II. Gli Esercizi sono uno sforzo più intenso per amare di più il Signore: sono anzi atti di amor di Dio. Infatti, essi importano, in primo luogo, la purificazione interiore: togliere tutto ciò che disgusta Gesù. Il volto di Gesù si mostrò mesto. Che cosa indicava questa mestizia di Gesù? Le infedeltà delle anime consacrate a Dio. Oh, sì, se guardiamo nell'interno della nostra anima, quante cose troviamo ancora che dispiacciono al Signore! Vi sono pensieri disordinati, desideri non governati bene, intenzioni non rette, parole non ispirate dalla fede, modi di trattare che non userebbe la santa Madonna. E non vi sarà anche qualche cosa che a Gesù dispiacerà ancor di più ? Spirito di ribellione, mancanze di docilità, di povertà, di carità? Dal tabernacolo viene una grande luce e in questa grande luce il Signore scruta l'anima nostra.Cosa vi scorge? Voglia comunicare pure a noi questa luce.
Ecco una grande grazia da chiedere: «Signore, che io mi conosca»2; che mi conosca per giudicarmi, per condannarmi ove occorre, per sradicare e strappare qualunque cosa ti possa dispiacere. È un inganno non riconoscere di essere ammalati e aspettare a curarsi quando la malattia sarà inguaribile. Scopriamo inostri mali con sincerità, senza aggravarli, senza esagerarli, ma
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anche senza scusarli. Quando compariremo al giudizio di Dio sarà inutile volerci scusare, raccomandarci ad un santo o ad un altro, o anche allo stesso Dio: allora non sarà più giorno | [13] di misericordia, ma giorno di giustizia. Il Signore non dimenticherà un bicchiere di acqua dato ad un povero per suo amore3; ma non dimenticherà neppure una parola oziosa4. Esercizi dunque di amore: in primo luogo togliere ciò che impedisce l'amor diDio; ci sono tante cose che spengono l'amor di Dio in noi e, se non lo spengono del tutto, lo indeboliscono, lo diminuiscono.

III. Gli Esercizi ci devono portare alla pratica della carità.Essi dovranno finire con buoni propositi, con buone disposizioni. Quell'anima non avrà più preferenze per un ufficio o un altro, per una cosa o per l'altra, per un posto o per un altro.
Negli Esercizi si osservi bene la vita religiosa, si cerchi di conoscere di più il Signore, si studino le Costituzioni come si studia il catechismo. Esse sono la via dell'amore, sono il catechismo applicato alla nostra vita speciale. Amatele le Costituzioni, imparatele, e sempre più diligentemente praticatele, poiché in base ad esse saremo giudicati. Ce le siamo scelte noi, fatti adulti, con un impegno cosciente.

IV. La vita è sforzo per amare Dio. Gli Esercizi sono uno sforzo più intenso. Ma ogni giorno voi avete la Visita al SS. Sacramento che è un esercizio di amor di Dio: della mente per conoscerlo, prima parte; della volontà per servirlo, seconda parte; del cuore per amarlo, terza parte. Siamo creati per conoscere Dio? | [14] La prima parte della Visita è indirizzata a conoscere Dio. Creati per servirlo? La Visita, mediante l'esame di coscienza, ci fa vedere se noi lo serviamo veramente e ci porta a propositi di santificazione. Creati per amare Dio? Nella Visita si prega per accendere questo fuoco. La Visita è quell'esercizio di pietà che nel corso della giornata fa ciò che fanno in un anno gli Esercizi spirituali. Fa, in breve, ciò che un'anima deve compiere in tutta la sua vita. La morte dopo una Visita ben fatta è una gran felicità.
È una grazia grandissima, per voi, la Visita. Le Figlie di San Paolo che fanno bene la Visita progrediscono sempre; nel loro cuore si accende sempre più l'amor di Dio.
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In pratica, per far bene gli Esercizi, curare due cose: purificare e accendere il cuore.
1) Purificare. E perciò nei primi due o tre giorni esame di coscienza e atti di pentimento, considerando il peccato, i meriti di cui ci priva e la passione di Gesù Cristo. Osservare il silenzio. Allontanare gli altri pensieri per occuparci unicamente della nostra anima che è la cosa più preziosa. Fu comprata col sangue preziosissimo di Gesù Cristo!
2) Accendere il cuore. Conoscere di più Iddio. Istruirci col leggere libri adatti; soprattutto molta preghiera. Il Signore fa lui, se lo preghiamo. S. Alfonso pregava così: «Mio Dio, voi siete onnipotente, quindi potete farmi santo!» Non trova opposizione il Signore a risuscitare un | [15] morto, ma occorre la sua onnipotenza per far santi noi, poiché noi spesso lo impediamo, resistendo alla sua grazia.

Occorre pregare, perché non mancheranno le tentazioni e quella più frequente e più grave sarà la tentazione di sfiducia. Pregare per avere molta fede. Credere che il Signore ci farà santi se mettiamo la nostra volontà. Ci vuole una fede straordinaria, poiché la grazia della santificazione è straordinaria. "Ma io ho giàv isto tante altre volte che non concludo niente". Ecco il diavoletto che cerca di entrare nell'anima, ecco la tentazione di sfiducia! Se avrete fede e non tentennerete, sarete esaudite. Mosé dubitò per un istante e il Signore lo castigò severamente e non lo fece entrare nella terra promessa5. Eppure Mosé era caro a Dio, scelto da lui a guidare il popolo eletto. Fede ferma ci vuole e, se ne avete poca, domandatela al Signore. Abbiate fede e state in pace; raccolte intorno alla nostra Madre, Maestra e Regina Maria.
La pena di aver offeso il Signore, non sia una disperazione. Gesù è il salvatore: ha versato il suo sangue per scancellare i nostri peccati. Questi giorni siano raccolti e sereni, trascorsi sotto lo sguardo della Madonna. Nessuno è sicuro della perseveranza, poiché su questa terra siamo sempre in pericolo. Talvolta si fanno ancora degli strappi alle Regole! Attraverso a certi strappi passano i ladruncoli, come attraverso i buchi delle siepi. Perciò, | [16] dobbiamo sempre temere, ma sopra questo timore devono sempre dominare la fiducia e l'amore.
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I
IL LAVORO SPIRITUALE*
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Oggi, 14 settembre, è la festa dell'Esaltazione della S. Croce. | [19] S. Paolo scriveva ai Galati: «Io non ho altra gloria che quella della croce: in essa vi è la salute, la speranza, la vita e la risurrezione nostra»1.
La croce è il simbolo della passione di Gesù Cristo e quindi dell'opera di salvezza che ci è venuta per mezzo della sua redenzione.

Giorno del pentimento

Questa giornata è molto adatta a piangere i nostri peccati. Sono i nostri peccati mortali che hanno fatto morire Gesù. Sono i nostri peccati veniali che lo hanno schiaffeggiato, incoronato di spine, sputacchiato, flagellato, insultato. Questi peccati che si commettono con tanta leggerezza, e che si arriva talvolta perfino a scusarli: "Ma io dovevo fare così per tanti motivi!". Quando c'è l'offesa di Dio, non vi sono mai motivi sufficienti per fare secondo i nostri desideri. Oggi passiamo la giornata ai piedi della croce con Maria.
Una donna sentì pronunciare una bestemmia dal marito; gli era sfuggita in un eccesso di collera e di dispiacere: gli erano morti, in breve tempo, per la guerra, tre figli. La moglie allora, prendendo un atteggiamento di insolita autorità, gli disse: "Piuttosto ti dissecchi la lingua! Guarda il cielo, conta le stelle, se puoi: ricordano | [20] le lacrime della Madonna. Ella ha perso un Figlio, ma era l'unico ed era Dio; e lo ha perso per i nostri peccati! Vedi, quante lacrime siamo costati alla Madonna, a questa nostra buona Madre!".
Siamo veramente costati tante lacrime alla Madonna, a Gesù che «flevit»: Gesù pianse sopra Gerusalemme, perché aveva resistito alla grazia 2. Vi sono anime dure come il sasso: neppur
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l'olio le penetra; l'olio della grazia non entra in loro, hanno tanti attaccamenti alla propria volontà, alla propria stima, ai propri gusti e comodità e non si arrendono a Dio, non permettono che la grazia le stringa a Dio. Quando diremo di cuore il «Fiat voluntas tua»3? Solo quando ci colpirà qualche dolore esterno? No; in ogni circostanza della nostra vita, in ogni disposizione data, in ogni momento della giornata dobbiamo fare volentieri la volontàdi Dio.
Oggi, dunque, giorno di pentimento specialmente perché inostri peccati hanno fatto lacrimare Maria e hanno fatto versare a Gesù lacrime di sangue. Notate: sono proprio i nostri peccati che offendono e addolorano di più il Signore; noi che spesso siamo tanto esigenti con gli altri, con i piccoli, i giovani; noi che abbiamo già fatto tutto un lungo cammino illuminato dalla luce di Dio; noi che abbiamo ricevuto tanti benefizi e grazie. Che cosa poteva fare di più Gesù per noi che non lo abbia fatto?

Condizione per il lavoro spirituale

[21] Vediamo ora quali sono le condizioni per un buon lavoro spirituale. Le Figlie di San Paolo hanno tanto desiderio di avanzare nella vita spirituale e nell'amore di Dio. Come deve essere compiuto questo lavoro? Sia un lavoro fedele, semplice, costante.

I. Lavoro fedele. Avete il vostro spirito. «Tenete traditiones»4. Quello che vi fu dato, conservatelo. S. Paolo amava molto i suoi figli, i Galati, e attestava di essere riamato da loro con altrettanto affetto. Tuttavia dovette rimproverarli perché non stavano più a quanto avevano imparato da lui: «O insensati Galati, chi mai ha potuto affascinarvi così da non seguire la verità che vi ho predicata?»5. Qualcosa di simile può succedere a qualcuna di voi.
Tenete il vostro spirito. Assecondate sempre quello che vi è stato insegnato, su tutto: sul modo di confessarvi, di fare la Visita, l'esame di coscienza, la lettura spirituale, di ascoltare la santa Messa, ecc. Se anche un angelo vi dicesse di fare diversamente, non ascoltatelo6, ché non sarebbe un angelo del cielo. Custodite
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come gran tesoro il vostro spirito anzitutto perché è il migliore; e se anche non fosse migliore in sé, per voi è migliore perché è diobbedienza. Se si abbandona, manca la perseveranza e mancando la perseveranza viene a mancare la virtù.
Nelle cose che riguardano la vostra vita | [22] interna, voi siete completamente indipendenti da tutti; come siete indipendenti nelle cose che riguardano l'amministrazione e la direzione della vostra casa.
Nessuno vi può insegnare diversamente. Ogni sacerdote che vi predichi o confessi, prima conoscerà il vostro spirito; e vorrà rispettarlo. Così vuole la Chiesa. Perciò non introducete quelle lungaggini nelle confessioni; non introduceteli quei metodi diversi, quelle varie e diverse direzioni. Tenete il vostro spirito, perché la Chiesa lo ha approvato, approvando le vostre Regole. Questo, particolarmente per le suore più lontane e che hanno meno comunicazioni con i superiori maggiori. Voi avete fatto dei voti: vi siete obbligate a una Regola e i voti sono quelli, e bisogna praticarli; le Costituzioni sono quelle dell'Istituto e avete l'obbligo, il merito, la gioia di osservarle. Alla fine verrà il premio per coloro che sono fedeli e perseveranti.

II. Semplice. I turbamenti, le agitazioni non sono di Dio. Avete nell'Istituto dei begli esempi di anime semplici, che camminano con la libertà e la gioia dei figli di Dio e con passo svelto e deciso verso la perfezione, verso il puro amor di Dio. Semplicità significa anzitutto essere chiari: non credere che vi sia più colpa di quanta ve n'è, parlando dei peccati; o che siano più numerosi di quel che sono realmente. Non crearsi nella fantasia cose che non esistono; o pensare con la mente che siano più gravi di quel che | [23] sono. Siete sicure di essere nella volontà di Dio, sulla via buona: non cercate dubbi, o vie migliori. Andate avanti serene.
Quale dubbio potete avere di non aver vocazione? Dio è stato tanto buono con voi. Se avete fatto i voti volenterosamente e con amore, e ve li hanno accettati, non tentennate, ma pregate per osservarli. Andate avanti serenamente. Se ci fosse stata vera malizia, ci potrebbe essere qualche dubbio; ma quando non ci furono inganni reali, positivi, maliziosi, non ci può essere dubbioc he la via scelta sia la vostra. Avete un apostolato bellissimo: perché guardare quello che si fa a destra o a sinistra? Avete le migliori pratiche di pietà, potete farvi sante, potete farvi tanti
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meriti: andate avanti, lietissime di ogni decisione presa. Non rifabbrichiamoci noi un modo di vivere e di pensare. La scelta fu buona, perché andremo adesso al meno buono? E se un proposito o un programma di lavoro spirituale fu scelto negli Esercizi spirituali siate costanti. Né vi inducano a mutarlo considerazioni o suggerimenti diversi.
Quanto poi al lavoro spirituale positivo, i propositi siano chiarie fermi: che tutto l'essere nostro sia di Dio e sempre. Essere di Dio al momento della Comunione o della Visita, ma esserlo pure in ricreazione, in parlatorio. Non vergognarsi dell'apostolato, delle pratiche, degli usi nostri propri. Essere semplici, parlare con schiettezza agli altri e pensare rettamente di noi stessi. Propositi semplici: abbraccino sì mente, volontà e cuore, ma senza complicazioni. Abbiate la | [24] semplicità delle colombe7; le cose complicate non piacciono. La SS. Vergine camminava direttamente verso l'amore, verso Dio. Eliminiamo ogni artificiosità, andiamo subito a Gesù. Subito aderenti, vicino al Signore.

III. Il lavoro spirituale deve essere ancora costante. Esaminiamoci: tutti i mesi dell'anno sono stati ugualmente fervorosi?I Ritiri mensili sono stati ben fatti? Abbiamo progredito costantemente in questo amore di Dio? Abbiamo osservato i propositi degli ultimi Esercizi spirituali?
Quando si fa il Ritiro si concepisce maggior fervore e maggior buona volontà, quando andiamo a confessarci, per poco che ci confessiamo bene, si ridesta in noi la buona volontà: questo risveglio, questo fervore si son mantenuti tutto il mese, tutta la settimana? Al mattino si va in chiesa desiderosi di nutrire lo spirito. Certamente si esce con risoluzioni buone, con una certa chiarezza circa quello che vogliamo fare nella giornata. L'esercizio del mattino è una luce, un conforto, un incoraggiamento per la giornata. A mezzogiorno siamo ancora così? E alla sera? Molte volte questo fuoco che al mattino viene riacceso, si affievolisce: siamo perseveranti? Conserviamo sempre il fuoco dell'amor di Dio, dello Spirito Santo? Non stacchiamoci da Dio neppure un istante. Se dobbiamo raccogliere i frutti, guardiamo di tenerci attaccati all'albero per non cadere. Ogni tanto rinnoviamo lo spirito con una maggiore unione a Gesù, con comunioni
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spirituali, | [25] con giaculatorie. Poi, stiamo attenti a turare i buchi, le ferite che il diavolo o il mondo tentano di aprire nella nostra anima. Far uso delle giaculatorie indulgenziate per tenerci più unite a Gesù, per riprenderci dopo una debolezza.
Quando si arriverà al punto di morte, la più grande consolazione sarà l'essere stati perseveranti, l'aver camminato semplicemente e direttamente verso Dio, nostro sommo bene ed eterna felicità.
È avvenuto che qualche anima, per aver letto questo o quel libro, per aver sentito questo o quel predicatore o consigliere, è ritornata al punto di inizio e sopra i problemi già risolti come se nulla avesse imparato nell'Istituto o mai avesse studiata e sceltala sua via.
Non tornate indietro. Conservate il vostro spirito e il vostro modo di lavorare spiritualmente. Ora questo non è più di libera scelta, ossia non deve più lasciarvi dubbi o esitazioni: esso è ben determinato, tanto più per chi ha fatto i voti perpetui. Nutrirsi del pane di casa: è sempre il migliore. Il vostro spirito è il migliore per voi. Né potete, ormai, lecitamente allontanarvene.
Gli Esercizi sono come una tappa per vedere se ci troviamo sulla strada giusta; e la strada è Gesù: egli è la via.
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II
INIZIO DELLA PASSIONE DI GESÙ*

[30] S. Paolo era acceso di zelo dopo che il Signore aveva lavorato la sua anima specialmente durante il ritiro di Arabia. Nel suo cuore ardente egli sognava anime, popoli. Voleva arrivare a tutti. Dove non poteva arrivare con la parola viva, arrivava con gli scritti: quegli scritti che hanno attraversato i secoli e sono giunti fino a noi e fanno ancora tanto bene. Questo cuore di S. Paolo così acceso, a cui non bastavano i popoli1, dev'essere la vostra eredità. Voi dovete essere eredi del suo spirito, della sua carità, dei suoi desideri. È ottima cosa quella che state facendo: diffondervi cioè, nelle varie nazioni all'estero. Tutte all'estero? No, ma tutte in preghiera per l'estero; tutte chiudere nel cuore le anime di tutto il mondo. Dilatare il cuore come quello di S. Paolo. Egli amava tutti e pregava «pro omnibus»2; in quell'«omnibus» è compresa tutta la terra. Tutte le Figlie di San Paolo per tutti i popoli.
Ho letto un articolo intitolato: Come prima e peggio di prima. Proprio così oggi nel | [31] mondo quanto a morale, libertà ecc.: il dopoguerra ci trova come prima e peggio di prima. Com'è diverso lo spirito di S. Paolo! Egli conquistava per salvare ed elevare. Pregate per l'estero. Tenete presente al vostro cuore tutto il mondo.

Argomento per la considerazione presente: l'inizio della passione di Gesù Cristo.
L'agonia di Gesù fu prodotta specialmente dal pensiero che, nonostante la sua passione, molti si sarebbero dannati. «Dolores inferni circumdederunt me»3: fu questo il tormento più grave che dovette provare Gesù. Se una forza divina non avesse sostenuto il Salvatore, egli sarebbe morto nel Getsemani nel considerare
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quante anime si sarebbero dannate nonostante la sua passione: «Quae utilitas in sanguine meo?»4.

I. Contemplate Gesù nell'ultima Cena e fermatevi a considerare il contrasto fra il grande amore, il gran cuore di Gesù verso gli uomini da una parte, e l'odio feroce degli uomini contro di lui.
Dice S. Paolo: «In qua nocte tradebatur...»5. Proprio in quella notte, Gesù istituì l'Eucaristia. Cacciato dal mondo, egli decideva di rimanervi per sempre: «Ecce, ego vobiscum sum omnibus diebus»6. Non mi volete? Vi saranno anime che mi ameranno... E le Figlie di San Paolo sono tra | [32] queste. Lo cercano, e ogni mattina con desiderio ardente lo ricevono nel proprio cuore, e lo visitano ogni giorno. Fate la Visita in riparazione dei peccati della stampa, del cinematografo, della radio disonesta. Voi sapete benissimo che la Pia Società San Paolo non è stata istituita solo per l'apostolato della stampa, ma per tutti i mezzi più celeri e fecondi nel diffondere il regno di Dio sulla terra e nelle anime. Il Cardinale di Lisbona7 mi diceva che ciò che fa più male, attualmente, in Portogallo (e anche altrove), è la continuità delle rappresentazioni cinematografiche a cui interviene tutta la gioventù dal mattino alle otto fino a mezzanotte. E sono in maggioranza film da sconsigliarsi.
Il Salvatore sapeva che Giuda aveva già combinato il contratto di tradimento coi sacerdoti del Sinedrio, come si tratterebbe la vendita di un cane o di una bestia qualunque. Il Sinedrio aveva pattuito con lui trenta denari e aspettava di pagarlo quando egli avesse consegnato Gesù nelle loro mani; non in giorno di festa però, affinché il popolo che l'amava non tumultuasse, né lo difendesse.
Insipienza umana! Viene dal cielo il Salvatore degli uomini per portare ogni bene sulla terra, e vedete come è accolto! E vi stupirete se il sacerdote è perseguitato, se la sua opera è ostacolata, se i vostri sforzi per fare il bene, molte volte, restano annullati? Mentre il male è accolto, applaudito?
Gesù prevedeva bene quello che sarebbe | [33] successo nella notte:
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«Percutiam pastorem et dispergentur oves»8. E infatti tutti gli Apostoli fuggirono, abbandonando il Maestro: «Relicto eo, fugerunt»9. Ciò che dava maggior pena a Gesù era il conoscere e pensare alla condotta che avrebbe tenuto Pietro in quella notte, quel Pietro che era stato il suo confidente, che doveva essere il capo visibile della sua Chiesa, lo avrebbe rinnegato e avrebbe confermato la sua negazione con giuramento.
Oh, la debolezza umana! Non stupitevi se qualche volta si trova chi trasgredisce i voti. Il cuore umano è un mistero. Bisogna compatire e pregare; aiutare specialmente chi si trova in maggiori bisogni. Gesù amava tutti, ma in modo particolare i peccatori coi quali si mostrò pieno di misericordia.
Proprio quando Gesù sente il suo cuore oppresso da questa visione dolorosa di ingratitudini e di abbandoni, prende fra le sue mani il pane, lo benedice, lo spezza e lo offre agli Apostoli dicendo: «Prendete e mangiate: questo è il mio corpo». E, preso il calice, alza parimenti gli occhi al cielo, lo benedice e lo offre agli Apostoli dicendo loro: «Prendete e bevetene tutti: questo è il calice del mio sangue, che sarà sparso per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me»10.
Con queste parole Gesù istituì l'Eucaristia e il sacerdozio. E i sacerdoti continuarono e continuano l'opera di Gesù; da una parte all'altra del mondo Gesù Cristo viene offerto a salvezza, | [34] conforto e refrigerio delle anime. Egli ripete ancora a tutti: «Venite a me, voi tutti che siete affaticati e afflitti ed io vi ristorerò»11. Gesù, in quel momento, guardava avanti nei secoli e vedeva gli uomini di tutti i luoghi e di tutti i tempi, e per tutti e per ognuno in particolare offriva se stesso. Egli viene a noi, ad ognuno di noi come se esistessimo solo noi. Egli non ha diviso i suoi doni, ma li dà a tutti interamente. Anche noi gli eravamo presenti quella sera; e, come si rivolgeva agli Apostoli, così si rivolgeva anche a noi.

II. Gesù s'incammina verso il Getsemani. Ma prima, con gli Apostoli, recita l'inno del ringraziamento e la preghiera sacerdotale che è divisa in tre parti: nella prima Gesù prega per sé; nella seconda per gli Apostoli; nella terza per la Chiesa.
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Le preghiere fatte per sé sono più facilmente esaudite. Pregare in primo luogo per noi stessi: abbiamo tanti bisogni! Vi sono anime troppo sicure di sé, si credono già buone! Pregare per noi, sentire il bisogno di Dio, di essere soccorsi giorno per giorno, momento per momento. Vi sono persone che non comprendono neppure le loro molte necessità. Questo può avvenire, specialmente quando si hanno certi uffici di responsabilità; allora si esige la preghiera più dagli altri che da noi stessi. In primo luogo bisogna pregare per sé. Nella S. Messa la Chiesa fa ripetere al sacerdote tante volte l'atto di pentimento; ossia fa domandare tante volte perdono prima | [35] per sé e poi per il popolo. Non affannarsi né disperare, ma nella pace e serenità esaminare le nostre incorrispondenze; riconoscere che non abbiamo ancora corrisposto abbastanza alle grazie del Signore; chiedere perdono delle nostre infedeltà e trasgressioni. Oh, se fossimo più buoni, se avessimo corrisposto di più alla grazia, quanto maggior bene avremmo potuto fare! Come sarebbe più efficace il nostro apostolato se ognuno fosse «innocens manibus et mundo corde!»12.
In secondo luogo Gesù pregò per gli apostoli. Pregare per i sacerdoti, perché da loro tanto dipende il fervore e la salvezza del popolo. Essi sono i capitani dell'esercito cristiano. Occuparsi delle vocazioni sacerdotali è opera grandemente meritoria.
In terzo luogo Gesù pregò per la Chiesa. Pregare per la Chiesa affinché si estenda. Vi sono nazioni che da secoli e secoli sfruttano milioni di uomini e li tengono sotto il giogo della loro tirannia, ma questa è rapacità. La Chiesa, invece, fa le sue conquiste per beneficare, per diffondere la dottrina e il regno di Cristo nelle menti e nei cuori di tutti gli uomini.

III. Gesù va nell'orto e ivi si ferma a pregare. Gli Apostoli sono divisi in due gruppi: otto all'entrata dell'orto degli ulivi; altri tre più avanti e più vicini al Salvatore.
Gesù, solo, prostrato a terra, si sente oppresso soprattutto da tre pensieri: la passione e le ingratitudini degli Apostoli; quelle del popolo | [36] che ne avrebbe chiesto la morte; quelle del Sinedrio che l'avrebbe condannato. Ebbe pena e tristezza per tutti i peccati che l'opprimevano. Il Padre glieli addossò tutti, quasi da farne lo stesso peccato. Anche noi pesammo, quella notte, sul
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cuore di Gesù; anche noi contribuimmo a farlo sudar sangue! Proprio noi che siamo stati scelti da lui a stargli più vicino, a consolarlo; che lo riceviamo tutti i giorni nel nostro cuore! Se mi avesse tradito il mio nemico, lo sopporterei13; ma tu, a cui ho dato tutto me stesso, che ho fatto partecipe di tutti i miei doni...;q uesta è pena più grande.
Gesù aveva la visione di tante anime che gli sarebbero state strappate dal demonio e trascinate nell'Inferno. Il peso che l'opprimeva, diventava sempre più grave. «Padre, pregava, se è possibile, allontana da me questo calice». Ma: «Non mea, sed tuavoluntas fiat... Non sicut ego volo, sed sicut tu»14.

Noi dobbiamo domandare le grazie che ci sembrano utili. Non è proibito chiedere anche grazie materiali, e tanto meno è proibito chiedere grazie spirituali. Però non fermiamoci su quelle grazie determinate, ma aggiungiamo, come Gesù: «Non mea, sed tua voluntas fiat». Perché può essere che il Signore voglia dare a noi un'altra grazia che ci giovi assai di più. «Non sicut ego volo,sed sicut tu». Noi siamo tanto ciechi; non sappiamo ciò che ci conviene, mentre il Signore lo sa. Se il Padre celeste vorrà invece darci grazie diverse da quelle che noi | [37] vogliamo, lasciamolo fare; e riposiamo tranquilli come bambini nelle braccia del padre. Ciò che noi dobbiamo cercare soprattutto è la nostra santificazione e l'uso dei mezzi che sono di sicura volontà di Dio, perché determinati dalle Regole. Disporci a fare la volontà di Dio già manifestata e certa. Quando si è malati si può chiedere di guarire? Sì; ma prima bisogna che ci sia la disposizione di compiere la volontà di Dio qualunque cosa disponga di noi. Stiamo certi: il cuore di Gesù ci ama più di quanto noi amiamo noi stessi; abbiamo fiducia in lui. La fede non è completa se manca la disposizione di fare la volontà di Dio qualunque essa sia. Ma quando la fede è vera e vi è amor di Dio nel cuore, Dio esaudisce chi prega; e gli dà quello che è più utile per la santificazione.
Una bella poesia americana dice: «Come un piccolo bambino riposa sicuro tra le braccia del padre, così l'anima che ha fede sincera riposa sicura sul cuore di Dio».
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III
LA CATTURA DI GESÙ*
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Il Signore Gesù fece la sua orazione nell'orto uniformando la| [41] propria volontà a quella del Padre: «Non sicut ego volo, sed sicut tu»1. Ecco quello che noi vogliamo e dobbiamo sempre dire davanti alle disposizioni e ai doveri quotidiani.
La conclusione della preghiera umile, perseverante, fiduciosa di Gesù, fu la prontezza alla volontà del Padre: «Surgite, eamus,ecce appropinquat qui tradet me»2: Alzatevi, andiamogli incontro. E andò incontro alla passione con coraggio. Noi, andare incontro al dolore, alla croce, non abbiamo sempre il coraggio di farlo. E perché questo? Perché non abbiamo il concetto | [42] sufficientemente giusto del dolore e perché la natura prova istintiva ripugnanza a soffrire, ma soprattutto perché è scarsa la preghiera.

Valore della sofferenza

Non abbiamo il concetto giusto del dolore. Oh, il valore della sofferenza! E quanta luce richiede questo apprezzamento della sofferenza!
Buona è la preghiera, migliore il lavoro per il Signore, ottima è la sofferenza. E quanto più questa è comprensiva, tanto più è gradita al Signore.
Gesù entrò in cielo con la croce. In Paradiso la sua più grande gloria è la croce. Quando verrà a giudicarci, egli sarà preceduto dal segno della croce. Essa è diventata la vittoria e la gloria di Gesù Cristo.
Gloria di Gesù è l'essere stato confitto alla croce per adempiere la volontà del Padre. E come la croce è motivo di gloria per Gesù, così è motivo di gloria, di salvezza e di felicità eterna per noi: «In patientia vestra possidebitis animas vestras»3.
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Il lavoro spirituale, lo sforzo quotidiano per dominare le nostre tendenze cattive, le nostre passioni e le nostre miserie, porteranno frutto solo con la mortificazione e l'«abneget». Gesù Cristo ha messo sempre come prima condizione a seguirlo, il rinnegamento di noi stessi: «Chi vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua»4.
La sofferenza è la sorgente felice di tanti meriti per l'eternità. Ed è pure un vero apostolato. Prima l'apostolato della preghiera, poi delle opere, ma si deve sempre completare con l'apostolato | [43] della sofferenza. Così fu per Gesù, il quale dalla culla al Calvario intessé una corona di sofferenze: «Tota vita Christi crux fuit et martirium»5.
La sua opera più particolarmente redentiva fu quella della croce. La intendono questa sofferenza tutte quelle anime che hanno pene esteriori o interiori? Vi sono santi che ritenevano perduta la giornata in cui non avevano avuto qualche sofferenza fisica o morale. Noi invece, in questo, siamo spesso come i mondani: abbiamo ancora lo spirito del mondo che ritiene la sofferenza una disgrazia.

La sofferenza è apostolato

La sofferenza è, invece, non solo una prova ma un apostolato; è un segreto di gioia, è la partecipazione all'opera redentrice del Salvatore. Questo per le anime che amano davvero Gesù. Ma coloro che sono suoi amici all'ultima cena e lo abbandonano quando ha principio la passione, non comprendono il «mi segua».
Come portiamo noi la croce? Gesù vi andò incontro. Molte anime invece la fuggono! Avrebbe potuto liberarsene Gesù, bastava che lo volesse: «Non sapete che se lo volessi pregherei il Padre e mi darebbe subito dodici legioni di angeli?»6. Ma no: «Surgite, eamus!» e incontrò con coraggio il traditore: «Amico, che sei venuto a fare?»7. Ecco quello che gli dovette costare il
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sangue del cuore: chiamare amico colui che lo aveva venduto per trenta denari, colui che lo tradiva proprio con un bacio.
Noi siamo invece tanto vendicativi! Se | [44] sentiamo una minima cosa contro di noi, subito ci ribelliamo, stiamo in sospetto, riguardiamo con occhio torvo, critichiamo, parliamo male, facciamo delazioni. Andare adagio nel parlare, nel riferire: farlo solo nel caso in cui ci siano dei danni gravi alle anime o alla Congregazione assolutamente da evitare, ma prima avvertire sempre la persona. Siamo così portati noi a vedere di malocchio chi ci ha ripreso o giudicati malamente! Gesù non faceva così! Anche se qualche persona vi ha fatto qualche dispiacere, non vendicatevi: preparatele il più bel sorriso, trattatela meglio di prima, siate caritatevoli! Vinciamo noi stessi e vinciamo con la carità il male 8. Superiamo noi stessi in queste occasioni e, finché c'è l'amaro in bocca, non parliamo. Aspettiamo a parlare l'indomani, dopo aver ricevuto Gesù nel cuore e preso consiglio da Gesù appassionato.
Su questo punto io ho ammirato più volte la semplicità e il garbo di alcune di voi che, o andando in case ove non sono ben accolte, o sui treni, o sulle corriere, o anche solo nelle vie e nelle piazze, sanno usare tanta semplicità e garbo nel dare risposte buone e concilianti.
Ciò non vuol dire che bisogna adattarsi a quello che altri dicono, magari di irragionevole, ma significa usare fortezza e mitezza nel medesimo tempo. Ciò è doppiamente meritorio: fortezza e mitezza. Questa è la vera posizione dell'apostolo. Fu quella di S. Francesco di Sales, quella di Gesù, che avendo ricevuto uno schiaffo da un | [45] soldato, disse dolcemente: «Se ho parlato male, dimostramelo; e se ho parlato bene, perché mi percuoti?»9. E S. Paolo a chi gli impediva di continuare la sua missione, rispondeva: «Sono cittadino romano!»10. E dalla prigionia mandò a dire di liberarlo perché era cittadino romano. Quando i giudici, spaventati, volevano farlo partire silenziosamente, egli si oppose; volle invece, che essi venissero e riparassero pubblicamente l'ingiustizia commessa. Non era la vendetta, ma l'onored el Vangelo, la gloria di Gesù Cristo che egli voleva.
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Essere dolci non vuol dire dimenticare la virtù della fortezza, ma esercitare due virtù secondo il tempo ed il modo. Gesù, rivolto a Giuda, parlò con dolcezza; ma gli ricordò pure, con fortezza, il suo gravissimo peccato: «Osculo filium hominis tradis? Con un bacio tradisci il tuo Maestro?»11. E fu l'ultimo richiamo della misericordia divina.
Una Comunione sacrilega è come il bacio di Giuda. Si commettono tanti sacrilegi nel mondo. Ripariamo! Gesù non usa vendetta, ma misericordia e forza. Se un moribondo si ostina a non voler ricevere i sacramenti, diciamogli pure: Ci rivedremo al giudizio!
A chi far più del bene? A chi più ci fa del male. Cercate di fare più piacere a coloro che vi sono più antipatici; con le persone che ci sono simpatiche siamo già inclinati a benevolenze per natura. Lo sono anche i pagani. Ciò però non vuol dire che si debba stimare chi è meno buono. | [46] La SS. Vergine ama di più chi più l'ama, chi è più santo, ma la SS. Vergine ha più cura di chi è più miserabile. La carità ci obbliga ad amare di più chi è più vicino a Dio, ma bisogna avere più cure verso i bisognosi. La madre ha maggiori premure per il figlio malato.

Gesù si consegna volontariamente

Gesù fu preso e legato. Prima egli mostrò agli sgherri che si dava nelle loro mani volontariamente: «Chi cercate?» disse ai soldati. «Gesù nazareno» risposero quelli; e Gesù: «Sono io»; e stramazzarono a terra ma non si arresero a questa lezione. E Gesù ripetè: «Chi cercate?»; «Gesù nazareno»; «Sono io» e si consegnò ad essi12.
Quando c'è un dovere pesante, a chi si affida? A chi ha più generosità nell'amor di Dio.
Gli Apostoli fuggirono, perché non erano preparati. Non avevano pregato, mentre Gesù aveva insistito: «Vigilate e pregate affinché non entriate in tentazione»13. «Omnes, relicto eo, fugerunt»14. Tante volte Gesù è lasciato solo. Soffre ed è lasciato
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solo. Il mondo e il demonio in certi momenti sembrano avere il sopravvento. Si troveranno delle anime che resteranno in compagnia di Gesù? Talvolta non solo i mondani fuggono, ma anche noi siamo spesso tanto freddi con Gesù!
I nemici di Gesù si precipitano addosso a lui ed egli li rimprovera: «Siete venuti con spade e bastoni a prendermi, come se fossi un assassino; ogni giorno sedevo tra voi nel tempio ad insegnare e non mi avete preso, ma questa è l'ora | [47] vostra e il potere delle tenebre»: «Potestas tenebrarum»15.
Il «potere delle tenebre» oggi è il comunismo russo: il diavolo incarnato. La donna, la suora resti in preghiera a sollecitare l'aiuto di Dio, affinché il potere delle tenebre non abbia ilsopravvento. Che passi l'ora del diavolo e delle tenebre; che arrivi il regno di Dio.
I nemici di Gesù non trovano nulla di meglio che diffondere l'errore, la calunnia. I ladri lavorano di notte o di nascosto. Il nemico opera nelle tenebre.
Quando in Alba fu costruita la chiesa della Madonna della Moretta16, vi era tanta rabbia nei socialisti. Alla domenica si doveva inaugurare con gran festa la statua di Maria SS. e dovevano intervenire tutti i fanciulli che avevano fatto sottoscrizioni di offerte. Gli avversari, per impedirlo, di notte sporcarono tutti i ponti della chiesa e le scale: il diavolo opera nelle tenebre. Ma i figli di Dio operano nella luce e diffondono la verità nella luce. Siate felici della vostra missione: voi siete apportatrici di luce, di verità. Pregate che vi risplenda sempre più la luce di Dio. Il Maestro divino voglia illuminarvi sempre più.
Concludere oggi con risoluzioni pratiche; quelle che vi ispira Gesù. Ripetiamo spesso, nella giornata: «Passio Christi, conforta me!»17.
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IV
GESÙ DAVANTI AI TRIBUNALI*

[52] Gesù fu legato come un malfattore: «Siete venuti con spade e bastoni come per un ladrone»1. Ma è il «potere delle tenebre». Il potere delle tenebre è molto esteso nel mondo: è il potere del demonio. Da quanti è seguito e sostenuto! La vita è lotta fra il bene e il male. La città di satana in lotta contro la città di Dio. Presero adunque Gesù e lo condussero ad Anna. Pietro lo seguiva da lontano. Seguiva tutto il corteo in modo da non farsi vedere: voleva osservare come andavano a finire le cose. Con lui era un discepolo amico del pontefice il quale trovò modo di far entrare anche Pietro nell'atrio.

Pietro rinnega il Maestro

Faceva freddo e nell'atrio era acceso un fuoco. Pietro vi si avvicinò mostrando di volersi scaldare. Non era tanto per scaldarsi, quanto, invece, per dissimularsi, non farsi notare, e così indisturbato, attendere la fine di quel primo giudizio. Ma qualcuno lo riconobbe e cominciò a indicarlo: «Anche questi era con lui!». Pietro, vedendosi scoperto, rispose negando e protestando di non conoscere Gesù. Non solo negò, ma giurò e spergiurò: «Quia non novi hominem!»2. Comprendiamo la gravità della colpa! Era il confidente di Gesù e Gesù gli aveva fatto promesse che a nessun altro aveva fatto. Lo aveva eletto capo della sua Chiesa, affidandogli le chiavi del regno dei cieli: «A te darò lechiavi del regno dei cieli: e qualunque cosa avrai legata sulla terra, sarà legata anche nei cieli; e qualunque cosa avrai sciolta sulla terra sarà sciolta anche nei cieli»3. Potere sconfinato, soprannaturale! Pietro aveva | [53] poi avuto da Gesù segni particolari di affetto: Gesù aveva predicato dalla sua barca, lo aveva portato
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con sé sul Tabor; nell'orto degli ulivi lo aveva voluto più vicino.Nell'ultima cena gli aveva dato avvisi speciali. Lo aveva già prima anche ammonito: «Simone, Simone, ecco Satana vi vaglia come il grano». Chiara la predizione. «Ti dico, non canterà il gallo, quest'oggi, prima che tu, per tre volte, abbia negato di conoscermi»4. E Pietro aveva protestato: «Se anche tutti ti rinnegassero, io non ti rinnegherò. Con te son pronto ad andare in prigione ed alla morte»5. Ma a quella cordiale affermazione, seguì poi una triplice negazione. Aveva confidato nelle sue forze ed era caduto.
Riflettiamo: è cattiva cosa confidare in se stessi. Cattiva cosa, perché è contrario alla teologia; è un errore. Ed è tanto più pericoloso, questo, quanto più si è in alto. Se anche fossimo santi come S. Luigi6, possiamo ancora peccare da un momento all'altro. Perché portiamo un abito diverso dagli altri, vogliamo presumere di noi stessi? Diffidiamo di noi perché è facile illuderci. Quel vedersi ascoltati, obbediti, riveriti, ci persuade forse di essere qualche cosa? Quello che avete di autorità, non vi appartiene, è di Dio. Non confondere te stessa con Dio. Chi si piegherebbe ad obbedire ad una semplice sorella se non riconoscesse in questa l'autorità che viene da Dio7?
Vi sono superiori e superiore di poco spirito | [54] che prendono un atteggiamento autoritario; si permettono pure titoli poco onorifici, come: "Ti ho mandato e non mi hai ascoltato!... Ignorante… Bugiarda...". Mai una superiora è autorizzata a trattare in tal modo le sue suddite. Mai è autorizzata a trattare con intimità o sensualità (baci od abbracci per indurre ad obbedire ed arrendersi). Io vorrei che tutte le Figlie di San Paolo imitassero la Sig.ra Prima Maestra, nel modo di governare e nel comportamento umile, dignitoso, riservato, pensando che il vostro apostolato avrà tanto più efficacia quanto più sarete semplici e prudenti.
Satana è astuto: fa presto a mettere assieme acqua santa eterra per fare del fango! E neppure lasciatevi trattare con troppa confidenza da nessuno; neppure con troppa sentimentalità spirituale
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da chi pare tutto premuroso per l'anima vostra. Voi siete diGesù; siete consacrate a Gesù. Non mettervi nelle occasioni! Non prendere mai il fare autoritario né il fare troppo sdolcinato. Né siate deboli da permettere mormorazioni. Fortezza dolce e dolcezza forte con tutti!
L'occasione è pericolosa sempre e lo fu per il capo della Chiesa. Ciò che non bisogna leggere, non si legga; ciò che non bisogna trattare, non si tratti. Il parlatorio sia breve; le lettere siano brevi. Le persone mature e di spirito si accontentano di lettere brevi e di risposte brevi. Le persone semplici e rette scrivono brevemente e con chiarezza.
Le persone che vengono in libreria: | [55] signorine, sacerdoti, religiosi, ecc. si trattino con disinvoltura umile e con brevità. Garbate con tutti, ma brevi, brevi, brevi. E vi accorgete subito se siete fornite della prudenza del serpe8; quando non vi sono cose serie da dire, e tuttavia si fermano sotto pretesti futili a lungo, tagliate corto! Non scrupoli, ma riservatezza, come avrebbe fatto Gesù. «Et ne nos inducas in tentationem»9. Preghiamo nostro Signore che, o non ci lasci tentare, o ci faccia vincere la tentazione.

Davanti ad Anna e Caifa

Anna trattenne Gesù forse una mezz'ora. Quando Gesù uscì, vide Pietro che si scaldava al fuoco: lo guardò, lo fissò. Pietro capì. Ricordò gli avvisi dell'ultima cena; e, tocco dalla grazia e dal pentimento, uscì fuori e pianse amaramente: «Exivit foras et flevit amare»10.
Riconoscere subito i peccati, gli sbagli fatti; piangerli, ma mettersi subito in pace con Gesù. Non ostinarsi, non negare, non coprire, non portare scuse, ma essere sinceri e pronti a risorgere.
Gesù fu condotto a Caifa e là si fece il giudizio notturno. Gesù era in mezzo ai sinedriti come un malfattore. Gioia satanica in quei sinedriti che credono di avere ormai vinto colui che stimavano loro competitore. Caifa cominciò ad interrogare Gesù sulla sua dottrina, sui suoi discepoli. Ma Gesù rispose: «Io ho sempre parlato in pubblico, al mondo, io ho sempre insegnato
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nelle sinagoghe e nel tempio, dove s'adunavano tutti i giudei e niente ho detto in segreto. Perché interroghi me? Interroga quelli che | [56] mi hanno udito»11. Fu allora che un soldato gli diede uno schiaffo. Insensato, temerario! Schiaffeggiare il nostro Dio! Si schiaffeggia, qualche volta? Anche un insulto ed una risposta pungente sono schiaffi all'anima. Quando si tratta male il prossimo, si schiaffeggia Gesù!
E vennero fuori tante testimonianze contro Gesù, ma l'una contraddiceva l'altra e si distruggevano a vicenda: «Ma non concordavano le loro deposizioni»12. Stolte testimonianze!
Caifa, disperando di riuscire per quella via e trovare pretesti per condannarlo, alzatosi, interrogò Gesù: «Ti scongiuro per il Dio vivente a dirci se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio». Il momento era solenne: si trattava della verità e dell'onore di Dio. Gesù rispose: «Tu l'hai detto; anzi, vi aggiungo che vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della potenza di Dio, venire sulle nubi del cielo». E voleva dire: Badate a quel che fate; perché verrà il tempo in cui le vostre opere saranno giudicate. Caifa si finse scandalizzato: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, l'avete sentita la bestemmia. Che ve ne pare? E quelli risposero: È reo di morte!»13.
È così che si condanna il Figlio di Dio! Lo si condanna perché egli dichiara la verità, perché conferma la sua divinità. Si condanna l'innocente!
Su qualche muro si vede scritto: «Morte ai preti!». E, sì: morte ai preti. I preti devono morire: ma i più zelanti, per la fedeltà alla loro | [57] missione. Devono morire per redimere le anime. Del resto questa è la nostra parte! Noi combattiamo il mondo: è naturale che il mondo ci odi! Se noi non operassimo contro satana, egli non si sentirebbe disturbato e ci lascerebbe in pace. Non sarebbe nella necessità di prendersi altri sette spiriti14 e venire nel mondo a scatenare l'aspra guerra. Questa è la nostra sorte. Tuttavia, non se la prendono solo coi preti, ma anche colle suore; e più queste sono zelanti, tanto più sono prese di mira. Satana se vede che la sua città è minacciata, corre ai ripari! Così vengono,
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in molti casi, pene non solo interne, ma anche esterne, persecuzioni, calunnie, carceri, martìri. Dobbiamo perciò abbandonare il nostro dovere, il nostro campo? No; chi persevera fino alla fine avrà il premio.
Nel mondo crescono assieme buoni e cattivi. Il Signore non vuole sradicata la zizzania. Vivono i cattivi per prova dei buoni e per ravvedimento di essi medesimi. I cattivi mettono a prova la pazienza dei buoni; molta pazienza! Ogni parola, fatto, atteggiamento spesso sono presi come pretesto di lotta; interpretati sinistramente.
Verrà la mietitura. Il padrone dirà ai mietitori: «Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci, per bruciarla. Il grano, poi, riponetelo nel mio granaio». «Così sarà alla fine del mondo»15. I buoni in Paradiso, nella casa del Padre celeste; i cattivi nell'Inferno preparato ai demoni.
L'Italia ha quarantacinque milioni di abitanti: quanti camminano sulla buona strada? Qualche volta la | [58] zizzania copre il buon grano! Ma verrà il giudizio finale e i buoni saranno messi alla destra e i cattivi alla sinistra16. Siate fra il grano eletto! Se Gesù ora tace, non tacerà sempre. Se il bene, le buone iniziative sono ostacolate, questo non avverrà sempre. Avanti con coraggio! Nell'eternità non vi sarà più confusione, ma distinzione netta! «Sustinete modicum!»17 e avanti sempre. È breve il soffrire e poi?... Paradiso eterno!
Non meravigliamoci se siamo condannati. Fu condannato prima Gesù, e lo condannarono i pontefici. Fu negato da Pietro, fu tradito da Giuda e fu abbandonato dagli Apostoli. Siate di Dio e non temete! Iddio non rigetterà i suoi, ma li accoglierà e li glorificherà, come ha glorificato Gesù!
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V
GIUDA E PIETRO*
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Le suore anziane, specialmente quelle che hanno uffici di responsabilità, non basta che facciano l'esame di coscienza come individui, | [61] l'esame personale, devono farlo anche sopra l'ufficio che occupano: se formano convenientemente le suore loro soggette, se fanno i catechismi nei giorni stabiliti, se tengono le adunanze, se prendono consiglio anche dalle sorelle più responsabili. Una Maestra che avesse almeno quattro suore, o anche solo due sotto di sé, deve avere chi la corregge, chi la consiglia.

Compiti della Maestra

Usare dell'autorità per carità; mai come di uno strumento per puntellare il nostro amor proprio e farlo trionfare.
Non si è padroni delle anime: esse sono di Dio. Bisogna solo guidarle, aiutarle a realizzare i disegni che Dio ha sopra di loro. Non è certo buona cosa far minacce: Tu non hai vocazione! Ti manderei a casa! Parole che, caso mai, potrebbero dirle solo i superiori maggiori, dopo molta preghiera.
Certo, la Maestra non deve solo dare i segnali dell'orario; ma deve pure far la Maestra; però non cerchi di far amar se stessa; non attiri a sé; attiri a Dio. Porti al tabernacolo. La superiora si ama in quanto rappresenta Dio; non come persona. E neppure accaparrarsi la benevolenza di persone estranee anche se benefattori. Bisognerebbe allora dire: Rinunzia piuttosto alla beneficenza, anziché perderne nella tua perfezione! Chi si mostra virtuosa, pia, zelante, prudente si fa stimare ed amare, alla fin fine, da tutti i buoni.
La Maestra deve essere più breve delle | [62] sorelle nelle conversazioni in generale, avendo più occupazioni. Preceda nel buon esempio in tutti i doveri; sia la più ben disposta ad aiutare, sollevare; si mostri la più attenta nella osservanza religiosa. Chi volesse un proposito su questo punto, lo faccia completo che abbracci
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mente, volontà e cuore. Nella mente la profonda convinzione di essere nulla; ritenersi l'ultima nella stima di se stessa: Se mi dessero il posto che merito, mi metterebbero a scopare. Una grande stima degli obblighi di pregare di più, dar buon esempio, servizio a tutte. Non che si debba fare la mia volontà, ma quella del Signore. Il proposito abbraccia la volontà. Non dare ordini in questi termini: Te lo dico io; te lo comando io; fallo per farmi un piacere, ecc.; sono termini mondani. Dire piuttosto: Fallo per farti dei meriti; per amor di Dio, ecc.
Forse qualche libreria si trasforma in negozio; osservare bene l'orario e lo spirito religioso. Vi possono essere suore poi, che dopo essersi date a Dio, si occupano troppo della famiglia; siano di Dio e dell'Istituto. Le Maestre le correggano, ma sempre con carità.
Se la superiora contenta troppo se stessa nel vitto e nel vestito e quasi sdegna di stare con le altre e pretende che la riveriscano, ecc., non ha il concetto del suo ufficio; non è questo quello che deve fare. Ella deve essere invece la serva. Quando le suore partono o arrivano dalla propaganda, essere presente e servizievole. Accoglierle | [63] maternamente, aiutarle e consigliarle nei pericoli che possono incontrare, ristorarle nello spirito e nel corpo.
Quando in una casa ci sono poche suore, non si facciano tanti pentolini: Ma quella ha bisogno di cose speciali! Ebbene: fate le cose speciali per tutte. A quelle di buona salute non faranno male; e saranno tutte liete.
"Queste scarpe non vanno più bene a me, prendile tu". Dov'è qui lo spirito religioso? Si è veramente superiori quando si è migliori.
È nel concetto della Chiesa e del Vangelo e nella natura dell'autorità religiosa, che i superiori siano i servi dei sudditi: «Chi è primo tra di voi, sia come il servo»1. E il Papa si firma: «Servus servorum Dei»2.
Essere le serve umili. Che cos'è che costituisce la vera superiorità? Dopo un anno o due, le suore, in quella determinata casa, chi stimeranno di più? Chi è più umile, non chi ha il titolo. Alla più umile vanno le confidenze, il rispetto, l'amore e la fiducia.
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Per il cuore: quando una superiora è sempre obbligata ad alzarsi tardi alla mattina, trova impedimenti gravi per il suo ufficio. È la Maestra che deve precedere tutte, specialmente nella preghiera ed in tutte le opere di pietà. Nella Messa e nella Comunione la Maestra deve attingere la grazia per guidare le altre. Sentirà ciò che vuole Gesù; penserà che cosa suggerire alle altre; in Dio disporrà le cose per le sorelle. Impiegare per questo almeno un quarto d'ora per giorno. | [64] Sarà "l'ora delle sorelle". Acquistare un cuore di madre è grande necessità. S. Teresa la grande, S. Scolastica, S. Chiara, la S. Cabrini, la B. Mazzarello, ecc., avevano per le loro figlie e sorelle pensieri, desideri, progetti di madri. E come pensate che fosse il cuore di Maria rispetto aGesù?

Disperazione di Giuda e pentimento di Pietro

Giuda attendeva ansioso l'esito del giudizio di Gesù. Sentendo che era stato condannato, straziato dal rimorso, riportò i trenta denari ai sacerdoti, dichiarandosi colpevole: «Ho tradito il sangue innocente!». Ma quelli risposero: «Che ce ne importa? Pensaci tu! Ed egli, gettate le monete nel tempio, fuggì nella campagna, e andò a impiccarsi»3. Poteva ravvedersi come aveva fatto Pietro; ma invece di confidare e ricorrere a Gesù, sempre pronto a perdonare, disperò del perdono: «Melius erat illi si natus non fuisset homo ille!»4.
Consideriamo la differenza tra Giuda e Pietro. Pietro esce dall'atrio, si allontana, piange amaramente il suo peccato rifugiandosi, si crede, presso la SS. Vergine, sperando la misericordia di Gesù. Giuda, è pentito «poenitentia ductus»5, ma dispera.Egli restituisce ma non per riparare. Capisce il male fatto, ma non capisce il cuore del Maestro. Il peccato suo era premeditato, non commesso in un impeto di passione.
Il pentimento dev'essere umile, non superbo. Esso deve consistere sempre in un riconoscimento | [65] e in una contrizione profonda; ma sopra il dolore, domini la speranza del perdono. L'Atto di dolore che recitiamo ha tre parti: pentimento, proposito,
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preghiera supplichevole. Così è il Confiteor che la Chiesa ci fa spesso recitare.
Un dolore sdegnoso, altero, come quello di chi si indispettisce perché ha ancora quel difetto, non è vero pentimento. Un dolore umano come quello di chi si disgusta solo perché è stato visto a mancare e viene a perderne nella stima altrui, non è vero dolore.
Il dolore deve essere umile, soprannaturale, fiducioso. Così fatto: guardare il Crocifisso, entrare in quel costato squarciato, baciare quelle piaghe, leggere in esse la infinita misericordia di Gesù verso i peccatori. Un dolore come quello della Maddalena. Si riconosce cattiva, ma conosce pure la bontà di Gesù. Non si vergogna di mostrarsi in pubblico e gettarsi piangente ai piedi di Gesù6: dolore e amore. Umiliazione e confidenza; e la confidenza sopra l'umiliazione; dolore confidente. Dopo l'atto di dolore viene l'atto di speranza. Sì, tu puoi ancora farti santa! Ci dia pure fiducia il fatto del buon ladrone: «Qui Mariam absolvisti et latronem exaudisti, mihi quoque spem dedisti!»7.
Dopo la Confessione amare doppiamente Gesù, che non una volta ci ha applicato il suo sangue, i suoi meriti, i frutti della sua redenzione; ma molte volte, tutte le volte che ci ha perdonato.
Il Vangelo ci descrive inoltre i dolori che Gesù sofferse nella notte dopo quei primi giudizi | [66] sommari notturni; si trovò abbandonato ai soldati, che venivano eccitati dai rabbiosi nemici di Gesù. «Lo schernivano, percuotendolo. E dopo averlo bendato, gli davan degli schiaffi, domandandogli: Indovina chi ti ha percosso? E molte altre cose, bestemmiando, vomitavano contro di lui»8. Quale notte dovette passare il Salvatore, fra quella soldatesca avvinazzata! Finora noi abbiamo sofferto così? Quali penitenze facciamo noi che crediamo di essere gli amici di Gesù?

Penitenze delle Figlie di San Paolo

Vi sono quattro penitenze nell'Istituto di San Paolo, senza ricorrere ai cilizi, alle catenelle, ai digiuni.
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Prima penitenza: far bene l'apostolato. Apprenderlo bene. Chi ha la compositoria, chi la brossura, chi la libreria, ecc.: impari bene ciascuna il suo ufficio. Avete anche suore che non hanno salute? Non possono forse dedicarsi alla propaganda nelle famiglie, e neanche, forse, stare a lungo in libreria. Però, si può fare molta propaganda da casa: scrivere lettere; promuovere biblioteche e feste del Vangelo; diffondere cataloghi; tenere in ordine gli abbonamenti, i libri, gli schedari dei cooperatori e degli abbonati, ecc. Questo lavoro è la principale propaganda, e da principio facevamo specialmente questa. Il vostro apostolato è così vasto, così vario, così ricco di iniziative, che ce n'è per tutte; anche per chi deve tenere il letto.
Le superiore siano sapienti. Riempite le | [67] vostre case di apostolato, di gioia, di virtù, di meriti, di industrie. Chi non ha queste abilità, preghi di essere cambiata per non gravarsi di responsabilità9.
Il Signore vi benedica. Siate contente. Avanzate sempre di più; più sapienza e più cuore.
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VI
GESÙ DAVANTI A PILATO*

Le nostre penitenze

[70] Ho detto come noi possiamo fare quattro penitenze importanti, comuni a tutti e in parte obbligatorie. Penitenze che portano la pace e la gioia all'anima; ed assicurano il buon andamento della vita religiosa.

L'apostolato, dev'essere curato in tutte le case, anche nelle più piccole. Si può e si deve fare da casa, molto utilmente. Farà evitare molti passi, molte uscite; ognuna potrà dare al Signore quel tanto che ha di talenti. Negli Esercizi si studino le vie, l'organizzazione, la distribuzione del lavoro.
Nelle case, ho sentito da tutti ricordare e confermare questa propaganda. Vi sono case che la fanno continuamente e bene. Così era da principio e le tradizioni dei primi anni ammaestrano. Diversi sacerdoti, scrivendomi, mi hanno detto: "Ritorniamo all'antico". Meglio, non semplicemente all'antico, ma conserviamo, allarghiamo l'antico, scegliendo i mezzi più celeri, e le nuove possibilità per far sempre più e sempre meglio.
Riguardo all'apostolato di redazione. Parecchie di voi scrivono libri, articoli, pitturano, fanno statue; sono tante le necessità. Naturalmente ognuna tratta quello che è più conforme alle sue possibilità e capacità. Ma una traduzione da una lingua che si conosce, si può fare | [71] da tutte quelle che hanno studiato. E questo per riempire gli spazi vuoti della giornata, come faceva S. Francesco di Sales. E può servire anche per giusto sollievo, quasi riposo.
Nelle altre nazioni poi, si ripeterà il meglio di quello che c'è in Italia. Voi arrivate all'estero suore formate, non come principianti; si hanno gli esperimenti fatti in Italia. D'altra parte, le suore dell'estero scelgano il meglio degli scritti delle loro nazioni, li mandino a Casa Madre, ove potranno essere utilizzati. Si possono utilizzare i clichet, i libri, le pitture, gli articoli dei periodici, anche le forme per le statuette. Su questo punto l'Istituto
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potrà fare un buon passo. Tanto più che ora si cammina verso altri sistemi di stampe che facilitano questo compito.

La seconda penitenza è la vita comune. La vita comune è il vostro tesoro, è la parte più delicata della vita religiosa. Non accade tanto facilmente che si trasgrediscano i voti. Più facilmente, invece, si rompono le piccole osservanze della vita comune. La vita comune è il fiore della vita religiosa. Questa osservanza viene dalla carità e fomenta la carità. Si osserva quando si ama; si ama quando si osserva. Il Card. Maffi1, in una predica ai suoi sacerdoti, raccontava di un sacerdote il quale, entrato in una nuova parrocchia, costruì un nuovo pavimento nella chiesa. Ai visitatori, il parroco mostrava il nuovo pavimento,come opera del suo | [72] ingegno e della sua bravura, criticando aspramente gli antecessori che non avevano provveduto. Non rifletteva che questi avevano, uno costruita la chiesa, l'altro procurato i bellissimi altari, un terzo provveduto bei dipinti, ecc.
Quando si va in una casa, non si vogliano subito introdurre cambiamenti, né si critichi chi vi era stato prima. Si cerchino invece, motivi per lodare. Si prende conoscenza delle cose, si sentono le sorelle, si procede con prudenza ed umiltà, temendo di errare. In casi eccezionali si espongono i fatti alle superiore maggiori, dopo aver ben pregato. Sinceramente stimare e lodare anche le altre case. Mai sparlare di sacerdoti o di altri istituti; neppure troppo facilmente rilevare le singolari abitudini e usanze locali: per noi vi sono solo le anime. Siano settentrionali o siano meridionali; siano insulari o continentali; siano italiani o americani, sono solo e sempre anime. Tener conto dei loro usi e costumi, della loro cultura, desideri, ecc. è prudenza. Studiare l'ambiente per andare incontro alle necessità delle anime è zelo; per es.: non si porta un libro contro i protestanti dove non vi è il pericolo protestante.
La propaganda va fatta con sapienza. Criticare, mettere in ridicolo, contraddire alle abitudini moralmente indifferenti è insipienza sotto ogni aspetto. S. Paolo invece si fece tutto a tutti, per tutti salvare2.
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Stare in una santa indifferenza quanto al luogo, quanto all'ufficio, quanto allo stato di salute, quanto all'occupazione quotidiana: è vera perfezione. | [73] La vita comune si deve osservare da tutte: superiore e suddite. Chi precede per ufficio, però, deve osservarla meglio. La povertà non basta farla praticare, occorre praticarla. Ciò che resta nell'animo delle sorelle, non è tanto quel che si dice, ma quello che si fa. Nella regione nella quale vi trovate, pregate le anime purganti di quella regione; invocate gli angeli custodi degli abitanti, perché vi diano la grazia di portare il bene di cui essi abbisognano.

Terza penitenza: la lotta interiore e l'esame di coscienza. Ci sentiamo umiliati di dover ogni giorno lottare contro gli stessi difetti? Presentiamo la nostra umiliazione al Signore. Rassegniamoci a lottare sempre; essa è uno sforzo d'amore. E quando si ha il proposito completo (mente, volontà e cuore), in realtà si ama Dio con la mente, la volontà, il cuore. E quando tutto l'essere è impegnato nella lotta si ama il Signore con tutta la mente, contutte le forze, con tutto il cuore. Mai rinunziare alla lotta. Accontentarci di raggiungere il grado di virtù che potremo raggiungere.
In questo ci vuole umiltà. Mai però pace con i difetti. Non manchi lo sforzo da parte nostra. Chi combatte, chi si esamina, propone, si confessa, scoprirà sempre nuovi difetti! Non si accasci; è segno di progresso nell'umiltà. Il credersi già buoni e riposare sulle conquiste fatte è pericolosissimo. È bene fare l'esame di coscienza anche per iscritto, e ostinatamente, sugli stessi punti fino a piena vittoria. Il metodo non è obbligatorio; | [74] ma è un'ottima guida per camminare più speditamente, per unirci e donarci più completamente a Gesù Maestro Via, Verità e Vita.

Quarta penitenza: l'obbedienza. Pronta, lieta, con l'occhio al cielo! Fare un po' di ginnastica spirituale: da una casa grande ad una piccola; dal nord al sud; dall'Italia all'estero; da un ufficio ad un altro. Con prontezza; con un gioioso; con un sereno «Ecco la serva di Dio, sia fatto di me secondo la tua parola»3. Non distinzioni né mormorazioni. La mormorazione è un peccato che sgretola la vita della comunità. Il grande bene comune è l'unione di tutte sotto il comando di una. Chi solleva obbiezioni,
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vedute, desideri personali si oppone a questo bene comune, attenta alla vita della comunità.

Gesù nel pretorio di Pilato

Durante il resto della notte dal giovedì al venerdì «presero a sputargli in viso, a velargli la faccia, e a dargli dei pugni; altri poilo schiaffeggiavano dicendogli: Indovinaci, Cristo, chi ti ha percosso? Ed anche i servi gli davano delle percosse»4. Era l'ora del potere delle tenebre.
«Appena fattosi giorno al mattino si radunarono gli anziani del popolo, i principi dei sacerdoti e gli scribi con tutto il sinedrio; e tennero consiglio contro Gesù per condannarlo a morte»5. Venne confermata la condanna. E alzatasi tutta l'assemblea, e legato Gesù, lo condussero al governatore Ponzio Pilato. | [75] Essi erano più colpevoli di Pilato, perché dovevano al lume delle profezie, della santissima dottrina e dei miracoli riconoscere in Gesù Cristo il vero Messia.
Quando abbiamo un talento di più e non lo sfruttiamo per il Signore, grave danno! Quando si ha maggior istruzione ed esperienza più matura e non si usa per il Signore, grave danno! Meglio essere ignoranti, meglio non avere quel talento! Certe grazie sarebbe stato meglio non riceverle piuttosto che sprecarle, specialmente la grazia della vocazione!
I sinedriti condussero Gesù al pretorio di Pilato, ma non vollero entrare per non contaminarsi e mangiare la pasqua. Ipocriti! E non temevano di macchiarsi di deicidio!
L'ipocrisia è mancanza di sincerità o nelle parole o nella vita. Si finge devoto e pensa ad altro. Protesta vocazione mentre i sentimenti sono molto contrari! Si fanno due facce, secondo con chi si parla. Nessuna ipocrisia! Ci vuole sì, prudenza; ma questa non è ipocrisia: l'ipocrisia è prudenza della carne; mentre la prudenza dello spirito è vita.
Nelle Confessioni, entrare il meno possibile nelle cose degli altri: si rischia di commettere peccato di ipocrisia. Degli altri si può parlare solo in quanto è necessario per accusare noi. Per esempio: Ho letto un libro che non dovevo leggere, e l'ho fatto
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passare anche ad una sorella; questo è necessario aggiungerlo, perché necessario ad accusare un peccato proprio. | [76] Non mescolare mai le cose esterne con la Confessione, è una materia delicata e pericolosa.
Gesù fu consegnato a Pilato e tutti a schiamazzare contro di lui: «Abbiamo trovato costui a sovvertire la nostra nazione e a distogliere dal pagare il tributo a Cesare, dicendo di essere lui il Cristo re. Rispose Pilato: Pigliatelo e giudicatelo secondo la vostra Legge. Ma i giudei risposero: Non abbiamo diritto di darmorte ad alcuno. Pertanto Pilato rientrò nel pretorio e, chiamato Gesù, gli domandò: Sei tu re dei giudei? Rispose Gesù: Tu lo dici: io sono re; sono nato per questo e per questo son venuto nel mondo. Il mio regno non è di questo mondo; se fosse di questo mondo il mio regno, i miei ministri certo lotterebbero perché non fossi dato in mano ai giudei. Ma il mio regno non è di quaggiù»6.

Gesù, re, sacerdote e maestro

Gesù Cristo è re. Egli ha tre uffici: sacerdote, maestro e re. È il sacerdote che compie il sacrificio di se stesso: lo ha compito sulla croce e lo compie ogni giorno sugli altari. È maestro e lo ha proclamato più volte egli stesso e ha insegnato come il maestro unico. La devozione a Gesù Maestro è la più consolante. È re, ed esercita il suo potere sui cuori. Come re egli può fare leggi e ne ha fatte, e può esercitare ed esercita il potere giudiziario. A questa sua qualità di re corrisponde il nostro dovere di obbedienza.Chi è che ha fatto le leggi dei religiosi? Le leggi fondamentali sono date dal Vangelo; i tre voti sono consigliati nel Vangelo.
[77] Adoperiamo, per la vestizione, l'ammissione al noviziato e la professione religiosa, il nuovo Rituale approvato dalla S. Congregazione dei Riti7. In esso vi sono delle cose nuove e importanti. Vi entra un tratto di Vangelo8. Altra cosa notevole è l'Oremus in cui si dichiara Gesù istitutore, modello, legislatore, premio dei religiosi. Gesù è legislatore; ha posto anche la sanzione alle
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sue leggi. L'osservanza delle Costituzioni che hanno l'approvazione della Chiesa tanto gli è gradita. Noi dobbiamo servire Gesù, obbedire a Gesù, piacere a lui nella persona di chi guida. La voglia di piacere agli uomini, tante volte è causa di freddezze con Gesù, di mancanza contro la retta intenzione. Che non ci sia la natura, ma la grazia! Che non ci sia la simpatia, ma lo spirito soprannaturale! Che non ci sia meno rigore con noi che con gli altri! Che si usi maggior bontà con chi ne ha più bisogno ed è più fragile! Non facciamo perdere i meriti, col far amare troppo noi stessi. Si ami e si serva il Signore; il Signore si ama senza misura.
In morte solo Gesù ci consolerà; il nostro premio eterno sarà solo Gesù. Più è retto il nostro cuore e più i meriti saranno grandi. Servire a Gesù è regnare, è gran dignità, è grande gioia.

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Saper soffrire è veramente un'arte; anzi l'arte più importante della vita. Occorre apprenderla | [78] e praticarla; e, praticandola, si perfeziona, come la musica, la pittura.
Si deve procedere dal facile al difficile; dal piccolo al grande. E qui sta veramente una utilità delle piccole pene: esse ci preparano alle gravi; l'ultima sarà l'infermità, per cui morremo. Essa sarà come la nostra crocifissione e morte. È vero che possono darsi, ma rarissimamente, eccezioni: che cioè si sappia affrontare un grave dolore, mentre le piccole croci ci irritano ed esasperano. Ma, di regola, chi non accetta con gioia le piccole croci, facilmente si turba nelle grandi. Missione di anime elette è questa: - e sanno esercitarla anche le Figlie di San Paolo! - mostrare un cristianesimo, una vita religiosa, fonte di gioia.
È giusto attribuire molti degli insuccessi nel governo delle anime e nello zelare le vocazioni a questo fatto: mostrare un cristianesimo melanconico, una gioventù triste, una vita religiosa oppressa e senza gioia! Il Maestro divino non ha nascosta la rinuncia nella croce, ma vi ha dietro ricoperta la pace e la beatitudine: «Pax vobis... Pacem meam do vobis»9. E nel discorso-programma generale, si aperse la via ai cuori annunziando otto beatitudini: Beati i poveri, i miti, i sofferenti...10.
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[79]
VII
DA PILATO A ERODE *

Orientamenti per le Maestre

[80] Nelle Costituzioni vi è un'espressione che forse ha bisogno di essere chiarita: «Se qualche suora, dopo l'ultima Confessione sacramentale ha dato grave scandalo alla comunità o ha commesso una colpa grave ed esterna, fino a che non si sia nuovamente accostata al sacramento della Penitenza, la superiora può proibirle di fare la santa Comunione»1.
Colpa grave: generalmente potrebbe essere sulla povertà, sull'obbedienza, sulla delicatezza. È difficile però distinguere se sia colpa grave o no. Contro la delicatezza: troppe comunicazioni con secolari; comunicazioni ostinate, anche con persone estranee, sebbene consecrate a Dio; con signorine o signore, ecc. Quanto poi all'obbedienza, la colpa grave è difficile. Ci potrebbe essere quando una suora, rifiutando gli uffici, sciupasse il tempo in futilità e chiacchiere inutili e contrarie allo spirito religioso; tutto giudicasse e tutti condannasse; e sottraesse le sue forze alla Congregazione alla quale è obbligata a dare quanto ha di talenti.
Può darsi che una suora risponda male. Ma notiamo pure che l'osservazione può essere stata fuori posto o fatta malamente, mirando piuttosto a tutelare il nostro amor proprio; può essere che a quella suora si sia data troppa confidenza, ed ora essa abusandosi non faccia più distinzione tra superiora e sorelle.
Le Suore di San Paolo devono essere molto ordinarie; e straordinarie nell'ordinario. Cioè essere | [81] fedeli, riguardose, osservantissime, ma nelle cose ordinarie: nelle penitenze, nelle pratiche di pietà, nei libri, ecc. In generale: voi avete la Scrittura che è il miglior libro; la divozione all'Eucaristia che è la migliore devozione; l'apostolato che è il migliore al giorno d'oggi e che noi dobbiamo rendere sempre più aderente alla società e capillare, arrivando ai singoli.
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Tuttavia può darsi il caso di una suora che debba essere privata della Comunione? Caso eccezionalissimo, però. Che se essa ha già riparato in qualche modo, basta!

Gesù è consegnato per invidia

Siamo arrivati, nelle nostre considerazioni, al momento in cui Gesù viene mandato a Erode. Pilato sapeva che per invidiaglielo avevano consegnato2.
L'invidia è cattiva, fa dire, desiderare e compiere tante cose che non piacciono al Signore. D'altra parte l'invidia è sempre un pericolo che abbiamo. Questa passione è radicata profondamente, con la superbia, nella nostra anima. Nelle comunità certamente si fa sentire. Basta essere in due per concepire già sentimenti di invidia uno contro l'altro. Esempio: Caino ed Abele. Chi si supera, chi vince l'invidia, fa certamente un gran progresso in poco tempo.
Quante volte si fanno cattivi giudizi, si fanno anche delazioni, si scrive, si riferisce sul conto | [82] degli altri, ma per invidia! Dice Gesù: «Perché sei così sollecito di cavare la pagliuzza dall'occhio del fratello e non badi alla trave che è nel tuo occhio?»3. Guardare con occhio torvo le sorelle perché hanno un ufficio distinto, perché riescono meglio, perché hanno più intelligenza e grazia ecc. sono conseguenze dell'invidia. Chi ha l'invidia sta anche male; porta in cuore un verme roditore.
Rimasi ammirato di suore che parlano sempre bene delle sorelle; sono contente che siano stimate, che abbiano i posti migliori; anzi le aiutano generosamente in mille occasioni della vita quotidiana per consolarle e confortarle. Davide e Gionata si davano la mano in molte cose, mentre Saulle si rodeva di invidia 4.
Vi è del bene nelle sorelle? Impararlo, goderne, imitarlo; non soffrirne! Se l'invidia si sente, almeno non si acconsenta. È una tentazione. Il male sta nell'acconsentire alla tentazione.
I farisei erano invidiosi di Gesù, perché era il dottore più giovane e tutto il mondo lo seguiva. «Ecce mundus totus post eum
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vadit»5. Ed invece di esaminare se era veramente il Messia da accogliere, decidono di metterlo a morte. L'invidioso scava la fossa e vi cade dentro. Così avvenne ai farisei.

Gesù fu condotto ad Erode tra gli schiamazzi, le urla della folla inferocita. Ah, il nostro amico Gesù, quanto ha sofferto! Lo amiamo? | [83] Sentiamo il dovere e il bisogno di riparare? Chi sarà partecipe delle sue angosce e delle sue umiliazioni? Chi sarà degno di questo? Chi si abitua ogni giorno alla sofferenza, e capisce la grande scienza della croce.
Erode era astuto e disonesto. Gesù lo chiamò «volpe»6. Aveva messo a morte Giovanni Battista, istigato da Erodiade. Aveva concesso all'infame donna che venisse portata a tavola la testa del santo, sopra un vassoio7. Crudele e disonesto! Erode interrogò Gesù, con molte domande, sperando di soddisfare la propria curiosità e vedere qualche miracolo. Gesù invece non gli diede alcuna risposta: tacque.
Talvolta la miglior risposta è il silenzio. Chi tace dice nulla; ma dice anche tanto, in molti casi! Vi è gente che non merita risposta; né la si deve dare; non tanto per noi, quanto per loro; ilsilenzio suonerà rimprovero e richiamo. Meglio allora dire un'Ave Maria, che rispondere.
Gesù fu stimato pazzo e trattato come tale. Erode lo disprezzò insieme alla sua corte. Lo fece vestire da pazzo e lo rinviò a Pilato. Da quel giorno, Erode e Pilato da nemici che erano, divennero amici. Quando si tratta di andare contro Cristo, si mettono d'accordo protestanti, liberali, comunisti, massoni, maomettani, ecc., perché sono tutti guidati dal medesimo capo: il diavolo. I momenti attuali sono difficili e oscuri: | [84] regolarsi quindi con prudenza e fermezza. Non effondersi a parlare di politica: pregare e fare il proprio dovere di cittadini, poiché si tratta del supremo bene della società.

Apostolato e politica

Circa la propaganda di fogli o libri che combattono direttamente il comunismo, non si può neppure dare una regola generale
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e stabile. D'ordinario è meglio non assalire. È buono il sistema americano che non ammette lotte dirette per le idee ed i principi religiosi. Ognuno espone le proprie con serenità. Invece di assalire, giova esporre oggettivamente la dottrina cattolica, la dottrina sociale del Papa e di Cristo; anche citando fatti e statistiche. Vi possono essere delle rare eccezioni; caso per caso, si può interrogare o l'autorità religiosa del luogo o Casa Madre.
Vi sono questioni in cui non giova entrare. Quello che ordinariamente si chiama "politica" nel senso comune dei giornali, non c'interessa. Quando invece ne vanno di mezzo la religione,le anime, la gioventù, la Chiesa, ecc., allora è politica che tocca l'altare, o meglio, è questione religiosa. A noi importa che non si offendano Gesù Cristo, la Chiesa, la religione. Non importa che al governo vi sia piuttosto una che l'altra persona; che si stanzino milioni per l'agricoltura o per la marina mercantile, ecc. Ma che cosa avverrebbe, se al governo andassero partiti sovversivi? Ecco il caso di salvare la propria vocazione, l'apostolato, la dottrina della Chiesa, l'ordine sociale cristiano.
Politica e ben sporca fu quella di Pilato che | [85] condannava Gesù, per timore di perdere il proprio posto. Quando difendiamo le anime non facciamo della politica, ma dell'apostolato. Il dovere è sempre volontà di Dio: sia quello di andare a Messa come quello di votare per un programma cristiano; sia quello di spargere fogli per la divozione delle anime purganti come quello di diffondere fogli anticomunisti.
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[87]
VIII
GESÙ POSPOSTO A BARABBA:
FLAGELLATO - CORONATO DI SPINE*

Orientamenti formativi

[88] La formazione delle suore si divide in tre periodi: il probandato, il noviziato, il periodo dei voti temporanei.
Le Maestre che curano le figlie nel probandato, si considerino come le preparatrici al noviziato. Siano unite di spirito e di intendimento con la Maestra delle novizie.
Le Maestre che curano le suore dopo il noviziato, si considerino come le continuatrici dell'opera della Maestra delle novizie. Continuino quella amorosa assistenza, istruzione e formazione. In sostanza: le aspiranti si devono preparare; poi formare; quindi consolidare nella vita religiosa.
Entrando in noviziato hanno tutto da costruire. Ma arrivate alla professione ed | [89] all'apostolato occorrerà che siano sostenute, guidate, incoraggiate, aiutate nei primi passi. Se non lo fossero, potrebbero commettere errori anche gravi.
La formazione consiste nella preghiera, nell'assistenza, nell'istruzione, nella correzione, nell'esempio.
Chiedere la grazia di saper correggere; è arte difficile. Richiamare nella carità e con efficacia è grande grazia. È spesso più difficile fare la correzione che riceverla.
Correggere nel tempo opportuno; proporzionare le parole alla persona; scegliere anche un luogo conveniente. Mai correggere nell'ira o sotto qualche impressione che agita; mai correggere alla presenza di secolari; queste correzioni piuttosto tralasciarle.
Debolezze no; ma benignità sì. Trovare il giusto limite fra i due eccessi del rigore e della trascuranza è gran sapienza.
Gesù sapeva parlare chiaro, sapeva correggere a tempo. Anche quando diceva parole forti agli Apostoli, come: «Siete senza testa!»1, lo faceva con tale grazia e affabilità, che conquistava e persuadeva. Chiedere al Signore di camminare per tale via.
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Occorre una giusta libertà, quando si è dato un ufficio, a scegliere i mezzi e sviluppare le iniziative. Ma chi ha un ufficio, si prenda vera responsabilità e trovi la via e i mezzi opportuni per ottenere quello che è l'intenzione di chi ha disposto.
La libertà non è indipendenza, che si permette | [90] di giudicare, di condannare, di trascurare o fare secondo le proprie vedute. Lo spirito d'indipendenza non lascia mai l'animo in pace. Invece fare quello che è disposto, ottiene sempre più le benedizioni e le consolazioni del Signore.

Consideriamo: Gesù posposto a Barabba; Gesù flagellato; Gesù coronato di spine.

I. Pilato quel giorno fu molto imbarazzato. Il giudizio di Gesù durò un'intera mattinata. Oh, che dura mattinata per Gesù, dopo una notte così tormentata! Pilato voleva trovare una via di uscita per non condannare Gesù avendolo trovato innocente. Prima lo mandò ad Erode, poi lo mise a confronto con Barabba, poi lo flagellò. «Or per la festa soleva mandar libero uno dei carcerati,quello che chiedevano. E ce n'era uno famoso, chiamato Barabba, legato tra i sediziosi. E salito, il popolo cominciò a chiedere che facesse come sempre aveva fatto. E Pilato ad essi rispose: Volete che vi liberi il re dei giudei? Ma i capi dei sacerdoti istigarono il popolo a chiedere piuttosto la liberazione di Barabba. E Pilato da capo a chiedere loro: Che volete adunque che io faccia del re dei giudei? Ed essi di nuovo gridarono: Crocifiggilo! E Pilato, volendo contentare il popolo, liberò Barabba»2.
[91] Quando non si ragiona, quando una persona è incollerita, quando è dominata da una passione non si può prevedere a quale estremo arriverà. Sotto il movimento della collera, non prendiamo mai deliberazioni: ce ne pentiremmo amaramente. Non si prende allora consiglio dalla prudenza, ma dal senso cieco.
Gesù era innocente, era il Figlio di Dio incarnato. Aveva moltiplicato i pani e sfamato l'immensa moltitudine3; aveva dato la vista ai ciechi, l'udito ai sordi; aveva risanato ogni sorta di infermità, aveva risuscitato i morti4. Gesù era passato facendo del
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bene a tutti5! Barabba invece era un uomo sedizioso, omicida, non aveva fatto che male! Eppure a Barabba gli evviva; a Gesù la croce. Mondo irragionevole!
Non fare assegnamento sulla giustizia umana, tanto menzognera e ingiusta! Non aspettiamo sulla terra il riconoscimento del bene fatto! Ma è meglio così, affinché non abbiamo da ricevere quaggiù la ricompensa, che vogliamo eterna e piena in cielo! I santi pregavano di rimanere nell'ombra per evitare ogni occasione di vanità.

Il Signore, Padre buono e sapiente, ci dà consolazioni per animarci; e ci dà umiliazioni per togliere ogni pericolo di vanità. È molto dannosa la vana compiacenza! Essere a capo e comandare non vuol dire altro che giovare, esercitare la carità; avere dei doveri più ampi. L'esercizio dell'autorità è pratica di una carità più larga. | [92] Dare il consenso al peccato, significa preferire Barabba a Gesù. È gridare, colla folla dei giudei: «Viva Barabba, morte a Gesù».

II. Pilato non si arrese ancora e interrogò di nuovo Gesù. Non trovando in lui colpa alcuna, decise di farlo flagellare per calmare la sete di sangue del popolo. Lo confessava innocente e lo condannava alla flagellazione! Altra contraddizione! L'innocente non si condanna! È delitto condannare se non vi sono prove positive di colpa.
Gesù voleva scontare tutti i nostri peccati! Nella flagellazione scontò i peccati commessi col tatto, che è il senso più diffuso. Osservate il corpo di Gesù! Quelle carni a brandelli! Il sangue che sprizza da ogni ferita; i colpi crudeli e senza numero.
Lo spirito di comodità nostra, il cedere troppo facilmente ai sensi, la nostra pigrizia, quanto sono costati a Gesù! Facciamo qualche mortificazione, almeno quelle necessarie, se non quelle di consiglio! Vincere la pigrizia al mattino, sopportare il freddo, il caldo, la fatica, le malattie! Anzi ricordando la flagellazione di Gesù, cerchiamo di riparare con qualche mortificazione.

III. Gesù venne coronato di spine. Questo supplizio fu inventato dal demonio e suggerito ai carnefici: Si è fatto re, mettiamogli
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la corona! Quali spasimi! Un fascio di spine che penetrano in quel capo santissimo; da ogni parte e profondamente.
La nostra superbia fu espiata da Gesù con pene indicibili. [93] Abbiamo alzato la testa davanti agli uguali, abbiamo forse disprezzato gli inferiori e qualche volta ci siamo ribellati ai superiori. Consideriamo a prezzo di quali dolori il Salvatore ha soddisfatto per i nostri peccati d'orgoglio e di disobbedienza.
Piangiamo la nostra stoltezza. Anche se qualcuno ci loda, restiamo umili, pensando che se ci leggessero nell'interno, se conoscessero tutte le nostre mancanze, forse cambierebbero idea. Scontare tutti i peccati commessi con i sensi: vista, udito, odorato, gusto, tatto. Offriamo tutti noi stessi a Gesù. Non offendiamolo più. Basta col peccato!
Né solo evitare il male. Aggiungere la parte positiva che consiste in un amore vero, tenero, sincero al Salvatore. Faremo niente per questo Gesù che ha fatto tanto per noi e nulla ha risparmiato? Risolviamo: lo ameremo con tutta la mente, con tutte le forze, con tutto il cuore, con tutta la volontà. Amarlo! Gesù ci ha amato senza misura6. Non stiamo noi a misurare! Amare senza riserve, con tutto il cuore, sopra ogni cosa. Perdonare agli offensori; far del bene a quelli che ci odiano; pregare per tutti.
Gesù ha accettato per tutti noi i flagelli, le spine, gli scherni. Egli già vedeva le nostre debolezze, perdite di tempo, leggerezze, e le espiava. Chiediamo vero orrore al peccato veniale.
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IX
LA CONDANNA DI GESÙ*

Santificazione: grazia e cooperazione

[96] Vi è, nella dottrina cattolica, un punto tanto semplice a primo aspetto, ma in realtà tanto difficile a capirsi davvero. Né si può pretendere di comprenderlo fino in fondo. «Scrutator maiestatis opprimetur a gloria»1, vien detto di chi pretende vedere sino infondo i grandi misteri di Dio. Mi riferisco a questo: quanto, nella nostra santificazione dipende dall'uomo, e quanto dipende invece da Dio. È il problema che ha agitato tante menti e su cui tanto scrissero S. Agostino, S. Alfonso, Bossuet2, Fénelon3, ecc., senza poter esaurire l'argomento.
Noi studiamo questi misteri con umiltà. Distinguiamo: la grazia e la santità. La SS. Vergine, quando fu creata, fu riempita di tale grazia, da superare tutti i santi presi insieme. Cosicché, se essa fosse morta anche solo un minuto dopo la sua creazione, sarebbe stata ugualmente la Regina del cielo. Questa è tutta grazia infusa, dipendente tutta e unicamente dalla misericordia di Dio. Maria è un prodigio di misericordia di Dio il quale ha profuso in lei doni di natura, di grazia e di gloria. Questo è dono del tutto gratuito, è santità del tutto dipendente dalla liberalità di Dio.
La santificazione nostra, invece, dipende in | [97] parte da noi ed è cosa nostra. Il progresso nella virtù, l'acquisto della vera umiltà, della vera pazienza, dello spirito religioso sincero, della bontà sempre più generosa, dell'amor di Dio sempre più intenso, non dipendono unicamente da Dio, ma ancora da noi. È opera compiuta da noi e da Dio: «Cooperatores enim Dei sumus»4. Dobbiamo prestare aiuto a Dio. E cioè: dobbiamo togliere il male,
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combattere le passioni e sempre lavorare, sempre sforzarci, sempre risorgere, sempre camminare. Solo così avremo gioia, pace, serenità, santità.
Nella Comunione predomina la misericordia che dà; ma si richiede pure la nostra confidenza, il nostro desiderio per una più larga partecipazione dei beni divini.
Quello che riceviamo di grazia nel Battesimo è tutto e solo opera di Dio. Ma nei sacramenti che riceviamo adesso, il grado di grazia dipende anche dalla fiducia nostra e dalle disposizioni che vi portiamo.
Immensa è la distanza tra un'anima che riceve Gesù piena di fiducia, e un'altra che ha poco o niente di fede. E allora? Dobbiamo avere grande fiducia nel Crocifisso, nelle piaghe del suo Cuore, grande fiducia nella Visita al SS. Sacramento, nella Messa, nella Comunione e nella Confessione. Vi sono anime che hanno fede viva, non tentennano; e vi sono anime che mancano di fede.
Quando si mangia, il cibo si trasforma in sangue e carne col lavorio dello stomaco che compie | [98] la digestione. È molto importante che l'anima digerisca il Pane eucaristico.
Chiedere al Signore tanta fede. È la fede che determina la misura della grazia comunicata. Se attingete l'acqua con un cucchiaio, non ne prendete certamente tanta quanta ne prendereste se andaste ad attingere con un grosso secchio.
Ci può essere un buon ladrone che in punto di morte fa un atto di fede viva e di pentimento perfetto, ed un'anima che ha lavorato anni ed anni. Chi avrà più grazia? Chi può misurare la differenza? È il mistero della distribuzione della grazia.
Solo da Dio viene la grazia; per ottenerla basta la nostra fiducia. È la passione di Gesù la fonte di ogni grazia e di ogni effusione di Spirito Santo. Gli Apostoli erano com'erano prima della Pentecoste; ma quando discese su loro lo Spirito Santo essi furono trasformati.
Fiducia nei frutti della passione di Gesù Cristo che vengono applicati specialmente nei sacramenti e nella Messa. Di conseguenza, per avanzare nella virtù occorre sempre la duplice azione concordata: di Dio e dell'uomo; come ci vogliono due piedi per camminare. Da una parte la grazia e dall'altra la nostra cooperazione. Occorre quindi la lotta interiore, l'esame di coscienza, il lavoro spirituale, lo sforzo quotidiano e, d'altra parte, la
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preghiera continua, umile, fiduciosa. Ogni virtù poi porta con sé tre valori: meritorio, soddisfattorio, impetratorio.

«Ecce homo!»

[99] Gran torto fu fatto a Gesù posponendolo a Barabba, flagellandolo e incoronandolo di spine. Pilato tuttavia non voleva condannarlo a morte; comprendeva l'iniquità di mandare a morte un innocente. Tanto più che si trattava di una innocenza più chiara che la luce del sole. Cercò altro ripiego. Chiamò Gesù e, vistolo venire dinanzi in uno stato così pietoso, lacero, contuso, sanguinante, con lo straccio di porpora sulle spalle e la corona di spine sul capo, fu preso da compassione; e sperò che anche il popolo, vedendolo, si sarebbe calmato nella sua ira. E lo presentò al popolo dicendo: «Ecce homo!»5. Ma il popolo, all'incontro, si accendeva maggiormente, si alzavano più rabbiose e minacciose le grida: «Crocifiggilo, crocifiggilo»6.
«Ecce homo!». Questo Gesù così ridotto, ha mosso a compassione tante anime. S. Gemma, S. Alfonso, S. Francesco di Sales, S. Ludovina7 si commuovevano profondamente considerando questa scena della passione. Vi sono anime che temono solo i castighi temporali ed eterni. Vi sono anime, invece, molto delicate che si commuovono contemplando i dolori del Salvatore e l'enorme ingratitudine che è il peccato. Queste anime sono sensibili ai movimenti della grazia. Vivono più di amore che di timore. S. Margherita M. Alacoque nel contemplare qualsiasi scena della passione si commoveva fino alle lacrime. Così le pie donne, così la Veronica, così la Vergine SS. ai piedi della croce. E noi?
[100] «Ecce homo!». Ecco quel Gesù che ti ha amata, che ti ha santificata nel Battesimo, che ti ha fortificata nella Cresima, che ti dona se stesso in cibo nella S. Comunione, che ti perdona continuamente nella Confessione, che ha offerto tutto per te e che ti ha dato la vocazione. Ecco l'uomo dell'amore! E tu come rispondi
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contemplando Gesù piagato per te? Rispondiamo: Viva e regni Gesù nel mondo e nel nostro cuore. Quando si prende una strada cattiva, prima si cammina con una certa titubanza; si cade e ci si rialza per tornare a cadere; e si arriva a un punto in cui il cuore diventa indurito e la mente accecata: impenetrabili alla grazia. Temere la cecità anche nelle piccole cose, nei piccoli vizi, nelle ostinazioni.

Pilato fece un ultimo interrogatorio a Gesù; questi taceva. Ormai Pilato doveva essere persuaso della sua innocenza. Pilato si impazientì e gli disse: «Non mi parli? Non sai che ho potere diliberarti o di crocifiggerti?». Rispose Gesù: «Non avresti su di me alcun potere se non ti fosse dato dall'alto. Per questo, chi mi ha consegnato nelle tue mani è più colpevole di te»8. E Pilato, colpito da quella ferma dichiarazione, cercava qualche via per liberarlo. Ma mentre rifletteva, dalla piazza arrivavano sempre più insistenti le grida del popolo: «Crucifige, crucifige eum!»9. «Noi non abbiamo altro re che Cesare. Se non lo condanni non sei amico di Cesare»10. E Pilato condannò a morte Gesù: «perché si era fatto re». Per vile timore di perdere il posto, per rispetto | [101] umano, condanna l'innocente alla morte di croce.
Chi merita la condanna a morte? Il peccatore: noi. Eppure questa condanna viene data a Gesù Cristo: «Qui peccatum non noverat peccatum pro nobis fecit»11. Sarà possibile che ci insuperbiamo ancora, noi, con tanti torti? È possibile che ci lamentiamo se messi al secondo posto, mentre ambiremmo il primo? Noi che dovremmo stare nell'Inferno? Case distinte, uffici elevati, trattamento speciale? Ma sarebbe giusto? Sarebbe meritato? Siamo pronti a dire: È buona cosa, o Signore, l'avermi umiliato12. L'orgoglio forse ci farà esclamare: Non meritavo questo! Può succedere che in un caso determinato non si sia commessa una mancanza attribuitaci. Ma quante altre non viste, non castigate? Se anche avessimo detto una sola bugia in tutta la vita, dovremmo piangerla sempre. E invece: abbiamo una catena
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di peccati, di imperfezioni, di venialità, una catena ininterrotta... E ci lamenteremo perché non siamo state comprese!? Nei piccoli dolori, umiliazioni, mortificazioni ringraziamo il Signore; è un po' di Purgatorio quaggiù; è accompagnare il Salvatore nella sua dolorosa via crucis. Meglio scontarli sulla terra i peccati: oltre al valore soddisfatorio le piccole pene hanno ancora valore meritorio ed impetratorio.
È stata indulgenziata la giaculatoria che dice: «O Gesù, io credo al tuo amore per me». Crediamo all'amore di Gesù per noi? Gesù è buono; è molto buono! Gesù, tanto ama le suore! Egli | [102] è il grande superiore dei religiosi. In quante anime egli si rifugia per cercare consolazione. È lecito cercare consolazione e conforto, ma da persone che possono e sanno dare la vera consolazione, il vero conforto che viene da Dio! Dio Padre mandò a Gesù un angelo a confortarlo13.
Se noi abbiamo fatto morire Gesù col peccato grave, quale torto non abbiamo fatto a Dio! Stiamo almeno nell'umiltà, col capo chino; e con fiducia entriamo nel cuore di Gesù che ci darà il suo perdono, il suo amore, la sua pace! Chiediamo al Signore che ci dia uno spazio di penitenza e l'indulgenza plenaria prima di morire.
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X
LA VIA CRUCIS*
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Siamo arrivati alla prima stazione della Via crucis. La passione di Gesù comincia col «Fiat voluntas tua»1: l'accettazione; e finisce con l'abbandono nelle mani del Padre celeste: «In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum!»2; in un abbandono sereno, placido, nelle mani del | [104] Padre. Ecco un Figliuolo che è piaciuto interamente al Padre: «Hic est Filius meus dilectus in quo mihi bene complacui»3. Il Padre celeste ha potuto fare del suo Figliolo, quello che voleva; l'ha potuto assoggettare alle più umilianti prove. Padre misericordiosissimo con noi; quasi crudele col Figlio che volle bevesse sino all'ultima goccia il calice del dolore!
Gesù è stato offeso, umiliato, trattato come pazzo. Offeso nella sua divinità, nella sua umanità, nella sua anima: «Tristis est anima mea usque ad mortem»4; nella sua qualità di Messia, di Maestro, di Sacerdote, di Dottore, di Profeta, di cittadino. E Gesù offre qualche volta ad un'anima un simile calice. Potè dire: «Io sono un verme e non più un uomo!»5.
Ecco ciò che cerca il Padre celeste: dei figli di cui possa fare e disporre liberamente; questo rende la vita santa, l'abitudine a dire il ; cosicché il Signore possa a noi comandare e chiedere qualunque cosa. S. Teresina capì questo fin da piccolina; e domandò al Signore la grazia di non far mai la propria volontà.
Gesù accettò l'estremo sacrificio: la morte. Viene pronunciata la sentenza: piega la testa. Egli si unisce alla volontà del Padre: «Quae placita sunt ei facio semper»6.
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Ed ecco la prima stazione della Via crucis7. | [105] Gesù innocentissimo, accetta per nostro amore ed in isconto dei nostri peccati,la ingiusta sentenza di morte pronunciata contro di lui da Pilato.
L'accettazione della morte ha un'indulgenza plenaria speciale che si acquista in punto di morte senza più alcun atto speciale da farsi allora. Basta fare in vita questo atto di uniformità, dopo essersi confessati e comunicati ed essere entrati nella disposizione che il Padre celeste possa fare di noi quello che vuole: disposizione che non si deve più revocare.

II stazione. Gesù riceve sulle spalle la croce per portarla sino al Calvario. Egli dice a noi: «Chi vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua»8.
Tre atti: rinnegare se stessi; prendere la nostra croce; seguire Gesù. Prendere la nostra croce quotidiana: crocifiggere noi stessi, fare penitenza; quella penitenza che ci vuole nell'osservanza dei doveri del nostro stato. Seguire Gesù: far tutto nell'amore di Dio, camminare accanto a Gesù, seguire le sue orme.

III stazione. Gesù, affranto dall'agonia del Getsemani, martoriato dalla flagellazione ed incoronazione di spine, sfinito dal digiuno, cade per la prima volta sotto l'enorme peso della croce.
Noi, ad aumentare il peso della croce di Gesù, abbiamo aggiunto le nostre mancanze, i nostri peccati. Gesù era stato flagellato, coronato | [106] di spine, lacerato e maltrattato in ogni maniera. Cadde sotto la croce! In questa caduta Gesù ha ottenuto a noi la grazia di non cadere. Si chiede questa grazia con la preghiera: «Et ne nos inducas in tentationem!»9. Tuttavia, qualche volta si cade. Non scoraggiamoci. Rialzarsi; e, se anche si cade due o tre volte, rialzarsi sempre, con umiltà e confidenza, senza impazienze, né sdegno.

IV stazione. Gesù che porta la croce, incontra la sua Madre trafitta nell'anima da una spada di dolore. Il cuore di Gesù ed il cuore di Maria sono uniti nella stessa passione.
Questi due cuori si capivano bene. Maria capiva il Figlio e il Figlio capiva la Madre. Maria e Gesù sono sempre uniti nella
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missione redentiva e salvatrice. Maria accompagna per trentatré anni Gesù; è il momento in cui Gesù ha bisogno di trovare un'anima che lo intenda: Maria non sarà assente. Amare i due cuori, rifugiarsi in essi. Qualche volta si hanno pensieri ed aspirazioni elevate e ci crediamo molto avanti nella perfezione; altre volte, invece, ci sentiamo tanto uomini, anzi fango. Rifugiamoci, in ogni caso, in questi due cuori.

V stazione. Gli ebrei, con finta compassione, incontrato un uomo di Cirene, lo obbligano a portare la croce di Gesù.
Non era compassione vera, quella degli ebrei! Era timore che Gesù non arrivasse al | [107] Calvario; volevano la soddisfazione satanica di vederlo morire sulla croce. Noi siamo anche piccole vittime: la vita religiosa è una continua immolazione in piccole cose. Piccole vittime che si offrono insieme a Gesù, nella Messa10, con le stesse sue intenzioni. Questi piccoli olocausti servono a riparare i peccati della stampa cattiva, del cinema disonesto, della radio scandalosa.

VI stazione. La Veronica, per pia compassione, asciuga il volto a Gesù e Gesù la premia, imprimendo il suo volto nel lino.
Ecco, impresso il volto di Gesù. Era tanto imbrattato di sudore, sputi e sangue il divino volto! Qualche volta si sputa sul volto dei superiori e delle sorelle. Le parole di mormorazione, seminare il disprezzo, rivelare difetti occulti, sono come sputi sul volto di Gesù. Ripariamo!

VII stazione. Una seconda volta vengono meno le forze a Gesù; ed egli, fatto obbrobrio degli uomini e rifiuto della plebe, torna a cadere sotto la croce.
Le ricadute nei peccati sono la causa della ricaduta di Gesù. Vi sono ricadute che dipendono in gran parte da forza di passione, da inavvertenza, da debolezza; ma vi sono pure ricadute che vengono da mancanza di preghiera, di vigilanza o anche da malizia. Vi sono sì, tante cose da fare; ma in primo luogo bisogna badare a noi stessi.
L'apostolo deve prima di tutto conservarsi innocente, guardarsi dal peccato.
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[108] VIII stazione. Seguivano Gesù gran popolo e molte donne, che piangevano sopra di lui. Egli disse loro: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma su di voi e sui vostrifigli»11.
Forse che Gesù non vuole che si piangano i suoi patimenti? No, non è così. Voleva invece dire di piangere prima sulla causa dei suoi patimenti: i nostri peccati e quelli che altri hanno commesso per causa nostra: cattivi esempi, mancanze nell'istruire, correggere, aiutare, assistere, ecc. S. Teresina quand'era bambina, voleva pregare sempre vicina al papà per osservare come pregano i santi. Il nostro comportamento produce negli altri delle impressioni. E come le cose buone producono impressioni buone, così le cattive producono impressioni cattive. Vi sono persone con cui mai si può permettere un minimo peccato; ve ne sono altre, invece, che sembra incoraggino al male. Cerchiamo di migliorare in tutto, per essere perfetti davanti a Dio.

IX stazione. Per la terza volta Gesù cade sotto la croce perché la nostra ostinazione ci ha portato a ripetere i peccati.
Ostinazione. Qualche volta siamo un po' ostinatelli. Avvertiti, non ci arrendiamo; sentiamo il rimorso e lo facciamo tacere; si cade e ricade, senza decidere l'emendazione. Il Signore non ci ha mai lasciato mancare le sue grazie per farci santi, né ce le farà mancare per l'avvenire. Se non ci facciamo santi è solo per colpa nostra. Oggi, se senti l'invito di Dio, | [109] non fare il sordo12. Sarebbe grande rovina per te il silenzio di Dio. Talvolta abbiamo buone ispirazioni, ma le nostre idee fisse, i nostri attaccamenti, le nostre vedute impediscono ogni frutto. Nessuno ci disturbi! Nemmeno Gesù! Per il merito dei patimenti della terza ricaduta, Gesù ci conceda la grazia di arrenderci ai suoi inviti.

X stazione. Gesù, giunto al Calvario, viene spogliato delle sue vesti e amareggiato con una bevanda di fiele e mirra.
Sono stati qui scontati i peccati di ambizione nel vestire e le golosità nel cibo. Il decoro sì, l'ambizione no. E anche il decoro, per fine soprannaturale, presso a poco come si deve mondare la sacra pisside dovendo contenere l'Eucaristia. L'anima in grazia
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è tempio dello Spirito Santo. Mortificarsi nel cibo. Non ci mancano le occasioni di mortificazione. Sappiamo prenderle.

XI stazione. I carnefici inchiodano sulla croce Gesù, con suo spasimo indicibile, sotto gli sguardi dell'afflittissima sua Madre.
I chiodi, sotto i colpi del martello, trapassano la pelle, la carne, le ossa e si configgono nel legno. I colpi dei martelli si ripercuotono nel cuore di Maria. Sono di Cristo coloro che crocifiggono la loro carne e le concupiscenze13. Vi sono persone che talvolta sanno compiere dei veri eroismi di zelo; mentre in piccole cose di amor proprio non si | [110] rinnegano mai. Ma se riportassero piccole, quotidiane vittorie, arriverebbero presto a grande santità.

XII stazione. Gesù soffre ineffabili pene per tre ore; poi muore sulla croce per i nostri peccati.
Tre ore penosissime! Insultato da tanti, il cuore straziato alla vista di Maria SS., immobile perché inchiodato; il peso di tutto il suo corpo pendente da tre chiodi! E poi? Anche la pena più intima: l'abbandono del Padre: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»14. Pene esterne indescrivibili, pene interne ineffabili: agonia dolorosa! Per questa agonia il Signore ci conceda la grazia di avere una buona agonia: la più simile all'agonia di Gesù.
Tre sono i modelli della buona morte: S. Giuseppe, Maria, Gesù. Un'agonia più perfetta dell'altra. Per questa agonia del Salvatore, il Signore ci conceda la grazia di avere, in punto di morte, una fede viva, una speranza ferma, una carità pura. Sappiamo assistere i nostri cari morenti, come Maria assistette Gesù sul Calvario?

XIII stazione. L'addolorata Maria riceve fra le sue braccia il Figlio deposto dalla croce.
Non era più il bambinello della grotta di Betlem; né il fanciullo di Nazaret che lasciava trasparire la divinità dagli occhi; neppure il Maestro divino quando insegnava, ma un cadavere. Una madre che stringe fra le sue braccia il figlio giustiziato! Ma
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il dolore di Maria non era un dolore sterile né semplicemente umano. Non | [111] abbandonarsi mai a un dolore semplicemente umano; elevarsi a pensieri di fede nella morte di persone care; offrire le pene per ottenerne la liberazione dal Purgatorio. La Vergine benedetta fu santissima anche nel dolore; e fu l'unica candela che non si spense15. Se tutti perdettero o si illanguidirono nella fede, Maria no. Rimase calma e sicura di quello che doveva avvenire: «Et tertia die resurget»16.

XIV stazione. Il corpo di Gesù, unto con gli aromi, è portato al sepolcro con accompagnamento di pochi fedeli. Nell'immenso dolore, essi erano confortati dalla speranza della risurrezione.
Erano tanti a mangiare il pane miracoloso, quando Gesù operava i prodigi, ma pochi alla sua sepoltura: quelli confortati dalla speranza della risurrezione. Il Crocifisso è il nostro conforto. La divozione al Crocifisso è molto preziosa. Il Crocifisso sia dappertutto. Porgerlo ai malati e specialmente ai moribondi, per i quali è l'unica speranza: «In lui salute, vita, risurrezione»17. Se, volgendo gli occhi alla vita trascorsa, troviamo pochi meriti, prendiamo quelli di Gesù crocifisso.

Credo che tutte le Figlie di San Paolo abbiano divozione forte e affettuosa a Gesù crocifisso e che la diffondano; che abbiano pure devozione alla S. Messa e che la diffondano negli altri; che nelle famiglie, oltre il Vangelo, si faccia entrare a poco a poco, anche il Crocifisso. A Natale si cerca di rappresentare quanto si può al vivo il | [112] mistero dell'incarnazione. Il Crocifisso ci deve essere tutto l'anno. Il Paradiso è aperto dalla Passione; la chiave ne è la croce. E siccome vogliamo entrare in Paradiso, bisogna che l'adoperiamo.
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XI
GESÙ CROCIFISSO*
[113]


L'eternità è sempre difficile a considerarsi. Possiamo di essa | [114] farci un'idea filosofica, ma la fantasia non sa riprodurla. Perciò riesce difficile il comprendere, come tutti i peccati, da Adamo a Gesù Cristo e specialmente da Gesù Cristo alla fine del mondo, fossero a lui presenti nella passione, e come essi veramente lo fanno soffrire e morire.
Come è possibile, si pensa talvolta, che il peccato crocifigga di nuovo Gesù, mentre egli è ormai nella vita gloriosa e non può più né patire né morire? Quando diciamo che Gesù è triste, che soffre, che è disgustato dalle nostre ingratitudini, che cosa intendiamo? Vogliamo dire che tutto ciò che c'è di male oggi: suicidi, omicidi, guerre, eresie, immoralità, e ogni altro genere di peccati, tutto era presente a Gesù durante la sua passione. Anche le imperfezioni nostre, anche un pensiero non santo, anche una parola inutile vedeva, sentiva, provava pena: tutto, nel Getsemani, pesava sul suo cuore, come fosse stato allora commesso sotto i suoi occhi.
Gli erano presenti però anche tutti gli atti di amore, tutto l'apostolato che si sarebbe compiuto, tutte le riparazioni delle anime buone. Tutti i peccati che si commettono a causa della stampa cattiva, i traviamenti di tante menti, i discorsi contro la Chiesa e i sacerdoti, le trasmissioni della radio che sono un incitamento a delinquere, i film scandalosi per tanta gioventù: tutto questo era presente a Gesù nella sua passione.
Quando Gesù fu alzato sulla croce con scosse alle ferite, fu | [115] un'esclamazione di pena da parte delle pie donne, della Vergine SS. e di S. Giovanni, ma fu un grido di indignazione e di soddisfazione satanica di tutti i farisei e scribi e dei curiosi. Schernire un morente e accrescere gli strazi dell'agonia, è orribile. Ma a Gesù nulla fu risparmiato! «Se sei il Figlio di Dio, discendi dalla croce e ti crederemo!». «Ha voluto salvare gli altri, salvi se stesso se è Figlio di Dio!»1.
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La riparazione

Gesù ebbe però anche allora delle anime consolatrici, come le ha in tutti i tempi. Anzi le consolatrici di ogni tempo erano presenti al suo spirito, attorno alla croce. Soprattutto la Vergine nel cui cuore si riflettevano tutti i dolori di Gesù.
Se ora siete anime riparatrici, Gesù sentì già anche allora e sempre sente il vostro conforto. Ogni nostra opera buona gli fu di consolazione allora; gli è di gloria e onore sempre.
Quando Gesù fu presentato al tempio, Simeone disse: «Positus est hic in signum cui contradicetur»2. Ossia: vi saranno anime che lo ameranno fino a dargli la vita; e vi saranno anime che lo odieranno fino a togliergli la vita. Così in tutti i secoli. Strappare il Crocifisso dalle scuole e soprattutto dalle anime significa: Morte a Gesù! Segno di contraddizione.

Riparare, cioè: 1) consolare; 2) restituire l'onore che altri uomini tolgono a Gesù; | [116] 3) imitare e partecipare alla vita di Cristo nell'apostolato e nelle pene.
Consolare Gesù con tanto amore. Giaculatorie, Messe, rosari, ecc., in riparazione. Specialmente fare una vita pia e buona. Fare il bene opposto al peccato che ha offeso il Maestro divino. Se vi fu scandalo ai fanciulli, vi sia chi li educhi bene; si diffonda stampa educatrice e film educativi; si facciano conoscere i buoni collegi, le buone scuole, l'Azione Cattolica giovanile. L'apostolato stampa è una riparazione della stampa cattiva. Il lavoro dell'apostolato, mentre è mezzo per illuminare le anime, ha pure il compito di riparare. Così il cinema, così la radio, quando sono buoni. Il diavolo distrugge, l'apostolato costruisce; il mondo bestemmia, le anime pie lodano e benedicono; il bugiardo inganna, le Figlie di San Paolo portano la verità.
Chi spende le forze per il male, offende il Signore e chi le spende per il bene, ripara. Così le pie donne che seguivano Gesù,così Giuseppe d'Arimatea che gli preparò il sepolcro, così S.Giovanni che lo accompagnò, fecero atto di riparazione. Se Gesù Cristo è crocifisso, anche oggi chi spera e confida nell'avvento del regno di Dio, ripara. Gara di odio da parte degli uni; gara di amore di chi si consacra a Dio.
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Se un'anima è fedele alla sua vocazione e vi corrisponde con amore, nostro Signore la fa partecipe della sua passione, o nel corpo o nello spirito, o in ambedue. Pene interne, e queste sono di tante qualità: le incomprensioni, le | [117] umiliazioni, le inquietudini, le ingratitudini, la vista dei peccati propri ed altrui. Le anime forti ricevono da Gesù una croce più pesante. Alle anime deboli Gesù impone una croce più leggera, ma tutte devono portarla.

La "direzione morale"

La confidenza si merita con la bontà, la mitezza, la misericordia, l'amore che si sacrifica.
Tra le mortificazioni da fare, vi è questa: conferire con la Maestra in direzione morale. Ma nelle coscienze occorre avanzarsi con molta circospezione e prudenza, da parte di chi ne hal'incarico delicatissimo. Non si è mai obbligati a dire i peccati fuori che in confessione. È vietato indurre alla manifestazione di essi.
Mortificarsi nelle curiosità morbose. Vi sono punti sui qualio non si parla affatto o si è brevissimi. Si può anche imporre il silenzio, occorrendo.
Vi è, tra le Figlie di San Paolo, l'uso, da conservarsi, di conferenze spirituali. Ma queste hanno dei limiti entro i quali bisogna stare. Nostro dovere non è solo sentire e correggere, ma anche le Maestre devono avere chi le corregga. Non è un comando, questo, ma è una direzione ed un consiglio3.
Vi è l'autorità, e questa si esercita a nome di Dio, a tempo; ma l'autorità non ci dispensa dall'usare i mezzi per raggiungere la nostra perfezione. La superiora prima adopera tutti i mezzi anche la correzione e direzione per la propria santificazione. La vita religiosa non si deve | [118] vivere solo dagli inferiori, ma anche dai superiori. Diversamente i nostri difetti tutti li conoscono e noi soli non li conosciamo; tutti ne parlano e noi non li correggiamo.
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Per chi non ha una buona abitudine all'esame di coscienza, l'ufficio di superiora diventa un pericolo. Prima cura, dunque, è che i superiori stessi siano corretti, e dalle persone più sagge e umili della casa.
Secondo limite: non possiamo imporre manifestazioni della coscienza. Sentire però e interrogare circa le relazioni, la salute, lo studio, l'apostolato, la pietà, la convivenza, la vita comune, ecc. Adagio a scavare più profondo, perché l'anima non senta avversione per l'importunità di domande indiscrete. Però una persona può anche dire, qualche volta, le mancanze per umiliarsi.
Quando vi è un po' di screzio fra superiora e suddita, sapete bene che cosa succede! Né si può pensare di esigere eroismi... Talvolta può avvenire che molte figliuole soffrano per questo. Si dirà: Non hanno virtù! Chi può fare giudizi così avventati? Non bastano l'istruzione e la dignità. La confidenza si guadagna soltanto con la bontà.
Il segreto della riuscita dipende tanto dalla direzione morale fatta dalle superiore. È tuttavia ben diversa da quella fatta dal confessore. Formare le suore allo spirito dell'Istituto, dipende dalle superiore.
I Fratelli delle Scuole cristiane4 sono uno | [119] degli istituti più ammirabili nonostante che siano tutti laici ed esposti a molte lusinghe del mondo. Come formano? Spesso il fanciullo è chiamato dal suo maestro; viene interrogato su tutti i punti su cui può estendersi la direzione. E anche quando sono già maestri continuano questo uso. Ciò è segno di robustezza spirituale. Anche voi, su questo punto, avete già fatto tanto bene. Continuate; ricordandovi però della prudenza. È questo un segreto di riuscita; sarà quindi un uso da conservarsi ancorché costi sacrificio da ambedue le parti.
Vi sono punti, però, in cui si ha obbligo di riferire. La Maestra deve riferire sul suo ufficio e sulle sorelle, specialmente quando si può dire in bene. Oltre a riferire sulla persona, riferire anche sull'andamento economico, sulla povertà, sull'apostolato. Molti mali, per queste vie, si potranno togliere o diminuire.

Ecco riparazioni preziose:
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«La croce mia è certa salute.
La croce io sempre adoro.
La croce del Signore è con me.
La croce mi è rifugio»
(S. Tommaso d'Aquino - 300 giorni d'indulgenza).
«Ave, o croce, unica speranza» (500 giorni d'indulgenza). «Signore, ti ringrazio che sei morto in croce | [120] per i miei peccati» (S. Paolo della Croce - 300 giorni d'indulgenza). «Eccomi, o mio amato e buon Gesù, che alla santissima vostra presenza, ecc...» (10 anni se recitata innanzi al Crocifisso;plenaria se dopo la Comunione).
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[122]
XII
MARIA, DONO DEL CROCIFISSO*

Gesù insegna anche dalla croce

Il Figliuolo di Dio si era incarnato per salvare l'uomo peccatore: «Veni salvum facere quod perierat»1. Questa la sua costante premura. Salvare portando la verità, la santità, il culto al Dio vero. Perciò anche sulla croce, la preoccupazione, il pensiero fisso, predominante, del | [123] Maestro divino, erano i peccatori. E quando i soldati lo innalzarono su quel duro legno, mentre il popolo lo insultava, che cosa pensò il Salvatore? Non a difendere se stesso, ma i peccatori. La sua preoccupazione non era il suo onore, ma quello del Padre e la salvezza dei peccatori. Perciò la sua prima preghiera fu: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che si fanno»2.
Altra parola di Gesù sulla croce fu quella rivolta al buon ladrone. Perciò, la prima conquista di Gesù morente fu un peccatore ostinato, condannato e ritrovato dalla giustizia umana. Al ui Gesù diede l'assoluzione generale con l'indulgenza plenaria: «Oggi sarai meco in Paradiso»3.
Gesù, già spirato, apriva la porta del suo cuore a tutti i peccatori: la ferita del suo cuore. Il suo costato è un confessionale, un rifugio per tutti. Può aumentare il dolore da farlo arrivare alla contrizione perfetta, alla indulgenza plenaria. La divozione al Sacro Cuore è un gran mezzo per ottenere misericordia.
Il peccato è il gran nemico. È nera ingratitudine verso la bontà infinita di Dio. È insipienza perché fa soltanto del male, ancorché si presenti attraente ed utile. Non v'è mai una scusa al peccato; mai una ragione per cui si possa dire una bugia, fare una mormorazione, dare uno sguardo cattivo, stare volontariamente distratti nell'orazione.
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L'astuzia del diavolo sta nel presentarci il peccato «sub specie boni»4. Più ingannevoli | [124] sono i pretesti per mettersi nelle occasioni: Ho bisogno, c'è motivo; mi metto nell'occasione, ma non peccherò, ecc. Questa è la voce di satana che già ingannò Eva. Chiudi le orecchie alla sua voce. Fuggi le occasioni sia dei peccati gravi, sia dei peccati veniali.
La tentazione più grave è sempre quella contro la vocazione, contro la propria missione: o di abbandonare l'Istituto stanchi e sfiduciati; o di restarvi, ma senza corrispondere, il che è peggio. Non v'è dubbio della chiamata quando si fu ammessi ai voti. Se, però, manca un continuato sforzo, non si corrisponde. Dare, dunque, al Signore tutto quello che si ha, ma darlo davvero. Vigilare sugli inganni del demonio. Se si va coi tiepidi, si diventa tiepidi: è un'occasione pericolosa.

Il dono di Maria

Consideriamo, in secondo luogo, il gran dono che il Signoreci fece dalla croce: la SS. Vergine per madre. Maria stava ai piedi della croce e vi era pure Giovanni, il discepolo che Gesù amava, perché era innocente, vergine, giovane.
Si fa bene a promuovere qualche vocazione fra i parenti. Vi è però da vigilare perché la carne e il sangue non c'ingannino.
A un certo punto Gesù posa il suo sguardo sopra il discepolo e gli dice: «Giovanni, ecco tua madre!» indicandogli Maria. Poi, rivolto a Maria e accennando Giovanni, le dice: «Donna, ecco il tuo figlio!»5. Non la chiama Madre, ma Donna: la Madre di tutti, la grande Donna; | [125] quella annunziata da Dio nel Paradiso terrestre.
Prezioso dono! Chi non ama Maria? Chi non ha devozione a Maria? Chi non si cura di recitare spesso il rosario tra le Figlie di San Paolo? Gran dono! Cattivi e peccatori come siamo, avremmo timore ad accostarci a Gesù Cristo; ma interviene la Madre, come paciera e intermediaria presso il Figlio suo. Le nostre preghiere valgono poco. Maria è mediatrice di ogni grazia. L'acquisto delle virtù è difficile, ma la Vergine benedetta viene a renderlo facile.
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Maria è la madre della vostra vocazione. È la madre sempre chiamata e invocata. È la Regina di tutti gli apostoli e di tutti gli apostolati. È la consolatrice che assiste i figli in punto di morte; dal giorno che assisté Gesù morente ebbe la grazia di assistere tutti i figli agonizzanti. Ad essi infonde specialmente fiducia e carità. Diciamo sempre: «Prega per noi adesso e nell'ora della nostra morte».
È tanto bello questo pensiero: io sono debole; ma sono certo che il Signore mi ha chiamato alla santità. Non so il grado di questa santità; è mistero, ma invocherò sempre Maria, affinché mi dia la grazia di arrivare al grado di santità a cui Dio mi ha chiamato: "Madre, guidami tu". Sempre nella nostra mente,sempre sulle nostre labbra, sempre nel nostro cuore la Vergine benedetta.
Racconta uno scrittore che alcuni americani degli Stati Uniti con quella coscienza larga che hanno, non riuscivano a entrare in Paradiso dalla | [126] porta comune. S. Pietro era rigido, richiedeva ogni passaporto; e li voleva in regola. Allora essi si avvicinarono alla porticina segreta della Madonna e là con tutto il cuore ripetevano: Madre, pregate per noi. E la Vergine impietosita, in un momento in cui Pietro riposava, colla sua chiavetta d'oro li fece entrare. Per riconoscenza, gli americani un giorno, mentre la Madonna si era recata al palazzo di Gesù per una grande festa, penetrarono nella sua camera e vi impiantarono una bella radio, collegata con tutte le stazioni della terra. Con quella radio la Madonna sta sempre a sentire le preghiere dei suoi figli che la invocano continuamente da ogni parte della terra: «Prega per noi, adesso e nell'ora della nostra morte».

Esaminiamo se la nostra devozione a Maria è cresciuta coi nostri anni. Tra le virtù in cui bisogna crescere, vi è anche l'amore alla santa Madonna. Crescere nella conoscenza di lei, attraverso la lettura di buoni libri; imparare e spiegare qualche volta il catechismo mariano stampato. Imitarla sempre meglio. Vi sono persone che la imitano nel comportamento esterno; altre la imitano in tutta la loro vita: nei pensieri, nei sentimenti, nella maggior intimità con Dio.
Pregare di più la Madonna; far bene le pratiche in suo onore, specialmente il sabato e il rosario. Ancora, far conoscere, imitare, amare, pregare Maria: essere cioè apostole della devozione a
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Maria. Vi sono tante occasioni per diffondere libri sulla Madonna, farla amare, pregare.
Quando si ha il cuore pieno, non si cesserebbe mai di parlare | [127] di ciò che si ama. S. Alfonso in ogni predica aveva un pensiero su Maria.
Si facciano pure le statuette, i quadretti e tutto ciò che aiuta a sviluppare la divozione a Maria; specialmente si scrivano e si stampino molti libri mariani. Chi scrive può fare un bell'album sulla Madonna; chi diffonde lo porterà volentieri. Dove entra la Madonna entra anche Gesù.
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XIII
ULTIMI INSEGNAMENTI DEL MAESTRO CROCIFISSO*

Quando ero chierico avevamo superiore il canonico Chiesa1. Una delle cose edificanti che ricordo di lui è questa: aveva scelto fra noi due chierici, per suoi correttori. Non credeva di umiliarsi troppo, né di dare troppa importanza ai giovani chierici. L'umiltà è sempre molto benedetta da Dio ed apprezzata anche dagli uomini. | [130] Quest'atto davanti al Signore è sommamente meritorio; è fonte di molte grazie. Così fu per il canonico Chiesa: gli meritò anche di essere molto obbedito; ognuno si studiava di evitargli dispiaceri.
Siamo verso la conclusione della considerazione dell'agonia di Gesù in croce. In questo ultimo tratto della sua vita, il Salvatore manifesta le sue più alte virtù, ed il sommo della perfezione.
La vita di Gesù fu come il cammino del sole: quando appare su l'orizzonte sembra quasi che si avanzi timidamente; man mano che si alza, diventa più splendente e caldo. Nato nel silenzio e nel nascondimento, «dum medium silentium teneret omnia»2, Gesù andò crescendo in età, sapienza e grazia: «Puer crescebat in sapientia, aetate et gratia apud Deum et homines»3. La sua anima era sempre più penetrata dallo Spirito Santo.
Gesù si immola di puro amor di Dio. «Oblatus est quia ipse voluit»4. Questo sommo di perfezione è manifestato dalle ultime parole che egli pronunciò dalla croce: «Sitio!»5; «In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum»6; «Deus meus, Deus meus ut quid dereliquisti me?»7 e poi: «Consummatum est!»8.
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Spirito apostolico

«Sitio! Ho sete». Chi ha spirito apostolico sente sete di anime. Il secondo sospiro dell'anima apostolica è la perfezione condotta al compimento: «In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum»; quando cioè si rimette completamente a Dio abbandonandosi completamente in | [131] lui. I sospiri dell'anima apostolica sono due: le anime e la santificazione di esse.
L'apostolo sospira la salvezza degli uomini, vorrebbe il regno di Dio esteso su tutta la terra. Perciò, nelle Visite, nelle Comunioni, nelle Messe domanda sempre la salvezza di tutti: anime purganti, peccatori, eretici, pagani: tutti porta nel cuore. Il sacro tormento dell'anima apostolica è vedere anime che si perdono. Vorrebbe piantare la croce dappertutto, su tutti i lidi, su tutte leterre: «Da mihi animas!»9.
Nel nostro apostolato vi è ancor tanto cammino da fare. Progredire sempre di più; avanzare ogni giorno. Ma non soltanto nel far belle edizioni; ma nell'arrivare dappertutto, a tutti. Non mancano adesso le buone edizioni (i catechismi, la Bibbia, i Santi Padri): dogma, morale e culto formano la sostanza delle nostre edizioni. Più scarsi siamo nella propaganda. Mancano le anime, i cuori apostoli. Ci vogliono vocazioni specialmente sacerdotali. Un sacerdote ovunque; e ovunque un gruppo di suore. Pregate per i sacerdoti. Sono essi che devono precedere in terra di missione. Sono essi che devono zelare poi le vostre vocazioni ed alimentarle ogni giorno.
Rimanga impresso questo: mancano i cuori apostolici, i ministri di Dio di vero spirito. Facciamo una lega di preghiera, lavoro per le vocazioni. Che vi sia chi pensi, operi, preghi.

Aiutare le sorelle a camminare nella santità

Inoltre: condurre le anime a gran perfezione. Che l'Istituto delle Figlie di San Paolo abbia molte | [132] figlie semplici, umili; che stiano nascoste; pronte e generose in qualunque ministero. Nessuna si illuda o si invanisca, perché noi non sappiamo da che fonte arrivano le grazie. Le ottengono le anime umili e nascoste.
Vi sono persone che quasi non si vedono, non si sentono, di
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cui quasi non avvertite la presenza ma su di esse posa i suoi sguardi di compiacenza il Signore, sono ascoltate da Dio, per loro Iddio fa tante cose, sono le piccole anime, che seguono la piccola via10. Al giudizio di Dio si vedrà poi, la realtà. Grandi sono le anime piccole nel regno di Dio; ma anche quaggiù egli ha per esse quelle divine compiacenze e tenerezze che aveva Gesù per i bambini.
La prima preoccupazione di una Maestra nella propria casa, è di santificare le sorelle. Essa è maestra di vita religiosa. Che nell'Istituto ci siano delle vere sante non delle strane! Fornite di sode virtù: l'umiltà, la carità, la dolcezza, la uniformità al volere divino; disposte a dir sempre il al Signore; che sanno far del bene silenziosamente, dar buon esempio, dire buone parole, cercare nuove vie per l'apostolato; tenendosi sempre per incapaci, inutili, buone soltanto a guastare. Queste solo potranno condurre le anime molto avanti.
C'è un pericolo nelle case filiali: che la superiora faccia l'economa anziché attendere soprattutto alla parte spirituale. Non si confondano queste due cose. Certo, nulla si fa in casa che non passi per la Maestra; ed essa deve dare il tono a | [133] tutto: entrare in tutto, tutto disporre in genere, ma non dev'essere l'economa. In molti casi, anzi, giova pure una santa dipendenza nelle cose materiali.
Abbiamo sempre un gran pericolo noi: ci persuadiamo di avere quelle virtù che il nostro ufficio richiederebbe, o che sappiamo raccomandare agli altri. Forse perché ognuno ci porta un certo rispetto, mentre nessuno ci richiama.
Quando le suore sono pronte a dir sempre un sì gioioso, hanno il segno della vera santità come Gesù: «Non sicut ego volo, sed sicut tu»11. Daranno tanta gloria a Dio e si prepareranno un buon posto in Paradiso.

Parole di Gesù in croce

Gesù sulla croce disse: «Deus meus, Deus meus, ut quid dereliquisti me? Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»12.
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Questo non è un lamento: è un confessare le immense pene che egli soffriva per il Padre e per le anime. Le pene esterne un po' si comprendevano, perché si vedevano; invece quelle interne non si vedevano e non si potevano comprendere. Queste parole sono di conforto a tante anime che soffrono in silenzio un vero martirio. Gesù volle darci l'esempio anche di questo: fin dalla agonia del Getsemani «coepit pavere et taedere et moestus esse»13.
Queste anime non si sconfortino: non è segno di essere distaccate da Dio, ma è Dio che le vuole | [134] interamente sue e le purifica, vuole che siano totalmente crocifisse con lui anche nelle potenze interiori. Il Signore più estende le nostre sofferenze e più ci dà occasione di santificarci. Oh, non abbiamo noi ancora toccato il fondo, non abbiamo ancora provato ciò che hanno provato molti santi! Più ci assomiglieremo a Gesù e più parteciperemo alla sua gloria.
Gesù esclamò ancora: «Tutto è compiuto: Consummatum est!». E voleva dire: la missione mia è finita. In me si dovevano avverare tutte le profezie, dovevo redimere il mondo con la passione, dovevo dare al Padre una gloria infinita, dovevo stabilire la Chiesa, istituire i sacramenti, lasciare un Vangelo di salvezza, inaugurare il nuovo sacrificio; ebbene, tutto è compiuto!
Ad ogni anima il Signore assegna una speciale missione su la terra. Viviamo in maniera da compiere tutta la missione nostra? La missione nostra si riferisce all'apostolato edizioni, stampa, radio, cinema ed in generale a far sfruttare per il Vangelo i mezzi più celeri e più fecondi che l'ingegno umano mette a servizio della verità. Occorre pensare, lavorare, pregare. In modo particolare il Signore ha affidato a ciascun'anima uno speciale compito: e vi ha dato le grazie proporzionate. Il divino artista è meraviglioso non solo nel formare il sistema cosmologico, ma anche nel lavorare il piccolo fiore. Non vi sono due fisionomie perfettamente uguali; così non vi sono due anime | [135] perfettamente uguali. Dio ha disegni speciali sopra ogni anima nel tempo e nell'eternità: e l'ha perciò fornita di doni di natura e doni di grazia. Se ogni giorno tutto adoperiamo nei fini di Dio, secondo la sua mente e di suoi disegni potremo sul letto di morte volgere lo sguardo indietro
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ed esclamare: «Consummatum est». Sarà consolazione profonda; sarà caparra di Paradiso. E di lassù si continuerà a svolgere la medesima missione.
Questi sono gli Esercizi del progresso; oggi, mettere tutti i propositi nelle mani di Maria; pregarla che ci dia grazia di camminare; sempre, senza fretta, ma con amore umile e fiducioso. Ese in questi Esercizi abbiamo riconosciuto di essere state languide o di aver perduto tempo nella vita, dobbiamo avere umiltà e fiducia di riguadagnare il tempo: «redime tempus»14.
Il Signore ha permesso che inciampassimo, ma non ci abbandonò. Egli atterra e suscita, affanna e consola 15. Fiducia: non è mai tardi per convertirsi; fossimo pure sul letto di morte.
Poi Gesù mandò un gran grido, abbassò il capo e spirò. Ecco: il sacrificio compiuto; il mondo redento.
Abituiamoci a considerare questo Crocifisso come presente a noi tutti i giorni sull'altare. | [136] Sacrificio che dura perpetuamente. La Messa ha gli stessi fini e gli stessi meriti del sacrificio della croce, perché vi è la stessa vittima e lo stesso principale offerente: Gesù Cristo. Grande devozione alla S. Messa. La immagine più simile che abbiamo di Gesù Cristo è S. Francesco di Sales che era capace di sostenere le più grandi pene senza abbattersi, senza abbandonare il suo atteggiamento sereno e placido.
Sentire quante Messe si può. Unirsi a tutti i sacerdoti celebranti su la terra, specialmente a quelli della Pia Società San Paolo i quali offrono la Messa per voi e con voi. Sentirla con il miglior metodo. Insegnare questo metodo con la parola e con le edizioni. Diffondere libri sulla Messa.
La consacrazione opera i miracoli. Tutti i prodigi vengono di lì, nel momento in cui il sacerdote non è più lui, e quasi scompare pronunciando le parole di Gesù Cristo; ecco il principale dei prodigi, la transustanziazione: «Hoc est corpus meum!»16. Gli altri miracoli sono sul modello di questo. Nessun uomo si glori davanti a Dio, tutto e solo si attribuisca al Signore. Questa è la vittoria che vince il mondo: la fede in Cristo Gesù17; l'unica nostra ricchezza sta nella partecipazione ai suoi meriti.
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1 /sup> VN, 10 [1946]6.

* Testo del Vangelo riportato nell'originale: Gv 15,9-17.

1 Don Alberione partì da Genova in nave per la Spagna il 6 maggio 1946. Nel suo taccuino personale si trovano sobrie note di una particolare illuminazione interiore, avuta in Spagna nella chiesa di Nostra Signora del Buon Soccorso (cf A. Speciale, Cronistoria 1946, pp. 18-19. Arch. stor. SSP).

2 S. Agostino: «Che io conosca Te, che io conosca me!», in Soliloquia, PL, 885, 16.

3 Cf Mt 10,42.

4 Cf Mt 12,36.

5 Cf Es 17,7; Dt 32,50-51.

* Testo del Vangelo riportato nell'originale: Mt 25,14-30.

1 Cf Gal 6,14: Antifona d'Introito della Messa propria.

2 Cf Lc 19,41.

3 Mt 6,10: «Sia fatta la tua volontà».

4 Cf 2Ts 2,15: «Mantenete le tradizioni».

5 Cf Gal 3,1.

6 Cf Gal 1,8.

7 Cf Mt 10,16.

* Testo del Vangelo riportato nell'originale: Mt 26,36-44; Mc 14, 32-41; Lc 22,39-45; Gv 18,12.

1 Risonanza della nota espressione di S. Giovanni Crisostomo: «Mancarono i popoli a Paolo, ma non Paolo ai popoli».

2 Cf 1Cor 9,22: «...per tutti».

3 Sal 17,6: «Dolori di inferno mi attorniarono» (Volgata).

4 Sal 30,10: «Quale vantaggio dalla mia morte?».

5 1Cor 11,23: «Nella notte in cui veniva tradito...».

6 Mt 28,20: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni».

7 Card. Emanuele Gonçalves Cerejeira (1888-1977), successivamente responsabile di dicasteri della Curia romana: Propaganda Fide, Riti e Seminari.

8 Mt 26,31: «Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge».

9 Mt 26,56: «Abbandonatolo, fuggirono».

10 Cf Mt 26,26-28.

11 Mt 11,28.

12 Cf Sal 24,4: «Chi ha mani innocenti e cuore puro».

13 Cf Sal 55,13.

14 Cf Mt 26,39: «Non la mia, ma la tua volontà sia fatta... Non come voglio io, ma come vuoi tu».

* Testo del Vangelo riportato nell'originale: Mt 26,45-56; Mc 14,41-52; Lc 22,46-53; Gv 18,3-11.

1 Mt 26,39: «Non come voglio io, ma come vuoi tu».

2 Mt 26,46: «Alzatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce si avvicina».

3 Lc 21,19: «Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime».

4 Cf Mt 16,24.

5 Imitazione di Cristo II, XII, 3: «Tutta la vita di Cristo fu croce e martirio».

6 Cf Mt 26,53.

7 Cf Mt 26,50.

8 Cf Rm 12,21.

9 Cf Gv 18,23.

10 Cf At 22,25.

11 Cf Lc 22,48.

12 Cf Gv 18,4-8.

13 Mt 26,41.

14 Mc 14,50: «Tutti, abbandonandolo, fuggirono».

15 Cf Lc 22,52-53.

16 La chiesa della Moretta, tanto cara a Don Alberione e alla città di Alba, fu iniziata nel 1905 e benedetta nel 1908. Sorge su un antico pilone che risale al XVII secolo.

17 «Passione di Cristo, confortami». È un'invocazione della preghiera: Anima Christi.

* Testo del Vangelo riportato nell'originale: Mt 26,57-75; Mc 14,53-72; Lc 22,54-62; Gv 18,12-27.

1 Cf Lc 22,52.

2 Cf Mt 26,72: «Non conosco quell'uomo».

3 Mt 16,19.

4 Cf Lc 22,31-34.

5 Cf Mt 26,33.35.

6 Luigi Gonzaga (1568-1591), giovane gesuita, si distinse per lo sp irito di servizio.

7 Cf Rm 13,1.

8 Cf Mt 10,36.

9 Mt 6,13: «E non ci indurre in tentazione».

10 Mt 26,75.

11 Cf Gv 18,20-21.

12 Cf Mc 14,56.

13 Cf Mt 26,59-66.

14 Cf Mt 12,45.

15 Cf Mt 13,24-30.

16 Cf Mt 25,33.

17 «Sopportate per un poco».

* Testo del Vangelo riportato nell'originale: Lc 22,63-65; Mt 27,3-10.

1 Cf Mt 20,27.

2 «Servo dei servi di Dio».

3 Cf Mt 27,3-5.

4 Mt 26,24: «Sarebbe meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!».

5 Mt 27,3: «...vinto dal rimorso» (Volgata).

6 Cf Lc 7,37-38.

7 Strofa della Sequenza Dies irae che si recitava nella Messa dei defunti: «Tu che hai perdonato Maria ed esaudito il ladrone, a me pure hai dato speranza».

8 Cf Lc 22,63-65.

9 Le altre penitenze sono considerate nella meditazione successiva.

* Testo del Vangelo riportato nell'originale: Lc 23,2-3; Gv 18,28-38; Mt 27,11; Mc 15,s2.

1 Pietro Maffi (1858-1931), arcivescovo di Pisa, consigliere, amico di don Alberione che più volte si rivolse a lui e ne ricevette sempre incoraggiamento a proseguire nell'apostolato stampa.

2 Cf 1Cor 9,19.

3 Cf Lc 1,38.

4 Cf Mc 14,65.

5 Cf Lc 22,66.

6 Cf Lc 23,1-2; Gv 18,31-37.

7 Rituale della Pia Società Figlie di San Paolo , Roma 28 giugno 1945. Approvato dalla Sacra Congregazione dei Riti il 24 maggio 1945.

8 Per la vestizione e ammissione al postulato: Lc 2,40-52; per l'ammissione al noviziato: Lc 18,18-22; per la professione religiosa: Mt 19,27-29.

9 Cf Gv 20,19: «Pace a voi»; Gv 14,27: «Vi do la mia pace».

10 Cf Mt 5,3-11.

* Testo del Vangelo riportato nell'originale: Mt 27,12-14; Mc 15,3-5; Lc 23,4-12.

1 Art. 143.

2 Cf Mt 27,18.

3 Cf Mt 7,3.

4 Cf 1Sam 18,1-9.

5 Gv 12,19: «Ecco che il mondo gli è andato dietro».

6 Cf Lc 13,32.

7 Cf Mt 14,8.

* Testo del Vangelo riportato nell'originale: Mt 27,15-30; Mc 15,6-19; Lc 23,17-25; Gv 18,39-40; 19,1-3.

1 Cf Mc 8,17.

2 Cf Mt 27,15-24.

3 Cf Mt 14,15-21.

4 Cf Mt 11,5.

5 Cf At 10,38.

6 Cf Gv 13,1; Ef 5,2.

* Testo del Vangelo riportato nell'originale: Gv 19,4-16; Mt 27,24-26; Mc 15,15-21; Lc 23,25-32.

1 Cf Pr 25,27: «Colui che pretende di conoscere la maestà di Dio, sarà schiacciato dalla grandezza di lui» (Volgata).

2 Jacques B. Bossuet (1627-1704), teologo francese, scrittore e grande oratore.

3 François Fénelon de Salignac (1651-1715), scrittore, arcivescovo di Cambrai.

4 1Cor 3,9: «Siamo infatti collaboratori di Dio».

5 Gv 19,5: «Ecco l'uomo».

6 Gv 19,6.

7 Ludovina di Schiedam (1380-1433), olandese, favorita da doni mistici.. Fin dal 1931 la vita di questa santa fu stampata e diffusa dalle FSP. Cf K. Y. Huysmans, Ludovina di Schiedam , Alba 1931.

8 Gv 19,10-11.

9 «Crocifiggilo, crocifiggilo».

10 Cf Gv 19,12-16.

11 2Cor 5,21: «Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore».

12 Sal 119,71.

13 Cf Lc 22,43.

*Testo del Vangelo riportato nell'originale: Mt 27,31-32; Mc 15,20-21; Lc 23,26-32; Gv 19,16-17.

1 Cf Mt 26,42: «Sia fatta la tua volontà».

2 Cf Lc 23,46: «Signore, nelle tue mani consegno il mio spirito».

3 Mt 3,17: «Questi è il Figlio mio prediletto nel quale mi sono compiaciuto».

4 Mt 26,38: «La mia anima è triste fino alla morte».

5 Sal 22,7.

6 Gv 8,29: «...perché io faccio sempre le cose che gli sono gradite».

7 Nell'enunciazione delle varie stazioni si segue il testo della Via crucis, riportato in: Le Preghiere della Famiglia Paolina.

8 Mt 16,24.

9 Mt 6,13: «...e non ci indurre in tentazione».

10 Richiama l'offerta della preghiera paolina: Per chi ha sete di anime o Offertorio paolino.

11 Lc 23,28.

12 Cf Sal 95,8.

13 Cf Gal 5,24.

14 Mt 27,46.

15 Cf Breviario Romano Latino-Italiano, Proprio del tempo n. 4, Tipografia Silvestrelli e Cappelletto, Torino 1932. Prima della riforma liturgica la celebrazione del Triduo pasquale era chiamata "Ufficio delle tenebre". Innanzi all'altare, dal lato dell'epistola, era posto un candelabro a forma triangolare sormontato da 15 candele che venivano progressivamente spente dopo il canto di ciascun salmo o cantico. La candela posta al vertice alla fine rimaneva accesa e riposta dietro l'altare. L'origine storica e il significato simbolico del rito è vario. Fra questi quello a cui allude don Alberione: anche dopo la sepoltura di Gesù l'unica candela che rimane accesa è la fede di Maria che nel silenzio attende la resurrezione.

16 Mt 20,19: «...ma il terzo giorno risusciterà».

17 Cf Gal 6,14. Antifona di Introito, Messa Esaltazione della croce, 14 settembre.

* Testo del Vangelo riportato nell'originale: Mt 27,55-59; Mc 15,40-46; Lc 23,49-53; Gv 19,28-40.

1 Cf Mt 27,40-41.

2 Cf Lc 2,34: «Egli è qui... segno di contraddizione».

3 Consiglio praticato dalla Prima Maestra Tecla che scelse come sua correttrice personale M. Nazarena Morando (cf I. Balla, Il tuo volto, Signore, io cerco. Profilo di sr. Nazarena Morando FSP, Roma 1995, p. 58).

4 Congregazione religiosa fondata da S. Giovanni Battista de la Salle (1651-1719) nel secolo XVII, per la istruzione religiosa dei ragazzi abbandonati e poveri.

* Testo del Vangelo riportato nell'originale: Mt 27,44; Mc 15,32; Lc 23,39-43; Gv 19,25-27.

1 Cf Mt 18,11: «È venuto infatti il Figlio dell'uomo a salvare ciò che era perduto».

2 Lc 23,34.

3 Lc 23,43.

4 «Sotto l'apparenza di bene».

5 Cf Gv 19,26-27.

* Testo del Vangelo riportato nell'originale: Mt 27,45-50; Mc 15,33-37; Lc 23,44-46; Gv 19,28-30.

1 Il venerabile Francesco Chiesa (1874-1946), direttore spirituale di don Alberione e grande collaboratore della Famiglia Paolina, era deceduto in quell'anno, il 14 giugno. La memoria di lui quindi era molto viva.

2 Cf Sap 18,14: «Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose».

3 Lc 2,52: «E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini».

4 Is 53,7: «Maltrattato, si lasciò umiliare». Volgata: «È stato sacrificato perché ha voluto».

5 Gv 19,28: «Ho sete».

6 Lc 23,46: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito».

7 Mt 27,46: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».

8 Gv 19,30: «Tutto è compiuto».

9 Gen 14,21: «Dammi le persone; i beni prendili per te». S. Giovanni Bosco fece di questo versetto il motto del suo istituto: "Da mihi animas, cetera tolle".

10 Riferimento alla «piccola via» praticata e insegnata da S. Teresa di Gesù Bambino (cf Opere complete, ed. cit., p. 235).

11 Mt 26,39: «Però non come voglio io, ma come vuoi tu».

12 Mt 27,46.

13 Cf Mc 14,33: «...cominciò a sentire paura e angoscia».

14 Cf Ef 5,16.

15 Risonanza dell'ode di Alessandro Manzoni: Cinque maggio .

16 Mt 26,26: «Questo è il mio corpo».

17 Cf 1Gv 5,4.