Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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ESERCIZI SPIRITUALI - GENNAIO 1946

Gli Esercizi, tenuti a New York dal 20 al 28 gennaio, sono il primo corso che don Alberione predica alle FSP fuori d'Italia.
Detta ben venticinque meditazioni e istruzioni, a cui si aggiungono alcune conferenze di Maestra Tecla. Gli appunti, secondo la testimonianza di sr. Redenta Commentucci, sono presi con probabilità da sr. Basilia Bianco (1903-1988), che si trovava negli Stati Uniti dal 1938 e aveva una buona cultura. Vengono pubblicati solo nel 1952 nel volume che raccoglie la predicazione tenuta rispettivamente durante le due visite del 1946 e del 1952: Esercizi e meditazioni del Primo Maestro e Conferenze della Prima Maestra, Figlie di San Paolo, Derby 1952 (EMC).
Il corso ha inciso profondamente in tutte. Nota la cronaca: «Sono stati giorni di luce e di benedizioni particolarissime. Da quanto tempo non si faceva un corso di Esercizi così… Quante cose belle ci ha detto il Sig. Primo Maestro!… Che vasti orizzonti di bene ci ha rivelati… Che progetti, che speranze, che missione larga ha nella volontà di Dio questa prima casa degli Stati Uniti!»1.

I vari interventi hanno un tono confidenziale e sono pervasi da una particolare premura paterna, che mira a illuminare, incoraggiare, confermare, sostenere; a non fermarsi sulle difficoltà finora incontrate, a progredire. Gli Esercizi si trasformano perciò in un momento di intensa formazione paolina in cui il Fondatore, in una visione di grande fede e fiducia nello sviluppo della Congregazione negli Stati Uniti (XXV, 125), prospetta alla piccola e timorosa comunità gli ampi orizzonti della sua missione in America.
Gli Esercizi si strutturano su alcuni temi di fondo:
I Novissimi (II, III, V, XX, XXIV);
Le Costituzioni, da poco approvate con il Decretum Laudis (13 dicembre 1943). Ne commenta alcuni capitoli con applicazioni
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pratiche, soffermandosi particolarmente: sul fine dell'Istituto (IV), la formazione (VII), la carità (XVI); puntualizza che la carità delle FSP si radica in 1Cor 13,4-7, trasformato in testo normativo (cf Cost. art. 129); sui consigli evangelici di obbedienza (XII), castità (XIII), povertà (XV);
La persona di Cristo, meditata nelle varie fasi della vita del Maestro divino: privata (XVII), pubblica (XVIII), dolorosa (XIX), gloriosa (XXI, XXII), eucaristica ( IX, XI);
La vita sacramentale ( VIII, X) e la preghiera paolina (IX, XI).

Di questa predicazione è difficile individuare fonti manualistiche. Tutto sgorga dal cuore del padre e, in certo qual modo, da quello schema di predicazione che contiene l'itinerario spirituale che egli ha pensato fin dal 1932 per la Famiglia Paolina e che ha condensato nel libro: Donec formetur Christus in vobis.
I verbi chiave che continuamente ritornano sono: crescere, andare avanti, camminare, progredire. Ma crescere in America per il servizio all'America, vivendo le Costituzioni in contesto con sano discernimento (cf IV, 27).
Particolarmente significativi gli orizzonti che vengono aperti:

A livello spirituale incoraggia a una elevata santità attraverso una intima docilità allo Spirito Santo e una intensa vita teologale (I).

A livello apostolico dà una vigorosa spinta a rispondere alla vocazione paolina in America, superando paure: «Occorre prendere coraggio e fede, e ognuna sia sicura delle grazie. Occorre che ognuna sia sicura della bellezza del vostro apostolato: ditelo a tutti […]. Occorre che l'apostolato diventi sempre più sapiente: andate avanti, progredite. Siamo in un mondo che sente altamente la civiltà, il progresso, la tecnica. Oggi per mezzo della radio, della stampa, del cinema si arriva a un'alta cultura. Bisogna crescere con il mondo» (XVIII, 92-93).

A livello istituzionale chiarifica il ruolo della prima casa all'estero che non è una semplice casa filiale, ma il centro da cui prende sviluppo e ampiezza l'apostolato e la Congregazione a livello nazionale. Da quel centro devono nascere altre comunità. È in questo senso che all'estero si deve ripetere Casa Madre: massima unione con la Casa generalizia, ma mirare allo sviluppo locale (cf XVI, 84-85).
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I
PER CRESCERE NELLA FEDE, NELLA SPERANZA, NELLA CARITÀ

Introduzione

Abbiamo invocato i lumi dello Spirito Santo col Veni, Creator Spiritus. Perché diciamo: «Veni, Creator Spiritus»? Diciamo questo perché lo Spirito Santo deve formare in noi un'altra vita, la vita della grazia, la vita spirituale, la vita della santità.
L'uomo è composto di anima e di corpo. L'anima ha le sue facoltà: intelligenza, memoria, volontà. Ma oltre questa vita umana mediante la quale l'uomo pensa, lavora, fa tante cose, v'è in noi un'altra vita: la vita soprannaturale. Questa vita la forma in noi lo Spirito Santo.
Col Battesimo l'uomo viene generato una seconda volta. E mentre prima l'uomo è semplicemente uomo, dopo il Battesimo diventa cristiano. Ecco perché diciamo: «Emitte Spiritum tuum et creabuntur; et renovabis faciem terrae»1, perché, se lo Spirito Santo viene in noi acquistiamo una nuova vita. Voi dite: Noi l'abbiamo già la vita spirituale. Sì, chi è in grazia ha la vita spirituale, ma questa può essere all'inizio e può essere portata a un grado perfetto. Il bambino che sta nella culla, ha già la vita? È già uomo? Sì, ma altra è la vita di quel bambino che sta nella culla, altra è la vita di un uomo che fa tante belle | [6] invenzioni. Ieri per es. uscendo, ho potuto ammirare dei bellissimi ponti, frutto del progresso dell'ingegneria americana. L'uomo che cosa sa fare!
Quando l'uomo nasce alla vita spirituale col Battesimo, ha già la vita della grazia che Gesù chiama sempre «vita eterna» in quanto deve durare in eterno. Ma altro è la vita spirituale di uno che ha appena ricevuto il Battesimo, altro è la vita spirituale di una Madre Cabrini, di una S. Teresa, di una S. Caterina da Siena, di Maria SS. al momento della morte. Maria era la «piena di grazia»2. Voglio dire: siete già sante perché avete ricevuto la grazia del Battesimo, ma questa vita di grazia voi potete, dovete aumentarla. Perciò diciamo al Signore: «Mandaci lo Spirito Santo». Potete essere sante.
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Che cosa sono gli Esercizi spirituali

Che cosa sono gli Esercizi spirituali? Perché si fanno? «Qui sanctus est sanctificetur adhuc: Chi è santo si santifichi ancora!»3. Ecco perché si fanno Esercizi spirituali. La nostra anima sebbene consacrata dalla presenza di Gesù-Ostia, e dalla presenza della SS. Trinità, pure può essere sempre più perfezionata. Ricordate la diversità di vita tra un bambino ancora in culla e un adulto capace di grandi invenzioni. Chi è che crea questa vita? Lo Spirito Santo.
Quando Iddio creò l'uomo, lo trasse dal fango, fece un pupazzo, poi gli spirò in faccia lo «spiraculum vitae»4 e gli infuse l'anima. E che cosa diventò quel pupazzo? Un uomo, un essere vivente, dotato di anima spirituale. L'uomo fu fatto simile a Dio5. «Deus factus est homo, ut homo fieret Deus»6 dice S. Agostino.
Gli Esercizi spirituali sono un tempo in cui si fanno più esercizi di pietà che non negli altri tempi. Più meditazione, più Messe, più preghiera. A che scopo? Allo scopo | [7] di togliere ciò che c'è di male in noi, sia peccati, sia difetti, sia affetto al male e mettervi lo spirito soprannaturale. Se volessimo dir tutto in tre parole sarebbe: aumento di fede, aumento di speranza, aumento di carità, che si concretizza nella pratica perfetta dei tre voti.

Negli Esercizi vi sono tre parti.
La prima si chiama purgativa. L'anima deve purificarsi dal male perché può anche darsi che si entri negli Esercizi in peccato. Togliere il peccato con esaminarsi di più e con una bella Confessione. La Confessione degli Esercizi dev'essere come un sole tra le Confessioni di tutto l'anno. Le Confessioni settimanali sono come le stelle, quella degli Esercizi come il sole. La Confessione degli Esercizi deve essere fatta meglio, con più preghiera, migliori disposizioni e vi si deve ricavare un frutto maggiore.
Negli Esercizi bisogna poi togliere i difetti che scorgiamo nella nostra anima. Ci può essere la superbia, la pigrizia, la sensualità, ecc. Difetti ce ne sono tanti, ma se ogni anno ce ne potessimo togliere uno, si farebbe presto a diventar santi! È molto difficile
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togliere i difetti (ci vogliono vent'anni per toglierne uno), ma non bisogna spaventarsi però, né scoraggiarsi.
Qualcuna dirà: Ma io sono carica di difetti, se me li trascino ancora un po', non me la sbroglierò più... Vedete, nelle cose spirituali è diverso. Quando si detestano già i difetti, supponete per es. la superbia, anche se poi si ricade, davanti a Dio non nuoce più questa superbia. Supponete di incontrare un uomo bestemmiatore. Vengono a confessarsi detestando sinceramente d'aver bestemmiato, ma poi gliene scappano ancora; sarà ancora peccato? No, perché la volontà è ritrattata, come si dice in teologia.
Negli Esercizi bisogna togliere ancora l'affetto al | [8] peccato, togliere le cattive tendenze, le inclinazioni di primeggiare, di sorpassare le altre, di desiderare la stima, di essere credute buone, capaci, ecc. Quindi condannare ogni nostra tendenza alla vanità, all'ambizione, alla vanagloria. Togliere l'affetto, la tendenza ai sette vizi capitali: superbia, avarizia, ira, sensualità, gola, pigrizia, ecc. Togliere tutto l'affetto al male; questa la prima parte degli Esercizi.

Seconda parte degli Esercizi. Voi quando lavate i piatti, poi li presentate vuoti perché vi mettano qualche cosa. Quando l'anima è purificata, si mette allora davanti al Signore, perché egli la riempia di grazia. In sostanza, tutto si riduce all'aumento delle virtù teologali: fede, speranza e carità, che a loro volta si riassumono nei tre voti praticati nella vita comune. Nella vostra terra si nota la mancanza di fede, di virtù, ma è una terra giovane e in generale le nazioni giovani hanno meno vizi.
Nella storia si vede sempre che vengono presi popoli giovani, i barbari, per rinnovare le nazioni. Anche qui vi saranno dei difetti, ma le nazioni giovani ne hanno di meno. V'è la mancanza di fede ed è facile subirne l'influenza.
Acquistare lo spirito soprannaturale, lo spirito di fede quindi; rinnovarsi nello spirito, ecco la terza parte degli Esercizi. Domini il pensiero del Paradiso, della ricompensa eterna. Mettere speranza più viva, carità più ardente; cioè più prontezza nel fare la volontà di Dio. Più fede, più speranza, più carità. Poi mettere le virtù religiose che da una parte sono considerate come virtù, ma per voi sono voti. Vi sono poi le altre virtù: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza. Può essere che una abbia bisogno di una virtù, l'altra di un'altra. Mettere le Beatitudini. Ma per mettere tutto questo ci vuole tanto esercizio, tanto spirito di devozione.
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[9] Gli Esercizi hanno due compiti che si riducono qui: «Declina a malo et fac bonum»7. Togliere l'egoismo e mettere la generosità. Per far tutto questo voi vedete bene che ci vuole lo Spirito Santo. Quindi avete fatto bene a cantare il Veni, Creator. Si invoca lo Spirito Santo perché rinnovi la faccia della terra.

Condizioni

Adesso veniamo alle condizioni per far bene gli Esercizi:
1) Ingredere totus: parole latine che vogliono dire: entra tutto negli Esercizi. Siete capaci? Alcuni pensano a tante cose durante gli Esercizi: hanno da fare, da scrivere, da disporre... Ingredere totus! Non solo col corpo, non solo seguire l'orario esternamente,ma la fantasia, il cuore non deve andare in giro. È troppo importante quel che dovete fare in questi giorni per entrarvi solo a metà.
2) Manere solus: non guardate a destra e a sinistra per vedere ciò che fanno le altre. Dio solo! Non vi incontrate l'una con l'altra, ma accompagnatevi solo con Gesù. Certo non dovete chiudere gli occhi a dar delle testate contro le sorelle, ma dovete vedere delle ombre, non delle facce. A noi sacerdoti, quando facciamo gli Esercizi, ci dicono di non servire neppure il vicino a tavola per non distrarci. Tutte di Gesù, in questi giorni Gesù vi vuole maggiormente sue!
3) Egredi alius: uscire un altro dagli Esercizi. Prima ero superba, testarda, capricciosa, ora non più. Prima ero accidiosa, indifferente, ora non più. Ho fatto gli Esercizi, debbo cambiare, debbo essere un'altra. Uscire santi. Una santità essenziale c'era già, ma bisogna uscire dagli Esercizi con una santità proporzionata alle grazie. Ogni anno sviluppando i doni dello Spirito Santo possiamo arrivare ad essere altri nella santità.
[10] Un sacerdote alla fine della vita diceva: Io da bambino ero un «vaccherello», mi intendevo solo del pascolo delle mie mucche. Il parroco poi mi prese con sé ed ecco che cosa mi ha fatto: «alter Christus»8. Quanto è stata grande la bontà di Dio con me, la sua misericordia!
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Volontà piena, aprire il cuore alla grazia, supplicare Dio per rinnovarsi. Volontà piena: lo so che li fate con buona volontà gli Esercizi, lo so; ma intensificatela. Aprire il cuore alla grazia come il fiore apre il calice per ricevere la rugiada. Supplicare Dio che vi infonda tanta grazia.
Poi fateli con gioia; la gioia, la letizia giovano tanto per far bene gli Esercizi. Considerate che questi sono i giorni più belli dell'anno.
Un giovane di venti, ventidue anni diceva degli Esercizi: "Questi sono veramente i miei giorni. I giorni in cui Dio sarà più largo con me. I giorni che amo di più, che stimo di più".
E S. Paolo diceva: «Ecce dies salutis, ecce tempus acceptationis»9.
Vi benedica il Signore e vi ricolmi di grazia!
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II
LA MORTE

Avete cantato la Messa da morto. D'altra parte la morte in quest'anno passato ci ha dato molteplici lezioni e le lezioni della morte sono le più vere, sono le più chiare, sono le più efficaci. «O mors, bonum est consilium tuum: O morte, il tuo consiglio è buono!»1. Non c'è pericolo che ci faccia adulazioni la morte, che ci inganni.
Gli uomini si possono dividere in due categorie: quelli che pensano alla morte e quelli che non pensano alla morte. È bene che ci sia il progresso tecnico sì, ma bisogna | [11] sempre pensare che qui non abbiamo stabile dimora, siamo pellegrini. Gli uomini saggi pensano alla morte, da cui incomincia la vita eterna.
In Italia si attraversano dei luoghi ove ci sono delle targhe con la scritta: "Zona malarica" e si cerca di passare in fretta. Ma chi deve vivere continuamente in queste zone come deve fare? Deve rendere innocuo il clima malarico col prendere delle precauzioni. «Non habemus hic manentem civitatem, sed futuram inquirimus»2. Non dobbiamo stare sempre qui. Quando saremo nell'eternità la vita presente, anche se fosse durata cento anni, ci sembrerà un attimo. Mettete pure dieci, cento milioni di secoli, che cosa saranno? L'eternità sarà sempre da capo.
Nella Messa di oggi si legge il Vangelo delle vergini prudenti e delle vergini stolte. Le prime pensarono a rifornire le loro lampade, le altre no. E Gesù concluse: «Estote parati: State preparati, perché quando meno ve l'aspettate verrà il Figlio dell'uomo a chiedervi conto della vostra vita»3. Riflettere al pensiero della morte, quando l'anima nostra si incontrerà con Dio. Invochiamo l'assistenza di S. Agnese, di cui oggi S. Ambrogio, nelle lezioni del Breviario4, fa delle belle considerazioni. Questa giovanetta di quattordici anni che fu così forte da far meravigliare i forti!
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Che cos'è la morte? È cessazione della vita. Quando uno cade in peccato mortale perde la vita della grazia. Una pianta viene sradicata e perde la vita. Un animale cade, si sfracella e perde la vita. Nell'uomo v'è questo di diverso: la vita non cessa del tutto in lui. L'anima non muore, essa è stata creata immortale. Che cos'è allora la morte per l'uomo? Non è cessazione completa della vita, ma è separazione; è cessazione del composto umano. L'anima | [12] continua a vivere e il corpo va al cimitero in attesa della risurrezione e del giudizio.
Vi è la morte dei peccatori e la morte dei santi. La morte del peccatore nella S. Scrittura viene chiamata «pessima»5. La morte per il peccatore è la più grande disgrazia. Da tutte le altre disgrazie si può sempre sperare di ricavare qualche bene, ma questa è la più brutta di tutte, è «pessima», è la porta dell'Inferno. S. Agnese per la morte poté entrare in cielo. Per lei la morte fu una grande fortuna. La morte dei santi viene chiamata «pretiosa». «Pretiosa in conspectu Domini, mors sanctorum eius»6. Dunque due morti vi sono: quella dei tristi e quella dei santi, e noi potremo metterci in mezzo la morte dei tiepidi.
Qual è la morte che ci attende? È quella dei santi o quella dei peccatori? Riflettiamo a quello che Gesù dice nel Vangelo: «Estote parati». Questa è la prima lezione che la morte ci deve lasciare. «Estote parati». La morte verrà come un ladro, nella notte. Noi pensiamo che la nostra morte sarà preceduta da una malattia che ci permetterà di prepararci. Le morti repentine però si sono moltiplicate e si moltiplicano sempre più. Ho letto sul giornale degli Stati Uniti che nello scorso anno sono morte oltre ventinovemila persone per disgrazie automobilistiche: ma oltre quelle automobilistiche quante altre ve ne sono di disgrazie; aerei che si incendiano, treni che si scontrano.
Si passa all'eternità improvvisamente per tanti motivi. Quante morti improvvise! Una persona mentre discorre si sente venir meno: morta tra gli amici di conversazione. Un'altra è trovata morta nel letto... Forse v'è una persona malaticcia, sembra che debba morire da un momento all'altro, ma si trascina ancora; un'altra sana, robusta, florida, muore all'improvviso.
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[13] In questi ultimi tempi è morto D. Berardo7 di ventisette-ventotto anni: godeva ottima salute. Aveva un disturbo, ma non era niente: èsopraggiunta una malattia, e quale morte penosa ha fatto! È morto D. Baroni8, trent'anni. Salute ottima. Una scarlattina non gli ha dato neppure il tempo per confessarsi. È morto D. Restelli9 a circa trent'anni. Ha subito un'operazione ordinaria: è sopraggiunta una complicazione ed è morto di una morte quasi tragica. In moltissimi casi la morte si può dire improvvisa. Sovente infatti anche le persone malaticce sperano di guarire, di riacquistare la salute. Quante volte i confessori sentono delle parole che li riempiono di tristezza: «Ora sto male, poi verrò, mi confesserò meglio». Povera gente! Alle volte bisogna dir loro chiaro che quella è l'ultima Confessione e non si sa come fare per non passare i limiti della prudenza.

La morte improvvisa

La morte riesce sempre improvvisa per chi ha speso male gli anni della sua vita. Se io devo fare un viaggio fra due mesi e in tutto questo tempo, pur potendolo, non preparo le valigie, ma aspetto l'ultimo momento, quando verranno ad avvisarmi per la partenza questa sarà improvvisa per me, perché non sono pronto. Il Signore non erra dandoci l'avviso, raccomandandoci di star preparati. Non dice: preparatevi, ma: «state preparati». E Gesù predicava ai sani!
Ci si illude di potersi preparare nell'ultima malattia. Ed è poi sempre vero che i malati santificano la loro malattia? Vi è chi lo fa e chi non lo fa. Vedete i due ladroni? Erano tutti e due con Gesù là dove si compiva il mistero della redenzione. Uno si converte, l'altro no. Il buon ladrone avvertì l'altro: «Siamo condannati alla morte, ma abbiamo meritato questo castigo. Costui invece che cosa ha fatto di male?». E confessa Gesù Salvatore: «Domine, | [14] memento mei!»10. Ma l'altro ladro continuò a bestemmiare. Vi sono dei malati che santificano le loro malattie, altri che non ne approfittano. Perciò l'avviso è questo: «State preparati».
Ora vediamo: chi è preparato? 1) È preparato chi non è in peccato mortale, e se anche ne ha commessi li ha confessati e se ne è
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pentito. 2) È preparato chi ha fatto penitenza dei peccati e con opere buone e indulgenze ha scancellato tutta la pena ed è prontoper entrare in cielo. 3) È preparato chi ha lavorato, ha speso la vita per il Signore, per accumulare dei meriti, ed è pronto per ricevere la ricompensa. Ciascuno riceverà la mercede secondo il proprio lavoro11. Chi spende il suo tempo per Iddio, raggiunge il merito. Supponiamo che uno raggiunga l'uso di ragione a sette anni e muoia a sette anni e un giorno, e quel giorno lo ha speso per il Signore: riceverà il premio di quel giorno. Non è il molto o poco vivere che importa, ma il vivere bene. Alle volte fanno osservare: questa parla poco, quella troppo; non importa questo, purché si parli bene, come Maria SS. che era molto prudente.
Chi lavora per Iddio è sempre pronto, è sempre in regola, sempre in pace con Dio. Chi lavora per il Signore anche se muore nel sonno è a posto, perché la sera si è addormentato nella volontà di Dio. L'ultimo atto è stato un atto di amore; dopo non ci sono più stati atti consapevoli. Come se uno diventasse improvvisamente pazzo, se l'ultimo suo atto fu un atto di amor di Dio, e morisse dopo venti anni di pazzia, avesse anche detto delle bestemmie in questo stato, davanti a Dio sarebbe a posto.
Dunque per essere preparati ricordare: 1) stato di grazia, 2) penitenza già fatta, 3) accumulare dei meriti e soprattutto vivere nel fervore.
[15] Chi non è preparato? Chi vive in peccato mortale. Chi ha ancora dei debiti con Dio. Chi si troverà a mani vuote. Magari esteriormente ha fatto bella figura, abito religioso, ma ha lavorato con intenzioni non rette. Viviamo come se dovessimo morire ogni giorno; come se ogni sera dovessimo chiudere la vita.
Esame: le nostre Confessioni sono sempre ben fatte? Abbiamo compiuto la penitenza? Ci facciamo dei meriti? Non bisogna contare sul punto di morte. Se non ci sarà più tempo? E poi se i meriti non ci sono non si possono fabbricare, improvvisare in punto di morte! «In punto di morte mi confesserò», ma la Confessione cancella solo il peccato; ridona la grazia, ma i meriti? Il grado di gloria a cui Iddio ci chiamava? Vi sono molte mansioni nella casa del Padre12. Siamo diligenti o trascurati per occupare il «nostro» posto nella casa del nostro Padre?
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III
IL PECCATO

Questa mattina consideriamo il peccato, ma facciamo qualche premessa per comprendere quel che sia veramente peccato e quel che non lo sia, affinché non crediate di dover accusare quel che non dovete.
Per commettere il peccato che cosa ci vuole? Ci vuole un atto, un'azione. Ma l'atto non è solo esterno. L'atto può essere compiuto con le opere: uno va in chiesa; uno ruba qualcosa; sono atti esterni. Un atto può essere compiuto con le parole: uno dice la coroncina a S. Paolo, un altro dice uno sproposito, una bestemmia. (L'ho sentita prima di scendere dalla nave una orribile bestemmia. Un tale diceva: Iddio non è stato giusto, doveva mandare | [16] anche qui negli Stati Uniti una bomba e far distruggere tutto!).
Un atto ancora, può essere compiuto internamente: desiderare che tutti gli Stati Uniti diventino cattolici. Un atto può essere compiuto solo con la mente: fare la meditazione, studiare il catechismo senza muovere neppure le labbra, questi sono atti puramente mentali. Se una persona pensa a una cosa cattiva fatta, e se ne compiace, fa un atto interno mentale; se un'altra va in chiesa e pensa: ho visto fare tante Comunioni, che piacere! Ha fatto un atto interno mentale che si compiace del bene. Dunque vi sono atti che si compiono con le opere, atti che si compiono con le parole, e atti puramente mentali. Questi atti, perché siano degni di premio o di castigo, devono essere comandati dalla volontà.

Una prega distrattamente, pensa alla mamma, ma non volontariamente, non è responsabile della sua distrazione. Perché l'atto sia responsabile deve rivestire due condizioni: 1) sapere quel che si fa, 2) decidere di farlo. Se quell'uomo sul piroscafo, nel dire quella bestemmia, non sapeva che quello era male, non ha fatto peccato. Gesù sulla croce pregando: «Padre, perdona loro perché non sanno quel che fanno»1, voleva dire che i soldati non erano responsabili della sua morte, ma chi l'aveva condannato, questi avevano la responsabilità. Perché un atto sia responsabile deve essere anche comandato dalla volontà.
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Leggevo nel vostro catechismo, che qui negli Stati Uniti i giorni festivi sono sei, escluse le domeniche. Quindi se uno andando in Italia e non sapendo che l'Epifania e S. Pietro sono feste di precetto, non andasse alla Messa, non farebbe peccato, perché manca in lui la conoscenza. Bisogna che ci sia il «sciens et volens» che si sappia cioè, e che si voglia.
[17] Se di notte si hanno dei pensieracci, dei desideri cattivi, non si è responsabili. Nel sonno non abbiamo il controllo dei nostri atti. Può darsi che qualche anima si turbi pensando a cose della vita passata. "Ho fatto questo a otto anni, ora ho avuto l'istruzione e ho conosciuto che è peccato" e piange... Ma non star lì a piangere. Non lo sapevi, e non hai fatto peccato. Per fare il male bisogna saperlo prima, non dopo. Se si viene a conoscere dopo che quello era male, non cambia la moralità, dicono i teologi. Quindi niente turbamento. Se hai detto quella parola e non sapevi che era peccato, ora non la dirai più e stai tranquilla per il passato, perché non sapendo tu non hai fatto peccato.
Vi sono di quelli che dicono: "Pregate per me, tanto le mie preghiere non valgono niente, il Signore non mi ascolta...". Credono di far bene e intanto dicono uno sproposito: sono in buona fede.
Confessare le distrazioni è inutile. Confessati se non ti sei messa di buona volontà. Il non avere distrazioni non è in potere nostro. Anche i santi le ebbero. Solo Gesù e Maria ne andarono esenti. Non ne avevano mai, neppure di notte, ma noi non abbiamo questo privilegio.
L'atto perché sia responsabile deve essere preceduto dalla conoscenza e dalla volontà, che sia conosciuto e voluto: «sciens et volens» dice la teologia; altrimenti non vi sarà né merito, né demerito. Supponiamo un atto d'ira posto improvvisamente, non è male; non vi è stato il tempo per riflettere, per conoscerlo. Può essere che una tentazione vada tanto avanti, che si senta perfino il gusto del male; ma non è peccato perché non c'è la volontà, non si è voluta. In teologia si distinguono due specie di atti: «actus hominis» e «actus humani»2. Gli atti dell'uomo non sono | [18] né meritori né peccaminosi. Se una fa un bel sogno e recita la Salve Regina si fa un merito? No. Se una in sogno dice una bugia, fa peccato? No. Tutti gli atti che procedono dall'uomo senza la volontà non sono né buoni, né
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cattivi in sé. Non conviene quindi mettersi lì a pensare e voler confessare questi atti. Però bisogna dominarsi, cercare di rendersi più padroni di sé. Gli atti dell'uomo senza essere atti umani non sono responsabili. Se tu qualche volta ti scoraggi tanto, hai subito fatto male? No. Se tu dici: "Ho pianto tanto di amore dopo la Comunione" questo non è né male, né meritorio; è una sensibilità, una riserva di lacrime nel canaletto degli occhi che sotto un'impressione s'è aperto.
Per fare peccato ci vuole la conoscenza di quel che uno fa. Uno dice: "So che quest'azione è cattiva, so che dispiace a Dio, che mi merita l'Inferno, ma la faccio lo stesso". Questo è peccato. "Ma io ho tanti turbamenti, chissà se ho detto tutto, se ho detto anche quel peccato...". Queste sono fantasie, movimenti del cuore. In sostanza, all'Inferno e in Paradiso ci si va con coscienza. Uno sa che se non va alla Messa alla domenica fa peccato mortale, e tuttavia non ci va: fa male. Non occorre pensare: faccio questo proprio per dispetto di Dio! Basta che si sappia che quell'azione è cattiva. Non occorre che si stiano a confessare certe cose: "Ma se sapesse che pensieracci, che desideri cattivi, che ribellioni interne...". Queste sono cose prima commesse che pensate.
Non ho mai trovato nessuno dei miei maestri di scuola che mi insegnasse le cose tanto chiare su questo punto, come il mio parroco3. Bisogna che avesse un dono speciale per spiegare le cose così chiare e così semplicemente da farle capire anche alle donnicciuole.
[19] Dunque il peccato deve procedere da conoscenza, diversamente non lo sarà. Se un ragazzo ha ricevuto un pugno da un compagno e vedete che glielo restituisce subito, volete dire che ha fatto peccato? La mamma gli dice: "Vatti a confessare che hai dato un pugno al tuo compagno; hai fatto peccato": dice esatto? No, non ha riflettuto il ragazzo. Vi sono tante azioni che non sono decise interiormente. Occorre che sia intervenuta la coscienza, il giudizio pratico (questo è peccato e lo faccio lo stesso) perché ci sia la responsabilità.
Il peccato è un detto, un fatto, un sentimento contrari alla legge di Dio, fatto con coscienza. Se uno è stato trasportato dalla passione, non ha fatto peccato grave. Bisogna che ci sia la volontà decisa.
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Peccato grave e peccato veniale

Le offese di Dio possono essere gravi o leggere. Non parliamo del peccato originale che è già stato cancellato col Battesimo, ma dei peccati attuali. Se uno crede che una cosa è grave, commette peccato grave ancorché quella cosa sia leggera in sé. E se uno crede che una cosa è leggera, per lui è leggera davvero, anche se la cosa è grave in sé. L'anima commette il peccato secondo che ha la coscienza in quel momento in cui agisce. Certe persone può darsi che facciano delle cose che credono buone e si fanno davvero dei meriti ancorché non siano tali. Vi sono tante cose che il popolo crede buone: vanno in chiesa e si dirigono direttamente a S. Antonio; passano davanti al Santissimo senza un segno che dimostri la fede nella reale presenza. Sono in buona fede. E questa buona fede alle volte si estende a cose che non bisognerebbe fare mai. "Io non faccio contratti, né incomincio i lavori di venerdì", diceva un ingegnere. Ma il venerdì è il giorno della morte di Gesù. Altri invece vorrebbero far tutto di venerdì perché è il giorno della | [20] misericordia, il giorno in cui Gesù ha pagato per i nostri peccati. Ognuno si fa il merito o il demerito secondo la propria coscienza, notando però che si ha l'obbligo di istruirsi, di togliere le superstizioni. Il peccato può essere grave o leggero.
Quali sono i peccati gravi e quali i leggeri? Per il peccato grave si richiedono tre condizioni: 1) che ci sia la conoscenza, 2) che ci sia la volontà decisa, 3) che ci sia la materia grave. Conoscenza: giudicare bene la cosa che si fa. Volontà decisa: deliberata, vera. Materia grave: se uno ruba un soldo non fa certamente peccato grave, ma se ruba una somma notevole sì. Se uno è mezzo addormentato e ha dei pensieri cattivi, non ha piena conoscenza; ci sarà al più peccato veniale. Se c'è stata più violenza della passione, è meno grave, perché la passione qualche volta acceca. Quel che riguarda la sensibilità si può anche dire riguardo alla superbia. Può darsi che uno arrivi fino a disprezzare i superiori: questo è peccato grave in sé, può darsi però che manchi la volontà, una delle condizioni richieste per la gravità e allora non sarà più grave. Così se uno disprezza certe azioni, le osservanze religiose, i propri doveri, fa peccato grave se c'è la volontà e la conoscenza.
Il peccato grave richiede dunque piena conoscenza e volontà decisa. «Io non so se ho fatto peccato grave, se poi l'ho confessato». Ebbene, se non sai, non sei obbligata a confessarlo, fai la Comunione.
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E se fossi in punto di morte? In punto di morte bisogna scegliere la via più sicura. Confessa un altro peccato della vita passata, e quello di cui non ricordi se l'hai commesso o confessato rimarrà perdonato indirettamente con gli altri. Bisogna procurarsi la salvezza a qualunque costo.
Vi sono delle persone che si può dire vivono sempre | [21] in disposizioni di peccato. Quando uno è sempre disposto a qualunque cosa, ancorché dispiaccia al Signore, vedete bene che è in cattive disposizioni. Per il peccato veniale si richiede: o che manchi la conoscenza, o la piena volontà, o la materia.

Azioni "neutre"

Vi sono azioni intrinsecamente buone, altre intrinsecamente cattive e altre indifferenti per sé. Voi state alla predica, studiate il catechismo; azioni buone queste. Azioni cattive in sé sono: l'odio, la bestemmia, ecc. Invece: mangiare, dormire, passeggiare, sono azioni né buone, né cattive. Possiamo renderle buone o cattive secondo l'intenzione che vi mettiamo. "Mangio per mantenermi nel servizio di Dio", così diventa buona. S. Paolo diceva: «Sia che mangiate, sia che beviate, fate tutto per la gloria di Dio»4. Se voi alla domenica vi prendete un po' di svago, di sollievo, scherzate, parlate un po' di più, fate azioni indifferenti, ma se questo sollievo l'offrite a Dio, allora diventa buono, meritorio. Se uno va a dormire per ristorare le forze perché all'indomani possa lavorare meglio per il Signore, si fa un bel merito. Il più delle cose che facciamo, le facciamo senza decisione. Possono essere cambiate in merito? Sì. State forse voi a pompare il sangue nel vostro organismo? No, è il cuore. Il respirare, il crescere dei capelli, le combinazioni chimiche che avvengono nel corpo alla notte... Voi alla sera mangiate una pera e questa alla notte viene trasformata in tessuti, in sangue. Sono tutte cose queste che avvengono in noi senza di noi: «in nobis sine nobis». L'attività del cuore, della mente, della volontà quando non è controllata, si svolge tutta «in nobis sine nobis». Però tutto si può cambiare in merito, mettendoci delle intenzioni sante: Signore, intendo offrire tutti i miei respiri, i palpiti, i pensieri di questa notte, della mia vita | [22] intera, tutti i movimenti della circolazione, per la
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vostra gloria, in penitenza dei miei peccati. Certi santi dicevano: "Intendo far tanti atti di amore quanti sono i respiri, le pulsazioni... la stessa perdita delle energie, lo stesso invecchiare voglio che tutto sia un atto di amor di Dio". Allora vedete, come tutto diventa meritorio. Potrebbero pure diventare cattive queste azioni? Sì, se ci si mettessero delle intenzioni cattive. Ma se uno non l'offre a Dio tutto questo lavorio che avviene in noi senza di noi, fa peccato? No, ma non si farà tutto quel merito che si fa invece chi glielo offre. Se tutto viene offerto a Dio, tutto, anche il crescere delle unghie diventa meritorio. Vi sono delle anime che hanno dei segreti, che sono veramente astute su questo punto; tutto sanno offrire a Dio.
Io una volta facevo circolare dei foglietti che servivano molto a rettificare le intenzioni, si mettono magari nel taccuino, in tasca, o sul petto e ogni volta che si toccano si intende rinnovare le intenzioni che vi sono espresse.
Nei libri di teologia vengono distinti: atti intrinsecamente buoni (sentire la Messa per es.); atti intrinsecamente cattivi (superstizioni, sentimenti di odio, ecc.); atti indifferenti (mangiare, dormire, ecc.); atti indifferentissimi, che i teologi non mettono, che avvengono in noi senza di noi (crescere, respirare, invecchiare, ecc.) che uno può santificare. L'istruzione è già abbastanza lunga. L'ho voluta fare così in generale senza descrivere il gran male che è il peccato perché questo lo potete leggere nei libri di meditazione.
Il peccato è un'ingiuria a Dio, un'offesa di Dio, è privazione della grazia, dell'amicizia di Dio, dei meriti, del Paradiso. Il peccato veniale non fa perdere l'amicizia | [23] di Dio, ma la raffredda, non c'è più quella confidenza intima. Non fa perdere il Paradiso, ma merita il Purgatorio, dispone al peccato mortale, fa perdere la forza, porta tanti danni.
Concludendo: non temere che il peccato. Tutto il resto non è vero male. Il vero male da temersi soprattutto è il peccato. Disgraziate quelle anime che fanno distinzioni: questo è grave, non lo faccio; questo è solo veniale, lo posso fare, non mi priva del Paradiso. Non distinguiamo: sia grave, sia veniale, evitiamolo sempre il peccato, a qualunque costo!
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IV
LE COSTITUZIONI*

Articoli: 1-8

Noi dobbiamo ringraziare la divina Provvidenza perché le vostre Costituzioni sono approvate dalla Santa Sede, e cioè perché l'Istituto è diventato di Diritto pontificio. Ora questo che cosa significa? Significa che nelle cose ordinarie non si è dipendenti dal vescovo del posto ove si è, ma si dipende direttamente dalla Santa Sede. Da questo si hanno grandi vantaggi. Uno dei grandi vantaggi è quello di servire direttamente il Vicario di Cristo. Ogni vescovo è stabilito per reggere una porzione del gregge di Cristo. Il S. Padre è stabilito per reggere tutto il gregge di Cristo, tutti i popoli e gli stessi vescovi. Ora, servire alla Santa Sede è servire tutto il gregge.
Secondo vantaggio: voi siete sicure che il vostro Istituto piace al Vicario di Cristo, e se piace a lui piace anche a Gesù Cristo. Nel Decreto ricevuto dalla Santa Sede il 13 dicembre 1943, si dice: «Esaminata la cosa, il Papa si è benignamente degnato di dare le
più ampie lodi e | [24] raccomandazioni alla suddetta Società come Congregazione di voti semplici, sotto il governo della Superiora Generale, e parimenti di approvare e confermare per un settennio, a modo di esperimento, le Costituzioni scritte in lingua italiana». E conchiude: «... la stessa Società viene lodata e raccomandata e le sue Costituzioni vengono approvate, salva tuttavia la giurisdizione degli Ordinari a norma dei Sacri Canoni»1. Perché i vescovi hanno ancora una qualche giurisdizione sulla Congregazione: per es. riguardo al confessore, regolare le sacre funzioni, riguardo al tenere il Santissimo in casa, ecc. Voi dovete vivere in diocesi particolari, occorre che l'azione dell'Istituto si accordi con l'azione dei vescovi.
Ora qualche parola sulle Costituzioni.
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Fine generale e speciale

Art. 1. Il fine generale della Pia Società Figlie di San Paolo è la gloria di Dio e la santificazione dei membri, mediante la pratica fedele dei tre voti di povertà, di castità e di obbedienza, nella vita comune, a norma dei sacri Canoni e delle presenti Costituzioni.

Perché è istituita la Società Figlie di San Paolo? È istituita prima di tutto per la gloria di Dio, per il fine stesso per cui Gesù si è incarnato; poi per la santificazione dei membri. Come si raggiunge? Con i mezzi qui descritti: pratica dei tre voti nella vita comune che è il quarto mezzo. Tre voti e questi nella vita comune.

Le Costituzioni in gran parte sono regolate dal Diritto Canonico. Voi dovete pensare che per voi non si tratta di farsi sante in qualunque strada, ma per questa che avete scelta. Potevate farvi sante nel mondo. Potevate consacrarvi a Dio in altri istituti, vi sono tante suore... Avete scelto questo, e dovete seguire le Costituzioni di questo. Si può mettere in mano a ciascuna suora questo libretto e dire: «Fa' questo e vivrai»2. Quanto più sarete osservanti delle vostre Costituzioni, tanto più vi farete sante. S. Giovanni Berchmans3sul letto di morte, domandò al superiore il permesso di esprimere qual era la cosa che lo rendeva più contento nell'avvicinarsi al tribunale di Dio. Avutolo, disse: "Ciò che mi rende contento in questo momento è il pensiero | [25] che non ho mai trasgredito la minima regola". Si fece portare poi il libro delle sue Regole, la corona, il Crocifisso, e: "Queste tre cose mi sono carissime; con queste morirò contento".
Queste vostre Costituzioni vi indicano la via e i mezzi per la vostra santificazione particolare. Non dovete andare a cercare altro. Leggere, rileggere, ruminare, assimilare ciò che è scritto nelle vostre Costituzioni.
E il fine particolare dell'Istituto? Il fine generale è comune a tutte le istituzioni. Dove si diversificano gli Istituti, è nel fine speciale:

Art. 2. Il fine speciale della Congregazione è di lavorare alla salute delle anime con la diffusione della dottrina cristiana per mezzo della preghiera, dell'insegnamento del catechismo, e particolarmente dell'apostolato della stampa.
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Questo è il vostro fine speciale, dove voi troverete la pace e la santificazione. L'insegnamento della dottrina cristiana voi l'esercitate particolarmente per mezzo dell'apostolato-stampa. Questo va d'accordo col numero 4:

Art. 4. Senza l'autorizzazione della Santa Sede non si può cambiare il fine speciale della Congregazione, né aggiungervi in modo permanente e definitivo opere che non siano in esso comprese.

Ciò significa che bisogna attendere al fine speciale dell'Istituto, non si può permanentemente cambiare. Se durante la guerra, in alcuni luoghi le sorelle si sono occupate della cura dei feriti, delle scuole, degli asili, questo solo provvisoriamente in vista delle necessità. Bisogna abbracciare solo quel che si richiede per l'apostolato nostro.

Art. 3. La Pia Società Figlie di San Paolo nell'attendere a raggiungere questo fine speciale non farà nulla a scopo di lucro, e non capitalizzerà se non in quanto sarà necessario al normale sviluppo e alla sicurezza economico-finanziaria della Congregazione; il resto sarà speso per la diffusione della buona stampa e per le altre pie opere cui attende l'Istituto.

E vuol dire: nessuna utilizzi o capitalizzi per sé, per i parenti, per le missioni. Bisogna utilizzare le offerte, i risparmi per le opere dell'Istituto: la stampa, le vocazioni, la chiesa alla Regina degli Apostoli, ecc. Invece altri Istituti, per es. le suore di S. Pietro Claver4 si occupano anche della stampa dei catechismi e di alcuni libri, raccolgono offerte, arredi sacri, tutto per le Missioni dell'Africa. Voi non potreste mettervi a raccogliere offerte solo per le sorelle delle Filippine private di tutto; potreste invece convenire con l'Istituto di S. Pietro Claver nella stampa dei catechismi nelle varie lingue, | [26] perché poi nei vari Istituti vi sono pure dei punti di contatto.

Le devozioni delle Figlie di San Paolo

Art. 5. La Pia Società delle Figlie di San Paolo è costituita sotto il titolo e patrocinio di S. Paolo Apostolo. Essa professa pure uno speciale
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culto alla Vergine Maria, Madre di Dio, Regina degli Apostoli e particolare amore a Gesù Cristo nostro Divino Maestro.

Queste sono le vostre devozioni. Nessuna deve allontanarsi da esse, ma anzi, bisogna intensificarle. «Ma, io avevo la devozione a S. Antonio, a S. Teresa... Si debbono lasciare?». Queste sono devozioni private; non si deve dare ad esse il primo posto. Più voi state alle vostre devozioni, più progredirete.
La vita comune deve esservi specialmente nelle cose spirituali. Al Cottolengo appena entrano le vocazioni vengono subito dispensate da tutte le devozioni, da tutti gli impegni spirituali, affinché non rimangano scrupoli. Più progredirete nella conoscenza e devozione a Gesù Maestro, alla Regina degli Apostoli, a S. Paolo, più sarete vere Figlie di San Paolo. Perché Gesù Maestro? Perché voi siete unite a Cristo per insegnare al mondo la stessa sua dottrina che ha portato sulla terra. Egli ha predicato solo tre anni, e la sua vita, la sua predicazione si è ristretta solo alla Palestina e a quelli che allora vivevano in Palestina. A tutti gli altri uomini che si succedettero nella Palestina e a tutti i popoli fuori della Palestina chi insegnerà? Gesù affidò il suo divino magistero agli Apostoli, alla Chiesa. La Chiesa manda i suoi ministri: «Andate ed insegnate»5. Questi muoiono ed ecco che si succedono: vengono ordinati altri sacerdoti, consacrati altri vescovi. Anche i Papi si succedono: ne sono passati duecentosessantadue fino ad oggi6. Questi pastori della Chiesa danno anche a voi l'incarico, la cooperazione all'insegnamento. Con l'apostolato-stampa voi diventate come la bocca di Gesù Cristo, non facendo altro che ripetere la dottrina che ha predicato Gesù stesso nella sua vita pubblica. Le catechiste spesso lavorano presso i bambini più del parroco stesso.
Il ministero dell'insegnamento è principalmente dei | [27] pastori, dei sacerdoti; voi partecipate. Voi prendete la dottrina dalla Pia Società San Paolo e la diffondete. La vostra autorità, la vostra dignità dipende dall'unione con la Pia Società, con i pastori della Chiesa, di cui partecipate al ministero.

Art. 6. Le Figlie di San Paolo formano un'unica famiglia, senza alcuna distinzione di classi o di categorie. Le Superiore abbiano cura particolare di conservare nella Congregazione l'unità e l'uniformità di spirito e di formazione.
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Questo è facile a capirsi. Tra voi non ci sono distinzioni di coriste e di converse. Tutte hanno diritto al voto e nessuna ha dei privilegi particolari. «Le Superiore abbiano cura di conservare nella Congregazione l'unità e l'uniformità di spirito e di formazione». Questo è molto importante per quelle che sono lontane. Unità di spirito. Vi sono delle cose che bisogna conservare assolutamente, in altre cose invece bisogna adattarsi: voi non potete stare in America e pretendere di parlare italiano. Se per ragioni particolari bisogna nutrirsi di più, bisogna farlo. Scendere ai particolari in queste cose è molto difficile. Bisogna saper distinguere bene. Io preferisco raccomandarvi al Signore e invocare lo Spirito Santo perché vi illumini a capire bene su questo punto. Ci vuole grande saggezza, grande consiglio per certe cose particolari: che bisogna parlare la lingua, che bisogna coprirsi di più, è chiaro. Se ci sono più mezzi è chiaro che si debbono prendere. Lasciatevi guidare dallo Spirito Santo. In casi particolari, quando non sapete, chiedete a chi è a capo, a chi ha le grazie di ufficio, alla vostra Superiora generale.

Art. 7. La Superiora, nell'assegnare i vari uffici alle Suore, terrà conto delle necessità della Congregazione, delle attitudini delle religiose, delle inclinazioni e desideri che le medesime avranno manifestato; le Suore siano però sempre pronte all'obbedienza nell'accettare quanto sarà disposto.

Art. 8, 1aparte: Tutte le Suore professano la medesima vita religiosa, sono soggette alle medesime Costituzioni, godono degli stessi privilegi e vantaggi spirituali e devono prestare la loro attività sotto l'autorità e la direzione delle Superiore.

La superiora tiene conto delle attitudini di ognuna. Una è più adatta allo studio, una più adatta per l'apostolato tipografico. Una più adatta per la propaganda. Non si può imporre la propria volontà, ma sottomettersi alle disposizioni. Tuttavia si può fare osservareumilmente una volta, quando ci fosse qualche | [28] difficoltà. Prima di parlare però, bisogna pregare, vedere se la ripugnanza, la difficoltà, dipende dall'amor proprio o da vera necessità.

Art. 8, 2a parte: Le Suore con soli voti temporanei, però, non hanno parte nel governo della Congregazione, non godono di voce né attiva né passiva.

Le suore di voti temporanei non possono eleggere la superiora, né essere elette loro stesse. In tutto il resto sono uguali alle altre.
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V
IL GIUDIZIO

«Statutum est hominibus semel mori!»1. E cioè: moriremo una volta sola. La grazia di una buona morte, è la più grande grazia che deve coronare tutte le altre.
Ma dopo la morte c'è il giudizio. Il giudizio di Dio non sarà come quello degli uomini. Qualche volta noi ci giudichiamo. Facendo l'esame di coscienza vediamo ciò che fa per il nostro bene, come ci comportiamo, in sostanza ci giudichiamo bene. La grazia di far bene l'esame di coscienza è la grazia più grande da chiedersi entrando nell'Istituto.

L'esame di coscienza

Entrando a S. Paolo chiedere in principio specialmente tre grazie: di far bene l'esame di coscienza; di far bene la meditazione; di far bene la Visita. Questo per diventare vere e brave Figlie di San Paolo. Il fatto però è che qualche volta non lo sappiamo fare l'esame, non ci giudichiamo bene. Abbiamo la tendenza di scusarci, di vedere capricci e cattive intenzioni negli altri. Allora bisogna ricordare ciò che dice S. Paolo: «Qui judicat me, Dominus est»2. Il Signore scoprirà i segreti dei cuori. Tante volte gli uomini, perché davanti agli altri non ricevono rimproveri, osservazioni, credono di essere a posto. Noi qualche volta siamo pieni di ipocrisia: si nasconde il male e si mette in vista il | [29] bene. Altre volte il mondo ci giudica male: quella figliola si è consacrata a Dio per amarlo di più, per servirlo più da vicino; il mondo critica: poteva avere una bella posizione.
S. Paolo diceva che non gli importava che si dicesse questo o quello di lui3, l'avessero anche condannato, non gliene importava. Hanno condannato Gesù, santissimo, innocentissimo. Tuttavia noi qualche volta diamo troppo ascolto al giudizio del mondo e tralasciamo di fare il bene che dovremmo fare anche per vergogna. Me
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ne fa proprio niente, diceva S. Paolo: «Qui judicat me, Dominus est». Ricordiamolo. Vi sono alle volte, persone così ostinate, che non solo si scusano, ma si appellano al tribunale di Dio: "Vedrete al giudizio come si vedrà tutto". Sì, si vedrà tutto, anche che tu per superbia non hai accettato gli avvisi, le osservazioni. Capita anche un altro male: vi sono persone che fanno bene e si compiacciono di questo bene. Si paragonano con le altre e poi dicono: "Ah, io non faccio come loro, questi difetti non li ho, ecc.". In sostanza: io non sono come gli altri.
Il fariseo si avanzò pettoruto fino all'altare e pregò: «Signore, ti ringrazio, io non sono come tutti gli altri: io prego, digiuno, pago le decime», e andò avanti a lodarsi in tante maniere. Errore! Invece il pubblicano si fermò in fondo alla chiesa e: «Signore, abbi pietà di me peccatore». E tornò a casa giustificato, dice il Vangelo4. Da che cosa nasce questo errore di stimarsi più degli altri? Dal fatto che si pensa solo a ciò che si fa e non a quello che si dovrebbe fare di bene. Tu dici di far bene, di essere migliore degli altri, ma traffichi davvero tutti i talenti ricevuti, o potresti fare molto di più? Tu non sai le grazie che hanno gli altri, come puoi giudicarli allora? E tu corrispondi alle grazie che hai? Non possiamo mai paragonarci | [30] con gli altri.
Il Signore ti farà vedere al giudizio! Non presumiamo, non stimiamoci più degli altri! Credere che vadano tutti perduti questi uomini che non conoscono la vera religione? Oh, la buona fede quanto scusa davanti a Dio!
Impariamo: quando il giudizio degli uomini è cattivo, non facciamone nessun conto. Quando veniamo giudicati da uomini di Dio, veniamo corretti, accettiamolo. Possiamo imparare anche da un bambino. Accettiamo umilmente quindi le correzioni ed esaminiamoci.
Fra le cose che ammiravo nel Vescovo di Alba, quello che approvò la nostra Congregazione5, era questa: qualunque osservazione venisse fatta, anche da un ragazzo o chierico, egli diceva: "È giusta? Ha ragione? Allora accettiamola".
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Giudizio particolare

Due giudizi farà Dio delle anime: uno particolare subito dopo la morte, l'altro universale, alla fine del mondo ove saremo tutti presenti. L'anima appena distaccata dal corpo, deve andare in uno dei tre luoghi: Paradiso, Inferno o Purgatorio, ma per andarvi ha bisogno di essere giudicata. Quindi il giudizio particolare è immediato, ed avviene nel luogo stesso ove si spira.
Che cos'è il giudizio? Questa mattina ve lo spiego in modo un po' difficile, perché ci vediamo di rado, del resto avete tempo a meditarlo bene in questi giorni. Le altre cose poi le troverete sui libri di meditazione.
Come avviene il giudizio? Vedete, noi siamo sempre giudicati da Dio. Egli ci giudica continuamente. Anche ora potrebbe dirci: Tu mi piaci, tu non mi piaci. Tu hai il cuore retto e tu no. Tu hai buona volontà, e tu no. Tu cerchi me apparentemente, ma intanto miri a te stessa. Questo Gesù ci giudica continuamente. I suoi occhi sono sempre su di noi e penetrano anche le cose più nascoste6. | [31] Potremmo domandargli: Gesù, sei contento? Che gli uomini dicano bene o male poco mi importa, basta che mi giudichi bene il Signore.
Spirata che sarà l'anima, Gesù getterà la sua luce su di essa, e noi vedremo l'anima nostra come la vede lui stesso. Vedremo il giudizio che Gesù ha avuto e ha di noi. Mica sta a chiamare i testimoni, gli angeli, satana. Questo si dice per spiegare, per far capire meglio il giudizio, ma in sostanza il giudizio avverrà in un attimo. La luce di Gesù sarà proiettata sull'anima nostra e noi vedremo se siamo giusti o peccatori, se abbiamo amato Gesù o abbiamo cercato noi stessi; e vedremo da noi stessi ciò che meritiamo. Il peccatore si sentirà colpevole, non ardirà di giustificarsi e il peso enorme dei suoi peccati lo trascinerà all'Inferno. L'anima buona invece, vedrà i suoi meriti, l'amore di Dio che ha avuto e i meriti stessi la spingeranno verso il Signore. Liberata dal corpo, l'anima vola verso il Signore e s'inabissa in Dio.
E quando l'anima fosse ancora un po' macchiata? Allora, lei stessa si tuffa nelle fiamme del Purgatorio, perché dopo morte si vede solo ciò che è giusto, ciò che si merita di premio o di castigo o
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di purificazione e l'anima stessa non vorrà andare davanti a Dio così macchiata. Da quella stanza, da quel luogo dove si spira incomincia subito il Paradiso, o l'Inferno o il Purgatorio e voi fate bene quando vedete spirare qualcuna, a inginocchiarvi e recitare il De profundis7 perché siano abbreviate per quell'anima le pene del Purgatorio.

Giudizio universale

Oltre il particolare vi è anche il giudizio universale. Il giudizio universale ha altri scopi. 1) La gloria di Gesù: si vedrà quanto Gesù fu buono, quanto fece per salvarci, come fu condannato a torto! Ora gli uomini condannano | [32] Gesù, la sua dottrina, il suo Vicario, i suoi sacerdoti, ma allora si vedrà la loro empietà, il loro errore. 2) Il giudizio universale sarà anche a gloria dei santi: si vedrà il loro zelo, la loro virtù, come hanno lavorato davvero per Iddio. Ora si vedono e si interpretano male certe cose, ma allora si vedrà tutto sotto un'altra luce. I persecutori si troveranno di fronte agli innocenti perseguitati.
E riguardo ai nostri doveri, che cosa vedremo in questo giudizio? Tutto sarà scoperto.
1) Si vedrà se abbiamo fatto bene l'apostolato. Gli uomini hanno diritto di ricevere da noi la luce. S. Paolo diceva: «Io sono debitore a tutti»8. È giusto che noi diamo agli uomini la luce, che li aiutiamo a trovare la fede per le offerte che ci danno: siamo obbligati. Altrimenti al giudizio alzeranno la voce e diranno: Da loro ci doveva venire la salvezza. Essi avevano questa missione, questo dovere. Si vedrà la buona disposizione, l'impegno, la buona volontà, lo sforzo per far bene l'apostolato; e si vedrà pure l'ostinazione, la resistenza opposta alla grazia.
2) Si vedrà ancora che cosa abbiamo fatto coi nostri esempi. Se oltre l'apostolato dell'edizione abbiamo esercitato anche quello del buon esempio. Si vedrà se abbiamo edificato o se abbiamo dato piuttosto occasione di scandalo, di bestemmiare, ecc.
3) Si vedrà se abbiamo pregato. Se abbiamo esercitato l'apostolato della preghiera. Noi facciamo presto a sbrigarci: Io
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prego, faccio la Comunione tutti i giorni, non sono come gli altri. Ma dobbiamo ottenere la salvezza alle anime con la preghiera. Gli altri nella società hanno altri uffici, noi abbiamo questo. Si vedrà quindi se le nostre preghiere, le nostre Messe hanno avuto efficacia, se a quegli infedeli sono arrivate le grazie. Facciamo | [33] presto a scusarci ora! Ma pensiamo un po' a questo grave obbligo. Esame: la Maestra deve esaminarsi nelle sue relazioni e doveri verso le bambine; chi scrive, nei suoi doveri verso i lettori; chi diffonde, verso i fedeli; chi vive in comunità, verso le sorelle.
Questi doveri sociali saranno quelli esaminati al giudizio. Gesù dirà: «Avevo fame e non mi avete dato da mangiare»9. Diamo sempre da mangiare alle anime con la parola di Dio? Manca un po' questo esame sui doveri sociali, sull'apostolato, sulle vocazioni. Forse mancava ancora una buona parola, e quella figliola si sarebbe consacrata al Signore: non l'abbiamo saputa dire. Non sentiamoci tanto sicure, quindi. Scrupoli mai, ma capo chino. Quel che ho detto, quel che ricordo è il meno che conosca, chissà che cosa merito io! Non disperare però. «Confido in voi, o Signore, e dispero di me». Ma confidare davvero tutto nel Signore. Oh, quanto è grande la misericordia del Signore! Chi può scandagliarla? Chi può comprenderla? Confidare! Che non si vada a finire nella disperazione. Il Signore per salvarci aspetta solo la nostra sincera umiliazione e la fiducia in lui. Tutti si salvano per la sua misericordia.
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VI
LA MISERICORDIA DI DIO

Abbiamo terminato questa mattina la nostra considerazione ricordando che da una parte è necessario riconoscere che molti sono i nostri difetti, le nostre mancanze, le nostre debolezze, quindi necessità di camminare sempre umili. «Nihil mihi conscius sum, sed non in hoc justificatus sum: Io non ricordo nessun peccato, ma non per questo | [34] sono giustificato, non mi posso credere santo»1. Allora? Allora il dovere di confidare nella misericordia di Dio. La fede in primo luogo, poi la speranza. La speranza deve dominare sul timore. Sperare fermamente nella bontà di Dio, di conseguire il Paradiso per le sue promesse. L'obbligo di credere alla bontà di Dio entra nell'atto di fede, poi v'è l'obbligo della speranza.

Gesù e le parabole della misericordia

Dopo aver considerato il giudizio, consideriamo la misericordia del Signore. Il figliol prodigo, ci dice il Vangelo, se ne andò lontano dal padre, e là dissipò tutta la parte dei suoi beni. Il figliol prodigo è vero che arrivò all'estremo. Dopo aver consumato tutto, per vivere dovette mettersi al servizio di un signore che lo mandò a pascolare i maiali. Andò fino al fondo: «Muoio di fame!». Ma non si abbandonò alla disperazione: si ricordò del padre e non diffidò, non perse la confidenza. Si ravvivò al pensiero della bontà del padre: «Surgam, et ibo ad patrem meum»2, e con che faccia? Gli dirò: «Ho peccato contro il cielo e contro di te, non sono più degno di essere tuo figlio, ma accettami almeno come l'ultimo dei tuoi servi!». Vivrò nella tua casa, vedrò qualche volta la tua faccia, mangerò il tuo pane, godrò della tua bontà... Questo padre è figura di Dio. Come questo ricevette commosso e abbracciò il figlio che l'aveva abbandonato, così fa Iddio con le anime nostre. Quando noi torniamo a Dio, confidando nella sua misericordia, diamo a lui grande onore. Vi è chi crede che sia presunzione sperare il perdono
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dei peccati. No, diamo onore a Dio! Non disperiamo mai. Gesù disse chiaramente che non era venuto a cercare i giusti, ma i peccatori3. Noi andiamo a confessarci e confidiamo nella sua misericordia? Onoriamo Dio. Egli è il gran medico delle anime nostre.
I nemici di Gesù lo accusavano di trattare troppo | [35] familiarmente coi peccatori. Difatti quando convertì Matteo questi diede a Gesù una gran cena e invitò i suoi amici, che erano gabellieri come lui; e Gesù stette con loro4. Zaccheo, volendo vedere Gesù ed essendo piccolo di statura, salì su una pianta. Gesù si avvicinò alla pianta, alzò gli occhi e disse: «Zaccheo, cala giù dalla pianta presto; oggi voglio venire a pranzo a casa tua»5. E Zaccheo diede un gran banchetto a Gesù, cercò di fargli onore e invitò anche lui i suoi amici gabellieri. E Gesù stette in mezzo a loro. I farisei mormoravano, e non osando rimproverare direttamente Gesù, lo dissero ai discepoli: «Il vostro Maestro mangia e beve coi peccatori!». «Non avete letto: Misericordia voglio e non sacrificio? Non sono venuto per castigare, ma per salvare»6. Una cosa sola importava a Gesù, questa la sua preoccupazione: riconciliare i peccatori con Dio, parlare, intrattenersi con loro.
Matteo era esattore. L'esazione allora non era come adesso. Allora si esigeva molto più del giusto, tanto da fare anche soffrire i poveri, le vedove. Il mestiere del gabelliere era considerato come un mestiere da ladri. Ebbene, Gesù lo fa apostolo.
Vedete Gesù con l'adultera. Essa, secondo la Legge, doveva essere lapidata perché colta in quel genere di peccati. Chi l'aveva vista per primo doveva incominciare a tirare le pietre, poi gli altri, finché quella non fosse morta sotto la scarica delle pietre. Come si comportò Gesù con lei? Scrisse sulla polvere i peccati degli accusatori, e: «Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra». E noi che condanniamo tanto facilmente gli altri, siamo poi giusti davanti a Dio? Gli accusatori si ritirarono tutti e Gesù disse: «Donna, nessuno ti ha condannata?». «Nessuno, | [36] Signore». «Neppure io ti condanno; va' e non peccare più»7. La convertì.
Così fece con la Maddalena. La Maddalena era lo scandalo della città. Aveva sette demoni (sette vizi capitali). La sua vita era
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un disordine; tutti la conoscevano. Quando andò nella casa di Simone il fariseo, e lavò i piedi a Gesù, come si comportò Gesù con lei? «Remittuntur peccata multa, quoniam dilexit multum». Ecco tutto: Molto ha amato e molto le viene perdonato8. L'amore scancella ogni iniquità. «Charitas operit multitudinem peccatorum: La carità, l'amore, scancella una moltitudine di peccati»9, è una remissione universale.
Gesù raccontò molte parabole per far capire l'amore che egli aveva per i peccatori. Prendete la parabola della pecorella smarrita. Il buon pastore la cerca, se la carica sulle spalle, la riporta all'ovile, la rimette al sicuro10. Non la fa neppure camminare, notate! Almeno poteva dire: Ti sei allontanata? Ora rifai la strada fino all'ovile. Se fossimo stati noi a consigliare, gli avremmo forse detto di castigarla, di prendere il bastone... Ma il buon pastore no, non la fa nemmeno camminare, e la pone sopra un giaciglio perché possa riposarsi, ristorarsi. Il buon pastore è figura di Gesù. Quanto è buono Gesù!
E la parabola della dramma perduta! La donna mette sossopra tutta la casa per trovarla 11. Gesù per farci ritornare a lui mette in movimento tutto il Paradiso: Maria Santissima, rifugio dei peccatori, grande speranza dei peccatori, gli angeli... quanti avvisi, quante grazie! E conchiuse che si fa più festa in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti12, parole queste che bisogna sempre spiegare perché non sono comprese. Come, si fa più festa per un peccatore in Paradiso che per | [37] novantanove giusti? Non si dovrebbe fare viceversa? Chi dice così non capisce che cosa voglia il cuore di Gesù.
Oh, sì, mettiamoci davanti a Dio, ringraziamo il cuore di Gesù che è tanto buono e credo non ci voglia molta violenza, molto sforzo per noi, il credere che il Signore perdona i peccati, che la Confessione rimette tutto a posto. Quello che richiede più sforzo è il credere che Gesù vuol fare santi i peccatori, e che dia ai peccatori certe grazie che sembran privilegi. Gesù si compiace tante volte di cambiare i più grandi peccatori in grandi santi. Bisogna che il peccatore
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corrisponda, conservi l'umiltà, ma che si riempia di fiducia. Giuda che cosa fece? «Sarebbe stato meglio per lui se non fosse nato!»13. Pietro invece? Aveva rinnegato il Maestro in un modo direi quasi sfacciato. Giurò e spergiurò davanti a tutti di non averlo mai conosciuto. Egli che aveva protestato poco prima: «Se anche dovessi morir teco, non ti rinnegherò»14. Noi non possiamo misurare la colpevolezza di Pietro! Egli che doveva prendere il posto di Gesù sulla terra, prima che il Maestro fosse asceso al cielo! Gesù fu sensibilissimo a questo atto di Pietro: tanto più che si vide abbandonato da tutti. Ma anche Pietro, base e fondamento della Chiesa, protesta di non conoscerlo! E lo fa per un vile timore davanti a quella portinaia e a quegli sgherri. Infelice! Ebbene, mentre Pietro stava in cortile a scaldarsi vede il Salvatore già condannato da Anna, pontefice di quell'anno (Anna presso gli ebrei era nome maschile e femminile), Gesù gli dà uno sguardo di rimprovero e di invito, Pietro capisce, rientra in se stesso, si allontana da quel luogo e: «flevit amare: pianse amaramente»15 per il suo peccato. Non fece come Giuda che si disperò. Gli interpreti dicono che Pietro in quella stessa notte si recò da Maria, aperse il suo cuore alla | [38] Madonna che lo aiutò a sperare e a ottenere il perdono. Ebbene, Gesù non ebbe mai una parola di rimprovero per Pietro dopo la risurrezione. Gli fece fare un triplice atto di amore, quasi a riparazione della triplice negazione, e gli conferì il supremo potere di pascere agnelli e pecorelle; pastori e fedeli16.

Umiltà e fiducia

Il primo Papa è un peccatore! Tutti dobbiamo essere incoraggiati a sperare il perdono dei peccati. Pietro rinnegò Gesù, ma non perdette la fede; lo fece per debolezza, e debolezze ne abbiamo tutti! Nel Canone della Messa la Chiesa ci fa invocare sempre Pietro e Paolo, due grandi santi. Eppure furono due peccatori: Pietro rinnegò il Maestro, Paolo perseguitò il Maestro nella persona dei primi fedeli. Ecco fin dove deve andare la vostra fede: credere che nonostante i peccati possiamo farci santi. Gesù avrà delle preferenze.
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Gesù vedendo che non abbiamo meriti, ci darà i suoi; vedendo che non siamo capaci, ci farà santi lui. Gesù è l'amico dei peccatori, perciò titolo per essere amati da Gesù è questo. Umiltà, umiltà. In Paradiso ci saranno più peccatori convertiti che innocenti. Se consideriamo che gli Apostoli sono stati tutti convertiti ed ora sono le colonne della Chiesa, prendiamo coraggio. No, non è il peccato, se detestato, che ci impedisce di farci santi, di ottenere le grazie; è la superbia, l'ostinazione. Pietro quantunque peccatore, è diventato il pastore di tutto il gregge di Cristo. Arrivare fino a credere che Gesù ha un'amicizia particolare per le anime dei peccatori. Sono proibite le amicizie particolari? In questo caso no. È questa in cui cade il cuore di Gesù; è la sua debolezza.
Giova pure considerare che il Signore dà grazie particolari, lumi speciali ai peccatori, li fa apostoli. Essi | [39] ricorderanno che sono stati peccatori, non si insuperbiranno per le grazie che riceveranno. S. Paolo diceva: «Ho ricevuto tante grazie, ma intanto sono statopersecutore»17. Di questo ricordo si serviva per umiliarsi e nello stesso tempo tanto si elevava, fino a sperare grazie straordinarie.
Fiducia, fiducia! E il Signore ci darà grazie e aiuti a perseverare dopo gli Esercizi; ci darà sempre più lumi, e se noi asseconderemo le sue grazie, ci aiuterà a fare un apostolato molto grande e arriveremo a conchiudere la vita con una morte serena.
Ci benedica Gesù e ci dia la grazia di possedere la virtù della speranza. Aver fiducia, speranza, confidenza che è molto necessaria. È questa confidenza che deve ottenere tutto. «Va', la tua fede ti ha salvata»18. Gesù dà le grazie in proporzione di questa fede, di questa fiducia. Niente nega a chi chiede con fede né di beni spirituali, né materiali. Colui che ha confidenza comanda a Dio.
Gesù non voleva ascoltare la cananea, e l'aveva trattata in una maniera durissima, come i cani. Era pagana. Egli era venuto per i figli d'Israele. Invece quella donna confidò: Ai cani si danno le briciole quindi anche a me! E vinse. «O mulier, magna est fides tua!»19. Tu hai una grande fiducia! Sperate dunque che il Signore vi faccia grandi grazie e grandi sante!
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VII
LE COSTITUZIONI

Articoli: 20, 24

Ieri abbiamo letto fino all'articolo 8. Naturalmente io non debbo spiegarvi, né leggervi tutto, altrimenti non basterebbero i giorni degli Esercizi. Non ho bisogno di dirvi come deve essere fatto l'abito, lo sapete già. Che non si porti cambiamento all'abito, lo farete. Che si indossi sempre | [40] l'abito in casa e fuori di casa, eccetto che per ragioni particolari da decidersi dalla superiora caso per caso, è anche facile. Per quanto riguarda l'abito delle postulanti e novizie pure. Così per l'ordine di precedenza sui numeri 14 e seguenti non c'è niente da spiegare, voi lo capite. Non discutere tanto sull'ordine. Ciò che invece bisogna considerare bene è quanto riguarda l'accettazione, la formazione, la professione.

Le vocazioni

Le vocazioni sono il grande problema! Il Signore ha seminato vocazioni dappertutto. La vocazione a tendere alla perfezione, alla vita perfetta, è molto generale. La vocazione al sacerdozio è più particolare. Occorre essere persuase che di vocazioni a questa vita di perfezione, alla vita religiosa, ve ne sono tante, tante, e tante, sia in Italia che in America, che in Australia. Molte volte dipende da noi, che non le sappiamo conoscere, oppure non corrispondono.
Gesù aveva incontrato il giovane ricco, sembrava volenteroso, ma sentendo la proposta di Gesù: «Va', vendi quanto hai, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi», si ritirò contristato1. Un altro giovane aveva protestato: «Maestro, ti seguirò ovunque andrai». E Gesù: «Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli dell'aria i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha una pietra ove reclinare il capo!»2. Anche questo si fermò. Doveva abbracciare la povertà. Davanti al sacrificio alle volte le più belle volontà si fermano. La vita di sacrificio tante volte aliena. Bisogna tener presente che non è necessario
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non avere le cose, le comodità per esser poveri, ma è necessario esser distaccati, avere il cuore distaccato da queste. Abbiamo una macchina? Usiamola: risparmiamo tempo e forze. Le forze che spenderemmo a camminare le impiegheremo nell'apostolato.
[41] Un altro giovane incontrò Gesù e gli chiese: «Lasciami prima andare a salutare i parenti»3, andò e non tornò. Un altro ancora ne incontrò (sono quattro i giovani che non corrispondono nel Vangelo): «Maestro, gli disse, lasciami andare a seppellire mio padre»4. Gesù non gli diede il permesso, (voi vi sareste indispettite?) ma andò lo stesso, e non tornò più neanche quest'ultimo.

Pastorale vocazionale

Allora? Vi vengono nel cuore i sentimenti di disperazione. È inutile che lavoriamo tanto per le vocazioni! Sono fatte così... Non ci vuole disperazione. Noi cerchiamo di fare il lavoro sempre meglio, facciamo tutto quel che possiamo. Se non corrispondono subito, pregate di più e corrisponderanno. Se non ne trovate tante, ne troverete qualcuna che vale di più. Quelle che costano di più sono quelle che riescono meglio. Fate quel che potete, poi il Signore ci penserà. Lavorare e non raccogliere è meritorio quanto, anzi di più che se si fosse ottenuto il frutto. Gesù ne ebbe vari che non corrisposero, ma ne trovò altri che lo seguirono. Lavorate per il Signore e non perderete mai il merito e d'altra parte c'è da sperare delle buone vocazioni, e quelle che corrisponderanno porteranno frutto. Poi che ne sappiamo? Abbiamo gli occhi foderati di pelle di salame. Alle volte ci mettiamo attorno a una e: Sei chiamata? Non sei chiamata? Se non corrisponde quella, il Signore ne farà venire un'altra, se non in questa, in un'altra nazione. Il lavoro non andrà mai perduto. Se non maturerà qui maturerà altrove.
Ma è proprio vero che qui non ve ne sono vocazioni? Dalle statistiche risulta che negli Stati Uniti vi sono centotrentaduemila suore. Su questo numero quante saranno le indigene? Certi istituti ne hanno moltissime, mi si diceva oggi.
[42] Quando si prega, si lavora per le vocazioni, giova sempre che esaminiamo: Non ci sarà qualche impedimento da parte nostra? Può essere che manchi la fiducia.
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La misericordia può essere esercitata in tanti modi. Gesù fu tanto buono coi peccatori, ma la più grande pazienza l'ha avuta con gli Apostoli, con le vocazioni, per i suoi chiamati, i suoi novizi, ai quali ripeteva sempre le medesime cose ed avevano la testa dura. Non pretendete troppo. Quando Gesù Cristo è morto, sul Calvario chi aveva? Nessuno: solo Maria, più tardi venne Giovanni. Ed era un Maestro buono! Voi non siete ancora come lui nel guidare le vocazioni! C'è da disperarsi? No. Nella Pentecoste, alla prima predica di S. Pietro, si convertirono tremila persone, poi cinquemila 5. Contentiamoci di quel che possiamo avere di frutto, poi confidiamo. Manderà lo Spirito Santo il Signore, e allora si avranno i frutti. Noi lavoriamo, poi lasciamo che il Signore faccia.
Ora vi dico una malizia. Una volta andò a trovare il Curato d'Ars un parroco, e gli disse: «Beato voi che avete una parrocchia così fiorente, così di buon spirito! Vedeste la mia! Semino buon grano e nascono cardi: ho istituito delle feste, delle associazioni, ho fatto le Quarantore6, ma nulla giova». E il Curato d'Ars: «Quante ore dormite? Com'è la vostra mensa? Togliete un'ora al riposo, mettete un po' di digiuno. Quante volte vi siete flagellato per la vostra parrocchia?»7. Quel parroco prese in bene l'avviso. Siamo già morte per le anime? Ci siamo sacrificati? Ora vengo a dirvi di mangiare e dormire poco? No, state alla vostra regola, ma mortificazione sì. Occorre mortificarsi. Ve ne sono tante mortificazioni che non danneggiano la salute: mortificare la superbia, mortificare la lingua: parlare sempre come la Madonna, ecc.
[43] Vi sono dei pesci che si pescano con l'amo e altri che si pescano con la rete. In ogni nazione la gente va presa con mezzi speciali propri.
Una volta sono andato a predicare le Quarantore in un luogo. Il parroco mi disse: "Nella prima predica li lodi ben bene, specialmente gli uomini, perché qui si prendono così". Feci come mi aveva detto il parroco, e tutti gli uomini non mi persero una predica e si confessarono tutti. Erano stati presi per il loro verso. Bisogna prendere le vocazioni coi mezzi adatti. In America bisogna gettare l'amo
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o la rete? Mi dite che voi non avete le scuole e quindi non potete avvicinarle. Noi abbiamo la stampa che va molto più avanti.
Prima cosa da curare: le vocazioni, poi la chiesa alla Regina degli Apostoli8. La chiesa è: prima per riconoscenza alla Madonna per averci salvati, poi per le vocazioni, perché vengano queste vocazioni. Fate bene a lavorare quindi, ad aiutare per la chiesa. Poi apprendere bene la devozione alla Regina degli Apostoli. Lei ve le manderà le vocazioni.

Accettazione

Art. 20. Nella Pia Società delle Figlie di S. Paolo può essere ammessa qualunque cattolica, che sia idonea a compiere le osservanze della vita religiosa e le opere della Congregazione, che sia mossa da retta intenzione e libera da qualsiasi impedimento stabilito o dal diritto comune o dalle presenti Costituzioni.

Idoneità, quindi retta intenzione, e libertà da ogni impedimento. L'articolo 24 ha la sua importanza:

È intenzione della Pia Società Figlie di S. Paolo, di non accettare, restando pure fermo il prescritto dell'art. 21, n. 4 e 5:
1. Quelle che sono ancora legate dal vincolo matrimoniale;
2. Quelle che sono o furono professe in altro Istituto.Sono inoltre escluse in virtù delle presenti Costituzioni:
3. Le illegittime;
4. Le vedove.
Invece: possono essere ammesse, ma con dispensa data, per causa grave e dopo maturo esame, dalla Superiora generale col consenso del suo Consiglio:
1. Quelle che hanno oltrepassato 23 anni di età;
2. Quelle che sono state postulanti o novizie in altro Istituto, restando però fermo quanto prescrive l'art. 26.

Per l'età passata si richiede la dispensa della superiora. In genere è bene siano giovani, perché abbiano tempo a formarsi. Per quanto riguarda i costumi chiedere informazioni e per le vocazioni rivolgersi anche ai parroci. Essi possono avvicinarle e hanno più occasione per dir loro qualche buona parola.
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Dunque riassumendo: le vocazioni. 1) Chiederle al Signore per intercessione della Regina degli Apostoli. 2) State sicure che il lavoro per le vocazioni non va perduto: se non dà frutti qui, li darà altrove; se non sarà abbondante | [44] il frutto, lo sarà di meno, ma non mancherà. Quanto più costano, tanto più merito. In ogni luogo prenderle per il loro verso. 3) Adattarsi: Gesù che ha fatto per guadagnarsile anime? È venuto sulla terra, ha sofferto, è morto. Bisogna accostarsi a loro, saperle prendere. Fare come ha fatto il Figlio di Dio. È il Maestro, è il Modello. Egli si è adattato a tutte le nostre necessità e allora le turbe venivano a lui, erano guadagnate dalla sua grazia, dalla sua dolcezza, dalla sua bontà. State sicure. Non spaventatevi «piccolo gregge»9. Gesù è con voi, e vi darà la grazia di fare grande bene.
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VIII
IL SACRAMENTO DELLA PENITENZA

Ieri abbiamo considerato la misericordia del cuore sacratissimo di Gesù, l'amico dei peccatori. Diceva un santo: «Purtroppo i peccatori non sono amati abbastanza, non siamo che io e Gesù che amiamo i peccatori»1. Per quanto riguarda i traviati, tutti ne parlano male, come se fossero una massa di perdizione. Oh, camminiamo molto umili! Non abbiamo ancora dato nulla ai peccatori, non abbiamo ancora fatto nulla, fatto abbastanza perché essi si salvino! S. Paolo dice che chi ha la fede deve pensare agli altri che nonl'hanno2.
Chi ha predicato per primo la fede? I preti? No, i commercianti, i soldati che circolavano con facilità a quei tempi. Vedete il centurione: predicò la divinità di Gesù prima degli Apostoli. Colpito dai prodigi avvenuti sul Calvario esclama: «Veramente costui era Figlio di Dio!»3. E lo dice anche agli altri. E la risurrezione? Prima degli Apostoli la predicano i soldati e prima di tutti la predicano | [45] proprio ai nemici di Gesù, i quali diedero ai soldati una buona mancia perché tacessero4. Vedete dunque? Camminiamo sempre a capo chino.
La vita di perfezione consta di due atti. Uno è sempre l'umiliazione, l'altro la confidenza. Prima umiltà. Se uno ha commesso dei peccati e li ha commessi grossi, quasi trova più facilità a farsi santo. Confidiamo in Dio, nella grazia dello Spirito Santo. Molti forse, confidano troppo negli sforzi che fanno. Noi siamo il nulla, e il nulla colpevole ora, i beni vengono tutti da Dio. Noi confessiamo il nostro nulla e la nostra colpevolezza, mentre da Dio tutti i beni. Dobbiamo considerarci come un povero che va alle porte a chiedere l'elemosina. Questo povero ha nulla e ha fame; se poi può aggiungere: Non posso lavorare perché ho il cuore, i polmoni malati, ecc.,
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costui dicendo che ha niente, che non può lavorare, che è malato, eccita di più la compassione. Presentando le sue infermità a quel ricco lo muove a pietà. Così per la nostra vita spirituale.

Diffidenza di noi e confidenza in Dio

La nostra vita spirituale, ha sempre bisogno di queste due ali: diffidenza di noi e confidenza in Dio. Bisogna che venendo in chiesa diciamo: Gesù, sono ignorante, sono debole, e ogni giorno ne faccio qualcuna; l'ho constatata anche ieri la mia debolezza. Tu illuminami. Il povero può chiedere al ricco solo l'elemosina, ma se gli chiedesse il Paradiso? Non glielo può dare. Gesù invece sì, egli ci può dare anche il Paradiso e non aspetta altro che glielo chiediamo per darcelo. Portiamogli la nostra ignoranza, la nostra malizia, la nostra iniquità.
La Messa è il modello delle preghiere. Là c'è tutto; è la fonte delle grazie. Quando uno mi viene a dire di pregare perché ha bisogno di qualche grazia speciale, io rispondo: Ti celebrerò una Messa.
[46] La Chiesa sembra che si ostini a far recitare, ripetere al sacerdote atti di pentimento, e dopo la Messa si recita ancora un'altra preghiera per ricevere l'indulgenza sui difetti commessi nella celebrazione della Messa5. Pentirci e sperare sempre. Incominciando la Messa il sacerdote recita il Confiteor, salendo l'altare recita due preghiere che sono atti di pentimento, poi il Kyrie, ecc., così negli Oremus, prima di leggere il Vangelo, ripete sempre questo concetto sotto varie forme.
La nostra vita spirituale deve svolgersi nell'umiltà e nella confidenza. La Madonna ha confessato che era niente: «Fiat mihi secundum verbum tuum»6 e ha dato il permesso a Dio di far tutto lui. E come ha lavorato in lei il Signore! Se fossimo capaci a vivere sempre in queste due disposizioni avremmo trovato la via della perfezione.
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Sacramento della Penitenza

Con questo intendevo dirvi di ricevere bene il sacramento della Penitenza. Che cos'è il sacramento della Penitenza? Vi è la penitenza atto: io mi pento dei miei peccati. Se facciamo spesso l'esame scopriamo ciò che c'è in noi di difettoso e ci sforziamo di correggerci; se c'è l'abituale disposizione di detestazione dei nostripeccati, si ha la virtù della penitenza, la quale è da Dio. È di fede contro i protestanti che questa penitenza viene nelle anime dal Signore. Non è il semplice pentimento umano come sarebbe quello di un ragazzo che si pente di non aver studiato solo perché non è stato promosso. La virtù della penitenza include un dolore soprannaturale ed è un dono di Dio. Quando poi ci pentiamo e diciamo al confessore quanto abbiamo conosciuto, egli ci dà l'assoluzione e allora questa penitenza diventa sacramento.
La Confessione attua il concetto della diffidenza; la Comunione quello della confidenza. Sono sempre le due ali | [47] su cui deve camminare la nostra vita di perfezione. Tutto indirizzate a queste due cose e poi stanno bene tutte le altre pratiche: Via crucis, ecc. Sempre questi due atti: Ho niente, tu hai tutto. Tutta la vita di perfezione, di santificazione, la nostra vita spirituale è tutto dallo Spirito Santo. Tanto più siamo unite a Dio, (unione massima nella Comunione), tanto più avremo tutto da lui.
Il Lacordaire7 predicava spesso che bastava una Comunione per fare un santo, ma di quelle preparate bene! Diamo molta importanza alla Comunione, ma questa mattina le risoluzioni siano specialmente per la Confessione.
Dunque chi ha peccato trova più facilità a fare questi atti. Vi sono delle anime che ne fanno ogni tanto una, poi si pentono. Docili alla grazia dello Spirito Santo. Tu quando monti su una macchina ti lasci guidare dall'autista, non è vero? Ebbene, lasciamoci guidare dallo Spirito Santo, egli fa da autista in questo caso.

Effetti

La Confessione è un grande sacramento. Ha due effetti: 1) perdona le colpe passate, dà la grazia abituale; 2) aiuta ad evitare il
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peccato in avvenire. Il Battesimo cancella il peccato originale, se ricevuto da adulti cancella il peccato originale e i peccati attuali. La Confessione nel momento dell'assoluzione rimette le colpe passate con l'infusione della grazia, col ristabilire l'amicizia tra l'anima e Dio rotta col peccato mortale. E i peccati veniali? Toglie anche questi se non sono già stati tolti prima, e riconferma il perdono dei peccati della vita passata, della settimana. Riconfermare l'assoluzione vuol dire riconfermare un nuovo amore, una nuova unione tra Dio e l'anima; conferisce pure un aumento di grazia, dà la grazia sacramentale. Il sacramento della Penitenza si riceve una volta alla settimana, ma se ogni giorno uno fa bene l'esame di coscienza, | [48] resta tutto perdonato; l'esame ben fatto ogni giorno è una prova della Confessione.
Non riguardare tanto la Confessione come mezzo per ottenere il perdono, ma come mezzo di correzione, di emendazione della vita. Perché la Chiesa stabilisce per le religiose la Confessione settimanale? Per preservarle dal peccato futuro, per non farle cadere mai e per emendazione. La Confessione settimanale è più a scopo per il futuro che per il passato. Quindi fa male chi sta sempre lì a esaminare il passato, perde il frutto.
Vivere sempre preparati per ricevere Gesù, è l'atto di diffidenza, che prepara l'atto di confidenza da consumarsi nella Comunione.
Non badar tanto al prete, quel che dirà, quel che non dirà. Soprannaturali! Mi confesso a Dio onnipotente, alla beata Maria sempre Vergine... Di là della grata ci può essere qualunque sacerdote. Voi non badate mica tanto a chi dice la Messa, purché vi dia la Comunione, poi il frutto della Messa non dipende dal sacerdote. Curare di fare la Confessione soprannaturalmente, pensando che la facciamo a Dio. Dire ciò che ha veramente disgustato il Signore, senza star lì a far la storia tanto lunga.
Il dolore e il proposito sono sempre connessi: se mi pento, non voglio farla più questa cosa; sempre uniti. Badare bene di far la Confessione soprannaturalmente. Desiderare l'unione con Dio, che non ci sia tra noi e lui neppure un foglio di carta (quel difetto per es.). Unione intima per quanto è possibile quaggiù, in Paradiso avremo poi l'unione perfetta che produrrà la visione, il gaudio.
Ricordare che con l'assoluzione non sono tolte le tentazioni, le cattive inclinazioni. Ci sarà sempre il demonio. Dalla Confessione ci verrà forza. Con l'assoluzione non | [49] diventiamo come Adamo
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prima della caduta che aveva il dono dell'integrità; le tentazioni ci sono lasciate a nostra prova e a nostro merito. Non crediamoci al sicuro quindi. "Mi sono rimessa in grazia di Dio e ora debbo lavorare. Son pentita sinceramente, mi preparo bene alla Comunione". Piaccia al Signore di farci fare sempre bene la Confessione. Diffondete molto libri e foglietti che riguardano la Confessione.
Che tutti ricevano e partecipino bene a questa grande grazia della remissione!
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IX
LA VITA EUCARISTICA

L'uccello ha due ali per volare, l'aeroplano ha due ali per volare, noi per vivere abbiamo bisogno di respirare l'aria ossigenata e di espirare l'aria viziata. Aspirazione ed espirazione. Allo stesso modo che l'uccello, che l'aeroplano hanno bisogno di due ali, così la nostra vita spirituale ha bisogno di due ali: diffidenza di noi e confidenza in Dio. Non è difficile elevarsi ad altezze sublimi, questa è la via. Diffidare e confidare.
La diffidenza si esercita con la Confessione settimanale, mensile, annuale. Non c'è bisogno di esaminarsi tanto, molto dolore e molta pace. Si può fare la Confessione annuale, è consigliabile la Confessione generale quando si entra in noviziato, poi una volta o due ancora nella vita, nell'occasione dei voti per es., o se ci fosse qualche cosa di cui uno è certo di non aver confessato. La Confessione annuale è consigliata negli Esercizi, ma è facilissima. Fermarsi su una o due cose, non dilungarsi; basta ciò di cui uno «hic et nunc» 1 ha memoria. Bisogna essere così piene di amore, da sentire pena | [50] per tutto quello che ha disgustato Gesù. Sentire pena, perché avremmo potuto raggiungere maggiore santità, più unione con Dio. Ritenerci deboli, fragili, ignoranti, incapaci; anche facilmente troppo soggetti al cuore. Umiliarci di tutte queste cose e confidare in Dio. "Tu mi devi far santa". Umiliamoci e confidiamo in Gesù.

Confidenza in Gesù eucaristico

Parliamo di questa confidenza in Gesù, non in generale, ma nell'Eucaristia. Noi siamo sempre un po' pazzerelle: si va a cercare questo o quel santo, mentre Gesù è a casa vostra per darvi tutto. Che cosa andate cercando? Ci può essere uno che vi voglia più bene di Gesù? Che possa ricolmarvi di beni più di lui? Che si preoccupi di più della vostra santificazione? C'è lui, c'è Gesù, c'è tutto! «Magister adest et vocat te» 2 .
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Voi ce l'avete questa confidenza e non sapete di averla; perché infatti avete voluto la Messa, avete voluto Gesù in casa, gli avete assegnata questa cappella? L'avete, ma può essere aumentata, può crescere questa confidenza.
Chi è Gesù? È il Figlio di Dio che è disceso dal cielo per venire a stare con voi. «Et Verbum caro factum est, et habitavit in nobis»3. Voi fate la festa del suo ingresso nel mondo, vi rallegrate con lui e con Maria tre volte al giorno, quando recitate l'Angelus. Però questo Gesù non dobbiamo considerarlo solo com'era in Palestina mille novecento quarantasei anni fa, nella sua vita privata, pubblica, nella passione, morte, risurrezione. «Et Verbum caro... et habitavit in nobis». Non mille novecento quarantasei anni fa, ma ora, nel 1946 abita a casa vostra. Dove sta Gesù? A casa nostra: «...habitavit in nobis»; oggi è qui. Mille novecento quarantasei anni fa, nella grotta di Betlemme è nato per morire, ha preso un corpo, non per finire tutto lì. Quella morte ogni mattina è qui sull'altare. Ora è qui, sempre qui Gesù. «A chi vuol bene Gesù?». "A me". | [51] "Quando gli parli?". "Quando voglio". "Capisce tutto?". "Sì, capisce l'inglese, l'italiano, qualunque cosa, e parla lui stesso". Quando non ti dà le ispirazioni ti manda da chi può consigliarti. Siamo un po' pazzerelle alle volte.
Vi sono quelli che fanno consistere la santità nelle elemosine,nei digiuni, in tante opere buone. È facile la santità e consiste qui, nello stare unite a Gesù. Quando c'è Gesù c'è tutto. Questo Gesù dobbiamo considerarlo presente particolarmente nei tre atti: Visita, Messa, Comunione, tesori infiniti. Vuol dire che abbiamo nientemeno tutto il Paradiso. Dio è infinito. Gesù è qui e con lui vi è il Padre e lo Spirito Santo. Le tre Divine Persone sono indivisibili, quindi qui abita la SS. Trinità. Non abbiamo bisogno di cercare tante cose difficili. Abbiamo tutto qui. La carità, dice S. Agostino, non si va a cercare né in oriente, né in occidente. La carità è dire: «Mio Dio, vi amo con tutto il cuore».

La Visita

La Visita deve avere il carattere di una vera visita, di un'anima che ama Gesù. La Visita è quella felicissima ora in cui lo Sposo
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sacro e la sposa sacra s'intrattengono tra loro, è l'ora in cui Gesù vuol entrare in comunicazione con te. Tutto quello che si legge nel Cantico dei Cantici si può applicare alla Visita: lo Sposo è Gesù, la sposa è l'anima che va a visitarlo.
La Visita dev'essere vera visita. In Italia è stato stampato: Amico vero4; dimostra che nessuno ci ama tanto quanto Gesù. Oh, quante cose potete dire a Gesù nella Visita!
Si entra in chiesa, si fa la genuflessione, si recita la giaculatoria Gesù Maestro… alla quale sono annessi cinquecento giorni di indulgenza e si fanno i convenevoli a Gesù, si ossequia. Poi si ringrazia specialmente perché è venuto ad abitare con noi. Quale re è mai venuto ad abitare qui? | [52] Che cosa dobbiamo dire? Invidiare Maria che stava con Gesù? Ma questo è lo stesso Gesù della greppia, che Maria e Giuseppe adoravano. Non dobbiamo dire: Oh se fossi stata là!
Dite tutto a Gesù: se avete qualche fastidio, se avete il cuore pieno di speranza, di desiderio d'essere unite a lui, desiderio di andare in Paradiso vicino a lui; se desiderate doni di scienza, di sapienza, ditegli che volete salvare tutti i peccatori, aiutare i sacerdoti, che volete fare per lui molte cose ma non sapete farle... Le farà lui. Ditegli tutte le vostre ambizioni spirituali, confidategli anche quei fastidi che non osate dire neppure alle sorelle, al confessore; anche se vi fa male un dito, se vi fa male una scarpa. Una persona vi dà noia? Siete di cattivo umore? Dite tutto a Gesù con semplicità di bambini. "Ma io sono cattiva, non oso". Vedete, le cattive devono avere più confidenza con Gesù. Con chi ebbe più confidenza Gesù? Vedete la Maddalena, lo sgridava perfino: Ti abbiamo mandato a chiamare e non sei venuto, «se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto»5. Gesù la prese in disparte e si intrattenne intimamente con lei. Ai piedi della croce c'era la Maddalena6 che abbracciava i piedi di Gesù e li bagnava nuovamente con le lacrime come aveva fatto nella casa di Simone il fariseo. Dopo la risurrezione Gesù si manifesta per prima alla Maddalena (i Padri dicono
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prima alla Madonna). Che fece la Maddalena? Andò al sepolcro, lo trovò vuoto, si mise a girare e incontrò un uomo che credette l'ortolano. «Signore, dimmi dove hai messo il corpo del mio Maestro». «Maria», la chiama quella voce tanto nota. «Rabboni», e Maria Maddalena si slancia per baciare i piedi al Maestro. Egli la incarica di portare l'annuncio agli Apostoli7. Confidenza adunque, confidenza!
[53] In questi giorni fatevi spiegare bene il modo della Visita, studiate gli esempi di Gesù, leggete bene il Vangelo, la Bibbia, le Lettere di S. Paolo, poi pregate. Soprattutto fate la Visita entrando in comunione con Gesù. Se non si entra in questa intimità non c'è vera preghiera. Si può recitare un rosario intero alle volte e non pregare per quanto ce ne sta in un'Ave Maria ben detta. Entrare in intimità. Potete figurarvi di farvi accompagnare dalla Madonna. Figurarci Gesù circondato di bimbi, Gesù al presepio, a Nazaret, col grembiule da lavoro. Oppure figuratevi che entrando in chiesa venga ad aprirvi la Madonna, salutatela con: «Ave Maria» come S. Gabriele, e dite: Sono venuta per parlare con Gesù. Ella vi accompagnerà, vi farà entrare in comunione intima con lui.
Insisto sulla Visita non perché sia la prima. La prima è la Messa, la seconda la Comunione, la terza la Visita, ma perché chi fa bene la Visita farà bene anche le altre due.
Gesù è attorniato, circondato da angeli, tutto il Paradiso è presente. S. Paolo dice di coprirsi il capo in chiesa (alle donne) «propter angelos»8. Entrando qui entrate tra la moltitudine degli angeli; è il Paradiso prevenuto, anticipato. La Visita prepara alla Comunione. Nella Comunione si riceve Gesù, il tutto. Gesù, che non è solo più in chiesa, ma viene anche nell'anima nostra. Diffidiamo di noi, riflettiamo, preghiamo.
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X
LA SANTA MESSA

Questa mattina abbiamo considerato la presenza di Gesù tra noi e abbiamo concluso che siccome Gesù sta con noi, noi dobbiamo stare con lui. Si visita Gesù alle | [54] volte spiritualmente, perché anche nei corridoi durante il giorno si può venire col cuore in chiesa. Mentre lavorate qui attorno, in cucina, in apostolato, nelle stanze di sopra, di tanto in tanto volgete il cuore verso il Signore; qualche volta volgetevi anche la persona. Alle volte è indifferente voltarsi da una parte o dall'altra; è meglio voltarsi verso la chiesa.
Come pensate che vivessero Gesù e Maria a Nazaret? Là, in quella casa vi era la bottega, la stanzetta dove mangiavano e i due locali per il riposo della S. Famiglia. Giuseppe e Maria stavano sempre con Gesù: gli parlavano, lo ascoltavano. La visita col cuore a Gesù si può fare anche in propaganda, fuori di casa, nei vari uffici. Del resto quante volte passando davanti a qualche chiesa, e pur non entrando, professiamo da fuori il nostro ossequio a Gesù! Poi la Visita vera si farà quando è ora. Stasera vi dico qualche cosa sulla S. Messa.

Che cos'è la S. Messa? La parola Messa ha vari significati; noi però non ci fermeremo al significato etimologico, ma prendiamo subito la definizione. La S. Messa è il sacrificio della croce ripetuto sull'altare. Un giorno il Salvatore si offrì vittima sul Calvario, oggi si offre sull'altare. La Messa è lo stesso sacrificio del Calvario, vi è infatti la stessa vittima, lo stesso offerente, gli stessi frutti.
Vi è diversità di offrirsi: sul Calvario si offrì con spargimento di sangue, qui si offre per mezzo del sacerdote. Il Sacrificio c'è ugualmente.
Nella consacrazione si pone separatamente il corpo di Cristo dal sangue e questo è Sacrificio. Che grande cosa! Sul Calvario assistevano al Sacrificio Maria SS., la Maddalena, S. Giovanni; ma noi assistiamo allo stesso Sacrificio. Se sul Calvario fosse [stato] stampato un libro e voi ne aveste una copia, sarebbe uguale a quello, con le stesse cose. Così la Messa è la stessa cosa, lo stesso | [55] Sacrificio compiuto sulla croce. Tutte le mattine il Calvario si eleva davanti a noi con l'Agnello crocifisso.
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Quattro fini

La Messa si celebra per quattro fini:
1) Adorazione: si riconosce Dio nostro ultimo fine, creatore e padrone supremo; governatore del mondo e ci si sottomette a lui totalmente.
2) Ringraziamento: per tutti i benefici che Iddio ci ha fatto. Sono immensi, sia nell'ordine soprannaturale che nel naturale: benefici in tutte le età. Grazia, vita soprannaturale, sacramenti, ispirazioni, parole buone: ci sostiene continuamente, ci conserva, ci perdona, poi tutte le grazie che non conosciamo. «Quid retribuam Domino, pro omnibus quae retribuit mihi? Calicem salutaris accipiam et nomen Domini invocabo»1. Con la Messa si ringrazia degnamente.
3) Soddisfazione: per soddisfare i peccati degli uomini. Nessuno può soddisfare il peccato. Se tutti gli uomini fossero buoni e santi e tutti morissero martiri, tutti assieme non soddisferebbero a un solo peccato. Gesù solo può soddisfare. Una goccia sola del suo sangue basterebbe a riparare i peccati di tutti gli uomini, ma non bastava a esprimere tutto l'amore che ci portava. Nella Messa si soddisfa per noi, per le anime del Purgatorio, per tutti i peccatori.
4) Impetrazione: nella Messa si domandano tutte le grazie. Vi sono tante preghiere, ma la più efficace è senza dubbio la Messa. La Messa è un miracolo e ottiene miracoli appunto perché è un miracolo essa stessa. Se la gente sapesse che cosa è la Messa correrebbero tutti in chiesa e bisognerebbe allargare tutte le chiese. La Messa è un tesoro nascosto, lo capiamo almeno noi? Le nuove che sono arrivate in America2 quanto capiscono di inglese? Così capiamo noi della Messa. "Ma io ne capisco poco della Messa, quindi che merito ne ho?". Se mi preparaste un buon cibo, anche se non conosco quel che avete messo dentro, | [56] lo mangio e mi fa bene. Così è per la Messa. Una contadina che non ne capisce niente, vi pare che non raccolga frutti? Può darsi che raccolga più frutto lei che qualunque dottore che ve la sappia spiegare tutta teologicamente. Non è il sapere molto o poco quel che conta, ma è l'amore. Amate, amate, non importa che non sappiate niente!
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Frutti della Messa

I frutti della Messa sono quattro:
1) Frutto generalissimo. È quello che si spande larghissimamente a tutti gli esseri che ne sono capaci. Dalla Messa risulta gloriainfinita a Dio; rallegra il Paradiso, Maria, gli angeli e i santi. È una rugiada sul Purgatorio, conforto e refrigerio. Giova a tutti gli uomini buoni e cattivi. Per la Messa c'è da sperare la conversione degli infedeli.
2) Frutto generale. È quello che ricevono: chi serve la Messa, chi accende le candele, chi offre il vino e le ostie, chi canta, chi assiste, chi ha offerto i banchi, chi ha aiutato per la costruzione della chiesa, chi ha offerto gli arredi sacri, il calice, e specialmente chi ha contribuito a fare il sacerdote (genitori, confessore, predicatori, maestri, chi ha dato offerte, incoraggiato, ecc. ecc.). Se poi fossimo capaci a unirci alle qua ttrocentomila Messe che si cele brano in tutto il mondo potremmo partecipare anche al frutto di quelle.
3) Frutto specialissimo. È quello riservato al solo sacerdote.
4) Frutto speciale. È quello che va a chi fa dire la Messa: può essere una comunità, una persona privata, ecc.

Parti della Messa

Quante sono le parti della Messa? Sono tre:
1) Didattica: va dal principio fino al Credo compreso. Si chiama didattica perché è istruttiva. In essa si onora Gesù Verità. L'Epistola e il Vangelo ci ammaestrano sulle principali verità. Infatti nelle Messe domenicali si spiega sempre | [57] il Vangelo o l'Epistola. Ogni giorno nel Vangelo della Messa c'è qualche insegnamento particolare.
2) Sacrificale: va dall'offertorio al Pater. È il vero sacrificio. In questa parte si presentano a Dio le offerte o oblate. Poi vi è il grande atto di ringraziamento: «Vere dignum et justum est, ecc.»3. Avvicinandoci alla consacrazione il sacerdote chiama attorno all'altare gli angeli e ci uniamo a loro per lodare Dio. Col Communicantes chiama tutti i santi, la SS. Vergine, gli Apostoli, ecc. L'inserviente suona il campanello perché i fedeli si dispongano e si inginocchino. Poi il sacerdote invoca la SS. Trinità e quasi scompare;
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presta soltanto più le labbra. Chi cambia il pane e il vino nel corpo e sangue di nostro Signore Gesù Cristo, è Gesù Cristo stesso, il sacerdote è scomparso. È Gesù che dice: «Questo è il mio corpo; questo è il mio sangue»4, come lo disse nell'ultima cena. Il sacerdote quindi si inginocchia e adora. La Messa è compiuta. Dopo la consacrazione il sacerdote distribuisce i frutti: chiama gli angeli perché portino a Dio l'omaggio in Paradiso; poi distribuisce i frutti in particolare a quelli che si comunicheranno; alle anime del Purgatorio e chiede per tutti gli uomini un posticino in Paradiso, anche per lui stesso. Tutto questo in nome e per i meriti di Gesù Cristo.
3) Consumativa: va dal Pater alla fine. In questa parte ci sono le preghiere per la Comunione e a questo punto è consigliabile la preparazione alla Comunione. Un breve ringraziamento, poi ultime preghiere, Vangelo, tre Ave Maria, ecc.
Nella prima parte si onora Gesù Verità; nella seconda parte si onora Gesù Via; nella terza parte si onora Gesù Vita. Potete seguire la Messa col Messalino, dicendo le orazioni, recitando il rosario, ecc. Questo metodo di seguire la | [58] Messa è stato messo nel nostro libro di preghiere che ha avuto l'approvazione, quindi è buono.
Quali sono i doveri nostri per la Messa? Sono: sentirla bene, raccogliere offerte per le Messe, invitare la gente alla Messa, iscrivere alle Duemila Messe5, far capire al mondo che la Messa è il sacrificio della croce, e che dalla Messa ci viene ogni bene, ogni grazia, ogni ricchezza. La Messa è il grande tesoro.
Mi hanno detto che in quest'isola6 ci sono trentadue parrocchie cattoliche, d'altra parte invece, ve ne sono molte protestanti. Che merito abbiamo se noi abbiamo tanta istruzione? Potevamo nascere infedeli come tanti altri. Riconoscenza al Signore quindi, e preghiera.
Adesso daremo la Benedizione. Il Signore benedica voi, le vostre famiglie, tutte le persone che vi stanno a cuore, le vostre intenzioni; benedica soprattutto il nostro Istituto, che possa servire un po' meglio il Signore!
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XI
GESÙ VIA, VERITÀ E VITA NELL'EUCARISTIA

Dobbiamo ricordare ciò che abbiamo considerato un po' ieri sera. Noi dobbiamo leggere, considerare il Vangelo, la vita di Gesù a Betlemme, a Nazaret, la vita privata, pubblica, la passione, la risurrezione, la vita di Gesù in cielo; ma soprattutto ricordare che questo Gesù non è passato, ma è ancora qui. Non è come, supponete, Davide, Pietro, Paolo, che sono passati, ora non sono più qui, ma sono in Paradiso e vivono nel cuore dei fedeli.

Gesù nel Tabernacolo è vivo e presente

Gesù sta ancora qui, nel tabernacolo. Egli ha fatto come un padre, che doveva partire e voleva rimanere con i suoi: ha risolto un problema difficilissimo. È partito ed è restato. È qui, | [59] non avete bisogno di andare lontano, in Palestina, in pellegrinaggio per cercarlo. È qui Gesù, lo stesso Gesù che voleva tanto bene a quei bambini della Palestina che gli saltavano addosso. Gesù che si è dato cibo agli Apostoli, a Maria SS., che ha istituito lo stato religioso, è qui, con lo stesso sangue, lo stesso cuore. Gesù nell'Eucaristia è Via, Verità e Vita come lo era mille novecento quarantasei anni fa. Leggendo il Vangelo bisogna che consideriamo quelle parole come dette a noi, come uscenti dal tabernacolo. Noi parliamo solo a chi ci è presente, Gesù parlava a tutti, anche a quelli che sarebbero venuti, ciò che dice il Vangelo riguardo ai voti, lo dice a tutti quelli che avrebbero fatti i voti; lo dice a te, e a ognuna di voi.
Se in una stanza piena di gente, vi fosse un grande specchio, tutta la gente che è nella stanza vi si può vedere riflessa, anche se ognuno non potesse vedere chi c'è dietro e in tutta la stanza. Gesù è come uno specchio. Egli è Dio. In lui si riflettono tutti gli uomini passati, presenti e futuri. Anche noi eravamo là, presenti, quindi parlava anche a noi. «Beati i poveri, beati i mondi, beati i misericordiosi, beati quelli che piangono, beati quelli che han fame di giustizia, ecc.»1. Le diceva anche a noi queste cose. E, siccome quivi è lo stesso Gesù, le ripete dal tabernacolo.
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Quando si viene in chiesa non basta immaginarsi di andare a vedere Gesù a Nazaret: questo sensibilizza la nostra devozione perché siamo teste bislacche ed abbiamo bisogno della fantasia che ci aiuti. La presenza di Gesù qui, non è una fantasia, un ricordo, ma è un fatto reale, esistente sotto i nostri occhi. Gesù sta qui.

Nell'Eucaristia Gesù è Via

Gesù è con noi! È con noi principalmente per essere nostra Via. Gli esempi che Gesù ha dato tanti anni fa in Palestina, li ripete anche oggi. Gesù là era povero, ed è povero anche qui: i | [60] tabernacoli sono per lo più di legno, e anche quando sono di marmi o altre materie, sono sempre poveri per lui. Gesù di che cosa si veste nelle sacre specie? Di pane: dell'elemento più semplice, più comune e alla portata di tutti. Gesù in un certo senso è più povero qui che non in Palestina, che non sulla croce. S. Tommaso dice che sulla croce era nascosta solo la divinità, ma qui è nascosta anche l'umanità2 . Gesù ci dà esempio di purezza. Vicino a sé vuole sempre anime pure, alla Comunione vuole cuori mondi; ha dei sentimenti altissimi... Ci dà esempio di preghiera. Che cosa fa Gesù? Adora il Padre, lavora per la estensione del suo Regno, «semper vivens ad interpellandum pro nobis»3. Ci dà esempio di obbedienza. Il sacerdote è quasi il padrone dell'ostia santa: la prende, la porta ai malati, la chiude, la ripone, come faceva Maria SS. con Gesù Bambino. Alla consacrazione della Messa il sacerdote chiama il Figliolo di Dio e questi discende subito. Gesù ci dà esempio di ogni virtù, specialmente delle virtù religiose.
Esempi di umiltà. Una persona per es. fa la Comunione e poi le viene un attacco di tosse, un vomito? Dove va a finire Gesù? Che umiliazione! E questo è il meno, perché la tosse, il vomito, non sono peccato. Ci sono delle anime impure, sporche, sacrileghe che si presentano a Gesù, e Gesù va lo stesso in esse, anche se deve stare in compagnia del demonio. Ah, la passione di Gesù non finì sul Calvario, ma continua anche qui! Vi sono stati degli ebrei che hanno pugnalato le ostie, dei sacrileghi che le hanno buttate nel fango, ecc. La passione di Gesù non è solo la Messa, ma tutta la
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vita eucaristica. A tutto si pensa, ma non a Gesù. Egli grida: «Venite ad me, omnes»4, ma chi lo ascolta? Che abbandono!
[61] Gesù è modello di ogni virtù. Se volete trovare esempi di ogni virtù, venite qui da Gesù. Consideriamo i fatti che succedono sotto i nostri occhi: Gesù è la Via.

Gesù nell'Eucaristia è Verità

La sua dottrina fu scritta, pubblicata, insegnata, predicata dalla Chiesa. Questa dottrina dobbiamo sentirla, farla nostra. Se non si impara il catechismo è come se si andasse a scuola di geografia. La luce di Gesù è luce che viene dall'alto, luce che risplende, che deve far risplendere la dottrina di Gesù, farla comprendere, altrimenti non ne faremo frutto.
Qualcuno può leggere: «Beati i poveri», ma intanto più ne ha e più è felice. Vi sono di quelli che leggono quello che Gesù ha detto, ma in pratica non ne fanno nulla. Perché? Perché la luce c'è, ma non ha penetrato l'anima. Bisogna che la luce del tabernacolo sia proprio luce nostra. Gesù ha tante cose da dire! Noi siamo tenebre, ignoranza: Gesù illuminerà, consiglierà, parlerà. Tu sei scoraggiata oggi, non sai come fare. Sei testarda, piena di scrupoli... Mettetevi nel banco davanti a Gesù. "Ma non so che cosa dire a Gesù". Un contadino, ogni sera prima di tornare a casa, deponeva la zappa, il badile, i suoi arnesi da lavoro davanti alla porta della chiesa e vi entrava. Si portava in uno dei primi banchi e si sedeva muto, a guardare il tabernacolo. Il Curato d'Ars che lo aveva osservato tante volte, una sera gli disse: "Brav'uomo, ditemi, che cosa fate lì: pregare non pregate, che cosa state a fare?". E il contadino: "Io guardo lui, lui guarda me: noi ci intendiamo".
Gesù intende e parla. Un vescovo aveva ricevuto una notizia triste e si trovava in impiccio fino ai capelli. Pensò, studiò, si consigliò e fece tanti progetti. Alla sera uscì per prendere un po' d'aria e incontrò una signora | [62] molto buona, che usciva di chiesa. La salutò e: "Siete stata in chiesa?". "Sì, Eccellenza, sono stata da Gesù; dove andare se non da lui?". "Avete pregato per il vostro vescovo?". "Sì, prego sempre, è mio dovere". "Che vi ha detto Gesù stasera?". "Mah, mi ha detto delle parole che non ho compreso".
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"Quali?". "Mi ha detto: Lavorano, dispongono, si consigliano con tanti, e non pensano a venire da me che solo posso aiutarli. Non so che cosa volesse dire il Signore". Il vescovo capì la lezione e invece di andare a passeggio andò in chiesa anche lui.
Facciamo anche noi così? Abbiamo il consigliere, la luce che splende, noi invece ci sforziamo di cercare le soluzioni nei libri, nei consigli degli uomini e non andiamo da Gesù. «Io sono la luce, la Verità...»5. Confidatevi con Gesù! Ditegli le cose interne, chiedetegli consigli per le cose intime. Tante volte la luce di Dio trova opposizioni. Bisogna far tacere le passioni. «Io sono la Verità». Gesù è come la lanterna che illumina la strada che dobbiamo percorrere.

Gesù nell'Eucaristia è Vita

Ci ha dato la vita soprannaturale, la vita della grazia. È lui che dà la forza. Lui ha fatto i vergini, i martiri, gli apostoli, i confessori... «Elegge le cose che non sono per confondere quelle che sono»6.
Come il pane, dice S. Tommaso, porta quattro effetti nel corpo, così l'Eucaristia nell'anima: «sustentat, auget, reparat et delectat»7. Quando avete fatto la Comunione credete che l'anima viene nutrita. Il bambino di pochi giorni pesa poco; poi, man mano che si nutre, cresce, si sviluppa, finché diventa un adolescente, poi un uomo robusto. Così, l'anima che si alimenta di Gesù cresce, diventa robusta nella grazia. L'Eucaristia è alimento: «Io sono il | [63] pane vivo disceso dal Cielo: chi mangia la mia carne e beve il mio sangue vive in me ed io in lui»8. Adorarlo questo Gesù: egli è la Vita. L'anima, che è la nostra vita, sta in noi; così Gesù, che è la vita della nostra anima, deve stare in noi. Subito dopo la Comunione, in noi c'è la presenza sacramentale di Gesù; dopo Gesù rimane con la sua grazia e con lui c'è tutta la SS. Trinità, perché le Persone divine sono indivisibili. Noi diventiamo così abitazioni della SS. Trinità.
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Tu cammini e porti con te Gesù Cristo! Non vivere nell'agitazione, non crederti una creatura trascurata, abbandonata: porti Gesù!
A Brescia durante i bombardamenti, le suore dovevano andare in un rifugio abbastanza lontano. La superiora, quando sentiva l'allarme, correva in cappella, apriva il tabernacolo, prendeva la pisside, se la stringeva al petto e se ne andava al rifugio con le suore e con Gesù. Quella suorina tutta felice raccontava: "Quante volte ho aperto il tabernacolo e portato Gesù con me!". In questo caso c'era il permesso di dare anche la Comunione a se stessa e agli altri, se ci fosse stato grave pericolo. Ma voi lo portate sempre Gesù, come Maria SS.
Adorare Gesù: considerare Gesù nell'Eucaristia come Via, Verità e Vita, non come morto. Fede viva, sempre più viva, e allora impareremo sempre più gli esempi di Gesù nell'Eucaristia e cammineremo molto di più nella santità. Quando Gesù viene in noi, è il tutto che viene in noi, è il Paradiso; però noi prendiamo solo quello che siamo capaci di prendere. Se uno va a tavola e ha poco appetito o è debole, prenderà solo una parte di ciò che ha davanti; solo quel che si sente, ancorché l'imbandigione sia molto abbondante. Sulla nave si faceva così: c'era tanta | [64] roba, ma chi soffriva mal di mare prendeva solo ciò che gli andava giù.
Bisogna pensare che Gesù è bene infinito. Pensiamo a prendere quanto più possiamo con la diffidenza di noi e la confidenza inlui. In questi giorni preghiamo per ottenere tante grazie. È tanto, è immenso il bene da fare. Che abbiamo il coraggio, la grazia di poter fare il bene. Preghiamo non solo che il Signore ci dia le grazie, ma la grazia di corrispondere alle grazie. Lo pregheremo così specialmente nella Visita.
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XII
L'OBBEDIENZA

La parte principale delle Costituzioni è quella che riguarda i voti, sebbene la parte più delicata sia quella delle vocazioni e della formazione. Tra i voti in primo luogo abbiamo quello di obbedienza. Occorre pensare così: la prima famiglia religiosa fu quella di Nazaret. Là vi era Giuseppe, santo, castissimo, obbedientissimo a tutte le disposizioni, osservantissimo della Legge del Signore. Vi era la Vergine: purissima, obbedientissima a tutte le disposizioni di coloro che l'avevano formata, santissima, osservantissima della legge del Signore, poverissima, vero modello di tutte le anime religiose. Vi era Gesù Bambino, obbedientissimo a Maria e a Giuseppe; poverissimo: non solo modello dei religiosi, ma il vero, il grande Religioso del Padre.
Tutti i cristiani debbono imitare la sacra famiglia, ma i religiosi in modo più perfetto. Mettere l'occhio su Gesù, Maria e Giuseppe e studiare come si viveva, come si operava da loro, e cercare di imitarne un po' meglio dei semplici cristiani le virtù.
[65] La sacra famiglia ci lasciò esempi di obbedienza: incominciamo in primo luogo a studiare l'obbedienza, la sottomissione. Leggere sulle Costituzioni quanto riguarda l'obbedienza. Questa obbedienza e sottomissione sia sempre accompagnata da gioia, perché dev'essere lieta. Consideriamo come praticò l'obbedienza la sacra famiglia.

L'obbedienza della sacra famiglia

S. Giuseppe quando era titubante, per le circostanze in cui eravenuto a trovarsi, ricorse a Dio. Dio gli mandò l'angelo che gli disse: «Non temere di prendere Maria per tua consorte»1. Giuseppe obbedisce e compie quello che Dio gli aveva detto per mezzo dell'angelo. Esce da Roma un editto di Cesare Augusto, che ordina il censimento: Giuseppe poteva opporre delle ragioni, Maria ancor di più, ma obbediscono e partono. Fanno a piedi i molti chilometri di
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quella strada anche molto pericolosa. A Betlemme Giuseppe è provato con la SS. Vergine. Non trova alloggio all'albergo, e debbono rifugiarsi in una grotta. Più tardi Erode cerca a morte il Bambino: Giuseppe riceve l'ordine da Dio di partire. «Alzati, prendi il Bambino e la madre e fuggi in Egitto»2. La via è faticosa e piena di pericoli, ma partono, vanno in Egitto, senza sapere per quanto tempo vi debbono rimanere. Giuseppe va senza chiedere spiegazione e dimora in Egitto col Bambino e Maria SS. Quando l'angelo torna ad avvisare, Giuseppe torna in Palestina. Rimase in dubbio dove stabilirsi; e saputo che ancora viveva qualche nemico di Gesù (Archelao), andò ad abitare in un paesello sperduto, in un angolo solitario, tra le montagne della Palestina: a Nazaret. Maria lo segue umile e sottomessa. Ogni anno si portavano tre volte al Tempio per pregarvi. Giuseppe vi accompagnava la sacra famiglia, sempre obbedientissimo.
Maria era obbedientissima. Da bambina obbediva | [66] a quelli che reggevano il collegio nel Tempio3. Tornata a casa fu annunciata dall'angelo e lei accettò: «Fiat mihi secundum verbum tuum»4 e obbedì sempre per tutta la vita. Ai piedi della croce e anche quando Gesù era morto, fu sempre pronta, sempre rassegnata alla volontà di Dio.
Gesù era obbedientissimo. Il Vangelo ce lo ricorda: «Erat subditus illis»5. Egli era Dio! Perché sottomettersi alle sue creature? Finché c'è da obbedire a chi sta in alto è facile, ma quando bisogna obbedire a chi non sta tanto in su, si sente più ripugnanza.È più da ammirarsi Gesù che obbedisce a Maria e a Giuseppe, o Maria e Giuseppe che comandano a Gesù, a Dio? Gesù obbedì da bambino, da fanciullo, da adulto, fino a trent'anni. Non solo obbediva ai comandi, ma indovinava i desideri dei suoi genitori. Quando incominciò la vita pubblica fece sempre quel che voleva il Padre celeste fino alla morte. «Quae placita sunt ei facio semper»6. «Factus oboediens usque ad mortem, mortem autem crucis!»7. Anche ai carnefici obbedì. La volontà del Padre celeste era che Gesù stesse per tre ore sulla croce: egli ci stette in una posizione
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penosissima, sospeso per tre ore a tre chiodi! Ci stette fino all'ultimo istante, finché poté esclamare: «Consummatum est!»8.
S. Paolo dice che la disobbedienza di Eva ci rovinò tutti, mal'obbedienza di Gesù ci ha salvati tutti9. Perché questa virtù in Gesù, Maria e Giuseppe? Perché l'obbedienza è preziosissima. Sulla terra purtroppo, noi amiamo più comandare che obbedire, perché non comprendiamo la preziosità, il merito, la sicurezza, la dolcezza che ci vengono dall'obbedienza. In realtà l'obbedienza è la virtù che ci permette di essere un giorno esaltati in cielo. Perché Gesù si è umiliato tanto, perché si è sottomesso perfino ai | [67] carnefici, Dio lo ha esaltato al di sopra di tutti gli angeli, di tutti i beati, in un posto altissimo nel regno celeste, vicino a sé10.

Valore dell'obbedienza

Perché l'obbedienza è preziosa?
1) Perché è il più bel sacrificio che facciamo al Signore. Non è mica il più bello quello della castità! La castità gli è cara. Non è mica il più bello quello delle cose esterne! La povertà gli è cara. La più preziosa è l'obbedienza perché dà a Dio la libertà.
2) L'obbedienza è preziosa perché fa esercitare la virtù dell'umiltà. Se una suora è veramente umile è anche ubbidiente; se non è umile vorrà fare sempre la propria volontà.
3) L'obbedienza è preziosa perché dà sicurezza. Quando facciamo ciò che è disposto siamo tranquilli. Quando invece facciamo come ci piace, anche se è il meglio, non siamo sicuri di interpretare bene i desideri di Dio, siamo sempre titubanti. Quando si obbedisce si è sicuri. Chi obbedisce indovina sempre; non ha da rendere conto al Signore di nulla. "Così mi hanno detto". L'obbedienza è la via più sicura per noi. Fare quanto vien detto è la via della pace per noi, la via della gloria. È l'obbedienza che porta pace e serenità: «Molta pace a quelli che eseguiscono la legge di Dio»11. I turbamenti non sono di chi obbedisce, ma di chi fa la propria volontà. Ci si crede astuti, abili di indovinare di più? No, indoviniamo di più quando facciamo la volontà di Dio. Di chi sarà il premio? Di chi avrà
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lavorato per il Signore, facendo sempre la sua volontà. Se noi facciamo quanto ordina Dio, lui ci pagherà, ma se tu vuoi fare la tua volontà, «iam recepisti mercedem tuam!»12. Hai lavorato per te? Pagati da te! Ti sei soddisfatta? Basta!
Si può non obbedire qualche volta? Sì, quando chi comanda comandasse cose contrarie alla volontà di Dio. | [68] Una mamma, per esempio, che dicesse alla propria figliola: Non farti suora, dovrebbe essere obbedita? No. In queste cose la mamma, i parenti non hanno alcun potere.
Obbedire sempre, eccetto nelle cose illecite. Se il lavoro fosse tale che ci impedisse di pregare, si potrebbe fare osservazione? Sì. In sostanza obbedire in tutto quello che non è contro Dio. "Ma io non so il perché di questa disposizione, non capisco...". Non importa. Quando non si capisce c'è più merito. Lo vuole lui! Non è padrone di comandarci quel che vuole?
Non facciamo le cose perché conosciamo che sono le migliori, ma perché sono volontà di Dio. Se una volesse lavorare di più di quanto comporta l'orario, farebbe bene? No! State all'obbedienza! Il Signore vuole da noi certe cose, ma non vuole l'infinito. Vuole che facciamo quanto è nelle nostre possibilità. Dunque, obbedendo al Signore, alla sua volontà, facciamo davvero il meglio.

Modalità dell'obbedienza

Come dev'essere l'obbedienza, perché piaccia al Signore?
1) L'obbedienza dev'essere cieca. Non cercare le ragioni. "Ma, se io so e conosco le ragioni, diminuisce il merito?". Se le ragioni ci aiutano, ci confermano, non diminuiscono il merito dell'obbedienza. Ma se tu le vai cercando, vai scandagliando, rovini il merito. In questo caso tu fai una cosa non per obbedire, ma perché capisci le ragioni. L'obbedienza cieca dunque, non cerca le ragioni se non per confermarsi nella volontà sicura e ferma di quel che fu detto.
2) L'obbedienza dev'essere ilare, gioiosa: le cose, se hanno da meritare davanti a Dio, occorre siano fatte lietamente. Se si fanno per forza non si merita niente. Guadagnerete tanti meriti facendo le cose con ilarità, con gioia.
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3) L'obbedienza dev'essere intiera: interpretare bene con la mente per poter eseguire meglio. Obbedire con la | [69] mente, e cioè: è stata data una disposizione di essere cauti? prudenti? Si interpreti bene! Se una dice: "Hanno detto di essere prudenti, allora noi dove c'è del male non andiamo", ha interpretato bene? No! Prudenza vuol dire non mettersi in pericolo, non andare in locali sconvenienti, ecc. Ma è necessario che la suora dica: In tutto il mondo, in ogni fabbrica io posso trovare dei pericoli, quindi non intendo andare? Se intendiamo in questo modo i pericoli, dice S. Paolo, allora bisognerebbe uscire dal mondo13.
Essere cauti vuol dire non mettersi direttamente in pericolo. Se bisogna fare del bene, bisogna farlo prima ai cattivi! Allora bisogna adattarsi, avvicinarsi alle miserie e debolezze altrui: non per acconsentire, ma per medicare. Se un medico per paura non volesse curare nessuna malattia, farebbe il suo dovere? No! Egli cerchi di disinfettarsi, di lavarsi, prenda tutte le precauzioni contro i contagi e le infezioni, ma poi lavori! "Io non mi avvicinerò mai agli americani", dice una. Se non li avvicinerai non li convertirai!
Un [superiore] generale dei gesuiti raccomandava ai suoi missionari delle Indie: «Studiate in India e per l'India!». Queste parole divennero proverbiali per i religiosi gesuiti dell'India.
Se una è incaricata di fare una cosa, bisogna che cerchi tutti i mezzi per riuscire. Se non ce n'è uno, ce ne sarà un altro. Ecco il merito dell'obbedienza. Si studi il modo di fare il meglio e di eseguire in tutto la volontà di Dio. Obbedire e sottomettersi anche con le parole (parlandone in bene) e col cuore (sempre lieto). Il Signore benedirà e farà riuscire. Il Signore si aspetta la nostra obbedienza. Se poi noi obbediamo, indoviniamo in tutto: se non sarà il meglio farà tutto lui. Gesù con la sua obbedienza fino | [70] alla morte di croce, conquistò il regno beato in cielo e riscattò tutti gli uomini sulla terra.
Leggete nelle Costituzioni il capitolo dell'obbedienza e meditatelo. Ricordiamo poi che l'obbedienza raddoppia tutti i meriti. Una suora per es. va a Messa perché l'obbedienza vuole così? Si fa due meriti: uno per la Messa che ascolta, l'altro per la religione cui è legata col voto.
L'obbedienza indora tutto. Fa sì che tutto abbia un valore superiore. Altro è una pisside di ottone, altro è una pisside d'oro: così
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tutto quel che facciamo per obbedienza guadagna di più, ha un valore superiore: doppio guadagno, come se viveste il doppio.
Benediciamo Gesù che ci ha chiamati e tutti i giorni diamogli la nostra volontà. Che ogni suora possa dire come Gesù: «Io faccio sempre quel che piace al Padre mio»14. Nel Padre nostro meditiamo bene la domanda: «Fiat voluntas tua!». Prendiamo la volontà di Dio. È dolce questa volontà, sebbene qualche volta costi sacrificio!
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XIII
LA CASTITÀ

Parliamo del voto e della virtù della castità:

Art. 107. Col voto semplice di castità, le Figlie di San Paolo si obbligano ad osservare il celibato; ed inoltre ad evitare, per nuovo titolo, cioè della virtù di religione, qualsiasi atto interno od esterno contrario alla castità.

Le Costituzioni vi danno delle norme: evitare segni di affezione, discorsi, relazioni, letture, conversazioni pericolose; non conservare ricordi che disturbano il cuore. Nell'andare e nel venire tutto sia così composto da lasciare negli altri sempre buona impressione. Giova pure ricordare tutti i mezzi per conservare questa virtù. L'obbedienza è la prima virtù, la purezza è la seconda. Se non si è molto delicate su questa virtù, non si è neppure delle religiose obbedienti perché l'obbedienza | [71] fa usare tutti i mezzi, tutte le attenzioni indicate dalle Maestre.

Preziosità della castità

La purezza è una grande preziosità. La purezza è la virtù di Gesù, la parte preziosa di Maria, è l'ornamento di S. Giuseppe; è quello che ha raccomandato tanto S. Paolo, il quale dice: «Su questo punto vi vorrei tutti come sono io»1: vergini. Se vogliamo perciò piacere a S. Paolo, a S. Giuseppe, alla Vergine santa, a Gesù Maestro, usiamo molta delicatezza. La purezza è preziosissima perché tutti gli atti di questa virtù sono doppio merito (come ogni atto contrario è doppio peccato). Così: custodire gli occhi, il cuore, la lingua, la mortificazione dei sensi in genere, che si dovrebbe fare da ogni cristiano, ha tutto doppio merito. Astenersi dal leggere ciò che non riguarda, evitare le famigliarità troppo spinte, vincere le tentazioni, ecc., tutto doppio merito! Né l'anima deve affannarsi perché ha tante tentazioni. Anche i santi le ebbero. Se si vincono, doppio merito! Niente da stupirsi quindi. Le tentazioni si avranno
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fino alla fine della vita, ma doppio merito se si vinceranno! Anche S. Paolo le sentiva e pregò tre volte il Signore che lo liberasse. Mail Signore gli rispose: «Sufficit tibi gratia mea!»2. Non pretendere di essere liberate dalle tentazioni, ma pregare per vincerle; essere pronte a respingerle, quando il demonio si fa sentire. Non meravigliamoci delle tentazioni, ma pensiamo che esse sono occasioni di merito, pregare il Signore per vincerle!
Non si è mai sicuri. Anche chi vive ritirato in un convento si porta dietro le proprie passioni. Sempre diffidare di noi e confidare serenamente in Gesù. Se le tentazioni sono ostinate, se ci perseguitano sempre in qualunque luogo, confidare di più.
La purezza nella sacra Scrittura ha i più grandi elogi. | [72] Quanto è bella davanti a Dio una famiglia religiosa, dove si è delicati! È un'aiuola di gigli piantati nel mondo. Quest'aiuola col profumo che emana, finirà coll'imbalsamare l'aria, e anche i cattivi finiranno col subirne l'influenza. Se c'è una comunità di suore ove si vive bene la delicatezza, esse faranno molto bene, anche se esternamente non esercitano nessun apostolato. Di più: S. Giovanni scrive d'aver visto una schiera di beati, in candide vesti, che seguivano l'Agnello e cantavano un cantico nuovo3. Chi sono? Sono i vergini. Preziosa quindi è questa virtù per l'elogio della S. Scrittura. Preziosa ancora, perché la carità è facile nelle anime caste. La religiosa ha abbandonato tutto; vuole riservare tutto il suo cuore per Gesù. Questa religiosa è ricolmata di tenerezze, di dolcezze; questa amerà Gesù con tutto il cuore. I cuori degli altri sono divisi; questo è tutto di Dio. È molto più facile che questa arrivi alla perfezione, alla santificazione. Oh, belle anime, sorelle degli angeli, che a Dio hanno consacrato tutto il loro cuore!
La purezza è preziosa pure perché per essa si opera del bene nell'apostolato. Come avrebbero gli Apostoli potuto predicare, convertire, se non fossero stati vergini o continenti? Tra gli Apostoli ve ne fu uno preferito da Gesù: Giovanni, perché vergine, casto. Questa speciale prerogativa della verginità lo rese caro più di tutti a Gesù, che gli affidò in custodia un grande tesoro: Maria. Giovanni prende il posto di Gesù. Giovanni amò di più Gesù e di più fu riamato; nella sacra Scrittura è chiamato: «Discipulus quem diligebat Jesus»4.
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Le anime caste amano di più anche la Madonna. Le anime pure nella Visita, nella Comunione, nella Messa si allietano, perché hanno una maggiore intima comunione con Gesù. Giovanni divenne | [73] l'Apostolo dell'amore: la sua vita, la sua predicazione, fu l'amore. Il suo Vangelo è tutto soffuso di amore; si elevò a Dio come un'aquila. Le sue Epistole sono tutte impregnate di amore. Fu martire e morì di morte naturale (uscì illeso dalla caldaia di olio bollente): fu profeta ed ebbe in visione la storia della Chiesa. Oh, la castità, quanti privilegi ottiene! Belle queste anime, come S. Agnese, S. Teresina, S. Gemma, la Mazzarello, la Cabrini. Sono gigli che hanno imbalsamato tutto il cammino della loro vita col loro profumo. Beate queste anime!

Mezzi per vivere la castità

Quali sono i mezzi per conservare questa virtù? La vita religiosa è il primo mezzo. Le Regole ve ne danno molti di mezzi: evitare le compagnie, lo stare troppo assieme, sorvegliare le lettere; i superiori assistano, intervengano nei pericoli, ecc. Le Costituzioni sono tutto un congegno di norme e cautele per conservare il vostro giglio. Bisogna essere riconoscenti alla Congregazione e amarla come una madre. Essa è infatti la vostra madre. Altro mezzo è una tene ra e grande devozione alla santissima Vergine, Madre del bell'Amore, Regina virginum, Mater castissima... Dite dei bei rosari. Vigilare sulla nostra vita: sulla mente, sulla fantasia, ecc. Amare soprattutto Gesù-Eucaristia: questo è il mezzo dei mezzi. Ricevere bene la Comunione.
S. Antonio abate, padre di tanti monaci, interrogato al riguardo, rispose: "Il diavolo teme i digiuni, le penitenze, le mortificazioni, ma soprattutto teme un cuore ardente di amore per Gesù Cristo"5 . Amatelo pure sensibilmente Gesù e tutte le altre cose vi sembreranno sterco e immondizie. Ardere di amore per Gesù. Altro mezzo è la vigilanza sugli occhi, sul cuore: non contrarre mai famigliarità, amicizie speciali. Che tra te e lei vi sia sempre l'angelo | [74] custode in mezzo. Mortifichiamoci, esercitiamo bene l'apostolato. Questa mortificazione piace a Dio. Mangiate e riposate come comportano
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le disposizioni dei superiori, perché chi si indebolisce è più soggetto alle tentazioni.
State bene, sane, liete. Le suore liete sono più libere dalle tentazioni. Non è necessario ridere sgangheratamente. Quando andate nel mondo siate come gigli tra le spine; quando ritornate a casa vi trovate di nuovo nell'aiuola e scherzate, ricreatevi... Avanti sempre, nella letizia, nella serenità; così vi sarà più facile conservare il vostro tesoro.
Per riassumere vi dico sempre la stessa cosa: diffidenza e confidenza. Diffidare di noi e confidare in Dio. Abbiamo un gran tesoro in un vaso di creta6. Attente che si può rompere con più facilità di un vaso di ferro; ma confidate: «Sufficit tibi gratia mea!». Con la grazia di Dio riuscirete certamente a conservare il vostro giglio, questo tesoro preziosissimo.
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XIV
LA CONVERSIONE DI S. PAOLO

Oggi è la conversione di S. Paolo1, che noi celebriamo come festa di doppio di seconda classe2, cioè è stata elevata a rito più distinto per i due Istituti: Società San Paolo e Figlie di San Paolo. Non basta però che sia elevata a grado superiore per la solennità, occorre elevarla a un grado superiore anche per lo spirito con cui la celebriamo. Questa mattina parliamo della conversione di S. Paolo, e chiediamo in primo luogo al Signore, la grazia di convertirci un poco.

La vera conversione

L'amore di Dio consiste nella vera conversione. La | [75] conversione ha sempre due parti: allontanarsi dalle creature e avvicinarsi a Dio. La conversione di S. Paolo fu perfetta nella mente, nella volontà, nel cuore. La nostra conversione, perché sia buona e perfetta, deve essere pure conversione di mente, di volontà, di cuore.
S. Paolo si convertì nella mente: cambiò completamente le idee.Anche noi per convertirci nella mente dobbiamo cambiare le idee.È necessario abbracciare le massime del Vangelo di oggi. Quella persona fino ad ora pensava a farsi una fortuna, una posizione nel mondo; da oggi incomincia a ragionare diversamente: «Chi lascia padre, madre, fratelli, sorelle, campi, ecc., per amor di Dio, riceverà il centuplo e possederà la vita eterna»3. Prima ragionava naturalmente, ora ragiona soprannaturalmente. Prima pensava alla vita agiata nel mondo, ora vuole acquistare la vita eterna. Ognuna ha lasciato la propria famiglia, ma quel «centuplum accipietis»4 è già entrato bene nell'anima vostra? Siete proprio sicure che ogni sacrificio verrà premiato? Alle volte uno ha lasciato tutto, ma quando si tratta di fare qualche sacrificio, non c'è più. Ci vuole il distacco completo da noi stessi e l'attaccamento a Dio. Non possiamo staccarci
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da una ringhiera, da una sponda, se non siamo sicuri d'essere attaccati all'altra. Penetrare l'attaccamento a Gesù, questa intimità, questa unione, questo sposalizio con lui. Si è distaccati dal mondo, ma non si ha ancora il completo attaccamento a Dio.
S. Paolo cambiò totalmente: prima credeva che Gesù Cristofosse un impostore, contrario alla legge di Mosè. Credeva che i cristiani bestemmiassero dicendo che il Cristo era il Messia. Era mica un disonesto, un ladro S. Paolo. Su questi punti non aveva bisogno di convertirsi. La sua conversione è qui: prima «vastabat Ecclesiam»5; legava, | [76] flagellava, castigava, imprigionava i cristiani, approvò il martirio di S. Stefano, si fece dare l'autorità dal sinedrio, persuaso così di far bene. Dopo cambiò. Che cosa avvenne dopo? Gesù Cristo gli appare. Egli vede in quella luce la verità. «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?». «Chi sei tu, Signore?». «Sono Gesù che tu perseguiti!»6. Dunque, colui che tu perseguiti, disse a se stesso, è Gesù Cristo, è Dio. Che cosa dovrò fare per riparare? Per ritornare sulla via giusta? Ecco il cambiamento totale: prima perseguitava Gesù Cristo, ora lo crede il Messia, Dio, Redentore, quale egli è realmente.
Gesù gli dice: «Va' da Anania». Lo manda al sacerdote Anania perché fosse battezzato. S. Paolo si ritira in Damasco e vi rimane per tre giorni in preghiera. Gesù appare ad Anania e gli dice di andare in quella certa via da Saulo, e gli dà il segno: «Egli prega». Anania fa difficoltà ma Gesù: «Ha cambiato: l'ho eletto mio vaso di elezione: dovrà portare il mio nome davanti ai gentili e ai re, e ai figli d'Israele»7.

Convertire mente, cuore e volontà

S. Paolo non solo ha cambiato le idee riguardo a Gesù Cristo,ma abbraccia tutta la teologia cattolica. Cambia totalmente anche il cuore. Non solo crede che Gesù Cristo è Dio, ma sente il bisogno di predicarlo; e lo predica prima ai soldati che lo accompagnavano, poi nelle sinagoghe, ove tutti scappavano da principio, perché temevano di lui. Ma egli pieno di zelo, portava argomenti tali, da
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confondere gli ebrei e i sacerdoti, e li convinceva a credere che Gesù era Dio, e che era venuto per salvarci; bisognava riconoscerlo quindi, come Salvatore.
S. Paolo comincia come S. Pietro, col rimproverare i giudei che, senza esaminare chi era Gesù, lo avevano condannato, crocifisso. Nel Battesimo riceve la vista: doveva essere stato preso da un'impressione profonda; | [77] caddero dai suoi occhi come delle scaglie…8, i suoi occhi emettevano luce, luce che era amore, amore nuovo.
S. Paolo per eccitarsi e coltivare la fiamma nuova che era entrata nel suo cuore, si ritira nel deserto per tre anni9. Bisogna convertire il cuore. Amare l'obbedienza. Procedere con diffidenza e confidenza. Rettificare gli affetti. Questo nostro cuore bisogna che ami Gesù, la SS. Vergine. Deve diventare pio, umile, coraggioso.
La conversione di S. Paolo è ancora conversione di volontà. «Quid vis me facere?» 10. Si rimette completamente alla volontà di Dio. Se vogliamo davvero convertirci e arrivare alla vera vita religiosa, bisogna che abbracciamo la castità, la povertà, l'obbedienza e le pratichiamo. Vi sono suore che sotto l'abito religioso hanno ancora un cuore mondano.
Abbiamo incontrato delle suore in certe regioni, che sono diventate buone figlie del mondo: portano un abito particolare, stanno in famiglia, pregano un po' di più, ecc. Una di queste l'ho osservata durante la Messa e stava sempre seduta comodamente, durante la predica ha parlato tutto il tempo: gliel'ho fatto dire da un'altra persona, e sapete che cosa ha risposto? «Io sono molto istruita già nella religione, non ho bisogno di stare attenta alle prediche». Vedete dove si giunge? Non basta l'abito, ci vuole la vita più perfetta! L'essere religiose non consiste in certe pratiche esterne; non meccanizziamo la vita religiosa! Acquistiamo lo spirito religioso! Non è povertà l'andare sporchi, il non mangiare; la povertà consiste nello spirito di povertà, nel distacco. Uno può essere nella miseria e avere desideri larghissimi. S. Francesco di Sales era indifferentissimo nell'usare un cucchiaio di legno o di argento; di vivere alla corte o di mangiare la polenta e | [78] andarsi a mungere il latte da sé quando andava a predicare in campagna. Predicava alla corte,
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ai grandi, ai re, ma diceva: "Predico più volentieri alle donnicciole, anche se ce ne sono solo cinque o sei". Lo spirito ci vuole!
Non affannarsi, ma acquistare lo spirito religioso. L'esteriore ha una importanza relativa: non bisogna trascurarlo, ma curare di più lo spirito. Certo, anche esternamente, l'anima consacrata a Dio cerca di essere decorosa, delicata, bene educata, non parla troppo forte, ecc. La suora esternamente deve presentarsi decorosamente sempre; ma il cuor semplice e tutto per il Signore. Partite dal mondo «aversio», dovete andare a Dio «conversio»11. Vita nascosta in Cristo12, dice S. Paolo. Tutto per Gesù. Siamo veramente religiose nel cuore!
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XV
LA POVERTÀ

Questa mattina dobbiamo parlare del voto e della virtù della povertà. Vediamo che cosa sia la povertà, la sua bellezza, la sua pratica.
La povertà è la tendenza a ciò che è più povero, più semplice. È il distacco da quelle cose che formano la comodità, l'agiatezza, ilbenessere della vita presente. È virtù che inclina il cuore, la volontà verso quello che è più povero. Notate che vi è la povertà di effetto e la povertà di affetto. La prima è quella di chi non ha; la seconda è quella di chi ha, ma è distaccato. Vi sono dei poveri che non hanno niente effettivamente, ma affettivamente vorrebbero possedere tante cose. Vi è la povertà di affetto quando si vive tra l'agiatezza e si ha il cuore distaccato dalle cose della terra che si posseggono. Pietro | [79] un giorno sentì farsi la proposta da Simon Mago: «Eccoti del denaro e dammi lo Spirito Santo»1. Che cosa gli rispose S. Pietro? «Hai creduto di poter stabilire un prezzo per le cose spirituali, soprannaturali? Pecunia tua sit tecum in perditionem!»2. No, lo Spirito Santo non si compera! Quella di S. Pietro era povertà di affetto: aveva la possibilità di ricevere ricchezze e la rifiutò.

L'esempio di Gesù

Gesù poteva essere ricco: è il padrone di tutto. Tutto l'oro, l'argento, le ricchezze seminate nelle viscere delle montagne, nelle miniere, tutto è suo. Gesù con un miracolo poteva procurare a se stesso, non solo pane e casa, ma ricchezze straordinarie; bastava una parola. Come ha moltiplicato i pani per cinquemila persone, così poteva farlo per la S. Famiglia. Invece no: scelse la vita più povera. Lo vediamo a Betlem in una grotta. Che cosa ci può essere di più povero? Una grotta, neppure sua, aperta a tutti i venti; un po' di paglia... Perché non poteva nascere da un principe? In un palazzo? Avere ricca culla e ricchi pannolini? La sua tendenza è alla vita povera. Come lo troviamo a Nazaret? In quella famiglia br>
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tutti lavorano. Gesù fa i lavori adatti per la sua età, e man mano che va avanti negli anni, fa i lavori più pesanti. Tutti lo conoscevano per falegname: «Non è questo il figlio del falegname del paese?»3. Finché visse S. Giuseppe, Gesù stava con lui; quando S. Giuseppe morì, Gesù prese la direzione della bottega e faceva i mobili per la povera gente di Nazaret. Miriamo il Figlio di Dio al banco da lavoro, col grembiule, con la sega, la pialla, i chiodi... Ecco il Figlio di Dio, le sue tendenze! Non poteva avere una vita agiata, senza bisogno di lavorare? La sua tendenza era questa: povertà, lavoro.
Quando Gesù uscì per la vita pubblica, prima si ritirò nel deserto in digiuno e in preghiera. Durante la vita | [80] pubblica, nelle sue predicazioni e peregrinazioni, visse di carità, di quelle offerte, di povere cose che poteva dare la povera gente come i pescatori, i pastori, ecc. Alla sera si riduceva a dormire sotto una pianta nella bella stagione (e dormiva poco), sovente sotto un portico, in qualche casa, in qualche grotta. Il Vangelo nota che una volta Gesù dormì nella barca, appoggiata alla sponda. Qualche volta la gente gli dava delle offerte più abbondanti e Gesù le faceva custodire da Giuda, il quale non gli era neppure fedele, e sul totale metteva sempre da parte qualche cosa per sé, dicendo che era per i poveri. In realtà importava poco dei poveri a Giuda: egli cercava di far soldi. Il suo cuore si attaccò sempre più al denaro, finché arrivò all'orribile eccesso di vendere Gesù. Gesù non controllava mai le offerte: fu sempre povero in tutto. «Il Figlio dell'uomo non ha una pietra su cui riposare il capo»4. Durante la passione fu abbeverato di fiele e mirra, spogliato, caricato su un letto durissimo: sulla croce. Ecco la sete di Gesù: questa tendenza al distacco di tutto.

La povertà nella vita consacrata

La religiosa ha diritto all'uso delle cose nella comunità: abiti, oggetti, libri, ecc. Gesù non si è conservato neppure questo diritto. Guardiamo le tendenze di Gesù: sceglieva per sua parte sempre quel che era più povero, più semplice. Non andò anche alla mensa dei ricchi? Sì, ma non per soddisfare la passione: aveva altri fini. Prendeva il necessario per la sua esistenza, ma andava più per dire una parola buona a quegli infelici. Mirava alla loro conversione!
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La religiosa come dev'essere povera? Essa rinunzia all'amministrazione e all'uso indipendente delle cose per il voto, e si obbliga a chiedere il permesso per tutto ciò di cui ha bisogno. Non va essa a fare la spesa, ma dice | [81] semplicemente: Ho bisogno dell'abito, ho bisogno di quest'altra cosa, ecc. L'economa della casa poi penserà. Anche le Maestre hanno la povertà e debbono assoggettarsi all'economa. Tutti, anche il superiore deve andare da chi ha l'ufficio di conservare e provvedere. La superiora può dire: Manda a comperare questa o quella cosa, ma chi deve pensare alle spese è l'economa. Gli abiti si acquistino in comune; sia per l'uguaglianza, e sia per evitare il disturbo di ritornarvi tante volte. L'economa nello stesso tempo può comperare per cinque, come per dieci.
Per la povertà bisogna rinunziare al diritto di disporre, di amministrare. Naturalmente, il più delle volte sono i superiori che decidono, danno ordini e disposizioni. Si rinunzia al diritto di disporre liberamente e di usare indipendentemente. Una suora quando fa i voti, non rinunzia ai beni della famiglia, però prima della professione, bisogna che si intenda con la superiora circa l'amministrazione di essi; e ad evitare disturbi susseguenti, deve fare il testamento per la sua nuova famiglia. Quando poi la religiosa dovesse cambiare testamento e disposizioni, deve domandarne il permesso. Di più: il voto importa, che qualsiasi cosa la religiosa acquisti, non lo acquista per sé, ma per la comunità. "Mi hanno dato tanti dollari, me li sono cercati, ora mi compero un materasso...". No! Le offerte si portano a casa; poi l'Istituto disporrà. Alle volte ci dicono: "Se vuoi avere quel libro, quella cosa, cercati le offerte". Questo si dice non perché poi quelle offerte sono tue, ma perché l'Istituto non può senza di quelle fare tale acquisto. Quando queste offerte sono provvedute, sono dell'Istituto, e la superiora dice: "Le applichiamo a provvederti quel libro, quella data cosa, ecc.". La religiosa non | [82] può neppure far regali con le cose dell'Istituto o proprie senza permesso.
Il voto di povertà importa tre cose: 1) rinunziare al diritto di usare di una cosa come propria; 2) rinunziare all'amministrazione dei beni propri indipendentemente dai superiori; 3) tutto ciò che alla suora viene dato: offerte, doni, ecc., deve essere portato alla superiora perché è dell'Istituto. La suora non deve essere disturbata dalle cose del mondo.
La virtù della povertà invece, è molto più larga: se una ha il cuore attaccato a qualche cosa, se è un po' vanerella, le piace di
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essere sempre tutta a puntino: scarpe lucide, unghie a punta, ecc., se è ricercata, manca al voto di povertà? No, saranno mancanze contro la povertà-virtù. Altro è la virtù, altro è il voto. Come per la purezza chi manca, sia con atti interni che esterni, fa doppio peccato, così per la povertà: doppia mancanza e doppio merito. Il voto è sempre molto più ristretto della virtù però. Così si manca al voto di obbedienza, quando comandano «in virtù di santa obbedienza!», ma la virtù abbraccia molto di più: abbraccia tutto quello che si riferisce all'obbedienza, sia direttamente che indirettamente. Anche per la povertà dunque c'è: virtù e voto. La virtù esige il distacco vero, completo del cuore. Il voto comprende solo quei tre punti che ho appena ricordato.
Adesso consideriamo: che cosa esige la virtù della povertà? Esige: 1) che si occupi bene il tempo; che si contribuisca al bene dell'Istituto nel modo che si può (Gesù cominciò da bambino ad aiutare nella casetta di Nazaret, per dare esempio a noi). Fare le cose come possiamo farle. 2 ) Esige che si curino le offerte secondo viene indicato. Arrivare dove si può: il Signore ha tanti mezzi. | [83] 3) Non rovinarsi la salute: fare attenzione: questo entra anche nella virtù della povertà. Se poi il Signore vuol farci diventare malati, faccia pure, ma che non dipenda da noi. Ciascuna si adatti al letto, al vitto, all'ambiente, agli orari, agli uffici, ecc., come sono disposti nella comunità. Allora si eserciterà bene la virtù della povertà. Alle volte la povertà si esercita spendendo di più. Se una va a comperare una stoffa che costa di più, e quel vestito dura quattro anni invece di due, ha fatto bene a spendere di più. Così quando si fanno le case, si facciano salubri. Ciò che importa è avere il cuore distaccato.

Ci benedica Gesù e ci dia sempre più il suo Spirito. S. Paolo si faceva sempre accompagnare dal medico; però sapeva adattarsi a tutto: all'abbondanza e alla penuria; lavorava per guadagnarsi il pane, per non essere di peso a nessuno, e alla sera predicava nelle sinagoghe e pregava e nelle sue Lettere dice spesso: «Non mi avete mica mantenuto voi! Avevo diritto, ma non ho voluto!»5. E mostrava i calli! Vi è il lavoro manuale, l'intellettuale, l'insegnamento, ecc. Non vi rincresca di lavorare. Ha lavorato il Figlio di Dio! Il Signore ci dia la sua grazia, la sua sapienza e la sua benedizione.
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XVI
LA VITA COMUNE

Nelle Costituzioni abbiamo detto quello che occorreva a riguardo dei tre voti. Prendiamo ora il capitolo successivo: Vita comune. La vita comune abbraccia tutto, e cioè: lo spirito, l'orario, l'apostolato. Le suore hanno in comune tutto. Fanno in comunità il probandato, il noviziato, la professione. Hanno in comune la biancheria, il vitto, i funerali, la sepoltura, i suffragi, e anche la tomba.
[84] Noi siamo in una comunità e ci lasciamo guidare da essa. Non ci siano troppe singolarità. Dice l'Imitazione di Cristo, che nelle comunità alle volte v'è una malattia che guasta tutto e rompe la carità ed è questa: «più amore alle cose particolari che alla vita comune»1. No; la vita comune deve avere il primo posto, poi vengono le particolarità, anche per la devozione, anche per le letture. Avete la Bibbia, il Vangelo, i libri che in generale vi sono proposti. Non cercate tante cose: semplicità evangelica! Non vi sembra che abbia fatto abbastanza bene Gesù? Nel Vangelo e nella Bibbia avete tutto! Volete far progresso? Più amor di Dio!

Art. 129. Le Figlie di San Paolo abbiano una grande cura di osservare la vita comune, che offre tante occasioni di esercitare le virtù specialmente quelle della carità, dell'umiltà e della mortificazione; nessuna si esima facilmente dal compiere gli atti comuni, dimostrando poi sollecitudine alle cose singolari.
Ricordino che la diligente osservanza delle Costituzioni, la puntualità agli orari ed agli atti comuni, sono necessarie per il progresso nella perfezione, a cui ogni religiosa deve contribuire particolarmente con l'orazione, con lo zelo industrioso e l'esempio nella regolare osservanza.
Le Suore si esamineranno perciò con diligenza sopra queste varie obbligazioni.
Soprattutto abbiano particolare stima della carità, sia verso Dio che verso il prossimo, legge suprema della vita religiosa, come della vita cristiana; dalla carità nasce ogni buona e generosa disposizione dell'anima e rende l'osservanza religiosa facile e meritoria. Perciò le Suore adempiano gli uffici loro affidati e promuovano le opere di apostolato, a norma delle presenti Costituzioni, animate da vero amore
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di Dio e delle anime, non cercando ricompensa in questo mondo, ma aspettando unicamente quel premio che il Signore ha promesso ad ogni opera, anche minima, fatta per Lui od al prossimo per suo amore.
Vivano le Suore sempre nella sincera carità fraterna; sia impegno non solo delle Superiore, ma anche di ogni religiosa, procurare che nella Congregazione si mantengano saldi i vincoli dell'unione e della carità. Si guardino quindi diligentemente da ogni critica, mormorazione, detrazione, gelosia, affezione o amicizia particolare e da tutto ciò che può nuocere alla carità fraterna, senza la quale una comunità religiosa non può vivere nella pace, né fiorire per osservanza, né promuovere efficacemente le opere di apostolato. Si usino vicendevolmente quella carità con cui ognuna vorrebbe essere trattata; si aiutino, si trattino con cordialità, compatendosi nelle afflizioni, sopportandosene i difetti, perdonandosi le offese. Quantunque ciascuna debba essere contenta che i Superiori conoscano le sue mancanze e difetti, affinché possa essere aiutata ad emendarsi, tuttavia le Suore non siano facili a correre dalla Superiora per qualunque difetto che scorgessero nelle altre, e si guardino da qualunque passione o fine non buono, che a ciò potesse trarle.
Ricordino le Figlie di San Paolo l'insegnamento del loro Santo Patrono: «La carità è paziente, è benefica, non è invidiosa, non è insolente, non si gonfia, non è ambiziosa, non cerca il proprio interesse, non si irrita, non pensa male, non gode dell'ingiustizia; ma si rallegra della verità, tutto scusa, tutto spera, tutto sopporta»2.
Né dimentichino i precetti del Maestro Divino: «Imparate da me che sono mansueto ed umile di cuore»3, e «Mettiti a sedere nell'ultimo posto»4; in maniera che chi comanda, dimostri materna e dolce sollecitudine, e chi è soggetto, filiale docilità.

Quando abbiamo dato a leggere le vostre Costituzioni per l'approvazione, hanno detto di spiegare di più la carità. Io non ho saputo trovare spiegazione più bella di quella che dà S. Paolo, e l'ho inserita.

La carità

Noi qualche volta abbiamo carità che è solo zelo. Quando diventerete vecchie inclinerete di più alla carità. Non aspettiamo a
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diventare vecchi: incominciamo subito. La carità è paziente: quando si è in principio si vorrebbero bruciare le case, come gli Apostoli che volevano chiedere il fuoco su Samaria 5. La carità è benefica: in primo luogo la carità tra noi, la carità di famiglia. Quella ha il tal difetto... Ma perché dirlo? Ditelo a Gesù e pregatelo che: o dia a voi la grazia di sopportare, o dia a lei la grazia di correggersi. Alle volte alcune diventano così nervose, da sembrare come il riccio: dappertutto puntano, urtano. La carità non è invidiosa: essa è contenta che le sorelle facciano bene, abbiano buona riuscita, ecc. La carità non si gonfia, non è ambiziosa: è andata bene questa cosa? Deo gratias! Pregheremo perché vada meglio. La carità non gode dell'ingiustizia: "Questa volta l'ha fatta pagare | [85] anche a lei; bene". No! "Era una sprecona, ora non ha più da mangiare: bene le sta". No, non godiamo mai del male altrui! La carità tutto scusa, tutto spera: scusare sempre, dimenticare, sopportare, compatire, mettersi sempre all'ultimo posto. Del resto ricordiamo che nel giudizio universale saremo giudicati più riguardo alla carità che sulle altre cose.
Vi piacerebbe che fra venticinque anni, quando fate la festa di S. Paolo, i Figli e le Figlie di San Paolo fossero sparsi in tutti gli StatiUniti d'America? Che le Figlie di San Paolo americane fossero quattrocento, o cinquecento? Che potessero arrivare ai luterani, ai calvinisti, ai metodisti, agli ebrei, agli episcopaliani, ai presbiteriani, ecc.?
Se conosceste la missione che avete voi qui, cambiereste molti modi di pensare e di fare! Voi non costituite una casa secondaria, ma dovete formare come una piccola Casa Madre, una Provinciale, da cui nascano tutte le altre case qui attorno. La vostra casa deve rispecchiare Casa Madre d'Italia; deve riprodurre le stesse cose di Casa Madre, ma sempre dipendente da Roma. Voi non capite la vostra posizione preziosissima, delicatissima. Volevo che vi preparaste con gli Esercizi, prima di dirvi queste cose!
Guardate le prime Figlie che sono entrate: non sapevano niente di quanto le attendeva, si sono abbandonate totalmente in Dio, e vedete, che cosa hanno fatto? Forse avrebbero fatto ancor di più se avessero avuto più fede!
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Ricordatelo bene: voi siete in una posizione di privilegio: delicatissima, preziosissima, importantissima. Posizione che importa più sacrificio, richiede che si rinunzi, si muoia a noi stessi. Mettiamo più fede! Prendiamo la nostra testa e mettiamola ben bene sotto il tabernacolo! Rallegratevi che siete le prime. Fate più sacrifici, ma | [86] avrete anche più merito. Perciò abbandonatevi tutte in Dio come le prime vostre sorelle fecero in Italia. Che il Signore possa fare di voi quel che si fa di un fazzoletto: sarete felici voi, e lo sarà anche la Congregazione, la Casa generalizia, che vede venire su una pianta che si spande, si propaga nel mondo e porta buoni frutti.
S. Pietro e S. Paolo predicarono, lavorarono tanto, ma non convertirono tutti. Dopo di loro altri lavorarono e raccolsero di più. Così sarà di voi: il primo lavoro è sempre più duro e meno fruttuoso.
Meditate bene queste cose; che rimangano come la cosa principale che io vi ho detto venendo qui. Il Signore si serve delle cose che non sono per confondere quelle che sono6. Dobbiamo farci santi! Possibile che non vengano delle sante da qui? Coraggio!Animo! È volontà di Dio questa! E questo ci sia di sprone. Quando ci saranno delle sante sparse qua e là, allora il vostro apostolato progredirà. Esse riscalderanno, e il vostro apostolato porterà bei buoni frutti.
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XVII
LA VITA PRIVATA DI GESÙ

La vita di Gesù Cristo si può dividere in cinque parti: vita privata, pubblica, dolorosa, gloriosa, eucaristica. È una sola vita che ha come cinque periodi, o cinque aspetti particolari sotto cui può venire considerata.
Abbiamo considerato la vita eucaristica: dobbiamo considerare le altre. Questa mattina vediamo la vita privata di Gesù.
La vita privata di Gesù è il periodo che va dal momento in cui la Vergine disse: «Fiat mihi secundum verbum | [87] tuum»1, fino a quello in cui Gesù si presentò a Maria e le domandò il permesso di iniziare la sua vita pubblica, la sua predicazione. La vita privata di Gesù è di circa trentun anni. S'inizia con quel che dice S. Paolo: Il Figlio di Dio lasciò il seno del Padre, le adorazioni degli angeli, ed «exinanivit semetipsum, formam servi accipiens»2. Prese aspetto di uomo; e colui che era Dio, appare semplice uomo.

A Betlemme

Eccolo nella grotta di Betlemme, bambinello, povero, umile, debole come tutti gli altri bambini. Il Vangelo lo chiama: «infante». Sapete che cosa vuol dire «infante»? Vuol dire: colui che non sa parlare. Colui che ha dato la vita a tutti gli esseri, la parola alle creature umane, non parla! Vedete l'umiliazione di colui che era Dio! A noi sembra un sacrificio troppo grosso il tacere quella parola, il non scusarci... Per un'anima che sappia meditare, il presepio vale tutte le scuole! Questa è la prima lezione che Gesù ci dà, e ce la dà non da una cattedra, ma dalla grotta, da una mangiatoia sconnessa. O uomo, perché ti insuperbisci? Vieni a questa scuola!
Detestiamo il nostro egoismo. Noi siamo stati rovinati dalla superbia. Per la superbia il peccato entrò nel mondo. Allora la salute sta in questo: nell'umiliazione del Figlio di Dio. Il Creatore del cielo e della terra non ha neppure i pannolini sufficienti per essere coperto!
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Colui che nutre tutti gli esseri si fa bisognoso, e prende il latte dalla madre! Ecco la via: perché noi ci siamo alzati tanto, per superbia; per la nostra rovina, il Figlio di Dio si è abbassato tanto per salvarci!
Gli angeli cantano sulla grotta; i pastori all'annunzio dell'angelo vanno alla grotta; i magi volenterosi seguono la stella e vanno ad of frire i loro doni al Bambino. Dopo questi fatti, tutto torna nel nascondimento, se facciamo | [88] eccezione da quello sprazzo di luce che Gesù gettò di sé a dodici anni, nel tempio3. Trent'anni nascosto! Va in Egitto esule, emigra dalla sua terra perché è cercato a morte. Erode si calmò solo quando credette che anche il temuto Bambino fosse morto. Non l'hanno voluto ricevere, ed è appena nato!

A Nazaret

Tornato dall'Egitto, dove va ad abitare? A Nazaret, piccolo paesello nascosto! Accostiamoci a questa casetta e meditiamo gli esempi della vita privata di Gesù.
Gli angeli guardano, riguardano e tornano a vedere... Il Bambino abita in quella casetta povera, poveramente vestito. Gesù passa per tutte le età dell'uomo: si è fatto simile a noi in tutto, eccetto nel peccato. Tutti quelli che lo vedevano, vedevano un uomo come gli altri: i cugini quando giocavano con lui, credevano di giocare con un bambino come tutti gli altri.
Che cosa vediamo in quella casetta? Una vita di preghiera; a destra Maria, in mezzo il Bambino, a sinistra S. Giuseppe, che inginocchiati pregano. Sulla terra non si sono mai più viste preghiere come quelle! Pregavano più volte al giorno; tre volte all'anno si portavano al tempio per pregarvi. Quante aspirazioni nel giorno, che sospiri uscivano da quei cuori! Al sabato erano presenti alla sinagoga: pregavano, cantavano i salmi; erano attenti alla spiegazione della sacra Scrittura. Era la famiglia più esemplare di Nazaret. La gente li vedeva passare e rimaneva edificata. Vita silenziosa: nella casetta di Nazaret si pregava forte, il rimanente del tempo lo si passava in silenzio. Già Nazaret era silenziosa per sé: non arrivavano là i rumori del mondo! La sacra famiglia non prendeva parte
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ai divertimenti del paese. Venivano i parenti a fare qualche visita, i paesani a ordinare i mobili, a | [89] discorrere di cose serene, ma le parole erano sempre poche, liete, serene: là si faceva silenzio. Là abitavano tre persone santissime. Mai una distrazione. Gesù, bambino, fanciullo, sempre alzava a Dio preghiere e suppliche; e che cuore era in Gesù! Quel cuore sentiva grande affetto per il Padre, grande pietà per le anime che si perdevano! Qualche volta dimenticava la solitudine e alzava la voce nella preghiera.

Vita di laboriosità

Lavorava Gesù: infatti egli era conosciuto per fabbro. I suoi uditori, durante la sua vita pubblica lo dicevano: «Non è costui il figlio del falegname del paese?»4. Lavorava Giuseppe: non c'erano mica le macchine allora, le seghe elettriche; tutto si faceva a forza di braccia. Lavoro duro e faticoso. Lavorava Maria; e possiamo immaginare le occupazioni di Maria: erano le occupazioni di una donna comune. All'esterno nessuno capiva che Maria era la Regina degli angeli e dei santi, la Madre di Dio! Solo Elisabetta intravide per un istante la grandezza della beata Vergine. Maria faceva la pulizia, lavava la biancheria, rammendava gli abiti, faceva la tunica a Gesù. Possiamo pensare che lavorasse a soccorrere i poveri, a portare qualche sollievo ai malati, ecc. Gesù aiutava a fare la pulizia. Fatto più adulto si mise la blusa, ed eccolo con S. Giuseppe a piallare. E quando S. Giuseppe morì, Gesù portò avanti la bottega. Oh, il Figlio di Dio! Impiega trent'anni a darci gli esempi della vita privata, perché le virtù di famiglia, le virtù domestiche, dobbiamo esercitarle ogni giorno nella vita religiosa. Lavorava S. Paolo e diceva: «Chi non lavora non mangi!»5.
Nel Belgio vi sono delle bellissime funzioni particolari per le Associazioni degli operai: e in queste circostanze | [90] pongono sull'altare la figura di Gesù operaio. Anche il Papa l'ha lodata tanto questa iniziativa6.
Ebbene? Lavorare, lavorare. Nella casetta di Nazaret noi soprattutto dobbiamo considerare le virtù interne di Gesù, Maria e
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Giuseppe. Che povertà! Che semplicità! E se avanzava qualche cosa, lo si dava ai poveri. Vita castigata: un pittore italiano ha voluto dipingere la sacra famiglia con tre gigli. Vita di orazione: non ebbero mai una distrazione. Gesù, fin dal momento della concezione, aveva la visione beatifica, quindi era impossibile per lui ogni distrazione. Vita di carità: tutti d'accordo? Si amavano vicendevolmente. Vita di obbedienza: Gesù, il più santo (era Dio!) diventa il più sottomesso. Ricordiamo che la sacra famiglia è la famiglia più santa!
Preghiamo che la nostra famiglia religiosa, anche la vostra piccola casa, si modellino su la sacra famiglia! Vita di lavoro, di povertà, di obbedienza; vita di castità, di raccoglimento, di amor di Dio; vita santa, sottomessa, uniformata ai voleri santi di Dio.
Gesù si è potuto proclamare: «Ego sum Via»7. Ha potuto dire agli Apostoli: «Discite a me8... Exemplum dedi vobis»9. S. Paolo ci ripete: «Imitate me, come io imito Gesù Cristo»10.
Beato chi alla fine sarà trovato simile a Gesù Cristo! Ma per essere trovati simili a lui alla fine, bisogna assomigliare a lui anche nella vita presente. «Conformes fieri imagini Filii sui»11.
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XVIII
LA VITA PUBBLICA DI GESÙ

Nostro Signore Gesù Cristo fu Via, Verità e Vita e anche la sua vita terrena fu via (modello), verità con | [91] la vita pubblica, vita con la vita dolorosa. Abbiamo già considerato gli esempi della sua vita privata; ora veniamo alla vita pubblica.
Gesù Cristo è Sacerdote; è Apostolo; è modello di quelli che si consacrano alla vita sacerdotale; è modello di quelli che si consacrano al ministero dell'apostolato. È modello dell'apostolato vostro. Gesù fu il grande Apostolo!
In primo luogo, qual è la base, il fondamento dell'apostolato vostro? Qual è la prima condizione che dovete mettere nell'esercizio del vostro apostolato?

Fondamento dell'apostolato

1. La base, il fondamento per il vostro apostolato è: essere convinte, persuase, sicure che siete chiamate a fare del bene alle anime. Questo è il fine speciale, particolare della vostra Congregazione. Nostro Signor Gesù Cristo era persuaso della propria dignità. Così voi, dovete essere persuase della vostra dignità di essere maestre della verità in mezzo agli uomini. Qualcuna potrebbe pensare che questa è superbia: sarebbe una minchiona quella che pensasse così! L'umiltà è verità. Pensare: Io sono chiamata a evangelizzare; e guai a me se non evangelizzo! Non raggiungo il mio secondo fine. Gesù parlava spesso della sua missione, della sua divinità: «Io sono la luce del mondo... Io sono il buon Pastore... Io sono la vite, voi i tralci... Io sono la Via, la Verità, la Vita»1. Tante definizioni dava Gesù di se stesso, e nello stesso tempo faceva comprendere agli altri l'obbligo che avevano di credere! Che umiltà sarebbe, se la Maestra dicesse: «Ma io, mettermi lì, su un tavolo più alto a fare scuola? A dire di fare silenzio». Sarebbe umiltà vera? No, sarebbe falsità!
È necessaria la convinzione: è necessario che siate persuase e che persuadiate gli altri, le vocazioni. Perché non avete ancora
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vocazioni? Perché non avete ancora | [92] spiegato il vostro apostolato. Gli Ordini docenti sono quelli che attirano di più; e voi siete un Ordine docente. Che possiate essere la luce; la città posta sul monte2, a cui tutti guardano! Che a poco a poco facciate entrare in tutti gli ambienti, in tutte le famiglie, una vostra parola buona! Sentite la vostra dignità e mettete più fede!
Quando Gesù predicava, nascondeva la sua divinità? No! «Perché mi lapidate, diceva ai suoi nemici un giorno, ho fatto tutte opere buone». «Non per le opere ti lapidiamo, ma perché ti sei fatto Dio!»3. Confessa apertamente la sua divinità, si dichiara Dio. Davanti ad Anna e a Caifa la confessa ancora solennemente, e quelli: «È reo di morte!»4. Si corresse forse Gesù? No. Sapeva che lo avrebbero condannato per questo! Anche davanti a Pilato che lo condannò, Gesù si sentiva superiore, e perfino sulla croce si sentiva superiore!
S. Paolo nelle sue Lettere, in principio dice sempre: «Paolo Apostolo di Gesù Cristo». Dichiara chi è. Così voi dovete far sentire la vostra missione. Non siete sole nel vostro apostolato: Dio è con voi. Avendo un ufficio, avrete pure le grazie per compierlo bene. Il popolo è tenuto ad ascoltarvi, come deve ascoltare il sacerdote che predica la parola di Dio. Voi prendete questa dottrina! Si deve considerare questo: siete all'ABC. Occorre prendere coraggio e fede, e ognuna sia sicura delle grazie. Occorre che una sia sicura della bellezza del vostro apostolato: ditelo a tutti! La vostra vocazione è la più bella, la più adatta ai tempi! Vi saranno altri libri più belli, ma voi avete il Vangelo: certo che dovete farli belli belli anche voi, per adattarli agli americani.

Lo zelo

2. La prima condizione per esercitare bene il vostro apostolatoè: zelo, amore al Padre celeste, alle anime. Gesù era divorato dall'amore del Padre e delle anime. | [93] Predicava dappertutto; e quanti viaggi, quanti passi in tre anni! Le turbe irrompevano attorno a lui, non aveva neanche il tempo per prendere un po' di ristoro. Qualche
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volta prendeva la barca, e: «Venite in desertum locum, et requiescite pusillum»5, diceva agli Apostoli!
L'apostolato è faticoso. Nota il Vangelo che Gesù era stanco6. Eppure non tacque mai: diceva la verità a tutti! E quando diceva una verità, non si ritrattava mica! Occorre pazienza e costanza. Pazienza: vi diranno tante cose. Costanza: bisogna prendere il tempo per la preghiera, per il nutrimento, per il riposo; ma poi le nostre energie dobbiamo spenderle per il Signore. A poco, a poco verranno meno le nostre forze, ma quanti avranno consumato le energie per il Signore, benediranno Iddio! Quando una vita è ben vissuta, benedite il Signore! Che fortuna! E quelli che l'avranno consumata nel vizio, nel disordine? In America la giornata incomincia alle nove di sera! Ecco: a cinquanta, a sessanta anni, studiano ancora il modo di nascondere le rughe del volto! Tutti consumano le proprie energie: chi per il Signore, chi per il vizio. Chi le ha potute consumare per il Signore, benedica Iddio!

Apostolato sapiente e umile

Occorre che l'apostolato diventi sempre più sapiente: andate avanti, progredite. Siamo in un mondo che sente altamente la civiltà, il progresso, la tecnica. Oggi per mezzo della radio, della stampa, del cinema si arriva a un'alta cultura. Bisogna crescere col mondo! Non dico che dobbiate sapere le materie profane, civili, più di loro: algebra, ecc.; ma sapere meglio di loro la teologia, questo sì. Dappertutto si richiede istruzione: per fare gli abiti, per fare la cucina, per legare, per uscire in città a fare le commissioni, per andare al mercato. In tutte le cose istruirsi. Bisogna leggere, studiare, progredire, istruirsi. | [94] Apostolato sapiente; vero amore alle anime.
Vi sono delle persone che amano davvero le anime. S. Francesco di Sales diceva: «Non ci siamo che il Signore ed io che amiamo le anime!»7. Debbo farvi la predica che faceva S. Giovanni Bosco ai suoi missionari partenti per l'America? «Non andate per fare denari! Anime, e non denari!». Bisogna guardare un poco se amiamo queste anime! Vi sono delle suore le quali amano davvero le anime, ardono, e sono industriose per fare del bene ad esse.
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Anche se alla sera non tornate a casa con tanto denaro, se avrete fatto del bene a un'anima, state sicure, che il Signore la manderà da un'altra parte la provvidenza. Certo però, che noi dobbiamo avere delle offerte. L'operaio è degno della sua mercede8. Il sacerdote vive dell'altare: se un sacerdote confessa tutto il giorno, naturalmente non può andarsi a procurare il sostentamento. Così è per l'apostolo! C'è da esaminarsi su questo punto.
L'apostolato sia sempre accompagnato dall'umiltà. Occorre dire: «Né coloro che piantano, né coloro che innaffiano condurranno a termine qualche cosa, ma condurrà a termine Dio»9. Lui con la sua grazia farà arrivare a maturazione. Quando si finisce la giornata di apostolato, consideriamo: Ho seminato; benedica il Signore questo seme, che non sia caduto tutto tra le spine o sulla strada; ma che qualche grano sia caduto in buona terra e produca il trenta, o il sessanta, o il cento10.
Una volta Gesù volle provare i suoi a fargli esercitare l'apostolato. Tornando gli Apostoli, raccontavano entusiasti i prodigi operati. E Gesù: «Non rallegratevi per questo... Servi inutiles sumus: Siamo servi inutili»11. Non ho difficoltà oggi? Se la Maestra stasera mi dicesse che sono una cattiva serva del Signore, mi offenderei.
[95] Quando si tratta di operare soprannaturalmente, non possiamo nulla da noi. La salvezza delle anime è opera soprannaturale. Che cosa potrebbe fare il sacerdote da solo? Niente senza Dio! Le persone possono leggere che Dio esiste; che c'è il Paradiso, l'Inferno; ma altro è leggere, altro è credere, praticare: ci vuole la grazia! Nell'ordine soprannaturale, niente da noi! Se noi ci compatiremo, saremo umili, impetreremo la salute delle anime. Io porto il libro dell'umiltà, della carità..., ma perché questo libro dia frutti bisogna che io sia umile, caritatevole; bisogna che io per prima pratichi il libro. "Io ho portato il libro delle preghiere; il tale l'ha preso e ha pregato di più". Non per il tuo libro, per il tuo lavoro, ma per la grazia di Dio. Era ben disposto. Umiltà sempre! Quante volte guastiamo! Chissà se le tue opere sono degne di premio? Se sono state fatte bene? Tutto quello che si fa, si faccia con intenzione retta, e stiamo a capo chino supplicando il Signore, che almeno almeno noi non impediamo le grazie.
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XIX
LA VITA DOLOROSA DI GESÙ

Abbiamo già considerato la vita privata, pubblica, eucaristica di Gesù, rimane a considerare la vita dolorosa e la gloriosa. Nella vita di apostolato abbiamo ricordato il bisogno di essere profondamente persuase della bellezza, necessità, utilità del nostro apostolato. Dobbiamo esserne santamente orgogliosi. Attendere all'apostolato con costanza, con spirito soprannaturale: «Anime e non denari!».
Ora occorre ricordare anche qualche cosa che già fu accennato, e cioè: siete qui proprio all'inizio, come le bambine che vanno a scuola; ce ne vuole! Ma bisogna crescere ogni giorno un po', in sapienza e in grazia: crescere, | [96] crescere. In proporzione dell'età Gesù cresceva pure in abilità, in santità1.
Nella vita privata Gesù dà agli uomini esempio di ogni virtù. Gesù fu il più bravo giovane, il più bravo operaio, fu sacerdote, passò per tutte le età, tutte le classi. Poi fece il suo apostolato. L'apostolato costa. «Euntes ibant et flebant...»2. Anche Gesù, gli Apostoli, sentivano il peso: hanno seminato nel dolore, ma poi hanno raccolto nella gioia: «Venientes autem venient cum exultatione portantes manipulos suos!»3. Sarebbe un errore rovinoso quanto mai, se si pensasse che basta parlare, dare della stampa agli uomini per salvarli. Bisogna patire! «Sine sanguinis effusione non fit remissio»4. L'apostolo deve soffrire. Gesù Cristo ce lo insegna. Tre volte a breve distanza, predice la sua passione ai discepoli, e gli sembra lunga l'attesa. Avvicinandosi il momento si sente tanto infervorato che il Vangelo fa notare che spronava gli Apostoli: «Andiamo a Gerusalemme»5. Le altre volte camminava in mezzo ad essi, questa volta li precede. Ci vuole la propaganda, il buon esempio, sì; ma è la sofferenza che dà realmente il valore all'apostolato. Se Gesù avesse dato esempio e avesse parlato e non fosse morto, il Paradiso non sarebbe ancora aperto. Gesù non solo ha sete di
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patire, ma ha fatto le cose esagerate (se così si può dire per esprimerci). Bastava una goccia sola del suo sangue per redimerci, ma ha voluto morire crocifisso. Aveva sete di patimenti, e voleva la redenzione sovrabbondante: «Dove abbondò il peccato sovrabbondò la grazia»6. Ciò che dà valore è la sofferenza.

Meditare il Crocifisso

Meditiamo spesso il Crocifisso e impariamo. Come si può meditare tutto in mezz'ora? Le stazioni della Via crucis, i misteri dolorosi, dovrebbero essere sfruttati tutti. Quando ero piccolo, mi aveva fatto tanto impressione | [97] lo schiaffo che il soldato, armato delguanto di ferro, aveva dato a Gesù. Tutti i punti della passione possono essere soggetti di meditazione.

Il primo mistero doloroso ci ricorda l'agonia e la preghiera di Gesù. In questo mistero chiediamo sempre la grazia della preghiera e le disposizioni per pregare bene. Entrato nel Getsemani, Gesù si allontana dagli Apostoli, s'inginocchia, e in quella solitudine vede tutto quello che avrebbe dovuto soffrire, fino all'ultimo. Sentì tutto il peso di tutti i peccati. E poi, ciò che gli dovette dare più pena fu il vedere che molte anime, nonostante la sua passione, sarebbero cadute nell'Inferno. E allora sentì tanta sofferenza che sudò vivo sangue. In mezzo a tanta sofferenza cercò conforto dai discepoli. Aveva detto loro di pregare, ma li trova addormentati e così per una seconda, per una terza volta: «Non avete potuto vegliare neppure un'ora con me?»7. Alle volte si incontrano delle anime sensibili che soffrono pene e disgusti di tante qualità e per tante ragioni. Nonostante che si sia in religione, ci sono alle volte delle pene che non si possono raccontare a nessuno. Preghiamo sempre per le sorelle afflitte. Quando diciamo «Consolatrix afflictorum»8 mettiamo l'intenzione che il Signore voglia consolare tutti. Gesù andò acercare consolazione dagli Apostoli. È proibito cercare consolazioni? No! Si può andare dal confessore, dalle persone religiose, ma non al modo del mondo, al modo umano. Vendetta? No! Gesù neppure si vendicò. Perdona a chi ti ha offesa, abbi pazienza; offri
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questa sofferenza al Signore perché dia la grazia a chi ti ha fatto soffrire.
Non avendo Gesù trovato conforto presso gli uomini, si rivolge al Padre che gli manda un angelo. Così noi, quando abbiamo delle pene, andiamo da Gesù, egli ci | [98] conforterà. Non stupiamoci se sentiamo ripugnanza per le pene; anche Gesù la sentì. Soprattutto preghiera e buona volontà. Gesù andò incontro ai nemici e li affrontò: «È l'ora vostra»9. Ecco l'effetto della preghiera. Siamo fedeli alla preghiera, a tutte le pratiche di pietà, e quando abbiamo più bisogno preghiamo di più.

Il secondo mistero doloroso ci ricorda la flagellazione di Gesù. Anna e Caifa condannando Gesù, avevano deciso di scancellare dalla faccia della terra il suo nome, ma volendo apparire innocenti, lo mandarono a Pilato. Pilato lo giudica; non trova colpevolezza in lui e lo flagella. Ma guardate che stoltezza! Immaginiamoci Gesù, curvo, legato alla colonna: spogliato, flagellato con flagelli fatti di pezzettini di ossa e punte di piombo. I soldati menano colpi coi flagelli fino a scoprire le ossa di Gesù, fino a scarnificarlo. «Et dinumeraverunt omnia ossa mea»10. Il suo corpo è tutto una piaga. Scontava così tutti i peccati di impurità, tante soddisfazioni carnali. Quanto hanno costato a Gesù questi peccati! Che nessun'anima religiosa vada ad aggiungere colpi a Gesù con peccati simili!

Il terzo mistero doloroso ci ricorda la incoronazione di spine. Non contenti di quanto avevano fatto a Gesù, inventano un supplizio nuovo: compongono un fascio di pungentissime spine, e glielo calcano sulla testa adorata. Le spine penetrano nelle tempia, nella fronte, nel collo... Allo strazio della carne aggiungono lo strazio delle spine. Poi mettono addosso a Gesù una pezza rossa, in mano una canna e gli passano innanzi genuflettendo e schernendolo: «Ave, Rex Judeorum!»11. Altri gli prendevano di mano la canna, e con essa calcavano le spine, che penetravano sempre più nella testa. Che umiliazione! Che strazio supremo! Con questa sofferenza Gesù vuol pagare la nostra | [99] alterigia, la nostra superbia, i capricci, la testardaggine. Detestiamo questa superbia che è costata tanto a Gesù, e chiediamo di vivere nell'umiltà, all'ultimo posto.
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Il quarto mistero doloroso ci ricorda la condanna a morte di Gesù. Pilato non aveva trovato colpa in Gesù e cercava delle mezze misure per liberarlo. Lo presentò al popolo: «Ecce Homo!»12. Ma questo suo gesto fu ricambiato da un grido: «Crucifige!»13. Lo manda allora da Erode, tanto più che la moglie aveva sognato che suo marito (Pilato) stava per compiere un grande delitto, e gli aveva mandato a dire: «Non immischiarti nelle cose di questo giusto»14. Non riuscito nel suo intento, Pilato fece confrontare Gesù con Barabba. Il popolo istigato dai farisei e dai sacerdoti si scaldava sempre più: «Tolle, tolle; crucifige eum!»15. «Quid male fecit?». «Tolle, crucifige!»16. «Se non lo condanni, non sei amico di Cesare!»17. Pilato se ne lava le mani dicendo: «Io sono innocente del sangue di questo giusto!»18. Lo chiama giusto e lo condanna. Quale contraddizione! Il popolo impreca: «Il suo sangue cada su di noi e sui nostri figli»19. Neppure oggi sono in pace gli ebrei. Il mondo condanna l'innocente! Libera Barabba! Non stupiamoci se qualche volta ci giudicano male: c'è Satana. Non diamo importanza alle chiacchiere del mondo, che condanna ciò che è santo e magari mette sul trono un Barabba. Facciamo il bene; chi poi ci giudica è Dio. Quando abbiamo da soffrire, chiamiamo la Madonna; lei ci darà aiuto.

Il quinto mistero doloroso ci rappresenta la morte di Gesù in croce. Gesù è spogliato sotto gli occhi della madre, è abbeverato di fiele; obbediente fino alla morte: si inginocchia e stende le mani e i piedi e li adatta penosamente al posto dei chiodi. Pensiamo a quanto hanno dovuto soffrire Gesù e Maria in quel momento! La croce è alzata, | [100] esposta a tutti. Il peso del corpo strappa le ferite; la sete, la febbre, gli insulti della plebe. Tre ore in questo stato. Gesù non si preoccupa di sé, ma dei suoi nemici, dei peccatori, e appena alzato sulla croce si rivolge al Padre: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno!»20. «Sitio!»21. Ha sete di anime Gesù.
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«Ecce Mater tua!»22. E ci lascia il più gran tesoro. (Vi fu un sacerdote che all'inizio del suo apostolato aveva scritto: «Sitio»23. Con questo esprimeva tutta l'ambizione del suo cuore). Gesù, dopo tre ore che pendeva dalla croce, esclamò: «Consummatum est!»24. «Padre, nelle tue mani raccomando lo spirito mio!»25. Quindi mandò un grido e spirò. Non fu necessario che i soldati gli dessero la morte, ma permise che venisse squarciato il suo cuore!
Come conclusione? Devozione alla Via crucis, ai misteri dolorosi, alla santa Messa, che è la rinnovazione del sacrificio del Calvario: zelare e diffondere l'opera delle 2000 Messe26.
Ricordare che nella vita, forse il Signore ci darà un pezzo della sua croce da portare. Il cireneo l'accolse per forza: qualche volta anche noi facciamo così! Ma il cireneo dopo fu talmente riempito di grazia, che fu santificato con i suoi figli. Se Gesù ci dà la croce, portiamola con lui, con pazienza, con generosità, volentieri. Non aspettate le grandi croci: prendete bene le quotidiane, la vita comune. Noi dobbiamo amare la croce, e solo se la ameremo, quando saremo in punto di morte, saremo riempiti di tanta pace, di tanta consolazione. Se l'apostolato è faticoso, se la perfezione è ardua, stringete il Crocifisso! Spirito di rinnegamento di sé, spirito di mortificazione e avanti! "Ma io non mi faccio santa, non mi faccio dei meriti...". «Prendi quelli di Gesù»27. Così diceva S. Teresina.
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XX
L'INFERNO

L'osservare tante anime che camminano giù verso l'Inferno, così senza riflettere e sventatamente, è cosa che fa tanta pena ai nostri cuori, e perciò i santi non si davano pace, non avevano riposo, e con preghiere, penitenze, consigli, esortazioni, cercavano di aprire gli occhi a tanta povera gente che va all'Inferno. Che cosa sarà laggiù? «Rifletti prima, dice il Profeta, potrai tu abitare tra quel fuoco che divora?»1.
Negli Esercizi non deve mai mancare la considerazione sull'Inferno. Io vi invito a capire bene il fine di questa meditazione: eccitare in voi lo zelo, perché aiutiate tante anime a non cadere in quel carcere di fuoco. Se vi fosse un incendio qui vicino, voi correreste subito per vedere di aiutare, non è vero? Vi è un gran fuoco laggiù, e purtroppo là dentro cadono tante anime e vi ardono. «Soccorso», gridano, quando capita qualche incendio, e si mettono in moto tutti per portare aiuto.

Che cos'è l'Inferno? È il luogo e lo stato di quelle anime che passarono all'eternità con qualche peccato grave non perdonato.È il luogo dove si soffre la privazione della vista di Dio, si soffre il fuoco e ogni altra sorta di pene.
Nel Vangelo si legge che Gesù Cristo, vedendo la fede del centurione che aveva detto: «Domine, non sum dignus...2. Anch'io ho degli uomini sottoposti; e dico a questo: Vai ed egli va; fa' questo, ed egli lo fa…». «Gesù rispose: "Non ho trovato tanta fede in Israele, quanto in questo soldato. (Il centurione era capo di cento soldati). Perciò vi dico, soggiunse Gesù: verranno dall'oriente e dall'occidente e sederanno nel regno dei cieli, mentre | [102] i figlioli (intendeva gli ebrei) rimarranno fuori"»3. Vediamo infatti come tanti continuano a entrare nella Chiesa cattolica, mentre gli ebrei rimangono ostinati. Nessuno si perde se non è ostinato nel male.
Sovente mi viene in mente un fatto accaduto a Genova durante la guerra. Un giorno, vi fu sulla città un terribile bombardamento.
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Al segnale di allarme tutti si precipitarono in una galleria buia, adibita a rifugio. L'entrata era chiusa da cancelli di ferro e bisognava discendere per entrare. Quel giorno i cancelli erano sbarrati. Le prime persone arrivate gridavano e spingevano senza poter entrare; tutti quelli che sopraggiungevano continuavano a spingere e a far ressa dietro ai primi, che non potendo resistere agli urti furiosi della folla, morirono miseramente schiacciati contro le inferriate. Altri finirono tragicamente pestati e malmenati, senza potersi affatto difendere in quel buio: cosicché, quel luogo che doveva salvare dal bombardamento, divenne la tomba di parecchie migliaia di persone.
Questo fatto getta il terrore in noi. Ma che cos'è questo in confronto dell'Inferno? «Ibi erit fletus et stridor dentium!»4. Casa di pianto, di rabbia, di disperazione: non si può immaginare…
Una delle suore Pastorelle si trovava in un paese e dovette assistere a una scena terrorizzante: il parroco fu portato via, il popolo venne arso sulla pubblica piazza. La suora era diventata folle: poi si riebbe dopo cinque o sei mesi. Raccontando diceva: «Alcune di quelle persone si rassegnavano a morire, e s'inginocchiavano, altre morivano arrabbiate». Che terrore! Così nell'Inferno: stridore di rabbia infernale. Volgeranno gli occhi ai santi e: «Nos insensati...»5. Credevamo stolti loro, che non si sono | [103] goduta la vita! Che cosa ci giovò l'essere ricchi, aver soddisfatto le nostre passioni? Abbiamo pur fatto dei sacrifici per questo! Ora siamo qui.... Sono là mentre noi parliamo e gridano così. Pensiamo alla disperazione di Giuda! Fu tale che andò ad impiccarsi. Ma ora dall'Inferno guarda su nel cielo gli altri undici suoi compagni, che sono stelle e fondamento della Chiesa. Immaginate che rabbia.
Andiamo a un altro esempio della S. Scrittura. Vi era un ricco chiamato Epulone (mangione) che banchettava tutti i giorni6. Vi era alla porta del suo palazzo, Lazzaro, vecchio, infermiccio, piagato, che aspettava gli avanzi, le briciole che cadevano dalla mensa del ricco, ma nessuno gliene dava. Morì Lazzaro e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì pure il ricco e fu sepolto nell'Inferno. Da laggiù Epulone vide Lazzaro nel seno di Abramo e disse: «Padre Abramo, manda Lazzaro a bagnare il dito nell'acqua e mi
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lasci cadere una goccia sulle labbra, ché io brucio in queste fiamme». Abramo non permise: «Tra noi e voi c'è un abisso che è impossibile valicare». Vedete come si cambiano le sorti, dice S. Agostino. Vedete che non c'è molto da invidiare chi si gode la vita! Uno però può anche essere ricco e salvarsi. Gesù nel Vangelo dice tre volte questa cosa perché ce ne ricordiamo: «Se il tuo occhio ti è causa di rovina (vuol guardare ciò che non deve), cavalo e gettalo via da te. È meglio che tu vada in Paradiso con un occhio solo che all'Inferno con tutti e due». E conclude: «Et vermis eorum non moritur, et ignis non extinguitur». «Se la tua mano ti è di scandalo, tagliala e gettala via da te». E ripete: «Et vermis eorum non moritur». «Se il tuo piede ti è di scandalo, mozzalo e gettalo via da te». E per la terza volta: «Et vermis eorum non | [104] moritur»7. Questo lo dice la Scrittura. Se Gesù Cristo predicava così l'Inferno, bisogna che lo predichiamo anche noi. O salvi, o dannati! Non si scampa!

Che cosa dice la teologia? Il peccato è un allontanamento da Dio; e il peccatore, allontanandosi da Dio, non lo vedrà mai più. Il peccato è il voler godere delle creature e queste formeranno il tormento del dannato. Quindi nell'Inferno c'è la pena del danno e la pena del senso. L'anima è fatta per Dio. Su questa terra non si sente tanto, ma dopo morte essa vorrà subito slanciarsi a Dio, ma si sente per sempre respinta. Non vedrà più Dio, la SS. Vergine, gli angeli, i santi, i parenti, i fratelli, le sorelle. I dannati sono più tormentati dal pensiero di aver perduto il Paradiso, Dio, che non dalle pene stesse dell'Inferno.
Nell'Inferno vi sono pure delle pene positive. Saranno tormentate tutte le facoltà dell'anima: pensieri, sentimenti di disperazione. Sarà tormentata la mente al pensiero che non ha corrisposto a tante grazie; sarà tormentato il cuore e il rimorso sarà simile a tanti vermi che lo roderanno; gli occhi non resteranno che per piangere. Sarà tormentato l'udito, l'odorato, in quella accozzaglia fetida; il gusto con una fame canina. Tutto il corpo sarà immerso nelle fiamme. È presto detto, Inferno!

Ciò che rende più terribile l'Inferno non è tanto questa pena, quanto la sua durata. Passeranno cento anni, cento secoli, dieci miliardi di secoli, ma l'Inferno sarà sempre da capo. Sempre penare, mai uscire! Se i dannati potessero sperare che un giorno l'Inferno
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potesse cessare, si rassegnerebbero a quelle pene. La speranza le renderebbe loro meno insopportabili, ma no: «Andranno al supplizio eterno»8. L'eternità! Che terribile cosa! Se uno fosse anche a un divertimento, un bel cinema per esempio, e questo | [105] durasse cinque, sei, ventiquattro ore, verrebbe tanto a noia che diventerebbe un tormento. Se durasse una settimana, un mese, un anno..., diventerebbe insopportabile. Se è così per un divertimento, che cosa sarà mai l'Inferno! Sempre pensare che con poco ci si poteva salvare; pensare che altri con meno grazie di loro si sono salvati; quale disperazione, quale dolore, quale incessante rimorso!
È possibile dannarsi? Sì, è possibile. Se nell'Inferno vi è Giuda che era un Apostolo... Non c'è mai da fidarsi! Sempre pregare, sempre vigilare; mirare in alto, bene alto in Paradiso. Accendersi di zelo e illuminare, perché questi uomini vanno alla perdizione senza pensarci, senza riflettere. Supplicare il Signore che possano salvarsi questi uomini. L'apostolato vostro tanto può fare; poi vi sono le preghiere per i peccatori. Da parte nostra edifichiamo, e soffriamo pure qualche cosa per loro. S. Teresina era inferma, doveva riposarsi ed essa invece di riposarsi camminava. Le fu domandato il perché e lei rispose: «Cammino per un missionario, perché abbia la forza di arrivare a un maggior numero di anime»9. Vi sono persone che si danno pensiero dei peccatori, delle anime e, in quanto possono nel loro stato, pregano, sopportano, fanno Comunioni, ascoltano Messe, ecc., secondo la propria possibilità, e contribuiscono a salvare le anime dall'Inferno. S. Agostino dice: «Animam salvasti? Animam tuam praedestinasti!»10. Un mezzo per aiutare i peccatori a salvarsi è far bene, aiutare le vocazioni sacerdotali.
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XXI
LA VITA GLORIOSA DI GESÙ

Rimane a considerare la vita gloriosa di Gesù. Questa ha inizio la notte della risurrezione. Presso gli ebrei i giorni | [106] cominciavano la sera. Anche noi celebriamo i primi vespri di ogni festa la sera della vigilia.
Gesù Cristo fu sepolto il venerdì sera. Non sappiamo a che ora risorgesse la domenica, ma era molto presto. Secondo la Scrittura, apparve parecchie volte: alla Maddalena1, ai discepoli di Emmaus2, due volte agli Apostoli3, ecc. Gesù Cristo diede vera prova della sua risurrezione. Uscì dal sepolcro senza aprire la porta di esso, appunto perché era glorioso. Come entrò a porte chiuse nel Cenacolo, così poté uscire a porte chiuse dal sepolcro. Arrivarono al mattino le pie donne, per finire l'imbalsamazione, dato che la sera non poterono finirla essendo incominciato il riposo festivo. Avevano comperato gli aromi, e avvicinandosi al sepolcro dicevano: «Chi ci rotolerà la pietra?». Ma giunte al sepolcro videro due angeli che dissero: «Non temete, Gesù Nazareno è risorto, non è qui; venite a vedere il sepolcro vuoto»4. Le guardie erano corse in città a portare l'annunzio e a scusarsi. Fu allora che i sacerdoti, sentendo che era avvenuto quel che temevano (la risurrezione) rimasero spaventati. «Come facciamo? Questo è un errore peggiore del primo. Il popolo gli crederà ancora di più!». Decisero di chiamare i soldati e persuaderli a dire che i discepoli avevano rubato la salma del Maestro mentre essi dormivano5.
S. Agostino dice: «Come fanno a dire che dormivano e hanno visto i discepoli rubare?»6. E schernisce questa decisione dei sacerdoti e del sinedrio. Da ciò non appare che una cosa sola: il vostro odio contro Gesù Cristo.
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La risurrezione di Gesù Cristo è figura della risurrezione spirituale. Con la Confessione l'anima risorge dal suo stato di peccato, e si mette in grazia; e se si conserva in grazia sarà sempre in amicizia con Gesù e per tutto quello | [107] che fa acquista meriti. S. Paolo dice: «Gesù Cristo è risorto e non morirà più»7. Quando abbiamo visto che certe cose sono pericolose, non bisogna farle più. Il secondo peccato sarebbe peggiore del primo. Quindi vigilare, evitare le occasioni, darci alla preghiera per allontanare la colpa, il peccato. Prendere tutte le precauzioni che sono sempre due: evitare le occasioni e pregare. Evitare le occasioni col vigilare, stare attenti agli occhi, alla fantasia, al cuore.

Certo non possiamo evitare tutte le tentazioni: alle volte il demonio tenta di più le anime che si sono rialzate. "Prega la Vergine Immacolata". Finché un pensiero rimane senza che sia avvertito, ancorché avesse eccitato il senso non c'è nessun peccato. Quando ci si accorge, cacciarlo, pregare la Madonna. Quando si incomincia a discutere con la tentazione diventa pericolosa. Ognuno è tentato dalla sua concupiscenza. Se Eva avesse subito cacciato il demonio non avrebbe peccato. S'è messa a discutere, cercava di persuadere il demonio, ma il demonio ha persuaso lei. «Resisti in principio, dice l'Imitazione, se non vuoi cadere! Se non resisti in principio, forse la medicina è tardiva»8. Invocare subito la Madonna.
Può avvenire che un'anima è molto tentata, sempre agitata: "Mi pare di aver acconsentito". Invece non è caduta. Per fare il peccato bisogna che ci sia la deliberazione. Il peccato lo fa solo la volontà, non il senso. Nel sonno si possono avere sentimenti, ma non c'è la volontà. Pensa sempre che per fare il peccato ci vuole la volontà; pensa se nella tentazione ti sei raccomandata alla Madonna, al Signore qualche volta; non stare oziosa. Poi quanto al gusto, quanto alle sensazioni, non c'è male. Non oziosità. "Ma, la tentazione continua". E continui. Il cane è là che abbaia; voi sapete che l'uscio è chiuso e state tranquille. | [108] S. Agostino dice che il demonio è come un cane legato: morde solo a quelli che gli si avvicinano9. Può avvenire qualche cosa nella fantasia, nel cuore, senza che ci sia il minimo peccato. I santi hanno lottato per anni e anni con le tentazioni. Vincere una tentazione forte, può essere più meritorio
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che fare una Comunione. Andiamo avanti tranquilli, fiduciosi nella S. Madonna. «Ipsa tenente, non cadrai!»10.

Gesù Cristo è risorto. Gli Apostoli lo videro; S. Paolo lo vide. Dopo la risurrezione diede agli Apostoli la facoltà di predicare e di rimettere i peccati11. Ce ne volle per far credere gli Apostoli però! Dovette provare, mangiare con loro, accese il fuoco, ecc.12 Ha anche fatto il cuoco. Aveva sempre fame? No. Doveva persuadere i discepoli.
Come è risorto Gesù? Col suo corpo, ma non più passibile, non potendo più patire (prima era soggetto solo a certi generi di patimenti: flagelli, stanchezza, fame, sete; non polmoniti, appendicite, ecc.). Dopo la risurrezione nessun male. Di più le sue ferite risplendono come soli; solo che lui lasciava apposta questo splendore quando voleva apparire ai suoi. Il suo corpo era dotato di sottigliezza: entrava a porte chiuse; di agilità: per cui si portava da un luogo all'altro con la velocità del pensiero.

Risorgeremo anche noi? Sì. Se Gesù Cristo è risorto, risorgeremo anche noi13, dice S. Paolo.
Sappiamo la storia del nostro corpo! Questa mattina ho applicato la Messa per una vostra sorella14, morta santamente il giorno in cui siamo partiti da Napoli. Morirà il nostro corpo e finirà con l'andare in polvere presto o tardi; solo per privilegio si conservano incorrotti alcuni. La nostra polvere si confonderà con la terra, volatilizzerà. | [109] Moriremo tutti: «Memento homo!»15. Fatti di polvere, torneremo nella polvere. Quando l'anima esce dal corpo questo resterà senza vita e andrà soggetto alle leggi della materia. Resterà tale per tutta l'eternità? No. Alla fine del mondo verranno gli angeli16 e diranno: "Sorgete, o morti, venite al giudizio". Si risorgerà. I buoni col corpo glorioso, i cattivi col corpo deforme, che porterà impresso il marchio del peccato; ed è tale la deformità, il fetore del corpo dei dannati che S. Alfonso dice, uno solo basterebbe
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ad appestare tutto il mondo17. Ora non si conoscono! Il corpo dei buoni risorgerà impassibile: non potrà più soffrire. Non più malattie né degli occhi, né degli altri organi; né caldo, né stanchezza, né persecuzioni; non potrà più morire, perché avrà le doti dei corpi gloriosi. Il corpo dei giusti sarà splendente. «I giusti risplenderanno come il sole!»18. Lo splendore sarà tanto più vivo, quanto più sarà grande il numero dei meriti. Ognuno porterà impresso nel suo corpo le virtù, le vittorie, i meriti. Il corpo benedirà l'anima che gli ha fatto fare tanti meriti e l'anima benedirà il corpo: Ti ho imposto tante mortificazioni, ma ora siamo insieme gloriosi. S. Francesco d'Assisi, in punto di morte sentiva il bisogno di domandare perdono al corpo per i disagi, penitenze, mortificazioni: "Ti aspetto in Paradiso, bello, splendente, glorioso". Inoltre sarà leggero: vuol dire che potrà sollevarsi, trasportarsi. Quando l'anima volesse trovarsi vicino alla mamma, alle sorelle, basta un atto di volontà e il corpo si trasporterà con la velocità del pensiero senza alcuna fatica e con grande gioia. Avrà pure la sottigliezza: entrerà nei luoghi chiusi, parteciperà a tutti i godimenti dell'anima19. Condividerà con l'anima le gioie e la visione beatifica si trasfonderà in esso.
S. Giovanni da Capestrano20 aveva delle visioni. Era in | [110] chiesa e si sollevava: la volontà voleva dare un bacio alla Madonna e il corpo si sollevava. I doni soprannaturali sono veri quando sono accompagnati da profonda umiltà e da perfetta ubbidienza.
Concludiamo: 1) accettare la morte, il disfacimento del nostro corpo con umiltà, in riparazione, in unione alla morte di Gesù. Non perdiamo il merito grande di accettare la morte. Credo che tutte abbiate fatto l'atto di accettazione alla morte. 2) Risorgeremo: ravvivare la fede in questa verità: «Credo la risurrezione della carne». Se facciamo faticare il corpo, se lo priviamo di certi piaceri, come risplenderà nella visione beatifica! Come risplenderà il corpo dei vergini, dei martiri, dei penitenti! Ragioniamo così col corpo: Io ti amo veramente e se ti privo di qualche soddisfazione, è per darti la gloria. Coraggio! Ogni mortificazione di lingua, di volontà, preparerà uno splendore più intenso e un gaudio più pieno alla nostra anima e al nostro corpo.
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XXII
GESÙ E I DISCEPOLI DI EMMAUS

Il Salvatore Gesù risorse la domenica mattina, giorno che noi diciamo domenica di Pasqua (non la Pasqua degli ebrei che era il sabato: noi diremo sabato santo), di buon mattino. Comparve alla SS. Vergine? Alcuni interpreti dicono di sì, altri no, non aveva bisogno di essere confermata nella fede la S. Madonna. Altri dicono che egli apparve per consolarla. La madre aveva sofferto più di tutti, ma non aveva avuto mai nessun dubbio sulla resurrezione. Il Salvatore risorto apparve alla Maddalena1, a Pietro, ai discepoli di Emmaus, quindi a tutti i discepoli2.
Chi erano i discepoli di Emmaus?3. Erano due seguaci | [111] fedeli a Gesù; non erano apostoli. Andavano a Emmaus, cittadina a sessanta stadi da Gerusalemme. Camminavano e discorrevano, si era verso sera. A un certo punto della strada, li raggiunge un uomo che camminava più in fretta di loro. Li salutò garbatamente, si accompagnò con essi e attaccò discorso. Non lo riconobbero. Gesù fa una domanda intima: «Di che parlate che siete così mesti?». (Se Gesù vi apparisse qualche volta e vi domandasse: Di che cosa discorrete? Di cose buone? Una suora deve sempre fare discorsi buoni, santi!). Gli rispondono: «Tu solo sei così nuovo?». Gesù li lascia sfogare; li lascia aprire il cuore. (Le persone malinconiche trovano più difficoltà a farsi buone. Per farsi buone bisogna essere liete, serene: non ridere sgangheratamente però! D'altra parte il diavolo pesca nel torbido). «Speravamo!... Delle donne hanno detto che hanno trovato il sepolcro vuoto, ma...». Dopo la risurrezione, tutte le volte che Gesù appare ai discepoli li sgrida sempre perché non avevano creduto, non avevano fede. «O stolti e tardi di cuore!…». Senza farsi conoscere prese a spiegare tutte le profezie e dimostrò come il Cristo doveva soffrire e morire per redimere il popolo, per salvare le anime e che poi sarebbe risorto. Quelli si allietavano.
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Il discorso andò per le lunghe: erano arrivati ad Emmaus; Gesù finse di continuare la sua strada. «Signore, rimani con noi, perché si fa sera» lo pregarono i discepoli. Gesù finse di rassegnarsi e accetta l'invito. (S. Agostino dice di sforzare sempre un po' gli ospiti)4. Gesù accetta, ma poi mica fece l'ospite. Prese il suo posto, porse loro il pane e a un certo punto rinnovò l'atto dell'ultima Cena. Illuminati i discepoli lo riconobbero, ma egli sparì. I discepoli si inginocchiarono a ringraziare e tornarono a Gerusalemme. «Non ci sentivamo ardere il cuore nel petto | [112] mentre per via ci spiegava le Scritture?». Tornarono a portare la buona notizia agli Apostoli. Arrivati al cenacolo, dove gli Apostoli stavano ben chiusi per paura dei giudei, c'era già un gran chiacchierio. «Non sapete quel che è successo? È risorto il Signore!». E si commenta la notizia.

1. Fiducia in Gesù. Quanto pensa egli per noi! Il Signore ha compassione della debolezza umana. Le pie donne erano dubitanti. I discepoli di Emmaus erano dubitanti. "Forse ci saremo sbagliati…". Gesù apparve anche a Pietro, poverino! L'ultima volta che lo aveva visto era stato nell'atrio del sommo sacerdote. Che cosa si dissero? Il Vangelo non lo registra, certo però che Pietro doveva incominciare la sua missione: «Aliquando conversus, confirma fratres tuos»5. Gesù ha pietà della nostra debolezza. Se il Signore volesse servirsi di voi per fare tanto bene negli Stati Uniti? Diciamo sempre che siamo polvere, miseri, incapaci. Diffidiamo, confidiamo. Quando c'è questa confidenza allora verranno le grazie! Specialmente se le chiedete per l'intercessione di Maria e di S. Paolo. Certo non sono grazie materiali: non dollari, ma meriti, aiuto, luce! "Signore, siate voi la mia luce". Lo sa che siamo superbi, testardi, ignoranti, curiosi, sensibili, che abbiamo tanti difetti, tante passioni! Fiducia in Gesù e diffidenza di noi: credersi deboli.

2. Leggiamo la Scrittura. Dio s'è fatto scrittore. Leggerle le Scritture. Saranno quelle che vi faranno trovare la via alle edizioni. Leggere le Scritture è come leggere la lettera del Padre. Alle volte basta un versetto: "Quando troverò la parola fatta per me smetterò". Quando qualcuna si trova in fastidio dice: "Apro la Scrittura, leggo ciò che mi viene". Nella Scrittura troviamo sempre la parola che fa per noi.
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[113] 3. Inoltre fiducia nella Comunione. Come lo riconobbero Gesù i discepoli di Emmaus? «In fractione panis»6. La Comunione è grazia, luce per l'anima, è il pane quotidiano, è l'alimento dell'anima nostra. La Comunione sacramentale è permessa una volta sola al giorno, mentre la spirituale si può fare di più: trenta volte supponiamo. Consiste in un atto di fede e di desiderio d'unirsi a Gesù. «Gesù, credo fermamente che voi siete qui presente, ma giacché non posso ricevervi sacramentalmente, venite spiritualmente nel mio cuore» Dirgli queste parole e domandare le grazie necessarie in quel momento.
Fare buon uso della comunione spirituale. Farle bene. Quando? Quante? Quando vuoi, e quante vuoi: non troppe, ma bene. Si possono fare con tante intenzioni, per tanti motivi santi.
Sopra questi vostri buoni desideri, propositi, intenzioni, sull'Istituto, sulla vostra casa, sul vostro apostolato, faccia discendere Gesù la sua benedizione.
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XXIII
IL PAPA

Ora siete risorte. Bisogna sgridarvi che avete poca confidenza. «Per ipsum, cum ipso [et] in ipso»1: fiducia per lui, per intercessione di Maria «spes nostra, salve!»2, per intercessione di S. Paolo. Svolgete bene lo spirito, poi le altre cose verranno da sé, ve le farà capire lo Spirito Santo. Il sacerdote ci vuole, ma le religiose devono indovinare la loro strada. Qual è? Meditazione ben fatta, preghiera liturgica, entrare in comunione intima con Gesù.
Dopo la risurrezione Gesù Cristo restò nel mondo: per confermare gli Apostoli, per istituire i sacramenti e rivelare i misteri. Vi ho già detto di alcune apparizioni di Gesù. Famosa rimase quella sul lago di Tiberiade. Pietro | [114] aveva detto ai suoi compagni: «Io vado a pescare» (perché dopo la morte di Gesù il popolo non dava più offerte agli Apostoli, e dovevano lavorare per mantenersi). Risposero: «Veniamo anche noi». Mentre pescavano ecco il Signore sulla riva, siccome era ancora un po' buio non lo riconobbero. Egli venne loro incontro sulle acque. Tutti spaventati gridarono. Giovanni rifletté un po', poi disse: «È il Signore»3. E Pietro: «Se sei Gesù, comanda che io venga a te sulle acque». «Vieni» disse Gesù. Quando fu nell'acqua Pietro cominciò a dubitare e ad annegare. Si mise a gridare. E Gesù: «Perché hai dubitato?». Lo risollevò e andarono insieme fino a terra4. Notate: Gesù e il vicario suo vanno assieme! Che delicatezza ha Gesù! Sempre così nei secoli: il Papa è condotto da Cristo, non temete.

1. Il Papa è infallibile in cose di fede e di costumi. Infallibilità vuol dire impeccabilità? No. È infallibile quando parla «ex cathedra», quando definisce una verità. Non tutte le encicliche sono infallibili, ma quando si riassume il punto principale dell'argomento. La Chiesa
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romana è la vera Chiesa. Le persecuzioni contro di essa sono persecuzioni contro Gesù Cristo. La Chiesa intende di obbligare a credere alle verità che ella propone, per es. i dogmi. Nelle verità dogmatiche, in tutte quelle contenute nel catechismo è infallibile; nelle cose disciplinari non è infallibile. Difatti ha cambiato le feste, per es. prima ce n'erano ottanta, ora sessanta; voi ne avete ancora di meno, cinquantotto. Al Papa dobbiamo grande riverenza. Studiare De Ecclesia e De summo Pontifice. Allargare bene l'istruzione su questi punti. Voi che vivete in mezzo a tanti protestanti avete bisogno di maggior istruzione in modo da non lasciare cattive impressioni. Da ciò che si dice ci si rivela.
[115] Centotrenta milioni di abitanti fanno gli Stati Uniti! Tre volte l'Italia! Figliole, il campo è largo, non perdetevi. Voi dovete fare un gran bene! Gesù predicò nella Palestina, grande come il Piemonte. Pietro uscì dal territorio; Paolo predicò a tutto il mondo conosciuto. Bisogna che preghiamo un po' di più. Migliorare la preghiera anche in qualità: preghiera scelta, devota, e non sarà tale se non avrà queste due condizioni: umiltà e confidenza.

2. Il Papa ha l'autorità nel governo della Chiesa. I vescovi servono il Papa, i sacerdoti servono il Papa, i religiosi servono il Papa, notando che le religioni5 di diritto pontificio servono il Papa più direttamente. Voi servite docili il Papa. Venerazione per il Papa, devozione al Papa; e vuol dire: affetto e preghiere per il Papa. Amore al Papa, perché Pio XII è un grande Papa6? Anche per questo ma soprattutto perché è il vicario di Cristo.
Voi andate in propaganda, vedete che c'è bisogno di qualche libro, foglio? Ditelo alla vostra superiora, alla Prima Maestra, loro provvederanno e cercheranno di penetrare in questo spirito di dedizione totale al Papa. Ora per es. bisogna fare una larga diffusione dell'enciclica che condanna la persecuzione. Largo è il pensiero che si svolge e farà del bene7.
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3. Il Papa santifica. La grazia che deve arrivare ai fedeli, ai religiosi, a tutto il gregge di Cristo, deve passare tutta attraverso il Papa. Ecco come: il sacerdote per assolvere ha bisogno della facoltà datagli dal vescovo che a sua volta la riceve dal Papa. Tutte le assoluzioni in origine vengono dal Papa. Nessuno può consacrare se non è ordinato da un vescovo consacrato dal Papa. Gli anglicani credevano di poter consacrare validamente perché | [116] erano preti, ma si accorsero che un vescovo aveva ordinato un prete senza essere vescovo. Ecco, avevano rotto l'anello che li univa al Papa e consacravano inutilmente. I greci no. Loro sono staccati da Roma8 per certe ragioni, ma consacrano validamente. Il potere di consacrare come quello di assolvere dipendono dal Papa.
Riassumiamo. Tre punti: infallibilità del Papa; autorità di governo; santificazione. Considerare il Papa come principio di grazia; distributore di santità. Voler bene, pregare, stare molto unite al Papa. Quale è la tessera che distingue il vero cattolico? L'unione col Papa. In questa nazione sia: fedeltà al Papa, fedeltà alla Chiesa.
«Euntes, docete omnes gentes... praedicate Evangelium omni creaturae»9. Prima di salire al cielo Gesù Cristo dà il comando di ammaestrare. Appare ai sacerdoti (Apostoli), voi in unione al sacerdote partecipate a questa missione. I fedeli tutti uniti formano il Corpo mistico. Gesù è il capo; lo Spirito Santo è l'anima; tutti noi siamo le membra. Vi è la moltitudine, l'autorità, il fine da conseguirsi con i mezzi stabiliti da Gesù Cristo, per esempio i sacramenti, ecc. Noi siamo parte della Chiesa che si allarga sempre più, che è la vera, l'unica Chiesa. Gesù Cristo ne ha istituita una ed è questa. «Dilexit Ecclesiam... Adquisivit Ecclesiam... Mandavit Ecclesiam»10. E per prepararla santa, monda, diede il suo sangue e ha detto: «Sopra di te, o Pietro, edificherò la mia Chiesa»11. Chi non riconosce il Pastore (il Papa) non riconosce Pietro ed è fuori della
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vera Chiesa. Le altre sono tutte piccole disgregazioni. Vedete i vari Ordini religiosi? I Francescani per esempio, quante divisioni nel corso della storia! Non c'è mica da stupirsi che nella Chiesa ci siano delle scissioni. Sono come il ramo separato dalla vite, finiscono di seccare. | [117] Pregare per l'unità della Chiesa perché tutti abbiano la grazia di ritornare! A Roma si celebra con grande solennità la giornata per l'unità della Chiesa: siamo nell'ottava di essa12.
C'era qualche buona figliola che si offrì vittima per l'unità della Chiesa13. Pio XI14 ha aggiunto nelle Litanie dei Santi: «Ut omnes errantes ad unitatem Ecclesiae revocare et infideles universos ad Evangelii lumen perducere digneris»15.
Siamo due miliardi di uomini. Un miliardo non conoscono Gesù Cristo; dell'altro sono tutti sparpagliati. La Chiesa cattolica ogni tanto pulisce il suo giardino e le erbacce le strappa e le butta di là: questi sono i protestanti, gli scomunicati, gli eretici, ecc.

Preghiamo perché l'Istituto faccia bene la sua missione; si allarghi, si moltiplichi, metta bene le sue radici! Dovete essere un piccolo quantitativo di lievito, ma dovete far fermentare tutta la pasta. Se sarete tutte di buon spirito, penetrerete in tutte le famiglie, altrimenti vi ridurrete a fare un lavoro tisico, miserabile. Dovete essere lievito. Purificatevi sempre bene, detestate anche le più piccole colpe! Avete una grande missione da compiere. Chiedete la grazia, la luce, la forza. Vi benedica il divin Salvatore. Siate membra vive della Chiesa, e siate il buon lievito!
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XXIV
IL PARADISO

Vita gloriosa di nostro Signore Gesù Cristo. Oltre alle varie apparizioni ricordate, Gesù si mostrò l'ultima volta il giorno dell'ascensione a tutti gli Apostoli. Poi anche una volta a S. Paolo. Nella sua umiltà Paolo dice: «In ultimo | [118] Gesù è apparso anche a me»1. Ma si è convertito quando la fede si era già estesa parecchio, tanto che c'era già la persecuzione e S. Stefano ne fu vittima.
La vita gloriosa di Gesù Cristo dove si prolunga, si sviluppa? In Paradiso. Trentatré anni di vita e poi Paradiso eterno. Il quarantesimo giorno dopo la risurrezione, Gesù si è presentato nel cenacolo agli Apostoli e discepoli: un centoventi persone circa. Gesù le invita a seguirlo, non si diffonde, promise il dono dei prodigi; incomincia a salire la montagna, lo seguono, un po' presaghi che qualche cosa doveva succedere. Egli ricorda: «Ascendo ad Patrem meum et Patrem vestrum, Deum meum et Deum vestrum»2. Arrivati sul vertice del monte di dove si poteva vedere il monte Calvario, dove Gesù aveva dato la vita per la salvezza nostra, si volse indietro, attorno, tracciò un grande segno di croce e incominciò a sollevarsi da terra adagio, adagio; poi una gran nube lo avvolse e sparve da loro. Gli Apostoli rimasero meravigliati, stupiti, afflitti. Li lasciò soli? Mentre guardavano ancora, due angeli scesero e quasi in atto di rimprovero: «Viri galilei, che cosa state qui a guardare? Tornate a Gerusalemme, rimanete in preghiera e aspettate l'avveramento di quanto Gesù vi ha promesso»3. Gesù salì al cielo, lasciò gli Apostoli, Maria SS. Baciarono le impronte, discesero silenziosi... non avevano mica tanta fede! Non avevano ancora ricevuto lo Spirito Santo. Fu necessario che Maria li raccogliesse nel cenacolo; si mettesse a capo e si mostrò Madre, Maestra e Regina degli Apostoli. Che cosa avvenne? La Pentecoste.
Allargate le porte del Paradiso, dissero gli angeli, perché sta per entrare il Re della gloria 4: «Ascendit Deus, ascendit in jubilo; plaudite
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manibus!»5. Accompagnato da | [119] tutti i giusti dell'antica Legge: Adamo, Eva, Abramo, Mosè, Giuseppe, il Battista, Lazzaro, tutti i santi dell'Antico Testamento che aspettavano la redenzione, Gesù entrò per il primo in Paradiso. Non c'era già il Paradiso? Sì, ma doveva essere aperto. I giusti dell'Antico Testamento erano salvi, ma c'era da applicare loro i frutti della redenzione. Che festa! Ma la principale festa la fece il Padre celeste. Gesù Cristo per conquistare questa gloria aveva sofferto, era morto e il Padre gli dice: «Sede a dextris meis!»6. Che vuol dire? Posto d'onore come uomo, perché come Dio è la seconda Persona della santissima Trinità. Egli è il Re dei Re e ha lasciato la vita intima del Padre per noi. Che fa Gesù lassù? 1) Gode il regno conquistato. 2) «Semper vivens ad interpellandum pro nobis»7. 3) Governa e guida la Chiesa e la rende infallibile ed indefettibile per mezzo dello Spirito Santo. 4) Siede giudice santificatore e sacerdote. I nove cori degli angeli cantano a lui. Che bella promessa ci ha fatto Gesù: Dove è il Padre ci sarete anche voi!

1. Avete fede nel Paradiso? «Credo vitam aeternam»8 diciamo nel Simbolo apostolico. E nel Credo della Messa: «Et expecto resurrectionem mortuorum. Et vitam venturi saeculi»9. Gesù ritornerà di là sulle nubi, glorioso, circondato dagli angeli, a pronunciare la sentenza: «Venite benedicti... Discedite maledicti…»10. Ci credete al Paradiso? Certamente un poco ci crediamo, se no non avremmo rinunziato alla famiglia, al mondo, perché: «et vitam aeternam possidebitis»11. Se vi ho fatto questa domanda non è perché dubito che non ci crediate, ma vi sono di quelli che credono un tantino al Paradiso, hanno un grado di fede; e vi sono quelli che vi credono come i martiri, i vergini, gli apostoli, come i santi che per il Paradiso hanno | [120] sacrificato tutto. Se chiedessimo a tutti i cristiani: Credete al Paradiso? "Ma sì!". Ma poi vivono come se non esistesse, stentano ad accettare la morte, desiderano vivere a lungo, prendono volentieri quello che giova alla terra; quanti peccati! Quante
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soddisfazioni! Si cerca il Paradiso sulla terra! Vi sono vari gradi di fede. Se c'è un genere di persone che devono avere fede più viva nel Paradiso, sono i religiosi, ai quali Gesù fece una promessa speciale. D'altra parte i religiosi, avendo lasciato tutto sulla terra, hanno più nulla. Che cosa avete ancora su la terra? Mio padre mi lascerà ancora un po' di eredità... Ma se non si ha neppure l'amministrazione!... Abbiamo tutto in uso, e soltanto in uso. Anche il corpo l'abbiamo solo in uso, e quando si consuma si lascia alla tomba, al sepolcro. Se c'è questa fede, e quando si ha questa fede, si cammina nella gioia e nella letizia. La religiosa che ha viva fede nel Paradiso, è sempre ricca di grazia. S. Paolo, che aveva già visto il Paradiso, scrive: «Superabundo gaudio... anche in mezzo alle catene»12. È caro il poter avere le catene? È caro il poterle avere per il Paradiso. Abbondiamo nelle opere buone con letizia, dice S. Paolo, perché non vi stancherete di godere il Paradiso. E il Paradiso non avrà fine.

2. Sul Paradiso bisogna avere una convinzione che è di fede.Credere che ciascuno avrà un Paradiso proporzionato ai meriti: chidoppio, chi triplo... La gloria? Proporzionata ai meriti, alle grazie. È di fede che il Paradiso è proporzionato ai meriti, alle grazie, alla fede. Il Paradiso è visione di Dio, possesso di Dio. Può essere posseduto in tanti gradi. Vi sono di quelli che fanno la Comunione e posseggono così sensibilmente Dio, che in essi c'è tanta grazia. V'è grande diversità: «Stella a stella differt in claritate»13. Quante volte facciamo delle cose minime, ma | [121] anche un bicchiere d'acqua dato per amor di Dio ha il suo premio! Chissà alla fine della giornata quanti meriti ha accumulato chi ha cercato di passarla bene. Se fai tutto per servire Dio, per essere puntuale all'obbedienza... C'è grande distanza tra due che fanno cuocere le patate, per es. una semplicemente perché siano buone, l'altra per amore di Dio. È l'amore, l'intenzione, il far le cose per Dio che conta per farci dei meriti. Non badare tanto al numero degli anni e al numerodelle opere e a quel che facciamo in propaganda materialmente. È l'amore di Dio interiore che bisogna curare. Mentre fai qualche azione, qualunque essa sia, l'apostolato, lavare, camminare, scopare, pulire i gabinetti... pensa che tanto fa portare il letame, tanto fa
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portare la storia del Salvatore: è l'amore che conta; la materiale azione conta ben poco! Ciò che conta è l'amore, ricordatelo! Si può dire che chi fa più sacrifici ha più merito? Sì, ma ci vuole l'amore anche qui; e si avranno più meriti in proporzione dell'amore.

3. Pensieri di fede sul Paradiso. V'è diversità di meriti. Tuttisaranno salvi, ma quanta diversità uno dall'altro! Quanta diversità tra un vostro fratellino morto dopo il Battesimo e S. Alfonso morto a novantadue anni dopo tanto lavoro! Con una Comunione si può guadagnare molto. La S. Madonna guadagnava come noi in una Comunione? No. Immensamente di più, quanto immensamente più intenso era il suo amore. In Paradiso godrà anche il corpo.

4. Il Paradiso è visione, possesso, gaudio, ed è eterno: «Intra ingaudium Domini tui»14. Allora se è eterno bisogna dire: Ciò che ho da soffrire passa, il Paradiso è eterno. S. Francesco d'Assisi esclamava: «Tanto è il bene che mi aspetto, che ogni pena mi è diletto!». «Non sunt condignae passiones huius temporis, ad futuram gloriam»15, diceva | [122] S. Paolo. Paradiso eterno! Che bella grazia ci ha fatto Gesù nel chiamarci a questa vita! Abbondate nella pietà, curate il lavoro spirituale interno. Il primo prete americano che ho incontrato mi ha detto: "In America curano molto l'esteriore". Non diventate mica americane in quel senso lì! Americane nella lingua, negli usi, nel servirvi delle ferrovie, ma la vita interiore mai! La santità e la perfezione consistono nell'amor di Dio. La carità, l'amor di Dio, è sempre perfezione, sia in Italia come qui. Questa è la via perfetta.

Curate la vita interiore. Se farete sempre bene l'esame, se lavorerete con retta intenzione, se nutrirete desideri santi, cuore retto, avrete vera vita interiore.
Ci benedica il Signore e ci dia tanta grazia. (Atto di speranza).
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XXV
CONCLUSIONE

Se debbo fermarmi ancora qualche giorno avrò tempo a fare una coda agli Esercizi e mi fermerò sulle nostre devozioni1. Ora due parole di chiusa.
Stasera si darà la benedizione ai vostri propositi, alle vostre aspirazioni, ai vostri cari, alla vostra propaganda. I propositi si facciano riguardo alle cose più importanti. Quando ci confessiamo, più che fermarci ad accusare tanto gli atti, fermiamoci alle cause, e quindi facciamo seguire il proposito. C'è stata mancanza di fede, di progresso, di vigilanza, di buone disposizioni? In sostanza fare i propositi più sulle cause.

Un proposito perché sia ben fatto, non è necessario che la persona si proponga di voler fare tutto in un minuto. | [123] Il proposito si faccia secondo il nostro metodo possibilmente; non è necessario neppure questo, ma se si fa è meglio. Per esempio, fai il proposito sulla carità? a) Per quanto riguarda la mente: durante l'anno leggerò qualche cosa sulla carità; studierò qualche cosa che riguarda la carità (Caratteri2, Teotimo3) per convincermi sui motivi per cui devo esercitare la carità. b) Riguardo alla volontà: mi disporrò ad esercitare la carità, a regolare la mia vita secondo i principi della carità, sopportando, esercitandomi in qualche opera di misericordia, suffragando le anime purganti, portare nella Comunione tutte le anime degli Stati Uniti. Raccomandare agli angeli custodi la cura di queste anime; disporre tutto con carità, longanimità, compatimento. c) Riguardo al cuore: intensità di affetto, amare Gesù, le anime. L'amore verso Gesù si concreta nella Comunione e anche in quella spirituale. Ogni giorno un atto di carità. Se ho mancato chiederò scusa; se so che la sorella ha turbamenti le vado vicina
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per renderla serena; fare qualche atto positivo, in sostanza. Carità nei pensieri, nella volontà e nel cuore.

I nostri propositi sono una bella cosa, ma «qui incrementum dat est Deus!»4. Il Signore dà tre grazie: 1) quella di avere pensieri buoni, perché da noi non siamo sufficienti neppure a concepire un buon pensiero; 2) dà la volontà buona per bene operare; 3) dà la forza per mettere in pratica: «sufficentia nostra a Deo est»5. Preghiamo e Dio ci darà tutto: Signore, datemi la buona volontà, la luce, la perseveranza fino alla fine, fatemi morire bene. Avete fatto qualche volta i primi Venerdì, i cinque Sabati per assicurarvi la perseveranza? Ma S. Agostino dice che la perseveranza si ottiene così: giorno per giorno, prego oggi per perseverare oggi; prego domani per perseverare domani. | [124] Preghiera, preghiera! Non affannatevi per moltiplicare le preghiere però: avete le vostre pratiche quotidiane, settimanali, mensili, annuali; avete le vostre devozioni. Raccomando anche quest'anno la devozione ai Dottori [della Chiesa]. Per noi le feste dei Dottori sono di doppio maggiore. Lo vedete nel calendario proprio.
Abbiamo fatto elevare per noi le feste dei Dottori, perché vengano fra di voi delle brave scrittrici, stampatrici, pittrici, soggetti capaci di fare studi più alti. Dunque: propositi, preghiera, letizia. Ecco l'ultimo ricordo che vi do.
State liete nel santo volere, qualunque cosa vi capiti. Il Signore Gesù ha portato la croce in pazienza, in letizia di animo: aveva la visione beatifica. Noi non possiamo avere sulla terra la visione beatifica, ma la letizia santa sì.
Quando una ha il muso lungo, ne tagli qualche pezzo in più. Più che star lì a dire alla sorella: "Stai allegra", distraetela: "Oggi è la tal festa; oggi ci prepariamo a farci un bel merito", ecc. La sorella lavora? Darle una mano; oppure intonare un canto: Paradiso…, per esempio: lo sapete tutte no? Ieri i ragazzi hanno cantato la Messa. Ciò che hanno cantato meglio è stato ciò che hanno cantato in inglese. Cantate pure in inglese, il Signore capisce tutto: inglese, piemontese, ecc. D'altra parte io ho messo l'intenzione anche per voi, nel recitare il terzo mistero glorioso, dove lo Spirito Santo ha dato il dono delle lingue.
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Quando si è malinconici si canti anche un canto improntato a pensieri più seri: De Profundis, per esempio. Non tante raccomandazioni, ma narrare dei fatti buoni. Questa sera ci sarà la benedizione di chiusa.
L'America è ricca di tante cose materiali; fatela anche ricca di santi. Chiedete dei santi e delle sante per l'Istituto. Ci siano tanti santi, affinché tutti gli Stati Uniti siano tutti | [125] illuminati dalla luce celeste. Il S. Padre ha tanta fiducia negli Stati Uniti. Io pure ho tanta fiducia e anche la Prima Maestra ha tanta fiducia negli Stati Uniti; non solo nel soccorso materiale, ma per avere dei santi e delle sante per l'Istituto.
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1 Cf VN, 2 [1946] 8.

1 Cf Sal 104,30: «Manda il tuo Spirito e saranno creati; e rinnoverai la faccia della terra».

2 Lc 1,28.

3 Ap 22,11.

4 Gen 2,7: «...un alito di vita».

5 Cf Gen 1,27.

6 «Dio si è fatto uomo perché l'uomo diventasse Dio», in sant'Agostino, Discorsi, Discorso 13, PL 39, 1097-1098, riportato nella Liturgia delle ore. Attualmente si trova al 7 gennaio.

7 Sal 37,27: «Sta' lontano dal male e fa' il bene».

8 «Un altro Cristo».

9 Cf 2Cor 6,2: «Ecco ora il momento favorevole, ecco or a il giorno della salvezza!».

1 Cf Sir 41,1.

2 Eb 13,14: «...non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura».

3 Cf Mt 24, 44.

4 Cf Sant'Ambrogio, Sulle Vergini, L. 1, c. 2,5, 7-9. Il riferimento a sant'Agnese permette di datare la meditazione il 21 gennaio, festa di S. Agnese.

5 Cf Sal 33,22 (Volgata).

6 Sal 116,15: «Preziosa agli occhi del Signore, è la morte dei suoi fedeli».

7 Don Pietro M. Daniele Berardo (1911-1944), sacerdote SSP.

8 Don M. Pio Baroni (1914-1945), sacerdote SSP.

9 Don Silvio M. Carlo Restelli (1912-1945), sacerdote SSP.

10 Lc 23,42: «Signore, ricordati di me...».

11 Cf 1Cor 3,8.

12 Cf Gv 14,2.

1 Lc 23.34.

2 «Atti dell'uomo e atti umani».

3 Don Giovanni Battista Montersino (1842-1912), parroco di S. Martino in Cherasco, parrocchia di don Alberione, su cui ebbe una influenza decisiva (cf AD 12).

4 Cf 1Cor 10,31.

* Nelle meditazioni IV, VI, XVI don Alberione commenta vari articoli delle Costituzioni. Nella prima edizione si dice semplicemente: «Letto articolo…». Per l'esatta comprensione del discorso si è inserito il testo.

1 È il Decretum Laudis, concesso il 13 dicembre 1943, in Costituzioni della Pia Società Figlie di San Paolo , Roma 1944, pp. 163-165.

2 Cf Lc 10,28.

3 Giovanni Berchmans (1599-1621), belga, giovane chierico gesuita. Si distinse per l'osservanza, la carità, la devozione alla Madonna.

4 L'Istituto delle Suore Missionarie di S. Pietro Claver, fondato a Salisburgo (Austria) il 29 aprile 1894 dalla Beata Maria Teresa Ledòchowska, ha come finalità le missioni specialmente in Africa. Don Alberione conosceva l'istituzione attraverso don Ugo Mioni (1870-1935), responsabile delle loro pubblicazioni in edizione italiana, per qualche tempo membro della SSP. Ha scritto molti libri.

5 Cf Mt 28,19.

6 Da S. Pietro a Pio XII, Papa dal 1939 al 1958.

1 Eb 9,27: «...è stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta».

2 1Cor 4,4: «Il mio giudice è il Signore».

3 Cf 1Cor 4,3.

4 Cf Lc 18,9-14.

5 Mons. Giuseppe Francesco Re (1848-1933). Fu vescovo di Alba dalla fine del 1889 al 17 gennaio 1933, giorno della sua morte.

6 Cf Sal 139.

7 Sal 129: «Dal profondo».

8 Cf Rm 1,14.

9 Cf Mt 25,35.

1 Cf 1Cor 4,4.

2 Lc 15,18: «Mi leverò e andrò da mio padre».

3 Cf Lc 5,32.

4 Cf Mt 9,10-13.

5 Cf Lc 19,5.

6 Cf Mt 9,11-13.

7 Cf Gv 8,3-11.

8 Cf Lc 7,47.

9 Cf 1Pt 4,8.

10 Cf Lc 15,4-6.

11 Cf Lc 15,8-9.

12 Cf Lc 15,7.

13 Cf Mc 14,21.

14 Mc 14,31.

15 Cf Lc 22, 62.

16 Cf Gv 21,15-17.

17 Cf 1Tm 1,13-14.

18 Cf Lc 8,48.

19 Mt 15,28: «Donna, davvero grande è la tua fede!».

1 Cf Mc 10,21-22.

2 Cf Lc 9,57-58.

3 Cf Lc 9,61.

4 Cf Lc 9,59.

5 Cf At 2,41; 4,4.

6 Pratica popolare che consiste nell'esporre l'Eucaristia per quaranta ore continue all'adorazione dei fedeli.

7 Il fatto è ricavato dalla lettura di qualche biografia che Alberione leggeva di frequente. San Giovanni Maria Vianney (1786-1859), curato di Ars per quarantun anni. È modello dei parroci.

8 Accenno alla costruzione del tempio della Regina degli Apostoli, iniziato a Roma nel maggio del 1945.

9 Cf Lc 12,32.

1 Altrove don Alberione attribuisce questa espressione a san Francesco di Sales (cf XVIII, 94, p. 158). La frase si trova in G. Barberis, Vita di San Francesco di Sales, SEI, Torino 1944, p. 547: «Ah!… non v'ha dunque che Dio e me per amare questi poveri peccatori».

2 Cf Rm 10,14-15.

3 Mt 27,54.

4 Cf Mt 28,11-13.

5 Prima della riforma liturgica, alla fine della Messa, il sacerdote recitava in latino: «O Santa Trinità... concedi che questo sacrificio offerto da me indegno agli occhi della tua maestà, a te sia accetto...».

6 Lc 1,38: «...avvenga di me quello che hai detto».

7 J.B.Henri Lacordaire (1802-1862), francese, religioso domenicano, famoso oratore e apologista. Le sue Conferenze, tradotte anche in italiano, sono pubblicate in vari volumi.

1 «Qui e ora».

2 Gv 11,28: «Il Maestro è qui e ti chiama».

3 Gv 1,14: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi».

4 P. Gorla, Amico vero: trasparenze evangeliche. Il libro fu pubblicato la prima volta dalla Lega Eucaristica nel 1919. Dal 1929 fu ristampato dalla Pia Società San Paolo ed ebbe molte edizioni.

5 Cf Gv 11, 32. Il Vangelo di Giovanni qui non parla della Maddalena, ma di Maria e della sorella Marta.

6 Cf Gv 19,25.

7 Cf Gv 20,11-18.

8 Cf 1Cor 11,10: «...a motivo degli angeli».

1 Sal 116,12-13: «Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato? Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore».

2 Accenno alle sorelle appena arrivate dall'Italia e che hanno viaggiato con don Alberione e M. Tecla (cf Presentazione a: Stati Uniti - Meditazioni varie, p. 33).

3 Prefazio: «È veramente cosa buona e giusta...».

4 Cf Lc 22,19-20.

5 Presso la Società San Paolo è istituita fin dal 1922, l'Opera delle Messe Perpetue. Si tratta di 2400 Messe celebrate ogni anno dai sacerdoti della Società San Paolo per tutti i Cooperatori Paolini e gli altri iscritti vivi e defunti. Tale opera è stata voluta da Don Alberione come segno di riconoscenza verso tutti coloro che aiutano gli apostolati della Famiglia Paolina.

6 Staten Island, New York, in cui le Figlie di San Paolo si trasferirono nel 1938.

1 Cf Mt 5,3-11.

2 Cf S. Tommaso d'Aquino (1225-1274), Inno: Adoro te devote.

3 Cf Eb 7,25: «Essendo egli sempre vivo per intercedere a nostro favore».

4 Cf Mt 11,28: «Venite a me, tutti...».

5 Cf Gv 8,12; 14,6.

6 Cf 1Cor 1,27.

7 «Sostiene, aumenta, ripara le forze spirituali e infonde letizia», cf S. Tommaso d'Aquino, q. 76, citato in A. Tanquerey, Compendio di teologia ascetica e mistica, Desclée, Roma 1927, n. 277.

8 Cf Gv 6,51.56.

1 Cf Mt 1,20.

2 Cf Mt 2,13.

3 Don Alberione segue la tradizione tramandata dai libri apocrifi.

4 Lc 1,38: «...avvenga di me quello che hai detto».

5 Cf Lc 2,51: «Stava loro sottomesso».

6 Gv 8,29: «Io faccio sempre le cose che gli sono gradite».

7 Fil 2,8: «...facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce».

8 Gv 19,30: «Tutto è compiuto».

9 Cf Rm 5,19.

10 Cf Fil 2,9-10.

11 Cf Sal 118,165.

12 Cf Mt 6,2.5: «...hai già ricevuto la tua ricompensa».

13 Cf 1Cor 5,10

14 Cf Gv 8,29.

1 Cf 1Cor 7,7.

2 2Cor 12,9: «Ti basta la mia grazia».

3 Cf Ap 7,13-14.

4 Cf Gv 13,23: «...il discepolo che Gesù amava».

5 Cf Breviarium Romanum , 17 gennaio, II Notturno, Lectio VI. Cf S. Atanasio, Vita di Antonio, Edizioni Paoline, Roma 1984, n. 30, p. 131.

6 Cf 2Cor 4,7.

1 25 gennaio 1946.

2 Terminologia in uso nella liturgia prima del Concilio Vaticano II.

3 Cf Mt 19,29.

4 «Riceverete il centuplo».

5 Cf At 8,3: «...infuriava contro la Chiesa».

6 Cf At 9,3.5.

7 Cf At 9,11.15.

8 Cf At 9,18.

9 Cf Gal 1,18.

10 At 9,6: «Che vuoi che io faccia?» (Volgata).

11 «Aversio: allontanamento; conversio: avvicinamento».

12 Cf Col 3,3.

1 Cf At 8,19.

2 Cf At 8,20: «Il tuo denaro vada con te in perdizione».

3 Cf Mt 13,55

4 Cf Lc 9,58.

5 Cf 1Ts 2,9.

1 Cf Imitazione di Cristo , III, LIV, 1.

2 1Cor 13,4-7.

3 Mt 11,29.

4 Lc 14,10.

5 Cf Lc 9,54.

6 Cf 1Cor 1,27.

1 Lc 1,38: «Avvenga di me quello che hai detto».

2 Cf Fil 2,7: «...spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo».

3 Cf Lc 2,49.

4 Cf Mt 13,55.

5 Cf 2Ts 3,10.

6 È la JOC (Jeunesse Ouvrière Chrétienne), fondata in Belgio nel 1925 e visitata da don Alberione (cf AD 128).

7 Gv 14,6: «Io sono la Via».

8 Mt 11,29: «Imparate da me».

9 Gv 13,15: «Vi ho dato l'esempio».

10 Cf 1Cor 11,1.

11 Rm 8,29: «…conformi all'immagine del Figlio suo».

1 Gv 8,12; 10,11; 15,5; 14,6.

2 Cf Mt 5,14. In questa frase del Vangelo il Fondatore vede espressa la missione della FP (cf AD 87).

3 Cf Gv 10,32-33.

4 Mt 26,66.

5 Mc 6,31: «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po'».

6 Cf Gv 4,6.

7 Cf Istruzione VIII, 44, nota 1, p. 112.

8 Cf Mt 10,10.

9 Cf 1Cor 3,7.

10 Cf Mt 13,3-8.

11 Cf Lc 10,20; 17,10.

1 Cf Lc 2,52.

2 Cf Sal 126,6a: «Nell'andare se ne va e piange».

3 Sal 126,6b: «...ma nel tornare viene con giubilo, portando i suoi covoni».

4 Eb 9,22: «...senza spargimento di sangue non esiste perdono».

5 Cf Lc 9,51.

6 Cf Rm 5,10 (Volgata).

7 Cf Mt 26,40.

8 «Consolatrice degli afflitti».

9 Lc 22,53.

10 Sal 21,18: «Han contato tutte le mie ossa» (Volgata).

11 Cf Mt 27,29: «Salve, re dei giudei!».

12 Gv 19,5: «Ecco l'uomo».

13 Gv 19,6: «Crocifiggilo».

14 Cf Mt 27,19.

15 Gv 19,15: «Via, via, crocifiggilo».

16 Cf Mt 27, 23: «Ma che male ha fatto?… Sia crocifisso!».

17 Cf Gv 19,12.

18 Cf Mt 27,24.

19 Mt 27,25.

20 Lc 23,34.

21 Gv 19,28: «Ho sete!».

22 Gv 19,27: «Ecco la tua madre!».

23 Troviamo questo anelito spirituale nel Diario del giovane Alberione, in Sono creato per amare Dio , Roma 1980, n. 85, dove «Sitio» è ripetuto per ben sei volte.

24 Gv 19,30: «Tutto è compiuto!».
sup>25 Cf Lc 23,46.

26 Vedi nota, in EMC, X, 58, nota 5, p. 124.

27 «…I tesori infiniti dei suoi meriti sono i miei», in: S. Teresa di Gesù Bambino, Opere complete, Libreria Editrice Vaticana-Edizioni OCD, Roma 1997, p. 942.

1 Cf Is 33,14.

2 «Signore, non sono degno...».

3 Cf Mt 8,5-12.

4 Cf Mt 8,12: «...ivi sarà pianto e stridore di denti».

5 Cf Sap 5,4: «Noi insensati...».

6 Cf Lc 16,19-26.

7 Cf Mc 9,43-48: «...il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».

8 Cf Mt 25,46.

9 S. Teresa di Gesù Bambino, Opere complete, ed. cit., p. 1164.

10 «Hai salvato un'anima? Hai predestinato la tua».

1 Cf Gv 20,1-18.

2 Cf Lc 24, 13-35.

3 Cf Gv 20,19-29.

4 Cf Mt 28, 6.

5 Cf Mt 28,11-13.

6 Sant'Agostino, Esposizione sui Salmi, Salmo 63,7, in Breviarium Romanum , Mattutino del Sabato Santo, II Notturno, Lectio VI.

7 Cf Rm 6,9.

8 Cf Imitazione di Cristo , I, XIII, 2.

9 Citazione approssimativa e incerta. Un pensiero simile si trova in PL 39, 1820.

10 «Con lei che ti sostiene...»: S. Bernardo, Lode alla Vergine Madre, Omelia 2, n. 17, in SBO, IV.

11 Cf Lc 24,47.

12 Cf Gv 21,9-13.

13 Cf Rm 6,5.

14 Lubinu Maria Antonietta sr. Rosa, morta a Bologna il 27 dicembre 1945.

15 «Ricordati o uomo...». Dalla liturgia del mercoledì delle ceneri.

16 Cf Mt 24,31.

17 Cf Sant'Alfonso, Apparecchio alla morte, I,1.

18 Mt 13,43.

19 Per le caratteristiche del corpo glorioso cf 1Cor 15,42-44.51-53.

20 Giovanni da Capestrano (1386-1456), francescano della stretta osservanza, vicario dell'Ordine, sostenne la crociata contro i turchi.

1 Cf Gv 20,11-18.

2 Cf Gv 21,1-23.

3 Cf Lc 24,13-35.

4 Cf Sant'Agostino, Sermo 235,3.

5 Lc 22,32: «...e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli».

6 Lc 24,30: «...allo spezzar del pane».

1 «Per lui (Cristo), con lui e in lui…». Dossologia conclusiva della preghiera eucaristica della Messa.

2 «...speranza nostra, salve!».

3 Cf Gv 21,1-7. Nella predicazione, don Alberione fonde liberamente l'apparizione di Gesù dopo la risurrezione sulla riva del lago e l'episodio di Gesù che cammina sulle acque dopo la moltiplicazione dei pani, secondo la narrazione di Matteo.

4 Cf Mt 14,28-32.

5 Corrisponde a istituti religiosi.

6 Pio XII, papa dal 1939 al 1958. La sua figura grandeggia per l'attività a favore della pace durante la seconda guerra mondiale, per molti radiomessaggi, e per notevoli encicliche, come: Summi Pontificatus (1939), Mystici Corporis e Divino Afflante Spiritu (1943), Mediator Dei (1947).

7 Non sappiamo bene cosa intenda don Alberione con questo riferimento. Non è certo che si tratti di un'enciclica di Pio XII. In caso affermativo, bisogna risalire alla Summi Pontificatus del 1939. Il Papa che ha emanato un gran numero di documenti contro la persecuzione è Pio XI. Dal testo sembra trattarsi di una enciclica stampata dalle FSP. In VN, 5 [1946]7, si trova la seguente nota: «In questi tempi si diffondono molti libri di sociologia. Vi ricordiamo che a Roma abbiamo ancora molte copie dei libretti delle due encicliche Ubi arcano Dei [1922], la vera pace sociale e Rerum novarum, sulla questione sociale. La parola del Papa è sempre la migliore e la più sicura».

8 Lo scisma tra la Chiesa d'Oriente e d'Occidente è avvenuto nel 1054.

9 Don Alberione fonde le versioni di Matteo e Marco: cf Mt 28,19; Mc 16,15: «Andate e ammaestrate tutte le nazioni... predicate il Vangelo a ogni creatura».

10 «Amò la Chiesa... Conquistò la Chiesa... Inviò la Chiesa» (cf Ef 5,25; At 20,28).

11 Cf Mt 16,18.

12 Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, 18-25 gennaio.

13 Maria Gabriella Sagheddu (1914-1939), monaca trappista a Grottaferrata (Roma), ha offerto la vita per l'unità della Chiesa. Beatificata il 25 gennaio 1983.

14 Pio XI, Achille Ratti (1857-1939). Papa dal 1922. Fu detto: Papa delle missioni e dell'Azione Cattolica.

15 «Affinché ti degni di richiamare tutti gli erranti all'unità della Chiesa e condurre tutti gli infedeli alla luce del Vangelo...».

1 Cf 1Cor 15,8.

2 Gv 20,17: «Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro».

3 Cf At 1,9-11: «Uomini di Galilea...».

4 Cf Sal 24,7-9.

5 Sal 47,1. 6: «Ascende Dio tra le acclamazioni... applaudite...».

6 Sal 110,1: «Siedi alla mia destra».

7 Eb 7,25: «...sempre vivo per intercedere a nostro favore».

8 «Credo la vita eterna».

9 «E aspetto la risurrezione dei morti. E la vita del mondo che verrà».

10 Mt 25,34.41: «Venite, benedetti... Via, lontano da me, maledetti...».

11 Cf Mt 19,29: «...e avrete in eredità la vita eterna».

12 Cf 2Cor 7,4: «Sono pieno di consolazione».

13 1Cor 15,41: «Ogni stella differisce da un'altra nello splendore».

14 Mt 25,21: «...prendi parte alla gioia del tuo Signore».

15 Rm 8,18: «Le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura».

1 Il Primo Maestro tornò dall'America Latina l'11 aprile; completò la predicazione alle FSP di New York con una meditazione e un Ritiro mensile (cf Stati Uniti Meditazioni varie 1946, nn. 7-8, pp. 57-74).

2 Probabilmente si riferisce a: I caratteri della carità, Pia Società Figlie di San Paolo, Roma 1937, pp. 126: rielaborazione di un trattato di Giacomo Giuseppe Dugnet fatta da M. Nazarena Morando.

3 San Francesco di Sales, Teotimo o Trattato dell'amore di Dio.

4 Cf 1Cor 3,6: «È Dio che fa crescere».

5 2Cor 3,5: «La nostra capacità viene da Dio».