BRASILE - MEDITAZIONI VARIE 1946
Dopo l'entusiasmante esperienza vissuta negli Stati Uniti, don Alberione e Maestra Tecla si mettono in viaggio per il Brasile. Il 7 febbraio raggiungono, in treno, Miami da dove prendono l'aereo: un volo di tre giorni, perché si viaggia solo di giorno (cf VPC 91). L'11 febbraio fanno scalo a Rio de Janeiro e raggiungono in treno São Paulo. Un viaggio faticoso che segna anche il passaggio da un rigido inverno a una caldissima estate (cf VPC 92). Don Alberione divide il suo tempo tra le tre comunità: SSP, FSP, PDDM. Si fermano in Brasile fino al 7 marzo, poi volano verso l'Argentina dove si fermano fino al 29 marzo. Ripassano in Brasile e il 4 aprile riprendono un'altra volta l'aereo per New York. Il 14 don Alberione parte per la Francia e rientra a Roma il 25 aprile, per ripartire subito dopo per la Spagna. Maestra Tecla invece fa il viaggio di ritorno ancora in nave, sul Vulcania, e giunge a Roma il 23 maggio1.
Durante questa lunga visita in America Latina, don Alberione «conforta» le comunità «con le sue ardenti meditazioni e invita a guardare in su, indicando la via della santità»2. Purtroppo poco è stato conservato di questa predicazione: nulla di quella tenuta in Argentina, dove sembra abbia predicato un Ritiro alle FSP3; scarse le note di quella tenuta a São Paulo in Brasile. Queste sono raccolte in un plico dattiloscritto, dalla copertina nera, insieme a qualche altra meditazione degli anni successivi. Vanno sotto il titolo: "Meditazioni del Primo Maestro. São Paulo , febbraio 1946"; vi sono inoltre tre mezzi fogli protocollo su cui sono annotate a mano e in modo sintetico le meditazioni del 18 e 19 febbraio.
Il plico dattiloscritto contiene scarni appunti di 6 meditazioni e di un Ritiro. Le prime sono numerate a partire dal numeroIII. Non tutte sono datate. È verosimile che qualcuna sia stata
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tenuta prima della professione, avvenuta il 17 febbraio; seguono quelle del 18, 19, 24 febbraio. Con probabilità il Ritiro è stato tenuto a chiusura della visita (marzo 1946). Inducono a optare per questa ipotesi alcune espressioni, orientate a tracciare un cammino spirituale (n. 7/III) e apostolico.
Il linguaggio, semplice e colloquiale, manifesta come il Fondatore si metta al livello delle numerose giovani brasiliane che lo ascoltano con la fatica del loro italiano e nello stesso tempo propone le direttive necessarie per radicarsi bene nella vocazione, crescere e protendersi in avanti.
Sebbene le note siano scarne, si è creduto opportuno inserirle nella presente raccolta, perché documentano bene la preoccupazione formativa del Fondatore.
Quanto è annotato ci permette di cogliere le costanti di questa predicazione: lotta al peccato (n. 7/I-II), grande fiducia (n. 2), tensione alla santità e al Paradiso (nn. 1, 3), crescita armonica secondo le «quattro ruote» (n. 4), devozione a san Paolo (nn. 4, 5), senso apostolico, tentando di cogliere le sfide del contesto locale (nn. 1, 2, 4, 6), radicamento in Cristo Maestro secondo il metodo VVV (nn. 2, 7/III), devozione mariana (n. 2), osservanza delle Costituzioni (n. 6). Un elemento che viene sottolineato è l'elevazione dell'istruzione (n. 2), base indispensabile per l'apostolato e anche per una serena comprensione della vita religiosa.
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1. IL PARADISO*
Volete andare in Paradiso? Qual è la via più breve e più facile? È il libricino delle Regole. S. Giovanni Berchmans sul letto di morte ha fatto una confidenza: "Non ho mai trasgredito la minima regola, per esempio la regola di spazzolarsi prima di uscire". Dopo la raccolta delle nocciole il superiore dava licenza di raccogliere e mangiare quelle che trovavano, ma Giovanni anche in questa occasione osservava la regola: "Non mi servo della licenza, sto alla Regola".
Strada sicura, facile, che tuttavia è quotidiana. Le Regole vi guideranno al cielo. Ecco che un gruppetto di voi ha fatto la sua professione e l'ha fatta volentieri per seguire la Regola ed essere certe del Paradiso. Si deve arrivare all'amor di Dio!
Vi faccio tre domande:
1) Pensate al Paradiso? Ne parlate?
2) Sapete che in Paradiso ci sono molti posti, secondo il grado di virtù?
3) Abbiamo la fede vivissima del Paradiso?
Ricordiamo a tutti che siamo fatti per il Paradiso. Il Paradiso è quel posto che Dio destinò a ognuna di noi, là ci sono sante vergini, tanti sacerdoti, c'è il meglio. Sulla terra c'è mistura di buoni e cattivi, in Paradiso no, solo buoni. Ricordare le sorelle passate di là; non ne hanno forse bisogno? Per andare in Paradiso bisogna fare una bella pulizia, e l'amor proprio è tanto fine!
Dunque il Signore ci aspetta in Paradiso.
Il Paradiso ha molti posti, c'è Gesù Cristo, S. Giuseppe, la Vergine SS., vi sono molti posti. Chi [si] fa pochi meriti [avrà un] piccolo posto... ci sono di quelle che amano molto il Signore e il [loro] posto sarà adeguato.
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Fede grande nel Paradiso; quando diciamo il Credo domandiamo l'aumento di fede. La religiosa rinunziò a qualche cosa per avere un posto in Paradiso.
Il pensiero del Paradiso dev'essere frequente. Se una non pensa, per esempio, al Paradiso per mortificare gli occhi, la lingua, i sensi, non riuscirà a vincersi e a farsi i meriti.
Domandiamo la grazia di aumentare la fede nel Paradiso, dimodo che divenga abituale il pensiero del Paradiso e sia l'oggetto dei nostri desideri, il sostegno nelle prove.
Sia lodato Gesù Cristo.
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2. FIDUCIA*
Le virtù principali del religioso sono la fede, la speranza e la carità che formano il fondamento [della vita cristiana]. La fede ci fa considerare Dio come Padre, come premio. La speranza ci dà la fiducia di andare lassù a goderlo e la carità ci dà la grazia per vivere bene, così bene da meritare di andare lassù...
Ecco quello che si deve fare sulla terra, purificarsi per andare lassù cogli angeli e coi santi.
Abbiate fiducia, dice il Salvatore, di conseguire il Paradiso e le grazie necessarie per arrivarci. E quali sono queste grazie? La grazia di vivere la vita religiosa; sperare la grazia di apostolato, di vocazione; sperare lo spirito di preghiera per corrispondere alla nostra speciale vocazione!
Ci sarà chi spezza il pane, e chi è chiamato a distribuir questo pane. La Pia Società San Paolo è diversa in certe cose dalla Pia Società Figlie [di San Paolo], e per altre è uguale. Il Diritto canonico ha stabilito le regole generali. L'Istituto ha di speciale lo spirito di S. Paolo: S. Paolo che aveva un amore così grande, una conoscenza profonda di Gesù, un apostolato così largo, meraviglioso!
Confidate! Ci sono anime che vivono sempre nel timore, solo le accidiose vivono nel timore.
Confidate perché Gesù è buono, è il Maestro che ha un amore che è il migliore [di tutti]. Confidate in Maria, Regina degli Apostoli, la quale ha dato Gesù agli uomini, per vocazione. Confidate in S. Paolo, il vaso di elezione1, l'apostolo per antonomasia, confidate, certe di ottenere due grazie: farsi sante; e allargare l'apostolato affinché porti i frutti.
[Le] anime che vivono sfiduciate non sanno di che spirito sono. Fiducia, speranza! Quando lo scoraggiamento penetra in un'anima, sapete qual è la decisione eroica di quest'anima? Abbandonare tutto.
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Quando lo scoraggiamento entra in un'anima: Tanto non mi faccio più santa..., allora cessa la lotta, lo sforzo. Avete fatto bene a dire: «Da me nulla posso», ma dobbiamo andare più avanti: «Con Dio posso tutto», come S. Paolo2. Il confessare la nostra debolezza senza la fiducia in Dio... abbiamo la disperazione. Conla debolezza andiamo alla fonte: "Gesù, non so pregare". Quando viene la sfiducia volgiamoci a Maria, a S. Paolo e avanti con fiducia.
Voi fate un mestiere che fanno gli angeli custodi; non si dice che sempre tutte portino frutti. Gesù quando ha voluto spiegare il frutto dell'apostolato raccontò la parabola del seme. Una parte cade in cuori aridi, mondani, e secca, un'altra in cuori disposti a produrre poco, altra in cuori ben preparati e porta frutto, il cento per uno3.
L'indirizzo della Società dipende dalle edizioni. Gesù quando predicava non era ascoltato da tutti; anzi, quando morì sembrava che tutto fosse finito, invece tutto cominciò [da] lì. I sacerdoti e i religiosi devono essere molto attivi; e ricordiamoci che Maria sembrò non aver fatto nulla. Tenerci umili. Soprattutto confidate, confidate anche quando tutto va male. La santità sta nell'abbassare la testa.
Quando vi farete sante? Quando vi allargate nell'apostolato? «Ti sarà fatto come hai creduto»4: prendiamo quanto abbiamo di fiducia. «La tua fede ti ha salvato»5. Credete, sperate in Gesù, nella Regina degli Apostoli e in S. Paolo.
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3. SANTIFICAZIONE E APOSTOLATO*
Nella vita religiosa del nostro Istituto vi sono due serie didoveri che corrispondono ai due fini dell'Istituto: 1) la santificazione o perfezione a cui i membri devono tendere non in qualsiasi modo, ma nel modo determinato dai voti e dalla vita comune; 2) l'apostolato.
La prima serie di doveri dipende dal primo fine [dell'Istituto]. E si possono ridurre a una sola parola, a un dovere unico che si applica a tante cose, unico perciò essenziale: attendere alla perfezione propria.
Professione: vuol dire prendere il mestiere di santificarsi. E fino a quando? Fino alla morte, e lavorare sempre con più impegno. Uno può indebolirsi in salute e non poter più fare certi lavori, ma non è dispensato dal lavoro di santificarsi, anche se non potesse più fare la Comunione.
La santificazione sta nel rinnegare se stesso e seguire Gesù. La professione perpetua impone molti doveri per cui bisogna mettere la volontà fuori dell'uscio, ed i gusti, [le] tendenze, l'amor proprio nella spazzatura.
Santificarsi. Ma in che modo? Facendosi ognuna il proprio orario, compiendo le divozioni scelte da lei, scegliendosi l'ufficio? No, ma nella vita comune; l'orario non ce lo facciamo più noi. L'esame, la Visita, la Messa vanno fatti col metodo determinato. Lo stesso modo di pensare non è più libero. La vita comune è proprio aver un modo comune di pensare, di sentire, [di] amare l'apostolato; la vita comune regola i desideri, l'orario, il vestito, la formula delle preghiere, ecc. La vita comune non è solo fisica (vitto, vestito...), è molto intima, è disposizione interiore di mente, di cuore, di aspirazioni e desideri, e per questo ci vuole molta grazia. La vita comune è base della vita religiosa.
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Altro mezzo che abbiamo sono i voti. Castità: bisogna considerarla più nella parte positiva, non solo astenersi dal peccato, ma dare il cuore a Dio e amare lui solo. Povertà: che è non solo non sprecare, ma venire alla parte positiva, saper chiedere, raccogliere per dare al Signore. Non solo non perdere tempo, mafarlo fruttificare. Comprare una macchina anche cara, ma che fail lavoro di parecchie persone è povertà. Obbedienza: non soltanto non disubbidire, ma interpretare bene le Costituzioni, l'ufficio, l'orario, le intenzioni dei superiori, per es. l'infermiera non si contenterà di eseguire le ordinazioni del medico, ma cercherà di indovinare le necessità dell'ammalato, aver cura di rinfrescargli le mani, porgergli sollievo, e poi curare anche l'anima incoraggiando, offrendo qualche buona lettura, aiutandolo a pregare, ecc.
I voti si devono osservare positivamente, con l'intenzione diamare sempre di più il Signore, con la mente, col cuore, con le forze tutte.
«Bona paupertas, melior castitas, optima obedientia»1. L'obbedienza, la docilità quanto è preziosa, e perciò quante tentazioni contro di essa! Lasciare la propria volontà richiede molto sacrificio; la volontà ce la portiamo sempre insieme e non si diventa [così] indifferenti come dovrebbe essere il religioso, indifferenti da nulla domandare, e nulla rifiutare. Certe persone sanno combinare le cose in maniera da fare sempre quel che loro piace sotto l'aspetto di fare la volontà di Dio. Questo è la rovina della vita religiosa, e andando avanti questo diventa connaturale, di modo che queste persone non se ne accorgono più, ed in realtà fanno quel che vogliono. A volte facciamo la nostra volontà pensando di far meglio di quel che fu detto dall'obbedienza. No, il meglio è l'obbedienza.
Il secondo fine è l'Apostolato delle edizioni che ha tre parti:redazione, tecnica, propaganda. L'apostolato è la missione di far conoscere Gesù Cristo, la sua dottrina; in una parola è presentare il catechismo in tante forme: Miro imparò2, Vangelo, vite diSanti, ecc.
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Il regno di Cristo non ha ancor conquistato il mondo e le anime, voi siete la luce3. Dio fu il primo editore. La Bibbia, [dice] S. Leone, è «Epistola Dei ad homines»4. Dovete imitare Dio. Qui sta la vostra nobiltà: essere congiunte al sacerdote. La donna associata allo zelo sacerdotale, fatta voce del parroco, voce della Chiesa. Maria e Gesù: suore e sacerdoti devono tenersi a [una] certa distanza, ma tendono al medesimo fine. Il sacerdote aiuta la formazione della suora, e la suora aiuta le vocazioni sacerdotali, zela le vocazioni nella propaganda. La suora sa che deve spandere il buon odore di Cristo con l'esempio, colla modestia, umile e disinvolta, sacrificandosi perché si stabilisca il regno di Gesù su tutto il mondo. Se amate davvero la vita religiosa, conoscerete ciò che ci vuole in essa, e sarà facile distinguere le vocazioni, le chiamate.
La prima propaganda è [quella] dell'esempio. La seconda è [quella della] grazia: i vostri sacrifici, le preghiere, ecc., per ottenere la grazia alle anime. La terza è [quella] delle vocazioni.La quarta è [quella] delle Edizioni, sotto varie forme. Le due Società [San Paolo e Figlie di San Paolo] sono associate nello zelare periodici, libri, Vangelo, secondo i tempi e le capacità.
Come Gesù ama la Chiesa, come l'amore di Maria per Gesù,così l'associazione dell'apostolato tra la suora e il sacerdote.
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4. IL CARRO PAOLINO*
Il carro ha quattro ruote, tutte devono girare ugualmente. Sene avesse solo tre [che girano] non camminerebbe. Spirito, apostolato, studio, povertà, se queste ruote procedono assieme il carro va avanti senza scosse.
La prima [ruota] è la pietà perché da questa procedono tutte le grazie: «ad omnia utilis est»1, ci ottiene grazie e benedizioni per la vita presente e specialmente per la futura. La vera pietà è il vero amor di Dio, è il desiderio che ha l'anima di amare il Signore. La pietà comprende due parti: l'anima va da Gesù, coltiva la divozione alla Madonna, a S. Paolo, a S. Giuseppe, ecc.; è il sospiro dell'anima che si sente debole e cerca forza, luce, che vede i suoi difetti e cerca la santità, richiede pertanto l'umiltà e la fiducia. Appena sveglia l'anima dà il cuore a Dio, con l'invocazione della Madonna, si prepara bene alla Comunione e alla meditazione con l'esame preventivo. Recita bene il rosario, le preghiere, le giaculatorie. Quando non si potessero fare tuttele pratiche si supplisca, così quando si viaggia e non si può assistere [alla Messa, si legge] la Messa sul Messalino, ci si unisce in spirito alle quattrocentomila Messe che si celebrano ogni giorno.
Unione con Maria. Immaginarsi quando la Vergine santa teneva tra le braccia Gesù, e pensare a quell'unione santa tra il cuore di Gesù e di Maria, e attingere sante intenzioni, sante aspirazioni. Vi sono anime in comunione spirituale continua, intima, riposante, di un riposo che non è dormire, e questo si può fare anche in viaggio e in propaganda perché non è faticante, ma è un riposo sul cuore di Gesù; fare come i bambini che gli mettevano le mani sulle ginocchia. Questo esercizio è di grande vantaggio per le suore.
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La seconda ruota è lo studio, che per noi è studium cioè impegno per imparare. La cuoca si studierà di preparare i cibi sempre più nutrienti, e così tutte ed ognuna nel suo ufficio. Non é solo studio lo studio della geografia, ma è studio l'impegno di sempre più progredire nel proprio ufficio; e quando foste già vecchie dovete ancora cercare di imparare sempre più, perché l'uomo è sapiente quando si crede ignorante. Quando potremo dire: So fare bene la Comunione? Comunione è unione con la stessa Sapienza, quando la faremo degnamente?
Fra le cose da imparare le essenziali sono: il catechismo, le Costituzioni, l'ascetica. Catechismo, non solo le domande e le risposte a memoria, ma svilupparlo gradualmente fino alla teologia. Costituzioni, conoscerle bene perché costituiscono la vostra vita. Ascetica, conoscere le cose principali, il modo di pregare, di far la Visita, la condotta spirituale delle anime, come praticare la fede, la speranza, la carità, la longanimità, la fiducia in Dio. Sapere che la perfezione sta nel fare la volontà di Dio.
Poi lo studio del proprio ufficio. Certe persone si lamentano di aver distrazioni perché pensano sempre a quel che devono fare. Pensare a quel che si deve fare non sono distrazioni, a volte può essere un'ispirazione; si raccomandi nella preghiera quel bisogno, quell'anima, quella difficoltà del proprio ufficio.
Poi c'è lo studio propriamente detto, al quale si attende secondo le attitudini, le necessità e le disposizioni dei superiori. Qui bisogna star attente alla superbia, perché se cattiva e ridicola è la superbia ignorante, la scienza che serve solo a gonfiare2 è peggiore perché fa perdere i meriti, rende vani e allora è meglio saper meno; ma se vi è, come in S. Tommaso, sapienza e pietà allora si serve a Dio. L'Istituto ha fatto grandi sacrifici per formare un gruppo [di studenti di teologia] ed avere tutto il corso superiore in casa. È il corso più alto che si conosca, non so se vene sarà [uno] uguale in altro Istituto, tanto che quando dissi che volevo arrivare a questo, mi dicevano che ero matto.
Nelle ricreazioni parlare di cose istruttive. Siate pur liete nelle vostre ricreazioni, dite pure anche facezie che vi rallegrino, ma non cose vane che non appartengono al vostro stato. S. Giovanni Berchmans si studiava sempre il modo di introdurre discorsi
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buoni, ed i compagni facevano apposta a parlare di cose divaganti per vedere la sua abilità a introdurre discorsi spiritualie a dire sempre qualche cosa che lo umiliasse.
La terza [ruota è l'] apostolato. Nello scrivere imitare Dio che ha [fatto] scrivere la Bibbia. Nello stampare imitare gli apostoli che parlarono e scrissero per insegnare. Propagando, come gli angeli che portano la parola di Dio al cuore degli uomini con sante ispirazioni.
Siete "le postine di Gesù"3 e allora l'apostolato così considerato prende carattere sempre più spirituale, come dice la regola più importante delle Costituzioni.
La quarta [ruota è la] povertà, che comprende e regola le necessità della vita: cura della salute, giusta regola di mortificazione, uniformità nell'abito, vitto, locali, ecc. È povertà obbligatoria non solo amministrare bene, ma anche occupare bene il tempo, tener nota delle cose per ricordarsi meglio, industriarsi per far rendere il tempo, curare la beneficenza. C'è la povertà individuale e la povertà dell'Istituto. Alcune pensano che se manca qualcosa bisogna sopportare, ma se le cose sono date si devono usare con larghezza, e dimenticano che siamo discepoli di Gesù Nazareno.
Così corre il carro dell'Istituto. A volte, in certi tempi, si spinge un po' più una parte o l'altra, ma ci deve sempre essere un certo equilibrio.
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5. SAN PAOLO NOSTRO MODELLO*
È una domenica che si può dire paolina. La stazione è alla basilica di S. Paolo e la liturgia si ispira tutta a S. Paolo.
È bene dire sempre l'oremus1 di questa Messa. L'Epistola è pure di S. Paolo e ci dà un tratto della vita di S. Paolo2. Il Vangelo è il Vangelo del predicatore, il Vangelo della semente3.
In S. Paolo la parola di Dio diede il cento per uno. Quale fu la parola, il seme? Fu la parola di Gesù che lo sgridò: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?»4. Da allora Saulo cambiò vita e pensiero.Se prima devastava la Chiesa, dopo ne piantò più di cento.
La parola di Dio può trasformare, cambiare il cuore e produrre il cento per uno. Domandiamo tutti i giorni la grazia di comprendere la nostra vocazione, perché non è tanto facile. La superbia ci porta a stimare la vocazione in un modo sbagliato, sciocco. L'umiltà invece ci fa stimare la vocazione nella maniera vera perché ce ne ricorda i doveri. S. Paolo faceva forse un atto disuperbia a chiamarsi maestro delle genti5? No, era umiltà, mostrava la sua missione. Tenersi nascosto quando si deve parlare è falsa umiltà. Noi dobbiamo arrivare a scrivere, stampare, produrre molte belle edizioni, e portare a Dio molte vocazioni. Preghiamo il Padrone delle messi6.
Oggi chiediamo molte edizioni, molte vocazioni e che la parola di Dio si diffonda e, quel che non possiamo fare noi, ottenere con le preghiere che lo facciano altri, anche se poi non lavorassero
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solo per amore, ma per amor del denaro; S. Paolo diceva: «Basta che Cristo sia predicato»7.
Come i bambini han bisogno della mamma, così le vocazioni han bisogno della mamma, cioè di chi le avvicini, aiuti, conforti, rischiari le nubi.
Quando non saprete più dove rivolgervi e le difficoltà saranno molte dire l'oremus di oggi. Questo oremus è di molta efficacia. Ci sono preghiere che hanno efficacia secondo le disposizioni di chi prega, altre sono infallibili: i sacramenti; altre che sono di mezzo, partecipano dell'una e dell'altra, tra queste l'oremus di oggi.
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6. LA PAZIENZA E LA PREGHIERA PER LA STAMPA*
La pazienza è la virtù dei santi. È anche una grande santa: ["santa pazienza!"]. Invocarla e invocare specialmente l'Addolorata, ed i santi martiri che esercitarono la pazienza in modo ammirabile. Gesù è il re dei martiri ed esercitò la pazienza non solo sulla croce e nel Getsemani, ma in tutta la vita.
La vita religiosa è considerata un lungo martirio. «Non sono venuto a mettere la pace, disse Gesù, ma la spada»1. Pace nel cuore sì, ma ciò non toglie che vi sia sempre contraddizione, dovendo vivere con persone di altro carattere e altre tendenze.
Chi di voi sa comprendere la preghiera di S. Giovanni della Croce2? Egli era mal visto dai confratelli perché voleva essere osservante. A volte questo può recare contraddizione. Può essere che il rilassamento sia tale che una suora dica di aver mancato di povertà, mentre ha mancato contro il settimo comandamento.
Per essere osservante S. Giovanni [della Croce] fu messo inprigione, senza pane, senza poter cambiarsi gli indumenti, perseguitato, calunniato, eppure [fu] sempre paziente. Alla fine Gesù gli apparve e gli disse: "Hai sofferto tanto per me, che ricompensa vuoi?". E S. Giovanni rispose: "Patire ed essere disprezzatoper te". Nell'agiografia dei santi non conosco preghiera più generosa. E noi abbiamo orrore al patire? Aver orrore al patire è aver orrore ad essere santi.
Proponiamo [di] essere pazienti e di accompagnare Gesù fino al Calvario. È poco accompagnare Gesù fino alla Comunione, molti sono che l'accompagnano alla mensa, ma bisogna andare fino al Calvario, fin dove comincia la sofferenza, fino al patire positivo... E non solo soffrire per i nostri peccati, questo è penitenza, ma soffrire [anche] per quello che non ci siamo meritato.
Le penitenze che ci siamo scelte sono tutti gli articoli delle nostre Costituzioni. La vita comune è la miglior penitenza, per
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cui bisogna, nell'espressione di S. Teresina, essere la pallina di Gesù3. Noi invece abbiamo i nostri programmi, i nostri punti divista.
Ricordiamo: «Buono il pregare, ottimo il soffrire»; Gesù compì la redenzione sulla croce; noi cominciamo a farci santi quando cominciamo ad esercitare la pazienza. Guardiamo l'Addolorata.
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4Oggi le preghiere siano specialmente per la stampa quotidiana, domani per il Giornalino5. Pio X6 vendette l'anello pastorale per sostenere il giornale, e con ragione Mons. Ketteler7 disse che se S. Paolo vivesse oggi si farebbe giornalista. Il giornale può essere settimanale, mensile, diretto specialmente a un ceto di persone o a tutti in genere; il quotidiano è il punto di arrivo.«Una chiesa di meno ed un giornale di più» disse il Vescovo di Milano8, volendo con ciò dire che il giornale opera più bene perché arriva anche a quelli che non vanno in chiesa ed hanno bisogno di chi ricordi loro la dottrina della Chiesa, le verità necessarie per salvarsi.
Tra le nazioni questa, è forse la prima che ci offre facilità e libertà per questo. Pregare e cercare di aiutare le anime travolte da questa stampa cattiva. Mettiamo le intenzioni nelle preghiere di marzo9 per ottenere il quotidiano cattolico e il Giornalino per i bambini. Le Figlie di San Paolo a Roma fanno molti sacrifici per il Giornalino, perché i bambini amino Gesù.
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Pregate e lavorate, farete così cosa grata al cuore di Gesù che ebbe per i piccoli le predilezioni. Quando si fa del bene ai bambini si è sicuri delle benedizioni di Dio.
Preghiamo tanto per le edizioni. La Chiesa approvando l'Istituto ha anche avuto in vista che vi fossero suore che pregassero e lavorassero per le edizioni.
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7. IN CRISTO VIA VERITÀ E VITA NELLA LUCE DEI NOVISSIMI*
Ritiro mensile
I. Purgatorio
L'anima, subito dopo la sua morte, è illuminata sul suo stato e subito spinta e portata verso il luogo a cui è destinata.
Vi sono anime condannate al Purgatorio, non sono poi molte quelle proprio degne dell'Inferno perché, benché abbiano peccato mortalmente, entrano poi in sé e si pentono. Ma anche rare sono le anime così belle, degne di volare subito al Paradiso perché, benché non abbiano peccati mortali, pure non sono degne della presenza di Dio per quattro cause:
1) Tiepidezza, o freddezza nel servizio di Dio, indifferenza e negligenza nei doveri. Molti passano sopra a tante cose.
2) Peccati perdonati quanto alla colpa, ma di cui non si è soddisfatta [la pena] con la penitenza imposta dal confessore.Oppure peccati veniali non ancora perdonati. Dio esigerà fino all'ultimo quadrante. I nostri debiti dobbiamo pagarli. Vi sono però le indulgenze, ma certe persone cercano l'indulgenza nella penitenza.
3) Peccati veniali attuali, cioè quei peccati che l'anima continua a commettere. Vi sono persone a cui non importa di offendere il Signore in tante piccole cose.
Il peccato veniale indeliberato non offende il Signore: per questi non si va in Purgatorio, ma gli avvertiti sono punture al cuore di Gesù: superbia, curiosità, perdita di tempo, attaccamento a certe soddisfazioni un po' spinte, accidia continuata nella preghiera, nei doveri quotidiani. Il Signore vede in queste anime, non marciume, ma tanti piccoli vermi come sulla carne in principio di putrefazione. Queste persone non vogliono combattere le bugiette, i dispetti, i rancori, rompono facilmente il silenzio, trascurano le Regole col pretesto che non sono più bambine; ma intanto diminuiscono le grazie.
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4) L'affezione al peccato veniale. E sono certe affezioni esagerate; passioni non mortificate del tutto, ad es., aver ancora eccessiva preoccupazione della stima; affezione esagerata verso qualche persona; sentimenti di orgoglio per cui non si vuol cedere e si interpretano male le intenzioni e le azioni altrui; gelosia, ecc.
Queste cose non ci permettono di volare subito in Paradiso;sono serpentelli che si nutrono in seno, sono come nebbia per cui non si può vedere bene, non si ha lo sguardo limpido da poter fissarsi in Dio che è luce perpetua. Volete che dopo che fu così attaccata alla terra l'anima si inabissi [subito] in Dio che è amore? Che non debba aver bisogno di spolverarsi, prima di essere ammessa al Paradiso dove tutto è candore e splendore? «Amerai il Signore Dio tuo con tutta la mente», ma la loro mente è ancora piena di certi pensieri..., «con tutto il cuore», ma il cuore è ancora pieno di certi sentimenti nutriti da certe passioncelle..., «con tutte le forze»1, ed esse le spendono forse solo per motivi terreni.
Che cosa si soffre in Purgatorio? Due sorta di mali:
1. Privazione della vista di Dio. Possedere Dio, vedere Dio: ecco il gaudio e la gioia che inonda le anime sante del Paradiso. E perché ne sono prive queste anime? Perché non hanno amato abbastanza il Signore. Santi canonizzati sono andati in Purgatorio e vi rimasero molto tempo a sospirare il Paradiso.
2. Pena del fuoco. Il fuoco purifica, l'oro è purificato nel crogiuolo. Ogni anima soffre la pena secondo che ha mancato; se ha mancato con la lingua è la lingua che soffre, se con gli occhi sono gli occhi che soffrono, ecc. Ma dirà qualcuno: in Purgatorio non vi è il corpo. È vero, ma sono le potenze dell'anima che soffrono. È un fuoco come quello dell'Inferno, soprannaturale, sebbene meno intenso. Pensiamo al soffrire di tante povere anime che alzano le mani implorando: «Miseremini mei, misereminimei»2. Pregate per le vostre sorelle già passate all'eternità. È questa una delle grandi consolazioni della vita religiosa.
Per farsi un'idea di quanto soffrono quelle anime, ci dice S. Tommaso che qualsiasi pena del Purgatorio è assai superiore a tutte
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le pene fisiche e morali di questa terra; eppure quanta non doveva essere la pena di S. Lorenzo3, per esempio.
Cerchiamo di evitare il Purgatorio: esaminare le cause [delle mancanze], giudichiamo noi stessi. Togliere le cause, evitare i peccati deliberati e mortificare le passioni, essere più fervorosi. S. Gabriele dell'Addolorata4 in sei anni si santificò.
Il Purgatorio bisogna vuotarlo. Suffragare le anime con molte indulgenze, con mortificazioni, sostenere per loro le fatiche dell'apostolato e soprattutto offrire il sacrificio della Messa. Alla sera quando ci stendiamo sopra il nostro letto soffice, pensiamo che quelle anime stanno su un letto di fuoco e recitiamo: L'eterno riposo.
Diffondere fogli e libri sul Purgatorio, scriverne sui periodici, specialmente nel mese di novembre. Vi sono suore che hanno per scopo principale suffragare le anime del Purgatorio, ma tutti abbiamo questo dovere. Passando davanti al cimitero salutare le anime del Purgatorio con un Requiem, così quando si incontra una sepoltura. Diffondere colle edizioni l'opera delle Messe5 e le opere che suffragano i morti.
II. Il peccato veniale
In Purgatorio si va per varie cause, per il bene che si poteva fare e non si è fatto, per i cattivi esempi dati, per il peccato veniale. Il peccato veniale non è da disprezzarsi, non merita l'Inferno, non proibisce la Comunione e molte anime [perciò] si fanno un giudizio sbagliato, lo giudicano come se fosse niente. È piccolo rispetto al mortale, ma in sé [è] un male che ha dell'infinito. È un male più grave di tutti i mali che possiamo provare sulla terra. Il peccato veniale non è un insulto a Dio, ma è una mancanza di rispetto, un'ingratitudine, una indifferenza che offende. Ed è poco mancare di rispetto a Dio? Non è crocifiggere Gesù, ma è dargli uno schiaffo. Per la grande misericordia di Dio può essere perdonato in tante maniere.
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Chi si abitua al peccato veniale fa una vita infelice, senza consolazioni interiori, priva di meriti. È una religiosa miserabile, dappertutto trova di che lamentarsi, non gusterà mai le consolazioni della vita religiosa. L'abitudine al peccato veniale fa strada al mortale. Al principio sono curiosità vane, ma poi la fantasia fa strada, e viene una facilità a ricevere e a procurarsi certe curiosità contro il sesto comandamento; e qui è facile cadere mortalmente perché trattandosi di purezza la materia è sempre grave.
Chi si abitua a tenere tutti i sentimenti di avversione, di gelosia non è lontano dal peccato mortale, perché certe avversioni confinano con il disprezzo; poi quando si arriva a non dare a tutti quei segni di benevolenza che sono dovuti alle persone, allora il peccato mortale non è lontano.
Nella Scrittura abbiamo molti fatti che ci dicono quanto siada detestare il peccato veniale, es. il vecchio Eliseo6. Davide era molto caro a Dio, peccò per vanità, compiacendosi di avere molti sudditi, ed il Signore gli mandò a scegliere tra tre terribili castighi, e sappiamo che ne morirono settantamila in pochi giorni7. Era un peccato di compiacenza. Ci sono molti che si compiacciono per una lezione, per un lavoro; chi si compiace ruba la gloria di Dio. Il Signore ci avverte nel santo Vangelo. Quando i discepoli contenti raccontavano i frutti della loro prima missione, Gesù disse loro: «Non compiacetevi perché avete cacciato il diavolo8, ma quando avrete fatto tutto quello che avete potuto dite: Siamo servi inutili»9. Dio protesta nella Sacra Scrittura: «La mia gloria non la do a nessuno»10. Capite il grande castigo dato a Davide?
Il libro Il peccato veniale11 narra che una certa persona, intelligente, istruita, piena di zelo e progetti per la gloria di Dio, è per causa di crudele morbo, in età giovanissima, chiusa in una stanza senza speranza di guarire, mentre avrebbe tanta inclinazione a vivere coi fratelli, ecc., e conclude: «Tutto questo non è un male che si possa paragonare al peccato veniale».
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Che dire di quelle persone che dicono: Non è un grande male? Non è grande male perdere un po' di sangue, ma se una personati pungesse con uno spillo da mattina a sera? E così tu fai con Dio. Eppure anche persone consacrate a Dio pensano così. Il Cuore di Gesù se ne lamenta: «Quello che mi fa più dispiacere è l'ingratitudine delle persone a me consacrate»12: qui son bugie, là ipocrisie, gelosie, mancanze di carità, parole inconsiderate, parole contro la fede, contro la speranza cristiana, desideri contro l'obbedienza, attaccate a quella cosa, negligenza nell'ufficio, quotidiane perdite di tempo.
Quella suora di Foligno, andò in Purgatorio perché era negligente nel piegare la biancheria. Apparve alla consorella che la sostituiva, grondante sudore così cocente che, cadendone alcune gocce a terra si trasformarono in fumo13.
È niente il peccato veniale? Bisogna chiederlo alle anime del Purgatorio.
Abbiamo orrore al peccato veniale. Diciamo spesso: «Ab omni peccato libera nos, Domine»14.
Qual è il peccato veniale a cui sono più inclinata? Lo combatto, vigilo sulle mancanze di carità, perdite di tempo, sul cuore? A questi peccati veniali abbiamo proprio dichiarato guerra?
Temete molto i peccati veniali di omissione, che si commettono facilmente. Il Concilio di Trento dice di vigilare affinché non si faccia solo l'esame sulle mancanze esterne, ma si esamini anche l'interno. Il Signore ci liberi dal peccato. Diffondete il libro: Il peccato veniale.
III. Il metodo via, verità e vita
Si curi il canto liturgico, si amino le funzioni liturgiche, la preghiera liturgica, si mediti qualche volta sulla sacra liturgia.Dalla liturgia si ricavi sempre meglio la verità che si deve credere, la virtù da praticare e la preghiera sapiente.
Il metodo via, verità e vita da noi seguito nelle pratiche di pietà si segua. Così negli studi, nella vita spirituale, nell'apostolato:
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non è invenzione nostra, è di Dio, e le Figlie di San Paolo devono seguire tale metodo, però non in modo da rendersi schiave del metodo perché questo sarebbe un impedimento. Tutto l'Istituto deve vivere in questo metodo: 1) molta istruzione; 2) governo, soprattutto precedendo con l'esempio, con buona direzione morale; 3) molta preghiera.
Istruzione: verità. Quando gli Istituti cominciano e si sforzano a formare le figlie insegnando il modo di camminare, le formule, il canto... cominciano dalla cima invece di cominciare dalla base. Le religiose se non sono istruite non perseverano, bisogna che abbiano in primo luogo abbondante istruzione religiosa: il catechismo, l'ascetica, la morale, il modo di ricevere i sacramenti, di praticare le virtù, conoscere gli atti umani. La storia dell'antico e del nuovo Testamento e della Chiesa, ecc., ognuno secondo la sua capacità. Le Figlie di San Paolo devono essere le più istruite in religione.
Governo: Gesù è la via, cioè la strada per il Paradiso. Il governo sia saggio, buona la direzione, saggiamente distribuiti gli uffici, orari, saggi i consigli spirituali, indicare i mezzi per evitare il male, per praticare la virtù; che ci sia una vera via per vivere la vita religiosa: profonda istruzione sullo stato religioso. Sono da consigliarsi gli scritti di S. Bernardo, di S. Giovanni della Croce, Tanquerey15. Soprattutto buon esempio: proporsi di dare buon esempio, è questo un dovere di coscienza. S. Giovanni Berchmans e S. Gabriele dell'Addolorata erano modello di regolare osservanza e questo era noto perfino agli esterni.
Preghiera: Gesù è vita per tutti. Occorre la preghiera, migliore è la liturgica. Divozione all'Eucaristia, alla Regina degli Apostoli, a S. Paolo: avrete la vita per le persone che entrano e otterrete benedizioni sulla nazione.
L'Istituto deve onorare il Maestro Via, Verità, Vita.
Proposito sulla carità: via, verità e vita. Il proposito deve essere tale da fare osservare la carità nei pensieri, sentimenti, atti.
1) Verità. Questa è la base: se si pensa bene, si desidera ilbene, si prega per le sorelle, per il prossimo. Se si pensa sinceramente
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che l'incredulo è immagine di Dio, ma che va incontro all'Inferno, allora si desidera il [suo] bene, si prega, si fa arrivare il libretto... si dice la parola che muove... così si amano i peccatori. Ma se io pensassi così: Quella persona è malevola, è dispettosa, non mi può vedere; si deve pregare, è vero; ma come si fa poi a trattarla bene, a desiderarle la santità? Il proposito è completo? No! Istruirsi sulla carità: S. Francesco di Sales ha letto per venti anni il Combattimento Spirituale16. Istruirsi sul dogma: il prossimo è figlio di Dio. Istruirsi sul modo di esercitare la carità.
2) Amo le anime? Amo i fanciulli, prego per i sacerdoti, per le vocazioni, amo le persone che mi istruiscono? Nel mio cuore desidero veramente il bene che il prossimo non ha, e mi compiaccio del bene che il prossimo ha?
3) Pregare e quando c'è l'occasione di fare del bene, farlo. Far bene l'apostolato. Adoperarsi nelle opere di cui dobbiamo occuparci, dare buoni consigli, avere un cuore largo come quello di Gesù che ci fa dire: Padre nostro, al plurale. Dirlo bene, adagio, ben meditato, impiegarvi anche quindici minuti.
Proposito sull'obbedienza:
1) Istruirsi. Che cosa è l'obbedienza, la [sua] preziosità e i motivi. L'obbedienza che dobbiamo al confessore, all'assistente.
2) Amare l'obbedienza cercando di acquistare il cuore di Gesù fanciullo, soggetto a Maria e a Giuseppe17. Gesù Dio ascoltava Giuseppe che era ignorante, ed io voglio impormi a tutti, persino ai superiori. Avere nel cuore vero sentimento di sottomissione.
3) Pregare per i superiori, per ottenere l'obbedienza. In casi particolari offrire Messe, rosari, Visite, tutto per ottenere l'obbedienza. Io obbedisco bene? Voglio praticare quel capitolo delle Costituzioni ove si dice che l'obbedienza non è solo fare le cose di obbligo, ma anche [interpretare] i desideri dei superiori; [curare] l'orario, la sincerità nelle confidenze18.
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1 Cf VN, 6 [1946] 6.
2 Cf VN, 3 [1946] 7.
3 Cf A. Speciale, Cronistoria 1946, p. 15. (Arch. Storico SSP).
* Appunti manoscritti, datati 18 febbraio 1946. A fianco della data è scritto: "P. Maestro". Nella riga sotto: "Meditazione - Il Paradiso". Fu tenuta a São Paulo il giorno dopo la prima professione (17 febbraio) di otto FSP e della vestizione (cf VN 3 [1946] 7). Il testo è steso su tre mezzi fogli di carta protocollo insieme alla meditazione del 19/2/1946. Lo stile è quasi telegrafico.
* Appunti manoscritti, annotati su 4 mezzi fogli di carta protocollo, con data 19 febbraio 1946, senza titolo, a seguito della meditazione precedente, con le stesse caratteristiche.
1 Cf At 9,15.
2 Cf Fil 4,13.
3 Cf Mt 13,3-23.
4 Cf Mt 8,13.
5 Mc 10,52.
* Dattiloscritto conservato nel plico indicato, copia, carta vergata, fogli 4 (21x30), datato: "S. Paulo, Febbraio 1946". Sono da collocarsi tra il 20 e il 23 febbraio. Dopo . la data porta la scritta: "Meditazioni del Sig. Primo Maestro".
1 «Buona è la povertà, migliore la castità, ottima l'obbedienza».
2 G. Boffa, Miro imparò (album catechistico), Figlie di San Paolo, Roma 1938, pp. 34.
3 Cf Mt 5,14.
4 «La lettera di Dio agli uomini». San Leone I (+ 461), papa dal 440, dottore della Chiesa, celebre per i suoi discorsi e le sue lettere. Dai posteri venne designato con l'appellativo di Magno.
* Dattiloscritto, copia, carta vergata, fogli 4 (21x30). Ha come indicazione: III. Fa parte della raccolta di cui alla meditazione precedente. Dovrebbe collocarsi tra il 20 e il 23 febbraio.
1 1Tm 4,8: «La pietà è utile a tutto».
2 Cf 1Cor 8,2.
3 Appellativo dato alle propagandiste, sovente usato dal Fondatore: «Che belle cose avete da fare! Dio ha scritto, gli uomini non ricevono la lettera, ma voi la porterete, in maniera che tutti la ricevano e se voi farete bene le postine di Dio , state sicure che avete trovato la via del Cielo!» (HM II/4, 1932, p. 169). Nel Natale del 1946 scrive in Le beatitudini delle propagandiste: «Benedette le postine di Gesù, che portano in ogni famiglia il suo Vangelo d'amore» (CVV 118).
* Dattiloscritto conservato nel plico indicato: 2 fogli, carta vergata (21x30), porta come titolo: "Domenica di Sessagesima" che nel 1946 ricorreva il 24 febbraio. Viene indicato come "IV" meditazione.
1 L'Oremus della Domenica di Sessagesima è ritenuto importante da don Alberione tanto che è stato inserito nel libro Le Preghiere della Famiglia Paolina a conclusione della "Preghiera a San Paolo". Così recita: «O Dio, tu sai che la nostra fiducia non si fonda sulle azioni umane: per la tua misericordia, ci protegga contro ogni avversità l'Apostolo delle genti».
2 Cf 2Cor 11,19-33; 12,1-9.
3 Cf Lc 8,4-15.
4 At 9,4.
5 Cf 2Tm 1,11.
6 Cf Mt 9,38.
7 Cf Fil 1,18.
* Dattiloscritto. conservato nel plico di cui sopra. Viene indicato come "V" meditazione. Dovrebbe collocarsi tra il 25 e il 27 febbraio.
1 Cf Mt 10,34.
2 Giovanni della Croce (1542-1591), carmelitano, mistico, poeta e dottore della Chiesa. Collaborò con Teresa d'Avila per la riforma del Carmelo.
3 S. Teresa di Gesù Bambino, Opere complete, ed. cit., Lettera 36 a suor Agnese di Gesù, p. 322.
4 Nell'originale questo testo è distinto dal precedente. Sovrapposto agli asterischi c'è il numero romano "VI". Trattandosi di un testo molto breve e simile nel contenuto, l'abbiamo considerato parte della stessa meditazione.
5 Il Giornalino, settimanale per fanciulli edito dalla PSSP.
6 Pio X (san), Giuseppe Sarto (1835-1914), papa dal 1903, particolarmente venerato da don Alberione, che iniziò la PSSP nel giorno della morte del santo Pontefice.
7 W.E. Ketteler (1811-1877), vescovo di Magonza, iniziatore del movimento cattolico sociale tedesco.
8 Probabilmente si allude al card. A. I. Schuster (1880-1954), arcivescovo di Milano dal 1929 fino alla morte, amico della FP.
9 Dal testo della meditazione precedente e l'invito a offrire le preghiere di marzo per la stampa, si può argomentare che la presente meditazione è stata tenuta negli ultimi giorni di febbraio.
* Dattiloscritto conservato nel medesimo plico: 8 fogli, carta vergata, alcuni di prima battitura, altri copia. Comprende tre meditazioni, tenute probabilmente nel mese di marzo.
1 Cf Mt 22,37.
2 Gb 19,21: «Abbiate pietà di me».
3 Lorenzo, martire, diacono della Chiesa di Roma, subì il martirio nel 258.
4 Gabriele dell'Addolorata (1838-1862), di Assisi, dopo una giovinezza spensierata entrò nell'Ordine dei Passionisti.
5 Cf EMC, X, 58, nota 5, p. 124.
6 Cf 2Re 2,23-25.
7 Cf 2Sam 24,12-15.
8 Cf Lc 10,20.
9 Cf Lc 17,10.
10 Cf Is 42,8.
11 A. Beltrami, Il peccato veniale, Libreria S. Cuore, Messina 1967, pp. 17-18.
12 Parole di Gesù a S. Margherita M. Alacoque.
13 A. Beltrami, Il peccato veniale, ed. cit ., p. 53.
14 «Da ogni peccato liberaci, o Signore».
15 A. Tanquerey, Compendio di teologia ascetica e mistica, Edizione italiana Desclée, Roma 1927.
16 L. Scupoli, Combattimento spirituale, Pia Società S. Paolo, Alba 1935.
17 Cf Lc 2,51.
18 Cf Costituzioni della Pia Società Figlie di San Paolo, 1944, artt. 101-106.
1 VN, 10 [1946]6.