In morte di Fratel Battaglia Giuseppe M. Emilio
Tutti ce ne andiamo: è una costatazione. Giorno per giorno la nostra vita si spegne, la candela si consuma sulla terra per accendersi, con fiamma eterna, in Paradiso.
Sia Sacerdoti che Discepoli, siamo tutti protesi, giorno per giorno, verso l'unica meta:, la ricostituzione della Famiglia Paolina in Paradiso.
La chiamata di Dio raggiunse il carissimo Fratello Discepolo Battaglia Giuseppe M. Emilio che, serenamente, all'età di 38 anni, andò a ricevere il premio di religioso fedele e costante.
Aveva visto la luce nella famiglia umana il 7 settembre 1925, a Guarene, nella provincia di Cuneo; venne battezzato 13 giorni dopo nella chiesa dei SS. Pietro e Bartolomeo. Fu educato cristianamente non solo, ma indirizzato ben presto a quei segreti colloqui con Dio che, in genere, preludono alla vocazione sacerdotale o religiosa.
Il papà e la mamma molti sogni nutrivano su lui come sugli altri due fratelli, e la mamma, rimasta presto vedova, quando il Signore bussò alla porta di casa sua per chiederle due figli invece di uno, non disse di no e generosamente li offrì. Entrarono in San Paolo il figlio Pietro, che poi divenne Angelo, professando nella Pia Società San Paolo come aspirante al Sacerdozio e Giuseppe come aspirante religioso Discepolo. Il Signore si prese il primo durante il corso di teologia, nel momento in cui dava le migliori speranze, 1'8 febbraio 1951, il secondo il 17 aprile 1963, quando era già religioso maturo.
La Pia Società San Paolo aveva aperto le braccia a riceverlo il 20 gennaio 1938. La Casa Madre l'aveva visto correre per i suoi cortili, pregare nella sua Chiesa, applicarsi diligentemente nello studio e spendersi e sopraspendersi nell'apostolato. Era già allora gracile di salute; ma tuttavia non mise mai limiti al suo impegno. Generoso e preciso sempre; allegro e cordiale con tutti. Colui che l'ebbe in quei primi anni alle sue dipendenze in brossura attesta:
«Gli si poteva affidare qualunque incarico, sicuri che lo portava a termine con precisione e perfezione in ogni sua parte". E aggiunge: "Amante della sincerità; ascoltava volentieri le osservazioni e non ricordo che si sia mai turbato in queste circostanze».
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Entrò in Noviziato ad Alba, convinto della sua vocazione, 1'8 settembre 1945, Festa di Maria Bambina, e professò l'anno dopo nella stessa festività, prendendo il nome di religione: Emilio.
Amò sempre la propria vocazione e non ebbe mai rimpianti. Si donò totalmente al Signore a Vicenza 1'8 settembre 1951, emettendo i voti perpetui.
Se tutti possono testimoniare sulla dedizione e sulla generosità durante gli anni che trascorse ad Alba, a più ragione si può dire di quelli trascorsi a Vicenza: sia nel periodo in cui vi era soltanto la Libreria, sia quando dovette andare ogni giorno in moto alla San Paolo Film di Padova, sia quando ebbe l'incarico di curare l'Ufficio propaganda della stessa Casa, come quando ebbe il delicato ufficio di contabile nelle registrazioni di economato, alle dipendenze del Superiore. Tutti coloro che furono a contatto con lui non conservano altro che bei ricordi. Per qualcuno fu «fratello, caro e fedele amico»; per qualche altro «fu gioioso e allegro fratello»; per i Superiori che l'ebbero vicino fu «sicuro e segreto».
Quando il Caro Fratello iniziò il suo doloroso calvario nella casa di Vicenza, tutti fecero a gara per alleviargli le sofferenze, per aiutarlo, per fargli capire che la sua era la sofferenza di tutti.
Proprio durante l'aggravarsi della malattia rifulsero la sua pazienza e la sua delicatezza. Ha sempre nascosto l'entità del suo male sia alla mamma che ai Fratelli e persino a chi l'assisteva.
La malattia passò per vari stadi; si recò per un periodo di riposo in famiglia curato amorosamente dalla mamma, trascorse un mese nella casa di Milano costretto poi inesorabilmente a ritirarsi nella casa di Sanfrè. Qui diede gli ultimi esempi di umiltà e riservatezza.
Alla morte si era andato preparando da molto tempo, abbandonato alla volontà di Dio, pronto per l'olocausto supremo.
La morte lo colse pochi istanti dopo aver ricevuto la visita della mamma, del Superiore della Casa di Alba e di alcuni Fratelli; si erano appena allontanati che vennero richiamati dall'Infermiera ... stava entrando in agonia. Il Superiore gli chiese: «Desideri un'altra assoluzione?». Socchiudendo gli occhi rispose: «Sì». La ricevette e spirò.
La salma venne composta e portata in Alba ove ai solenni funerali prese parte pure il Primo Maestro la cui parola discese come balsamo confortatore sui Confratelli, sulla mamma e sul fratello, e sui parenti presenti.
In conclusione, riportiamo quanto ci scrive il Superiore della Casa di Vicenza:
«Fin dall'inizio della .sua dimora nella nostra casa Fr. Battaglia si occupò del reparto della San Paolo Film, a Padova, mettendo a servizio di Dio e della Congregazione tutto se stesso. Poi si ammalò di endocardite (la stessa malattia di cui morì il fratello chierico l'8 febbraio 1951, a Roma) e gli vennero affidate mansioni molto delicate, come l'economato e l'ufficio di contabilità che svolse con la massima fedeltà, precisione e segretezza. La malattia la sopportò sempre nella volontà di Dio, con pazienza, e col desiderio di rimettersi in salute per continuare il suo servizio di paolino nella Congregazione».
Un altro Confratello scrive:
«Dopo il prima collasso al cuore, dovuto, penso, agli sforzi che faceva nel recarsi da Vicenza a Padova, in moto (anche durante la stagione rigida) per l'apostolato, lo si doveva portare in braccio per salire le quattro rampe di scale, ma questo, che (avveniva due volte al giorno, era più umiliante per lui che per noi, che lo facevamo in tanta carità. Mai una parola di lamento, di mormorazione, di critica ...».
F.G.
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