Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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CAPO VIII.
DOPO MORTE

Il Cadaverino venne con ogni più affettuosa cura rivestito e composto nel suo letticciuolo. Vestito coll'abito dei Luigini, col crocifisso e la corona fra le dita congiunte, coi lineamenti per nulla alterati del volto, pareva sorridere a chi lo guardava.
Sembrava che la morte, ministra di Dio, nel togliere alle sozzure quell'anima di cui il mondo non era degno e trapiantarla in cielo, non avesse osato far scempio di quell'innocente corpicciuolo.
Circondato da gigli e da rose, adagiato sul bianco letto, fu nella giornata
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intera di domenica:, visitato dai parenti, amici, compagni. A sera una lunga schiera di essi, si raccoglieva nella casa per la recita del Rosario intero.

Elogi e suffragi.


La domenica mattina, alla Messa prima, il Sacerdote celebrante invece della spiegazione del Vangelo, tenne un breve trattenimento sopra il defunto applicandogli il testo scritturale: «Consummatus in brevi, explevit tempora multa». Parlò del suo ardore per il bene e del suo impegno per acquistarsi tanti meriti e invitò tutti i benevellesi a suffragarne l'anima.
Alla seconda Messa l'Arc. D. Brovia disse dell'amore di Maggiorino alla parola di Dio, della sua volontà di farsi Sacerdote dell'Apostolato Stampa.

Funerali.


Il lunedì mattina alle ore otto ebbe luogo la divota e solenne sepoltura.
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Celebrava il Rev. Parroco, fungendo da Diacono il Direttore della Scuola Tipografica, e da Suddiacono il Maestro.
Precedevano le compagnie delle figlie di Maria, dei Battuti, dei Luigini, delle Umiliate.
Il feretro coperto del drappo bianco, adorno di gigli era portato a braccia dagli allievi della Scuola Tipografica venuti tutti appositamente da Alba: seguivano altri compagni, molti parenti, un largo stuolo di popolo. Certo non si poteva desiderare una più larga partecipazione.

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Fu cantata Messa Parata, dopo la quale il Teol. Alberione diede l'estremo saluto e fece due brevi considerazioni: dum adhuc ordirer succidit me»: mentre egli ancora preparava con tutta l'anima un avvenire santo e benefico con la santità, lo studio e il lavoro per l'Apostolato stampa, Dio si tenne
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pago del bene già fatto e de' buoni desideri e lo chiamò al premio. Di più: dobbiamo chinarci con riverenza dinanzi a questa salma perché tanti di noi, benchè forse più innanzi negli anni, non abbiamo i meriti di Maggiorino a soli 14 anni, due mesi e 23 giorni.
I giovani della Scuola Tipografica colle Ven.de Suore del Suffragio cantarono l'esequie sotto la direzione del Rev. D. Destefanis Attilio.

Riposa in pace.


La Salma fu quindi accompagnata al Cimitero da tutti gli intervenuti che cantarono il Miserere e il De profundis. Benedetta la fossa, il feretro venne fatto scendere nella tomba fra le lacrime di tutti i parenti.

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Ai giovani della Scuola Tipografica che si partirono col pianto in gola
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per la dolorosissima perdita il Direttore spiegò il testo: «Nisi granum frumenti cadens in terra mortuum fuerit ipsum solum manet, si autem mortuum fuerit multum fructum affert». Se il granello di frumento non verrà gettato, seminato nella terra, rimarrà sempre solo; ma gettato sotterra, seminato, ne può produrre cento. Così ora noi abbiamo messo sotterra un buon granello di ottimo frumento, egli germoglierà e ne produrrà cento: tanti altri seguiranno la strada che egli aveva preso a battere: non temete.
E' utile una riflessione: i parenti, il Parroco, i compagni, gli amici furono colpiti da questa morte. Si è veduta la popolazione intera, raccolta attorno alla salma per le esequie, piangere: ma era un dolore, un piangere diverso dagli altri dolori e dalle altre lacrime. Si piangeva ed il sorriso pareva spontaneo sulle labbra: «Piango e rido» diceva la mamma sua.
Si piangeva le nostra perdita: ma si sentiva dentro come una certezza che per Maggiorino quella giornata era
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stata del premio, dell'entrata in Paradiso. Si sentiva dentro che, se la terra aveva perduto l'anima di un futuro apostolo, il cielo aveva acquistato un santo.
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