Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Anno XLI
SAN PAOLO
Dicembre 1966
Roma Casa Generalizia,

AVE MARIA, LIBER INCOMPREHENSUS, QUAE VERBUM ET FILIUM PATRIS MUNDO LEGENDUM EXHIBUISTI (S. EPIPHANIUS EP.)

A tutti i Membri della Famiglia Paolina:
auguri e preghiere per l'anno 1967, centenario del martirio di San Paolo Apostolo.
PRIMO MAESTRO

1967: CENTENARIO DEL MARTIRIO DEGLI APOSTOLI PIETRO E PAOLO

Si prevede una celebrazione solenne da tutta la Chiesa.
La Famiglia Paolina vi parteciperà con tutto l'animo: non tanto con esteriorità, ma con l'alimentare la fede nella Chiesa, nell'Autorità del Vicario di Gesù Cristo, nel devoto e filiale servizio, come Religiosi, alle anime.

IN PARTICOLARE PER NOI

Come Famiglia Paolina, sotto la protezione di San Paolo Apostolo, dobbiamo dare una particolare solennità a tutto l'anno 1967: conoscere, amare, imitare, pregare il nostro Protettore e Maestro.
Fra gli ossequi: un progresso nella redazione con i mezzi della comunicazione sociale.
Ogni casa: un progresso proprio dell'apostolato.
S. Paolo, grande predicatore e grande scrittore: Protettore e modello da imitare.
Anche per questo la Pia Società San Paolo fu messa sotto la protezione ed esempio dell'Apostolo.
Nel tempo attuale, la comunicazione sociale si sviluppa sempre più con gli strumenti rispetto alla parola orale.

È stato scritto che San Paolo è nato predicatore e insieme scrittore. Il Signore aveva su di lui disegni di grazia e di salvezza per innumerevoli anime.
Non solo nella sua vita, ma in tutti i secoli e oggi ancora parla all'umanità.
San Pietro e san Paolo operarono insieme, pur avendo ognuno una missione particolare da svolgere.
Paolo (Saulo), prima persecutore. Convertito a Gesù Cristo, dopo una decina d'anni dalla sua conversione, divenne apostolo.
Si preparò secondo la luce di Gesù Cristo e dello Spirito Santo: in penitenza, preghiera, lavoro, studio, per l'apostolato, alla conversione dei Gentili (pagani).
Nell'anno 45 circa cominciò i suoi viaggi missionari. Il centro della sua attività è stato Antiochia, metropoli dell'Oriente.
La sua parola illuminata ed accesa in Gesù Cristo, ha guadagnato innumerevoli anime.
Fondò moltissime chiese, preparò e mise a capo Vescovi, sopportò sofferenze e persecuzioni che egli stesso descrisse, particolarmente in una delle sue lettere.
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Comunicava la vita di grazia alle anime con la parola; e quando si trovava lontano, arrivava con le sue lettere.
Scrisse 14 lettere.
Il suo modo di scrivere è personalissimo, vero specchio di un'anima fatta per dominare, ardente, fiera, sicura della verità, affettuosa come una madre e forte come un padre.
Le lettere di san Paolo sono un preziosissimo commento al Vangelo; riconosciute subito dai fedeli, parole non come di uomo, ma di Dio. San Pietro le riconobbe come Sacra Scrittura: (2.a lettera, 3, 15). Scrisse: «Pensate che la pazienza di nostro Signore è la vostra salvezza, come in precedenza vi ha scritto Paolo, nostro caro fratello, secondo quella sapienza che a lui è stata data, e come egli fa in tutte le sue lettere, nelle quali parla di queste cose. Le sue lettere contengono dei punti difficili a comprendersi, il significato dei quali, come di altri passi della Scrittura, viene dagli ignoranti e dai deboli sconvolto, per loro perdizione».

San Paolo da solo scrisse più pagine di quante ne abbiano scritte assieme, nei tre Vangeli, san Matteo, san Marco e san Luca.
Egli predica ancora con le sue lettere immortali, che saranno l'ammirazione di tutti i secoli, saranno sempre a consolazione, istruzione, edificazione nella Chiesa.
A) Lettere scritte nel secondo e terzo viaggio missionario (51-58):
Prima ai Tessalonicesi, da Corinto, prima del 51.
Seconda ai Tessalonicesi, da Corinto, prima del 52.
Ai Galati, da Efeso, nel 54.
Prima ai Corinti, da Efeso nel 54.
Seconda ai Corinti, da Filippi, nel 57.
Ai Romani, da Corinto, fine del 57.
B) Lettere scritte durante la prima prigionia (61-63, da Roma):
Ai Filippesi, a Filemone, ai Colossesi, agli Efesini.
C) Lettere scritte dopo la prima prigionia:
Prima a Timoteo, dalla Macedonia, nel 65.
A Tito, dalla Macedonia, nel 64-65.
Agli Ebrei, dall'Italia, nel 65-67.
D) Lettere scritte nell'ultima prigionia:
Seconda a Timoteo, da Roma, nel 67.
Le Lettere Paoline, scritte tutte in greco, hanno quasi tutte la medesima forma, cioè:
Il Prologo (nome dello scrivente, dei destinatari, ringraziamenti a Dio).
Il corpo della lettera, con la prima parte dogmatica, e la seconda morale.
L'epilogo (notizie di carattere personale, e saluti).
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San Paolo non espone una organica dottrina dogmatica, morale e liturgica. Egli richiama o spiega particolari insegnamenti della sua predicazione, secondo le necessità e circostanze.
Ne risulta un valore apologetico, sempre sicuro.
Lettere che sono amore e delizia dei cristiani; niente retorica o eleganze, ma parole di verità che conquistano le anime.
Molta parte ebbe nel creare la terminologia cristiana, anche facendo esprimere a parole profane e comuni le sublimi verità del cristianesimo.
San Paolo è il teologo del Nuovo Testamento sopra i grandi misteri dell'Incarnazione, Redenzione e giustificazione. Suo intento: formare dell'umanità tutta una Chiesa, senza distinzione di razze e classi.
Egli dà il medesimo valore tanto alla sua predicazione a voce, quanto a quella scritta nelle sue lettere.
La Chiesa, imitandolo, dà il medesimo valore a ciò che ha ricevuto da Cristo e dagli Apostoli sia a viva voce, sia mediante la Scrittura.
Un'attualità paolina: anche oggi succede ciò che succedeva nei tempi apostolici. Esempio: Paolo, nella prima lettera ai Tessalonicesi, parlava della fine del mondo e del ritorno finale di Gesù Cristo. Ma molti Tessalonicesi interpretavano che ciò fosse immediato, concludendo che non occorreva più lavorare, aspettando in ozio.
Così, nel tempo di ogni Concilio, per la facilità a discutere, si cade in errori e novità non conformi alla Chiesa.

LETTERA AI ROMANI

La lettera fu scritta nell'anno 57. Arrivò a Roma tre anni prima che San Paolo vi giungesse incatenato.
Il senso riassuntivo è in queste brevi parole: «La redenzione cristiana è necessaria a tutti, è offerta a tutti, senza alcuna distinzione tra ebrei e pagani».
1) Tutti gli uomini, Gentili e Giudei, erano peccatori: i Gentili violavano le leggi della natura; i Giudei trasgredivano la Legge Mosaica.
2) Cristo espiò i peccati degli uni e degli altri, portando la vita della grazia a tutti. I battezzati in Cristo sono purificati dal peccato. La legge mosaica fu abrogata dalla fede in Cristo.
Col dono della fede e con il dono della grazia divina tutti possono praticare le virtù cristiane; la nuova vita prepara al gaudio eterno.
3) Il Vangelo è offerto a tutta l'umanità; ma i più dei Giudei lo rifiutarono; San Paolo esortava i Romani ad accogliere la Redenzione.
Tutti erano stati disobbedienti, ma Gesù Cristo offrì a tutti la salvezza. Anche i Giudei si salveranno alla fine dei tempi.
4) La parte morale, dal capitolo XII al XV compreso.
Insiste che i Romani, secondo la fede, vivano santamente nello spirito e nel corpo; pratichino la carità, stiano sottomessi alla legittima autorità.
Scuotersi dalla tiepidezza; vincere la sensualità; vivere secondo l'esempio di Gesù Cristo; i forti sostengano i deboli.
Saluta e chiede preghiere; e si propone di visitare i Romani.
Conclude: «A quel Dio poi che può rendervi fermi nel mio Vangelo e nella predicazione di Gesù Cristo, secondo la rivelazione del mistero che restò nascosto per secoli e secoli, e che ora è stato svelato e fatto conoscere a tutti i popoli, per mezzo della Scrittura dei profeti, in conformità al comando da lui dato, per ottenere l'obbedienza alla fede, a questo Dio, dico, solo sapiente, sia onore e gloria per mezzo di Gesù Cristo, nei secoli dei secoli. Amen».
Alcuni con ragione chiamano questa sublime Lettera «il Vangelo secondo San Paolo». Questo dev'essere preso nel senso giusto.
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PRIMA LETTERA AI CORINTI

Il pensiero riassuntivo: «Il Cristo è uno solo ed una sola dev'essere la sua Chiesa».
Corinto era stata evangelizzata da San Paolo per circa 18 mesi, con frutti abbondanti. Ma, partito l'Apostolo, altri evangelizzarono a Corinto, specialmente Apollo; così si divisero in partiti, particolarmente quelli che inclinavano ai giudaizzanti. San Paolo, avendo tali notizie, scrisse la Lettera da Efeso.
È una lettera non in forma di trattato; ma come un complesso di avvisi, risposte, riflessioni, richiami, difesa di se stesso. È divisa in due parti: nella prima rimprovera i partiti e gli scandali; nella seconda risponde a cinque questioni proposte.
San Paolo, dopo i saluti, descrive i partiti, gli scandali, l'ignoranza del Vangelo. La vera sapienza sta nel Vangelo.
Quanto ai predicatori mandati dal Signore, vi sia venerazione per la parola di Dio; non giudicarli. Descrive i veri apostoli del Vangelo; i disordini morali; condanna le liti tra i cristiani, e il loro ricorso ai giudici pagani.
Risolve problemi diversi: i doveri e i diritti del matrimonio, la sua indissolubilità, il celibato, dà consigli ai genitori e ai figli. Quanto alle carni offerte agli idoli, possono essere mangiate liberamente, perché offerte ad un idolo che non esiste. L'apostolo ha diritto a vivere del suo ministero, però San Paolo rinuncia a farsi mantenere dai fedeli. Evitare lo scandalo di prendere parte ai conviti idolatri; ma si possono mangiare le carni immolate, se non vi è scandalo.
Nelle adunanze l'uomo stia a capo scoperto, la donna a capo velato. Descrive l'istituzione dell'Eucarestia e le disposizioni intime per la comunione.
I doni spirituali sono a vantaggio della Chiesa; la Chiesa è il Corpo Mistico di Cristo, di cui i Cristiani sono le membra.
Nota che ogni dono vale secondo la carità; senza la carità tutto è morto, mentre tutto è vivo nella carità.
Il dono della profezia è superiore a quello delle lingue; il dono delle lingue senza l'interpretazione è inutile ai fedeli; vi siano regole pratiche per l'uso dei doni spirituali nelle adunanze.
Tutti i fedeli credano nel Cristo: la sua resurrezione è provata in tante apparizioni. Dalla resurrezione si ha il maggior documento che il Maestro ha insegnato la verità.
Come è risuscitato glorioso Gesù, così avverrà per tutti i fedeli che vivono in grazia. Avverrà nel giorno finale. I buoni, insieme a Cristo, canteranno l'inno della vittoria finale.
La Lettera si chiude con la colletta per i poveri di Gerusalemme. Saluta e benedice tutti: «Il mio amore è con tutti voi in Cristo Gesù».
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SECONDA LETTERA AI CORINTI

San Paolo seppe da Tito il buon risultato della prima lettera ai Corinti. Infatti riferì che i Corinti molto amavano l'Apostolo ed avevano accolto bene la prima lettera.
Tuttavia nella comunità vi erano alcuni che accusavano Paolo di incostanza, di ambizione e di usurpazione del nome di apostolo.
Subito San Paolo scrisse la seconda lettera in cui spiega la sua condotta ed il suo ministero.
Eccettuati il prologo e l'epilogo, sono tre le parti: la sua propria apologia velata; la colletta per i poveri di Gerusalemme, la rivendicazione della sua dignità di apostolo e l'attività intensa che appare da quanto ha sofferto e compiuto.
È sincero: «Egli ha detto ciò che ha scritto, non diversamente...».
La sua predicazione è un sì, cioè si verificherà ciò che ha promesso.
Riammette nella Chiesa lo scomunicato incestuoso.
Ciò che predicò è Vangelo.
Si difende dalla superbia: ha dato ciò che ha ricevuto da Dio; il sacerdozio cristiano è superiore a quello mosaico; deve parlare come vero apostolo. Nessun vero apostolo contraddice se stesso.
Gli Apostoli attendono la ricompensa, desiderano di piacere a Dio; per l'amore di Cristo in lui si eccita lo zelo.
Egli si è comportato come vero ministro di Dio.
Nella seconda parte della lettera parla della colletta per i poveri di Gerusalemme. Già in Macedonia avevano raccolto soccorsi; ed esorta a fare altrettanto a Corinto. Chi soccorre i poveri, avrà benedizioni, grazie particolari e il premio eterno.
Nella terza parte san Paolo difende il suo apostolato. Egli è stato chiamato da Dio per evangelizzare tutti i popoli; non usurpò poteri, ma li ebbe da Dio e dalla Chiesa.
San Paolo, costretto a parlare di sé, ricorda il suo grande apostolato, le sofferenze, le persecuzioni; ricorda i particolari privilegi ed i frutti già raccolti.
Ma egli non si vanta che delle sue debolezze; piuttosto si dona generosamente a tutti; non cerca retribuzioni.
Chiude esprimendo un timore: che i Corinti non siano come egli li vuole; che se non si correggono incontreranno un giudizio severo. Li supplica a migliorare la vita.
Chiude: «La grazia del Signore Gesù Cristo e la carità di Dio, comunicate dallo Spirito Santo, siano con tutti voi».
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LETTERA AI GALATI

San Paolo aveva evangelizzato la Galazia nel suo primo e secondo viaggio apostolico. Ebbe molto frutto nella sua attività; i Galati avevano corrisposto generosamente.
Ma altri, subentrati, avevano diffuso idee giudaizzanti, insegnando l'obbligo di osservare la legge ebraica, insieme al Vangelo.
L'Apostolo ha scritto la lettera per richiamarli sulla via sicura.
A parte il prologo e l'epilogo, nella lettera San Paolo fa l'apologia del suo apostolato, lo conferma e lo raccomanda per la salvezza eterna. Seguono avvisi ed esortazioni ad evitare il male.
In questa lettera San Paolo dimostra tutto il suo forte carattere: rimprovera la incostanza dei Galati e prova che la sua dottrina è quella degli Apostoli.
Egli aveva ricevuto il Vangelo da Gesù Cristo stesso; ed era stato approvato nel Concilio di Gerusalemme dagli Apostoli.
Con chiarezza S. Paolo corresse Pietro stesso, che contraddiceva il suo insegnamento nella pratica, cedendo troppo al timore di scandalizzare i Giudei.
In Gesù Cristo non ha valore essere stato ebreo o pagano, ma soltanto la fede operante in carità. Amarsi vicendevolmente, «ama il prossimo come te stesso».
Evitare le opere della carne; invece seguire le opere e i frutti dello Spirito Santo. Ognuno esamini se stesso, non gli altri. Ognuno mieterà ciò che semina.
Siate la nuova creatura (il cristiano).
La legge mosaica preparò la via a Cristo, e Cristo vi ha sostituito la fede della Chiesa ed i Sacramenti, partendo dal Battesimo.
I Galati siano così liberi dalla Legge; come egli stesso si è liberato dalle pratiche mosaiche; ed egli invita loro ad imitarlo.
Chiude: «La grazia del Signore sia col vostro spirito, o fratelli».

LETTERA AGLI EFESINI

L'assenza di San Paolo ad Efeso ed altre città portò gravi danni, particolarmente per la diffusione dello gnosticismo. San Paolo si trovava in carcere a Roma, in quel tempo; quindi scrisse quattro lettere dalla prima prigionia: agli Efesini, ai Filippesi, ai Colossesi e a Filemone.
Nella prima espone il meraviglioso piano della Redenzione: Dio Padre volle mandare il suo Figlio, Dio-uomo, affinché l'umanità traviata e perduta venisse restaurata nel sangue del Cristo. Quindi inculca i doveri della vita cristiana.
La salvezza è per tutti: per il popolo ebreo e per i pagani. Essa si ottiene riconoscendo che Gesù è il Salvatore.
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La fede in Cristo è pegno di salvezza; sia benedetto Iddio.
Gesù Cristo ha stabilito un popolo nuovo, che comprende tutta l'umanità, senza distinzione, tutto e solo il popolo cristiano.
Nessuno era degno, né l'ebreo né il pagano, ma fu la misericordia divina che operò la Redenzione per tutti.
Paolo ha rivelato il mistero della vocazione ai Gentili.
S. Paolo espone la sua vocazione di predicare ai Gentili la redenzione di Gesù Cristo; la grazia è meritata per tutti gli uomini: non per la legge mosaica, ma per la fede in Gesù Cristo dimostrata nelle opere buone. «Cristo, Figlio di Dio, preannunziato dai profeti, umiliatosi assumendo la natura umana, ha ricevuto tutti i poteri per santificare l'umanità e riunirla in Dio». La salvezza è una scelta libera e gratuita di Dio; Egli salva chi vuole, giudeo o pagano.
Nella seconda parte della lettera espone gli insegnamenti pratici per gli Efesini: il cristiano deve vivere in modo degno della sua vocazione. Vari sono i doni divini, ognuno li segua in umiltà: è generoso dovere. La vita del cristiano sia diversa ed opposta alla disordinata vita pagana.
La vera morale sta nell'imitare Gesù Cristo: ed in particolare Paolo tratta i doveri dei genitori, i doveri dei figli, i doveri dei servi e dei padroni.
Per praticare le virtù due sono i mezzi: la preghiera e la lotta contro le passioni.
«Pace ai fratelli e carità: così sia».

LETTERA AI FILIPPESI

È una lettera particolare, in cui San Paolo fa sentire un grande affetto ai suoi cari Filippesi. D'altra parte i Filippesi avevano sempre dimostrato un particolare amore all'apostolo.
San Paolo aveva predicato il Vangelo nella prima città d'Europa, Filippi; e gran numero di Filippesi avevano abbracciato il cristianesimo; e rimasero fedeli.
In varie occasioni inviarono a Paolo soccorsi in denaro, a Tessalonica, Corinto, Roma.
La lettera è stata scritta da Roma nella prima prigionia.
Gli argomenti che ha trattato riguardano la dottrina, che già egli aveva predicato.
In particolare, notizie riguardo la sua prigionia. Nella fiducia della liberazione, si ripromette di rivedere i suoi cari Filippesi; esortandoli alla perseveranza nella fede, all'umile carità ed abnegazione, all'imitazione di Gesù Cristo. Non parole o discussioni inutili, ma ognuno si preoccupi di assicurare la propria salvezza eterna con timore, ma anche con fiducia.
Parla di Timoteo che gli è stato di conforto mentre diffondeva il Vangelo a Roma.
San Paolo si è consolato dell'incontro con Epafrodito; che poi si era ammalato, ma guarì.
Insegnate: esortare la perseveranza nella fede, praticare la carità, operare per la perfezione cristiana.
Ringrazia i suoi Filippesi per le nuove offerte.
Conclude inviando i saluti dei cristiani che erano nel palazzo di Nerone; ciò significava che il cristianesimo era entrato nella stessa dimora imperiale.
«La grazia del Signore Gesù Cristo sia con lo spirito vostro. Così sia».
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LETTERA AI COLOSSESI

San Paolo era stato informato durante la prima prigionia a Roma dei nuovi pericoli che minacciavano la Chiesa dell'Asia, specialmente di Colossi. Errori venivano disseminati da falsi dottori giudeizzanti ed iniziatori dello gnosticismo.
L'Apostolo dimostra la sublime dignità di Gesù Cristo, in relazione a Dio, alla creazione, alla Chiesa, confutando i falsi dottori.
Gesù Cristo-Dio, come Redentore indicò i mezzi di salvezza; condannando gli errori disseminati dai giudeizzanti.
Nella seconda parte: ognuno viva per l'eternità, togliendo quanto era dell'uomo in Adamo, e rivestendosi dell'uomo nuovo, Cristo.
Doveri dei coniugi, dei figli, dei genitori, dei servi, dei padroni.
Concludendo: «Ricordatevi delle mie catene... la grazia sia con voi».

PRIMA LETTERA AI TESSALONICESI

A Tessalonica (Salonicco) San Paolo aveva fondato una Chiesa fiorente, secondo gli Atti degli Apostoli. «Con la potenza dei miracoli e con manifestazioni dello Spirito Santo: S. Paolo afferma che la sua predicazione a Tessalonica fu tale nelle prove e nei carismi spirituali da produrre la piena convinzione di tutti i Tessalonicesi».
Cacciato per intrighi dei giudei, San Paolo scrisse questa lettera per incoraggiare i Tessalonicesi e li loda per la perseveranza, lo zelo per il Vangelo e il loro fervore nelle persecuzioni, dolente di non poter ritornare. In seguito alle relazioni fattegli da Timoteo, che li aveva visitati, S. Paolo fu consolato.
Nella seconda parte esorta alla santità, alla carità, al lavoro. Accenna alla fine del mondo.
In particolare, ricorda i doveri verso i superiori ecclesiastici, verso i fratelli e verso Dio.
Vivere secondo lo spirito per il giorno della ricompensa eterna. «La grazia di nostro Signore Gesù Cristo sia con voi».

SECONDA LETTERA AI TESSALONICESI

Alcuni Tessalonicesi non avevano compreso bene la prima lettera: pensando che fosse imminente la fine del mondo, concludevano di non più lavorare, stando in ozio.
San Paolo spiega il suo pensiero in questa seconda lettera: Due segni dovranno precedere il ritorno di Gesù Cristo: prima l'apostasia generale dei popoli cristiani; poi l'apparire del figlio di perdizione nell'Anticristo che non riconoscerà alcun Dio e pretenderà onori divini. Loda ed esorta a continuare la vita conforme al Vangelo; a seguire il lavoro pacifico per tutti; a separarsi da coloro che non obbediscono.
S. Paolo ricorda loro che a Tessalonica «abbiamo lavorato giorno e notte per non essere a carico di altri».
Chiude la lettera: «Il saluto è di mio pugno, di me Paolo; è il segno che distingue la mia lettera».
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PRIMA LETTERA A TIMOTEO

San Paolo, verso la fine della sua vita, ci lasciò tre lettere che portano il nome di «pastorali». Due indirizzate a Timoteo, una a Tito. Insegnano a compiere l'ufficio di Pastore delle anime: Pascere.
Timoteo è stato uno dei più fedeli tra i collaboratori di San Paolo. Egli non abbandonò mai il suo Maestro. Dopo la prima prigionia S. Paolo stabilì Timoteo Vescovo di Efeso. La prima lettera ha carattere di vera familiarità; San Paolo si dimostra come un buon Padre.
Comincia con gli avvisi contro falsi dottori, che sono caduti in errori e favole: proibizione di sposarsi, insegnamenti contrari al Vangelo; questo per arricchirsi sopra il semplice popolo.
S. Paolo parla della sua conversione e della sua missione di evangelizzare i Gentili; dice per chi si deve pregare. Spiega quali sono i requisiti per essere Vescovi; così per essere Diaconi e Diaconesse.
Insegna a Timoteo come comportarsi: dare il buon esempio, come comportarsi con i fedeli: con le vedove, con i sacerdoti, con gli schiavi, con i ricchi. Fa il paragone tra i buoni e i falsi dottori; esorta a fuggire il male e a dare l'esempio di virtù: «Tu sii l'uomo di Dio, di esempio ai fedeli».

SECONDA LETTERA A TIMOTEO

È stata scritta da San Paolo nell'ultima sua prigionia a Roma, poco prima del suo martirio.
In quel tempo Timoteo governava la Chiesa di Efeso.
Nella lettera, San Paolo preannunzia la sua morte ed invita il suo intimo Timoteo a venire sollecitamente a Roma per gli ultimi ricordi. (È incerto se, quando Timoteo arrivò a Roma, fosse ancor vivo l'Apostolo).
La lettera esprime la sua azione di grazie al Signore; ed esorta Timoteo ad essere forte nelle difficoltà, e a perseverare nell'apostolato con spirito di sacrificio: «Come buon soldato di Gesù Cristo, sopporta le afflizioni». Compiere i suoi doveri, non le cose del mondo.
Lo istruisce come diportarsi verso gli eretici del suo tempo e dell'avvenire, per difendere la fede. Lo esorta alla Scrittura: «Così l'uomo di Dio si rende perfetto e disposto ad ogni opera». Poi dà il compendio della sua vita di apostolo: «Ho combattuto la buona battaglia, ho compiuto la mia corsa, sono stato fedele».
«Il Signore Gesù sia col tuo spirito e la grazia sia con voi».
Sono queste le ultime parole che scrisse il grande Apostolo e scrittore.
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LETTERA A TITO

Tito è stato convertito da S. Paolo dal gentilesimo. Divenuto cristiano, spesso accompagnava l'apostolo, o veniva incaricato a visitare alcune Chiese.
Dopo la prima prigionia, San Paolo con Tito evangelizzò l'isola di Creta; poi affidò la nuova Chiesa a Tito.
Nella lettera a Tito, dopo i saluti, S. Paolo lo istruisce sui necessari requisiti per l'ufficio dei Vescovi e dei Sacerdoti. Quindi passa a descrivere i doveri degli stessi Vescovi, specialmente quello di dare buon esempio, istruire sul Vangelo, formare un vero Popolo di Dio.
Segue l'istruzione ai vecchi, alle vecchie, ai giovani, agli schiavi. Insiste sul dovere di obbedire alle autorità; e quello della carità verso il prossimo.
Inoltre, insiste sulla mansuetudine, operare sempre il bene, ed evitare gli eretici.
Conclude: «La grazia sia con tutti voi».

LETTERA AGLI EBREI

San Paolo è stato sempre considerato l'Apostolo dei Gentili; e lo fu in realtà. Però anche in lui era un profondo amore per il suo popolo.
Scrisse dall'Italia questa lettera. Forse per nostalgia si recò a Gerusalemme, sperando la conversione dei giudei di Gerusalemme. Là fu arrestato, portato a Roma, dove subì il martirio.

I due primi capitoli sono come una introduzione; ed anche manifestano il suo affetto agli Ebrei.
Gesù Cristo è il capo del regno messianico, ossia della Chiesa, come regnerà in eterno trionfante. Egli lo ha conquistato con la predicazione, la sofferenza e l'immolazione; Figlio naturale di Dio, superiore a tutti gli Angeli creati; come superiore a Mosè.
Gli Ebrei castigati non entrarono nella terra promessa. La terra promessa è figura del Paradiso come eterno riposo.
Gesù Cristo immolò se stesso come l'unico mediatore. Egli rimane in eterno per noi: «Santo, Innocente, Immacolato; perché questo lo ha fatto una volta per sempre, offrendo se stesso. Noi quindi abbiamo un Pontefice così grande, che andò ad assidersi alla destra del Padre».
Il Sacerdozio di Gesù Cristo è secondo Melchisedech, anteriore ed infinitamente superiore a quello di Aronne. Aronne ed il sacerdozio mosaico avevano un compito temporaneo sino alla venuta di Cristo. Servirono soltanto per il popolo ebraico.
Gesù Cristo non si arrogò la gloria del Sommo Sacerdote, ma gli venne da Dio Padre, quando gli disse: «Tu sei il mio Figlio, oggi ti ho generato», come pure gli dice altrove: «Tu sei Sacerdote in eterno, secondo l'ordine di Melchisedech». Gesù Cristo nacque dalla tribù di Giuda. Viene così abrogato il sacrificio del Vecchio Patto; pure abrogato l'imperfetto sacerdozio levitico.
Cristo: ministro del Santuario e del vero Tabernacolo eretto dal Signore.
Invece secondo la legge, il sacerdozio ebraico era soltanto «immagine ed ombra delle realtà celesti»; impotenti i sacrifici a togliere il peccato.
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Per il fatto stesso che Dio parla di una nuova alleanza, dichiara antiquata la prima. «Ora, ciò che è antiquato e vecchio, è vicino a sparire».
I molteplici riti mosaici non erano sufficienti; invece efficace in eterno il sacrificio di Cristo, che «si è offerto come vittima volontaria».
Così la Chiesa è l'assoluto perfezionamento rispetto al popolo ebraico; perfetto il Nuovo Testamento rispetto all'Antico Testamento.
Camminare costantemente in fede e coraggio; vicino il premio; infelici gli apostati.
«La fede è il fondamento di ciò che speriamo, e la prova delle cose che non vediamo». Dalla fede nasce la speranza e il gaudio eterno. Esempi di fede: gli antichi, da Abele sino a Noè; così dal Patriarca Abramo e gli altri Patriarchi sino a Mosè; Mosè visse ed operò secondo la fede; così gli Ebrei vissero di fede dalla conquista della Terra Promessa, sino a Gesù Cristo.
Cristo è autore della fede, in quanto ne è il principio e il perfezionatore: ce l'accresce con la grazia su questa terra e ce la trasforma nella visione beatifica in Cielo.
La fede ci conforta e ci rende costanti nella via del Paradiso.
Tra le virtù: la carità con tutti, il buon esempio vicendevole, la pazienza.
«La grazia sia con tutti voi. Amen».

LETTERA A FILEMONE

«La più breve lettera di S. Paolo» è diretta ad un ricco cristiano di Colossi, Filemone. Un suo schiavo, di nome Onesimo, derubò il padrone, fuggì a Roma, si incontrò con Paolo, si convertì. Paolo lo rimandò a Filemone, con una lettera al padrone in cui lo esortava a perdonare. Onesimo ritornò a Roma a servizio dell'Apostolo.
«Pur avendo in Cristo pieno diritto di comandarti quel che devi fare, preferisco pregarti in nome della carità, essendo io Paolo vecchio ed ora per giunta incatenato per Gesù Cristo...».
Risultati: Onesimo da schiavo divenne cristiano, poi Vescovo di Berea e martire. Filemone venne perseguitato, incarcerato, morì martire sotto Nerone.

Celebrare il centenario con i mezzi: preghiera, imitazione, studio, apostolato, redazione.
In questa circolare si parla della preparazione alla redazione.
Il Sacerdote paolino ha due compiti: la parola orale e la parola degli strumenti della comunicazione sociale.

PREPARAZIONE ALLA REDAZIONE
1) In tutti i corsi di studio - dalle elementari sino al ministero, compreso l'anno di pastorale - con intenso insegnamento ed esigenza dagli alunni.
2) Uno dei segni di vocazione paolina è l'inclinazione agli studi letterari, secondo i corsi.
3) Coltivare la propria lingua ed insieme lo studio di qualche lingua estera, con esercizi di traduzione.
4) Grande vantaggio se l'insegnante è scrittore; ed abbondi nelle prove e correzioni agli studenti.
5) Letture di buoni libri con la guida degli insegnanti.
6) Superati gli studi, ogni sacerdote si eserciti, secondo la possibilità, con esperimenti graduali di redazione.
7) Nell'anno di pastorale per i Sacerdoti Paolini si divida il tempo tra il ministero e la redazione, tecnica, diffusione.
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QUATTRO CONSIGLI AL LETTORE DELLE EPISTOLE (di Don Antonio Cojazzi)
«Prima d'incominciare e durante la lettura, il lettore tenga presente:
I - Gli scritti del Nuovo Testamento formano un genere letterario a parte, eccezionale, senza confronti presso nessun popolo, né antico né moderno. Sono scritti sincerissimi, oggettivi al cento per cento, alieni affatto da declamazioni, da retorica, da insincerità, da preoccupazioni per impressionare il lettore. Niente quindi esclamazioni o interiezioni umane, dove parla lo Spirito Santo.
II - S. Paolo è così denso di pensiero e così ardente di sano entusiasmo, da non poter venir letto di seguito. Poche facciate per volta quindi e poi riflessione e intervallo di qualche giorno. Affrontarlo tutto di seguito, come si suol fare per i romanzi o per i libri leggeri, oltre che offesa al santo Apostolo e ai suoi scritti che sono divinamente ispirati, darebbe inevitabile sazietà con disgusto conseguente e abbandono definitivo del libro.
III - La nozione cattolica della divina ispirazione può venire riassunta così :
Dio con avvenimenti umani e con interna ispirazione muove lo scrittore sacro a scrivere. Nel caso di San Paolo, agivano i tre scopi sopra ricordati.
Dio guida lo scrittore sacro nel fare le ricerche, nel consultare altri scritti, nello scrivere questo piuttosto che quell'altro, servendosi anche della sua cultura, e di quanto può apprendere direttamente o da altri.
c) Dio preserva lo scrittore sacre nel cadere in errore in quello che scrive, tanto nel campo storico, quanto nel campo dogmatico e morale.
Con tutto ciò, però, Dio lascia allo scrittore sacro lo stile, l'andamento, il periodare suo, ecc.
L'autore principale dei libri sacri, quindi, è Dio; mentre autori secondari sono coloro di cui i libri portano i nomi.
IV - Ogni lettera è divisa dall'Apostolo in due parti. La prima è di contenuto dottrinale; la seconda è di contenuto morale. Se il lettore trovasse dura la prima, non smetta di leggere, ma si ripieghi sulla seconda che è sempre più facile e più utile alla vita pratica. In modo speciale, il lettore osservi come San Paolo appoggi tutti i consigli che da ad argomenti d'indole soprannaturale, cioè ad argomenti basati sulla fede».

AVVISO
Nell'anno 1967 non si terrà il mese di Esercizi spirituali come era in programma; ma viene tramandato all'anno seguente, 1968.
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