Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Anno XXIX
SAN PAOLO
SETTEMBRE - 1954
ROMA - Casa Generalizia

AVE MARIA, LIBER INCOMPREHENSUS, QUAE VERBUM ET FILIUM PATRIS MUNDO LEGENDUM EXHIBUISTI (S. EPIPHANIUS EP.)

AMERAI IL SIGNORE CON TUTTA LA TUA MENTE"

«Mentes nostras quaesumus, Domine, Spiritus illuminet, et inducat in omnem, sicut tuus promisit Filius, veritatem» (Liturgia).

***

Semina un pensiero, raccoglerai un atto; semina un atto, raccoglierai un'abitudine; semina un'abitudine, raccoglierai un carattere; semina un carattere, raccoglierai un destino.

ELOGIO DELLA SAPIENZA

«... Io desiderai la prudenza e mi fu concessa. Invocai lo spirito di sapienza, e venne in me. E l'ho preferita agli scettri ed ai troni, E le ricchezze le stimai un niente in paragone di lei. Non ho paragonate con lei le pietre preziose, Perché tutto l'oro in paragone di lei è un po' di sabbia, E l'argento dinanzi a lei dovrà essere stimato come fango.
L'amai più della sanità e della bellezza, Mi proposi di averla per mia luce, Perché è inestinguibile il suo splendore.
Insieme con essa mi venne ogni bene, Ed infinite ricchezze dalle sue mani.
Io godei di tanti beni perché questa sapienza mi precedeva, Ed io non lo sapevo che di tutti questi beni era lei la madre.
E non ne tengo nascoste le ricchezze; Senza finzioni la imparai, senza invidia la comunico, Perché essa è un tesoro infinito per gli uomini, E chi ne usa si unisce in amicizia con Dio, Raccomandandosi per dati disciplinari."

(Sapienza, VII, 7-14)


RINCIPII

1) Gesù Cristo è Maestro Divino e l'unico Maestro; in primo luogo perché è la stessa verità, l'essenziale ed eterna verità: «Ego sum veritas»; è il Verbo che il Padre genera in eterno. Poi perché è via e vita. In Cristo la persona umana ha il massimo e soprannaturale sviluppo.
2) La vita cristiana è ordinata alla visione di Dio in cielo: nella visione l'amore, il gaudio. Con la fede si merita la visione; credere per vedere. «Sine fide impossibile est placere Deo». Chi non crede si condanna da sé.
3) La persona umana ha la sua nobiltà specialmente per la sua intelligenza; per cui è immagine e somiglianza di Dio. L'ossequio principale a Dio si fa piegando la mente: «con le ginocchia della mente inchine»; e facendone un saggio uso per conoscere Dio e le cose di servizio di Dio.
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4) I meriti maggiori ed i peccati più gravi si operano nella mente; mai, almeno, senza la mente. Qui è il primo amore: «conoscere e credere». Qui il primo odio: «impugnar la verità conosciuta».
5) La prima virtù è esercitata dalla mente: «la fede»; i primi quattro doni dello Spirito Santo sono diretti alla mente: sapienza, intelletto, scienza, consiglio. Dalla fede, come dal seme, si svolgono le altre virtù; la fede è «radix totius iustificationis».
6) Dai pensieri vengono le parole, i sentimenti, le azioni; è la mente che guida, come il pilota conduce l'aereo, come l'autista guida l'automobile.
7) L'apostolo delle edizioni deve comunicare la verità che salva; è il continuatore del Maestro Divino: «Come il Padre ha mandato me, così io mando voi». «Io sono la luce del mondo». «Voi siete la luce del mondo».

«IO SONO LA VERITÀ»

Gesù Cristo venne come Maestro agli uomini; e come tale fu riconosciuto. «In principio erat Verbum et Verbum erat apud Deum; et Deus erat Verbum: hoc erat in principio apud Deum... et Verbum caro factum est et habitavit in nobis... plenum gratiae et veritatis».
Disse infatti Gesù Cristo: «Ego in hoc natus sum et ad hoc veni in mundum; ut testimonium peribeam veritati: omnis, qui est ex veritate, audit vocem meam». - «Si veritatem dico vobis, quare non creditis mihi?» - «Qui ex Deo est verba Dei audit. Propterea vos non auditis quia ex Deo non estis» (Giov. 8, 46-47).
Sono belle le espressioni con cui la Chiesa designa il Maestro Divino: «Splendor pacis, Candor lucis aeternae, magni consilii Angelus, Lux vera, Sapientia aeterna, Magister apostolorum, Doctor evangelistarum, in quo sunt omnes thesauri sapientiae et scientiae Dei, Lumen confessorum». Parole che fanno eco a quella trentina di volte in cui Gesù nel Vangelo è chiamato Maestro; tra cui più chiara l'affermazione: «Voi mi chiamate Maestro e Signore; e dite bene; lo sono, infatti».
L'Ecclesiastico (1, 5) dice: «Fonte della sapienza è il Verbo di Dio in cielo».

«SCIMUS QUIA A DEO VENISTI MAGISTER»

«Magister adest et vocat te».
Un esempio: In Alba dal 1909 al 1917 è stata fatta più volte ai Chierici e Sacerdoti diocesani l'ora di Visita a Gesù-Maestro presente nel Tabernacolo, con questo schema:
Adorazione: a Gesù Cristo Maestro Divino, mandato dal Padre a comunicare la sapienza che salva;
come a Colui che è la verità essenziale ed eterna, splendore del Padre;
come all'Autore della nostra intelligenza ed in pieno diritto di avere il nostro assenso;
come all'Autore di tutta la dottrina contenuta nel catechismo, teologia, predicazione sacra; come al Maestro unico Via, Verità e Vita; Autore dei Vangeli;
come all'Istitutore della Chiesa, Maestra, che è il suo corpo mistico;
come all'Abitatore del Tabernacolo ove istruisce, illumina, conforta, guida, consola le anime: «lux mundi».
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Ringraziamento, per averci il Signore dato, i sensi onde apprendere e conoscere le cose esterne, specialmente gli occhi, l'udito, il tatto, l'odorato;
per aver il Figlio di Dio compito il disegno del mondo visibile ed invisibile: «omnia per ipsum facta sunt», che è la prima rivelazione dei divini attributi; ogni istruzione e studio della natura è lettura del gran libro del creato che ci manifesta le perfezioni del Creatore: «Per ea quae facta sunt intellectu conspiciuntur»;
per averci dato il lume della ragione: «illuminat omnem hominem venientem in hunc mundum»;
perché Iddio si degnò di rivelare verità altissime, dal paradiso terrestre a S. Giovanni Evangelista;
perché ci diede la Chiesa custode ed interprete della rivelazione e Maestra infallibile di verità;
perché ci infuse il dono della fede nel Battesimo.
Riparazione: per non aver sempre fatto buon uso dei sensi: occhi, udito, tatto;
per aver sciupato tante volte il gran talento della mente in cose vuote o dannose;
per non aver sempre coltivato lo spirito di fede;
per non aver sempre predicato e spiegato con abbondanza e chiarezza le divine verità;
per aver lasciato mancare o dato scarsamente alle anime ed alla società il pane della verità.
Supplica per ottenere: aumento di fede, con la grazia di sentirla, sino a renderla operante;
i quattro doni dello Spirito Santo: sapienza, intelletto, scienza, consiglio;
amore agli studi sacri, scientifici, necessari al ministero e all'apostolato;
dare una assoluta preferenza alla lettura e meditazione della Bibbia ed in particolare del Vangelo e Lettere di S. Paolo;
grazia di saper parlare e scrivere convenientemente, anche con sacrificio, per tutta la «plebs Christi».

GESU' CRISTO REDENSE L'UOMO DALL'ERRORE

La caduta dei progenitori fu in primo luogo un grosso errore: «Saprete il bene ed il male, sarete simili a Dio», suggerì il principe della menzogna. Da allora l'uomo cadde di errore in errore. Né i filosofi antichi potevano essere sufficienti per l'uomo. Perciò al genere umano, nella presente condizione causata dal peccato originale, era moralmente necessaria la rivelazione per conoscere speditamente, in modo sicuro, senza errore, il complesso delle verità riguardanti la religione. Gli errori si sarebbero sempre moltiplicati; come stanno anche oggi moltiplicandosi presso coloro che rigettano od ignorano la rivelazione divina.
Quanto poi alle verità religiose soprannaturali, la rivelazione fu necessaria in modo assoluto, se l'uomo doveva essere elevato all'ordine soprannaturale.
Questa è la prima parte della redenzione: Gesù Cristo redense l'uomo da innumerevoli errori e dall'ignoranza, conseguenza del peccato originale.
Chi ricusa la verità costruisce sopra l'arena un edificio vacillante; i suoi sforzi, opere, ministeri, apostolati non sussisteranno a lungo. Anche la storia lo conferma. Chi ricusa Cristo-verità sarà guidato dalla bugia, inganno, illusione.
Sul piedistallo di una statua eretta nel monastero di Fulda a S. Bonifacio fu inciso: «Veritas Domini manet in aeternum». Chi costruisce sul Vangelo e per il Vangelo eleverà un edificio che non cadrà, nonostante i venti e le tempeste.
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LA CHIESA MAESTRA

La conversione del mondo ebbe inizio con la predicazione di Gesù Cristo: per arrivare all'uomo retto e portarlo a concludere col battesimo. «Non misit me Dominus baptizare, sed praedicare», dice S. Paolo; che seguiva il disegno di Gesù Cristo, su di lui, in primo luogo: «ut portet nomen meum coram gentibus».
Non fecero così gli Apostoli, i grandi missionari, i catechisti? Non insegna questo la Chiesa? Dio, Gesù Cristo, la Chiesa rispettano l'uomo, la sua natura di essere intelligente; egli darà ossequio di lode e di sottomissione al Signore; ma sarà un ossequio razionale: «rationabile obsequium».

«LEVATE CAPITA VESTRA»

«Prius te oportet credere, ut postea per fidem Deum merearis aspicere» (S. Agostino).
Come tutta la nostra vita presente in generale è una preparazione alla vita futura, così la vita intellettuale è in particolare preparazione alla visione beatifica, che sarà nella vita futura il principio ed il centro irradiatore di tutta la nostra felicità.
Ora la visione beatifica ha la sua speciale caratteristica nel vedere Dio immediatamente, senza intramezzo di alcuna creatura, ma faccia a faccia, anzi senza servirsi di alcuna idea, come nella cognizione intuitiva, comune di questa vita, fungendo da idea la stessa Divina Essenza che si unisce immediatamente al nostro intelletto. La visione si effettua mediante il lume di gloria che è quella luce divina con cui Dio vede se stesso; luce che viene a penetrare colla sua virtù la mente del beato, rendendola idonea a veder Dio. Nella visione beatifica è la mente che vede Dio, in Dio; la mente, è in quanto possibile a creatura, indiata e deificata. Ego dixi: dii estis (Giov. X, 34).
Ne segue che la diretta preparazione da farsi in questo mondo debba consistere in una vita di fede. Difatti la preparazione deve sempre presentare la forma più rassomigliante col termine a cui si mira. Ora è appunto nella fede che la mente si allena a vivere in Dio. Non sono le verità di fede, verità divine? Non è forse sull'autorità di Dio che l'intelletto loro presta l'assenso? Il fedele crede, non perché così ha capito con la ragione, ma perché così dice Dio. Può anche intender nulla del mistero creduto; ma che importa? Lo dice Dio, e basta. Questa per la mente è una rinunzia a vivere in se stessa, per vivere in Dio; vita nuova, superiore alla semplicemente umana; mortificazione ed abnegazione della intelligenza.

«LUMEN GLORIAE»

Il Padre contemplando da tutta l'eternità la sua divina essenza, forma un Verbo e pronunzia, per così dire, una Parola che esprime perfettamente questa Divina Essenza; e questo Verbo e questa Parola è la seconda Persona, il Figlio, il Verbum Patris. Padre e Figlio poi contemplandosi a vicenda si amano di un amore sostanziale, e quest'amore è un incendio infinito che chiamiamo lo Spirito Santo.
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Così la vita interiore divina ha principio nel Padre; splende nel Figlio; e per lo Spirito Santo nel Padre e nel Figlio, si forma quella divina circolazione, infinita ed eterna, per cui si può dire che è una e tre, tre ed una. Dante si esprime con precisione teologica quando dice:

Nella profonda e chiara sussistenza
Dall'alto lume parvemi tre giri
Di tre colori ed una contenenza.
E l'Un dall'Altro, come Iri da Iri,
Parea riflesso; ed il Terzo parea foco
Che quinci e quindi egualmente si spiri.

L'anima beata viene ad inserirsi in questa circolazione di vita divina, per contemplare anch'essa la Divina Essenza, mediante il medesimo lume con cui Dio conosce se stesso.
Questo non distrugge la natura dell'anima, ma la eleva; come il calore che fa arrossare il ferro, non lo consuma ma lo rende incandescente. Questo è partecipare della natura divina, è sedere alla mensa celeste nel regno del Padre Celeste.

«DEDIT DONA HOMINIBUS»

Infatti per la fede vera l'uomo è elevato ad un piano immensamente più alto: sopra di esso lavorare soprannaturalmente, fruttificare soprannaturalmente, raggiungere un premio soprannaturale. Come se con una gemma di olivo buono viene innestato un olivo selvatico, questo produrrà frutti nuovi; così l'essere innestati in Cristo, potrà portare frutti e opere che sono dell'uomo, ma fatte sue ed elevate da Gesù Cristo.
Il fiore della fede però sboccia solo sotto i raggi del sole divino, cioè sotto il calore dello Spirito Santo. Così insegna il Concilio di Trento: «Se alcuno dirà che senza la preveniente ispirazione dello Spirito Santo e del suo aiuto, l'uomo possa emettere l'atto di fede... sia anatema».
Vi è un nesso necessario, infatti, tra la causa e l'effetto. Come la conseguenza di un sillogismo non può essere più larga delle premesse; così un merito soprannaturale si verifica solo se la radice, la causa è di natura soprannaturale. Operare per la fede, tesoreggiare per il cielo: «Justus meus ex fide vivit» (Ebr. X, 38). La vita religiosa è una vita di fede più viva; se essa impallidisce, la vita religiosa sarà abbandonata; si avrà forse ancora il cristiano; e forse neppure questo... poiché «corruptio optimi pessima».
Per ottenere la giustificazione, l'uomo, raggiunto l'uso della ragione, deve cooperare con le sue facoltà a Dio. Le facoltà principali sono quelle dell'anima, e tra queste la mente; ad essa appartiene l'atto di fede. Come ogni cognizione parte dal senso, così ogni azione parte dalla mente.
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DIVERSI GRADI

«Haec est victoria quae vincit mundum, fides vestra».
Vi è la fede del buon cristiano, del religioso, dell'apostolo, del sacerdote. Vi sono articoli che si devono credere da tutti; vi è un grado di fede necessario alla salvezza di tutti. Ma il religioso si appoggia ancora a verità proprie per la sua vita; così, più abbondantemente, la vita dell'apostolo e del sacerdote.
Il religioso sente di più, ad esempio, la verità di fede della superiorità della verginità sopra il matrimonio, della superiorità della povertà ed obbedienza evangelica sopra la povertà e l'obbedienza comune; delle intimità e comunicazioni divine a chi si dà tutto a Dio; del centuplo sulla terra e della sicurezza del paradiso per chi vale il «vos qui reliquistis omnia et secuti estis me...». Da questa fede una più larga partecipazione dei doni dello Spirito Santo, una maggior raccolta di frutti dello Spirito Santo, una più profonda gustazione delle beatitudini. Si avrà un paradiso anticipato nella vita religiosa.
L'apostolo ed il sacerdote crederanno a verità ed insegnamenti abbondantissimi dati da Gesù in particolare agli apostoli: «fiat sicut ministrator» - «elegi vos ut eatis et fructum afferatis» - «hoc facite in meam commemorationem» - «praedicate evangelium omni creaturae, docentes... baptizantes» - «sicut misit me Pater et ego mitto vos». Godere, sentire, operare dietro a questa luce che è calore, vita, gaudio sacerdotale.

LA VITA ATTUALE

Sta innanzi a voi la via della vita e la via della morte. Filosofi e maestri di spirito ripetono: in omnibus rebus respice finem. La vita nostra non finisce qui; la morte ci incalza e sospinge verso l'eternità. Se si vuole raggiungere Roma, non si sceglie la via che va in direzione opposta: è verità chiara.
Ma mentre breve è la vita, le conseguenze sono eterne. Dalla vita dipende infatti la nostra eternità felice od infelice.
Fine della vita è prepararci un'eternità felice: la salute eterna di tutto l'uomo: mente, volontà, cuore, corpo. Se un uomo è sano in ogni membro, meno che nella testa (un pazzo), o nel cuore, o nel sangue, non si può dire che ha salute. Noi ci prepariamo la salvezza eterna, quando tutto l'uomo è sano: mente, volontà, cuore.
Si aggiunge: la vera vita cui siamo indirizzati dopo il pellegrinaggio terreno è la vita soprannaturale della gloria celeste: in essa saremo felici della stessa felicità di Dio. Non sarà una mensa umana cui ci assideremo, ma la stessa mensa divina. Dice il Maestro divino: «Io dispongo per voi del regno, come il Padre ne ha disposto per me, affinché mangiate e beviate alla mensa nel regno mio» (Luc. XXII, 30).
In paradiso non saremo più beati in noi, ma in Dio. Dirà, infatti, il giudice divino: «Entra nel gaudio del tuo Signore».
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La beatitudine è il completamento dell'essere; l'essere nostro appartiene a Dio. Perciò la beatitudine sarà nel riposare, uniformarci, appartenere a Dio. Ciò sarebbe già vero nell'ordine naturale; quanto più nell'ordine soprannaturale. Per questa elevazione siamo destinati a vedere Dio faccia a faccia, a conoscerlo nel modo che Egli conosce se stesso, ad operare in Dio, a godere in Dio, oltre ogni creatura. La preparazione all'eternità sta nello stabilire tutto il nostro essere in Dio: mente, volontà, cuore, corpo: per Gesù Cristo, in Gesù Cristo, con Gesù Cristo. La vita presente deve presentare in se stessa la forma ed i caratteri specifici che ne fanno una vera preparazione alla beatitudine eterna: il mezzo è Gesù Cristo.
Già Adamo ed Eva stavano in uno stato di preparazione soprannaturale, vicino al cielo; ma il peccato li ributtò lontani lontani. E non vi sarebbero mai più giunti, se Dio nella sua infinita misericordia non avesse indicato una via, una speranza: il futuro Redentore. In Gesù Cristo l'uomo può rifarsi: nella mente credendo a Lui; nella volontà seguendo i suoi esempi; nel cuore per mezzo della grazia da lui meritata; nel corpo crocifisso e conformato al corpo di Gesù Cristo.
Anzitutto nella mente come insegnò il Maestro Divino.

ERRORE ED ERRORI

L'uomo doveva avere un'unità o integrità: cioè le potenze dell'uomo - mente, volontà, sentimento - si dovevano integrare. La ragione conosceva il bene, quantunque con luce pallida e fredda, che il sentimento però doveva scaldare e far risplendere ed entusiasmare, onde dal vero, dal bello, si ottenesse il bene. Così, vero, bello e buono, oltrechè costituire un'unica cosa in sé sotto tre aspetti (convertuntur), anche nell'uomo avrebbero trovata una pratica unità nelle sue tre unite facoltà.
Il peccato ruppe l'unità: ed ora vi è grande scompiglio. La ragione doveva governare il cuore ed il cuore far risplendere di amore la ragione; e la volontà, rimossi gli ostacoli delle passioni e fortificata dalla ragione, avrebbe fatto il bene: ecco l'unità.
La grazia divina contribuiva ed elevava mirabilmente questa unità; così che l'uomo rappresentava l'Unità e Trinità di Dio; «fatto ad immagine e somiglianza» di Lui, era trino nelle sue facoltà (mente, sentimento, volontà) ed uno nella sua attività interiore ed esteriore.
Rotta l'unità, ragione e cuore spingono la volontà per vie opposte: la ragione agisce da sé; l'amore incontrollato accende i suoi fuochi torvi nei sensi e consuma l'organismo; e la volontà, senza la grazia di Dio, è dal cuore trascinata in sentieri fangosi; ecco le due leggi, della carne e dello spirito, ecco «non quod volo bonum, sed quod nolo malum hoc facio».
Rifare l'unità in Cristo.
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«AMERAI IL SIGNORE CON TUTTA LA TUA MENTE»

Nel Vangelo di S. Marco (Cap. XII, 28-34) si legge: «Allora avvicinandosi uno degli scribi, che aveva udito la loro discussione, visto che aveva ben risposto, gli domandò: Qual è il primo dei comandamenti? Gesù rispose: Il primo è: Ascolta, Israele: il Signore Dio nostro è l'unico Signore, e tu amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente, e con tutte le tue forze. Il secondo è questo: Tu amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c'è altro comandamento più grande di questo. Allora lo Scriba gli disse: Hai detto benissimo, o Maestro, che Dio è l'unico e non ce n'è altri fuori di lui, e che amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze, e amare il prossimo come se stesso, vale molto più di tutti gli olocausti e i sacrifici. Gesù, vedendo che aveva risposto da saggio, gli disse: Tu non sei lontano dal regno di Dio. E nessuno osava più interrogarlo».
Nel Vangelo di S. Matteo (Cap. XXII, 34-35) si legge: «Ora, i Farisei, saputo che egli aveva chiuso la bocca ai Sadducei, s'unirono insieme; e uno di loro, dottore della legge, gli domandò, per tentarlo: Maestro, qual è il maggior comandamento della legge?» E Gesù gli rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la tua mente».
Nel Vangelo di S. Luca (Cap. X, 25-28) si legge: «Or, ecco, un Dottore della legge si alzò e chiese per metterlo alla prova: Maestro, che devo fare per possedere la vita eterna? E Gesù a lui: Nella legge che c'è scritto? Come leggi? L'altro rispose: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta l'anima tua e con tutte le tue forze e con tutta la tua intelligenza ed il prossimo tuo come te stesso. E Gesù gli disse: Hai risposto bene: fa questo e vivrai».
In ognuna delle tre letture vi è sempre compresa la parte del comando: «Amerai il Signore con tutta la tua mente». È facile intendere che la vita cristiana deve innestarsi in Cristo: ora Cristo è Verità, Via e Vita; la mente innestata nella mente di Cristo, la volontà nella volontà di Cristo, il cuore nel cuore di Cristo. Così l'uomo al giudizio sarà trovato conforme all'immagine di Cristo: «Conformes fieri imagini Filii sui».
Dunque: primo: amare il Signore con tutta la mente.

«LUCE INTELLETTUAL PIENA D'AMORE»

Le facoltà intellettuali costituiscono l'uomo propriamente detto.
È vero che la nostra intelligenza è capace di conoscere la verità, e con il paziente lavoro acquista, anche senza il soccorso della rivelazione, la cognizione di un certo numero di verità fondamentali d'ordine naturale. Ma quante debolezze umilianti!
Invece di tendere spontaneamente verso Dio e le cose divine; invece di elevarsi dalle creature al Creatore, come avrebbe fatto nello stato primitivo, essa tende ad assorbirsi nello studio delle cose create senza risalire alla loro causa; a concentrare la sua attenzione su ciò che soddisfa la sua curiosità e trascurare ciò che si riferisce al suo fine; la premura delle cose temporali le impedisce spesso di pensare all'eternità.
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E quanta facilità a cadere nell'errore! I numerosi pregiudizi a cui siamo inclinati, le passioni che ci agitano l'anima e gettano un velo, tra lei e la verità, ci traviano ahimè! troppo spesso anche nelle questioni più vitali, da cui dipende la direzione della nostra vita morale.
La nostra stessa volontà, in cambio di assoggettarsi a Dio, ha delle pretese di indipendenza; sente difficoltà a sottomettersi a Dio e specialmente ai Suoi rappresentanti sulla terra. Quando si tratta di vincere le difficoltà che si oppongono alla pratica del bene, quanta debolezza e quanta incostanza nello sforzo! E quante volte si lascia trascinare dal sentimento e dalla passione! San Paolo descrisse con efficaci accenti questa deplorevole debolezza: «Io non faccio il bene che voglio e faccio il male che non voglio... Poiché mi diletto nella legge di Dio secondo l'uomo interiore; ma veggo nelle mie membra un'altra legge che si oppone alla legge della mia mente e mi fa schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? Grazie a Dio per Gesù Cristo Signor Nostro» (Rom. 7, 19-25). Dunque, per dichiarazione dell'Apostolo, il rimedio a questo stato miserando sta nella grazia della redenzione.

«DE CORDE EXEUNT COGITATIONES MALAE»

Più comune però è la via della corruzione del cuore.
I mezzi di corruzione sono così numerosi e così potenti, che la stessa pubblica autorità, almeno presso di noi, si è trovata nella necessità di intervenire con le sue leggi. Ma non è certo possibile mettere in un momento un argine efficace contro un'inondazione che quasi un secolo di odio contro la verità ha contribuito ad ingrossare. È facile capire che la corruzione è la tomba della fede.
Come mai un animo vizioso, che odia la virtù e trova il suo piacere nel ravvoltolarsi nel fango, potrà soffrire dentro di sé una voce che gli vada ripetendo che queste cose sono proibite da Dio, che un giorno giudicherà severamente ciascun di noi, e che un incendio di fuoco eterno sarà il castigo dei piaceri illeciti di questo mondo? Questa voce molesta da principio susciterà ira, poi a forza di essere contraddetta e schernita, a poco a poco si affievolirà e spegnerà totalmente.
Interessa troppo al vizio il togliersi dinanzi ogni ostacolo.
Donde viene infatti che giovani che fino a ieri frequentavano con gusto i sacramenti, ora hanno lasciata la Messa, la Pasqua e si sono schierati tra gli oppositori e derisori della religione? Il fatto è di facile spiegazione. Essi hanno incominciato ad abbandonare la fede, quando la corruzione ha fatto il primo passo nel loro cuore.
Quante volte è il cuore che fa male alla testa!
Che se a questo si aggiunge la lettura di libri o periodici irreligiosi e la conversazione e l'esempio cattivo, a che cosa potrà ridursi la fiamma della fede? E se il cinema, la radio, la televisione accrescono il male?
Se vi sono letture atte ad aiutare lo sviluppo della fede nell'anima, sembra a prima vista dovrebbero essere le scienze. Eppure abbondano anche libri veramente pestilenziali. È in questi per l'appunto che si spargono i germi d'incredulità più resistenti ad ogni medicina.
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TALENTO SCIUPATO!

Lasciare inerte il maggior talento dato all'uomo da Dio è seppellire il dono di Dio. «Perché non hai trafficato il talento ricevuto, mettendolo a frutto? Onde venendo io, potessi avere capitale ed interesse?... Mettetelo nelle tenebre esteriori».
Nessun peccato di cuore, parole, opere è possibile senza la mente, la cognizione: es. nel sonno. Nessun merito è possibile senza la mente, la cognizione; si trattasse pure di un sonnambulo che andasse in Chiesa e là recitasse il Rosario.
Quindi il male (il peccato) ed il bene (il merito) non possono esistere senza la cognizione della mente; ma il pensiero non basta a fare il male (peccato) né il bene (merito).
Vi sono persone che sanno mille notizie, mille aneddoti e detti scherzosi, mille fatti e mancanze altrui, mille consigli da dare e correzioni da fare: ad ogni persona che è vicina, alle madri, ai giovani, ai governanti, al clero, al Papa, e... quasi quasi a Dio stesso; tanto hanno visto, tanto hanno sentito, tanto hanno leggicchiato!
Gente che spesso non conosce né se stessa, né Dio;
gente sempre distratta nei doveri di pietà, studio, apostolato;
gente che casca nella fossa perché sta sempre ad osservare che non vi caschino gli altri;
gente di cui il Signore può lagnarsi: il figlio conosce il padre suo, il bue la sua mangiatoia, il cane la voce del padrone, ma costoro non conoscono la voce del Padre celeste;
gente che mentre prega, studia, sente la predica con le orecchie, ha la mente lontana lontana...
Talora sono belle intelligenze... ma talora sciupate in cose futili, occupatissime a far niente; fogliame e fioritura abbondanti, ma senza frutti; cisterne rotte che non possono contenere acque sane e limpide.

«REGNUM DEI VIM PATITUR»

Massimo rendimento.
A noi specialmente il comando e la dolcezza ineffabile persuasiva dell'invito: Siate perfetti. La santità non è un privilegio od una riserva.
I nostri giovani buoni non saranno professi, se non a patto di diventare virtuosi.
La santità è virtù ad alta tensione; è lo slancio e la poesia del bene. Il bene fatto a stento, col contagocce, per forza... non è santità.
Il santo non è un uomo sfinito, una mezza coscienza che non sa prendersi la propria parte nella vita... Per San Paolo la santità è la maturità piena dell'uomo, l'uomo perfetto: «In virum perfectum».
Il santo non s'involve, ma si svolge; non si ferma, ma ha per stemma il proficiebat. La santità è vita, movimento, nobiltà, effervescenza; quella buona, non di ciò che cade, ma di ciò che sale. Sì! Ma lo sarà, solo e sempre, in proporzione dello spirito di fede, e della nostra volontà: il Signore è con noi; noi siamo cooperatori di Dio.
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PARADOSSI DIVINI

Chi ha pietà abbondante e sapiente utilizzerà facilmente i talenti, pochi o molti che siano. La sola scienza, il solo apostolato, la sola povertà, senza la pietà non illuminano, né riscaldano; ma la pietà è l'anima di ogni apostolato. Verità da meditarsi.
«Cogitationes meae non sunt cogitationes vestrae». Prima di mostrarci il suo amore e svelarci il suo Cuore, Lui ci mostrò la sua mente (discorso della Montagna e le Beatitudini):
Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli!
Beati i miti perché erediteranno la terra!
Beati gli afflitti, perché saranno consolati!
Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati!
Beati i misericordiosi, perché otterranno misericordia!
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio!
Beati i pacificatori, perché saranno chiamati figli di Dio!
Beati quelli che son perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.

«ALERE FLAMMAM»

La fede è veramente una fiamma che illumina e riscalda.
È cosa divina, ma affidata all'uomo e quindi si può perdere come si può mantenere viva ed accrescere.
È come la salute del corpo. Per quanto questa sia florida e robusta, non è inamissibile. Molte cause interne ed esterne la possono aggredire e mettere in pericolo.
Così è della fede.
Essa si può perdere, o almeno molto indebolire, per la via dell'intelletto, in molti modi. Anzi tutto nell'inerzia. Come potrà mantenersi la fede in quei giovani che, con la tenue istruzione dei primi anni della fanciullezza, vanno avanti negli studi senza più curarsi di studiare la religione?
Infinitamente peggio poi se essi hanno la disgrazia di avere professori increduli, positivamente ostili, che si servono della dottrina da insegnarsi nella scuola, per iniettare nella mente i germi dell'incredulità.

«RENOVAMINI SPIRITU MENTIS VESTRAE»

Ma non sempre però trionfa il male.
Abbondano sempre più esempi eroici, degni di ammirazione, di anime generose e forti che sanno trionfare di ogni ostacolo, e passano attraverso la corruzione del secolo, senza macchiarsi.
Chi sono costoro?
Quelli che sanno alimentare la fede. Come c'è una profilassi per la salute del corpo, così anche in materia di fede.
Primo mezzo è l'istruzione religiosa sia per la frequenza alla parola di Dio, sia per le buone letture. La parola di Dio è abbondantemente amministrata nelle prediche ordinarie di ogni domenica, e nelle predicazioni straordinarie.
Quanto poi ai buoni libri, non vi è davvero penuria.
Un secondo mezzo è la preghiera. Essa è il respiro della vita spirituale. Che se noi con la preghiera dobbiamo ricorrere a Dio in tutte le necessità, che diremo della necessità dell'aiuto divino per conservare la fede?
Un terzo mezzo poi è l'esercizio della fede nelle opere buone. L'esercizio non solo mantiene, ma accresce gli abiti. Questo molto più avviene nell'abito della fede che non può vivere se non nell'opera: fides sine operibus mortua est (Giac. II, 26). L'opera poi in questa materia non solo mantiene viva la fede, ma giova a meglio intendere e gustare le stesse verità che ne sono l'oggetto. Dice l'Imitazione di Cristo: «Chi vuole intendere pienamente e con diletto le parole di Cristo, è necessario che si studi di conformare tutta la sua vita a quella di Lui» (Lib. I, cap. I).
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LA NOSTRA VIA

Vedere ora le cose con gli occhi, o con la ragione, o con la fede è lo stato transitorio e di prova: siamo creati invece per il cielo: «Non habemus hic manentem civitatem sed futuram inquirimus».
Quale dunque la preparazione della mente alla visione di Dio?
a) Il retto uso della ragione e dell'intelligenza.
b) La virtù della fede.
Quali gli impedimenti della mente alla visione di Dio?
a) La menzogna, l'errore, il pensiero cattivo e volontario.
b) Il peccato contro la fede.
È principio di teologia che «la moralità di un atto è la sua conformità con la ragione ed il fine ultimo; mentre la immoralità è la difformità con la ragione ed il fine ultimo». La coscienza è regola di operare sicura; così che mai si può agire contro di essa, sia che comandi sia che proibisca. Operare sempre secondo coscienza è via sicura.

LUME DI RAGIONE E LUME DI FEDE

Il retto uso della mente è questo: pensare a Dio, alla verità o secondo verità, istruzione, studio, e tutto quello che ci porta a compiere ciò che è volontà e beneplacito di Dio, per esempio: a ciò che è progresso, virtù, dovere, ufficio, ecc. Vi è infatti un retto uso naturale della ragione e della mente. La Scrittura dice: «Compera la verità; e non alienar la sapienza, la dottrina, l'intelligenza» (Prov. XXIII, 28).
Ma vi è anche un retto uso soprannaturale della ragione e della mente: credere cioè alle verità da Gesù Cristo rivelate e dalla Chiesa cattolica insegnate.
Sant'Agostino dice: «Fides est credere quod non vides»; e cioè ammettere una verità, non perché capita, ma sopra la testimonianza altrui: ed in questa cosa è Gesù Cristo stesso che parlò predicando ed oggi parla per mezzo della Chiesa. Le verità della fede hanno una sicurezza assoluta.
La fede è fondamento della vita spirituale: «Fundamentum et radix omnis justificationis». Senza la fede è impossibile piacere a Dio e pervenire alla sua gloria: «sine fide impossibile est placere Deo, et ad filiorum ejus consortium pervenire» (Concil. Trid.). «Credere oportet accedentem ad Deum quia Deus est et remunerator».
(Continua)

Sac. Alberione


NOTIZIE

Il mese di Ottobre lo dedichiamo alla Regina Apostolorum; non solo perché mese del Rosario; ma ancora perché è l'Ottobre dell'Anno Mariano e preparazione alla Consacrazione della Chiesa Regina Apostolorum.
Santuario Regina Apostolorum - Si confida che l'Impresa possa portare i lavori a tal punto da celebrarvi la Novena dell'Immacolata, ordinarvi quindici novelli Sacerdoti, sciogliere il voto, fare una giornata di riconoscenza, altre giornate di preghiera per le case estere, vocazioni, apostolato ecc. Saranno giorni di santa letizia e preghiere alla nostra Madre, Maestra e Regina.
ROMA - Il giorno 8 Settembre, festa della Natività di Maria SS., nella Cripta della Chiesa Regina Apostolorum, vi sono state vestizioni e professioni dei Discepoli e Chierici. Sono intervenute per l'occasione anche le case del Noviziato di Ostia e di Albano. - Sabato delle Tempora di Settembre (18) sono stati ordinati 14 novelli Suddiaconi.
ALBA - E' stato ordinato da S. E. Mons. Carlo Stoppa Vescovo di Alba, D. Semmler Heinz M. Michele, nostro primo Sacerdote tedesco.

INTENZIONI DI PREGHIERE

1) Per il Santuario Regina Apostolorum
2) Per gli Ordinandi 3) Per la divozione a Maria Regina Apostolorum.

ANNIVERSARI DEI FRATELLI DEFUNTI

11-10-1931 D. Occhetti Placido M. Salvatore
15-10-1943 D. Sterpone Pasquale M. Giov. (Diac).
12-10-1948 Fr.Pavan Liberale M. Alfonso
14-10-1952 D. Trosso Sebastiano M. Benedetto

INDULGENZA PLENARIA

28 ottobre - Ss. Simone e Giuda.
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Anno XXIX
SAN PAOLO
OTTOBRE - 1954
ROMA - Casa Generalizia

AVE MARIA, LIBER INCOMPREHENSUS, QUAE VERBUM ET FILIUM PATRIS MUNDO LEGENDUM EXHIBUISTI (S. EPIPHANIUS EP.)

AMERAI IL SIGNORE CON TUTTA LA TUA MENTE"
(Continuazione)

DONI INTELLETTUALI DELLO SPIRITO SANTO

Essi portano perfezionamento alla fede.
Il dono della scienza, dell'intelletto e della sapienza, hanno questo di comune, che ci danno una conoscenza sperimentale o quasi sperimentale, perché ci fanno conoscere le cose divine non per via di ragionamento, ma per via di un lume superiore che ce le fa afferrare come se ne avessimo l'esperienza. Questo lume comunicatoci dallo Spirito Santo è certamente il lume della fede, ma più attivo e più illuminante che non sia abitualmente e che ci dà come una specie di intuizione di queste verità, simile a quella che abbiamo dei primi principii.
Il dono della scienza ci fa giudicare rettamente delle cose create nelle loro relazioni con Dio. Si definisce: un dono che, sotto l'azione illuminatrice dello Spirito Santo, perfeziona la virtù della fede, facendoci conoscere le cose create nelle loro relazioni con Dio.
Il dono dell'intelletto ci palesa l'intima armonia delle verità rivelate. Si definisce: un dono che, sotto l'azione illuminatrice dello Spirito Santo, ci dà una penetrante intuizione delle verità rivelate, senza però svelarne il mistero.
Il dono della sapienza ci fa giudicare, apprezzare, gustare le verità rivelate, secundum quamdam connaturalitatem ad ipsas, come dice S. Tommaso. Si può definire: un dono che, perfezionando la virtù della carità, ci fa discernere e giudicare Dio e le cose divine nei loro più alti principii e ce le fa gustare.
Essendo uno dei doni più preziosi, bisogna ardentemente desiderarlo, cercarlo con ardore e chiederlo con insistenza come ci fa pregare il libro della Sapienza:
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«Dio dei miei padri e Signore pietoso,
Tu che hai creato ogni cosa con la tua parola,
e con la tua sapienza hai formato l'uomo,
affinché domini le creature da Te fatte,
e governi il mondo con santità e giustizia
e con animo retto sentenzi in giudizio:
dammi la Sapienza, che siede in trono accanto a Te,
e non mi escludere dal governo dei tuoi figli,
perché io sono tuo servo e figlio della tua ancella,
uomo fragile e di corta vita
e scarso nell'intelligenza del diritto e delle leggi.
Con Te sta la Sapienza, che ben conosce le opere tue
ed era presente quando creavi il mondo,
e sa quale cosa Ti sia gradita e quale retta secondo i tuoi comandi.
Mandala dai santi cieli
e dal trono della tua maestà inviala,
affinché mi assista nei miei lavori,
e mi faccia sapere qual cosa Ti sia più gradita;
perché essa tutto conosce ed intende
e mi guiderà saggiamente nelle mie imprese,
e mi proteggerà con la sua grandezza;
onde saranno accette le opere mie,
e governerò il tuo popolo con giustizia
e sarò degno del trono del padre mio».

(Sap. 9, 1-12)


Il dono del consiglio perfeziona la virtù della prudenza, facendoci giudicare prontamente e sicuramente, per una specie di intuizione soprannaturale, ciò che conviene fare, specialmente nei casi difficili.
L'oggetto proprio di questo dono è la buona direzione delle azioni particolari; i doni della scienza e dell'intelletto ci danno i principii generali; il dono del consiglio ce li fa applicare ai molti casi particolari che si presentano nella giornata. I lumi dello Spirito Santo ci mostrano allora ciò che dobbiamo fare e come dobbiamo comportarci in certi casi difficili ed importanti, come quando si tratta dell'eterna salute o della propria santificazione, per esempio: nella vocazione od in certe occasioni di peccato. Per coltivare questo dono è necessario un profondo sentimento della propria impotenza ed il ricorso abituale allo Spirito Santo.

ATTENDE TIBI ET LECTIONI

La mente è facoltà assorbente.
La mente ha potere digerente.
La mente è facoltà emittente.
Vi è un'igiene mentale.
Occorre un ordine mentale costruttivo.
Il progresso sociale dipende dal progresso mentale.
Lo sviluppo della personalità dipende dalla mente.
La Pia Società S. Paolo è ambiente intellettuale elevato.
Scuola, predicazione, apostolato sono ambienti elevati, costruttivi; mezzi naturali e soprannaturali di sviluppo ed educazione della mente.
Mente angelica (S. Luigi), mente divina (S. Tommaso A.).
La lettura della Bibbia, della Storia Ecelesiastica.
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MARIA, MATER BONI CONSILII ET SEDES SAPIENTIAE

Maria è Madre del Buon Consiglio e Sede della Sapienza. I Teologi ed i Dottori della Chiesa, come i fedeli, sempre si rivolsero a Lei nelle difficoltà, nel dilagare degli errori e delle eresie. Maria intervenne a confermare, chiarire, difendere la dottrina del Figlio suo e della Chiesa.
A quante anime è stata luce e guida! Quanti giovani ha soccorso nei dubbi, nelle difficoltà di studio!
Evangelisti, Apostoli, scrittori, Papi le consacrarono la penna e la lingua, e si ripetè in qualche misura, per sua intercessione, una divina Pentecoste.
S. Tommaso d'Aquino, S. Alfonso de' Liguori, S. Bonaventura, S. Alberto Magno hanno penetrato profondità di teologia non ancora esplorate.
Vi sono secolari e studiosi di valore, come il Beato Ferrini, Manzoni, Rosmini, Bonghi, Recamier... si affidavano a Maria nel loro studio, intraprese, decisioni. Scienza e fede non sono incompatibili; anzi spesso la fede guida ad approfondire la scienza.
Maria è come un cielo sereno sempre illuminato dal Sole Divino; e sempre disposto a ricevere lo splendore dei suoi raggi ed a trasmettere la luce nelle menti di chi cerca Dio e la salvezza.

L'IDEA TENDE ALL'ATTO

È legge naturale che opera in noi; senza o contro di noi. L'idea è il principio di ogni operazione interna od esterna. Governare la mente è necessità fondamentale; è condizione sine qua non, per la riuscita nel tempo e nell'eternità. La mente non può mai liberarsi dai suoi compagni di viaggio: i pensieri; e sono proprio essi che comandano e dominano. Le cose esterne possono avere influenza, ma esse per sé sono amorali; la vita dell'uomo è soprattutto intellettuale. Gli amici più intimi sono i pensieri.
Le stesse cose danneggiano alcuni, e ad altri fanno bene: per esempio la tentazione, il dolore, la miseria. Dipende ciò dai pensieri interni. La medesima pena getta una persona nella disperazione; mentre per un'altra serve di ravvedimento e gioia.
Una persona che si vede o che non si vede, una lode od un rimprovero, un successo od una delusione che effetto avranno? Secondo i pensieri, le convinzioni, l'idea. L'idea influisce nel giudizio, il giudizio eccita il sentimento, il sentimento determina gli atti interni ed esterni. Che cosa operò in San Paolo l'idea che Gesù Cristo era il vero Dio e la Sua dottrina era il verbo di salute? «Sovrabbondo di gaudio in ogni tribolazione», scriveva S. Paolo dal carcere.
Con i buoni principii, molti sono arrivati a santità; per i pensieri cattivi tanti sono precipitati in nefandezze. Il carattere dipende dai pensieri.
Le più grandi battaglie si combattono nella mente. Qui deve concentrarsi lo sforzo. Sui pensieri occorre vigilare, perché non si può chiudere ogni porta ermeticamente. Sostituire pensieri buoni a pensieri cattivi: «Vinci il male con il bene». A letture vuote o cattive, per esempio, sostituire letture sane. Se salvi la mente, salvi te stesso.
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IDEALE AVVAMPANTE

L'ideale è un chiaro, preciso e limpido punto di arrivo, una scalata da compiere, una vittoria da conseguire; capace di organizzare tutte le nostre facoltà spirituali, soprannaturali, fisiche; tutti i mezzi interni ed esterni per un fine nobile e santo; eleva l'individuo e lo stabilisce nella sua missione sociale secondo la vocazione. È un'idea fissa, ossessionante. Esempio: «Cristo ideale del monaco»; «Cristo ideale del Pastore»; «Cristo ideale di santità; «Vivere Paolo»; «Vita d'unione con Maria»; «L'anima di ogni apostolato»; «Andate, predicate, battezzate tutte le genti»; «Non excidet»; «Frangar non flectar»; «Vivit in me Christus»; «Estote perfecti», ecc.
L'ideale raccoglie specialmente i pensieri utili al fine, toglie quelli inutili o contrari. È simile ad una massa di acqua per una centrale elettrica, raccolta da mille piccole sorgenti e rigagnoli.
La vita è una cosa seria, da essa dipende un'eternità: «Voglio viverla!» conchiudeva un audace. «O felice colui che trova il guado - di questo alpestre e rapido torrente - che ha nome vita e che a molti è sì a grado» (Petrarca).
L'ideale è una linea da seguire, un programma per il massimo rendimento temporale ed eterno della vita. Si concepisce con la mente e si ama svisceratamente. «Non distrazioni, come un annoiato della vita; ma con gusto, pazienza, giocondità e genio». Essere, non apparire!
L'ideale vivo ed operante poco per volta diviene una mentalità: allora abbiamo l'idea-forza, perché corroborata da tanti elementi.

L'IDEA-FORZA

Quanto più è viva l'idea tanto più è potente sino al punto di operare fisicamente e contro la stessa volontà. Nell'idea fissa di cadere o di uno scontro si finisce col cadere od incontrarsi. L'idea fissa di riuscire conferisce energia, entusiasmo, decisione, sacrificio: raddoppia le forze.
Questo nell'ordine naturale. Ma vi è una idea-forza in cui convergono la natura e la grazia; e più questa che quella. Allora ci troviamo innanzi a figure che si impongono e sconcertano tutti i calcoli nostri: S. Paolo, S. Tecla, S. Agnese, S. Francesco d'Assisi, Santa Cabrini, San Pio X, S. Giovanni Bosco, ecc. La spiegazione la darà il cielo, più che la terra.
Questo ideale se è fissato con la luce del Tabernacolo e con la guida di un buon direttore, meglio, di un buon maestro, sarà un'idea-forza sorgente di gioia, di sicuri risultati; sarà una mentalità; soprannaturalmente «la potenza di Dio» messa a servizio dell'uomo mediante la preghiera.
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LA MENTALITA'

È una «forma mentis», un modo particolare di pensare e conseguentemente di operare, proprio di una persona o di una categoria di persone. Esempio: mentalità militare, artistica, sacerdotale, religiosa, cristiana, infantile, matura, operaia, capitalista, ecc. Essa determina il cammino della vita.
Educare significa formare buone abitudini; in primo luogo l'abitudine a pensare in una determinata maniera, secondo determinati principii resi chiari e posseduti così profondamente da illuminare tutti i progetti, giudizi, programmi, propositi, vita e attività.
Occorre sapienza celeste! Vi è il passaggio dalla fanciullezza alla gioventù, alla maggior età. Altro è tenere una scuola materna, un catechismo ai fanciulli sino a 12 anni; altro è formarli dai 12 ai 25 anni.

ELEMENTI PER LA MENTALITA'

Una mentalità risulta da molti elementi interni ed esterni, naturali e soprannaturali; talvolta da cose in apparenza trascurabili. Essi formano la personalità; come una varietà di cibi ed elementi chimici formano il sangue, le ossa, i tessuti organici del corpo umano. Il tutto elaborato interiormente viene a costituire un carattere ed una mentalità. L'uomo è uno. Non vi è da una parte la scuola e dall'altra la vita; ma la scuola è importante contributo alla vita.
Elemento primo è l'inclinazione naturale cui contribuisce l'ereditarietà; poi l'esempio e l'ambiente in cui il bambino cresce; l'educazione che viene data; le idee, i pensieri, le massime, arrivano da tante parti (compagni, libri, fumetti, radio, discorsi, cinema, televisione, scuola, opificio, occupazioni, parrocchia, istruzione, ecc. ecc.) e fanno ressa attorno al cervello; e se trovano l'entrata, vi si stabiliscono, contrastano, si fondono sino ad una risultante; come dai molti acini, il mosto, rimescolandosi e ribollendo nel tino, forma un determinato vino.

Nel passaggio dall'adolescenza alla gioventù si hanno manifestazioni naturali, per molti inattese: nel fisico e nello spirito. Il fanciullo acquista personalità: invece della semplice fede ed obbedienza passa al ragionamento e sogna l'indipendenza; una gran voglia di giudicare e trovare in fallo chi lo guida; si chiude in sé o si abbandona a spensieratezze ed audacie; o l'una o l'altra cosa si succedono, con periodi di taciturnità e loquacità e giudizi incontrollati...
È un errore comprimere il giovane così che egli non manifesti i suoi pensieri, che specialmente nell'adolescenza e nella crisi possono anche essere strani. Aiutarli, invece, a parlare, dare loro spiegazioni, sostenerli, facilitare lo svelarsi e il mostrarsi aperti... poi correggere le idee, fornire libri adatti, esporre ragioni, usare una somma sapienza e bontà.
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Giovani che neppure al confessionale hanno aperta interamente la loro anima... daranno delle sorprese e faranno dei fallimenti penosi e scandalosi quando si scatenerà il demonio meridiano. Assicurarsi che il giovane si apra; dargli indirizzo secondo ragione e fede; trattarlo e rispettarlo convenientemente e mostrargli fiducia, qualche volta più che non ne meriti. Ma sempre richiamarlo ai sani principii, alla fede, al fine ultimo. Vi sono educatori che possiedono qualità mirabili. «Del savio educator - questa è la legge; - eccita, lascia agir, - guida e corregge».
Genitori, educatori, maestri irragionevoli! vorrebbero sempre bambini i loro fanciulli... salvo ad esigere di trovarli uomini fatti, all'improvviso... - Occorre formarli con una lunga pazienza e sapienza dai 12 anni ai 21, con metodo adatto alla età, tenendo conto delle mille insidie che incontrano. Persuasione che l'adolescente si evolve certamente; e certe tentazioni, indisciplinatezze, vaghe tendenze, idee, non devono stupirci di più di quanto a vederli mettere i baffetti e cambiare voce.

NIENTE DI CONTROPRODUCENTE

Esempio: volere avviare alla professione religiosa od agli Ordini sacri e dare pellicole, romanzi, riviste, spettacoli televisivi che fanno desiderare il matrimonio e la vita mondana: è pretendere di raccogliere buon grano seminando ortiche.
Dare in mano al giovane testi scolastici ispirati all'ateismo, paganesimo, liberalismo, ecc. senza mai, o quasi mai far gustare la letteratura sacra, patristica, moralmente sana... e voler formare dei Paolini sarebbe cosa irragionevole: lo studio distruggerebbe la predicazione e l'assistenza.
Obbediscono più facilmente gli intelligenti: o perché capiscono le ragioni intrinseche delle disposizioni; o perché comprendono il gran merito che fanno; o perché adorano la Divina Volontà nel Superiore; e specialmente perché intendono bene il pensiero di chi dispone, il fine da conseguirsi. Ed è così che lo studente segue docilmente il Maestro, approfitta di ogni parola, chiede spiegazioni, applica tutte le sue forze a tempo; e conchiude con buon successo.

MENTALITÀ SENSUALE

È quella del ricco epulone che usava cibi squisiti e vestiva splendidi abiti; lasciando da parte ogni buon senso di umanità; anzi divenuto inferiore ai cani che almeno lambivano le piaghe di Lazzaro per portargli qualche sollievo.
È quella dell'uomo animale; dominata dal senso. Rinnegato Dio e una vita futura, l'uomo si avvilisce cercando di procurarsi il maggior numero di soddisfazioni e di evitare quanto più gli sarà possibile le pene.
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«Animalis homo» - «Cuius Deus ventre est». Più si ingolfa nella carne e più si estingue in lui la luce della ragione e della coscienza umana. Il «Signatum est super nos lumen vultus tui», non è che una inconcepibile utopia per lui; e la carne lo attenua ed anche l'estingue. Pigrizia, golosità, lussuria mettono sulla ragione e sopra la testa una cortina di fango.
Descrive bene il fenomeno Bossuet e gli autori moderni confermano: «Vi sono momenti in cui tutto l'essere umano si sente divenire carne. C'è allora abdicazione del pensiero a profitto di questa carne piena di orgoglio; il corpo annega l'anima; i sensi straripano sopra lo spirito ed il lume interiore si spegne o per un poco o, purtroppo, per lungo tempo; ed anche per sempre! È il sole morale che viene eclissato dal suo satellite, l'intelligenza dal corpo, la vita psichica dalla vita di organi fatti per servire. Fin qui può arrivare l'uomo anche di molto ingegno e posto in alto».
Allora domina una mentalità sensuale.

MENTALITÀ UMANA

È costituita da principii di ragione in fatto di verità, di morale, di pietà.
Riguardo alla verità, l'uomo può conoscere Dio ed alcuni attributi, specialmente la sua giustizia rispetto all'uomo; la creazione, il fine naturale dell'uomo ed altre verità connesse con questa, come la necessità di una religione per l'individuo e per la società, una vita futura, ecc.
Riguardo alla morale: l'uomo può conoscere in generale il contenuto del decalogo, gli obblighi e le proibizioni principali con esso connesse. Così il dovere di obbedire ai genitori e superiori; rispettare i beni di fortuna, di fama e di persona del prossimo; dire la verità, vivere onestamente anche con se stesso, ecc. Vi sono uomini di retto sentire, che non conobbero la rivelazione. In essi vi è una coscienza naturale che pronuncia i suoi giusti giudizi sul lecito e l'illecito, secondo ragione e prudenza.
Riguardo alla pietà: la riconoscenza e l'adorazione a Dio, primo principio ed ultimo fine: il bisogno di pregarlo ogni giorno e consecrargli qualche tempo della vita e dell'anno; invocarne la provvidenza in tutta la vita. L'uomo ragionevole e retto gusta il «Padre nostro».

MENTALITÀ CRISTIANA

«Cristiano è il mio cognome, cattolico il mio nome».
Suppone come base una retta mentalità umana che riguarda la verità, la morale, la pietà di ordine naturale.
La mentalità cristiana è costituita dai principi soprannaturali di fede, di morale, e di pietà secondo l'insegnamento di Gesù Cristo e della Chiesa.
Riguardo alla fede cristiana: il premio o castigo della vita futura, l'Unità e Trinità di Dio, la creazione, la caduta, l'Incarnazione e Redenzione, la Chiesa, ecc. Le altre verità del Credo e tutte quelle che la Chiesa insegna.
Riguardo alla morale cristiana: Conoscenza pratica delle virtù della fede, speranza, carità; giustizia, fortezza, temperanza, prudenza; delle virtù morali come l'obbedienza, l'umiltà, la pazienza, la castità; conoscenza dei comandamenti della Chiesa, delle beatitudini, dei doni dello Spirito Santo; conoscenza dei doveri di stato, professionali, sociali, ecc.
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Riguardo alla pietà: conoscere e saper usare i mezzi di grazia, come i sacramenti, la Messa, la preghiera liturgica e privata. Conoscere le divozioni principali, eucaristica, mariana, ecc.
Questa mentalità può essere posseduta in grado altissimo come avviene nei santi; ed in grado minimo come avviene in coloro che conobbero poco ed hanno quasi dimenticato.
Persone che si nutrono del Vangelo, amano la meditazione, fanno abbondanti letture spirituali; così che questi principii li ricordano, li sentono nel loro spirito e costituiscono l'anima della loro anima, quasi una seconda natura che si è sovrapposta alla prima, l'ha penetrata e quasi assorbita. Anime che parlano il linguaggio della fede in ogni circostanza. Anime che il mondo non capisce e crede che esse siano stolte. Non giudicarono pazzi tanti santi e la stessa Sapienza, Gesù Maestro?
Vi sono persone talmente penetrate da un principio cristiano, che tutta la loro mentalità teorico-pratica ne è dominata. Esempio: «Deus meus et omnia» - «Quid sum miser tunc dicturus...» - «Si isti et illi, cur non ego?» - «Quid prodest si mundum universum lucretur...» - «Dio mi vede» - «Quid hoc ad aeternitatem?».
Il portare con noi il Vangelo è segno di amore alla dottrina di Gesù Cristo e merita speciali lumi celesti: «Verba sancti Evangelii doceat nos Filius Dei»; «Per evangelica dicta deleantur nostra delicta»; «Evangelica lectio sit nobis salus et protectio».

«SEMPRE CONTROLLARCI»

Destinati alla celeste città di Gerusalemme: dobbiamo prendere le vie che vi conducono. Ma percorrerle con passo deciso, senza perdita di tempo, osservando la disciplina stradale del cielo: senza deviazioni.
Vi è una disciplina in ogni cosa: dalla disciplina stradale alla disciplina scolastica, politica, militare, dietetica, mnemonica ecc. Vi sono metodi e metodi, oggi, in ogni parte, a cominciare dall'asilo (esempio: metodo Montessori) al tirocinio magistrale, medico, sacerdotale, legale.
Siamo ugualmente progrediti nella formazione dell'homo Dei, secondo il concetto di San Paolo?
Non posso dare una risposta come sicura norma per gli altri; ma per me, come uomo della strada direi: il Vangelo, gli Atti degli Apostoli, le Lettere di S. Paolo, di S. Giovanni ecc. ci presentano una spiritualità che, pur con sfumature diverse, viene a dire: «Sanctifica eos in veritate».
Vi è una spiritualità in cui predomina la morte, un'altra in cui predomina la vita, una spiritualità che è tutta, o quasi, pietà; un'altra che è tutta, o quasi, volontà; una terza che è tutta fede. La santità vera, secondo Gesù Cristo ed i santi autentici, sta nel primo comandamento: amerai con tutta la mente, le forze ed il cuore. La soprannatura si poggia ed eleva sulla natura; la disciplina divina è questo ragionare! in primo luogo. L'uomo è ragionevole, capisce il bene, poi lo desidera, poi lo vuole.
Facciamo sempre, quindi, l'atto di fede, poi di speranza, quindi di carità.
A disciplinare la mente giova lo studio delle matematiche e del latino. Questo tra i molti altri vantaggi: educa la mente a riflettere, ad analizzare (analisi), a muoversi su delle regole, ad applicare; ne seguono revisioni, correzioni, rifacimenti. Lo studio stesso delle etimologie greche e latine nelle varie materie, dalla chimica alla filosofia, è di grande efficacia educativa.
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MENTALITÀ RELIGIOSA

Suppone tutti i principi dogmatici, morali, liturgici della vita cristiana, che formano come il solido tripiede di un candelabro magnifico, che a sua volta sorregge un cero sempre acceso. Ed è costituita dagli elementi che le sono propri, e che si ricavano dall'episodio del giovane ricco:
«E uscendo Gesù per mettersi in viaggio un tale di nobile famiglia, accorse, si gettò in ginocchio davanti a lui e gli domandò: O buon Maestro, che devo fare io per ottenere la vita eterna? Gesù gli rispose: Perché mi interroghi riguardo al bene e mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti. Quali? gli domandò. E Gesù rispose: Tu sai i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio; non rubare, non testimoniare il falso; non frodare; onora il padre e la madre, e ama il prossimo tuo come te stesso.
E quello rispose: Tutto questo l'ho osservato fin dalla mia giovinezza: che altro mi manca? Allora Gesù, fissando lo sguardo sopra di lui con amore, gli disse: Una sola cosa ti manca ancora, se vuoi essere perfetto: va', vendi quanto possiedi e dallo ai poveri, così tu avrai un tesoro nei cieli. Poi vieni e seguimi! Ma il giovane, udite queste parole, se ne andò via rattristato, perché aveva molti beni. Allora Gesù, vedendolo così triste, dato uno sguardo intorno, disse ai suoi discepoli: Oh, come difficilmente coloro che posseggono ricchezze, entreranno nel regno di Dio! In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ed i discepoli restarono stupefatti a queste parole. Allora Gesù, ripresa la parola, insistè: Figliuoli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio per coloro che confidano nelle ricchezze! Sì, ve lo ripeto; è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio! Udito ciò, i discepoli, molto meravigliati, esclamarono: Allora chi potrà dunque salvarsi? E Gesù, fissando su di loro i suoi sguardi, conchiuse: Questo è impossibile agli uomini, ma non a Dio; perché a Dio tutto è possibile.
Allora Pietro prese a dirgli: Ecco, noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito: che avremo dunque noi? E Gesù rispose loro: In verità vi dico: voi che avete seguito me nella rigenerazione, quando il Figlio dell'uomo sederà sul trono della gloria, sederete anche voi sopra dodici troni per giudicare le dodici tribù d'Israele. E chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o moglie, o figli, o campi per me, per il regno di Dio e per il Vangelo, riceverà il centuplo, cioè molto di più, ora in questo tempo, in case, fratelli, sorelle, madre, figli, campi, insieme a persecuzioni, e nel secolo futuro la vita eterna. Molti dei primi saranno gli ultimi e molti degli ultimi saranno i primi» (Mt. 19, 27-30; Mc. 10, 28-31; Lc. 18, 28-30).
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1) Il giovane ricco è preoccupato dell'eternità e chiede: «Che devo fare per salvarmi?»
Il giovane si forma specialmente con la considerazione del fine. Cioè meditare la morte, il giudizio, l'inferno, il paradiso, la risurrezione finale, la sentenza definitiva, l'eternità. «In omnibus operibus tuis memorare novissima tua et in aeternum non peccabis».
Cercare la vera felicità.
Il fine impone la scelta dei mezzi. Chi medita il fine è come colui che viene a conoscere e desiderare di recarsi in una città ove pensa di trovarsi bene. Prende la decisione di partire, sceglie la via ed i mezzi più sicuri e diretti, sebbene possa incontrare difficoltà. La meditazione dei vari novissimi si riduce sostanzialmente ad una: il fine. Quando tutto è così determinato e costituisce l'ossatura ed il tessuto della mentalità, e si prega, errori essenziali non ne accadranno; oppure si avrà la ripresa.
2) È un giovane che viene a Gesù; ma aveva già oltrepassata la fanciullezza. La scelta dello stato si fa in un periodo in cui già si è raggiunta una certa maturità ed il giovane si affaccia con coscienza alla vita; tuttavia si è nel periodo in cui scegliere l'ottima parte è più meritorio, più tempestivo, assicura una migliore riuscita; ed il dono a Dio è pieno. Non restare troppo a lungo tentennanti, ma neppure precipitare.
3) Il giovane dichiara candidamente che ha osservati i comandamenti sin dalla fanciullezza. Qui sta la base: prima i comandamenti, poi i consigli evangelici. Per osservare la povertà perfetta, occorre già avere osservato il settimo comandamento; per osservare la castità perfetta, occorre già aver osservato il sesto comandamento; per osservare l'obbedienza perfetta, occorre già aver osservato il quarto comandamento; per vivere la vita comune e praticare l'apostolato, occorre già aver osservato il quinto comandamento anche nella parte positiva.
4) Si vis. La vita religiosa è un dono di Dio ed un atto di perfetto, continuo, eterno amore. È amore che sale direttamente a Dio, senza alcun mezzo intermediario.
È atto di libera volontà del cristiano; è un passo che il Signore propone a chi vuole qualcosa in più che i semplici comandamenti. Perciò:
È scelta d'amore anche da parte di Dio per sue determinate creature: «voluntas Dei»; «ego elegi vos».
È dono complesso che si riferisce insieme alla natura, grazia e gloria; con l'intervento di Dio Padre, di Dio Figlio, di Dio Spirito Santo.
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5) Perfectus esse. Gesù, sentito il giovane che affermava di avere sempre osservati i comandamenti, «intuitus eum dilexit»; in quel momento aggiungeva grazia a grazia.
Il vero primo e principale lavoro del religioso è quello di progredire, cioè perfezionarsi. Questo in ogni istituto religioso, è il primo dovere; il secondo dovere riguarda il particolare ministero e apostolato cui si dedica ogni singolo istituto secondo la propria regola.
Dalla professione questo lavoro è obbligatorio e continuo, quanto cioè dura la professione. Chi non progredisce equivale ad un medico che ha accettata una condotta e non fa il medico; anche se forse facesse il capo di una banda musicale o desse lezioni di lingue. Il progredire è il dovere di stato al quale sono ordinate le grazie di stato; al quale sono ordinate le Costituzioni, il governo, la pietà, ecc. Se crescono i difetti e diminuiscono la carità, la pazienza, l'umiltà, l'ubbidienza, ecc. la vocazione non è corrisposta.
6) Lasciare tutto. Cioè praticare la virtù ed il voto di povertà. Questo sopra l'esempio di Gesù Cristo ed in Gesù Cristo, che ne è il Maestro, l'esemplare, il dottore, il conforto; anzi è la ricchezza del religioso povero, il «summum bonum» eterno.
La povertà praticata secondo le Costituzioni: povertà che tutto lascia, che da tutto si stacca, che tutto usa per il Signore, che produce col lavoro proprio, che provvede alla comunità, che distribuisce ai poveri, che chiede, che fa passare dalle mani dell'abbiente al diseredato ed alle opere apostoliche.
L'ideale sta nel Vangelo, anzi in Cristo: al presepio, all'esilio di Egitto, a Nazaret, nella vita pubblica, durante la passione, sulla croce, al sepolcro.
7) Veni. Lasciare la famiglia ed il pensiero di formarne una, per consacrare il corpo al Signore, in perfetta castità; per riservare a Dio tutte le forze: fisiche, intellettuali, morali, spirituali; tutto il tempo, le ore, i minuti per amare il Signore pienamente secondo il primo comandamento; per amare le anime e dedicarvi preghiera ed azione. «Non omnes capiunt verbum istud, sed quibus datum est a Patre meo».
L'Enciclica «Sacra Virginitas» conferma tutta questa dottrina; e richiama la definizione del Concilio di Trento: «La dottrina che stabilisce l'eccellenza e superiorità della verginità e del celibato sul matrimonio... fu solennemente definito dogma di fede nel Concilio di Trento»; e sempre così ha insegnato la Chiesa.
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8) Sequere me. Cioè si richiede obbedienza. Segui i miei consigli, i miei esempi, i miei desideri. Con questo il religioso dà al Signore non solo i buoni frutti dell'albero, ma l'albero stesso. La perfezione da conseguirsi dal religioso non è una santificazione di qualsiasi forma o con i mezzi più eccellenti in sé, ma la sua perfezione, osservando sempre più i voti di castità, povertà, obbedienza, la vita comune e le proprie Costituzioni. Nella vita religiosa non si ha da scegliere il più perfetto in sé (esempio: se un secolare decide di ascoltare SS. Messe dalla prima luce alle tredici), ma ha da accettare e compiere quanto è disposto, nell'orario, per l'ufficio, nelle disposizioni. E non accettare e compiere in qualsiasi modo; ma impegnando mente, volontà, cuore, forze ad eseguire e realizzare quanto si era proposto di ottenere chi ha disposto le cose.
Eppure oggi si è tanto vuotato del suo vero senso il voto e la virtù stessa dell'obbedienza.
9) Avrai un gran tesoro in cielo. Nella vita religiosa si sviluppa al massimo la personalità umana in Cristo. Corrisponderà un proporzionato grado di gloria in cielo. Vi sono due similitudini chiare nel Vangelo che chiaramente sono da applicarsi alla vita religiosa: «Il regno dei cieli è simile ad un tesoro nascosto in un campo. L'uomo, che lo ha scoperto, lo ricopre, e tutto lieto se ne va; vende quanto possiede e compra quel campo. - Il regno dei cieli è ancora simile ad un mercante che cerca pietre preziose; e che, trovatane una di gran valore, va, vende quanto possiede e la compra». Il religioso ha scoperto il gran tesoro del cielo; e tutto dà, per possederlo.
10) Centuplum accipietis. È stato di vita il più elevato ed onorato da chi è retto. È sorgente di ineffabili consolazioni. Compie una preziosissima azione nella Chiesa e nell'umanità. Stabilisce l'animo in Dio: in una pace, preludio del cielo. Libera da innumerevoli angustie e pene nella vita presente. Moltiplica i meriti, offrendo speciali aiuti ed occasioni per la santificazione dell'anima.
Perciò: si è meno tentati, si cade più raramente, si risorge più presto, si muore più serenamente, si ottiene una gloria maggiore in cielo.
La vita religiosa è la vita che Gesù scelse per sé; che Maria e Giuseppe praticarono perfettamente; che gli Apostoli ed innumerevoli anime abbracciarono; che diede alla Chiesa tanti eroici difensori della fede, uomini di scienza ed arte, benefattori in ogni settore sociale.
11) Vitam aeternam possidebitis. Non vi è segno e caparra così sicura dell'eterna salvezza uguale ad una vita religiosa osservata. Non solo il religioso si tiene lontano dal peccato e perciò dall'inferno, perché pratica i comandamenti; ma ancora evita il peccato veniale e vive in una continua abnegazione, perciò schiva il purgatorio e si arricchisce di meriti. Sarà tanto più vicino a Dio in cielo, quanto più gli è stato vicino e fedele sopra la terra. Perciò stesso che è religioso, appartiene ad uno stato più elevato, in cui sempre guadagna doppio merito; in ogni azione vi è anche sempre l'esercizio della virtù della religione.
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12) Il giovane ricco non corrispose alla sua vocazione per avarizia ed attaccamento al suo patrimonio. Gesù commentando l'atto del giovane che si ritirò rattristato, disse: «Quanto è difficile che un ricco si salvi!». Ora, qualsiasi passione assecondata può condurre l'anima all'eterna rovina; specialmente la passione principale. Così è della pigrizia, dell'orgoglio, dell'invidia, ecc. Lottare sempre per vincere «O vincitori, o vinti».

MENTALITÀ PAOLINA

«Deus qui multitudinem gentium B. Pauli Apostoli praedicatione docuisti». Corrisponde al secondo fine della Famiglia paolina: predicazione della dottrina dogmatica, morale, liturgica di Gesù Cristo e della Chiesa con i mezzi moderni più celeri ed efficaci.
Essa si propone di rappresentare e vivere S. Paolo, oggi; pensando, zelando, pregando e santificandosi come farebbe San Paolo, se, oggi, vivesse. Egli visse i due precetti dell'amore verso Dio e verso il prossimo in una maniera così perfetta da mostrare in sé il Cristo stesso: «vivit vero in me Christus».
Egli si è fatta la Società San Paolo di cui è il fondatore. Non la Società San Paolo elesse lui, ma egli elesse noi; anzi ci generò: «In Christo Jesu per Evangelium ego vos genui».
Se San Paolo vivesse continuerebbe ad ardere di quella duplice fiamma, di un medesimo incendio, lo zelo per Dio ed il suo Cristo, e per gli uomini d'ogni paese. E per farsi sentire salirebbe sui pulpiti più elevati e moltiplicherebbe la sua parola con i mezzi del progresso attuale: stampa, cine, radio, televisione. Non sarebbe la sua dottrina fredda ed astratta. Quando egli arrivava, non compariva per una conferenza occasionale: ma si fermava e formava: ottenere il consenso dell'intelletto, persuadere, convertire, unire a Cristo, avviare ad una vita pienamente cristiana. Non partiva che quando vi era la morale certezza della perseveranza nei suoi. Lasciava dei presbiteri a continuare la sua opera; vi ritornava spesso con la parola e con lo scritto; voleva notizie, stava con loro in spirito, pregava per essi.
Egli dice ai paolini: Conoscete, amate, seguite il Divino Maestro Gesù. «Imitatores mei estote sicut et ego Christi». Questo invito è generale, per tutti i fedeli e devoti suoi. Per noi vi è di più, giacché siamo figli. I figli hanno la vita dal padre; vivere perciò in lui, da lui, per lui, per vivere Gesù Cristo. Sono per noi appropriate le parole ai suoi figli di Tessalonica, ai quali ricorda di essersi fatto per loro forma: «Ut nosmetipsos formam daremus vobis». Gesù Cristo è il perfetto originale; Paolo fu fatto e si fece per noi forma; onde in lui veniamo forgiati, per riprodurre Gesù Cristo. San Paolo-forma non lo è per una riproduzione fisica di sembianze corporali, ma per comunicarci al massimo la sua personalità: mentalità, virtù, zelo, pietà... tutto. La famiglia paolina, composta di molti membri sia Paolo-vivente in un corpo sociale.
Conoscere e meditare San Paolo nella vita, opere, lettere; onde pensare, ragionare, parlare, operare secondo lui; e invocare la sua paterna assistenza.
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MENTALITÀ SACERDOTALE

«...Fac nos... et amare quod credidit et praedicare quod docuit», prega la Chiesa nella liturgia di un Apostolo.
I principii della mentalità sacerdotale sono dati dal Vangelo. Il sacerdote paolino alla retta mentalità umana, cristiana, religiosa, paolina, aggiunge una mentalità sacerdotale.
È costituita da tre elementi: profonda convinzione della verità, della morale e della liturgia; ardente amore alle anime; robustezza e fortezza di volontà.
Il sacerdote paolino nel suo amore a Dio ed agli uomini, tutto quello che è ed ha, vuole adoperare per loro: scienza, salute, preghiera, forze e la vita stessa. È la maggior carità vissuta: «Maiorem caritatem nemo habet ut animam suam ponat quis pro amicis suis».
Quando la mente ed il cuore sono pieni, la volontà si accende e fortifica; riesce quasi impossibile tacere. Gli Apostoli, dopo la Pentecoste, al Sinedrio che proibiva di nominare Gesù Cristo, rispondevano: «Non possiamo tacere le cose udite e vedute».
Di qui nasce lo zelo.
Gesù mostrando il suo Cuore infiammato d'amore per gli uomini, disse a S. Maria Margherita Alacoque che ormai non poteva più tenere nascosto e comprimerne la violenza: l'aveva perciò rivelato a tutti.
Il Divino Maestro manifestò chiaramente quale debba essere la mentalità sacerdotale: a) «Come il Padre ha mandato me, così io mando voi. b) Andate e predicate; c) insegnate a fare ciò che io ho a voi detto»; d) «Battezzate nel nome...» - Cioè: predicate, reggete il popolo di Dio, santificatelo.
Essere un secondo Cristo rispetto a Dio ed all'umanità.

Voi siete la luce del mondo.
Voi siete il sale della terra.
Voi siete la città sul monte.
Voi dovete fare come io ho fatto.
Voi siete i miei testimoni.
Voi sarete perseguitati.
Il Buon Pastore dà la vita per le pecorelle.
Voi non siete del mondo.
Voi avrete il centuplo e la vita eterna.
Il Sacerdote è l'uomo di Dio.
Il Sacerdote è scelto tra gli uomini per compiere per gli uomini le cose che si riferiscono a Dio.
I discorsi del Sacerdote Eterno, Gesù Cristo, agli Apostoli, messi assieme, formano tutta la mentalità sacerdotale.

L'ANIMA DI OGNI MENTALITÀ

«Inclina cor meum in testimonia tua».
È la sapienza che Dio comunica alle anime umili, ai figli piccoli. È l'«abscondisti haec sapientibus et prudentibus et revelasti ea parvulis». È l'«initium sapientiae timor Domini». È l'introduzione al regno di Dio: «Nisi efficiamini sicut parvulus iste non intrabitis in regnum coelorum». È il «si quis est parvulus veniat ad me, et bibat». È il «Deus meus et omnia». È il «si mundum universum...». È l'azione di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo sopra un'anima, che davvero è figlia di Dio, e per l'umiltà e la fede entra nello spirito del Padre Nostro.
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Il timore di dispiacere a Dio e il desiderio di amarlo, il pensiero del paradiso e la ferma volontà di conquistarlo, il Vangelo, la SS.ma Eucaristia, Maria Madre nostra, la volontà ferma di progredire in ogni parte... tutta l'assorbono, la penetrano, la dominano, la guidano. «Omnia in uno videt». Si crea in fondo all'anima un ideale, cui convergono tutte le facoltà, raccolte in un volere, che vien da esse rafforzato ogni giorno: pensieri, fantasia, memoria, preghiera, cuore, relazioni, studio, letture... Tutto diviene materiale di costruzione per il grande edificio della personale santità e dell'apostolato.
Adempire completamente i due comandamenti: amare Dio, amare il prossimo. Quando si è arrivati a questa stabilizzazione dell'anima nelle verità divine «os iusti meditabitur sapientiam, et lingua eius loquetur iudicium, lex enim Dei eius in corde ipsius».

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L'uomo allora vive in un'alta luce e serenità di spirito; ancora poggia con i piedi sulla terra, ma la sua fronte e la sua mente spaziano in alta atmosfera di luce; le «humanae vanitates» sono giudicate per quel che valgono, gli avvenimenti considerati da un'altissima specola, tutto è mezzo per il fine: la gloria di Dio da promuoversi con la propria santificazione e con la salvezza delle anime.
Sodezza di fede, speranza di ogni momento, lumi celesti, doni e frutti di Spirito Santo, gioia della vocazione, la pregustazione dei beni celesti, la penetrazione delle otto beatitudini, si succedono nell'anima..., è tutta una preparazione all'eterna visione, possesso e gaudio di Dio; resta solo che l'anima sia staccata dalla materialità del corpo per toccare quello che ha cercato.
«Cibavit illum pane vitae et intellectus; et aqua sapientiae salutaris potavit illum Dominus Deus noster». (Eccli. XV, 3).
Pensare secondo Dio, secondo Gesù Cristo: ecco l'anima di ogni mentalità.

SACRA SCRITTURA

È l'«Epistola Dei ad homines», la lettera di Dio agli uomini. Essa è la prima e principale lettera, per acquistare il pensiero di Dio; specialmente il Nuovo Testamento.
Le anime veramente pie fanno dei Santi Vangeli la loro delizia perché vi trovano gli insegnamenti e gli esempi di Nostro Signore Gesù Cristo e nulla le forma meglio alla soda pietà, nulla più efficacemente le avvia all'imitazione del Divino Maestro.
Avremmo mai capito che cos'è l'umiltà, la dolcezza, la pazienza, la sopportazione delle ingiurie, la verginità, la carità fraterna spinta fino all'immolazione di sé, se non avessimo letto e meditato gli esempi e le lezioni di Nostro Signore su queste virtù. I filosofi pagani, ed in particolare gli Stoici, scrissero certamente belle pagine su alcune di queste virtù; ma qual differenza tra quelle esercitazioni letterarie e l'accento persuasivo ed efficace del Divino Maestro! Si sente nei primi il letterato e spesso l'orgoglioso moralista che si colloca sopra il volgo: «Odi profanum vulgus et arceo»; in Nostro Signore invece si nota una perfetta semplicità che sa abbassarsi all'intelligenza del popolo; e poi Gesù pratica ciò che insegna, e cerca non la gloria sua, ma la gloria di Colui che lo ha mandato.
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Inoltre le anime credenti sanno che ogni parola, ogni azione del Maestro contiene una grazia speciale che agevola la pratica delle virtù di cui leggono il racconto; adorano il Verbo di Dio nascosto sotto la scorza della lettera e lo supplicano di illuminarle, di far loro intendere, gustare e praticare i suoi insegnamenti. Questa lettura è come una meditazione e un pio colloquio con Gesù; e le anime escono da questa conversazione più risolute a seguire Colui che ammirano ed amano.
Gli Atti degli Apostoli e le Epistole somministrano pure alimento alla pietà: sono gli insegnamenti di Gesù vissuti dai discepoli, esposti, adattati ai bisogni dei fedeli, da coloro a cui Gesù affidò la cura di continuar l'opera sua: nulla di più commovente, di più efficace di questo primo commento del Vangelo.
Nell'Antico Testamento: vi sono parti che devono trovarsi nelle mani di tutti, come i Salmi. «Il Salterio - scrive il Lacordaire - era il manuale di pietà dei nostri padri; si vedeva sulla tavola del povero, come sull'inginocchiatoio dei Re. È anche oggi in mano al Sacerdote, il tesoro da cui attinge le aspirazioni che lo conducono all'altare, che lo accompagnano fra i pericoli del mondo». È il libro di preghiera, in cui si trovano espressi, con linguaggio pieno di vita e di freschezza, i più bei sentimenti d'ammirazione, d'adorazione, di timore filiale, di riconoscenza e di amore; le suppliche più ardenti nelle più varie e più penose circostanze; i richiami del giusto perseguitato alla divina giustizia; i gemiti di pentimento del peccatore contrito ed umiliato, la speranza del perdono e le promesse di vita migliore. Leggerli, meditarli e conformarvi i sentimenti, è certo occupazione santificante.
Anche i Libri Sapienziali possono essere fruttuosamente letti dalle anime pie; vi troveranno, insieme con i premurosi inviti della Sapienza increata a vita migliore, la discrezione, le principali virtù da praticare riguardo a Dio, al prossimo, a se stessi.
Quanto ai Libri Storici e Profetici, perché la lettura ne sia proficua, occorre una certa preparazione, e vi si deve soprattutto vedere l'azione provvidenziale di Dio sul popolo eletto, per preservarlo dall'idolatria e continuamente ricondurlo, nonostante i suoi traviamenti, al culto del vero Dio, alla speranza del Liberatore, alla pratica della giustizia, dell'equità, della carità, specialmente verso i piccoli e gli oppressi. Quando si possegga questa preparazione, vi si trovano attraentissime pagine; e se insieme con le buone opere vi si narrano pure le debolezze dei servi di Dio, è per ricordarci l'umana fragilità e farci ammirare la divina misericordia che perdona il peccatore pentito.
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«PROBET SEIPSUM HOMO»

«Chi è sapiente e scienziato tra voi? Lo mostri con la bontà della vita... Ma se avete nei vostri cuori ancora gelosia e discussioni non vi vantate per non mentire contro la verità. Perché non è questa la sapienza che discende dall'alto; questa è sapienza terrena, animalesca, diabolica. Dove infatti vi è gelosia e dissenso, ivi è scompiglio ed ogni azione malvagia. Invece la sapienza che viene dall'alto, prima di tutto è pura, poi è pacifica, modesta, arrendevole, dà retta ai buoni, è piena di misericordia e di buoni frutti, aliena dal criticare e dall'ipocrisia» (S. Giacomo III, 13-17).
L'umanità è progredita in tante cose, ma vi è una classe che domina nel mondo intellettuale, scientifico, economico, politico, sociale, scolastico, educativo, giornalistico, radiofonico, televisivo, redazionale, ecc.; classe che ha perso l'ormeggio della mente; sembra una nave in balìa delle onde; di conseguenza i viaggiatori sono in pericolo di essere vittima delle onde e dei venti.
Un aereo magnifico, ma che ha perduto la direzione; un'automobile che ha il volante rotto.
La civiltà cristiana ha per madre la scienza, per padre il Dio della rivelazione. Avvenuto il divorzio tra scienza e fede, a soffrirne sono gli uomini; come i figli sopportano le conseguenze dei genitori divorziati.
«Evanuerunt in cogitationibus suis; et obscuratum est insipiens cor eorum» (Rom. I, 21).
«Dov'è il savio, dov'è lo scriba, dov'è l'indagatore di questo secolo? Non ha Dio infatuato la sapienza di questo secolo? Poiché il mondo non seppe conoscere Dio nella sapienza, piacque a Dio di salvare i credenti per mezzo della stoltezza della predicazione. I Giudei chiedono miracoli, i Greci cercano sapienza. Ma noi predichiamo Cristo Crocifisso, scandalo per i Giudei e stoltezza per i Gentili; ma per quelli che sono chiamati, Cristo è virtù e sapienza di Dio. Poiché quello che in Dio appare stoltezza supera ogni sapienza umana, e quello che appare debolezza è maggiore di ogni umana forza» (1Cor. I, 20 e seg.).

Sac. ALBERIONE


(continua)

«MI PROTENDO IN AVANTI»

«È bene che ogni membro (Sacerdote, Discepolo, Chierico) ne abbia una copia personalmente. Il libro, risalendo alle origini della Famiglia paolina e rifacendone un po' la storia, crea un ottimo ambiente per lo spirito paolino.
Sono da segnalare soprattutto: la devozione a Gesù Maestro Via, Verità e Vita; il concetto fondamentale di «apostolato delle edizioni»; il senso della romanità e l'attaccamento al Papa; la natura precisa dei rapporti fra le quattro Congregazioni paoline.
Gli articoli che trattano specificamente questi argomenti dovrebbero essere oggetto di scuola, o di meditazione, o di conferenze. Questo vale particolarmente per i noviziati e per i gruppi dei Chierici e Discepoli, che debbono averlo come testo di lettura e di studio. A Roma, nel corso teologico, si terranno quest'anno le lezioni su Gesù Maestro Via, Verità e Vita, nel secondo semestre.
Il libro si diffonda largamente anche all'esterno: soprattutto in vista delle vocazioni adulte e della cooperazione intellettuale alla Pia Società San Paolo.
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