Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Anno XXV

SAN PAOLO
MAGGIO 1950

ROMA - Casa Generalizia

Manifestazione di coscienza e spontanea confidenza

E' utile richiamare alla nostra mente alcuni principi fondamentali che la Chiesa, con molta sapienza, ha stabiliti riguardo alla formazione dei chiamati alla vita religiosa: aspiranti, novizi, giovani professi.
Il can. 560, § 1, riportato nelle Costituzioni art. 42, stabilisce che il Maestro dei novizi ha il dovere ed il diritto esclusivo di provvedere alla formazione dei novizi.
E nel can. 562 si dice che il Maestro dei novizi ha l'obbligo grave di usare ogni diligenza perché i suoi alunni attendano alla loro formazione religiosa, secondo le Costituzioni, a norma del can. 565.
Ora il can. 565, riportato nelle Costituzioni art. 56, descrive con parole chiare, incisive, la formazione che il Maestro deve dare ai suoi novizi: «L'anno di noviziato deve avere questo scopo: formare, sotto la direzione del Maestro, l'animo dei novizi con lo studio delle Costituzioni, con pie meditazioni e preghiera assidua, con l'imparare quanto riguarda i voti e le virtù, con esercizi atti ad estirpare i germi dei vizi fino alle radici, a frenare le passioni e ad acquistare le virtù».
Per noi in particolare si legga attentamente anche l'art. 59.
Il can. 588, riportato nelle Costituzioni art. 182, stabilisce pure che il Maestro dei Chierici, detto Maestro di spirito, ha il compito di formare l'animo degli alunni alla vita religiosa. E l'Istruzione della Sacra Congregazione dei Religiosi, 1 dicembre 1931,. dopo avere insistito su questo obbligo del Maestro dei Chierici, aggiunge: «Hac enim ratione, et non aliter, tandem aliquando solidam doctrinam praeferent cum sanctissima vita coniunctam».
Si leggano anche gli art. 30-37 sulla formazione degli aspiranti e postulanti; e gli art. 209-213 riguardanti la formazione dei giovani professi discepoli.

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II Maestro dei Chierici, dei giovani professi, dei novizi, dei postulanti, dei giovani aspiranti, non è un semplice assistente che deve curare ed esigere l'osservanza della disciplina esterna. Egli è il formatore dell'animo dei suoi alunni; deve dare una formazione non solo esterna, ma soprattutto interna: della mente, della volontà, del cuore. Deve istruire in tutto ciò che riguarda la pratica della vita religiosa e clericale; deve dirigere, guidare i suoi alunni nell'esercizio delle virtù cristiane e religiose, e nell'acquistare lo spirito religioso proprio della Congregazione; deve formare i suoi alunni alla preghiera ed elevarli ad una vita di perfezione e di unione con Dio; deve conoscere e provare la loro vocazione, e quindi la retta intenzione, la volontà seria, l'indole buona, le doti morali ed intellettuali.
E' un compito perciò che non è solo di foro esterno, ma in gran parte è di foro interno non sacramentale. Il Maestro deve sapere guadagnare la piena fiducia dei suoi alunni, affinché questi possano liberamente, pienamente, filialmente manifestarsi per essere aiutati, guidati nella loro formazione, che è formazione intima dell'animo, è formazione della coscienza, è formazione del religioso, del chierico vero, completo. Non è formazione militare, da caserma.
A tal fine, ad ottenere cioè queste relazioni di mutua e filiale fiducia tra Maestro ed alunni, è necessario comprendere rettamente le prescrizioni della Chiesa riguardo alla manifestazione della coscienza. Per questo sono utili alcune note storiche.
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Nelle Costituzioni delle diverse religioni, fino ad un secolo fa, non solo era raccomandato, ma spesso anche prescritto che i religiosi, specialmente i conversi, i giovani professi, i novizi, manifestassero ai Superiori i dubbi, le tentazioni, le difficoltà, le ansietà di coscienza ecc, allo scopo di essere più facilmente aiutati e diretti nella pratica della virtù e della perfezione religiosa.
Legge buona, legge santa, di cui però in alcune religioni, specialmente laicali, si abusò: Superiori e Superiore pretesero non solo di potere ricevere la manifestazione di coscienza che spontaneamente e liberamente loro facevano, ma anche di potere indurre i sudditi a manifestare loro la coscienza, perfino nelle cose più intime: quella manifestazione cioè che è riservata al sacerdote nel sacramento della penitenza. Per questo motivo,, dalla metà del secolo scorso, allo scopo di togliere ogni pretesto a questi abusi, la Santa Sede non approvava più che le Costituzioni degli Istituti laicali prescrivessero di manifestare la coscienza ai Superiori.
Il Sommo Pontefice Leone XIII, intervenne energicamente col celebre decreto Quemadmodum, del 17 dicembre 1890, in cui, tra l'altro, dice:
«Quemadmodum omnium rerum humanarum quantumvis honestae sanctaeque in se sint; ita et legum sapienter conditarum ea conditio est, ut ab hominibus ad impropria et aliena ex abusu traduci ac pertrahi valeant; ac propterea quandoque fit, ut intentum a legislatoribus finem haud amplius assequantur; immo et aliquando, ut contrarium sortiantur effectum. Idque dolendum vel maxime est obtigisse quoad leges plurium Congregationum, Societatum aut Institutorum sive mulierum quae vota simplicia aut solemnia nuncupant, sive virorum professione ac regimine penitus laicorum; quandoquidem aliquoties in illorum Constitutionibus conscientiae manifestatio permissa fuerat, ut facilius alumni arduam perfectioyiis viarii ab expertis Superioribus in dubiis addiscerent; e contra a nonnullis ex his intima conscientiae scrutatio, quae unice sacramento poenitentiae reservata est, inducta fuit...».
E dopo aver abrogato ogni prescrizione delle Costituzioni, al riguardo, il decreto continua: «Sanctitas Sua insuper prohibet memoratis Superioribus ac Superiorissis cuiuscumque gradus et praeeminentiae sint ne personas sibi subditas inducere pertentent directe aut indirecte, praecepto, consilio, timore, minis, aut blanditiis ad huiusmodi manifestationem conscientiae sibi peragendam; subditisque e converso praecipit, ut Superioribus maioribus denuncient Superiores minores, qui eos ad id inducere audeant... Hoc autem minime impedit quominus subditi libere ac ultro aperire suum animum Superioribus valeant ad effectum ab illorum prudentia in dubiis ac anxietatibus consilium et directionem obtinendi pro virtutum acquisìtione ac perfectionis progressu».
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Durante gli anni della Codificazione, questo punto di dottrina riguardante la manifestazione della coscienza, fu lungamente studiato e discusso, finché risultò la forma definitiva del can. 530:
Ǥ 1. Omnes religiosi Superiores districte vetantur personas sibi subditas quoquo modo inducere ad conscientiae manifestationem sibi peragendam.
Ǥ2. Nontamen prohibentur subditi quominus libere ac ultro aperire animum suum Superioribus valeant; imo expedit ut ipsi filiali cum fiducia Superiores adeant, eis, si sint sacerdotes, dubia quoque et anxietates suae conscientiae exponentes ".
Questo canone è riprodotto nell'art. 141 delle Costituzioni.
Prescrizione sapiente, chiara, completa; prescrizione che tocca tanto intimamente la vita pratica di ogni comunità, specialmente nelle case di formazione; prescrizione che deve però essere ben compresa nella sua integrità dai Superiori e dai sudditi, dai Maestri e dai loro chierici, novizi, giovani professi, aspiranti.
Alcune note illustrative possono aiutare a comprendere questa prescrizione.
1. Mentre il decreto Quemadmodum di Leone XIII, si riferiva solo alle religioni laicali, il can. 530 comprende anche le religioni clericali.
2. Del resto, come facilmente si può comprendere, nessuno, sacerdote o laico, superiore o eguale, può indurre una persona, chiunque essa sia, a manifestare a sé Le cose intime della coscienza. Nessuno, contro la libera e spontanea volontà dell'interessato, può permettersi, in qualsiasi modo, di indagare, scrutare la coscienza; solo il Sacerdote può farlo nel sacramento della Penitenza. Si tratta di una scrutazione, induzione, che, fuori del sacramento della penitenza, è illecita di per sé, indipendentemente da qualsiasi proibizione positiva.
3. Manifestare la coscienza, significa manifestare le cose segrete, occulte, intime dell'anima, sia che si riferiscano al male, che al bene: per es. colpe, tentazioni, affetti, pensieri, desideri cattivi, dubbi ed ansietà di coscienza; atti interni di virtù, lumi e grazie speciali ricevute, ecc.
4. La proibizione di indurre a manifestare queste cose di coscienza esiste indipendentemente dalla legge positiva: i documenti pontifici e il can. 530, § 1, semplicemente ricordano e insistono su questa proibizione di legge naturale, allo scopo di evitare più facilmente nelle comunità gli abusi dovuti a errore o ignoranza.
5. Mai perciò, né i Superiori, né altri, come il Maestro dei chierici, dei giovani professi, dei novizi, dei giovani aspiranti, possono indurre, indagare, tentare di scrutare la coscienza dei sudditi, per es. chiedendo se hanno commesso certe colpe, se sono stati o sono ora tentati su qualche virtù in particolare, se hanno dei pensieri, dei sentimenti contro la carità, la castità, ecc.
6. Però la manifestazione della coscienza, fatta liberamente e spontaneamente, ad una persona competente, esperta, prudente, animata da vera carità verso di noi, è un mezzo buono e tanto utile per essere efficacemente aiutati a correggere le abitudini non buone e a progredire nella virtù. Perciò non solo non è proibito, ma è raccomandato come cosa veramente buona, che i religiosi manifestino ai loro Superiori, se sono Sacerdoti, anche le loro cose di coscienza, in quanto, si intende, può essere loro di aiuto nel progresso spirituale. Si notino bene le ultime parole del can. 530, § 2: «...eis, si sint sacerdotes, dubia quoque et anxietates suae conscientiae exponentes».
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7. Oltre la manifestazione di cui sopra, che è manifestazione della coscienza in senso stretto, vi è anche un'altra manifestazione, pure intima, che il Codice, nel can. 530, § 2, denomina con le parole: "aprire l'animo proprio ai Superiori".
Questa apertura d'animo consiste nel manifestare non solo mancanze e difficoltà esterne, e pericoli di ordine spirituale; ma nell'esporre con filiale fiducia ai Superiori anche cose più intime, per es. le difficoltà che si incontrano nella preghiera in genere, nel metodo di fare la meditazione, la visita al SS. Sacramento, l'esame di coscienza ecc; le difficoltà nell'estirpare qualche abitudine non buona e certi difetti, oppure nell'acquistare una particolare virtù; le difficoltà che si incontrano nell'osservanza della vita religiosa; le difficoltà, i dubbi sulla vocazione, ecc. ecc. - Vi sono cioè tante cose che senza essere manifestazione vera e propria della coscienza, ci toccano tuttavia intimamente: si tratta di aprire l'animo nostro per farci intimamente conoscere a chi può e deve aiutare, sostenere, illuminare, guidare nella formazione e nel lavoro di progresso nella perfezione.
8. Questa manifestazione, o meglio questa fiducia nei Superiori che porta i sudditi a manifestare loro filialmente il proprio animo per essere aiutati, sostenuti, illuminati, guidati nella via della perfezione, nei documenti pontifici e nel can. 530, § 2, (a differenza della manifestazione della coscienza propriamente detta), viene raccomandata sia che si tratti di Superiori sacerdoti, sia che si tratti di Superiori laici. In ogni caso si tratta di una manifestazione che è raccomandata, si può fare, e si fa, con l'unico fine di essere aiutati spiritualmente da chi è competente ed ha maggior esperienza. E per questo unico fine se ne deve servire colui che riceve queste confidenze; egli perciò non solo è rigorosamente tenuto al segreto, ma neppure può in alcun modo servirsene per il governo esterno, contro la volontà di colui che ha manifestato in questa forma il proprio animo. Da questa segretezza, da questa delicatezza dei Superiori e dei Maestri dipende in massima parte il guadagnarsi la fiducia.
9. Questa apertura d'animo, questa manifestazione, specialmente i Maestri che hanno la formazione dei giovani, dei novizi, dei Chierici, possono anche, discrete et suaviter, esigerla, affinché possano avere un concetto esatto sulla rettitudine, sulla buona volontà, sullo spirito buono proprio della Congregazione, sul modo con cui i propri alunni compiono le pratiche di pietà, le osservanze della vita religiosa ecc. - Però anche questa apertura d'animo non sarà efficace, non sarà fruttuosa, se non è sentita, se non è spontanea, se non viene da quella fiducia che il figlio ha col padre. Occorre quindi grande delicatezza, segretezza, prudenza; occorre essere animati da una grande carità, da un amore sincero alle anime.
10. Per una completa intelligenza e pratica sicura, ricordare anche quanto ha scritto il Primo Maestro nel numero precedente del «San Paolo».

D. Federico

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Chi deve ricevere la Professione?

Le Costituzioni, art. 77, n. 6 (cfr. can. 572, § 1, n. 6), stabiliscono: «Professio a Moderatore generali, vel eius legitimo delegato, recipiatur. In votis renovandis iure delegatus est Superior maior».
Perciò solo il Superiore generale ha potestà ordinaria di ricevere la professione: gli altri lo possono solo per legittima delegazione.
Come già era stato disposto, si ricorda ora esplicitamente:
a) Tutti i Superiori locali, nella loro casa, sono delegati dal Primo Maestro a ricevere la professione, purché sia stata regolarmente fatta l'ammissione dal Superiore competente.
b) I Superiori regionali (art. 415-421) regolarmente costituiti, sono delegati a ricevere la professione in tutta la regione da essi dipendente.
e) I Superiori locali, non sono autorizzati a subdelegare questa potestà ad altri, siano della Congregazione od estranei.
d) Nel caso che il Superiore fosse assente o impedito, è delegato il Sacerdote che supplisce il Superiore a norma degli articoli 442, 443.

INTENDIAMOCI BENE, VI PREGO

Per le Pie Discepole: occorre aiutare le loro vocazioni e la loro formazione!
Abbiamo ancora parecchie Case da accontentare, ed è da otto, dieci, dodici anni che aspettano... E tra queste Case è necessario dare la precedenza ai Vocazionari.
Le Pie Discepole sono per due terzi a servizio della Pia Società. Ora non possono fare di più, avendo anche altri apostolati ed uffici. Ogni Casa dia il contributo mensile.

Col presente anno si incomincierà a mettere in pratica il disposto dell'Art. 193 delle Costituzioni: quindi non sarà più possibile inviare Sacerdoti novelli in Case fuori Roma, per quest'anno.
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I NOSTRI STUDI

Le difficoltà che si trovano nei nostri Vocazionari riguardo allo studio non sono né poche, né piccole, sia in Italia che all'estero.
Si rivivono in molte Case i tempi eroici degli inizi, con l'entusiasmo, il coraggio, la tenacia di allora! E ciò è grandemente meritorio davanti a Dio e alla Congregazione tutta.
Tuttavia non bisogna dimenticare che lo studio deve essere quello che è indicato dai programmi pontifici, dai bisogni dei tempi e dalle esigenze dell'apostolato.
Ciò significa che, se vogliamo corrispondere alla nostra vocazione di Maestri, dobbiamo camminare e precedere anche nel progresso della scienza.
Occorre quindi elevare il tono degli studi.
Primo: una più oculata scelta delle intelligenze: mirare alle migliori.
Secondo: scuole fatte con sempre maggior serietà e responsabilità:
Terzo: maggior precisione nei voti di scuola e d'esame. Una soverchia larghezza non giova neppure per il buon nome nostro. I voti corrispondano meglio all'insieme del possesso che l'alunno ha della singola materia o disciplina scolastica.
Quarto: nel giudicare però del giovane, si tengano presenti sempre le quattro parti: spirito, studio, apostolato, povertà. Ma sullo studio occorre, in generale, una buona e meritata media. Non si sia troppo facili a cedere su questo punto.
Preghiamo il Signore affinché mandi
buoni operai nel suo campo; e la Vergine Santissima, Sedes Sapientiae, ci ottenga la grazia di avere studi e studenti meglio adatti al nobile e alto nostro apostolato.

Sac Fedele Pasquero

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DALLE NOSTRE CASE

LIBRI PUBBLICATI DAI NOSTRI
D. G. Alberione: Primi elementi di sociologia
D. G. Alberione: Tekakwita "traduzione)
D. F. Pasquero: Luci dalla Croce
D. T. Dragone: Spiegazione teologica del Catechismo (primo volume); Id. (volume unico)
D. A. Lamera: Gesù Maestro
D. T. Ravina: S. Giuseppe (nuova edizione)
D. T. Ravina: Vangelo (traduzione)
D. G. Barbero: Il sacerdote alla scuola di San Paolo (traduzione)
D. A. Nosetti: Cristo vivente nella sua Chiesa (traduzione)
D.A. Pasquali: La Provvidenza in S. Caterina da Siena.

CINA, Nanking. - Scrivono: «In questi giorni abbiamo comperato la fonderia completa cinese. In tipografia stiamo lavorando alacremente nel lavoro editoriale. Il Padrone della messe ci mandi operai apostolici; siamo veramente troppo pochi per svolgere tutto l'apostolato che ci si offre. Confidiamo che la Madonna ci manderà pure i suoi figliuoli; lavoriamo per questo».
In altra lettera del 26 marzo: «Abbiamo in questi giorni aumentato il numero dei nostri aspiranti: tre discepoli ed uno studente».
GIAPPONE, Tokyo. - «Questa sera, 30 marzo 1950, incominciamo gli Esercizi Spirituali per giovani che entrano in Noviziato: sono quattordici. Mostrano tutti buona volontà».
«Il giornale cattolico è uscito per la prima volta presso di noi. Redattore capo è D. Paganini. Pare ben fatto. Ecco un'altra iniziativa che mostra la fiducia dell'Episcopato nella Pia Società S. Paolo».
ARGENTINA, Cordoba. - «Il giorno di San Giuseppe siamo entrati nella nuova casa, di nostra proprietà (vocazionario). Penso che sia stato un buon passo innanzi. Terreno mq. 40.000; casa capace di 25 persone; località raccolta. Stiamo stampando: La Comunione frequente».

ORDINAZIONI

A cominciare da quest'anno, a Roma le date delle Ordinazioni sono state determinate come segue:
TONSURA E ORDINI MINORI: tra febbraio e aprile del III anno di teologia; - SUDDIACONATO: luglio, finito il III anno di teologia; - DIACONATO: dicembre del IV anno di teologia; - PRESBITERATO: luglio, finito il IV anno di teologia.
Si consiglia che siano adottate tali date, per quanto possibile, anche dalle nostre Case all'estero.

DELEGAZIONI REGIONALI

Le Costituzioni, nel testo approvato definitivamente, parlano dell'erezione e del governo delle provincie (art. 382-414); e stabiliscono pure che nelle regioni in cui non vi siano ancora i requisiti per l'erezione delle provincie, si provveda, ove sia opportuno, formando delegazioni regionali (art. 415-421).
Perché la Santa Sede conceda di dividere. la Congregazione in provincie, è necessario che vi sia la possibilità di erigerne almeno quattro; attualmente questa possibilità non vi è. Perciò nelle regioni ove la Congregazione è più sviluppata, occorre provvedere con la nomina di Superiori regionali delegati, a norma delle Costituzioni, art. 416 sq.
Per ora vengono costituite le seguenti delegazioni regionali:
SPAGNA, FRANCIA e PORTOGALLO, con Superiore delegato, D. Giovanni Costa.
STATI UNITI, con Superiore delegato, D. Bernardo Borgogno.
ARGENTINA, con Superiore delegato, D. Angelo Cozzani,
GIAPPONE, con Superiore delegato, D. Paolo Marcellino.
Le Case erette nelle altre regioni continuano a dipendere immediatamente, in tutto, dal Superiore generale.

Nelle orazioni del mattino, dopo la preghiera per il Santo Padre diremo anche la seguente, per il Primo Maestro:
Signore, vivificalo e allietalo; conservalo in mezzo a noi, perché ci diriga, ci illumini e ci santifichi.
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