Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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I MISTERI GAUDIOSI E LA VITA RELIGIOSA
Roma, 25 ottobre 19614
Siamo al termine del mese del Rosario e se questa devozione l'abbiamo ben praticata, otterremo i suoi frutti.
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Riflettiamo questa mattina su qualche pensiero che serva di guida per la recita del Rosario di tutto l'anno. Parecchie riflessioni sono già contenute nel libro delle preghiere; e cioè: quale insegnamento, quale verità, quale grazia chiedere in ogni mistero. E' utile tuttavia richiamare qualche pensiero particolare.
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La nostra vita, una volta fatta la professione religiosa, va considerata sotto un triplice aspetto sul quale il Rosario ci invita a meditare:
1) Vita religiosa privata, ben vissuta;
2) Vita di apostolato;
3) Vita celeste.
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Essendo ormai di Dio, noi dobbiamo pensare soltanto a Dio e preoccuparci soltanto di quello che riguarda il fine: il Paradiso! Poiché tutto abbiamo offerto al Signore, occorre vivere incessantemente il "tutto mi dono". Allora, la vita attuale sulla terra, non sarà che una preparazione alla vita celeste.
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I misteri gaudiosi servono a domandare e a ottenerci la grazia di vivere bene la vita professata, cioè la vita religiosa. Questi misteri ci ricordano la vita privata di Gesù e di Maria. In essi, infatti, vengono sottolineati gli episodi più salienti di queste due vite: l'Annunciazione dell'Angelo; la visita di Maria a santa Elisabetta; la nascita del Salvatore; la presentazione al tempio; l'episodio di Gesù ritrovato fra i dottori a cui dava saggio della sua sapienza.
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Il subditus illis riassume tutta la vita privata di Gesù e di Maria, particolarmente quella di Gesù fino a 30 anni. Gesù soggetto! Gesù obbediente. Proficiebat! Cioè: progrediva. Progrediva negli anni, progrediva nella sapienza; progrediva nella santità presso Dio e presso gli uomini!
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Vita di progresso è la vita del religioso! Egli è un chiamato al "sì" ininterrotto, mediante l'invito evangelico che è divenuto un invito personale: "Si vis perfectus esse...". Si vis! Se vuoi! Si era liberi prima di accettare, ma ora che si è accettato si è obbligati a tendere alla perfezione. Quindi osservanza religiosa, quindi santificazione quotidiana, quindi vita sociale nell'Istituto!
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Avete mai pensato perché vi chiamate: "Pia Società delle Figlie di San Paolo"? Gli Istituti sono tutti società; sono tutti un mettersi assieme per due fini: per aiutarsi nella santificazione e per compiere meglio l'apostolato, unendo le forze di tutte. I misteri gaudiosi ci portano a chiedere queste grazie.
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Guardiamo allora alla Sacra Famiglia! La famiglia è la seconda società voluta da Dio, perché la prima società è quella coniugale; la seconda è la società familiare. Santificarsi nella famiglia! Nazaret è il modello di ogni famiglia religiosa. Là, vivevano assieme Maria, Giuseppe, Gesù!
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Vivere assieme non vuol dire solamente abitare nella stessa casa e partecipare alla stessa mensa. Vivere insieme vuol dire unire gli spiriti, le menti, le volontà nell'esercizio delle virtù quotidiane. Vivere insieme vuol dire: carità, bontà, uniformità alle disposizioni e continuo progresso.
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Gesù ci ha preceduti nella vita privata, nella vita religiosa; così Maria, così Giuseppe.
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Dare importanza alla pratica delle virtù interne: compatimento vicendevole, bontà con tutti; collaborazione all'Istituto.
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Nessuna può mettersi a giudicare ma tutte devono lavorare. Non c'è nulla da giudicare; c'è soltanto da migliorare e da impegnarsi seriamente nel lavoro spirituale e nell'apostolato. Soltanto questo c'è da fare. Chi si mette a giudicare si mette fuori del giusto binario. Chi giudica si arroga un diritto che spetta a Dio soltanto. Chi giudica si mette in una posizione di fianco e non di centro. Chi giudica perverte la vita religiosa! Allora si potrà appartenere materialmente, fisicamente all'Istituto ma non spiritualmente.
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Per partecipare e appartenere all'Istituto spiritualmente bisogna mettersi nella disposizione di fare quello che le Costituzioni dispongono, l'ufficio assegnato. Chi è studente, studi; chi fa redazione, scriva; così per la tecnica, così per la diffusione. Tutte dipendenti dal Superiore massimo, il Papa; e sottomesse all'Autorità suprema dell'Istituto che è la Superiora Generale, e poi a tutte le altre autorità intermedie. Tutte sottomesse a Dio, rappresentato in concreto dalle persone designate a guidarci. Oltre questo, non c'è altro da fare. Dice S. Paolo: "Avete un solo debito: quello del vicendevole amore!". La legge dell'amore è il nostro debito, cioè il nostro obbligo! Amore a Dio che ci ha congregati: "Congregavit nos in unum!"; amore al prossimo che si esplica attraverso l'apostolato.
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Unirsi per progredire di più; per avere mezzi più sicuri. La docilità e la carità rendono la vita religiosa, la vita di un Istituto, somigliante alla vita della Sacra Famiglia.
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Seconda grazia da domandarsi con i misteri gaudiosi è quella dell'osservanza: osservanza religiosa, osservanza dei voti.
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La povertà si osserva bene? C'è sempre la delicatezza? Si tende a quello che è più santo? Non fare facilmente degli strappi. Riservatezza; delicatezza nel parlare, nelle letture, negli spettacoli, nelle amicizie, ecc.
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Docilità e osservanza! Tutta qui è la vita religiosa. Il maggior numero delle ore lo trascorriamo tutte nell'Istituto, anche quelle che vanno in propaganda la quale durerà al massimo otto ore al giorno. Le altre 16 ore si passano in casa. Santificare bene queste ore, sull'esempio di Gesù e di Maria.
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I cinque misteri gaudiosi si prestano per chiedere a Gesù, per intercessione di Maria, la santificazione della vita religiosa che deve diventare vita di famiglia, vita di osservanza, vita di progresso. Nessuna, mai, può dire: "basta!" La professione ce lo vieta.
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Mirare a quanto chiedeva spesso il maestro Giaccardo: godere della povertà, godere delle privazioni, delle piccole mortificazioni a tavola o nel corso della giornata. Sia la nostra povertà, una povertà che produce e non solo una povertà che consuma; povertà che conserva, non che guasta: povertà che provvede in carità.
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Oh, quanto abbiamo da imparare dalla Sacra Famiglia di Nazaret! Modellare la nostra vita su quella! E questo si farà quando si lavorerà con impegno sul dovere principale: la santificazione! Quando ci sarà veramente in atto il "voglio progredire!". Il "voglio farmi santa a tutti i costi"! Se non c'è questo impegno tutto il resto sembrerà pesante, e si finirà col dire: Che osservazioni hanno da farmi? Non vivo in abbastanza bene? E in realtà si sta magari a giudicare gli altri.
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Invocare sempre la misericordia di Dio. Che i nostri giorni non passino inutilmente ma siano pieni di Dio! Santificare le nostre giornate! Sia santa la nostra vita privata, religiosa. Siano tutte le nostre ore una preparazione all'eternità. Qui ci prepariamo, là godremo! Chi molto lavora, nel mondo, guadagna e porta a casa soddisfatto; la nostra giornata terrena guadagna per il Paradiso. Lassù godremo in proporzione al lavoro fatto. Perché il nostro contratto è stato così con Dio: di consacrare tutta la nostra vita a Lui e avere poi il massimo di gloria in cielo.
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Guardare sempre al Paradiso! Abituiamoci ai pensieri di eternità! Alziamo più sovente gli occhi al cielo e allora vivremo meglio; stimeremo le cose nel loro giusto valore e faremo i nostri giusti interessi. Il bene che ognuno fa, lo fa innanzitutto per sé.
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Dio darà con giustizia, non dubitiamo! Santifichiamo la nostra vita in casa. Come si sta bene in Congregazione! Sentire la nostra riconoscenza! Santificare la vita di famiglia, la vita religiosa. A noi spetta farla lieta, bella. Facciamola una vita di progresso! Diventerà allora sempre più consolante, sempre più serena.
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Avere questi pensieri nel recitare i misteri gaudiosi.
Primo Maestro
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4 Ottavo, senza l'indicazione della data di stampa. C'è la registrazione.