Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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VI
LA SOCIETÀ INTERNAZIONALE
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LEZIONE XLV

142. Esiste una società internazionale?

Sì, molte nazioni, sebbene indipendenti, si uniscono per formare una società internazionale con fine, leggi e autorità propriea.
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143. Quali sono gli elementi della società internazionale?

Gli elementi della società internazionale sono: 1. i membri, ossia le Nazioni associate; 2. l'autorità legittimamente eletta; 3. il fine, ossia la tutela delle leggi di diritto naturale, di diritto positivo e le convenzioni riguardanti le relazioni internazionali; 4. i mezzi per raggiungere il bene comune-universale, attraverso gli scambi culturali, gli scambi di prodotti e materie prime, l'emigrazione.a
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GIOVANNI XXIII: «I recenti progressi delle scienze e delle tecniche incidono profondamente sugli esseri umani, sollecitandoli a collaborare tra loro e orientandoli verso una convivenza unitaria a raggio mondiale. Si è infatti intensamente accentuata la circolazione delle idee, degli uomini, delle cose. Per cui sono aumentati enormemente e si sono infittiti i rapporti tra i cittadini, le famiglie, i corpi intermedi appartenenti a diverse Comunità politiche; come pure fra i Poteri pubblici delle medesime. Mentre si approfondisce l'interdipendenza tra le economie nazionali: le une si inseriscono progressivamente sulle altre fino a diventare ciascuna quasi parte integrante di un'unica economia mondiale; e il progresso sociale, l'ordine, la sicurezza, e la pace all'interno di ciascuna Comunità politica è in rapporto vitale con il progresso sociale, l'ordine, la sicurezza, la pace di tutte le altre Comunità politiche.
«Nessuna comunità politica oggi è in grado di perseguire i suoi interessi e di svilupparsi chiudendosi in se stessa; giacché il grado della sua prosperità e del suo sviluppo sono pure il riflesso ed una componente del grado di prosperità e dello sviluppo di tutte le altre Comunità politiche».
«Come è noto, il 26 giugno 1945, venne costituita l'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU); alla quale, in seguito, si collegarono gli Istituti Intergovernativi aventi vasti compiti internazionali in campo economico, sociale, culturale, educativo, sanitario. Le Nazioni Unite si proposero come fine essenziale mantenere e consolidare la pace fra i popoli, sviluppando fra essi le amichevoli relazioni, fondate sui princìpi dell'uguaglianza, del vicendevole rispetto, della multiforme cooperazione in tutti i settori della convivenza. «Un atto della più alta importanza compiuto dalle Nazioni Unite è la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo approvata in Assemblea Generale il 10 dicembre 1948. Nel preambolo della stessa Dichiarazione si proclama come un ideale da perseguirsi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni l'effettivo riconoscimento e rispetto di quei diritti e delle rispettive libertà» (Pacem in terris, 1963)a.
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L'unione fa la forza. - Disse Gesù alle turbe: «Ogni regno diviso in se stesso viene devastato e una casa crolla sull'altra... Quando un uomo forte e bene armato sta a guardia del suo palazzo, è al sicuro quanto egli possiede. Ma se sopraggiunge uno più forte di lui e lo vince, gli porta via tutte le armi, nelle quali riponeva la propria sicurezza, e ne distribuisce le spoglie...» (Lc. 11, 17 e 21-22)a.
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LEZIONE XLVI

144a. Quali sono i principali pericoli per una sana società internazionale?

I principali pericoli sono: 1. il principio del fatto compiuto o della forza; 2. il totalitarismo [ = imperialismo] o autorità sconfinata di alcuni Stati più forti; 3. gli egoismi nazionalistici; 4. l'infedeltà ai patti internazionali.
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145. Come dev'essere esercitata l'Autorità internazionale?

L'Autorità internazionale deve 1. emanarea leggi giuste, specialmente rispetto alle minoranze; 2. esercitare il potere giudiziario per risolvere pacificamente le controversie internazionali; 3. esser provvista di mezzi adeguati per imporre l'osservanza delle leggi che emanab.
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Pio IX: «Alcuni dicono che nell'ordine politico i fatti consumati, per ciò stesso che sono consumati, hanno vigore di diritto» (Quanta cura, 1864a).
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Pio XI: «Ed è questa esorbitanza di desideri, questa cupidigia di beni materiali, che diviene pur fonte di lotte, di rivalità internazionali, quando si presenta palliata e quasi giustificata dalle più alte ragioni di Stato o di pubblico bene, dall'amore cioè di patria e di nazione» (Ubi arcano, 1922a).
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Pio XI: «Guardatevi sì, anche dalle altre cose pericolose, ma guardatevi soprattutto dall'esagerato nazionalismo, perché c'è nazionalismo e nazionalismo. È come dire che c'è umanità ed umanità, personalità e personalità. Ci sono le nazioni e c'è anche il nazionalismo, e le Nazioni le ha fatte Iddio» (Disc. agli alunni del Collegio di Propaganda).
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GIOVANNI XXIII: «Va affermato nel modo più esplicito che un'azione diretta a comprimere e a soffocare il flusso vitale delle minoranze è grave violazione della giustizia; e tanto più lo è, quando viene svolta per farle scomparire.
«Risponde invece ad un'esigenza di giustizia che i Poteri pubblici portino il loro contributo nel promuovere lo sviluppo umano delle minoranze con misure efficaci a favore della loro lingua, della loro cultura, del loro costume, delle loro risorse ed iniziative economiche».
«Qui però va rilevato che i membri delle minoranze, come conseguenza di una reazione al loro stato attuale o a causa delle loro vicende storiche, possono essere portati non di rado, ad accentuare l'importanza degli elementi etnici, da cui sono caratterizzati, fino a porli al di sopra dei valori umani; come se ciò che è proprio dell'umanità fosse in funzione di ciò che è proprio della nazione. Mentre saggezza vorrebbe che sapessero pure apprezzare gli aspetti positivi di una condizione che consente loro l'arricchimento di se stessi con l'assimilazione graduale e continuata di valori propri di tradizioni o civiltà differenti da quella alla quale essi appartengono. Ciò però si verificherà soltanto se essi sapranno essere come un ponte che facilita la circolazione della vita nelle sue varie espressioni fra le differenti tradizioni o civiltà, e non invece una zona di attrito che arreca danni innumerevoli e determina ristagni o involuzioni».
«Come è noto, vi sono sulla terra paesi che abbondano di terreni coltivabili e scarseggiano di uomini; in altri paesi invece non vi è proporzione tra le ricchezze naturali e i capitali a disposizione. Ciò pure domanda che i popoli instaurino rapporti di mutua collaborazione, facilitando tra essi la circolazione di capitali, di beni, di uomini». «Fra i diritti inerenti alla persona vi è pure quello di inserirsi nella Comunità politica in cui si ritiene di potersi creare un avvenire per sé e per la propria famiglia; di conseguenza quella Comunità politica, nei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso, ha il dovere di permettere quell'inserimento, come pure di favorire l'integrazione in se stessa delle nuove membra» (Pacem in terris, 1963)a.
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Gesù, venuto per salvare tutti gli uomini, amava la sua patria terrena. - «E come fu vicino alla città, a vederla pianse su di lei, e disse: Oh, se conoscessi anche tu, e proprio in questo giorno, quel che giova alla tua pace. Ora invece è celato agli occhi tuoi. Che verranno per te i giorni nei quali i nemici ti stringeranno con trincee, ti chiuderanno e ti stringeranno da ogni parte; e distruggeranno te e i tuoi figli che sono in te, e non lasceranno in te pietra sovra pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata» (Lc. 19, 41-44).
«Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che ti sono mandati, quante volte ho voluto radunare i tuoi figli come l'uccello sotto le ali i piccoli del suo nido, e non hai voluto!» (Lc. 13, 34).
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LEZIONE XLVII

146. Quali sono ì fini che nel momento attuale si deve proporre l'Autoritàa internazionale?

I fini che si devono proporre nel momento attuale sono: 1. il rispetto della persona umana; 2. il rispetto ai massimi beni dell'umanità come la Religione, la Morale, la Cultura, ecc; 3. la collaborazione economica internazionale con speciale riguardo ai paesi sottosviluppatib; 4. il disarmo progressivo, l'arbitrato, la revisione e la fedeltà ai trattati.
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147. Che cosa occorre per questo ordinamento internazionale?

Occorre: 1. una sincera solidarietà politica ed economica tra le Nazioni; 2. riorganizzazione dei popoli per combattere le ingiustizie e la miseria; 3. far tacere i sentimenti derivati dall'odio o dall'egoismo.
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148. È lecita la guerra?

È lecita la guerra di difesa. La guerra, invece, di aggressione non è mezzo né legittimo, né necessario, né utile per le aspirazioni nazionali.
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Pio XII: «I presupposti indispensabili per un tal nuovo ordinamento sono: 1) la vittoria sull'odio... la rinunzia quindi a sistemi e a pratiche da cui esso riceve sempre nuovo alimento...; 2) la vittoria sulla sfiducia, che grava come peso deprimente sul diritto internazionale, rende inattuabile ogni verace intesa; un ritorno quindi al principio: "justitiae soror incorrupta fides"; a quella fedeltà nell'osservanza dei patti, senza cui non riesce possibile una sicura convivenza di popoli potenti e di popoli deboli...; 3) la vittoria sul funesto principio che l'utilità è la base e la regola del diritto, che la forza crea il diritto...; il ritorno quindi ad una seria e profonda moralità nelle norme del consorzio tra le Nazioni, ciò che evidentemente non esclude né la ricerca dell'utile onesto, né un opportuno e legittimo uso della forza per tutelare diritti pacifici con violenza impugnati o ripararne le lesioni...; 4) la vittoria su quei germi di conflitti che consistono in divergenze, troppo stridenti nel campo dell'economia mondiale; quindi un'azione progressiva equilibrata da corrispondenti garanzie, per giungere ad un assetto, il quale dia a tutti gli Stati i mezzi per assicurare ai propri cittadini di ogni ceto un conveniente tenore di vita; 5) la vittoria sullo spirito di freddo egoismo... In luogo suo deve subentrare una sincera solidarietà giuridica ed economica, una collaborazione fraterna, secondo i precetti della legge divina, fra i popoli fatti sicuri dalla loro autonomia e indipendenza» (Messaggio natalizio, 1940a).
390
Pio XII: «Fino a qual punto però i rappresentanti e i pionieri della democrazia saranno compresi nelle loro deliberazioni della convinzione che l'ordine assoluto degli esseri e dei fini, da noi ripetutamente ricordato, include, anche come esigenza morale e quale coronamento dello sviluppo sociale, la unità del genere umano e della famiglia dei popoli? Dal riconoscimento di tale principio dipende l'avvenire della pace. Nessuna riforma mondiale, nessuna garanzia di pace può fare da esso astrazione, senza indebolirsi e rinnegare se stessa. Se invece quella medesima esigenza morale trovasse la sua attuazione in una società dei popoli, che sapesse evitare i difetti di struttura e le manchevolezze di precedenti soluzioni, allora la maestà di quell'ordine regolerebbe e dominerebbe egualmente le deliberazioni di questa società e l'applicazione dei suoi mezzi di sanzione. Per lo stesso motivo si comprende come l'autorità di una tale società dei popoli dovrà essere vera ed effettiva sugli stati, che ne sono membri, in guisa però che ognuno di essi conservi un uguale diritto alla sua relativa sovranità» (Messaggio natalizio, 1944a).
391
GIOVANNI XXIII: «Si può così comprendere come nell'animo dei singoli esseri umani e tra popoli si diffonda sempre più la persuasione della urgente necessità dell'intesa e della collaborazione. Però nello stesso tempo sembra che gli uomini, specialmente quelli investiti di maggiori responsabilità, si rivelino impotenti a realizzare l'una e l'altra. La radice di siffatta impotenza non è da ricercarsi in ragioni scientifiche, tecniche, economiche, ma nell'assenza di reciproca fiducia. Gli uomini e conseguentemente gli Stati si temono a vicenda. Ognuno teme che l'altro nutra propositi di sopraffazione e mediti il momento opportuno per mandare ad effetto tali propositi. Perciò organizza la propria difesa, e cioè si arma più che per aggredire, così si dichiara, per dissuadere l'aggressore da ogni effettiva aggressione» (Mater et Magistra, 1961)a.
392
GIOVANNI XXIII: «Consapevoli della Nostra universale paternità, Ci sentiamo in dovere di ribadire in forma solenne quanto altra volta abbiamo affermato: Noi siamo tutti solidalmente responsabili delle popolazioni sottoalimentate; perciò occorre educare la coscienza di ognuno al senso di responsabilità che pesa su tutti e su ciascuno, specialmente sui più favoriti... È ovvio che il dovere, sempre proclamato dalla Chiesa, di aiutare chi si dibatte nell'indigenza e nella miseria, deve essere maggiormente sentito dai cattolici, trovando essi un nobilissimo motivo nel fatto che sono membri del Corpo mistico di Cristo...» (Mater et Magistra, 1961)a.
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GIOVANNI XXIII: «Gli armamenti, come è noto, si sogliono giustificare adducendo il motivo che se una pace oggi è possibile, non può essere che la pace fondata sull'equilibrio delle forze. Quindi se una Comunità politica si arma, le altre Comunità politiche devono tenere il passo ed armarsi esse pure. E se una.Comunità politica produce armi atomiche, le altre devono pure produrre armi atomiche di potenza distruttiva pari».
«... Giustizia, saggezza ed umanità domandano che venga arrestata la corsa agli armamenti, si riducano simultaneamente e reciprocamente gli armamenti già esistenti; si mettano al bando le armi nucleari; e si pervenga finalmente al disarmo integrato da controlli efficaci».
«Occorre però conoscere che l'arresto negli armamenti a scopi bellici, la loro effettiva riduzione e, a maggior ragione, la loro eliminazione sono impossibili o quasi, se nello stesso tempo non si procede ad un disarmo integrale; se cioè non si smontano anche gli spiriti, adoperandosi a dissolvere in essi la psicosi bellica: il che comporta, a sua volta, che al criterio della pace che si regge sull'equilibrio degli armamenti, si sostituisca il principio che la vera pace si può costruire soltanto nella vicendevole fiducia. Noi riteniamo che si tratti di un obbiettivo che può essere conseguito. Giacché esso è reclamato dalla retta ragione, è desideratissimo, ed è della più alta utilità» (Pacem in terris, 1963)a.
394
La guerra nel pensiero di un illustre Porporato. - «La guerra è in sé un grande male: infatti essa è la violenza organizzata, il cui inevitabile effetto è la distruzione di vite umane e il cumulo delle terribili catastrofi che s'aggrava sui popoli. Di più, essa è inadatta sia a far vedere dove sta il diritto sia a rivendicarlo, poiché non porta necessariamente al trionfo dell'innocenza e alla disfatta dell'ingiustizia; la vittoria è sempre del più forte, del più abile, ed anche di colui che la fortuna favorisce. Come il duello, essa è un atto stupido ed irragionevole, poiché non può dare quello che le si domanda, cioè la dichiarazione e la rivendicazione del diritto. La guerra è diventata un male ancor più grave, dopo che le invenzioni scientifiche e l'andamento delle lotte moderne hanno accresciuto quasi all'infinito la potenza di distruzione, cosicché la guerra non può essere giusta che in un sol caso: quello della legittima difesa. E per essere nel caso di legittima difesa occorre:
a) che un paese sia ingiustamente attaccato;
bj che questo ingiusto attacco abbia per oggetto un bene proporzionato, cioè un bene la cui perdita sia per una nazione un grave danno fisico o morale (Crociate, Battaglie di Lepanto e di Vienna);
e) e che non ci sia un altro mezzo per difendersi. E siccome i mali di una guerra sono oggi spaventevoli e la lotta può facilmente estendersi, gli altri popoli hanno il dovere di carità e di prudenza di impedire la guerra e di imporre se possono, sempre con mezzi onesti, una soluzione pacifica del conflitto» (Card. Verdier).
395
LEZIONE XLVIII

149. Quali sono i principi direttivi per i cattolici circa la società internazionale?

I cattolici devono seguire questi principi direttivi: 1. la medesima concezione della vita umana; 2. lo stesso spirito di fratellanza universale; 3. il dovere di portare il proprio contributo negli organismi internazionalia.
396
150. L'Europa nel quadro delle organizzazioni dei popoli
quale posto occupa?


L'Europa nel quadro delle organizzazioni dei popoli, occupa un posto di prim'ordine: 1. per i suoi valori umani; 2. per la parte da lei sostenuta nellaa civilizzazione.
397
151. Quale posto spetta all'Italia?

All'Italia spetta un posto specialissimo: 1. per i suoi valori religiosia; 2. per la sua tradizione storica; 3. per la sua vocazione civilizzatrice e missionaria.
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LEONE XIII: «Le sue (dell'Italia) maggiori glorie e grandezze, per cui tra le più colte nazioni ebbe per lungo tempo il primato, sono inseparabili dalla religione; la quale o le produsse, o le ispirò, o certo le favorì, le aiutò e diede ad esse incremento. Per le pubbliche franchigie parlano i suoi Comuni; per le glorie militari parlano tante imprese memorande contro nemici dichiarati del nome cristiano; per le scienze parlano le università che, fondate, privilegiate dalla Chiesa, ne furono l'asilo e il teatro; per le arti parlano infiniti monumenti di ogni genere di cui è seminata a profusione tutta l'Italia; per le opere a vantaggio dei miseri, dei diseredati, degli operai parlano tante fondazioni della carità cristiana, tanti asili aperti ad ogni sorta di indigenza e d'infortunio e le associazioni e corporazioni cresciute sotto l'egida della religione... Quello che ha saputo e potuto fare in altri tempi (la religione) è capace di fare anche adesso con una virtù sempre nuova e rigogliosa. Togliere pertanto all'Italia la religione è inaridire d'un colpo la sorgente più feconda di tesori e di soccorsi inestimabili» (Dall'alto, 1890a).
399
Pio XII: «Roma, orgoglio d'Italia, deve essere faro di luce e di civiltà, via di salvezza per l'Italia e per il mondo, perché custode dell'insegnamento di Colui che si disse: Via, Verità e Vita (Gv. 14,6)a; dispensiera di quel sangue divino che da venti secoli scorre sul mondo e imporpora le gote della sua Sposa, la Chiesa, e, purificando, consacrando, santificando, glorificando i suoi figli, diventa candore di cielo» (Messaggio natalizio, 1944b).
400
L'Italia e il mondo. - Si è potuto scrivere: «II popolo italiano è il primo che dopo la caduta del mondo antico ha gettato un germe di vita nella polvere di morte in cui giaceva l'umanità... Divenuto per la sua fede e per l'apostolato di Pietro e Paolo il centro, il focolare della Chiesa, ha fondato il regno di Cristo più solido d'Europa, ha assimilato le orgogliose orde barbariche, ha aggruppato sotto la sua autorità e introdotto nella società cristiana le nazionalità germaniche e galliche, ha umiliato e tenuto in scacco l'ambizione di Bisanzio, ed è sempre stato alla testa del mondo civile.
In fatto di potenza, si è ricordato di quel che doveva alla Chiesa: dopo averla salvata dai nemici, egli l'ha affermata sul suo trono temporale ed armato di spada ha montato la guardia intorno al seggio di S. Pietro. Il papato gli ha testimoniato la sua riconoscenza consacrando con le sue benedizioni un'autorità che voleva regnare col diritto più che con la forza. Essa ha posto sulle spalle dei re del Sacro Romano Impero il fulgore del manto imperiale, ed ha voluto che essi prendessero posto accanto al Papa come sovrani temporali dell'universo. L'alta concezione di una società universale, governata intieramente da due autorità fraternamente unite è un'idea romana, sotto il cui incanto l'Europa ha vissuto per secoli.
Dopo essersi levato tanto in alto nella civiltà da non sembrare più possibile salire maggiormente per il bene dei popoli, gli Italiani, per una disposizione provvidenziale, si sono sparsi nel mondo per meglio moltiplicarsi e legando qualche cosa della loro anima a tutte le nazioni che li hanno ricevuti. Il loro nome ed il loro genio vivono oltre che sul nostro sacro suolo, in Francia, nel Belgio, nei Paesi Bassi, nella Germania e nella Spagna: tutti hanno la loro parte dell'eredità comune; e si può anche affermare che le Americhe, l'Estremo Oriente, l'Africa stessa hanno beneficiato, con una partecipazione parziale ed anche temporale, alla sua feconda esistenza.
Nessun'altra razza ha servito l'ideale cristiano con la stessa passione e lo stesso disinteresse; nessun'altra ha saputo come lei mettere i suoi figli al servizio della Croce.
Grande con la fede, il genio italico è stato anche grande col pensiero e con l'arte. Ha creato la Scolastica, vigoroso metodo di educazione dello spirito moderno, l'arte romanica e basilicale che ha seminato di capolavori il suolo d'Occidente. L'epoca1 della Divina Commedia è immensamente più alta nella sua ispirazione, e più perfetta nella sua forma, del capolavoro di Omero (Elia Perrin, Il Vangelo e i tempi presenti).
Un popolo simile ha il diritto di sperare di poter assolvere ancora la sua missione nel mondo.
401
LEZIONE XLIX

152. Il cattolico ha soltanto doveri individuali?

Il cattolico non ha soltanto doveri individuali; ha pure doveri sociali sia rispetto alla vita del comune, sia alla vita della regione e dello Stato, sia rispetto alla vita della società internazionale.
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153. In che cosa consiste la civiltà?

La civiltà consiste nei seguenti elementi essenziali: 1. nel sano costume morale, pubblico e privato; 2. nella istruzione sempre più estesaa; [3.] nella democratizzazione dell'economia nazionale e internazionale; 4. nel possessob di tutti quei mezzi che danno alla vita un tenore più elevato.
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154. Quali sono le norme direttive per un cattolico nello studio e nella vita sociale?

Le norme direttive per un cattolico nello studio e nella vita sociale sono due: 1. considerare sempre la vita presente in ordine all'eternità; 2. considerarsi oltre che individuo, anche membro di un organismo sociale e di un organismo religioso che è la Chiesa di Gesù Cristo.
404
155a. Qual è la forza più potente ad avviare l'umanità verso una efficiente società internazionale?

La più potente forza per disporre gli uomini ad una schietta conciliazione e collaborazione, e ad un'unione durevole fra i popoli è la Chiesa Cattolica. E ciò, per la sua dottrina su l'unità del genere umano e del suo destino; per l'universalità della redenzione operata da Gesù Cristo; per la cattolicità della Chiesa e della sua relativa azione; per lo spirito di umanità e soprannaturalità che ispira tutta la sua opera; per la sua costituzione soprannaturale; per la costante e benefica azione durante venti secoli di storia, che le meritano giustamente l'ammirazione e la riconoscenza dei popoli.
405
Pio XII: «Oggi più che mai scocca l'ora di riparare: di scuotere la coscienza del mondo dal grave torpore, in cui i tossici di false idee, largamente diffuse, l'hanno fatto cadere; tanto più che, in quest'ora di sfacelo materiale e morale, la conoscenza della fragilità e della inconsistenza di ogni ordinamento puramente umano è sul punto di disingannare anche coloro che in giorni apparentemente felici, non sentivano in sé e nella società la mancanza di contatto con l'eterno, e non la consideravano come un difetto essenziale delle loro costruzioni...
«Non lamento ma azione è il precetto dell'ora, non lamento su ciò che è o che fu, ma ricostruzione di ciò che sorgerà e deve sorgere a bene della società. Pervasi da un entusiasmo di crociati, ai migliori e più eletti membri della cristianità spetta unirsi nello spirito di verità, di giustizia e di amore al grido: DIO LO VUOLE! pronti a servire, a sacrificarsi, come gli antichi Crociati» (Messaggio natalìzio, 1942a).
406
Pio XII: «Che cosa domanda oggidì la vita nell'ordine civile? Uomini, veri uomini, non di quelli che non pensano se non a divertirsi e a trastullarsi, come fanciulli, ma saldamente temprati e pronti all'azione, ai quali è sacro dovere di non trascurare nulla di ciò che può promuovere il loro perfezionamento... Bisogna prendere il tempo com'è; e il nostro è grave, amaramente e duramente grave. E ciò richiede uomini che non temano di camminare per gli aspri sentieri della presente miserrima condizione economica e siano atti a sorreggere anche quelli che la Provvidenza ha affidati alla loro cura. Uomini finalmente che nell'esercizio della loro professione rifuggano dalla mediocrità e mirino a quella perfezione che l'opera di ricostruzione dopo tanto disastro esige da tutti.
«E la Chiesa, che cosa domanda? Cattolici, veri cattolici, ben temprati e forti... Il tempo presente ha dunque bisogno di cattolici che siano fin dalla prima giovinezza saldamente radicati nella fede, perché non vacillino anche se non sono sostenuti e rafforzati dal fervore di coloro che li circondano» (Disc. alle Congregazioni Mariane, 21 gennaio 1945).
407
GIOVANNI XXIII: «Ancora una volta Ci permettiamo di richiamare i Nostri figli al dovere che hanno di partecipare attivamente alla vita pubblica e di contribuire all'attuazione del bene comune della famiglia umana e della propria Comunità politica; e di adoperarsi quindi, nella luce della fede e con la forza dell'amore, perché le istituzioni a finalità economiche, sociali, culturali e politiche, siano tali da non creare ostacoli, ma piuttosto facilitare o rendere meno arduo alle persone il loro perfezionamento: tanto nell'ordine naturale che in quello soprannaturale» (Pacem in terris, 1963a).
408
La sentenza del giudizio finale. - «Or quando verrà il Figlio dell'uomo nella sua maestà, con tutti i suoi angeli, siederà sul trono della sua gloria. E si raduneranno dinanzi a lui tutte le genti, e separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri; e metterà le pecore alla sua destra e i capretti alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: Venite, benedetti dal Padre mio, prendete possesso del regno preparato sin dalla fondazione del mondo. Perché ebbi fame e mi deste da mangiare, ebbi sete e mi deste da bere; fui pellegrino e mi albergaste; ignudo e mi rivestiste; infermo e mi visitaste; carcerato e veniste a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti vedemmo affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti vedemmo pellegrino e ti abbiamo accolto, ignudo e ti abbiamo rivestito? Quando ti vedemmo infermo e carcerato, e siam venuti a visitarti? E il re risponderà loro: In verità vi dico, quando ciò faceste ad uno dei minimi di questi miei fratelli, l'avete fatto a me. Allora si volgerà anche a quelli che sono a sinistra e dirà: Andate via da me, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per gli angeli suoi. Poiché ebbi fame e non mi deste da mangiare; ebbi sete e non mi deste da bere; fui pellegrino e non mi albergaste; ignudo e non mi rivestiste; infermo e carcerato, e non mi visitaste. Allora anche questi gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato e sitibondo, o pellegrino, o ignudo, o infermo, o carcerato, e non t'abbiamo assistito? Allora egli risponderà loro: In verità vi dico: quando ciò non faceste ad uno di questi minori, non l'avete fatto a me. E questi andranno al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna» (Mt. 25, 31-46).
409

(376)

a V: Sì... proprie - I-IV: Sì, tutte le Nazioni, sebbene indipendenti, concorrono a formare la società umana con fine, leggi e autorità propria. - Seguivano una domanda e una risposta eliminate nella V ed. : Quali sono le basi di questa società? Le basi della società internazionale sono quattro: 1. l'origine comune di tutti gli uomini da Dio, Padre Universale; 2. la comune caduta e instaurazione in Cristo comunicata a tutti gli uomini per mezzo della Chiesa; 3. il medesimo destino che è la felicità eterna; 4. il bene comune di tutte le genti.

(377)

a IV: sono: ... emigrazione. -1-III: sono: 1. le leggi di diritto naturale, e di diritto positivo e le convenzioni riguardanti le relazioni internazionali; 2. i mezzi per raggiungere il fine comune come gli scambi culturali, gli scambi dei prodotti e materie prime, l'emigrazione; 3. la moltitudine costituita da tutte le Nazioni associate; 4. autorità legittimamente eletta.

(378)

a V: tutto il numero, che sostituisce due brani dell'enc. Summi Pontificatus di Pio XII.

(379)

a V: tutto il numero, che sostituisce la parabola del ricco Epulone (Lc 16,19-31).

(380)

a I-IV: 144. L'amore di patria esclude l'amore dell'umanità? No, l'amore di patria non esclude l'amore dell'umanità, anzi lo rafforza con un pacifico scambio di beni. D'altra parte, la carità dev'essere sempre ordinata; e la dottrina cristiana insegna un giusto amore alla patria, e, nello stesso tempo, un giusto amore all'umanità.

(381)

a V: emanare - I-IV: poter emanare.

b V: 3. esser... emana - I-IV: essere provvista di mezzi adeguati per imporre l'osservanza delle leggi e dei giudizi che emana.

(382-383)

a V: la data.

(382-383)

a V: la data.

(385)

a V: tutto il numero, che sostituisce un tratto dell'enc. Summi Pontificatus di Pio XII.

(387)

a V: l'Autorità - I-IV: un'Autorità.

b V: con speciale... sottosviluppati.

(390-391)

a V: la data.

(390-391)

a V: la data.

(392)

a IV: tutto il numero.

(393-394)

a V: tutti e due i numeri.

(393-394)

a V: tutti e due i numeri.

(396)

a V: spirito... internazionali - I-IV: spirito universale di fratellanza divina; 3. portare il proprio contributo negli organismi internazionali; 4. ritenere che la comunità internazionale è una delle mire di coerenza tra i credenti.

(397)

a V: parte... nella - I-IV: parte avuta nella.

(398)

a V: valori religiosi - I-IV: valori umani e religiosi.

(399)

a V: 1890.

(400)

a V: c'è un errore tipografico, una doppia parentesi. Anche la sigla di Gv. è imperfetta (Giov.).

b V: 1944.

1 Probabilmente: epopea.

(403)

a V: estesa - I-IV: elevata. [V omette poi l'indicazione: 3.].

b V: possesso -I-IV: complesso.

(405)

a III: tutto il numero (e anche i seguenti).

(406)

a V: 1942. Viene anche notevolmente abbreviato il brano citato con più ampiezza nelle edd. III e IV.

(408)

a V: tutto il numero.