Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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V
IL LAVORO E L'ORDINE ECONOMICO
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LEZIONE XXXIV

108. Tutti devono lavorare?

Sì, tutti devono lavorare, se capaci fisicamente e intellettualmente, esercitando, secondo le attitudini, un'attività prevalentemente fìsica, o intellettuale, o morale. È ingiusto e antisociale chiamare lavoratori soltanto l'agricoltore o l'operaio; com'è ingiusto organizzare soltanto queste categorie. Ogni categoria e classe può e deve avere il proprio sindacato per il raggiungimento di fini economici e moralia.
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109. I cattolici hanno diritto ad organizzarsi nel lavoro?

I lavoratori cattolici hanno diritto a organizzarsi per difendere la loro fede e per ottenere un maggior benessere temporale e spirituale. Esempi di tale organizzazione in Italia sono le ACLI, l'UCID e i comitatia civici per le libere elezioni politiche e amministrative.
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110. Devono lavorare anche le persone abbienti, ossia ricche?

Sì, perché il lavoro è un dovere naturale per tutti. Anche Gesù Cristo ha lavorato. Inoltre è dovere di carità, segreto di merito e di felicità, e contributoa al bene comune.
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Pio XII: «La Rerum Novarum insegna che due sono le proprietà del lavoro umano: esso è personale ed è necessario. È personale perché si compie con l'esercizio delle particolari forze dell'uomo; è necessario perché senza di esso non si può procurare ciò che è indispensabile alla vita, mantenere la quale è un dovere naturale, grave, individuale. Al dovere personale del lavoro imposto dalla natura corrisponde e consegue il diritto naturale di ciascun individuo a fare del lavoro il mezzo per provvedere alla vita propria e dei figli: tanto altamente è ordinato per la conservazione dell'uomo l'impero della natura» (Messaggio per il 50° della «Rerum Novarum», 1941).
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Pio X: «V'è un dovere nei cattolici tutti, di prepararsi prudentemente e seriamente alla vita pubblica» (II fermo proposito, 1905a).
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Pio XII: «È giunto ormai il tempo di abbandonare le vuote frasi e di pensare con la Quadragesimo anno ad un nuovo ordinamento delle forze produttive del popolo. Al di sopra cioè, della distinzione fra datori e prestatori di lavoro, sappiano gli uomini vedere e riconoscere quella più alta unità la quale lega fra loro tutti quelli che collaborano alla produzione, vale a dire il loro collegamento e la loro solidarietà nel dovere che hanno di provvedere insieme stabilmente al bene comune e ai bisogni di tutta la comunità. Che questa solidarietà si estenda ad ogni ramo della produzione, che divenga il fondamento di un migliore ordine economico, di una sana e giusta autonomia, ed apra alle classi lavoratrici il cammino per acquistare la loro parte di responsabilità nella condotta della economia nazionale! In tal guisa, grazie a questa armoniosa coordinazione e cooperazione, a questa più intima unione del lavoro con gli altri fattori della vita economica, il lavoratore arriverà a trovare nella sua attività un guadagno tranquillo e sufficiente per il sostentamento suo e della famiglia, una vera soddisfazione del suo spirito e un potente stimolo verso il suo perfezionamento» (Discorso alle ACLI, 11 marzo 1945).
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Pio XI: «Chi vuole che la stella della pace spunti e resti sulla società, dia al lavoro il posto da Dio assegnatogli fin dal principio. Come mezzo indispensabile al dominio del mondo, voluto da Dio per la sua gloria, ogni lavoro possiede una dignità inalienabile, e in pari tempo un intimo legame col perfezionamento della persona; nobile dignità e prerogativa del lavoro cui in verun modo non avviliscono la fatica e il suo peso, che sono da sopportarsi come effetto del peccato, in ubbidienza e sommissione alla volontà di Dio» (Messaggio natalizio, 1942).
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La vita di Gesù Cristo è legge, e via per tuttia. - Egli fu equanime ed imparziale tra le discordie, le competizioni, le classi sociali; ma non nascose le sue simpatie profonde e le premure speciali e difese per la classe proletaria, per i poveri, per i sofferenti. Appunto perché deboli. Imparzialità non significa insensibilità per chi soffre secolari ingiustizie e prepotenze e che devono difendere le loro lacrimate conquiste.
Il figlio di Dio nacque povero, fu figlio di poveri, lavorò come il più comune artigiano. Le sue tenerezze furono per i diseredati. La sua predicazione fu rivolta ad elevare il popolo. Egli proclamò col principio della dignità personale la fondamentale uguaglianza fra gli uomini: di qui il germe per ogni risurrezione ed elevazione popolare. Combattè il formalismo utilitario e l'affarismo farisaico che miravano al predominio orgoglioso ed allo sfruttamento del popolo. Egli condannò gli abusi della ricchezza e ne espresse le responsabilità: «Vae vobis divitibus». Egli confermò il diritto naturale dell'operaio al compenso per il suo lavoro: «dignus est enim operarius mercede sua». Inculcò particolarmente il dovere della carità e dell'assistenza ai bisognosi: «quod superest date pauperibus». Fece continui richiami alle opere di misericordia. Assicurò alla Chiesa che in perpetuo avrebbe avuto poveri da sollevare. E la Chiesa è fedele alla missione assegnataleb dal Divin Fondatore.
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LEZIONE XXXV

111. Quanti elementi entrano a determinare il giusto salario?

A determinare il giusto salario, entrano quattro elementi: 1. il lavoro compiuto; 2. il bisogno dell'operaio e della sua famiglia; 3. l'utile dell'azienda; 4. il pubblico bene economicoa.
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112. Il capitale ha una funzione sociale?

Il capitale ha una funzione sociale, ed è necessario che ne venga regolato l'uso con leggi, che mentre rispettano la proprietà la fanno convergere al bene comune entroa determinati limiti, secondo la verità, la giustizia e la carità.
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113. Quali sono i compiti essenziali della legislazione sociale?

I compiti essenziali della legislazione sociale sono tre:
1. attenuare le disuguaglianze sociali, riducendo le distanze;
2. formulare un codice sociale cristiano, mirando decisamente al lavoro e a un vivere dignitoso per tutti; 3. attuare una sana politica cristiana e democratica.
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Pio XI: «Né la giusta proporzione del salario deve calcolarsi da un solo titolo, ma da più... 1) In primo luogo, all'operaio si deve dare una mercede che basti al sostentamento di lui e della sua famiglia... Nello stabilire la quantità della mercede si deve tener conto anche dello stato dell'azienda e dell'imprenditore di essa: perché è ingiusto chiedere esagerati salari, quando l'azienda non li può sopportare senza la rovina propria e la conseguente calamità degli operai... Finalmente la quantità del salario deve contemperarsi col pubblico bene economico... È contrario dunque alla giustizia sociale che, per badare al proprio vantaggio senza aver riguardo al bene comune, il salario degli operai venga troppo abbassato o troppo innalzato» (Quadragesimo anno, 1931a).
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Pio XI: «Non sono neppure abbandonate per intiero al capriccio dell'uomo le libere entrate di lui, quelle cioè di cui egli non abbisogna per un tenore di vita conveniente e decorosa; che anzi la Sacra Scrittura e i Santi Padri chiarissimamente e continuamente denunziano ai ricchi il gravissimo precetto, onde sono tenuti di esercitare l'elemosima, la beneficenza, la liberalità. L'impiegare però più copiosi proventi in opere che diano più larga opportunità di lavoro, purché tale lavoro sia per procurare beni veramente utili, dai principi dell'Angelico Dottore si può dedurre che ciò non solo è immune da ogni vizio o morale imperfezione, ma deve ritenersi per opera cospicua della virtù della magnificenza e, in tutto corrispondente alle necessità dei tempi» (Quadragesimo anno, 1931a).
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LEONE XIII: «Chiunque ha ricevuto dalla munificenza di Dio copia maggiore di beni, sia esteriori e corporali, sia spirituali, a questo fine li ha ricevuti, di servirsene al perfezionamento proprio, e nel medesimo tempo come ministro della divina provvidenza a vantaggio altrui» (Rerum novaruma, 1891b).
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GIOVANNI XXIII: «Riteniamo perciò Nostro dovere riaffermare ancora una volta che la retribuzione del lavoro, come non può essere interamente abbandonata alle leggi di mercato, cosi non può essere fissata arbitrariamente; va invece determinata secondo giustizia ed equità. Il che esige che ai lavoratori venga corrisposta una retribuzione che loro consenta un tenore di vita veramente umano e di far fronte dignitosamente alle loro responsabilità familiari; ma esige pure che nella determinazione della retribuzione si abbia riguardo al loro effettivo apporto nella produzione e alle condizioni economiche delle imprese; alle esigenze del bene comune delle rispettive Comunità politiche, specialmente per quanto riguarda le ripercussioni sull'impiego complessivo delle forze di lavoro dell'intero Paese, come pure alle esigenze del bene comune universale e cioè delle Comunità internazionali di diversa natura ed ampiezza» (Mater et Magistra, 1961)a.
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La Bibbia rivendica i diritti del poveroa e dell'operaio. - «Immonda è l'offerta di chi sacrifica roba di mal acquisto; non son graditi gli scherni degli empi. Il Signore è soltanto per quelli che lo aspettano nella via della verità e della giustizia. L'Altissimo non accetta i doni degli iniqui, non volge l'occhio alle loro oblazioni, né sarà propizio ai loro peccati pel gran numero dei loro sacrifici. Chi offre sacrificio colla roba dei poveri è come chi sgozza un figliolo sotto gli occhi del padre. Il pane dei bisognosi è la vita dei poveri, chi loro la toglie è un assassino. Chi toglie il pane del sudore è come se uccidesse il prossimo. Chi sparge il sangue e chi defrauda la mercede all'operaio, son fratelli» (Ec. 34, 21-27).
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LEZIONE XXXVI

114. Si possono togliere del tutto le disuguaglianze sociali?

«Togliere dal mondo le disuguaglianze sociali è cosa impossibile» (Leone XIII), poiché essea nascono dalle diversità naturali: costituzione fisica, intelligenza, forza di volontà, iniziativa individuale.
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115. Come si possono attenuare le disuguaglianze sociali?

Si possono attenuare: 1. togliendo favoritismi, privilegi, monopoli, tradizioni contrarie alla natura; 2. stabilendo che ogni giovane capace, anche se figlio di poveri, possa per istruzione e per iniziativa elevarsi ad alti gradi nella societàa; 3. seguendo un giusto criterio di imposta proporzionale.
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116. Quali materie riguarda una legislazione sociale cristiana?

La legislazione sociale cristiana contemplaa i seguenti punti: 1. esaltareb il dovere e la nobiltà del lavoro per tutti e stabilire norme per regolare le relazioni tra capitale e lavoro; 2. stabilire norme e istituzioni per dirimere le questioni tra capitale e lavoro, favorendo un giusto equilibrio, la pace e la cooperazione tra le classi; 3. mirare a ottenere uno stato conforme alle Encicliche socialic, tenendo presente il fine dei beni terreni e lo scopo supremo della vita; 4. valorizzare le forze spirituali e morali della nazione; 5. mirare alla proprietà civico-privata, all'artigianato, alla compartecipazione agli utili; 6. regolare il lavoro delle donne e dei fanciulli sotto l'aspetto morale, igienico, qualitativo; 7. procurare a tutti gli operai un salario adeguato e sufficiente per sé e per la famiglia, orario, condizioni e luogo di lavoro convenienti; 8. assicurazioni sociali, assistenza, istruzione professionale, previdenza, mutualità, cooperazione, ecc.
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LEONE XIII: «Stabiliscasi adunque in primo luogo questo principio, che si deve sopportare la condizione propria dell'umanità: togliere dal mondo le disparità sociali è cosa impossibile... Ogni tentativo contro la natura delle cose riesce inutile. La più grande varietà esiste nella natura degli uomini: non tutti posseggono lo stesso ingegno, la stessa solerzia; non la sanitàa, non le forze in pari grado: e da queste inevitabili differenze nasce di necessità la differenza delle condizioni sociali. E ciò torna a vantaggio sì dei particolari, sì del civile consorzio; perché la vita sociale abbisogna di attitudini varie e di uffici diversi; e l'impulso principale che muove gli uomini ad esercitare tali uffici, è la disparità dello statob» (Rerum novarum, 1891c).
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LEONE XIII: «Tutto l'insegnamento cristiano, di cui è interprete e custode la Chiesa, è potentissimo a conciliare e mettere in accordo fra loro i ricchi e i proletari, ricordando agli uni e agli altri i mutui doveri, incominciando da quello che impone giustizia» (Rerum novarum, 1891a).
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Pio XI: «Nel campo economico-sociale, la Chiesa, benché non abbia offerto un determinato sistema tecnico, non essendo questo compito suo, ha però fissato chiaramente punti e linee che, pur prestandosi a diverse applicazioni concrete secondo le varie condizioni dei tempi, dei luoghi e dei popoli, indicano la via sicura per ottenere il felice progresso della società[»] (Divini Redemptoris, 1937a).
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LEONE XIII: «Se per ammutinamento o per gli scioperi si temono disordini pubblici: se tra i proletari sono sostanzialmente turbate le naturali relazioni della famiglia: se la religione non è rispettata nell'operaio, negandogli agio e tempo sufficiente a compiere i doveri: se per la promiscuità del sesso ed altri incentivi al male l'integrità dei costumi corre nelle officine pericolo: se dai padroni viene oppressa con ingiusti pesi o avvilita con fatti contrari alla personalità e dignità umana la classe lavoratrice: se con lavoro soverchio e non conveniente al sesso e all'età si reca nocumento alla sanità dei lavoratori; in questi casi si deve adoperare entro i debiti confini la forza e l'autorità delle leggi. I quali confini sono determinati dalla causa medesima che esige l'intervento dello Stato: che vai quanto dire non dover le leggi andar di là di ciò che richieda o il riparo dei mali o la rimozione dei pericoli» (Rerum novarum, 1891a).
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Pio XI: «Lo Stato deve mettere ogni cura per fornire lavoro specialmente ai padri di famiglia e alla gioventù» (Divini Redemptoris, 1937a).
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GIOVANNI XXIII: «Nel tradurre in termini di concretezza i principi e le direttive sociali, si passa di solito attraverso tre momenti: rilevazione delle situazioni; valutazione di esse nella luce di quei principi e di quelle direttive; ricerca e determinazione di quello che si può e si deve fare per tradurre quei principi e quelle direttive nelle situazioni, secondo modi e gradi che le stesse situazioni consentono o reclamano. Sono i tre momenti che si sogliono esprimere nei termini: vedere, giudicare, agire.
«Principio fondamentale in un sistema tributario informato a giustizia ed equità è che gli oneri siano proporzionati alla capacità contributiva dei cittadini» (Mater et Magistra, 1961)a.
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«I poveri li avrete sempre con voi». - «Or essendo Gesù a Betania in casa di Simone il lebbroso, gli si appressò una donna con un vaso di alabastro pieno d'unguento prezioso, e lo sparse sul capo di lui che stava a mensa. Visto ciò, i discepoli dissero indignati: A che tanto scialacquo? Quest'unguento si poteva vendere a caro prezzo e dare ai poveri. Ma Gesù accortosene, disse loro: Perché recate molestia a questa donna? Ha fatto un'opera veramente buona verso di me. Chè i poveri, li avrete sempre con voi, me però non sempre mi avrete» (Mt. 26, 6-11).
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LEZIONE XXXVII

117. I cittadini devono partecipare alla vita pubblica?

Tutti i cittadini devono partecipare e portare contributo alla vita pubblica, e ciascuno secondo le proprie attitudini e la propriaa posizione. Per i cattolici è anche dovere stretto di coscienza, tanto per l'uomo che per la donna.
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118. In che cosa i cattolici devono partecipare alla vita pubblica?

Tutti i cattolici devono contribuire al bene comune con la pratica e la professione aperta della loro fede; con l'esempio della loro condotta; col portare i pesi comuni per le spese, la difesa, i doveri civici, secondo l'esempio di Gesù Cristo che fu perfetto cittadino. Inoltre, hanno l'obbligoa stretto di votare per eleggere candidati che diano garanzia di favorire e difendere la religione, la giustizia, il benessere della nazione. In particolare, ciascuno può avere doveri nella sua posizione speciale di soldato, maestro, impiegato, magistrato, operaio, ecc.
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119. Tutti i cittadini hanno diritti nello Stato?

Tutti i cittadini hanno uguali diritti di fronte allo Stato. Lo Stato infatti è per il perfezionamento dei cittadini riguardo la cultura, il tenore di vita, la libertàa.
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Pio X: «V'è un dovere nei cattolici tutti, di prepararsi prudentemente e seriamente alla vita pubblica» (II fermo proposito, 1905a).
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Pio X: «Dovranno inculcarsi e seguirsi in pratica gli altri principi che regolano la coscienza di ogni vero cattolico, accedendo agli offici pubblici ed esercitandosi col fermo e costante proposito di promuovere a tutto potere il bene sociale ed economico della patria e particolarmente del popolo, secondo le massime della civiltà spiccatamente cristiana, e di difendere insieme gli interessi supremi della Chiesa, che sono quelli della religione e della giustizia» (II fermo proposito, 1905a).
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LEONE XIII: «Anzitutto, quanti vi sono degni del nome di cattolici è indispensabile che siano e si mostrino apertamente amorosissimi figli della Chiesa: che rigettino da sé, senza punto esitare, tutto quello che è inconciliabile con tale professione: che volgano i politici ordinamenti, in quanto onestamente si può fare, a difesa della causa della verità e della giustizia: che si sforzino di ottenere che la libertà non trapassi mai i confini assegnati dalle leggi della natura e di Dio; che si adoperino a far ripiegare la presente società verso l'ideale sopra descritto della società cristiana. Il modo pratico di venire a capo, mal potrebbe determinarsi con norme assolute, dovendo esso variare secondo la varietà dei luoghi e delle circostanze» (Immortale Dei, 1885a).
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GIOVANNI XXIII: «È un'esigenza della loro dignità di persone che gli esseri umani prendano parte attiva alla vita pubblica, anche se le forme con cui vi partecipano sono necessariamente legate al grado di maturità umana raggiunto dalla Comunità politica di cui sono membri e in cui operano.
«Attraverso la partecipazione alla vita pubblica si aprono agli esseri umani nuovi e vasti campi di bene; mentre i frequenti contatti fra cittadini e funzionari pubblici rendono a questi meno arduo cogliere le esigenze obbiettive del bene comune; e l'avvicendarsi dei titolari nei Poteri pubblici impedisce il loro logorìo e assicura il loro rinnovarsi in rispondenza dell'evolversi sociale» (Pacem in terris, 1963)a.
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Civismo cristiano. - Contro i falsi politici che accusavano la dottrina cristiana di non formare perfetti cittadini, S. Agostino ha queste parole: «Or costoro che vanno dicendo, la dottrina di Cristo tornare nociva allo Stato, si provino un poco a darci un esercito composto di soldati della tempra che la medesima dottrina di Cristo vuole: dei governatori di provincie, dei mariti, delle spose, dei padri, dei figli, dei padroni, dei servi, dei re, dei magistrati e perfino dei contribuenti e degli esattori del fisco, ornati delle qualità che richiede la cristiana dottrina, e vedremo se avranno ancora il coraggio di dire che essa osteggia il benessere dello Stato, o anzi si decideranno a proclamarla grande pegno di salute per lo Stato, quando ciascuno ad essa si conformi» (Epist. 138, ad Marcellinum).
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LEZIONE XXXVIII

120. Tra i cittadini, di quali specialmente deve prendersi cura lo Stato?

Tra i cittadini, lo Stato deve prendersi specialmente cura dei più bisognosi e deboli, come i fanciulli, i vecchi, la donna, l'operaio, il contadino.
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121. Quali sono le virtù sociali?

Le virtù sociali sono la giustizia e la carità. La giustizia dàa a ciascuno quanto gli spetta per diritto. La carità cristiana completa l'opera della giustizia.
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122. Che cosa sono le Assicurazioni sociali?

Le Assicurazioni sociali sono una forma di risparmio, regolato dallo Stato o anche da convenzioni libere, per tutelare ogni lavoratore contro determinati rischi, quali: l'invalidità, l'infortunio, la vecchiaia, la disoccupazione, lea malattie, ecc.
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LEONE XIII: «I diritti vanno debitamente protetti in chiunque ne abbia, e il pubblico potere deve assicurare a ciascuno il suo, con impedirne o punirne le violazioni. Se non che, nel tutelare le ragioni dei privati s'ha da avere un riguardo speciale ai deboli e ai poveri. Il ceto dei ricchi, forte per se stesso, abbisogna meno della pubblica difesa; le misere plebi, che mancano di sostegno proprio, hanno specialmente necessità di trovarlo nel patrocinio dello Stato. E però agli operai, che sono nel numero dei deboli e bisognosi, deve lo Stato a preferenza rivolgere le cure e la provvidenza sua» (Rerum novarum, 1891a).
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Pio XI: «Oltre la giustizia commutativa, vi è pure la giustizia sociale, che impone anch'essa dei doveri... È appunto proprio della giustizia sociale l'esigere dai singoli tutto ciò che è necessario al bene comune... Non si può provvedere all'organismo sociale e al bene di tutta la società se non si da alle singole parti e ai singoli membri, cioè uomini dotati della dignità di persone, tutto quello che devono avere per le loro funzioni sociali...» (Divini Redemptoris, 1937a).
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Pio XI: «Se non che, per assicurare appieno queste riforme, è necessario che si aggiunga alla legge della giustizia la legge della carità, "la quale è il vincolo della perfezione". Quanto dunque s'ingannano quei riformatori imprudenti, i quali solo curando l'osservanza della giustizia e della sola giustizia commutativa, rigettano con alterigia il concorso della carità! Certo, la carità non può essere chiamata a fare le veci della giustizia, dovuta per obbligo e iniquamente negata. Ma quando pure si supponga che ciascuno abbia ottenuto tutto ciò che gli spetta di diritto, resterà sempre un campo larghissimo alla carità. La sola giustizia infatti, anche osservata con la maggiore fedeltà, potrà bene togliere di mezzo la causa dei conflitti sociali, non già unire i cuori e stringere insieme le volontà» (Quadragesimo anno, 1931a).
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GIOVANNI XXIII: «I sistemi di assicurazioni sociali o di sicurezza sociale possono contribuire efficacemente ad una ridistribuzione del reddito complessivo della Comunità politica secondo criteri di giustizia e di equità; e possono quindi considerarsi uno degli strumenti per ridurre gli squilibri nel tenore di vita tra le varie categorie di cittadini.
Vero è che il termine "giustizia" e la dizione "esigenze della giustizia", continua a risuonare sulle labbra di tutti. Però quel termine o quella dizione assumono negli uni e negli altri contenuti diversi o contrapposti» (Mater et Magistra, 1961)a.
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Il Samaritano. - «E Gesù prese a dire: Un uomo, scendendo da Gerusalemme a Gerico, incappò nei ladroni, che, spogliatolo, lo caricarono di ferite, e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Or per caso scendeva per la medesima strada un sacerdote, il quale, guardatolo, passò oltre. Così pure un levita, arrivato lì vicino guardò e tirò di lungo. Ma un Samaritano che era in viaggio e passò di lì, vedutolo, n'ebbe pietà; e, accostatosi, gli fasciò le ferite, versandovi su dell'olio e del vino, e, adagiatolo sul giumento, lo condusse all'albergo e ne ebbe cura. Ed il giorno dopo, tratti fuori due danari, li diede all'oste, dicendogli: abbine cura, e quanto spenderai di più te lo renderò al mio ritorno.
Or quale di questi tre ti sembra che sia stato il prossimo per colui che incappò nei ladroni? E quello rispose: Chi gli usò misericordia. E Gesù gli disse: Va' e fa' anche tu lo stesso» (Le. 10, 30-37).
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LEZIONE XXXIX

123. L'assicurazione degli operai è cosa giusta e conveniente?

L'assicurazione è cosa giusta e conveniente, perché è parte del salario e garantisce l'operaio nel suo caratteristico rischio, detto professionale. È a carico del datore di lavoro ed è in relazione al danno subito. Tuttavia l'assicurazione per invaliditàa deve essere sostenuta insieme dai padroni, dagli operai e dallo Stato.
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124. Quali altri mezzi tutelano l'operaio?

Tutelano l'operaio la mutualità, l'assistenza operaia, la previdenza sociale, ecc. Tuttavia nessuna legge umana potrà togliere l'indigenza; allora interviene e supplisce la carità cristiana che da il superfluo, arricchisce di meriti e supplisce alle inevitabili insufficienze della legge nei riguardi del bisognosoa.
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125. La partecipazione agli utili è cosa giusta e lodevolea?

La partecipazione agli utili è cosa giusta e vantaggiosa, perché l'operaio riceve un compenso che integra il suo salario in proporzione del rendimento dell'impresa. Esso eleva e trasforma il contratto di lavoro, si ispira a una equità sociale, a una maggior unione tra capitale e lavoro e a un maggiorb senso di libertà.
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LEONE XIII: «Allo scioglimento della questione operaia possono contribuir molto i capitalisti e gli operai medesimi, con istituzioni ordinate a porgere opportuni soccorsi ai bisogni, e ad avvicinare ed unire le due classi tra loro. Tali sono le società di mutuo soccorso: le molteplici assicurazioni private, destinate a provvedere all'operaio, alla vedova, ai figli orfani, nei casi d'improvvisi infortuni, d'infermità e di altro umano accidente; i patronati per fanciulli d'ambo i sessi, per la gioventù, e per gli adulti» (Rerum novarum, 1891a).
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LEONE XIII: «Lo Stato difenda queste associazioni legittime dei cittadini, non s'intrometta però nell'intimo della organizzazione e disciplina... (essa) è assolutamente necessaria perché vi sia unità di azione e di indirizzo. Se hanno pertanto i cittadini, come l'hanno di fatto, libero diritto di legarsi in società, debbono avere altresì ugual diritto di scegliere pei loro consorzi quell'ordinamento che giudicano più confacente al loro fine. Quale esso debba essere nelle singole parti sue, non crediamo si possa definire con regole certe e precise; dovendosi piuttosto determinare dall'indole di ciascun popolo, dall'esperienza e dall'uso, dalla qualità e produttività dei lavori, dallo sviluppo commerciale nonché da altre circostanze, delle quali la prudenza deve tener conto. In sostanza, si può stabilire come regola generale e costante, doversi le associazioni degli operai ordinare e governare in modo, da somministrare i mezzi più acconci e spediti al conseguimento del fine, il quale consiste in questo, che ciascuno degli associati ne tragga il maggior aumento possibile di benessere fisico, economico, morale» (Rerum novarum, 1891a).
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LEONE XIII: «... In una società bene ordinata deve lasciarsi una sufficiente copia di beni corporali, l'uso dei quali è necessario all'esercizio della virtù. Ora a darci questi beni è di necessità ed efficacia somma l'opera e l'arte dei proletari, o si applichi all'agricoltura o si eserciti nelle officine. Somma, diciamo, a tal segno, che può affermarsi con verità che è il lavoro degli operai quello che forma la ricchezza nazionale. È quindi giusto che il governo si interessi dell'operaio, facendo sì che egli partecipi in alcuna misura di quella ricchezza che esso medesimo produce, acciocché abbia vitto e vestito, e campi meno disagiatamente la vita. Si favorisca dunque al possibile tutto ciò che può in qualche modo migliorare la condizione di lui, sicuri, che, nonché nuocere ad alcuno, questa provvidenza gioverà a tutti, essendo interesse universale che non rimangano nella miseria coloro da cui provengono vantaggi di tanto rilievo» (Rerum novarum, 1891a).
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Pio XI: «È necessario dunque con tutte le forze procurare che in avvenire i capitali guadagnati non si accumulino se non con equa proporzione presso i ricchi, e si distribuiscano con una certa ampiezza fra i prestatori d'opera, non perché questi si rallentino nel lavoro... ma perché con l'economia aumentino il loro avere e amministrando con saggezza l'aumentata proprietà possano più facilmente e tranquillamente sostenere i pesi della famiglia e usciti da quell'incerta sorte di vita, in cui si dibatte il proletario, non solo siano in grado di sopportare le vicende della vita, ma possano ripromettersi che alla loro morte saranno convenientemente provveduti quelli che lasciano dopo di sé» (Quadragesimo anno, 1931a).
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Il fattore disonesto. - «Disse ancora ai suoi discepoli: C'era un ricco il quale aveva un fattore che fu accusato davanti a lui come dissipatore dei suoi beni. Ed egli, chiamatolo gli disse: Che è mai quello che sento di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più tenerla. Ed il fattore disse fra sé: E ora, che farò, che il padrone mi leva la fattoria? A zappare non son buono, a limosinare mi vergogno. So ben io che farò, affinché, levata che mi sia la fattoria, ci sia chi mi riceva in casa sua. Chiamati pertanto ad uno ad uno i debitori del padrone, disse al primo: Tu quanto devi al mio padrone? E quello rispose: cento barili d'olio. Ed egli: Prendi la tua scritta, siedi presto, e scrivi cinquanta. Poi chiese ad un altro: E tu quanto devi? E quello: Cento staia di grano. Gli dice: Prendi la tua scritta e scrivi ottanta. E il padrone lodò il fattor infedele, perché aveva agito con accortezza; che i figli di questo secolo sono, nel loro genere, più avveduti dei figli della luce. Ed io vi dico: fatevi amici con le ricchezze ingiuste, affinché, quando veniate a mancare, quelli vi riceveranno nelle tende eterne» (Lc. 16, 1-8).
«Guai a voi, Scribi e Farisei ipocriti, che divorate le case delle vedove, ostentando lunghe orazioni: per questo sarete giudicati più severamente» (Mt. 23, 14).
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LEZIONE XL

126. Che cos'è la statizzazione?

La statizzazione o nazionalizzazione è l'assunzione di certe aziende lavorative da parte dello Stato: aviazione, ferrovie, poste, petroli, energia elettrica, ecc. In sé, moralmente, può essere accettata, ma entro limitia determinati, cioè salva la dignità umana e la giustizia, l'interesse dello Statob e dei privati.
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127. Che cos'è la socializzazione?

La socializzazione è l'assunzione delle aziende industriali da parte degli operai e dei loro rappresentantia. Il termine «socializzazione» ai nostri giorni assume un senso molto più vasto, ed indica le varie relazioni e i rapporti che nascono dalla convivenza umana in tutte le sue forme, e dalle attività associateb.
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128. Che cos'è la cooperazione?

La cooperazione è un'associazione di persone che ha lo scopo: o di eliminare, a proprio profitto, il guadagno dell'imprenditore; oppure di escludere il guadagno dell'intermediario nell'azienda di consumo. Le cooperative sono di grande vantaggio morale e sociale; devono però costituirsi e governarsi con vero spirito cristiano e con maturità tecnica.
334
GIOVANNI XXIII: «Uno degli aspetti tipici che caratterizzano la nostra epoca, è la socializzazione, intesa come progressivo moltiplicarsi di rapporti nella convivenza, con varie forme di vita e di attività associata, e istituzionalizzazione giuridica. «La socializzazione è a un tempo riflesso e causa di un crescente in tervento dei poteri pubblici anche in settori tra i più delicati, come quelli concernenti le cure sanitarie, l'istruzione e l'educazione delle nuove generazioni, l'orientamento professionale, i metodi di ricupero e di riadattamento di soggetti comunque menomati; ma è pure frutto ed espressione di una tendenza naturale, quasi incontenibile, degli esseri umani: la tendenza ad associarsi per il raggiungimento di obiettivi che superano le capacità e i mezzi di cui possono disporre i singoli individui...
«La socializzazione così intesa apporta molti vantaggi. Rende infatti attuabile la soddisfazione di molteplici diritti della persona, specialmente quelli detti economico-sociali... Inoltre, attraverso alla sempre più perfetta organizzazione dei mezzi moderni della diffusione del pensiero - stampa, cinema, radio, televisione - si permette alle singole persone di prender parte alle vicende umane su raggio mondiale. «Qualora la socializzazione si attui nell'ambito dell'ordine morale secondo le linee indicate, non importa, per sua natura, pericoli gravi di compressione ai danni dei singoli esseri umani; contribuisce invece a favorire in essi l'affermazione e lo sviluppo delle qualità proprie della persona» (Mater et Magistra, 1961)a.
335
Pio XII: «Si può consentire alla socializzazione soltanto nei casi in cui appare realmente richiesta dal bene comune, vale a dire come l'unico mezzo veramente efficace per rimediare a un abuso o per evitare uno sperpero delle forze produttive del paese, e per assicurar l'organico ordinamento di queste medesime forze e dirigerle a vantaggio degli interessi economici della nazione, cioè allo scopo che la economia nazionale nel suo regolare e pacifico sviluppo, apra la via alla prosperità materiale di tutto il popolo, prosperità tale che costituisce al tempo stesso un sano fondamento anche della vita culturale e religiosa. In ogni caso... la realizzazione importa l'obbligo di una congrua indennità, vale a dire calcolata secondo ciò che nelle circostanze concrete è giusto ed equo per tutti gli interessati» (Discorso alleACLI).
336
Pio XI: «E in verità si può ben sostenere, a ragione, esservi certe categorie di beni da riservarsi solo ai pubblici poteri, quando portano seco una tale preponderanza economica che non si possono lasciare in mano ai privati cittadini senza pericolo del bene comune» (Quadragesimo anno, 1931a).
337
Preghiera per la santificazione del lavoro. - Signore Gesù, che ti sei assoggettato al lavoro come noi, accordaci di lavorare e di pregare con te, di pensare come te, di vivere in te, di dare a te le nostre forze e il nostro tempo.
Che il tuo regno venga nelle officine, negli offici, nelle nostre case, dappertutto sulla terra come in cielo.
Sii ovunque meglio conosciuto, meglio amato, meglio servito. Liberaci sempre dall'ingiustizia e dall'invidia, da ogni male e da ogni peccato.
Che le anime di tutti coloro che lavorano e sono nel pericolo vivano nella tua grazia, o la ritrovino al più presto; e che per la tua misericordia, le anime dei morti sul campo d'onore del lavoro, riposino in pace. Così sia (Don Paolo Liggeri).
338
LEZIONE XLI

129. Che cosa sono i Sindacati?

I Sindacati sono associazioni professionali, a base democratica e indipendenti da qualsiasi concezione politica, mediante le quali lavoratori di determinate categorie perseguono collettivamente finalità comuni di tutela economica e di elevazione sociale.
339
130. Che cos'è la corporazione?

La corporazione è l'unione dei datori di lavoro, dei prestatori d'opera, garzoni, mastri, tecnici, impiegati; come per es. l'unione tessile. Ebbe periodi di splendida vita, ma per varie ragioni cessò del tuttoa.
340
131. Che cos'è lo sciopero?

Lo sciopero è un'astensione generale o parziale degli operai dal lavoro, allo scopo di ottenere miglioramenti economici e morali.
341
LEONE XIII: «Degnissimi d'encomio sono molti fra i cattolici, che conosciute l'esigenze dei tempi, fanno ogni sforzo a fine di migliorare onestamente la condizione degli operai. E presane in mano la causa, sì studiano di accrescere il benessere individuale e domestico; di regolare, secondo equità, le relazioni tra lavoratori e padroni, di tenere viva e profondamente radicata negli uni e negli altri la memoria del dovere e l'osservanza dei precetti evangelici; precetti che, ritraendo l'animo da ogni sorta di eccessi lo riducono a moderazione, e tra la più gran diversità di persone e di cose mantengono nel civile consorzio l'armonia. A tale fine vediamo spesso adunarsi dei congressi, ove uomini egregi si comunicano le idee, uniscono le forze, si consultano intorno agli espedienti migliori. Altri si ingegnano di stringere acconciamente in società le varie classi operaie; le aiutano di consiglio e di mezzi; procurano loro onesto e lucroso lavoro» (Rerum novarum, 1891a).
342
Pio X: «... perché i sindacati siano tali che i cattolici vi si possano iscrivere, è necessario che si astengano da qualsiasi manifestazione teorica e pratica, contrastante con la dottrina e i precetti della Chiesa e dell'autorità ecclesiastica competente; e parimenti che nulla di meno che accettabile sotto questo aspetto vi sia nei loro scritti, discorsi, o attività..., i cattolici stessi, iscritti ai Sindacati, non permettano mai che i Sindacati anche come tali, nel curare gl'interessi temporali dei membri confessino o facciano cose che in qualsiasi modo contrastino con i princìpi insegnati dal supremo magistero della Chiesa» (Singulari quaderni, 1912a).
343
LEONE XIII: «Manifestissimi furono presso i nostri maggiori i vantaggi delle corporazioni; e non solo a prò degli artieri, ma, come attestano monumenti in gran numero, ad onore e perfezionamento delle arti medesime. Bensì, i progressi della cultura, le nuove costumanze e i cresciuti bisogni della vita esigono che queste corporazioni si adattino alle condizioni presenti» (Rerum novaruma, 1891b).
344
GIOVANNI XXIII: «E il Nostro affettuoso pensiero e il Nostro paterno incoraggiamento vanno alle Associazioni professionali e ai movimenti sindacali di ispirazione cristiana, presenti e operanti in più Continenti i quali tra molte difficoltà e spesso gravi, hanno saputo e continuano ad operare per l'efficace perseguimento degli interessi delle classi lavoratrici e per la loro elevazione materiale e morale, tanto nell'ambito di singole comunità politiche come sul piano mondiale» (Mater et Magistra, 1961).
«Anzitutto va affermato che il mondo economico è creazione dell'iniziativa personale dei singoli cittadini, operanti individualmente o variamente associati per il perseguimento di interessi comuni. «Però in esso, per le ragioni già addotte dai Nostri Predecessori, devono altresì essere attivamente presenti i poteri pubblici, allo scopo di promuovere, nei debiti modi, lo sviluppo produttivo in funzione del progresso sociale a beneficio di tutti i cittadini» (Mater et Magistra, 1961)a.
345
Leon Harmel (1829-1915). - II nome di questo celebre sociologo francese è legato a un gran numero di attività tutte informate allo spirito evangelico, per la tutela e la elevazione dell'operaio. Fra esse la più degna di nota è certamente l'organizzazione professionale, effettuata nelle sue officine di Val des Bois, presso Reims, dove volle affidare agli operai medesimi lo studio dei problemi riguardanti il loro benessere materiale, riservando per sé l'attuazione di mille iniziative, sia a carattere assistenziale che ricreativo o educativo, le quali in qualche modo favorissero i suoi dipendenti, per giungere infine alla creazione di una cassa di famiglia, sovvenzionata da lui stesso, ma gestita dagli operai, allo scopo di integrare il salario dei lavoratori con famiglia numerosa.
Egli è appunto il fondatore di quel «metodo Harmela» che consiste nella valorizzazione dell'iniziativa operaia e nello sforzo individuale da parte del lavoratore «alfine di formarsi e di elevarsi, sforzo sociale per contribuire alla formazione dei suoi compagni».
Presidente dell'Opera dei Circoli Cattolici, fondata dal De Mun, egli voleva che detta Opera fosse posta «francamente e generosamente al servizio delle istituzioni che da essa avevano ed avrebbero avuto vita: sindacati di ogni specie, segretariati del popolo, Circoli di studi sociali (che ebbero come scopo lo studio dell'Enciclica Rerum novarum), Congressi operai e tutto l'immenso movimento popolare che sarà suscitato dai suoi membri».
Accanto a Lacordaire, Montalembert, Ozanam, Albert [de] Mun, [Rene] de la Tour du Pinb, Leon Harmel è uno dei migliori rappresentanti dell'Azione sociale dei cattolici francesi nei tempi modernic.
346
LEZIONE XLII

132. È lecito lo sciopero?

Lo sciopero è lecito come ultimo mezzo per far valere giusti diritti. Esso però deve partire da intenzioni oneste; e sempre essere condotto secondo giustizia, carità, vantaggio comune. È quindi un'arma onesta che può venir usata a difesa; ma della quale è facile l'abuso. Lo Stato, i lavoratori ed i padroni cerchino in quanto è possibile, di prevenirli o almeno eliminarea i facili abusi e danni. Secondo una buona legislazione sociale, le questioni del lavoro devono essere demandate ad un'apposita magistratura.
347
133. È lecito lo sciopero per motivi politici?

No. L'azione politica si deve svolgere nel Parlamento democraticamente eletto.
348
134. La libertà del lavoro può venir ostacolata?

In generale il cittadino ha diritto alla libertà di lavoro e lo Stato deve difenderla. Se, industriali da una parte e operai dall'altra, si irrigidiscono nelle rispettive vedute, occorrono trattative d'intermediari o di rappresentanti delle categorie.
349
135. Qual è il maggior pericolo in questioni di lavoro?

Il maggior pericolo, in questioni di lavoro, è il movente politico sotto pretesto economico.
350
LEONE XIII: «II lavoro troppo lungo e gravoso, e la mercede giudicata scarsa porgono, non di rado, agli operai motivo di sciopero. A questo sconcio grave e frequente occorre che ripari lo Stato; perché tali scioperi non recano danno ai padroni solamente e agli operai medesimi, ma al commercio e ai comuni interessi; e per le violenze e i tumulti, a cui d'ordinario danno occasione, mettono spesso a rischio la pubblica tranquillità. Il rimedio poi, in questa parte, più efficace e salutare si è prevenire il male con l'autorità delle leggi e impedirne lo scoppio, rimovendo a tempo le cause da cui si prevede che possa nascere tra operai e padroni il conflitto» (Rerum novarum, 1891a).
351
Pio XI: «Lo sciopero è vietato; se le parti non si possono accordare, interviene il Magistrato» (Quadragesimo anno, 1931a).
352
Pio XII: «II diritto al lavoro viene imposto e concesso all'individuo in primo appello dalla natura, e non già dalla società, come se l'uomo altro non fosse che un semplice servo o funzionario della comunità. Dal che segue che il dovere e il diritto di organizzare il lavoro del popolo appartengono innanzi tutto agli immediati interessati: datori di lavoro e operai. Che se poi essi non adempiono il loro compito o ciò non possano fare per speciali straordinarie contingenze allora rientra nell'ufficio dello Stato l'intervenire nel campo e nella divisione e nella distribuzione del lavoro, secondo la forma e la misura che richiede il bene comune rettamente inteso. Ad ogni modo, qualunque legittimo e benefico intervento statale nel campo del lavoro vuoi essere tale da salvarne e rispettarne il carattere personale, sia in linea di massima, sia nei limiti del possibile, per quel che riguarda l'esecuzione» (Messaggio per il cinquantesimo della «Rerum novarum», 1941a).
353
È utile lo sciopero ai lavoratori? - Lo sciopero, scriveva M. Fassio ne «La voce della Giustizia», 4 Gennaio 1947, come la febbre non è una malattia, ma il segno che esiste una grave malattia da nessuno curata.
Malattia politica, poiché con lo sciopero e le agitazioni alcuni partiti fanno pressione sul governo e tentano di occupare il potere. In questo caso lo sciopero è assolutamente illecito, poiché in regime democratico l'azione politica deve essere svolta esclusivamente dai rappresentanti del popolo che siedono al Parlamento per legittima elezione.
Malattia economica per la critica situazione in cui versano determinate classi lavoratrici... Incrociare le braccia è facile, ma non percepire il salario è doloroso. Finché scioperano le modiste o le profumerie, il male è abbastanza relativo; ma se lo sciopero si estende alla produzione vitale, ai mezzi di trasporto, alla magistratura, ai medici ed infermieri, allora il danno è ingentissimo e le presunte migliorate condizioni dei lavoratori non potranno mai equilibrare il danno e lo sfacelo.
Si pone quindi la necessità di dirimere il conflitto per le vie legali.
Quando due persone pervengono ad un litigio, nessuno ha il diritto di fare giustizia da se stesso, ma la parte interessata ricorre al tribunale e sta alla sentenza del giudice.
Quando sono le classi che vengono a conflitto, anche qui la giustizia non può ottenersi con la lotta che da la ragione non a chi la può avere realmente, ma al più forte, ma si deve ottenere mediante arbitrato o sentenza di persona non interessata alla controversia.
Si rende necessaria, quindi, una ferma magistratura del lavoro, alla cui sentenza debbono sottostare le parti in contesa...
«La serrata e lo sciopero non è la conquista della libertà come non è conquista di libertà la guerra. Lo sciopero, specialmente se è accompagnato da manifestazioni di violenza, arresta o distrugge la produzione e rende sempre più precarie le condizioni dei lavoratori» («II Focolare», 18.1.1948).
354
LEZIONE XLIII

136. Qual è la migliore via per arrivare a soluzioni giuste?

La via migliorea è l'esistenza di un Tribunale del lavoro; o di sindacati composti di operai e datori di lavoro, informati dallo spirito cristiano che concilia le classi tra di loro.
355
137. Quali sistemi vengono proposti?

Vengono proposti il liberalismo e il comunismo che conducono all'oppressione della dignità e dei diritti umani. Leone XIII indica ai cristiani la Democraziaa cristiana, specialmente come forza internazionale.
356
138. Che cos'è la Democrazia cristiana?

«La Democrazia cristiana è un ordinamento civile nel quale le forze sociali, giuridiche ed economiche, nella pienezza del loro sviluppo gerarchico, cooperano proporzionalmente al bene comune, rifluendoa nell'ultimo risultato a prevalente vantaggio delle classi inferiori» (Toniolo).
357
Pio XII: «È giunto ormai il tempo di abbandonare le vuote frasi e di pensare con la Quadragesimo anno ad un nuovo ordinamento delle forze produttive del popolo. Al di sopra, cioè, della distinzione fra datori e prestatori di lavoro, sappiano gli uomini vedere e riconoscere quella più alta unità la quale lega tra loro tutti quelli che collaborano alla produzione, vale a dire il loro collegamento e la loro solidarietà nel dovere che hanno di provvedere insieme e stabilmente al bene comune e ai bisogni di tutta la comunità. Che questa solidarietà si estenda ad ogni ramo della produzione, che divenga il fondamento di un migliore ordine economico, di una sana e giusta autonomia, ed apra alle classi lavoratrici il cammino per acquistare onestamente la loro parte di responsabilità nella condotta dell'economia nazionale! In tal guisa, grazie a questa armoniosa coordinazione e cooperazione, a questa più intima unione del lavoro con gli altri fattori della vita economica, il lavoratore arriverà a trovare nella sua attività un guadagno tranquillo e sufficiente per il sostentamento suo e della famiglia, una vera soddisfazione del suo spirito e un potente stimolo verso il suo perfezionamento» (Discorso alle ACLI, 11 marzo 1945a).
358
LEONE XIII: «La democrazia cristiana, per ciò stesso che si dice cristiana, deve avere necessariamente per sua base i principi della fede, e provvedere ai vantaggi dei ceti inferiori, ma sempre in modo da curarne il perfezionamento morale, in ordine ai beni eterni per cui son fatti. Per essa dunque nulla deve essere più inviolabile della giustizia; il diritto di acquisto e di possesso deve volerlo integro e tutelare le diverse classi, membra necessarie di una società ben costruita; esige in una parola che l'umano consorzio ritragga quella forma e quel temperamento che gli diede il suo autore Iddio. Resta dunque non esservi tra la democrazia sociale e la cristiana nulla di comune, e corre tra loro tal differenza, quale è tra la setta del socialismo e la professione del cristianesimo[»] (Graves de communi, 1901a).
359
Ritorno al Vangelo. - «Noi apprezziamo tutto il valore di ciò che il Cristianesimo ha portato alla civiltà moderna. Tutto ciò che in essa rimane di buona fede, di giustizia, d'onestà, tutto è dovuto al Cristianesimo. Non la ragione dei filosofi, non la cultura degli artisti e dei letterati, non il sentimento di onore militare e cavalieresco, né codice alcuno, né amministrazione, né governo possono servire a qualche cosa senza il Cristianesimo. All'infuori di esso v'è nulla che possa trattenerci dalle nostre naturali inclinazioni al male, o impedirci di precipitare in quegli abissi di decadenza e di depravazione, in fondo ai quali è la barbarie. Anche oggi l'antico Evangelo è l'ausiliare migliore che la società possa invocare in proprio aiuto!» (Ippolito Taine, Les origines de la France contemporaine, tom. XI).
360
LEZIONE XL1V

139. Che cos'è la legislazione internazionale del lavoro?

La legislazione internazionale del lavoro è il complesso delle previdenze a favore del lavoratore, che gli Stati hanno adottato di comune accordo con impegno di osservarle. Nel 1900 fu istituita l'Associazione internazionale per la protezione del lavoro, secondo il pensiero cattolico; dopo la prima guerra mondiale fu stabilita un'Organizzazione Internazionale del Lavoroa.
361
140. Che cos'è il comunismo?

Il comunismo è una dottrina basata sul materialismo dialettico che, negando ogni valore spirituale, vuole la lotta di classe violenta e rivoluzionaria. Le classi che devono lottare fra loro sono la capitalista e la proletaria, e la lotta deve terminare con la vittoria totale di quest'ultima per l'avvento della dittatura più feroce, sotto pretesto di sostenere gli interessi degli operai. L'espressione ideologica più notevole del comunismo è contenuta nel famoso Manifesto di Marx e Engels (1848), che termina con il noto grido di lotta: «Proletari di tutti i paesi, unitevi!»a.
362
141. Che cos'è il socialismo?

Il socialismo è un insieme di sistemi economico-sociali che attribuiscono alla comunità, con esclusione dei privati, la proprietà dei beni materialia. Esso è di varie specie: 1. Vi è un socialismo simile al comunismo dal quale si differenzia soltanto di nome; es. il socialismo fusionista. 2. Vi è un socialismo che, pur basandosi sulla ideologia marxista, propugna riforme sociali da conseguirsi per vie legali e pacifiche, rispettando il metodo democratico; es. il socialismo riformista. 3. Vi è un socialismo democratico che propugna riforme sociali, ma prescinde dall'ideologia marxista, e ammette i valori morali e spirituali; es. il laburismo inglese.
363
GIOVANNI XXIII: «E siamo pure felici di esprimere il Nostro cordiale apprezzamento per l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (O.I.L.), che da decenni porta il suo valido, prezioso contributo alla instaurazione nel mondo di un ordine economico-sociale informato a giustizia ed umanità, nel quale trovano la loro espressione anche le istanze legittime dei lavoratori» (Mater et Magistra, 1961)a.
364
Pio XI: «La dottrina materialistica predicata da Marx insegna e persegue... una lotta di classe la più accanita e l'abolizione assoluta della proprietà privata...» (Divini Redemptoris, 1937a).
365
Pio XI: «II comunismo spoglia l'uomo della sua libertà... toglie ogni dignità alla persona umana e ogni ritegno morale contro gli assalti degli stimoli ciechi. All'uomo individuo non è riconosciuto, di fronte alla collettività alcun diritto naturale della personalità umana, essendo essa, nel comunismo, semplice ruota e ingranaggio del sistema; nelle relazioni poi degli uomini fra loro è sostenuto il principio dell'assoluta eguaglianza... tutto ciò che tra gli uomini esiste della così detta autorità e subordinazione, tutto deriva dalla collettività come da primo e unico fonte. Né viene accordato agli individui diritto alcuno di proprietà sui beni di natura e sui mezzi di produzione, poiché essendo essi sorgente di altri beni, il loro possesso condurrebbe al potere di un uomo sull'altro...
«... Una tale dottrina fa del matrimonio e della famiglia una istituzione puramente artificiale e civile...; viene rinnegata l'esistenza di un vincolo matrimoniale di natura giuridico-morale che sia sottratto al beneplacito dei singoli e della collettività e, conseguentemente, l'indissolubilità di esso... Proclamando il principio dell'emancipazione della donna, la ritira dalla vita domestica e dalla cura dei figli per trascinarla nella vita pubblica e nella produzione collettiva nella stessa misura che l'uomo, devolvendo alla collettività la cura del focolare e della prole. È negato infine ai genitori il diritto di educazione, essendo questo concepito come un diritto esclusivo della comunità, nel cui nome soltanto e per suo mandato i genitori possono esercitarlo» (ibid.).
366
Pio XI: «Che cosa sarebbe dunque la società umana, basata su tali fondamenti materialistici?... Una collettività senz'altra gerarchla che quella del sistema economico. Essa avrebbe come unica missione la produzione dei beni per mezzo del lavoro collettivo e per fine il godimento dei beni della terra in un paradiso in cui ciascuno "darebbe secondo le sue forze e riceverebbe secondo i suoi bisogni". Alla collettività il comunismo riconosce il diritto, o piuttosto l'arbitrio illimitato, di aggiogare gli individui al lavoro collettivo, senza riguardo al loro benessere personale, anche contro la loro volontà, persino con la violenza. In esso tanto la morale quanto l'ordine giuridico non sarebbero se non una emanazione del sistema economico del tempo, di origine quindi terrestre, mutevole e caduca. In breve... "una umanità senza Dio"» (ibid.).
367
Pio XI: «La dottrina che il comunismo nasconde sotto apparenze talvolta così seducenti, in sostanza oggi si fonda sui principi già predicati da Marx del materialismo dialettico e materialismo storico. Questa dottrina insegna non esserci che una realtà, la materia, con le sue forze cieche... Anche la società umana non è altro che un'apparenza e una forma di materia che... per ineluttabile necessità tende, in un perpetuo conflitto di forze, verso la sintesi finale: una società senza classi. In tale dottrina, com'è evidente, non vi è posto per l'idea di Dio, non esiste differenza tra spirito e materia, né tra anima e corpo; non si da sopravvivenza dell'anima dopo la morte, e quindi nessuna speranza in altra vita. Insistendo sull'aspetto dialettico del loro materialismo i comunisti pretendono che il conflitto che porta il mondo verso la sintesi finale, può essere accelerato dagli uomini. Quindi... la lotta di classe... prende l'aspetto di una crociata per il progresso dell'umanità» (ibid.).
368
Pio XI: «II comunismo d'oggi, in modo più accentuato che altri simili movimenti del passato, nasconde in sé un'idea di falsa redenzione. Uno pseudo ideale di giustizia, di eguaglianza e di fraternità nel lavoro, pervade tutta la sua dottrina e tutta la sua attività d'un certo falso misticismo, che alle forze adescate da fallaci promesse comunica uno slancio e un entusiasmo contagioso, specialmente in un mondo, come il nostro, in cui da una distribuzione difettosa dei beni terreni risulta una miseria non consueta. Si vanta anzi questo pseudo ideale come se fosse stato iniziatore di un certo progresso economico il quale, quando è reale, si spiega con ben altre cause, come con l'intensificare la produzione industriale in paesi che ne erano quasi privi, valendosi anche di enormi ricchezze naturali, e con l'uso di metodi brutali per fare ingenti lavori con poca spesa» (ibid.).
369
Pio XI: «II socialismo... non solo professa di rigettare il ricorso alla violenza, ma se non ripudia la lotta di classe e l'abolizione della proprietà privata, la mitiga almeno con attenuazioni e temperamenti... Le sue rivendicazioni si accostano talvolta, e molto da vicino, a quello che propongono a ragione i riformatori cristiani della società... Ora... proclamiamo che il socialismo, sia considerato come dottrina, sia considerato come fatto storico, sia come "azione", se resta veramente socialismo, anche dopo aver ceduto alla verità e alla giustizia su quei punti che abbiam detto, non può conciliarsi con gli insegnamenti della Chiesa cattolica, giacché il suo concetto della società è quanto può dirsi opposto alla verità cristiana... Il socialismo... ignorando o trascurando al tutto questo fine sublime sia dell'uomo come della società, suppone che l'umano consorzio non sia istituito se non in vista del solo benessere. Infatti da ciò che una divisione conveniente del lavoro, più efficacemente che lo sforzo singolo degli individui, assicura la produzione, i socialisti deducono che l'attività economica, nella quale essi considerano solamente il fine materiale, deve per necessità essere condotta socialmente. E da siffatta necessità, secondo essi, deriva che gli uomini sono costretti, per ciò che spetta la produzione, a sottomettersi intieramente alla società; anzi il possedere una maggiore abbondanza di ricchezze che possa servire alle comodità della vita, è stimato tanto che gli si debbono posporre i beni più alti dell'uomo, specialmente la libertà sacrificandoli tutti alle esigenze di una produzione più efficace. Questo pregiudizio dell'ordinamento socializzato della produzione portato alla dignità umana, essi credono che sarà largamente compensato dall'abbondanza dei beni che gl'individui ne ritrarranno per poterli applicare alle comodità e alle convenienze della vita secondo i loro piaceri. La società, infine, qual è immaginata dal socialismo, non può esistere né concepirsi disgiunta da una restrizione veramente eccessiva, d'altra parte resta in balìa di una licenza non meno falsa, perché mancante di una vera autorità sociale; poiché questa non può fondarsi sui vantaggi temporali e materiali, ma solo può venire da Dio creatore e fine ultimo di tutte le cose. Che se il socialismo, come tutti gli errori, ammette pure qualche parte di vero... esso tuttavia si fonda in una dottrina della società umana, tutta sua propria e discordante dal vero cristianesimo» (Quadragesimo anno, 1931a).
370
Pio XI: «II comunismo è intrinsecamente perverso e non si può ammettere in nessun campo la collaborazione con lui da parte di chiunque voglia la civilizzazione cristiana. E se taluni indotti in errore cooperassero alla vittoria del comunismo nel loro paese, cadranno per primi come vittime del loro errore e quanto più le regioni dove il comunismo riesce a penetrare si distinguono per l'antichità e la grandezza della loro civiltà cristiana, tanto più distruttore vi si manifesterà l'odio dei "senza Dio"» (Divini Redemptoris, 1937a).
371
Pio XII: «Mossa sempre da motivi religiosi, la Chiesa condannò i vari sistemi del socialismo marxista e li condanna anche oggi, com'è suo dovere e diritto permanente di preservare gli uomini da correnti e influssi, che ne mettono a repentaglio la salvezza eterna» (Messaggio natalizio, 1942a).
372
La morale comunista e quella cattolica. - «Ci si rimprovera di non avere morale, di negare la morale. Niente di più falso. In quale senso noi non abbiamo una morale? Nel senso che la predica la borghesia che deriva la morale dai comandamenti di Dio? Noi rispondiamo naturalmente che noi non crediamo in Dio... perciò diciamo che la morale all'infuori dell'umanità, della lotta di classe, non esiste più, ma esiste la morale comunista, quella che si deduce dall'interesse della lotta di classe del proletariato» (Lenin).
373
«Tutte le società cristiane sono venute a transazione col mondo per stanchezza o per genio; tutte sono giunte a modellare le verità eterne sulla ragione del secolo: la Chiesa Cattolica è la sola che continua a predicare la follia della croce...
«Ciò non fa che mettere sempre più in chiaro la meravigliosa immutabilità della Chiesa nella sua morale perpetuamente evangelica e l'infinita distanza che passa tra essa e tutte le scuole filosofiche, o anteriori alla Chiesa, o che si dichiarino indipendenti da essa; nelle quali non si è fatto altro che edificare e distruggere, affermare e disdirsi; nelle quali i più savi sono stati stimati quelli che più hanno confessato di dubitare» (Alessandro Manzoni).
374

(282)

a V: sindacato... morali - I-IV: sindacato con fini morali ed economici.

(283)

a IV: I lavoratori... comitati - I-III: I cattolici hanno diritto a organizzarsi per difendere la loro fede e per una maggior perfezione spirituale. Esempi di organizzazione sono la gioventù cattolica, gli uomini cattolici, le donne cattoliche, comitati.

(284)

a IV: abbienti... contributo. - I-III: abbienti (ricche)? Dovrebbero lavorare anche le persone abbienti perché l'attività è cosa divina: Gesù Cristo ha lavorato; è inoltre dovere di carità, segreto di merito e di felicità e contributo.

(286)

a V: 1905.

(289)

a I-V: in tondo anziché in corsivo come si richiedeva.

b V: assegnatali.

(290)

a IV: 4. il pubblico bene economico.

(291)

a IV: entro I-III: in.

(293-294)

a V: la data.

(293-294)

a V: la data.

(295)

a V: Novarum con la maiuscola.

b V: 1891.

(296)

a IV: tutto il numero.

(297)

a I-II: podere - III-V: potere - In realtà è povero, come aveva scritto a mano Sr. Vincenti sull'originale!

(298)

a V: esse.

(299)

a V: nella società.

(300)

a V: contempla - I-IV: riguarda.

b V: esaltare - I-IV: metter in onore.

c V: stato... sociali - I-IV: stato il più conforme alle Encicliche papali.

(301)

a V: santità.

b V: Stato.

c V: la data.

(302-305)

a V: la data.

(302-305)

a V: la data.

(302-305)

a V: la data.

(302-305)

a V: la data.

(306)

a IV: tutto il numero.

(308)

a IV: propria.

(309)

a V: fu perfetto... obbligo - I-IV: fu il perfetto cittadino. Inoltre hanno obbligo.

(310)

a V: riguardo... libertà - I-IV: riguardo alla cultura, al tenore di vita, alla libertà.

(311-313)

a V: la data.

(311-313)

a V: la data.

(311-313)

a V: la data.

(314)

a IV: tutto il numero che sostituisce un tratto della Peculiari quadam di Pio XI: «Ogni buon cittadino è vincolato a fare il miglior uso della politica, ed il cattolico in particolare poiché la professione della fede cattolica richiede che egli sia un ottimo cittadino».

(317)

a IV: giustizia da - I-III: giustizia che da.

(318)

a IV: disoccupazione, le malattie - I-III: disoccupazione e malattie.

(319-321)

a V: la data.

(319-321)

a V: la data.

(319-321)

a V: la data.

(322)

a IV: tutto il numero.

(324)

a V: per invalidità - I-IV: per l'invalidità.

(325)

a V: cristiana... bisognoso - I-IV: cristiana che arricchisce di meriti il benestante che da il superfluo e supplisce alle inevitabili insufficienze della legge per il bisognoso.

(326)

a V: lodevole? - I-IV: utile?

b V: maggior.

(327-330)

a V: la data.

(327-330)

a V: la data.

(327-330)

a V: la data.

(327-330)

a V: la data.

(332)

a IV: La statizzazione... limiti I-III: La statizzazione è l'assunzione di un'azienda da parte dello Stato: aviazione, ferrovie, poste, petroli, ecc. In sé, moralmente, può essere accettata; ma in limiti.

b V: stato.

(333)

a V: rappresentati. (Errore tipografico).

b IV: La socializzazione... associate - I-III: La socializzazione è l'assunzione di un'azienda da parte degli operai e dei loro rappresentanti. Sebbene in sé sia lecita, presenta in pratica molte difficoltà, pericoli e instabilità. In ogni caso richiede sempre una maturità tecnica e morale nei soci.

(335)

a IV: tutto il numero.

(337)

a V: 1931. - Nelle edd. I-IV seguiva un tratto di un discorso di Pio XII agli operai: «La rivoluzione sociale si vanta di innalzare al potere la classe operaia: vana parola e mera parvenza di impossibile realtà! Di fatto voi vedete che il popolo lavoratore rimane legato, aggiogato e stretto alla forza del capitalismo di Stato, il quale comprime e assoggetta tutti, non meno la famiglia che le coscienze, e trasforma gli operai in una gigantesca macchina di lavoro».

(340)

a I-III aggiungevano: darebbe però ancora buoni risultati, se modificata secondo le nuove condizioni e nel dovuto rispetto alla libertà.

(342-343)

a V: la data.

(342-343)

a V: la data.

(344)

a V: Novarum con la maiuscola.

b V: 1891.

(345)

a IV: tutto il numero.

(346)

a V: Harmell con doppia /.

b V: è impreciso: Albert, Mun, De la Tour, Du Pin.

c Questa «lettura» negli originali porta una firma: Alberte Mun, figlia o nipote del sociologo francese Adriano Alberto Maria, conte di Mun: forse perché scritta a mano (da sr. Vincenti) e quasi illeggibile venne omessa in tutte e cinque le edizioni.

(347)

a V: eliminare - I-IV: eliminarne.

(351-353)

a V: la data.

(351-353)

a V: la data.

(351-353)

a V: la data.

(355)

a V: La via migliore - I-IV: La migliore via.

(356)

a V: Leone... Democrazia - I-IV: La via tenuta dai cristiani è indicata da Leone XIII, nella Democrazia.

(357)

a I-II: rifluendo - III-V: influendo [corretto erroneamente].

(358-359)

a V: la data.

(358-359)

a V: la data.

(361)

a IV: Organizzazione... Lavoro - I-III: organizzazione internazionale del lavoro.

(362)

a V: L'espressione ideologica... unitevi!».

(363)

a V: II socialismo... materiali.

(364)

a IV: tutto il numero.

(365)

a V: 1937.

(370-372)

a V: la data.

(370-372)

a V: la data.

(370-372)

a V: la data.