Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Anno XII - n. 35
S. PAOLO
Roma, San Bernardo 1937]

[Riflessioni a partire dal libro Oportet orare]

Carissimi Fratelli in San Paolo,
In questi giorni è uscito il primo volumetto del libro «Oportet orare». Contiene la prima parte delle considerazioni che abbiamo fatte negli Esercizi Spirituali 1934. Lo si può chiedere a Casa Madre.
È utile riassumere qui alcune cose più necessarie.
I. - Necessità della preghiera.
La preghiera per l'uomo, il cristiano, il religioso, il Sacerdote è il primo e massimo dovere.
Nessun contributo maggiore possiamo dare alla Congregazione della preghiera; nessuna opera più utile per noi della preghiera; nessun lavoro più proficuo per la Chiesa in un sacerdote della preghiera.
L'orazione perciò prima di tutto, soprattutto, vita di tutto.
Può venire la tentazione: ho molto, troppo lavoro: ma il primo lavoro per te, il massimo mandato per un Sacerdote, il principaleapporto alla Congregazione è la preghiera.
Con illusione qualcuno forse cercherà scusare la mancanza di orazione dicendo che è molto occupato.
Ma è proprio questa la vera ragione? Oppure si trova soverchio il lavoro perché non precede la preghiera, per la quale facilmente si sbrigherebbero le altre occupazioni?
Occupazioni? Ma la Chiesa, la Congregazione, l'anima nostra ci chiedono la preghiera, poi il rimanente in quanto possibile.
Occupazioni? Sì, ma non urgono in generale le altre, se non dopo questa.
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Occupazioni? Prima Dio, poi gli uomini.
Occupazioni? Ma la vita delle altre opere è la grazia, perciò senza la preghiera faremmo opere morte.
Maledictum studium, apostolatum ecc. propter quod relinquitur oratio.
Dà sempre grande contributo, ed è in vera attività, chi alla Congregazione ed alla Chiesa dà la preghiera.
Il lavoro senza l'adorazione, per il Sacerdote, si riduce al cimbalum tinniens, cioè cose che forse impressionano all'esterno, ma non hanno vita né merito. Il nostro ministero è di sua natura soprannaturale come base e come sostanza e costituzione.
Non ha diritto di comandare chi prima non ossequia Dio; non può consigliare o predicare chi non riceve la luce da Dio; non educa in quanto sta a lui alla vita soprannaturale chi non la vive veramente.
«Io temo che mi faccia morire il malato, se prima della operazione chirurgica non senti la S. Messa», diceva il santo Cottolengo al Dott. Granetti, medico della «Piccola Casa».
Per ogni opera assicuriamo un bel contributo di preghiera; la preghiera è onnipotente: «Qualunque cosa domanderete ve la darà».
Il primo Cooperatore, il primo Benefattore, il primo Amico e Protettore da assicurarsi è sempre Dio, principio di ogni bene: «Nisi Dominus edificaverit... custodierit... qui incrementum dat Deus». La Sacra Scrittura indica il Buon Sacerdote con il segno: «Ecce qui multum orat...». II Divin Maestro «factus est nostra oratio...». È indicato S. Paolo ad Anania da questo segno: «Ecce enim orat».
Nella vita sacerdotale chi fa il bene maggiore e più vitale e stabile è anche chi fa più preghiera schietta come l'insegna Gesù, nel Discorso della Montagna.
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II. Difficoltà e pretesti.
Ma si fan le prediche... si celebra la santa Messa...
Non creda un Sacerdote di pregare abbastanza perché dice la Messa, perché recita il Breviario, prepara qualche predica agli altri; no: deve ancora fare l'esame di coscienza, la visita, la meditazione ecc.
Medito il richiamo di Gesù agli Apostoli: «Usque modo non petistis quidquam in nomine meo; petite et accipietis ut gaudium sit plenum».
Medito: «Effundam spiritum precum...».
Ma dobbiamo zelare, lavorare...
La Congregazione e le anime hanno diritto al tempo che sopravvanza dalla cura a noi stessi, poiché noi siamo come conca che deve riempirsi e versare per troppo pieno sulle anime. Devi servire prima a Dio con la santificazione di noi stessi: «Attende tibi et lectioni».
Tanto vale un apostolo quanto vale la sua preghiera: per sé e per gli altri: «Posui vos ut eatis et fructum afferatis et fructus vester maneat... Ut quodcumque petieritis Patri det vobis».
Dopo aver provveduto a noi stessi serviremo alle anime: «Ex hominibus assumptus, pro hominibus constituitur in his quae sunt ad Deum, ut offerat dona et sacrificia...».
Si dirà: il lavoro è molto, davvero!... Cioè, si risponde, c'è da fare la preghiera; poi, in quanto vi è tempo, il resto.
Ma vi sono i doveri, vi sono le chiamate. Si risponde: Organizzare tutto bene, ma nell'ordine delle azioni, preceda la preghiera. Dopo di essa si farà quanto si può; ed in caso di impossibilità si diminuiscono le opere di zelo. Alcuni inconsideratamente si vuotano nei primi anni di ministero di quanto avevano accumulato negli anni di noviziato e chiericato; e poi? il sale diviene scipito e non sarà buono a condire, oramai.
Si obietta: dobbiamo dare alle anime! Appunto: la madre si nutre per tenersi in vita e per dare il sovrabbondante in latte ai figli; è carità pel prossimo attendere a noi medesimi: «Hoc enim faciens et teipsum salvum facies et eos qui te audiunt».
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Se preghiamo, gioviamo sicuro alle anime, poiché ad esse otteniamo i favori di Dio. Invece, ad esempio, che giova fare una scuola di materie civili se non si dà lo spirito che vivifica? Forse si darà occasione a superbia e ad altri pericoli.
Nelle Case, quindi, il principio fondamentale:
Tutto sia fondato sullo spirito di preghiera: prima la Cappella, l'orazione, la Visita al SS. Sacramento, l'esame di coscienza, fedeltà alla confessione settimanale, Rosario quotidiano intero, ecc.
Al mattino prima di dare alle anime prendiamo per noi e per loro da Dio; quindi il Maestro-Superiore nella Casa raduni i Sacerdoti per fare in comune mezz'ora di meditazione, prima di occuparsi degli altri membri e di altre opere.
III. Cuore Divino di Gesù
È utile ricordare, che nella Pia Società San Paolo diamo la massima importanza alla preghiera «Cuore Divino di Gesù...», poiché sul Cuore di Gesù, che si immola sugli Altari, si appoggia tutto ed ha principio tutto:
la parte dello studio, incominciandolo con «Cuore divino di Gesù...»
l'Apostolato, incominciandolo con «Cuore divino di Gesù...» l'osservanza quotidiana dei santi voti, incominciando la giornata con «Cuore Divino di Gesù...»
il lavoro spirituale, incominciando le orazioni al mattino con la preghiera «Cuore Divino di Gesù...»
la parte della povertà, la ricerca delle vocazioni, il ministero, ecc. incominciando ogni occupazione con la preghiera «Cuore Divino di Gesù...».
Si era fatto osservare che ciò è troppo; e anche che ciò è troppo poco; non siamo dunque in un giusto mezzo? i più mi dicono di sì, ed io lo credo.
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IV. Perseveranza nella preghiera.
Le condizioni della preghiera sono tre: umiltà, fede, perseveranza. Ma una è veramente condizione e due sono piuttosto manifestazioni: la perseveranza con cui stanno umiltà e fede.
Occorre pregare, pregare, pregare. Se la preghiera è ottima tanto meglio, ma intanto sebbene incontriamo distrazioni, vi sia, sostanzialmente. E chi persevera ottiene, come l'amico che ricorse a notte avanzata all'amico per il pane.
Perseverare poi significa: ogni giorno le pratiche quotidiane, tra le quali l'esame metodico, fedele, fervoroso e la visita; ogni settimana le settimanali, soprattutto la confessione; ogni mese le mensili; ogni anno le annuali; e durante ogni tempo: giaculatorie e giaculatorie devote!
Tenere fedeltà anche alle pratiche richieste dalle Associazioni cui si è dato il nome.
Chi prega si salva sebbene la sua preghiera non sia perfetta, purché in nome di Gesù Cristo venga fatta. Chi prega ogni giorno otterrà la grazia di pregare meglio, chi prega attesta di riconoscere il bisogno di Dio e la fiducia di ottenere: finché santamente ci ostiniamo a chiedere dimostriamo d'aver fede, speranza, carità: e prima di alzarci dalla preghiera avremo già la benedizione divina. In altre parole: occorre esista sempre e davvero ogni giorno della vita, per tutti, la preghiera, come sempre si prende il cibo, come sempre si respira. Io ed i Maestri delle Case ne abbiamo davvero una grave responsabilità.
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V. Fra le varie pratiche.
Fra le preghiere specialmente raccomando l'ora di visita al SS. Sacramento. Essa è di obbligo. Non è l'obbligo più grave: ma chi soddisfa all'obbligo della Visita, recita poi anche bene il Breviario, celebra pur bene, si comunica divotamente, dice il Rosario ecc. La visita dà il tono alla giornata e valorizza le altre azioni ed orazioni: la visita assicura i frutti maggiori della Messa; in essa ascoltiamo quel che Dio ci vuol dire, gli diamo quello che chiede; prendiamo i doni che ci ha preparati.
Alle pratiche: «Particolare esercizio della perseveranza nella preghiera sono le giaculatorie: in esse vi è il ricorso abituale, e per esse ci viene l'aiuto opportuno; e con esse, ogni momento, si getta il ponte e il legamento tra la nostra infermità e la onnipotenza della divina misericordia, e si trasfonde l'onnipotenza della divina misericordia nella nostra infermità».
In ultimo: Gesù chiede riparazione, e noi abbiamo necessità di offrirgliene tanta: la preghiera alimenta la riparazione affettiva, la compassione; l'effettiva, ossia il distacco dal peccato e l'esercizio delle virtù; l'afflittiva, ossia lo spirito di sacrificio e di immolazione. Ma essa stessa, la preghiera, è principale opera di propiziazione e di riparazione, e i Sacerdoti che pregano costituiscono attorno alle Case nostre un reticolato impenetrabile al peccato: salviamo le nostre Case dal peccato, o Fratelli Sacerdoti! salviamole con la preghiera! Preghiamo per riparare ciò che non abbiamo potuto o saputo impedire; per impedire ciò che non potremo mai, da noi soli, allontanare.
Gesù è Maestro della più perfetta orazione; dunque «in Ipso, cum Ipso, per Ipsum» la nostra preghiera.
In Gesù Cristo Via, Verità e Vita.
Roma, San Bernardo 1937.

Aff.mo M. ALBERIONE

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