SECONDA PREDICA
Siamo ora per considerare la
NECESSITÀ
del Sacramento di Penitenza.
E la consideriamo:
I. Alla luce dell’Eternità;
II. Alla luce dell’ultima candela;
III. Alla luce della Fede.
Ah! io sono certo che se il Cuore di Gesù per Sua misericordia ci darà la grazia di confessarci sempre bene, di confessare bene, di saper predicare convenientemente di questo sacramento, ogni volta che se ne presenterà l’occasione propizia, grande sarà la nostra ricompensa in Paradiso, perché saremo allora tutta pietà e misericordia come il Cuore Sacratissimo di Gesù! Anzi, se siamo stati come Pietro, come la Maddalena, piangiamo prima e poi predichiamo, perché «qui bene fecerit et docuerit, hic magnus vocabitur in Regno Coelorum».
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I. Alla luce dell’Eternità.
Fra gli adulti son mica molti che si salvano innocenti! chi è che può dire di essere senza peccati? e le vie del Cielo son solo due: Innocenza o Penitenza . Nell’ufficiatura della festa di S. Luigi Gonzaga, la Chiesa ci fa pregare: «...innocentem non secuti, poenitentem imitemur».
Se guardiamo in Paradiso, troviamo tante anime che dicono: il Battesimo ci ha messe sulla strada buona, sulla via della salute, ma noi non l’abbiamo seguita, non abbiamo saputo mantenervici; e allora si stringono attorno al loro Sacerdote e con accento di infinita riconoscenza lo ringraziano, per averle Egli rimesse, mediante il Sacramento di Penitenza.
La maggior parte di quelli che si salvano, fra gli adulti, devono dir grazie al Sacerdote, si salvano in forza del Sacramento della Penitenza. Anzi, noi stessi siamo stati cattivi, abbiamo naufragato; e allora non ci sarà più speranza? sì, purché ognuno si attacchi con due mani, con tutto il cuore, a questa tavola di salvezza, che è la Confessione ben fatta. Un Sacerdote che confessa e che predica, arricchisce la sua anima di meriti immensi! perché egli ha proprio lo spirito di Gesù Cristo, il quale non condannava il peccatore ma diceva:
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«Veni salvum facere quod perierat» e raccontò le parabole di misericordia e di perdono, come quella del Buon Pastore, della Dramma perduta, del Figliuol Prodigo! «Non hanno bisogno i sani del medico, ma gli ammalati!» O cuore sacerdotale e misericordioso di Gesù, fate che si salvino tutte quelle anime che si accosteranno a quel Sacro Tribunale!
Quel Sacerdote che confessa, che conforta, che salva le anime si può proprio paragonare al Divin Maestro. E Gesù vedendo quel Sacerdote vede un «Alter Christus» veramente; ma proprio un’altra Sua immagine vivente, un altro Lui, nei pensieri, nei sentimenti, nelle aspirazioni, nelle intenzioni! perché solo essere «Alter Christus» nei poteri non c’è merito, poiché questi non son nostri, ci furono dati benché ne siamo indegni; ma il merito sta nell’amore con cui si esercitano, il merito è la sollecitudine pei peccatori «sollecitudo animarum». E quando quel Sacerdote confessore si presenterà al Padre celeste, Questi lo troverà veramente simile al Suo Gesù «conformes imagini Filii Sui» e lo introdurrà nel regno dei Figli di Dio, all’eredità dello stesso Suo Divin Figliuolo «coheredes autem Christi». Di più: la superbia è difficile che ci prenda per quella parte, poiché lì tutto è
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sigillo, tutto è segreto: noi non possiamo neppure vantarci del bene operato nel confessionale; lì nessuno ha veduto, niente possiamo dire, il merito quindi è tutto al di là e perciò qui si può proprio dire: «qui bene fecerit, hic intrabit in Regnum Coelorum; qui bene fecerit et docuerit hic magnus vocabitur in Regno Coelorum».
Il B. Cafasso molti meriti si è fatto confessando! e se voi troverete la via del Confessionale, vi farete molto santi, acquisterete un cuore molto conpassionevole e misericordioso verso le anime: poiché lì si esercitano tutte le opere di misericordia, specialmente spirituali: lì si consigliano i dubbiosi; si istruiscono gli ignoranti; si confortano gli afflitti; si ammoniscono non solo, ma si riconciliano i peccatori con Dio; lì si esercita la pazienza... il B. Cafasso dava una regola sola per confessare bene: Pazienza, pazienza, pazienza; ecc. con una promessa di meriti infiniti, perché «...tutto quello che avrete fatto a uno di questi minimi lo considero fatto a me».
Guardate quel prete, egli è un ospedale pubblico di ammalati! Oh! come parleranno i Confessionali in cielo! Il Confessionale, o meglio il Confessore, avrà una luce più splendente che lo stesso Battistero (o meglio, che lo stesso Battezzante).
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È impossibile dire la grandezza dei meriti di uno che confessa e si confessa bene, perché tanto più è umile quell’atto e tanto più sarà la gloria per la eternità. Chè, se è vero che «chi si umilia sarà esaltato», chi più si umilia di chi si confessa bene? qual bene è più nascosto di quello fatto al confessionale? Lì è tutto umile, tutto nascosto: quante cose perdono il merito per la vanità, per la esaltazione; ma lì è tutto merito!
II. La Confessione alla luce della morte.
In punto di morte ci consoleranno le confessioni ben fatte, le assoluzioni ricevute degnamente. In quel momento, alla luce di quell’ultima candela, andremo con sguardo scrutatore esaminando la vita passata, se mai vi siano ancora dei punti neri, delle macchie fino allora non ancora scancellate. Oh! allora, non il posto, non la lode, ma l’amor di Dio ci consolerà! Ma se invece, avessimo a trovare, anziché amor di Dio, dei punti neri!... questo ci spaventerà, questo ci affliggerà; non le maldicenze degli uomini che ci possono aver dette o dire in quel momento.
E allora, fra tanta afflizione, dove si rifugerà il nostro cuore? dove si rivolgerà il nostro spirito per trovare un po’ di conforto?
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Colla memoria andremo là, alla confessione e domanderemo come a noi stessi: «...in quell’occasione, hai pianto davvero? nelle tue confessioni hai proprio procurato di essere pentito davvero? sei stato un tratto di tempo, senza più cadere in quel peccato? sei stato un po’ di tempo così, lontano dal peccato? il che dimostra che non solo siamo rientrati nella casa paterna, ma che siamo anche da allora in poi rimasti fedeli alla prova; l’essere stato un certo tempo senza più cadere dimostra che non solo ci siamo confessati, ma confessati bene.
E perché questo tratto di tempo senza peccato? Il perché sta qui: che il dolore deve aver portato seco i mezzi e con i mezzi pure i lumi per non cadere più, per saper conoscere i pericoli, fuggire le occasioni. Beato te, beato me, se dopo aver detto ai piedi del Confessore: «Padre non son più degno di essere chiamato tuo figlio» abbiamo fedelmente seguito e amato il nostro Dio! Allora potremo dire con S. Agostino: «Ho peccato, ma ho pure pianto il mio peccato; e tu, o Signore, che hai visto il mio peccato, hai pure visto le mie lacrime; hai pure visto che ho messo mano all’aratro della penitenza e non mi son più voltato indietro, né a destra o sinistra.
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E veniamo anche ad una considerazione amara; ed è questa: se in quel momento avessimo poi ancora delle pene, dei rimorsi, risultasse che non si fossimo confessati bene, se avessimo ancora dei dubbi: delle cadute e ricadute ostinate... oh! allora, quali pene, quali dubbi! sì, sì, l’anima cercherà di scrutare l’esito del giudizio, che le apparirà quale temporale, pieno di tuoni e di lampi, ma non sa se finirà con una grandinata furiosa!
Ma andiamo avanti: Finora abbiamo considerato la cosa come se fossimo in un letto all’ultima malattia: ma, e se viene la morte improvvisa? e se ci sorprende mentre camminiamo, per viaggio? se ti sorprende nel sonno e non ti svegli più, se non nell’eternità? se ti sorprende per istrada repentinamente in modo da non darti neppur tempo a fare un atto di dolore? Ditemi un poco: Quali scuse, che cosa potremo dire nell’eternità? Cosa potrà dire quel sacerdote?... «un’altra volta mi confesserò bene?» Ma è già al di là e si muore una volta sola!
Egli ha ***resinato, e gli è andata male, la partita è rovinata, è perduta! Come quell’insensato che giuoca il patrimonio! e in una nottata perde tutto, rovina sé e la famiglia. Ma lì si tratta soltanto del patrimonio materiale,
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senza di che si può ancora vivere: uno può vivere di lavoro, del sudore di sua fatica. Invece, perduta l’ anima, rimane più nulla! anima se n’ha una sola! E già, ha resigato! ***Resiga: «può essere che mi confessi per tempo» e già! ma ti getti in un pozzo colla speranza di uscirne per tempo??...
E mettiamo pure che confessi, farai una buona confessione?! sarà proprio il punto adatto quello? Non è al punto di morte che si aspetta a fare le alte speculazioni filosofiche o teologiche! quelle si fanno quando si sta bene e per un poco di mal di testa si lasciano. Orbene, mettere a posto anni ed anni non è cosa tanto più facile. E poi, con quel mal di testa... il malato va sempre aspettando di stare più bene, sempre tramanda le sue cose. Vuol dire tutto questo che il conto è più difficile. Non aspettiamo che ci sia detto: «su, presto, hai più poco tempo, più poche ore rimangono», prendiamo ad occasione gli Esercizi, il Ritiro Spirituale, quando abbiamo tempo e libertà di scelta, Perché in morte si aggiunge ancora questo, che non sempre abbiamo comodità di scegliere il Confessore che vogliamo e non sempre abbiamo libertà di mente: spesso la testa del malato non regge più; e poi, mille sollecitudini e preoccupazioni
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sopravvengono: e il medico e i parenti...
«Ma l’assoluzione non è difficile». Non è difficile! sì, in via ordinaria questo, ma bisogna anche vedere se giova, poiché non basta l’assoluzione , ci vuole anche il pentimento! ma poi: come non è difficile per uno che deve mettere a posto anni ed anni di trascuratezze! quante cose sono passate dalla memoria, ma Dio non le dimentica! quante cose che prima apparivano un nulla e adesso paiono un castello, una montagna insormontabile! Quello studio così mal fatto, mezzo trascurato, che responsabilità! se io avessi saputo di più quanto bene avrei potuto fare! Quelle prediche fatte con cuore freddo, quasi a forza, quell’articolo, quanto più amore a Dio avrebbe suscitato se fosse stato scritto con più calore. E quei miei compagni, venuti su divagati, tiepidi, imputabili in parte a me: avrei potuto dare più buon esempio, in quella scuola potevo tenere più serietà! alcuni fra i compagni nella scuola son solo centro di maggior leggerezza e di divagazione! e il buon esempio? per noi non è soltanto un consiglio, ma è dovere.
Inoltre: se io avessi avuto più fervore avrei
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potuto suffragare di più le Anime Sante del Purgatorio, avrei potuto salvare più vocazioni, educarle e formarle meglio; avrei potuto moltiplicare le mie energie, scrivere di più, lasciare di più del bene presso di me! quante più cose avrei potuto fare! di quante occasioni avrei potuto usufruirmi! E sicuro! non siete ormai più bambini. Altro è la vita di un giovinetto e altra quella di un Sacerdote. Voi tutti o siete già entrati, o state per entrare nella vita pubblica; e qui, quante responsabiltà!
Si dice che la causa di Savio Domenico fosse pronta in due giorni, eppure non ha potuto precedere, perché va bene che fosse chiara la sua virtù, ma tuttavia non deve farsi precedere il Discepolo davanti al Maestro. E la causa di Don Bosco durò lunghi anni ed intricatissima, perché la sua vita fu tutta operosa e grandemente attiva. Ma ad ogni esame non si faceva altro che riscontrare più fulgida e lampante la figura del Santo e dell’Apostolo zelantissimo.
Potrai dire: «La mia vita è semplice quindi faccio presto ad esaminarla». Va bene, ma e lo zelo!? che tu avresti dovuto avere nello
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scrivere, nell’aiutare le vocazioni, nel salvare le anime?! ci vuole Iddio per andare fino a fondo. Chè non è mica un consiglio questo , lo zelo è dovere del nostro stato: «Non accendunt lucernam et pontunt eam sub modio sed ponut eam super candelabrum , ut luceat omnibus!»
Far tutto questo in punto di morte?! ti par sia facile? mentre pur ti è difficile ora?! «Ma io mi confesso bene dei peccati individuali, che è più facile». Sì, ma e dei sociali? Tu non sei più tuo, la tua vita è legata, non è più per te. Bisogna confessarsi anche dei peccati della vita pubblica, se no, non basta! L’istruire per noi è obbligo, l’assistere i giovani, l’aiutare le vocazioni e le anime è obbligo! non consiglio... Quindi non basta più confessarsi dei peccati individuali.
Dunque, come ce la passeremo?
Invece: chi può dire: «Nella mia vita ho cercato di fare del bene». Poco importa che gli uomini non lo riconoscano. Il bene che ho fatto Iddio lo sa! Ricorderà ancora in quel momento anche il male, che ha fatto, ma ricorda anche che l’ha annullato, e allora in morte godrà una gran pace! Egli confida e con ragione, nella misericordia di Dio.
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II) Consideriamo ancora la necessità della Confessione alla luce della fede.
Che cosa dice la fede? Ci dice che noi siamo Preti per diventare dispensatori dei misteri di Dio «dispen-satores mysteriorum Dei». E questo per ufficio, non è mica consiglio. Il Signore ci ha dati i poteri appositamente.
Chi ha buon spirito lo mostra con una tendenza speciale a confessarsi e a confessare ed a predicare sulla confessione. Lo spirito leggero si ferma alla esteriorità, lo spirito buono invece mira sempre a confessarsi. Vogliamo sapere se in noi vi è buon spirito? esaminiamo se c’è costanza nei buoni propositi; se c’è vero dolore nelle confessioni; se andiamo regolarmente dallo stesso confessore: vi può essere alle volte qualche motivo di utilità nel cambiare, ma questo è solo per provvedere alle necessità della propria santità e di rado, ma la regola è di tenere un solo confessore e di andare sempre da quello; esaminiamo se nelle nostre confessioni vi è qualche lacrima, almeno qualche volta: ma vi è chi piange facilmente e altri no, non importa, il piangere non è necessario, ma in tutti i casi bisogna però che il dolore sia intenso; deve essere almeno pari al dispiacere che si
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prova di cosa importante, la più importante anzi deve essere sommo, soprannaturale, universale, efficace.
Le qualità che deve avere il dolore sono: 1) che sommo, cioè dispiacere di aver offeso Dio, ma dispiacere che deve essere sopra ad ogni cosa, per cui l’anima deve essere risoluta di lasciare il peccato ad ogni costo; 2) per motivo soprannaturale, per esempio non pasta il dolore che ne viene per le conseguenze che può aver portato il peccato come per es. una sgridata, ma deve essere perché il peccato è offesa di Dio, chiude il Paradiso, apre l’inferno... 3) universale, cioè che abbracci tutti i peccati gravi, e anche i veniali se ce ne vogliamo purificare; e 4) che sia efficace, cioè porti alla fuga delle occasioni e pericoli e all’uso dei mezzi necessari per la emendazione.
Noi portiamo davvero il dolore necessario alla confessione? Abbiamo proprio buono spirito? Miriamolo dalle confessioni. Quando un’anima va retrocedendo comincia dal lasciare l’esame di coscienza e la confessione o se subito non la lascia la abbrevia , la fa in fretta, col puro essenziale delle disposizioni
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invece tanto più uno si infervora, e tanto più corre al confessionale, e insiste, vorrebbe dire, egli vede tante imperfezioni nella sua anima e tanti mancamenti che non sa di dove incominciare... e ci vuole tutto a calmarla e ad assicurarla che Dio l’ha perdonata e non cessa finché non si senta dire: «Adesso basta, sta tranquillo!».
Per il nostro spirito le Confessioni sono l’indice e il termometro. Un chierico che ha buon spirito, ha vera vocazione, studia bene il «De Poenitentia» sia nella sua parte dogmatica che morale; perché egli mira non solo al pulpito, che è già buon segno, ma al Confessionale, la qual cosa è lo stesso che dire al Cuore di Gesù, trasformarsi in lui, ad accostarsi alle anime colle stesse sue viscere di misericordia e di amore.
Quando un giovane dice: «Io voglio farmi prete, perché ho voglia di predicare, di scrivere: io a casa facevo altarini» ciò è segno buono di sua vocazione. Ma è ottimo quando egli sente pena per la bestemmia, quando vede o sente raccontare qualche male, o quando i giovani aspiranti al Sacerdozio guardano al Confessionale, non soltanto alla buona riuscita,
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ma al Confessionale, la retta intenzione allora c’è, sicuro, state pur certi. Mirate un po’ se vi è la retta intenzione della vostra anima?
Diceva quel predicatore: «Io attiro tanta gente alle mie prediche, che montano persino sul Confessionale...» «Ma egli li fa entrare dentro» si diceva invece del P. Segneri.
Quando un prete ha buon spirito predico spesso sulla Confessione e penitenza. Egli non si lascia sfuggire le occasioni e a buon diritto, perché le anime hanno la vita, lì si grida le tante volte il «Lazzare, veni foras!» e poi agli Angeli del cielo: «Scioglietelo dai lacci del peccato e lasciatelo camminare per le vie di Dio!»
Dunque, volendo riepilogare, abbiamo considerato: 1) che cosa ci dice della Confessione il pensiero dell’ eternità, e cioè cos’è la confessione considerata al lume dell’ eternità; e abbiamo trovato che la Confessione è una grande occasione di merito per noi e per le anime.
2) Alla luce della morte; e abbiamo visto che è il grande mezzo di sicurezza e di pace per quell’ultimo passo. 3) Alle luce della fede : e abbiamo riconosciuto che la Confessione è sorgente di fervore per noi, segno ottimo di
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vocazione vera e che forma il buon spirito pastorale.
Raccolti qui nella tranquillità e pace, preghiamo il Maestro Divino, che ci faccia comprendere bene la grande importanza della Confessione e che ci dia un cuore simile al Suo. E già! Gli facevano l’accusa di essere troppo buono, di andare coi peccatori, essere l’ amico loro!... Oh! sì, o Signore, siete stato troppo buono per me ed io ho abusato di questa vostra bontà! son tornato ad offederVi! ma ora, aggiungete misericordia a misericordia, e giacché ora avete istituito questo Sacramento, datemi queste tre grazie: 1° di confessarmi d’ora avanti sempre bene: 2° di confessare bene e 3° di predicare convenientemente di questo Sacramento.
Sentite ancora, o Sacerdoti novelli, cosa vi ha detto il Vescovo a nome di Gesù Cristo nelle sacre ordinazioni imponendovi le mani: «Accipite Spiritum Sanctum, quorum remiscritis peccata remittuntur eis!» Perdonate, sciogliete molte anime dal peccato, perché il vostro operato sarà confermato in Cielo!
E voi, che aspirate a sentire questo alito di amore, disponete il vostro cuore coll’apprendere
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bene non solo la lettera, ma più ancora lo spirito del trattato «De Poenitentia» sia nella parte dogmatica, che morale ed ascetica, perché a suo tempo lo amministriate poi con misericordia e sapientemente.
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