Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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1. PREZIOSITÀ DEL TEMPO DELLA GIOVINEZZA*

[I. Offrire a Dio gli anni giovanili]

L'ultima volta abbiamo fatto il ritiro mensile sopra il prezzo del tempo, e quel ritiro doveva essere un aiuto per il mese scorso nel considerare il gran tesoro che abbiamo nelle mani. Tesoro che abbraccia e spiega tutte le altre grazie, perché tutte si ricevono nel tempo.
Questa volta faremo un passo avanti e considereremo la preziosità del tempo della giovinezza, per modellarci su Gesù Cristo.
Questo si accorda molto bene con le considerazioni fatte sulla preziosità del tempo, e con le vive raccomandazioni che il Sommo Pontefice dà agli educatori per la buona formazione dei giovani1. Consideriamo dunque quale sia questo tempo della giovinezza e come sia prezioso.
Il tempo della giovinezza è quello che trascorriamo adesso. Si estende dall'uso di ragione fino alla formazione completa, e per noi abbraccia il tempo del noviziato e dei voti temporanei, perciò siamo tutte incluse perché tutte siamo nel tempo della formazione. La giovinezza è il tempo in cui si è in via, non si ha ancora una vita stabile. È il nostro tempo ed è di un valore grandissimo, e speciale per molti motivi. Vediamone prima tre che sono i principali.

1. [Motivo] - I meriti che ci facciamo adesso valgono di più.
Perché questo? Perché il nostro cuore è ancora buono ed i meriti della vita attuale sono le primizie. Ora Dio ama le primizie perché, quantunque nella sua infinita misericordia e nel suo amore egli accetti tutti e in qualunque tempo, tuttavia desidera specialmente i giovani. Che cosa sono le nostre primizie? Sono i
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primi frutti delle nostre fatiche, i primi sforzi del cuore, della mente, le prime parole della vita.
Dio nella sacra Scrittura ha sempre dimostrato come ama le primizie e voleva che le offerte che gli facevano fossero le primizie di tutti i frutti della terra, del gregge, ecc. Dio desidera dunque questo omaggio e vuole cioè che si dia prima di tutto a lui quanto ci ha dato e che l'offerta venga dal cuore. Come poco si stimerebbe chi ponesse le orazioni in seconda linea, dando la prima importanza ai cibi, ai pensieri vani, ecc.! E perché? Perché sappiamo bene che prima cosa da farsi è offrire il cuore a Dio, dargli i primi momenti della giornata che sono le primizie e i più cari e preziosi.
Come si devono dare a Dio le primizie della giornata, dei frutti, ecc., si devono pure dare quelle della vita, che sono le fatiche, i lavori della nostra età, il cuore. Se ci presentassero in dono della frutta e ci dicessero: Sono i primi raccolti, non li ho ancora saggiati per portarli a te. Come ci farebbe piacere! Subito penseremmo: Quella persona mi ama, mi ricorda, ha tante delicatezze per me. Così il Signore gode nell'offerta delle primizie. Quando invece chi ci fa un dono dicesse: Non sapevo più che farne... Allora ne avremmo gran dispiacere e penseremmo: Ecco, mi dà gli avanzi. Nel medesimo modo disgusta Dio chi, dopo aver gustati ed assaporati tutti i beni, i piaceri e godimenti del mondo, torna a Dio deluso e gli dice: Io mi do tutto a te. Non si può dire allora: Gesù, vi do tutto il cuore, perché non sarà che un rimasuglio della vita, mentre il fiore si è dato al mondo, alle passioni, e la verginità del cuore si diede alla soddisfazione delle passioni più basse, ai beni illusori del mondo. Che condizione misera! Quell'anima non potrà dire: Amo il Signore con tutto il cuore. Chi tardasse per molto ed aspettasse fino al letto di morte a darsi a Dio, darebbe veramente gli ultimi avanzi.
Dio guarda specialmente a noi, al nostro cuore e ci dice: Figlia, dammi il tuo cuore, ma dammelo adesso, dammelo intiero e puro: «Filia, praebe mihi cor tuum»2. Gesù buono e caro gradisce ancora gli avanzi del cuore, ma che condizione misera è quella di tale anima! Sarebbe lo stesso che una persona ci dicesse: Ti do questo frutto. E intanto lo mangia mezzo. Oppure ci dicesse:
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Ti do tutto questo limone. E intanto lo taglia e lo spreme ben bene sopra il suo bicchiere, e poi ce lo offre. Che diremmo noi? Tu mi dai gli avanzi, non il limone.
Ebbene, questa è la triste condizione di chi dà a Dio gli ultimi resti del cuore dopo essersi date tutte le gioie e consolazioni mondane, dopo aver sprecato il tempo della sua giovinezza. Questa è una ingiuria a Gesù che vuole i giovani e dice: «Lasciate che i piccoli vengano a me»3. Lasciate venire a me i piccoli, questi cuori puri e vergini, queste menti sante, ingenue!

2. Motivo - Se prendiamo buone abitudini da giovani, le conserveremo e cammineremo con facilità; ma se prendiamo cattive abitudini da giovani sarà difficile il toglierle.
I giovani continueranno nella vita come hanno incominciato. Chi comincia ad essere diligente, a fare Comunioni ferventi, ad essere divoto di Maria, ad offrirle il cuore con slancio, ad ubbidire, ad occupare bene il tempo, ad essere buona e rispettosa, continuerà in tutta la vita, crescerà sempre e sarà quasi incapace di non lavorare [spiritualmente].
Tutto questo perché da giovani si prendono facilmente le buone abitudini, come le piante tenere si piegano facilmente dove si vuole, mentre non sarà più così da adulti. La gioventù è l'età in cui facilmente uno si modella sugli altri: vede fare in un modo e fa anche così. Guai però se si prendono cattive pieghe, perché si diventerà incorreggibili! Occorrerà sudare tanto e forse senza riuscita. I difetti presi da giovani crescono e difficilmente si tenterà di correggerli. Chi comincia ad essere tiepido, difficilmente si correggerà, anzi questa è la cosa più difficile. Così se una non prega, non basteranno poi venti o trenta avvisi per rimetterla in cammino; e se si dà alle distrazioni sarà incorreggibile perché non riuscirà più a capire gli avvisi e i richiami. Lo Spirito Santo dice che «certi vizi contratti dalla giovinezza non si detestano neppure nella vecchiaia e dormiranno con noi nel sepolcro»4.
Certe abitudini contratte da giovani saranno così forti che per vincerle occorrerà versare sangue e saranno irreparabili, mentre con tanta facilità sarebbero state vinte da giovani. Come chi non ha studiato non saprà, così la fanciulla che non dà il cuore al
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Signore e non si corregge dei suoi difetti, non riuscirà più tardi e in religione non si adatterà più. Ci vogliono dei giovani, per formarli alla virtù. Quante lacrime e pene avrà in avanti chi prende brutte pieghe! Ma almeno fossero lacrime che rimediano, ma ben difficilmente rimedieranno! È un grande errore pensare di riuscire più tardi tramandando sempre. No, no, il tempo è adesso, perché dopo non si farà più se non con molta difficoltà, o forse molto raramente si lavorerà. Le conversioni da adulti sono rarissime, tanto che si portano per esempio.

3. Motivo - E se ci mancherà il tempo?
Il tempo non è in nostre mani, il tempo non ci è assicurato. La morte viene quando meno ce l'aspettiamo. E se morissimo presto, riusciremmo a farci sante più tardi? Se S. Luigi, S. Giovanni Berchmans5, S. Stanislao Kostka6, S. Teresa del Bambino Gesù7 avessero aspettato non si sarebbero fatti santi, perché sono morti molto giovani. Chi ci assicura il tempo? Chi ha già molte grazie, tema, tema la morte! «Il pungolo che spinge la morte è il peccato»8. Che dire di chi passa gli anni e non incomincia mai? Ogni anno agli Esercizi entra in sé, abbassa la testa e dice: Ho sprecato un anno, come l'ho passato! Povero anno!. Ogni mese al ritiro abbassa nuovamente la testa e dice: Ho sprecato un mese! Ho perduto un mese! Ho perso tempo!. Gesù quando vide su quel fico nessun frutto, lo fece tagliare9, e così quando l'anima nostra non porta frutti ed è priva di meriti, gli angeli dicono al Signore: Che fa quell'anima sulla terra? Perde tempo! Tagliamola affinché un'altra la sostituisca e faccia frutti.
È un grande errore stimare poco la giovinezza e tramandare sempre, ciò vuol dire perdere il fiore e non si sa se più tardi si dovrà piangere una morte immatura o desiderarla. Che disgrazia perdere gli anni giovanili! S. Filippo [Neri] diceva: Beati voi, o giovani, che avete tempo! Coraggio, animo!. Che cosa sono
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quegli impulsi e quelle attrattive che ci fa sentire Gesù? Sono gli inviti dell'amico dei giovani, di Gesù che ha voluto darci trent'anni di esempio. Amiamo noi questo tempo giovanile? La vita di Gesù? Ah, sì! Diamo questi anni a Gesù, essi sono le primizie; come il contadino offre le primizie della natura, così noi offriamogli le primizie del nostro cuore. Non facciamo come quelli che prima sprecano la loro giovinezza nei vizi, nelle soddisfazioni mondane, ma poi danno gli avanzi a Dio. Ah, che disgraziati sono questi! Diamo ora il nostro cuore, mentre è puro ed è la primizia, diamolo a Gesù con generosità. Ripetiamo dunque, e veniamo alla conclusione.
1) Diamo il cuore a Dio mentre è vergine ed ora che siamo giovani, perché i meriti che ci facciamo adesso valgono di più.
2) Perché se prendiamo buone abitudini ora che siamo giovani le conserveremo e cammineremo con facilità, mentre se prendiamo cattive abitudini da giovani, sarà molto difficile il toglierle.
3) Temiamo sempre che il tempo passi e che ci manchi, perché se vivremo, i meriti saranno tutti contati, se invece moriremo saranno già assicurati.

[II. Vita comune e santificazione]

Abbiamo considerato il bisogno che c'è di occupare bene il tempo della giovinezza, la preziosità di questo tempo specialmente per tre motivi: perché i meriti della giovinezza sono più preziosi; perché le buone o le cattive abitudini contratte da giovani rimangono; perché non sappiamo se il Signore ci vorrà dare vita lunga o vita breve.
Ora vediamo come per santificare la nostra giovinezza Gesù si sia fatto nostro modello santificando la sua vita privata, giovanile, con mirabili esempi di ogni più eletta virtù, che si riassumono nell'amore della vita comune e semplice.
Consideriamo: 1) che cosa è la vita comune; 2) come l'ha santificata Gesù; 3) come la santificheremo noi.

1. Che cosa è la vita comune.
La vita comune è la vita semplice, anzi semplicissima quale si conviene in comunità. È la vita dei meriti comuni, delle occupazioni
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comuni e semplici. Vi sono due ordini di meriti: i meriti straordinari e i meriti ordinari. Meriti straordinari, ossia virtù straordinarie come quelle di Gesù sul Calvario, dei martiri, degli uomini che hanno esercitato la virtù [fino] all'eroismo, da distinguersi per fatti singolari, straordinari. Queste sono le virtù straordinarie, eccezionali, ma sono rare e difficili a praticarsi, tanto difficili che si chiamano straordinarie.
La vita comune è quella dell'orario quale è presentato, delle occupazioni come si succedono nella giornata: levata, Messa, meditazione, studio, apostolato, tempo di tavola, ricreazione e lo stesso riposo, ecc., insomma tutto quel complesso di cose semplici ed ordinarie della giornata. Le occupazioni semplici si riducono a fare tutto quello che fanno le altre: essere affabili, partecipare a tutto, e portarsi ovunque10. In questo modo crescono le virtù più ammirabili: ubbidienza, carità, diligenza, gentilezza, prontezza, vincere le piccole tentazioni, soffrire i difetti delle sorelle, evitare i difetti, dominare gli occhi, la lingua, vincere i moti del cuore, della sensibilità, della fantasia. Queste sono le virtù comuni, la vita comune ed il mezzo ordinario di santificazione.
La maggior parte delle anime è chiamata a santificarsi nella vita comune, neppure una su centomila è chiamata a cose straordinarie. La vita comune è quella dei doveri comuni, è la santificazione ordinaria a cui tutti sono chiamati. Anche chi fece cose straordinarie, lo fece o per frutto delle virtù comuni, oppure per dono di Dio, nel qual caso ci fu più grazia che merito. Perciò possiamo essere sicuri che la santificazione sta nella vita quotidiana a cui tutti sono chiamati, nella vita quotidiana in cui si è santificata Maria, S. Giuseppe e prima di tutti Gesù. Eccolo, dunque, Gesù Maestro e modello nella vita comune.

2. Come Gesù ha santificato la vita comune.
Gesù si sottomise a ubbidire a Giuseppe, uomo comune e non sapiente, uomo che aveva un mestiere ordinario: falegname. Non era un dottore o appartenente a ceto distinto, ma semplicissimo, che non sapeva comandare con grande autorità, piuttosto i suoi comandi erano consigli dati con l'aria più buona ed affabile.
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E Gesù si sottomise all'ubbidienza quotidiana e perfetta perché sapeva che nella vita comune dovevano santificarsi quasi tutti gli uomini.
Come viveva Gesù? Anzitutto la sua casa era povera, brutta, una stanzuccia piccola, bassa fatta di pietre. Nella casa di Nazaret a Loreto11, non trovate il pavimento dipinto, non trovate iscrizioni, quadri, tappeti, ma è invece così semplice e povera che non si direbbe neanche una casa, eppure lì ci abitava Gesù Cristo, il Figlio di Dio, l'Uomo Dio. Abitualmente vestiva da lavoro. La [tunica] fattagli dalla madre sua era semplice, ordinaria secondo l'uso degli ebrei. Egli vestiva come tutti gli altri fanciulli e non si distingueva da loro, anzi si confondeva con loro. Da giovanotto poi lo si vede ancora vestire la blusa da lavoro, camminare con gli zoccoloni ad uso degli ebrei, senza distinguersi. Il suo orario era semplicissimo: si levava, lavorava, pregava e andava a riposare quando era tempo, come il fanciullo più comune. La sua mensa era ordinaria, una scodella di legno misera e ordinaria, pane cotto sotto la cenere, secondo l'uso di allora, minestra poverissima. Il suo riposo era ordinario. La sua ricreazione si componeva di giuochi infantili, studiati o inventati secondo i fanciulli, come tutti gli altri bambini.
La sua vita era la più semplice che si possa immaginare: scopava, faceva i letti, che erano miseri giacigli di stracci e paglia, perché solo i ricchi dormivano sul cilicio che era tela di lana più robusta e forte proveniente dalla Cilicia. Si pettinava secondo l'uso di allora, con i capelli divisi sulla fronte che ricadevano inanellati sulle spalle. Nell'andare a scuola non portava tanto di libri sotto il braccio, ecc., con atteggiamento da sapiente, ma ascoltava le lezioni e rispondeva quando era interrogato dal maestro con ogni semplicità, come tutti gli altri.
E il suo lavoro? Il lavoro era semplicissimo: falegname. Non c'era ricercatezza, ma lo vediamo lì col martello, pialla e sega, oggetti comunissimi. Egli, padrone degli angeli, lo vediamo là che sega, pialla, raccoglie trucioli, cerca di fare bene i suoi lavori, chiede consiglio ed eseguisce quanto gli vien suggerito, molto fedelmente. Ma che c'era allora di particolare? Lo spirito,
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l'amore, quell'amore per cui Gesù faceva tutti i lavori, cioè per amore del Padre. Tutta la vita di Gesù sta nel massimo amore e ubbidienza.

3. Come la santificheremo noi.
Chi sopporta o si rassegna alla vita comune senza mettere l'amore, allora, quando trova la difficoltà, la superbia si ribella e la vita comune si perde e si ha la vita di superbia. Chi si fa bambino e mette amore nelle cose piccole, allora sembra Gesù ed è così che si fa più presto santo perché, se si allontana la superbia, regna l'amore di Gesù e questo amore ci fa santi, mentre la superbia è quella che rovina tutto. La vita comune si santifica facendo tutto con immenso e semplice amore, facendo tutto volentieri con amore e piacere. Quando una vuole apparire e non si impegna e non cura le cose piccole, allora perde il più dei meriti. Il merito principale non sta nella santa Comunione, lì sta la forza per ottenere la grazia di far bene, ma il merito è nel far bene le cose piccole.
Ci vuole più divozione alla volontà di Dio e non tanto alle altre cose. Bisogna quindi fare bene tutte le cosette che si incontrano nella vita comune e che la santificano, accogliere tutto e sopportare tutte le piccole croci, molto volentieri. È la vita comune che ci rende simili a Gesù, il quale ci ha dato trent'anni di esempi per dirci che il più dei meriti sta nella vita comune.
Ah, vita comune, poco comune! Chi non segue le altre, non è pronta agli orari, sempre l'ultima a portarsi nei vari luoghi, vuole sempre fare qualcosa di speciale, ha sempre da chiedere permessi, non si avvicina alle altre, disdegna certe cose, fa piccoli dispettucci, ecc., questa perde gran parte dei suoi meriti. Bisogna odiare come la peste il domandare tante dispense. Dobbiamo amare lavoro, studio, preghiera, mensa, ricreazione, ecc., comune. È lì dove la testa si ammollisce e si fa realmente la volontà di Dio, altrimenti facciamo sempre la nostra ed infine troveremo di non aver fatto quanto vuole Dio. L'amore vero e profondo sta nella vita comune semplice e quotidiana, così ci ha insegnato Gesù e se non impariamo da Gesù, da chi dovremo imparare? Egli stette nella vita comune finché volle il Padre e, se ha voluto fare tutto come noi, e farsi caro Bambino: ecco la via segnata. Le anime più distinte in santità si distinguono nella vita semplice e comune, nell'odio ai piccoli peccati, ecc.
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Esaminiamoci e andando a Gesù domandiamogli il divino amore a tutte le cose semplici e comuni. Più sono semplici, più c'è amore di Dio e meno superbia.

[III. Imitare Gesù divino modello]

Il Padre celeste ci ha messi sulla terra per pochi giorni affinché facessimo un viaggio verso una città bellissima dove ci fermeremo sempre e dove egli ci aspetta per comunicarci tutta la sua gioia: il paradiso. Tutto sta nel non sbagliare la via e, per non sbagliare, il Padre celeste ci ha mandato suo Figlio affinché facesse la strada e ci dicesse: «Fate come ho fatto io»12. Perciò nel suo immenso amore ci ha dato il Figlio, affinché potessimo arrivare al paradiso. Gesù è venuto, si è fatto uomo ed ha segnato la strada con le sue orme divine. L'ha fatto specialmente nella sua vita comune dove fece tutte le cose più umili e semplici per dirci: La vita più semplice e sicura è la vita comune, umile e ritirata, è la santificazione delle opere quotidiane.
Ora la nostra anima deve finalmente considerare e risolvere di seguire ed imitare Gesù Cristo, guardare e fare come il divino modello.
Dovremo fare tre cose: 1) Tenere l'occhio a Gesù; 2) domandarci ad ogni azione: Quid nunc et quomodo Jesus?; 3) mirare Gesù per comprendere il grande valore della giovinezza.

1. Tenere l'occhio a Gesù.
Le virtù che Gesù ha esercitato hanno acquistato grazie per noi. Tutte le sue azioni avevano un valore infinito. Ogni suo gemito nella culla, ogni azione aveva un merito così grande da poter salvare tutte le anime. E così le sue virtù hanno guadagnato tali grazie da santificare la nostra vita quotidiana e ordinaria [fatta] di piccoli meriti e piccole virtù da esercitare. Rivolgiamoci dunque a Gesù Bambino come grazia e preghiamolo di cuore per avere sempre presenti gli esempi datici nella sua capanna.
Abbiamo divozione al santo presepio in cui Gesù sebbene bambino era potente. Egli accolse i pastori e li santificò, diede
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tale aumento di virtù e di grazia a Maria e a Giuseppe che non si potrà giammai misurare sulla terra. Inoltre quel caro Bambino accolse anche i Magi mentre presentavano i loro doni ed ossequi e comunicò forza alle loro anime e ai loro cuori, alla volontà per stabilirli fortemente nella virtù e mutarli da pagani in santi. Le anime che amano tanto il Bambino e il Crocifisso si fanno molto sante, perché in questi punti noi impariamo di più gli esempi che ci ha dato, ed è sulla croce e nel presepio che noi comprendiamo maggiormente l'amore che ha Gesù per noi.
Dobbiamo aver divozione alla visita di Maria a S. Elisabetta, in cui Maria porta Gesù nel suo seno; divozione alla purificazione in cui Gesù fu ricevuto come vita e placò per noi il cielo. Come nel presepio ha voluto acquistarci le tre virtù: povertà, ubbidienza ed umiltà, così nella purificazione ha purificato noi. Aver divozione alla fuga in Egitto. Egli era bambino, sì, ma comprendeva quanto voleva dire essere bandito... Come soffriva quel cuoricino! E questo, tutto per noi. Aver divozione all'abitazione di Nazaret. Nazaret, paese sperduto fra i monti, paese dove tutti temevano di passare, paese disprezzato di cui si diceva: «Che cosa può mai venire di buono da Nazaret?»13. Ed il buono venne, e bastò per tutti. Gesù scelse per sé quell'abitazione. Aver divozione a Gesù che va al Tempio, che è smarrito e ritrovato e specialmente a Gesù che torna a Nazaret e [là] passa la sua vita: «Et erat subditus illis»14. Consideriamo Gesù nella sua preghiera e meditazione, Gesù che accanto alla mamma nella bottega attende al suo lavoro e cerca di soddisfare anche il minimo desiderio di Maria. Diciamo a Gesù che ci modelli su di lui e consideriamo come sia sempre uguale a venti, ventuno, ventidue, venticinque anni.
Avere dunque divozione a Gesù Bambino, e cioè al terzo mistero gaudioso; avere divozione a Gesù garzone, quando sale al Tempio e vi rimane tre giorni, e quindi al quinto mistero gaudioso; a Gesù garzone che abita in quella miserissima casa e sta là a fare le sue azioni piccole e comuni, mirato dagli angeli che ne danno l'annunzio al cielo. Avere ancora divozione al secondo mistero gaudioso: Maria porta nel suo seno Gesù che [santifica
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il Battista] e poi redimerà noi. Preghiamo Gesù fanciullo e giovanetto, affinché15 metta in noi le sue virtù private, piccole e comuni, e diciamogli: In che cosa devo imitarti, o Gesù?.
Certo, non vorrà l'imitazione nelle cose grandi. Vogliamo forse metterci a risuscitare i morti, a guarire i ciechi e gli storpi? Gesù non vuole questo, ma l'imitazione nella vita quotidiana. Domandiamo a lui la grazia perché egli è la nostra vita. Se in qualche momento ci sentiamo deboli, stanche ed annoiate della vita sempre uguale, dello studio lungo, delle preghiere, del lavoro sempre il medesimo, ecc., andiamo a Gesù, egli ha guadagnato grazia per ogni dubbio, ogni noia e dolore e per vincere ogni tentazione. Andiamo a lui: egli è la Vita.

2. Volgiamoci a Gesù come modello, e diciamoci: Quid nunc et quomodo Jesus?: Come, in qual modo, farebbe Gesù se fosse al mio posto?. Che bella massima è questa! Com'è bene ripetersi spesso: Come farebbe Gesù questa azione? Come obbediva alla Madonna e a S. Giuseppe? Oh, la castità dei suoi sguardi! Quegli occhi! Che modestia! Che parole brevi anche con i parenti! Il suo rifugio era a fianco di Maria. Egli non sentì mai vanità e sciocchezze del mondo. Prese il latte scarso, breve il sonno e anche in quello, col cuore vigilante. Tutto se stesso, tutto quanto aveva: letto, mensa, vestiti, ecc., atteggiamenti e modi di agire sono una scuola aperta all'umanità, specialmente ai giovani.
Gesù è modello di amore. Amore al Padre, alle anime, alle virtù, specialmente all'umiltà, ubbidienza, semplicità, ecc. Come farebbe Gesù? Ecco la bella massima dei santi, la massima contenuta nell'aureo libro dell'Imitazione di Cristo! Questa è la massima che si può e si deve dire di ogni azione, preghiera, riposo o altro, e specialmente nei momenti in cui i doveri sono pesanti e la vita noiosa. Oh, sì, allora con confidenza e amore facciamoci coraggio e diciamo: «Quid nunc et quomodo Jesus?: Come farebbe adesso Gesù se fosse al mio posto?»16.
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3. Mirare Gesù per comprendere la bellezza e il valore della vita giovanile.
Gesù ama i fanciulli e preferisce i giovani, perché? Dobbiamo comprendere qualche cosa e ricevere dal santo Tabernacolo una grande conoscenza degli anni nostri. Tutto il tempo passato a Nazaret ci fa vedere i grandi meriti che può farsi un'anima nell'età giovanile. Gesù è contento di essere onorato come bambino. A S. Francesco d'Assisi che per primo iniziò il presepio e rese onore al Bambino, quali grazie furono poi riservate!
S. Teresa di Gesù17 vide un giorno un grazioso bambinello sotto il porticato del convento e stupita di quella vista insolita di cui non sapeva il modo, si avvicinò e disse: Chi sei tu?. E il caro bambino, pronto: E chi sei tu?. Io sono Teresa di Gesù. Ebbene, riprese il bambino, io sono Gesù di Teresa18.
S. Antonio da Padova19 è rappresentato col Bambino in braccio, perché spesso gli veniva tra le braccia e lo accarezzava ed istruiva. Così S. Stanislao Kostka quando fu malato e comunicato dagli angeli ebbe, per favore di Maria che voleva rendere più grande la sua gioia, la grande fortuna di ricevere tra le braccia il caro Bambino e baciarlo e stringerlo al cuore. S. Luigi IX20, re di Francia, una volta fu avvisato di scendere subito nella chiesa perché si vedeva un grazioso bambino sull'altare.
Innumerevoli sono i fatti che si potrebbero riportare e tutti sono per dimostrare sempre una cosa sola, che Gesù ama i fanciulli e desidera e predilige la vita giovanile. Le virtù si acquistano nell'età giovanile. Farà bene in seguito e si farà tanti meriti chi ha santificato la vita giovanile. Così chi fa bene il probandato e il noviziato farà in seguito tali progressi da far stupire quanti l'osservano. Ma bisogna incominciare da giovani. Il nostro cuore è prezioso, ma guai se lo buttiamo nel fango! Quest'anima è uscita dalle mani di Gesù, è preziosa, e guai a chi butta nel fango
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la sua giovinezza! Attente, attente! Gesù ci ama, ma è geloso e vuole tutto il nostro cuore, ma tutto; diamoglielo tutto intiero, con generosità.
Consideriamo Gesù come vita e grazia. Per noi egli ha preparato tesori e grazie, per noi, per noi! Egli nella sua vita ha pensato a noi in particolare. Là, in quella casetta, c'era un cuore che batteva per noi, ci conosceva per nome e diceva: Lavoro, soffro, per quel cuore, per quella giovane!. Se noi non ci attacchiamo adesso a Gesù, non ci attaccheremo mai più. Le vocazioni nascono in giovani e giovani ferventi: quindi amare Gesù.
Gesù è ancora modello di ogni virtù e perciò in tutto quello che dobbiamo fare, miriamo a Gesù. Se vogliamo essere umili, ubbidienti, povere, caste, ecc., volgiamoci sempre a Gesù modello, a Gesù che ci fa vedere la preziosità della nostra età. Come sono belli questi anni! Oh, non sprechiamoli, non perdiamo l'innocenza, apriamoci all'amore di Gesù e non al fango, affinché non abbiamo da piangere l'età giovanile più tardi, dopo aver calpestato i fiori e la preziosa margarita21 nel fango delle vanità mondane! Beate voi che siete ancora giovani, beate voi che avete un cuore ancora vergine! Ah, sì: pure, vergini, piene di amore a Gesù! Non desiderate di conoscere il mondo, meglio, molto meglio morire senza averlo conosciuto che aver sprecato la giovinezza nelle vanità mondane e dopo questo rivolgervi a Gesù.
Quali confidenze e intimità dolcissime ha Gesù e l'anima pura che si unisce a lui nella santa Comunione! Diamo il cuore, la vita, l'anima a Gesù. Lontano da questa unione c'è il diavolo ed un mondaccio brutto e perverso. Oh, Gesù ci tenga [vicino], ed abbiamo pur da morire senza conoscere il mondo, strette a Gesù! Beate voi se non avrete assaporato il mondo, sarete totalmente di Gesù in ogni anno della vostra vita. E se fossimo ancora innocenti sul letto di morte? Oh che gioia! Gesù ci direbbe: «Veni, sponsa mea...!: Vieni, mia sposa, sei tutta bella!»22. Meditiamo le parole sentite, perché queste cose sono importantissime, non perdiamo tempo; avanti con amore, coraggio e con gran cuore. Gesù ci dirà tante cose ancora.
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* Ritiro mensile, tre meditazioni, in dattiloscritto, carta vergata, fogli 13 (22x27,5), tenuto ad Alba il 5-6 febbraio 1930. L'autore è indicato alla fine della terza meditazione: “M. Rev. Teol. Alberione”. Nell'originale il titolo è: “Giornata di ritiro”.

1 Cf Pio XI, Divini illius Magistri, 31 dicembre 1929, AAS, XXI [1929] 723-762.

2 Cf Pr 23,26: «Figlia mia, dammi il tuo cuore» (Volgata).

3 Cf Mc 10,14.

4 Cf Sir 25,3.

5 Giovanni Berchmans (1599-1621), belga; chierico gesuita si distinse per osservanza, carità e tenero amore verso la Madonna.

6 Stanislao Kostka (1550-1568), polacco, entrò tra i gesuiti. La sua breve vita fu segnata da un'ardente devozione all'Eucarestia e alla Madonna.

7 Teresa di Gesù Bambino e del Volto santo (1873-1897), francese, carmelitana. Scrisse l'autobiografia: Storia di un'anima.

8 Cf 1Cor 15,56.

9 Cf Mt 21,19.

10 Originale: a tutto.

11 Città in provincia di Ancona dove sorge il santuario che, secondo una tradizione, racchiude la santa Casa di Nazaret.

12 Cf Gv 13,15.

13 Cf Gv 1,46.

14 Cf Lc 2,51: «E stava loro sottomesso».

15 Originale: affinché per quelle sue virtù…

16 La massima citata per tre volte è come la sintesi della dottrina spirituale contenuta nell'Imitazione di Cristo. Molti santi l'assunsero come regola di vita. Per esempio S. Vincenzo de' Paoli (1581-1660). Cf Nuovo dizionario di spiritualità, Ed. Paoline, Roma 1979, p. 359.

17 L'originale dice: “S. Teresa del Bambino Gesù”. L'episodio però è riferito da S. Teresa d'Avila.

18 Teresa d'Avila (1515-1582), spagnola, monaca carmelitana. Maestra di vita spirituale. Tra i suoi scritti ricordiamo Il libro della mia vita, Castello interiore, Cammino di perfezione, Fondazioni. L'episodio è una tradizione orale che viene dal Carmelo dell'Incarnazione (Avila) dove si indica la scala, luogo dell'incontro.

19 Antonio da Padova (1195-1231), nato a Lisbona (Portogallo), frate minore francescano, visse in Italia dal 1227. Eloquente predicatore, Dottore della Chiesa.

20 Luigi IX (1214-1270), come re svolse i suoi doveri di sovrano cristiano conciliando ascetica e politica.

21 Originale: le preziose margherite.

22 Cf Ct 4,7-8.