Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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64. IL GRANDE LAVORO DELLA NOSTRA VITA È DIVENTARE SANTI
1963: Anno della santificazione
Ritiro Mensile (?), Torino (SAIE), 20 o 21 dicembre 1962


[…] Venuti per la santificazione. E ogni mattina che ci svegliamo, ecco il Signore ci chiama a lavorare per la nostra santificazione, e cioè per guadagnare un bel paradiso. Gesù ci ha preparato il posto lassù, un bel posto ha preparato a chi si dona a lui, un bel posto, ma… raggiungerlo. Ecco, le grazie che ci sono: tutti gli aiuti. Il Signore ci ha creati per questo: come ci ha pensati il Signore da tutta l’eternità e come ci ha creati nel tempo, «ut essemus sancti» [Ef 1,4], perché diventiamo santi. E poi con preferenza ci ha chiamati ad una santificazione speciale: Se vuoi essere perfetto [Mt 19,21]. E poi tutte le grazie che riceviamo giorno per giorno per raggiungere questa santità, per arrivare a quel posto che Gesù ci ha preparato: «Vado parare vobis locum» [Gv 14,2]. Ecco il grande lavoro della nostra vita.
Che cosa vogliam cercare altro? Che cosa ci renderebbe contenti? E se facessimo anche una bella figura e tutti dicessero: Ma quanto sei bravo!, oh!, tutti dicessero che tanto sei cattivo. Ma uno se è santo veramente…
Alla fine dell’anno i buoni commercianti, i buoni industriali, le famiglie ordinate fanno i conti: Quest’anno chiudo con l’attivo, chiudo con il passivo?. Ecco, questo calcolo dobbiamo farlo ognuno di noi: come chiudiamo il 1962?
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Facendo il calcolo, cioè la situazione morale nostra, la situazione spirituale. Che cosa ho guadagnato? Oh! Alla colonna sinistra ho del passivo, ho dei passivi? o tutto è alla colonna destra, tutto come attività? E tirando le somme, ecco: se ci sono delle passività, non è così come avviene nel pagare i debiti [che] bisogna sborsarli, pagarli secondo l’entità del debito, pagar totalmente; ma noi abbiamo il Bambino Gesù che è venuto a pagare per noi, pur che siam pentiti, pur che mettiamo buona volontà. E se poi noi desideriamo di essere santi, lui ci dà ancora la grazia, ci dà cioè gli aiuti, le buone ispirazioni, i santi desideri, la forza di vincere noi stessi e di fare il dovere quotidiano… Ecco, ai piedi del Bambino, fare i conti: Sì, perdonatemi il male che ho commesso quest’anno; se qualche bene ho compiuto, accettatelo, ecco. Perdonatemi, e cioè tirate una spugna sopra il mio passato e sopra la parte di passività, una buona spugna… e questo mediante e offrendo al Padre celeste l’umiliazione del Figlio suo, del Figlio incarnato: «Exinanivit semetipsum» [Fil 2,7]. Il Figlio di Dio glorioso come il Padre, ecco, là in una grotta, sopra un po’ di paglia… grotta quindi adattata per il bestiame; oh, si è umiliato: «Exinanivit semetipsum, formam servi accipiens… et habitu inventus ut homo»2. Allora, la nostra umiliazione.
D’altra parte, se qualche bene ho compiuto, Signore, accettatelo… ma guardatemi dalla superbia. Quel che dice il Salmo: che siamo liberati dalla superbia3, cioè dal compiacersi: Oh, io cammino già bene! Io ho fatto questo, quell’altro di buono. Se si è fatto, si offre a Dio ringraziando il Signore: Eh, con la fede4, devo tutto a te, Signore!. E non compiacerci perché allora perdiamo ancora i meriti, dopo averli fatti con fatica, forse; e non pretender che dicano gli altri, dicano bene, che approvino e ci mettano… questi che lodano sono i nostri pericolosi tentatori, cioè ci mettono alla prova se noi ci compiacciamo perché ci dicono bene. Guardiamoci dal seguire
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le voci degli uomini, ma noi ripieghiamo il nostro sguardo su noi stessi, cioè voltiamo il nostro sguardo sull’intimo: Se c’è qualcosa di bene, Signore è per la tua grazia, Signore è per la tua gloria, Signore è per il paradiso per me. Guardarci dal compiacersi, e intanto, anche se fosse una sola occasione in cui noi abbiam lasciato perdere quell’occasione di fare un merito di più, avremo già da umiliarci tanto. E purtroppo ci saranno molte occasioni, forse, in cui noi non abbiamo presa quell’occasione per aumentare i meriti: tacere quella parola, dire quella giaculatoria, osservare il raccoglimento, generosità nel fare le nostre cose; e saper mortificare e occhi e lingua e cuore e tutto il nostro essere, perché sia ordinato a Dio; e se noi facciamo bene tutte le cose, anche minime, dal lavar la faccia fino alla Comunione, e dalla ricreazione all’apostolato, ecco allora, se abbiam fatto bene: Signore, accettatelo. Dunque, umiliazione.
Allora, ci mettiamo con il primo dell’anno nella disposizione di santificarlo. Ma non aspettiamo il primo dell’anno 1963, se al Signore gli piacerà di darcelo… oggi santificarmi! Ma c’è questo… c’è quello. E ci son tante cose: ma credi che siano cose perché non ti santifichi? Sono cose [permesse] perché le prendi per santificarti! Anche se [ci] può essere un mal di testa, anche se non avessi l’approvazione di quello che hai fatto, il bene, eccetera… anche se ci son tentazioni e incostanza5, dalla levata in cui il Signore ci chiama a lavorare per la nostra santificazione fino a che arriva un’altra giornata, riempire la giornata presente di meriti. Non una santificazione in generale: Voglio…, e fa dei propositoni grossi! No no: progredire un tantino ogni giorno! Elevare la nostra mente, il nostro cuore… non stare lì come sotto a una cappa di piombo: difficoltà, cose… difficoltà esterne, difficoltà nel mio carattere, eccetera… Tutto è per santificarci, il tutto è per il paradiso, bisogna dire! In tutto bisogna dir così. Anche le tentazioni hanno il loro fine; e anche se ci sono stati dei peccati, c’è il loro fine, e cioè perché viviamo adesso in umiltà
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e prudenza per non metterci nell’occasione… e più preghiera per avere maggior forza. E se il Signore a un’anima dà grazie particolari che conservano l’innocenza fino alla morte, e se invece il Signore ha permesso che tu commettessi delle cose non buone, e perché? L’altro perché vivesse dell’innocenza, tu perché vivi nella penitenza e nell’umiltà: è sempre la via della santificazione, qualunque sia il nostro stato spirituale.
Si domanderà: Ma che cosa dunque ci vuole in questa santificazione?. Ci vogliono le tre virtù teologali: creati per conoscere, amare e servire Dio, che corrisponde [a] fede e speranza e carità. Vivere le virtù teologali, ecco! Avere una fede viva, cioè io sono un figlio di Dio, mi ha creato lui; mi ha comunicato la sua grazia: mi ha fatto suo figlio, Dio, per mezzo del Battesimo e vuole che viva da suo buon figliolo, il Padre celeste; e mi dà come aiuto il Figlio, mediante cioè la Comunione, la Messa, la Visita… la grazia, in sostanza, che ci ha guadagnato Gesù Cristo. Questa fede e questa speranza in Gesù Cristo, nei suoi meriti, nei suoi aiuti, e l’amore al Signore! L’amore cerca Dio solo! Cosa siete andate a cercare adesso? Cosa avete cercato fino adesso se non Dio?! E cosa cercate attualmente?
Ma in che cosa sta questo amore di Dio? Sta nell’unirsi a Dio, cioè fare ciò che Dio vuole! E se si vuole aumentare questo amore: buone Confessioni, buone Comunioni, con buone Messe e buone adorazioni. E poi i meriti della giornata: che fai adesso, la meditazione? e di qui a un poco farai la colazione… che dopo andrai all’apostolato… ma tutto santifica, tutto aiuta, tutto può servirci a far meriti: e quello che piace e quello che dispiace, e quello che ci pare avversità o… qualche volta bisogna dire: non sprecare le occasioni. Eh, perché una cosa non va!: lamentarsi è perder merito… parlane solo con Dio; eccetto che nei casi in cui bisogna anche parlarne con gli uomini proprio per evitare quello che non va bene, come confessarsi appunto per scancellare il male che c’è stato oppure avere più grazia per vivere santamente.
Abbiamo nella Famiglia Paolina dedicato un anno al Divin Maestro, un anno a san Paolo, eccetera… il 1963 per la
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santificazione6. Che sta nel purificarsi: purificarsi dalla superbia, dall’avarizia, dall’invidia, dall’ira, dalla sensualità, dalla pigrizia, dalla golosità, dalle curiosità, eccetera… purificazione. E poi, parte positiva: fede più viva, speranza più viva, carità più viva… cercar Dio! Sì, dobbiamo sulla terra avere anche i mezzi di vita - alla fine dell’anno avrete anche la tredicesima7 -, ma quelli sono i mezzi per servire Dio anche lì. E se uno sprecasse anche un soldo, spreca una grazia, perde dei meriti. Oh, tutto sempre più nello spirito buono, tutto secondo il volere di Dio.
In generale bisogna dire che, se ci sono delle passività, non sono cose grosse ma sono perdite di grazia, perdite in questo senso che si lasciano scappar le occasioni: di tacere una volta, di sopportare, di muoverci un po’ di più per raccoglierci nella meditazione, un po’ più di fervore e di amore nella Comunione, un po’ più di diligenza nello scrivere quella lettera, nel trattare la sorella o la compagna di apostolato, eccetera… Non facciamo una santità ideale! Oh… neppure pensiamo a una santità straordinaria di visioni, o sapere l’avvenire, o apparizioni; anzi, qualche santo domandava la grazia di non avere questi doni, perché mettono ancora in pericolo… ma invece la vera santità. Lì non sta la santità, perché son cose di Dio; ma la vera santità consiste in quello che facciamo noi, e cioè fede viva, speranza e carità.
Che cosa era la vita ordinaria di Maria? La vita di una donna comune del suo tempo, esteriormente; ma faceva le cose bene, nel fervore, cioè in fede, speranza e carità. Ma ella ebbe la grazia di esser Madre di Dio: quello è dono di Dio! Quello è dono di Dio… ma nella Comunione Gesù lo si riceve tutti i giorni, se si vuole! È questa fede, speranza e carità.
Dunque è l’anno di santificazione: e questo è l’augurio e questa è la preghiera.
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Sappiate anche comunicare questo pensiero, questo spirito soprannaturale alle persone con cui si convive, alle persone che ci sono care. Cosa si può augurare di meglio che farsi dei meriti e santificare l’anno? E come può esser cominciato bene l’anno? Quando si è ben purificati e quando c’è una gran voglia di santificare l’anno, c’è la grazia del Signore che comincia a comunicarsi sempre più abbondantemente ogni mattina che ci leviamo, ogni giorno che incominciamo, e ogni mese che cominciamo e anno che cominciamo…
Dunque, c’è questa risoluzione: Voglio davvero farmi santo? Ma c’è sul serio? Purificarsi cioè, mortificare in quello che non è… in quello in cui dobbiam mortificarci; e far la parte positiva: far le cose bene in fede e speranza e carità, sì. Vogliamo fare così tutti e preghiamo assieme e vicendevolmente perché sia proprio l’anno di santificazione.
E non scoraggiarsi subito perché una cosa non va bene! Si va da Gesù, si fa perdonare e si ricomincia con maggior fervore! Ma sì… si va da Gesù, si fa perdonare e si ricomincia con maggior fervore… Ecco ogni benedizione e ogni augurio per voi. Preghiamo a vicenda.
E se nell’anno vorrete fare un grande merito per la santificazione, cercate vocazioni, per portare tante anime sulla via della santificazione!

Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 146/62 (Nastro archivio 133b. Cassetta 133, lato 2. File audio AP 133b). Titolo Cassetta: “Siamo stati creati per essere santi. 1963: anno della santificazione”.

2 «Svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo… Dall’aspetto riconosciuto come uomo».
3 Vedi p. 242, nota 4.
4 Espressione incerta.

5 Parola incerta.

6 Cf San Paolo, Gennaio 1963, pp. 1-9. Don Alberione spiega qui dettagliatamente il senso e il fine, per la Famiglia Paolina, dell’Anno di particolare santificazione, indetto dal 25 gennaio 1963 al 25 gennaio 1964. Anche negli altri numeri dell’anno del San Paolo viene posto molto accento su questo tema.
7 La tredicesima mensilità è una retribuzione aggiuntiva data per le festività natalizie ai lavoratori in molti Stati del mondo. In Italia, inizialmente fu concessa alla categoria operaia e fu estesa poi a tutti i lavoratori dipendenti nel 1960.