Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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33. LA SCELTA DELLO STATO DI VITA
Per quale strada il Signore mi vuole?
Ritiro alle ragazze, 1a Meditazione, Torino (SAIE), 24 giugno 19621


Il Signore Gesù vi ha invitate oggi a questo ritiro e voi avete generosamente corrisposto. Gesù vi ha chiamate per dirvi qualche cosa. Gesù non è un muto, Gesù vuole parlare, aspetta soltanto che il nostro cuore si apra a sentire la sua voce, le sue ispirazioni, a ricevere le grazie che vuole comunicarci.
Vi parlo della vocazione quest’oggi.
Tra di voi vi è una varietà di persone2, ma parlando della vocazione s’intendono sempre tre cose, e quindi [il discorso] abbraccia tutti e tutte.
Primo è la scelta dello stato, cioè sentire se uno ha vocazione o no; e se si decide di abbracciare la vita religiosa, cioè seguire la vocazione. Secondo, la formazione, poi, perché una volta entrate in un Istituto, ci vuole una formazione intellettuale e spirituale e religiosa: quello è punto importantissimo poi. E terzo è poi vivere la vocazione: quando uno poi ha impegnato la sua vita per il Signore e ha emesso la professione, prima come a prova, cioè temporanea, e poi come perpetua, definitiva… allora vivere secondo la vocazione, secondo lo stato.
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Perché, che cos’è la santità? La santità è molto facile a capirla e certamente ci vuole un po’ di fatica a raggiungerla. Capirla è questo: la santità consiste in una conformità al volere di Dio, cioè far la volontà di Dio. Far la volontà di Dio in modo continuato e anche progressivo, coraggioso, ecco. Qui sta la santità! Quindi è possibile la santità quando vi sono e la buona volontà e la preghiera.
Oh! Dunque tre cose: scelta dello stato; formazione, se uno ha seguito la vocazione di Dio, la voce di Dio; terzo poi, viverla quella vita, quella vita in un Istituto, in una famiglia religiosa, secondo che si è scelto. Subito da principio, bisogna dire che non c’è cosa più libera che la scelta dello stato, e cioè non ci sono i genitori in mezzo, fuori che in quei consigli di prudenza che alle volte danno; poi vi possono essere dei motivi di ritardo, eccetera…; ma la scelta dello stato è libera, non è soggetta a nessuno. Noi possiamo chiedere consigli agli altri, ma dobbiamo fare ciò che è nell’intimo dell’animo.
La scelta dello stato. Ecco, la giovane arrivata ad una certa età - 16, 18, 20 anni - deve pensare a che cosa? Io son creata per il paradiso, ma per quale strada andarci?. Ecco, la vita nostra è per andare in paradiso, ma le strade son diverse, cioè son diverse condizioni di vita che una può scegliere, ma sempre quel che è necessario: andare in paradiso, là dove il Signore ci aspetta e saremo felici nella visione di Dio, beati con Gesù, beati con Dio in eterno gaudio. Là è il fine: tutto il resto serve per arrivare lassù.
Oh! La giovane, allora, deve pensare: Sì il paradiso, questo assolutamente: voglio salvar l’anima mia. Ma per quale strada il Signore mi vuole? A quale strada io mi sento portata?. Ed ecco la figliola ha subito davanti un bivio, e cioè una divisione: fino a lì ha fatto una strada sola, la strada della famiglia: è stata buona in casa, buona in chiesa, buona a scuola, buona giovane; lì ha fatto la vita della fanciulla, poi della giovane, eccetera… Ma di lì, ecco il bivio, cioè due strade.
Allora, che cosa c’è da fare? È da interrogarsi: che cosa vuole da me il Signore? A quale cosa mi sento portata, quale
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delle due strade? Bisogna dirle subito le due strade: una è quella di formarsi una famiglia e l’altra è quella di donarsi al Signore… ecco le due strade massime. Poi ci sono delle suddivisioni. Ma la via, e cioè come viene designato il bivio: vien designato il bivio da un comandamento, un comandamento, e cioè: quando uno si sente di amar Dio con tutte le forze, con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta l’anima sua, che non vuole altri in mezzo, vuol amar Dio, non vuole nessuna persona in mezzo, nessun uomo in mezzo tra lei e Dio… allora è la vocazione. La vocazione dipende dal modo con cui si capisce il primo comandamento. Chi lo vuole eseguire perfettamente e chi invece in modo più ordinario, e cioè quelle figliole le quali sentono tendenza, una tendenza profonda a non compiere e praticare pienamente il primo comandamento, ma praticarlo in una maniera comune; non in una maniera perfetta, come chi lo segue e lo pratica il primo comandamento: tutta la mente nei pensieri a Dio; tutto il cuore: il mio cuore voglio che sia di Gesù e gli dono anche il corpo; tutta la volontà: far l’obbedienza, viver di obbedienza di far la volontà di Dio, perché chi fa la volontà di Dio è certamente salvo; e poi tutta l’anima, cioè quando si sente la spinta: quell’anima va spesso a confessarsi, quindi si purifica e allora purificandosi sentirà più facilmente la voce di Dio; oh!, va spesso alla Comunione: Gesù fa sentir la sua voce. Quale?
È chiaro che il più delle figliole son destinate a formarsi [una] famiglia umana: e sapete quello che avviene e sapete la storia delle famiglie come è pressappoco, guardandovi attorno, guardando quello che è stata la via dei vostri genitori, quella che è stata la via di tante persone buone, buoni cristiani, che sono nel mondo. Ma quando Gesù batte alla porta del cuore e domanda: «Fili, da mihi cor tuum!» [cf Pr 23,26], figliolo, dammi il tuo cuore, tutto, è per me, l’ho fatto per me, te l’ho dato per me, lo voglio tutto! Allora, ecco che distingue, perché la persona ordinata alla famiglia sente di dividere il suo amore a Dio con un uomo; quella persona che invece è destinata ad essere religiosa, consecrata a Dio,
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sente che non vuole il mezzo, vuole comunicare subito con Gesù, tutto con Gesù, tutta la mente, tutto il cuore, tutte le forze: Mi impegnerò a servire il Signore in castità, verginità, obbedienza e spirito di povertà, e apostolato, che si vuole aggiungere, perché un po’ di apostolato ci vuole per tutte le anime consecrate a Dio. Ecco il bivio: dipende dal modo con cui si capisce il primo comandamento; e poi di conseguenza anche il secondo, ma il primo è quel che decide. Se c’è tutta la mente, vuole essere persona che pensa a Dio, che pensa alle cose buone, pensa a far del bene, i suoi progetti sono sempre quelli di perfezionarsi di più… e quindi tutta la mente a Dio. E poi tutti i sentimenti: e vuole amare Gesù con tutto il cuore? Sì, ama il Sacro Cuore, ama la Madonna Santissima, ama le anime, che sono incluse tutte nel Cuore di Gesù! E tutta la volontà: Io non voglio far di mia testa, mai; la mia testa è Gesù, quel che vuole lui, ecco. E non voglio altro che lui, che lui mi comunichi la sua volontà, o direttamente in quello che sono i comandamenti oppure nelle disposizioni che ci sono in un Istituto, quel che si deve fare, le occupazioni che si hanno. E l’anima metterla lì: Non mi interessa e il cinèma e il ballo, non mi interessa[no] le feste di mondo e non mi interessano i guadagni, vestir bene, esser considerata, ammirata… no, tutto quello non mi interessa, a me interessa che mi voglia bene Gesù. A me interessa che lui si mostri contento di me e che io senta che egli è in me e che io sono in lui. «Qui manet in me, et ego in eo, hic fert fructum multum» [Gv 15,5], chi mi ama sta in me ed io sto in lui: gioia soprannaturale, letizia perpetua, preparazione diretta al paradiso. Non c’è più da fare cambiamenti.

Ora lasciamo da parte quella che è la strada comune dei buoni cristiani e veniamo invece alle persone che sono chiamate dal Signore con vocazione.
Perché, cosa vuol dire vocazione? Vuol dire vocare, cioè è il verbo vocare, chiamare - parola latina -; vuol dire: il Signore che invita a sé, è l’invito. Non che suoni facilmente all’orecchio! Qualche volta suona direttamente all’orecchio,
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anche così, perché un bel giorno un’anima buona, un buon confessore ha finito con il dire: Ma tu sei fatta per il Signore!. Forse non ci aveva ancor pensato!
Ma generalmente il Signore si fa sentire nell’intimo del cuore. Queste tendenze al Signore, questo bisogno di amarlo totalmente e distaccandosi, poiché poi il segno è il distacco, il segno che… quando uno si sente di farlo il distacco: non c’è solo la chiamata, ma c’è anche la grazia già di seguirla. Prima sente la chiamata, poi si rafforza, e poi viene la forza di seguirla. E ci sono le tre rinunzie che sono: alla famiglia, è la prima; rinunzia è poi a tutto ciò che c’è di beni, ciò che c’è sulla terra; e rinunzia ancora alla propria volontà… perché questo è il punto: perché la vita religiosa è poi la volontà di Dio, cioè l’obbedienza. Gli altri due comandamenti sono facili se c’è l’obbedienza, facili a seguirsi, gli altri due punti, cioè povertà e castità: sono facili da eseguirsi se c’è l’obbedienza. Ma proprio quello che distingue [è]: Voglio la verginità oppure voglio, invece, famiglia.
Oh! Allora, il Signore parla nell’intimo. Ma, presa la strada di consecrazione a Dio, la consecrazione comprende tutti gli Istituti Religiosi, comprende tutto. Oh! Ma se comprende tutto, bisogna subito distinguere due categorie di persone: vi sono le persone chiamate che han vocazione per la vita claustrale, cioè contemplativa, e che in generale han la clausura. È una categoria di persone: in Italia sono ventimila le suore di clausura, le suore quindi che han vita contemplativa. Secondo: vi son le suore che hanno vita contemplativa e attiva insieme, cioè apostolica; quindi vivono la vita religiosa ed apostolica, ecco. E quindi le attività possono essere missionarie, possono essere suore degli ospedali, possono essere suore della scuola, possono essere suore della stampa, possono essere suore che si danno all’apostolato vocazionario, ma son tutte, queste seconde, [che] hanno insieme vita contemplativa e vita attiva, cioè apostolica. Quindi la divisione.
Chi è chiamato per la vita contemplativa? Per la vita contemplativa in generale è chiamato chi non vuole fare le attività esterne e non si sente di fare attività esterne; non le
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attirano le attività missionarie o caritative come sono le suore, supponiamo, degli ammalati, oppure suore della scuola, suore che hanno le attività di apostolato vario fra la gioventù, eccetera, sì: non si sentono. E invece si sentono di vivere in raccoglimento, attendendo alla preghiera, al silenzio, alla mortificazione, e offrendo la loro vita di contemplazione, di pietà e mortificazione; e poi tutta l’obbedienza che c’è, la offrono come apostolato, cioè a favore anche delle anime: gloria a Dio e pace alle anime. Quindi fanno un apostolato, ma di preghiera e di sofferenza, in sostanza; perché ci sono degli apostolati che sono per tutti, anche in vita claustrale. La vita intima con Dio è un apostolato che si riflette sul bene delle anime che sono nel mondo. Poi, la vita di buon esempio, la vita di sofferenza e la vita di preghiera: quella offerta per la Chiesa, per i peccatori, per le missioni, per le edizioni paoline, ad esempio, per altre missioni… Oh! Ecco la loro vita claustrale, contemplativa. E ci vuole uno spirito un po’ proprio, eh? […]
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1 Nastro originale 70/60 (Nastro archivio 134a. Cassetta 134, lato 1. File audio AP 134a). Titolo Cassetta: “La vocazione. Mostra di Mondovì”. Il titolo della Cassetta si riferisce anche alla meditazione successiva, nella quale viene citata la Mostra di Mondovì.
2 L’uditorio è composto da persone che già vivono una vocazione, da chi è in formazione e da chi non ha ancora scelto lo stato di vita.