Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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48. I NOSTRI DONI A SERVIZIO DEL REGNO
Dio provvederà alle nostre necessità
Domenica XIV dopo Pentecoste, Meditazione,
Castel Gandolfo, 16 settembre 1962
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Avete cantato prima della Benedizione un bellissimo inno alla Santissima Eucarestia.
Questa cosa, però, è necessario ricordare: perché si canti veramente con il cuore e [si possa] capire il senso delle parole, cosa bisogna fare?
Leggere la traduzione d’accanto a questi inni; nel libro delle nostre preghiere2 molte volte c’è la traduzione. E quello si può leggere, supponiamo, nella Visita: leggere il latino e d’accanto ad ogni strofa la traduzione italiana. Quanto è bello quell’inno che avete cantato! Se però lo si capisce, il canto sarà più divoto e d’altra parte ci sarà anche di luce, perché la nostra preghiera più è intelligente, più è capita, più sappiamo cosa diciamo… e poi è più facile che il cuore si muova, si orienti verso il Signore; aumenta il merito e siete liete… non dicendo le cose che non conosciamo! che non sappiamo cosa ci diciamo! Anche cantando i Vespri, i salmi d’accanto leggere; e così in generale tutti gli altri canti, supponiamo il Magnificat, il Te Deum, il Miserere, il De Profundis… sapere che cosa diciamo al Signore.
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Il Vangelo di quest’oggi è ricavato da san Matteo, capo VI3.

«In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: Nessuno può servire a due padroni. Infatti o avrà l’uno in odio e amerà l’altro, ovvero si affezionerà all’uno e non farà caso dell’altro». Cioè, parlando spiritualmente, secondo il significato, l’avaro non può amare Dio: ama il suo portafoglio, il portamonete; l’uomo sensuale ama le cose cattive, le sensualità, eh sì, le sensibilità, e non ha l’amore verso Gesù; così il superbo non può amare Gesù, perché il superbo è un egoista, pensa solo a sé, tira solo a sé, vuole solamente la stima degli altri e quindi non cerca di piacere a Gesù, e vuol piacere invece a se stesso. Ci sono tre padroni che posson dominare l’uomo, e cioè l’avarizia, la sensualità, e la superbia: sono tre padroni i quali, un po’ in uno, un po’ in un altro, finiscono con il dominare. Ma chi dà il cuore a Dio, dà se stesso a Dio, ecco il [suo] padrone: Gesù. Allora, l’amore a Gesù, l’amore a Gesù. I voti sono per non servire né all’avarizia né alla sensualità né alla superbia, ma per servire ed amare solo Dio.
Perciò, vediamo che cosa regna nel nostro cuore, che cosa vogliamo veramente, cosa cerchiamo nella giornata: di piacere agli uomini o di piacere a Dio? Chi è che comanda in noi, qual è il vero padrone a cui noi serviamo. È Gesù? Vogliamo la sua volontà? Vogliamo il suo amore? Abbiamo fede viva? Cerchiamo lui e il paradiso? Sì… Ti amo con tutto il cuore sopra ogni cosa4. Ecco, dunque, noi o che siamo al servizio di Dio veramente, oppure diventiamo servi di qualche passione, e quindi anche servi e schiavi del demonio, del mondo.
Adesso, andando avanti. «Vi dico: non preoccupatevi di quello che mangerete né di che vi vestirete. L’anima non vale più che il cibo e il corpo più del vestito?». Questo non vuol dire che il Signore ci dispensi dal lavoro. Chi ha forza, chi ha tempo, chi ha attitudini, chi ha intelligenza, deve mettere al servizio di Dio quello che ha: e il sapere e la salute e il tempo,
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sì. Lavorando poi, e cioè compiendo la volontà di Dio, allora ecco non preoccuparsi in quanto che ogni lavoro poi merita la ricompensa: e quindi viene anche il cibo, viene il vestito, viene la casa. Ma noi cerchiamo di compiere ciò che vuole Dio, e poi ci sarà dato, verrà, quello che ci è necessario nella vita presente. Non vuol dire oziare, tutt’altro: vuol dire mettere in attività quello che abbiamo. Se il contadino ha un campo e di lì può ricavare il frutto… e non pensi che la provvidenza mandi un miracolo e gli faccia trovare il pane sul tavolo! Ma gli dà il campo, cioè il mezzo: lo lavori, e a suo tempo avrà sul tavolo a mezzogiorno il pane caldo.
Quando però uno non può lavorare, non può attendere perché non ha salute, è malato, allora il Signore interviene; in ogni caso, la provvidenza c’è: non impediamo la provvidenza, e cioè usiamo i mezzi che la provvidenza ci dà e attendiamo con fiducia.
«Guardate gli uccelli del cielo che non seminano, né mietono, né accumulano nei granai, e tuttavia il Padre vostro dei cieli li nutre», perché a loro ha preparato un altro modo di vivere, un altro modo, e cioè che vanno a beccare qualche frutto, vanno a beccare le verdure, eccetera… secondo la natura degli uccelli. E dice: «Non siete voi più di quelli? Chi di voi angustiandosi può allungare di un palmo la sua statura? E perché mai siete preoccupati per i vostri vestiti? - questo è come il cibo - Guardate come crescono i gigli del campo, eppure non lavorano né filano. E tuttavia vi dico che neppure Salomone nello splendore della sua gloria fu mai vestito come uno di essi», perché uno può avere degli abiti ben colorati e di stoffa preziosa, ma sono sempre cose materiali: il filo d’erba vivo ha vita e quindi vale sempre di più.
«Ora se Dio veste così l’erba del prato che oggi esiste e domani sarà gettata nel fuoco, quanto maggiormente voi, o uomini di poca fede? Non vogliate dunque essere preoccupati dicendo: che cosa mangeremo, che cosa berremo o di che vestiremo, perché sono i pagani che cercano queste cose - perché loro non hanno la fiducia in Dio, non han la fiducia nella provvidenza -. Il Padre vostro celeste sa di cosa avete bisogno».
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Ma Gesù conchiude questo tratto di Vangelo: «Cercate quindi prima il regno di Dio e la sua giustizia, e ogni altra cosa vi verrà data in più». Il che vuol dire, cercate la santità, di farvi sante, e nel farvi sante ci vuole l’esercizio della virtù, tra l’altro ci vuole il compimento dei doveri di stato. Quindi, tra i doveri, il lavoro: mettere a servizio di Dio l’intelligenza, le forze del corpo, il tempo che c’è; e secondo: le attitudini, che cosa una ha appreso, sì, perché quello è compire il volere di Dio e intanto viene di conseguenza il cibo… il Signore ha provveduto così. Ha provveduto ad Adamo? E sì, ma lavorerai con il sudore della fronte e allora lo mangerai, il pane [cf Gen 3,19].
Oh, fiducia in Dio… fiducia in Dio e fare il nostro dovere. Se noi facciamo il nostro dovere, cerchiamo la giustizia di Dio, cioè la santità. Cioè, avere in mente la santità è fare quel lavoro: e dalla pulizia fino alle cose più difficili, più alte, mettere a servizio di Dio quello che abbiamo di forze, di intelligenza, di salute, di tempo… Questo ci fa santi, perché la santità sta proprio nel conformarsi alla volontà di Dio, in piena conformità di Dio! Ma questa piena conformità, come si dimostra? Si dimostra con l’esatto e continuo compimento dei doveri dello stato nostro… con l’esatto e continuo compimento dei doveri del nostro stato5.
Poi, oltre a cercare la giustizia - cioè la nostra santificazione -, l’apostolato: cercate il regno di Dio. «Adveniat regnum tuum» [Mt 6,10; Lc 11,2], diciamo: che il Signore sia conosciuto, amato, glorificato; che tutti gli uomini conoscano Dio e Gesù Cristo e la Chiesa; che il Vangelo arrivi dappertutto, che trovi i cuori docili alla sapienza di Dio, alla predicazione di sacerdoti della Chiesa: o predicazione a voce o predicazione per iscritto o per mezzo delle pellicole, e supponiamo in un film; predicazione che può essere dunque fatta a voce nei catechismi e nelle predicazioni, oppure con gli altri mezzi audiovisivi: e sempre perché venga il regno di Dio, che gli uomini seguano il Signore, conoscano Dio e Gesù Cristo e si salvino.
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Perciò due fini: cercare la santità e cercare la salvezza degli uomini.

Ora poi dobbiamo pensare che chi fa il voto di povertà non è padrone delle cose; tutto ha a servizio e in uso, e non che uno dica: Questo è mio, questo mi appartiene. Gli stessi regali che vengono fatti, pochissime volte sono personali, e in generale sono perché sei suora, perché appartieni ad un Istituto, perché servi Dio, perché ti sei consecrata a Dio e hai bisogno degli alimenti. Oh, occorre bene ricordarci che il voto non proibisce di possedere, supponiamo i beni di famiglia, ma proibisce l’amministrazione libera, indipendente; e nel voto è compreso che si lavori, che si produca.
Cosa ha fatto Gesù? Cosa ha fatto Maria? Pensate alla giornata di Maria dal momento in cui si alzava e, dopo aver pregato… che cosa faceva in casa? Pensate alla giornata di Gesù: dopo le sue preghiere, come passava la giornata? Al banco di lavoro, nel suo laboratorio… e guardare come le sue mani sono incallite e come la sua fronte in certi momenti è bagnata di sudore. Ed è tutto questo per la grazia dello Spirito Santo che comprendiamo noi: vi sono posti dove il lavoro non si apprezza, sì, il concetto di lavoro alle volte viene traviato. Ora noi, secondo la salute, le capacità e il tempo, potremo impiegare in attività, perché non c’è santità se non c’è attività […]
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1 Nastro originale 138/62 (Nastro archivio 127c. Cassetta 127bis, lato 1. File audio AP 127c). Titolo Cassetta: “Servire Dio”.
2 Ovviamente si tratta del libretto delle preghiere della Famiglia Paolina. Dall’edizione del 1957, le parti latine hanno a fronte la traduzione italiana. Cf Preghiere, ed. 1957.

3 Vangelo: Mt 6,24-33. Il PM legge e commenta man mano il brano durante la meditazione.
4 Vedi p. 29, nota 3.

5 Vedi pp. 201, nota 3; 268, nota 6.