Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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31. LA CONFORMITÀ AL VOLERE DI DIO
è l’esatto e continuo compimento dei doveri
Festa di San Giovanni Battista, continuazione Ritiro Mensile, 3a Meditazione, Torino (SAIE), 24 giugno 19621


Abbiamo considerato ieri assieme il bisogno, il desiderio, la possibilità di diventare santi: raggiungere, quindi, quella gloria che il Signore ci ha preparato. E questo richiede che noi acquistiamo sulla terra tanta grazia, perché, se noi acquistiamo molta grazia, avremo molta gloria in paradiso. Diversità fra i beati stessi, quindi…
Ritorniamo, però, a chiarire il concetto di santità. Il Papa Benedetto XIV, che ha scritto il gran libro che si usa ancora adesso per la canonizzazione dei santi, per la beatificazione dei santi2, ha definito in che cosa consista la santità, e ha dato quindi la guida a quei che devono studiare se una persona fu veramente santa, da che cosa si conosceva, si doveva conoscere se la persona era veramente santa. Il Papa ha detto: La santità consiste solo - solo, non in altro - nella conformità al volere
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di Dio, e cioè nel fare la volontà di Dio. Questo, in generale. Ma come si esprime, come si conosce? Questa conformità al volere di Dio si conosce da ciò: che il volere di Dio è espresso nel continuo ed esatto compimento dei doveri di stato3. È lo stesso che ciò che abbiamo detto: sta nell’osservanza dei doveri comuni, nel fare quello che [com]porta il nostro stato.
E farlo però con due aggettivi, fare quel che vuole il Signore, quel che è la volontà di Dio: continuo ed esatto compimento: non un giorno sì e un giorno no, e non le cose fatte malamente, ma esatto compimento! Non che uno si metta a fare un lavoro suo proprio e lo compisca così malamente, svogliatamente, imprecisamente; anche soltanto se ha da far la pulizia, anche soltanto se ha da fare un conto, e poi tutto è fatto…, o scrivere una lettera… è fatto così con disattenzione, con svogliatezza, eccetera: ci vuole il continuo e esatto compimento dei doveri di stato. Noi abbiam scelto uno stato e lo stato è quello di consecrazione al Signore, quello: continuo e esatto compimento dello stato nostro.
Vi sono persone che vogliono raggiungere la santità e vanno cercando dei mezzi, qualche cosa di particolare diverso dagli altri, oppure si prendono un libro di ascetica, di mistica, una vita di un santo o un’altra vita, vanno da un direttore spirituale, da un altro, prendono un metodo, poi ne seguono un altro… Nella vita spirituale ci sono le farfalle e le api. Cosa fan le farfalle? Le farfalle svolazzano da fiore a fiore: sentono un profumo dell’uno, poi svolazzano su un altro, sentono il
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profumo, poi vanno a un terzo e fan passare un po’ tutti i fiori, senza altro [motivo] che sentirne il profumo. Le api non fanno così. Le api cercano il fiore, vi si posano sopra, si fermano, e poi succhiano il succo che c’è dentro, quel materiale che è alquanto dolce, e lo portano nell’alveare e lo lavorano poi, e lì viene il miele, il miele che è un cibo sostanzioso e serve anche per medicinale in certi casi.
Non svolazzare, ma fermarsi e continuare. Non tanti libri, non tanti direttori, non tanti metodi, non consigli troppo numerosi… Scelta una via, si prende ciò che serve a correre, e se invece di andare a piedi, c’è la bicicletta, e se invece della bicicletta c’è ancora l’automobile con cui vai più presto, e allora prendi i mezzi più celeri e più efficaci… e più sicuri: avanti! Ma non domandare di nuovo: Quale strada a destra? Quella lì a sinistra non sarà più bella?. Si prende la via e si segue: non tanti tentennamenti! Non cambiare metodi e mezzi, che uno si sente4 consigliato da una persona, l’altro da un’altra. La via è indicata nella consecrazione a Dio! E cioè, devi vivere la tua consecrazione e il tuo dovere di stato. Esprimilo! In che maniera? Con il continuo ed esatto compimento dei doveri lì, cioè della volontà di Dio che abbiamo giorno per giorno. Non cercate visioni, non pretendete miracoli, non vogliate essere creature eccezionali, non dare nell’occhio: con umiltà, nella continuità, esattezza del compimento del volere del Signore. Maria cosa aveva poi di distinto fra le giovani della sua età? Tutta la sua ricchezza era dentro: l’amor di Dio, la vita sua santissima! Allora, stiamo attenti a non illuderci.
E quale, allora, sarebbe il libro da scegliere, da continuare a leggere? Ve ne sono tanti. Ma nella Famiglia Paolina il libro più sostanzioso che si deve leggere, rileggere, che forma l’oggetto abituale delle meditazioni, delle letture spirituali… quale sarà? Sarà il Nuovo Testamento, cioè il Vangelo con gli Atti degli Apostoli, le Lettere di san Paolo e degli altri apostoli, e fino a qualche capitolo dell’Apocalisse che è l’ultimo libro del Nuovo Testamento; soprattutto i Vangeli e le Lettere di
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san Paolo. Si leggono una volta, poi un’altra, poi un’altra, poi i commenti, si penetrano sempre meglio i concetti. E uno ha una spiritualità cristiana, perché [conosce] Gesù Cristo come ci è presentato dal Vangelo, e Gesù Cristo interpretato da san Paolo nelle sue Lettere. Ecco la vita vostra, ecco il libro divino…
Ma ci son tanti libri!. Si possono conoscere, si apprezzeranno anche, serviranno ad altri, perché nel mondo c’è una varietà di anime… ma presa una strada: quella!, quella! E si può arrivare alle maggiori altezze: perché? Se ci sono anche milioni di libri di ascetica, quello che ha scritto lo Spirito Santo è il migliore, è il Vangelo! Gli evangelisti hanno scritto sotto l’ispirazione dello Spirito Santo: quindi il libro è proprio dello Spirito Santo e ci parla di Gesù Cristo! Allora, quale migliore scelta?
Non essere gente di nessuno spirito, gente che va come le farfalle, odorando qua e là qualche fiore senza ricavarne nessun nutrimento. Anche pochi fiori, ma questo è il gran fiore! Il Nuovo Testamento con i suoi libri: Vangeli, Atti degli Apostoli, Lettere di san Paolo e degli altri apostoli… quello! E non dubitate che qui c’è tutto, c’è tutto. Gli altri libri rappresentano qualche cosa…
Ma non facciam le farfalle! Siamo le api: argumentosa5, l’ape che è pratica, che cerca la vita, l’alimento, e cioè va proprio nel fiore a succhiare l’alimento suo… che poi conservano negli alveari e [vi] si nutrono d’inverno, e vivono così, aspettando poi un’altra volta la primavera per cercare di nuovo sopra i fiori il miele, nuovo miele.
Dunque, non facciamoci un’idea strana della santità, né siamo i lettori di tanti libri: conoscerli, vederli, consigliarli anche, ma… un libro!
Quando ero chierico, avevamo un rettore del Seminario, canonico Danusso. Da sedici anni, alla sua età di sedici anni fino a novantaquattro anni quando è morto, oh, sempre un libro, [lo] stesso: L’Imitazione di Cristo! E quando parlava e
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quando ci faceva la lettura spirituale, le meditazioni, sempre quello! È poi morto in concetto di santità6.
Allora noi dobbiamo attendere a questa santificazione. Che cosa è la santificazione, allora? Già detto. E come si raggiunge? E com’è che è questo compimento del volere di Dio? Com’è? Noi abbiamo ricevuto il germe della santità, ed è la grazia del Battesimo che è la vita soprannaturale: siamo nati allora, piccoli bambini; siamo nati, oltre che alla vita naturale, alla vita soprannaturale. Santificarsi consiste nello sviluppare quella grazia! Cosa vuol dire crescere e il bambino diventare uomo? Ci vuole un altro bambino? No! È lo stesso bambino che lo si nutre con il latte, lo si nutre con i cibi più delicati, poi con i cibi più adatti alla sua età, quindici anni, vent’anni, eccetera… è il bambino che si sviluppa con l’alimento, ecco, è la stessa vita. Così, eravamo bambini ma avevamo la vita soprannaturale: chi va avanti a sviluppar la vita soprannaturale, ecco, quello è la santità. E questo lo raggiunge conformandosi al volere di Dio, espresso nel continuo ed esatto compimento dei doveri di stato.
Quindi: rendere meritorie le opere… farle bene! Cioè continuo ed esatto compimento dei doveri. E ogni compimento del dovere, aumenta la grazia, perché ognuno di noi, che ha la grazia, facendo un’opera buona e facendola bene, acquista un altro merito. Sempre si ha da esser contenti, perché ieri ne avevo dei meriti, ne avevo guadagnato già… oggi ne guadagno di più, anche se mi costa un po’ il dovere quotidiano. Sì, il dovere quotidiano che alle volte è tanto pesante; ma chi pensa che li guadagna e che sale, sale nella santità, eh!, non dice: È sempre come ieri!. Neppure vale quella scusa
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che anime portano alle volte con certa ragione - è che non capiscono bene la vita spirituale -: Ma io ho sempre gli stessi difetti!. E sarà! Però non star lì tanto a pestare su quei difetti! Pensa: voglio fare il meglio quest’oggi, quel che posso di volontà di Dio; il meglio: e cioè farlo bene, farlo lietamente. E intanto, e con certi difetti ce ne sono che non si correggeranno mai! E poi, può essere che un giorno il Signore ci liberi da qualcheduno di quei difetti. Tanto moriremo con dei difetti, ma quel che importa è quest’amor di Dio, quel voler salire, far sempre le cose meglio! Non star troppo a badare a quella zavorra, perché, eh!, vi sono delle persone che non san far questo che è semplicissimo alle volte, una cosa che è semplicissima… e quel difetto non riescono a toglierselo!
Crescere nella volontà di Dio, cioè nell’amor di Dio! Aumentare i meriti oggi! Far tutto per suo amore! Perché così valorizziamo l’azione, valorizziamo la vita, le giornate! Non siamo sempre sul medesimo tavolo, allo stesso piano! Ma si sale! Non vita piatta, orizzontale, ma vita che sale, verticale! Su!
Amore di Dio… verso il paradiso mi preparo ad entrare con gli angeli, con i santi di Dio. Avanti, con coraggio, allora!
Notando bene che ogni azione guadagna più merito o meno merito secondo le disposizioni, anche. E cioè un’azione… supponiamo che abbiate lo stesso ufficio, lavorate nello stesso luogo e magari attorno al medesimo compito… chi guadagna di più, fra di voi che avete fatto la Comunione, che avete sentito la Messa? Chi guadagna di più?
Da due cose dipendono, due disposizioni.
Primo: con quanto amore si fa la cosa, con quant’impegno, quanta generosità. Una può scrivere una lettera e la riempie di errori, e l’altro invece ci mette l’attenzione e la fa bene. Uno ha da fare i conti e alla fine il totale è sbagliato e l’altro invece ha fatto le cose bene e il totale è esatto. Quindi, farlo con amore, che vuol dire con generosità, volentieri, mettendoci la mente, l’applicazione. La prima condizione.
E seconda: dipende dal capitale di grazia che uno ha già. Che cosa vuol dire. Capitale, perché san Tommaso dice: Moltiplicare il capitale […]
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1 Nastro originale 130/62 (Nastro archivio 119b. Cassetta 119, lato 2. File audio AP 119b). Titolo Cassetta: “Santità e volontà di Dio”.
2 Prospero Lambertini (Bologna 1675 - Roma 1758), Papa dal 1740, fu in precedenza Promotore della Fede presso la Congregazione dei Riti (1708-1728), dicastero che allora si occupava anche delle cause dei santi. Grazie alle “sue ampie conoscenze in campo giuridico, storico e teologico” e alla “pluriennale esperienza di impegno e di ricerca” in questo ambito, egli poté fissare e regolare tutto il percorso canonico per le cause dei santi, attingendo dalla lunga tradizione della Chiesa. La sua monumentale opera, De Servorum Dei beatificatione et Beatorum canonizatione, fu organizzata in quattro libri, più un volume di indici, ed ebbe diverse edizioni. Cf La Presentazione della nuova edizione bilingue, curata dalla Congregazione delle Cause dei Santi, e precisamente da Vincenzo Criscuolo: BENEDETTO XIV (Prospero Lambertini), La Beatificazione dei Servi di Dio e la Canonizzazione dei Beati, Testo latino a fronte, I/1, Città del Vaticano 2010, pp. 59-71.

3 Cf ID., La Beatificazione…, op. cit., III/1, Città del Vaticano 2015. Del terzo libro dell’Opera, è stato pubblicato fino ad ora solo il primo tomo. I capitoli XXI-XXIV prendono in esame l’eroicità delle virtù dei Servi di Dio; i successivi capitoli trattano degli scritti, della preghiera, dei sacramenti, delle mortificazioni… Fu Benedetto XV (Giacomo Della Chiesa), Papa dal 1914 al 1922, interprete del pensiero di Benedetto XIV, a coniare questa felice e sintetica definizione della santità. Nel suo discorso in occasione della promulgazione del Decreto sull’eroicità delle virtù del Servo di Dio Giovanni Battista da Borgona (1700-1726), il 9 gennaio 1916, egli disse appunto «che la santità propriamente consiste solo nella conformità al divino volere, espressa in un continuo ed esatto adempimento dei doveri del proprio stato» [le sue parole furono riportate in un altro Decreto sull’eroicità delle virtù del Servo di Dio Antonio M. Gianelli, in AAS 12(1920), p. 173]. Vedi anche AMATO DAGNINO, La vita interiore secondo la Rivelazione, studiata dalla Teologia e insegnata dalla Chiesa, Milano 1960, pp. 223-226.

4 Parola incerta. Può aver detto: perde.

5 Aggettivo latino che sta per: ricca di contenuti ed argomenti. Dal contesto sembra che il PM intenda industriosa: termine adottato solitamente per definire l’ape.

6 Il canonico Vittore Danusso (1847-1936), fu rettore del Seminario di Alba dal 1882 al 1932. Coloro che si sono formati alla sua scuola, come don Agostino Vigolungo e don Angelo Stella, così lo ricordano: «Rettore quasi leggendario, che pensava, parlava ed agiva tutto e sempre… secondo L’Imitazione di Cristo che sapeva a memoria, o meglio “par coeur” nel senso più profondo della parola. E con tutto questo [era] l’uomo delle iniziative più concrete e durature» (Il Cooperatore Paolino, 8-2009, p. 7). L’Imitazione di Cristo «era il suo unico libro, conosciuto a memoria e proposto ai chierici nella quotidiana lettura spirituale» (ANGELO STELLA, Sacerdoti del Novecento Albese, Alba 2004, p. 9).