Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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41. LA SANTITÀ È ALIMENTARE IN NOI
LA VITA DIVINA RICEVUTA NEL BATTESIMO
Esercizi Spirituali, 3° giorno, Castel Gandolfo, 4 agosto 19621


Penso che il vostro desiderio più grande, quello che domina i pensieri vostri in questi giorni, sia farmi santa. E questo è tutto, questo vuol dire la gioia della vita e vuol dire la gioia dell’eternità.
La santità: che cosa è la santità? La santità è lo sviluppo della grazia del Battesimo, lo sviluppo della grazia del Battesimo che cresce. È nato il bambino, piccolino là nella culla e la mamma lo alimenta; e poi a un certo punto il bambino comincerà a nutrirsi, poi avanti, cinque, sei, dieci anni, avanti… è sempre lo stesso bambino che cresce, che arriva ad essere uomo e uomo anche maturo, uomo che davvero ragiona, che sa le sue cose, che compie i suoi doveri, eccetera: è il bambino che si sviluppa. Ma quando il bambino è nato, viene portato al Battesimo e cioè: alla vita naturale che è composta di anima e di corpo, si aggiunge la vita soprannaturale. Una vita soprannaturale che non si vede, ma è la vita divina in noi. È lo Spirito Santo che abita nell’anima, cioè che è la grazia, sì, la grazia di Dio. La grazia è un nuovo organismo sopra l’organismo umano; e allora, come cresce il bambino e diviene uomo, così crescendo la grazia, si diviene santi.
Solamente che l’uomo poi a un certo punto è mortale e [avviene] il disfacimento, cioè la separazione dell’anima dal
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corpo, perché in un posto c’è l’anima e nell’altro va il corpo, va al camposanto. Invece la grazia, piccola grazia2 che ha il bambino… se il bambino per grazia di Dio, per l’aiuto di genitori buoni, eccetera, sta buono, si istruisce nel catechismo, frequenta i sacramenti, prega, è diligente, fa bene i suoi doveri di scuola, eccetera, ecco che cresce dentro una creatura nuova che è la creatura della grazia divina, un essere divino, per cui: è nato un bambino figlio di suo padre; è nato al Battesimo un bambino, ed è figlio di Dio.
Cosicché il bambino ha due padri… è Dio padre dell’anima non solamente perché l’ha creata, ma perché ha infuso la grazia nel bambino. Cioè, c’è in noi un duplice organismo umano e poi l’organismo cristiano o spirituale. C’è la grazia, la grazia è come l’anima dell’organismo spirituale. Noi come persone umane abbiamo la mente, il sentimento, la volontà; come persone cristiane, cioè secondo l’essere cristiano, che è la grazia e la vita divina in noi, la fede nella mente, la carità nel sentimento, e poi la speranza. L’uomo ha tre facoltà - mente, sentimento e volontà - e il cristiano che è diventato figlio di Dio, ha fede che corrisponde alla mente, ha la speranza che corrisponde alla volontà e ha la carità che corrisponde al sentimento: c’è quindi un doppio essere in noi, nel cristiano. E l’uomo che è un ebreo, supponiamo, che non ha ricevuto il Battesimo, è composto di anima e di corpo; invece colui che riceve il Battesimo è composto anche di grazia: anima, corpo, vita divina, grazia. Ora la santità sta nello sviluppare questo essere, farlo crescere come la mamma cresce il bambinetto, e come il bambinetto arrivato ad una certa età, egli avendo l’uso ormai di ragione, cresce, perché le preghiere le fa, perché già capisce un po’ - la mamma ha insegnato -, poi andrà alla Comunione, andrà a confessarsi, ripeterà la Comunione, andrà alla Messa, cresce…
Il regno dei cieli è simile a un granello… [cf Mt 13,31-32]. Pensa a una semente piccolissima che viene immessa nella terra, e questa a poco a poco si sviluppa, viene fuori la piantina,
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diviene una pianta un po’ più alta, sembra un’erbaccia, poi si alza, si alza e viene fino ad essere un grande albero che stende i suoi rami, mette le foglie, i fiori, i frutti… ecco, la santità è così: è uno sviluppo di una vita divina in noi. È tutto!
Aiutare questa vita divina, alimentarla. Si alimenta in due maniere, e cioè: primo, con i sacramenti e con la Messa, con le funzioni; secondo, con i meriti si alimenta.
Il Pane celeste, la Comunione: Io sono il pane disceso dal cielo… la mia carne è veramente cibo [cf Gv 6,51.55]… ecco l’alimento! Il Signore, che ci ha dato questa vita nel Battesimo, l’alimenta perché cresca! E quindi vi è la Confessione, vi è la Comunione, vi è la Messa, vi sono le funzioni varie, i sacramentali, per esempio la lettura della Bibbia che è un sacramentale, oppure le Benedizioni che si danno con il Santissimo, eccetera: queste sono alimentazioni della vita intima, vita divina in noi.
Pensiamo di non lasciar morire questa vita. E chi è che la lascia morire? Chi non va a confessarsi o si confessa male; e chi non va alla Comunione o va alla Comunione male; chi va alla Messa, ma non la sente bene, eccetera. Questa vita può diventar su una pianticella tisica, stremata, e poi alla fine finisce con dissecca[re] e morire: e quante anime perdute così! La santità invece è in chi frequenta i sacramenti, la Messa, le funzioni… e sono l’alimentazione.
Questo è l’alimentazione interna, però c’è anche un’alimentazione esterna. E qual è l’alimentazione esterna per crescere in santità? Il merito, far dei meriti: seconda alimentazione. Cos’è il merito? È qualunque opera buona fatta per il Signore. E se ti alzi al mattino presto per andare a Messa, e se ascolti le persone che devi ascoltare, se adesso studi o se adesso fai la pulizia, se adesso fai ricreazione o [sei a] fare il tuo lavoro, il tuo compito. Tutto questo può esser merito: tutte le parole che si dicono, tutti i movimenti, tutto il parlare e l’andare, il venire, eccetera… tutto può esser merito, il quale alimenta questa vita soprannaturale, dà forza, la fa crescere… meriti.
Cosa vuol dire merito? Vuol dire quello che dipende dall’opera che si fa. Se tu dici una verità, ecco, un merito.
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Supponiamo che dici: Io credo in Dio Padre onnipotente, Gesù ti amo: merita un premio. E ci sono i meriti a rovescio, quando uno merita l’inferno o il purgatorio: invece di dire la verità, dice la bugia; invece di ascoltare e far l’obbedienza, e fa la disobbedienza; e così invece di amare il prossimo, lo odia o ha sospetti, ha giudizi temerari, eccetera. C’è il merito alla gloria, al premio, e c’è il merito del castigo. E quindi dicono: Così ha ucciso una persona: ecco il tribunale [che] dice: Ha meritato dieci anni di reclusione, supponiamo.
Oh il merito! Noi possiamo riempire la giornata da mezzanotte a mezzanotte di meriti! Dal lunedì a mezzanotte fino alla domenica sera a mezzanotte, dal primo momento del mese - cioè primo di agosto, supponiamo - fino all’ultimo momento di agosto: e vi sono quelli che arrivano alla fine di agosto e avran tanti meriti, e vi sono altri che ne lasciano sfuggire tanti.
Cosa bisogna fare per meritare, per quindi arricchire l’anima, per farla crescere… cosa bisogna fare? Che quel che si fa sia buono e sia fatto con retta intenzione e in grazia di Dio.
Sia buono: perché - si capisce - se uno fa una vendetta, non è cosa buona, non merita il premio, il paradiso; non aumenta la grazia se fa una vendetta o se dice una parolaccia o se fa un dispetto o se porta invidia nel cuore o se, per curiosità, sta a guardare e vedere anche ciò che non dovrebbe: allora merita castighi, e non aumento di grazia e di vita soprannaturale… no. Dunque, prima bisogna che l’opera sia buona, come fate tutti; infatti, dalla mattina alla sera le vostre cose sono tutte prescritte dall’obbedienza: quindi possono essere tutti meriti.
Secondo: farle con retta intenzione. Retta intenzione perché, se l’intenzione è falsa, guasta l’opera; e se è falsissima, proprio la rende anche peccato: per esempio, fare la Comunione solamente per essere visti è intenzione falsissima che diviene anche peccato. Ma alle volte si fanno le cose solo per farsi vedere e per sfuggire un rimprovero, eccetera… allora è un’intenzione che non è proprio peccato, ma non è buona e l’opera non vale niente: l’hai fatta per te, per farti vedere; ti hanno stimato buona, e basta: hai già avuto il premio… Gesù
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non ha più niente da darti. Quindi ci vuole l’opera buona e la retta intenzione. Naturalmente che uno sia in grazia di Dio, che non abbia il peccato sulla coscienza.
Il merito, quindi… il merito che alimenta questa vita soprannaturale, questa vita di grazia, questo essere cristiano divino che è in noi, questa vita soprannaturale che è nata nel battistero. Riguardo quella persona, dopo una vita così buona, il parroco aveva detto, parlando di lei alla sepoltura: Ecco là dove è nata al battistero, alla vita nuova, ed è sempre cresciuta, e questa chiesa è testimone. Ogni giorno la Messa, ogni otto giorni la Confessione, Comunione quotidiana, e avanti numerava le opere buone. E vi sono quelli che sono stati battezzati, ma poi come vivono? Oh, volete farvi sante? Primo elemento: sacramenti, Messa, come ho detto; secondo, i meriti.
Adesso, uno vorrebbe domandare: Ma come si fanno i meriti?. Vedete, il merito può essere più grande e più piccolo, pur facendo la stessa cosa. Supponiamo, [uno] va a scuola e vuole riuscire in una carriera, e questo va bene, è un’intenzione umanamente buona questa; però soprattutto guarda di farsi una posizione per vivere bene, per cioè avere il pane e occupare un buon posto in società, così: quindi è questo pensiero che domina. Invece ci può essere una persona la quale studia proprio per conoscere meglio Dio e per fare il suo lavoro utilmente per le anime, per il prossimo. L’intenzione può esser diversa, cioè vi è uno che fa le cose con rettissima intenzione, che vuol dire per puro amor di Dio, e vi sono persone che le fanno con un po’ di mescolanza, un po’ intenzione umana e un po’ intenzione soprannaturale: quindi il merito è minore. Quindi, le opere buone guadagnano in primo, diciamo, luogo3… farle con grande amore per Dio, per la sua gloria, per il paradiso: e più c’è questa retta intenzione e più si guada[gna]. Dipende dall’intenzione, cioè dall’amore con cui si fa una cosa. Per esempio, uno che arrivasse a far tutte le cose proprio per la gloria di Dio, allora
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l’amore è perfetto: non c’è di più. Ci possono essere gradi di amore più perfetto o un po’ meno perfetto, ma è sempre perfetto… tuttavia ci sono dei gradi, e man mano che si va avanti vi sono delle anime che offrono tutto per il Signore. Fare le cose per la gloria di Dio è più perfetto che non farle per il paradiso soltanto, perché lì è vantaggio nostro; invece là è per dare gloria a Dio, per vantaggio di Dio. Quindi le opere buone che si fanno possono avere diversi gradi di merito: dipende dall’intenzione. E due son lì e hanno fatto la Comunione assieme, hanno passato la giornata assieme, hanno studiato, hanno lavorato, hanno pregato assieme, hanno mangiato assieme, hanno fatto ricreazione assieme, ma la sera il merito guadagnato non è uguale: dipende dall’amore con cui si fanno le cose. Primo motivo per aumentare i meriti.
Adesso poi un secondo motivo, che è un po’ più difficile, ma forse per alcune è anche più semplice, ma per qualchedun’altra può esser più difficile. Oh! Dipende dal capitale di grazia che ogni anima ha, cioè di quanto di santità e di merito ha già, quanto è già alimentata e quanto è già cresciuta nelle sue grazie. Il capitale è quella santità già accumulata, quei meriti e quella grazia già accumulati.
Adesso facciamo l’esempio: uno può guadagnare, può avere, meglio ancora, cento lire, può avere, invece, centomila lire, può avere cento milioni, ecco… e cioè uno può avere cento di grazie, già di meriti avuti, può avere centomila di merito, di grazia, di santità già, e può avere cento milioni già di grazia e di santità. Adesso fa un’opera buona, dice una giaculatoria o fa una comunione spirituale o usa un atto di pazienza con una sorella, oppure cerca di scrivere meglio, perché è dovere scrivere bene, fa la pulizia e la fa bene, eccetera… o studia o fa altro d’importanza. Quello, supponiamo, è un merito che conta due. Allora, se è cento il numero da moltiplicare, moltiplicar per due, cosa fa? Duecento. Ma se sono già centomila meriti, c’è già la grazia equivalente a centomila gradi di gloria, di grazia e di gloria, moltiplicare per due saranno duecentomila. Se invece ha già un milione e si moltiplica per due, perché anch’essa ha detto una buona giaculatoria quella
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persona, ha fatto un atto di pazienza, è stata più fervorosa nella preghiera, eccetera… aveva già cento milioni, moltiplicato per due fa duecento milioni. Vedete come si cresce? Ora Maria che è nata, cioè concepita con tale quantità di grazia che superava già nella Concezione Immacolata tutti i santi in punto di morte, [li] superava già… ogni sua azione, ogni sua preghiera, ogni sua parola ben detta, eccetera, moltiplicava sempre. E allora quando sono già duecento milioni, se fai di nuovo un’opera buona, moltiplichi per duecento milioni, fai quattrocento se quell’opera buona vale due. Si cresce in proporzione geometrica… e seppure non corrispondiamo del tutto, perché i paragoni non spiegano mai tutto, ma la sostanza è quella: si moltiplica il capitale di grazia e di merito. Di grazia e di merito, che vuol dire: capitale di grazia, capitale di gloria. Fino alla morte lo porti: è sempre grazia, santità; spinta la porta dell’eternità con il mezzo della morte, ecco sei a godere il capitale, di grazia non più soltanto, ma di gloria eterna!
Ecco, se volete farvi sante! Alimentare questa pianta, che era piccola, che è stata messa in buon terreno, che è ripulita dalle erbe che ci sono attorno quando è già un poco su… quando la si innaffia, la si concima, e poi la si sfronda dalle edere4, dai rami cattivi, inutili… che è una grande pianta «secus decursus aquarum»5 [Sal 1,3], piantata lungo le acque eucaristiche! Ecco la pianta che allarga i suoi rami quanto è la terra, perché ancora è grande, pensa a tutte le anime, prega per tutti, pensa alle vocazioni: ché vorrebbe mandare dappertutto delle anime ad operare il bene. Cresce: quindi i rami che si spandono, le foglie che fanno ombra, all’ombra delle quali possono crescere anime, difese, aiutate… fiori di propositi, fiori che mandano un soavissimo odore… e poi dopo frutti, frutti e frutti!
Allora adesso finiamo con una dichiarazione o definizione: il Papa ha definito in cosa sta la santità, in cosa consiste, Papa Benedetto XV, quando si fanno i processi per assicurare che siano veramente sante quelle persone che sono presentate
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per la beatificazione o canonizzazione: La santità consiste nella piena conformità al volere di Dio, che tu faccia la volontà del Signore, piena conformità al volere di Dio. Piena vuol dire volonterosa, generosa conformità al volere del Signore. Poi, come si dimostra questa conformità al volere di Dio? Il Papa dice ancora: Si dimostra con l’esatto e continuo adempimento dei doveri di stato6. Esatto e continuo adempimento dei doveri di stato: cosicché, ognuno nel suo stato, se in continuità e con esattezza compie i doveri di stato, ecco, dimostra che vive conformemente al volere di Dio… è santa, un santo.
Dunque, riassumendo: la santificazione consiste nello sviluppare l’essere divino che è in noi, cioè la vita di grazia e vita divina. Si sviluppa in due maniere, cioè alimentandola: [in] una maniera intima che viene da Dio, cioè l’Eucarestia, il sacramento della Confessione, la Messa, i sacramentali; secondo, con i meriti; i meriti, cioè le opere buone che hanno tanto più merito quanto migliore è l’intenzione e quanto è già grande il capitale di grazia di prima, di santità di prima.
E allora riassumendo tutto: la santità consiste nella conformità piena al volere di Dio… provata, dimostrata in che maniera? Con l’esatto e continuo adempimento dei doveri di stato: cioè i genitori come genitori, la religiosa come religiosa, noi come sacerdoti… i doveri di stato, cioè di cristiani e di stato più particolareggiato, cioè la nostra vita religiosa.
Ah, come è sicura la nostra santificazione! Perché siamo aiutati dalla grazia di Dio e da chi ci assiste che vive con noi, con i suoi esempi, con l’aiuto e l’assistenza, e con la preghiera, eccetera… La vita comune, poi, facilita tanto la santificazione… tanto tanto!

Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 136/62 (Nastro archivio 123b. Cassetta 123, lato 2. File audio AP 123b). Titolo Cassetta: “Che cosa è la santità”.

2 Sta per: grazia iniziale.

3 Qui il PM si esprime incespicando, e dice: mezzo.

4 Parola incerta.
5 «[Piantato] lungo corsi d’acqua».

6 Vedi pp. 200-201, note 2-3. Notiamo che qui il PM riconosce coerentemente la paternità di questa definizione a Benedetto XV. Va ricordato inoltre che anche il Codice di Diritto Canonico, promulgato nel 1917 dallo stesso Papa Benedetto XV, contiene una lunga sezione sullo svolgimento dei processi nelle cause di beatificazione e canonizzazione (liber quartus, pars secunda, cann. 1999-2141).