Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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25. IL RINGRAZIAMENTO ALLA COMUNIONE
con atti di fede, speranza e carità
Meditazione, Torino (SAIE), 19 giugno 19621


Ci avviciniamo alla festa del Corpus Domini, cioè la celebrazione della Santissima Eucarestia: Gesù Cristo sempre presente in mezzo di noi, nelle nostre chiese, presente realmente, corpo, sangue, anima e divinità. Oh, allora un pensiero sopra il ringraziamento alla Comunione.
Il ringraziamento alla Comunione è di tanta importanza. Si deve anche fare la preparazione, però il ringraziamento è far render la Comunione, non solo la presenza di Gesù, ma proprio prestarci e disporci a lasciar vivere Gesù Cristo in noi, a farlo vivere in noi fino al «vivit vero in me Christus» [Gal 2,20], vive veramente in me Gesù Cristo. Il ringraziamento.
Questo corrisponde all’altro fatto: quando uno ha mangiato, non va immediatamente a lavori seri di testa, che importano una occupazione che impedisce un po’ la digestione; invece, dopo che ci siamo cibati, qualche cosa di materiale o ricreazione o riposo, perché si compia la digestione. E non saremmo nutriti, se non si digerisse, ecco: non basta che il cibo sia masticato, ma bisogna ancora che sia in noi digerito così da trasformarsi in sangue, e questo sangue che nutra i tessuti, le ossa, i nervi, tutto… in sostanza la parte materiale dell’uomo. Il Signore ha dato all’uomo il cibo necessario, ha creato tutto quel che è necessario per la vita dell’uomo… e
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quindi ci sono le carni, ci sono i frutti della terra, il grano, la frutta, gli ortaggi, vi è tutto il necessario per la vita materiale. Ma Gesù, «Panem de caelo praestitisti eis»2, ci vuole nutriti di un Pane che riguarda lo spirito, l’anima, e la Comunione è proprio il prendere questo cibo: Prendete e mangiate. Prima ha detto: Prendete e mangiate, poi ha consecrato, cioè ha trasformato il pane nel suo corpo: Prendete e mangiate: questo è il mio corpo [cf Mt 26,26]. Perciò la Messa, per esser completata, quando si ha? Quando si prende anche la Comunione o si è presa la Comunione in una delle Messe perché, se si sentono due Messe la domenica, basta una Comunione. Ma la consecrazione non è solo per rappresentarci e portare sull’altare il Calvario, sì, ma è, la consecrazione, proprio perché dopo ci cibiamo. Perciò i primi cristiani non distinguevano la Messa dalla Comunione: si radunavano, avveniva la consecrazione, ed era cosa comune ogni giorno la Comunione… come ascoltavano la Messa, assistevano al sacrificio, così se ne nutrivano.
Ora, se per il cibo materiale, perché sia trasformato in nostro sangue, è necessario che dopo ci sia una occupazione o qualche cosa che permetta al corpo di fare la digestione, così per la Comunione.
Sant’Alfonso raccomanda la Comunione, ma seguita da un buon ringraziamento; lui dice mezz’ora di ringraziamento3, ma vi è un ringraziamento che è diretto ed un altro che è indiretto. In ogni modo, noi sappiamo che per la digestione, cioè perché Gesù nutra veramente il nostro spirito, ci vuole
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questo periodo, questo tempo che chiamiamo ringraziamento. Digestione… non solamente gestione, che vuol dir portare: che noi dopo portiamo Gesù con noi; ma digerirlo, cioè: che egli trasformi l’anima nostra sempre più in sé, fino a viver lui in noi, e a dominare l’anima nostra, e illuminare l’anima nostra, e fortificare l’anima nostra, e orientare l’anima nostra verso il Signore, verso Dio e il paradiso, in maniera che la vita poco a poco si trasforma. Ma se avviene o che non fanno mai la Comunione, e la Messa non la capiscono neppure, e poi la Comunione forse la fanno qualche volta l’anno oppure anche meno che una volta l’anno… sono stati sul Calvario e non hanno portato i frutti, i frutti pieni a cui è ordinata la Messa, e cioè prendete e mangiate… quindi la consecrazione.

Oh! Vi è però il ringraziamento diretto e il ringraziamento indiretto. Diretto: cosa contiene? Contiene tre formule, cioè tre atti, meglio; poi le formule, le preghiere che ci sono nei nostri libri4, o anche il ringraziamento liturgico, eccetera… contengono sempre tre atti e si devono far questi tre atti: atto di fede, speranza e carità. E se uno non sa fare altri atti, e se magari non ha il libro per leggere le preghiere dirette come ringraziamento, dica l’Atto di fede, speranza, carità.
Atto di fede: cioè che Gesù trasformi i nostri pensieri e ci dia lo spirito di fede, ci faccia credere a tutte le verità che ha predicato, tutte le verità che la Chiesa insegna. Credere a Gesù Cristo, nostra salvezza, nostro Redentore, nostro Maestro… E si può fare in tante maniere, ma in sostanza è un atto di fede: che Gesù… crediamo lui entro di noi. Prima guardavamo l’Ostia: speriamo che tu venga a me; adesso parli con Gesù che è in te, che è in noi.
L’atto di speranza che consiste nel domandare al Signore la grazia di vivere bene e di arrivare al paradiso, mediante il suo aiuto, per la sua misericordia, per i meriti di Gesù Cristo, che facciamo le opere buone: mediante le opere buone che io debbo e voglio fare. Sì, che io devo fare quest’oggi del
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bene: e sarà il mio lavoro, il mio apostolato, e sarà l’ufficio che ho in particolare come mi è assegnato, e le relazioni che tengo con le persone vicine e con le persone anche un po’ più lontane, e l’apostolato, tutto quel che facciamo, sì, offerto al Signore: per te, Gesù, per il paradiso! E allora Gesù unisce la sua grazia, unisce i suoi meriti: quell’azione fatta diviene soprannaturale, e quindi merita non solamente per qualche cosa della vita presente, ma per la vita eterna; cioè, non solamente per dire: i conti li hai fatti bene e questo lavoro di pulizia l’hai fatto bene, eccetera…, ma che quello [che viene fatto] guadagna i meriti di vita eterna, in quanto speriamo che essendo opere fatte secondo Gesù Cristo, secondo la volontà di Dio, Gesù Cristo aggiunge la sua grazia, le trasforma in opere soprannaturali, meritorie per la vita eterna… e alla sera quelle opere sono già andate sulle porte del paradiso e ci accompagneranno poi al premio. Quindi il secondo atto è un atto di speranza, comunque venga fatto: fiducia in Dio! Che non facciamo del male nella giornata e che facciamo del bene… e alle opere buone che facciamo il Signore aggiunge i suoi meriti.
E terzo è l’atto di carità, di amor di Dio, e di amore al prossimo. Amor di Dio: che gli vogliamo bene e vogliamo ascoltarlo. Amore al prossimo: che vogliamo far l’apostolato, ad esempio, o altri atti che sono di carità, come far la cucina, come far la pulizia, come fare quello che riguarda tutto insieme anche le persone esterne, gli altri: eh, si possono servire gli altri in tante maniere. E poi noi, a nostra volta, siamo serviti, siamo serviti persino alla mensa celeste, se il sacerdote dà il Pane celeste: «Panem de coelo praestitisti eis». Tutto allora vien trasformato in amore a Dio, in desideri e meriti per il paradiso. Avanti, allora! Poi, quello è per ringraziamento diretto, che può essere più o meno lungo; può essere che uno invece prolunghi di più la preparazione, perché prevede che dopo non avrà tanto tempo per il ringraziamento; oppure ci sono altre cose di pietà da fare: c’è il rosario da dire, c’è l’ufficio della Madonna da recitare, ci sono le pratiche che avevi [da fare]… ma tutto è perché digeriamo!
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Che cosa è la santità? È la vita di grazia, cioè la vita soprannaturale, che abbiamo ricevuto nel Battesimo. E tutto il lavoro di santificazione sta nel ripulire quello che è impuro, quel che dispiace a Dio: togliere i difetti; e soprattutto nutrirci: perché il bambino viene nutrito dal latte, poi la mamma comincia a svezzarlo a cibi meno duri, solidi, e a poco a poco lo avvia e il bambino va crescendo, crescendo crescendo… finché viene uomo, maturo; così la nostra vita spirituale! Abbiam ricevuto questa vita spirituale nel Battesimo, ma le Comunioni continuano a nutrirci del Pane celeste: e allora l’anima si irrobustisce, si ripulisce da quello che non piace al Signore, e la grazia allora cresce in noi. Diventiamo sempre più cristiani in sostanza, cioè più conformi a Gesù Cristo, finché si è degni di entrare in paradiso. E se uno si è tanto purificato, e specialmente si è nutrito tanto bene della Comunione e ha compìto sempre tanto bene questi atti di fede, speranza e carità, eccetera, si prepara più direttamente. Forse qualcheduno, non preparandosi bene, dovrà ancora finire la preparazione in purgatorio ma, ad ogni modo, è l’anima che si irrobustisce, che vien degna di Dio, sempre più partecipe alla vita di Gesù Cristo.
E se poi uno ha i voti, allora la vita cristiana più perfetta; perché non c’è altra spiritualità che la vita cristiana, che può essere di un grado, quella dei cristiani comuni, e quella in grado più perfetto che è quella dei religiosi, delle anime consecrate a Dio.
Ecco, dunque, importanza alla Comunione; non solo, ma al ringraziamento. Perché fede? Perché Gesù Cristo è verità. Perché atto di speranza? Perché Gesù Cristo è via. Perché atto di carità? Perché Gesù Cristo è vita. È sempre il Maestro che abbiam presente, Maestro perfetto che è verità, che è via e che è vita.
Oh, allora avanti nel vostro spirito buono! Preparazione al Corpus Domini… ringraziamento.
Darci se stesso in cibo! Chi poteva sognare che il Figlio di Dio incarnato arrivasse a questo punto di estrema carità? Prendete e mangiate: questo è il mio corpo [cf Mt 26,26]. E
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a questo atto di grande amore per noi, di infinito amore per noi, rispondiamo con l’amore, e lo mostriamo particolarmente dopo la Comunione! Poi allora nella giornata lo si ricorda ancora, eh!, ma specialmente il ringraziamento immediato.

Continueremo un altro giorno su questo pensiero.

Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 129/62 (Nastro archivio 117b. Cassetta 117, lato 2. File audio AP 117b). Titolo Cassetta: “Il ringraziamento alla comunione”.

2 «Hai dato a loro un pane dal cielo». Dalla formula della Benedizione Eucaristica.
3 Cf ALFONSO MARIA DE LIGUORI, Confessore diretto per le confessioni della gente di campagna in Opere Morali Italiane, IX, pp. 641-782, Torino 1880, XXI, II, 37: «Il ringraziamento dopo la comunione ordinariamente dovrebbe essere di un’ora; ma almeno sia di mezz’ora, in cui l’anima dee trattenersi in affetti e preghiere verso quel Dio, che s’è degnato di venire a posarsi nel suo petto. Il tempo dopo la comunione è tempo di guadagnar tesori di grazie. Dopo la comunione (dice s. Teresa), non perdiamo così buona occasione di negoziare. Non suole Sua Maestà mal pagare l’alloggio, se gli vien fatta buon’accoglienza»; Atti per la Santa Comunione, in Opere Ascetiche, IV, pp. 395-408, Roma 1939: «Oh che tesori di grazie riceverai, anima divota, se seguiterai a trattenerti con Gesù dopo la comunione almeno per un’ora o mezz’ora almeno!».

4 Cf Preghiere, ed. 1957, pp. 22-29; ed. 1985, pp. 45-50.