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LA GRAZIA SANTIFICANTE - III
«Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore! Io dunque, con la mente, servo la legge di Dio, con la carne invece la legge del peccato» (Rm 7,21-25).
1° L’umiltà dispone il cuore alla grazia; la preghiera la fa discendere dallo Spirito Santo in noi. Gli effetti di essa sono:
a) La conversione del cuore, per cui l’uomo passa dalla morte alla vita. È la vittoria sul peccato e la risurrezione spirituale in Cristo.
b) La perseveranza. Il cristiano che ha incominciato a camminare su la buona via con costanza va innanzi senza deviare sino alla morte. Che se per disgrazia è caduto, di nuovo si rialza, si pente, e riprende il retto cammino: in modo da passare all’altra vita nell’amicizia di Dio.
c) Santità eroica: è quella dei santi elevati agli onori degli altari. Essi esercitarono la fede, la speranza, la carità in grado non comune; o perché compirono atti non comuni; o perché nelle virtù comuni furono più che comuni per la diligenza, la carità, la perseveranza.
d) La santità mistica, quella dei santi che ebbero doni straordinari: visioni, estasi, rivelazioni.
e) Santità privilegiata: come quella di Maria SS., di S. Giuseppe, di S. Giovanni Battista.
2° Più di tutto è da curarsi la santità | comune. A questa tutti sono chiamati. Consiste nella unione con Gesù Cristo, sempre più intima e stretta, man mano che passano gli anni. Gesù cresceva in sapienza, età e grazia.
L’adempimento dei doveri quotidiani secondo il proprio stato, la fuga dei difetti volontari, il lavoro per corrispondere alla propria vocazione, la preghiera assidua e l’uso frequente dei sacramenti sono i grandi mezzi.
Il buon cristiano ha grande cura di acquistare la grazia quando cade in peccato, e di accrescerla con le buone opere se già la possiede. Egli ricorre continuamente a Dio nelle sue necessità; per lottare contro il potere delle tenebre: «Poiché non è la nostra lotta col sangue e con la carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori del mondo delle tenebre, contro gli spiriti maligni dell’aria... in ogni cosa impugnando lo scudo della fede su cui possiate spegnere tutti i dardi infuocati del maligno» (Ef 6,12-16).
Due principi da ritenersi costantemente: che il Signore ci ha creati e ci vuole santi; che a tutti sono offerte le grazie necessarie, perciò «chi vuole si fa santo».181
3° Questa grazia è il gran tesoro, eterno. Il regno dei cieli è simile ad un commerciante che va in cerca di perle preziose. Ne trovò una che era bellissima: allora diede tutto, vendette tutto per acquistarla.182 I santi hanno dato tutto, talvolta anche la vita, pur di salvarsi.
Esame. – Cerco di arrivare alla santità nel mio stato? Stimo, amo i doveri quotidiani? Li compio bene? Cerco questa santità comune?
Proposito. – Ricorderò: «Chi vuole si fa santo». Ogni scoraggiamento è tentazione del demonio.
Preghiera. – Signore, fate che io conosca sempre meglio il pregio della grazia, sempre più la stimi, sempre più la cerchi.
«Io l’ho anteposta ai regni e ai principati; ho creduto un nulla le ricchezze in confronto di essa. Non l’ho nemmeno paragonata alle pietre preziose; l’oro migliore è come un po’ di arena o di fango innanzi ad essa: vale immensamente più dell’argento. L’ho amata più della sanità e della bellezza; essa è un lume inestinguibile. Con essa mi venne ogni bene».183
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181 Don Alberione si riferisce al titolo di un libro, probabilmente noto ai suoi lettori, ma di cui ignoriamo l’autore. Vi farà allusione anche in una predica del 1956: «È stato scritto un libro intiero col titolo: “Chi vuole si fa santo”. E non parla mica solamente dei religiosi o delle religiose, parla di tutti i cristiani in generale. Quindi tutti hanno le grazie per eseguire la volontà di Dio, per praticare, compiere la volontà di Dio in quello stato in cui da Dio sono chiamati» (Don Alberione alle Pie Discepole del Divin Maestro, marzo 1956).
182 Cf Mt 13,44-46.
183 Cf Sap 7,8ss. Don Alberione applica alla grazia quanto l’Autore sacro afferma circa la sapienza.