Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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29. «CHI MANGIA DI QUESTO PANE VIVRÀ IN ETERNO» (Solennità del Corpus Domini)

Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via A. Severo 56, 9 giugno 19661

L'Epistola di san Paolo2. Egli, san Paolo descrive l'Ultima Cena, quando Gesù Cristo ha consacrato il pane e ha consacrato il vino. Così Gesù Cristo, vivo e vero.
...Perciò, chiunque mangerà questo pane e berrà il calice del Signore indegnamente sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ciascuno dunque esamini se stesso e così mangi di questo pane e beva di questo calice; chi infatti mangia e beve indegnamente senza discernere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna.
E cioè, non si tratta di mangiare il pane comune, ma si tratta di mangiare il pane eucaristico, cioè Gesù Cristo, nell'Ostia santa. Quindi, prima della comunione, «esamini ciascheduno se stesso». Ecco, questo lo facciamo specialmente all'inizio della Messa: «Mi confesso a Dio onnipotente, ecc.».
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Poi vi è il Vangelo1 che corrisponde alla Epistola.
La mia carne è veramente cibo e il mio sangue è veramente bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me ed io in lui. Viene in noi Gesù Cristo vivo e vero e rimane sacramentalmente finché si consumano le sacre specie. Poi rimane Gesù Cristo, il Figlio di Dio incarnato, e allora, insieme a Gesù Cristo, Figlio di Dio, si uniscono il Padre e lo Spirito Santo; formano un Dio solo in tre Persone, e così rimane in noi la Santissima Trinità. In quanto si vive in grazia di Dio, la Santissima Trinità abita in noi, e allora il nostro cuore è il tempio della Santissima Trinità, sì.
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Oh! Quindi, si è da portare in noi la vita in santità, e poi l'aumento ancora, secondo noi operiamo, della grazia del Signore; e cioè la Santissima Trinità abita [in noi], e viene glorificata la Santissima Trinità in modo e nella maniera in cui noi operiamo. Sì, quindi vivere, per quanto è possibile, santamente; e che siano buoni i pensieri, e buone le parole, e buoni i sentimenti, buoni i desideri, allora ci uniamo sempre di più alla Santissima Trinità. E poi, se noi diventiamo più tiepidi o indifferenti, ecco allora la negligenza a questo riguardo, la negligenza... sì, può ancora abitare la Santissima Trinità, ma la comunicazione delle grazie e dei meriti risponde alle disposizioni che abbiamo in noi. Il sacramento opera da sé ex opere operato, ma quando noi operiamo in bene; o quando operiamo non bene...
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Ora, fra le grazie che abbiamo da chiedere al Signore: seguire bene la Messa, sempre meglio.
La Messa ha quattro fini: primo è l'adorazione, adorazione di Dio; secondo, il ringraziamento a Dio; e terzo, la soddisfazione, riparazione di tutti i mali; e quarto, la supplica delle grazie. Ora, i due primi fini: l'adorazione, [il] ringraziamento.
L'adorazione è in Gesù Cristo che adora il Padre. E questa adorazione è di valore infinito; è di valore infinito in quanto che, è Gesù Cristo che onora il Padre, e quindi Gesù Cristo porta al Padre l'adorazione, cioè la glorificazione del Padre celeste, perché opera lui nella Messa; noi possiamo accompagnare Gesù Cristo nella Messa, accompagnarlo, Gesù Cristo, nell'onorare il Padre celeste. Questo è di valore infinito; a noi partecipa il merito di avere fatto questa adorazione, questa glorificazione. Valore infinito. Opera in sé, anche se la Messa fosse celebrata malamente o assistita malamente, però la gloria infinita Dio l'avrà sempre, l'ha sempre. Però se noi non sappiamo portare le disposizioni, è sempre colpa nostra; ma la gloria del Padre celeste ci sarà sempre perché è dal Figlio; il Figlio che è santissimo, onora il Padre santissimo.
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Poi vi è il ringraziamento. Anche Gesù ringrazia nella Messa, ringrazia il Padre celeste. Ringraziamento al Padre celeste. Ha valore infinito il ringraziamento da parte di Gesù Cristo, che è il Figlio di Dio incarnato, che onora e ringrazia il Padre; ha valore infinito Gesù Cristo nel ringraziare. Ma per noi, sì, secondo le disposizioni; e cioè, che noi ringraziamo il Signore di tutte le cose che ci ha dato: la creazione del mondo, la creazione nostra dell'anima, e il battesimo, e [la] vocazione, e tutte le grazie quotidiane che il Signore ci dà e che ci ha dato. Sì, in sé ha il valore infinito; quanto poi a ringraziare da parte nostra, il Deo gratias ha il valore in proporzione che noi ringraziamo, per parte nostra, per i benefici ricevuti, e se sentiamo in noi nell'intimo, la riconoscenza al Signore. E allora il ringraziamento è ex opere operato, come si studia in teologia.
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Poi vi sono i due fini: la soddisfazione o riparazione; e poi l'impetrazione.
La soddisfazione di tutti i peccati, in primo luogo, nostri, di tutto quel che c'è stato nel corso della nostra vita; e poi anche ultimamente, e quello che magari il giorno prima abbiamo commesso delle venialità, o trascuranze particolari, ecc.
Per sé la soddisfazione, redenzione, è piena da parte di Gesù Cristo. E quanto alla soddisfazione, riparazione, [da parte nostra], è in proporzione delle nostre disposizioni: se abbiamo veramente il dolore [dei peccati], il proposito di non farne più, e invocando la grazia del Signore di non commetterne più. Perché, la confessione scancella, ma quanto alla riparazione è altra cosa, secondo portiamo il nostro pentimento nella Messa e secondo che mettiamo l'impegno per non più commetterne. Non basta accusare e dire non farne più, ma poi vigilare per non ricadere. E se c'è un pentimento vivissimo, si sarà scancellata anche la pena, e quindi si evita il purgatorio; diversamente si deve poi soddisfare nell'eternità, soddisfare nel purgatorio perché in paradiso non entra niente di colpevole1.
Quindi, il valore della soddisfazione da parte di Gesù Cristo è infinito, per tutti i peccati del mondo; ma dipende dalla nostra disposizione buona, dal dolore dei nostri peccati, quindi, l'applicazione che riguarda [noi]. E poi possiamo anche soddisfare o almeno chiedere la misericordia di Dio per anime che sono poco disposte. Quindi in sé la Messa ha valore infinito; l'applicazione dipende dalla nostra disposizione personale. Quindi sta da noi, questo; l'applicazione del sangue di Gesù Cristo, secondo la misura del nostro dolore, delle disposizioni.
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Poi c'è la quarta parte della Messa: la petizione; cioè la domanda, chieder le grazie. Il valore della Messa, in sé ha sempre valore infinito; ma applicarsi le grazie dipende dalle disposizioni nostre: quanto c'è di fede, quanti sono i propositi, e quale è l'impegno di evitare il male, e come vogliamo progredire in santità e vivere in Cristo. Sì, quanto sono le disposizioni nostre. Per sé la Messa ha valore infinito; quanto l'applicazione, secondo le disposizioni che noi portiamo alla Messa. Oh! Allora, chiedere tutte le grazie, ed è il momento di fare i propositi. Ora, generalmente si segue la Messa così, come viene celebrata; però dev'essere, prima, la disposizione, le disposizioni, sì.
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Oh! Che cosa, allora, abbiamo considerato: la Messa ha i suoi quattro fini: l'adorazione, il ringraziamento, soddisfazione e supplica, sì. Almeno nella prima Messa che si ascolta o alla quale si partecipa, la Messa che celebriamo e in cui facciamo la comunione... poi nelle altre Messe si possono considerare le quattro intenzioni1. Notando che nella Messa il Signore ci [si] comunica come Parola, verità, e come cibo, e, nello stesso tempo, adorazione, ringraziamento, soddisfazione e supplica. È questa la massima preghiera: la Messa. [Ci] son tante preghiere, sì, c'è il Breviario, c'è il Rosario, ci son tante preghiere; ma la preghiera centrale è veramente la Messa; particolarmente se c'è la comunione insieme nella Messa.
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Oh! Unirci, se vogliamo, a Maria. Come Maria contemplava il suo Figlio crocifisso pendente dalla croce; e come assistette quella santa Messa, Maria, che è durata tre ore di agonia del Figlio suo, Gesù Cristo. E poi il dono che il Signore diede a noi: «Donna, ecco tuo figlio»1. «Giovanni, ecco tua Madre»2. Così dobbiamo presentarci. E cerchiamo di ascoltare la Messa con Maria: con Maria quando Gesù Cristo veniva inchiodato sotto [il suo] sguardo, poi l'elevazione della croce, e poi le tre ore di agonia, e poi: inclinato capite, emisit spiritum3: piegò la testa e spirò. Oh! questo per la Messa.
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Però c'è sempre da pensare l'Adorazione, che è il vostro dono, l'Adorazione, due ore di Adorazione, che si possono anche dividere: un'ora, un'altra ora; o un'altra divisione. Ma però, che siano fatte, sì, le due ore quotidianamente1. È un gran dono di Dio. Che siamo riconoscenti, e riconoscenti nella maniera di far sempre meglio le Adorazioni, sì.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 137/a (= cassetta 217/a.1). In PM, nessun accenno cronologico (cf PM e nostra nota in c325). - dAS, 9 giugno 1966: «m.s.» (cf dAS in c9).

2 1Cor 11,23-29.

3 Gv 6,56-59.

1 Cf Ap 21,27.

1 Il PM si riferisce a questo periodo di tempo in cui non vi è concelebrazione e nella Famiglia Paolina vi è l'uso di ascoltare due Messe nelle domeniche e nelle feste fuori della domenica.

1 Gv 19,26.

2 Gv 19,27.

3 Gv 19,30.

1 Le Costituzioni delle Pie Discepole del Divin Maestro impegnano due ore di Adorazione eucaristica, ogni giorno. Cf articolo n. 258, lettera a dove si dice: «Le Pie Discepole fanno quotidianamente a turni continuati, giorno e notte, due ore di adorazione al Santissima Sacramento in spirito di riparazione e suppplica...».