Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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VII
LA MORMORAZIONE1


Tanti anni fa sono andato in una casa e ho visto nel parlatorio un bellissimo mobile nuovo. Poi, recentemente, di nuovo sono andato in quella casa e quel mobile era tutto tarlato, e stava ancora in piedi così come poteva. I tarli lo avevano roso interiormente. I tarli delle comunità sono le mormorazioni. I tarli delle comunità, cioè le mormorazioni fanno perdere lo spirito di obbedienza, lo spirito di carità, di bontà e offendono il Signore; portano l’indifferenza e rovinano l’obbedienza. E allora questa sera meditiamo un po’ sopra questo peccato. Anzi, vorrei dire, su questo vizio, più che un peccato: mormorare degli ordini ricevuti, mormorare delle superiore, mormorare delle sorelle, dei loro difetti, delle loro qualità, del loro comportamento. Oh, la mormorazione, che rovina!
[Primo.] La mormorazione è un peccato che si può paragonare a una spada a quattro tagli. Anzitutto la mormorazione offende il Signore. Chi mormora si fa giudice del prossimo, della sorella, del fratello, della superiora, del superiore. Si fa giudice. E tu chi sei che giudichi il tuo fratello, che giudichi la tua sorella, che giudichi la tua superiora? L’ufficio di giudice spetta a Dio solo. Vorremmo prendere noi quest’ufficio? Rubarlo a Dio? Il Signore ritiene fatto a sé stesso quello che si fa contro le superiore, contro le sorelle: «Qualunque cosa avrete fatto anche al minimo, lo ritengo come fatto a me»2. E si oserebbe mormorare di Gesù? Vi sono anche persone che mormorano contro la provvidenza, oltre che mormorare contro le persone di questo mondo. Sarebbe utile allora, quando qualcuna si permette la mormorazione che ci sia una sorella, o chi
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la sente, che faccia un richiamo, e dica magari: Prima di tutto, guarda te stessa, «prima cavati la trave dal tuo occhio, e poi andrai dalla sorella e le dirai: Permetti che ti tolga la pagliuzza che porti nel tuo occhio»3.
[Secondo.] La mormorazione fa danno a colui, a colei che la fa. Commette un peccato. E poi chi è capace di riparare il male fatto? Vi è da temere che la mormorazione causi un lungo soggiorno in purgatorio. Del resto, chi mormora contro le superiore, contro le sorelle si priva di molte grazie e cade ella stessa nei difetti che rimprovera, che rileva nelle sorelle, nelle superiore. Questo è uno dei castighi che vengono da Dio: commettere quello che si è rimproverato, che si è rilevato nelle altre persone. Cadere negli stessi difetti. D’altra parte la mormoratrice non si accorge, ma nel mormorare manifesta quello che ella è dentro, manifesta se stessa. Che cosa si vede nelle altre? Si vede più facilmente il difetto che abbiamo noi. Quindi, quante volte si potrebbe dire dopo che si è sentito la mormorazione: Non potresti applicarlo a te stessa quello che adesso hai detto riguardo alla sorella, riguardo la superiora?.
Quando una si mette gli occhiali verdi, vede tutto verde, e se mette gli occhiali scuri, tutto davanti a lei si oscura. Così, quando si ha l’invidia nel cuore, tutto è interpretato in male, anche le azioni migliori. Si cerca negli altri, diciamo così, il pelo nell’uovo, mentre noi stessi o quella mormoratrice medesima commettiamo cose più gravi. Quello che rileva nelle altre non dipende forse dal fatto che nel suo animo vi è l’invidia, vi è l’orgoglio? Si vorrebbe che le altre fossero umiliate, che non si avesse stima. Forse, quando si sente parlare in bene della suora, della superiora, della sorella, se c’è invidia, malevolenza dentro, l’invidiosa, la malevola dice: Eh, ma voi non sapete tutto... C’è anche questo, c’è anche quell’altro...; Ah se conosceste tutto...; se io potessi parlare..., ma per carità non dico.... E si gettano sospetti ancor più gravi: Chissà che cosa avrà da dire..; chissà quale difetto, quale male avrà commesso. Ecco, allora occorrerebbe ricordare quella penitenza che ha dato S. Filippo a una certa signora che continuava a mormorare. La penitenza
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è stata questa: Andrai al mercato a comperare una gallina e poi passi per le tali vie, e indicò le vie principali della città, e vai spennacchiandola buttando via le penne, le piume. Oh, la signora non voleva accettare. Diranno che è pazza. Ma non c’era verso. S. Filippo: O questa penitenza, o nessuna assoluzione. E si adattò. Adesso vengo a prendere l’assoluzione. Quella è solo la prima parte della penitenza, adesso viene la seconda, cioè: ripassa per le medesime vie e raccogli tutte le piume che sono state buttate via. Ma, padre, è impossibile: il vento se le è portate via.... E allora: chi raccoglie tutte le parole che tu dici lungo il giorno addosso a questa o a quella persona? Semini il male, semini tante venialità e chi ripara poi tutto questo male? E se non si può riparare, quali danni, quali conseguenze....
Proprio che il male si debba mettere in vista di tutti? Se dobbiamo mettere qualche cosa sulla tavola, mettiamo qualcosa di bello! Voi mettete i vasi di fiori, mettete delle tovaglie belle, almeno pulite, e poi presentate i cibi in maniera conveniente. E perché allora nelle conversazioni in pubblico rilevare le cose più brutte di questa o di quella persona, di questa o di quella suora, superiora o sorella che sia? Questo indica un cattivo istinto: cercare il male. Di ogni persona si può dire il bene, e di ogni persona si può dire il male. I santi e le persone che amano il Signore rilevano il bene; invece le persone non sante, le persone che non amano il Signore, che non hanno carità, rilevano il male. Cattivo istinto! Segno che dentro c’è un cuore non buono, non conformato a bontà. E quanti pensieri ci saranno contrari alla carità, quanti desideri e sentimenti contrari alla carità e, forse, quante opere contrarie alla carità se ci sono tante parole già contrarie alla carità. Quindi, la mormorazione è come una spada che fa danno a chi la usa.
Terzo. La mormorazione fa male alla persona che la sente, perché è uno scandalo che si dà. Scandalo, perché chi è abituato a mormorare nella ricreazione, ecc., è facile che allarghi il vizio della mormorazione e quindi quel peccato dall’una passa all’altra. Allora come si risponderà davanti a Dio? Se dobbiamo già fare penitenza, detestare, accusare, condannare e farci perdonare dal Signore i nostri peccati, perché andare
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ancora a seminare i cattivi esempi e lo scandalo e l’abitudine di mormorare fra altre persone? E dovere rispondere ancora davanti a Dio del male che abbiamo causato negli altri e nella comunità?
La mormorazione abbassa sempre lo spirito religioso in una comunità. Sempre. Perché abbassa sempre lo spirito religioso in una comunità? Perché rilevando sempre il male si diminuisce l’amore alla comunità, e allora non ci si sta più tanto volentieri. La mormorazione priva la comunità di molte grazie di Dio, quindi l’Istituto non è più così benedetto. La mormorazione poi porta lo scoraggiamento nelle persone. Quante rotture di carità, quante insubordinazioni, quante volte i comandi non sono più accettati bene. Si attribuisce il comando o la disposizione a qualche capriccio, oppure a qualche malinteso, quindi la persona che sente la mormorazione è meno portata all’obbedienza, è meno portata all’amore alle sorelle, è meno portata essa medesima [a correggersi]. Si finisce con il ragionare: Se ci sono tanti difetti nelle altre, beh posso anche passare leggermente sui miei. Allora si introduce nella comunità come una gramigna: le prediche fanno più poco frutto, gli avvisi meno ancora, le disposizioni sono mal ricevute, le cose si fanno con metà forza.
E se la mormorazione va molto avanti, si può arrivare anche alla perdita di vocazioni, se le mormorazioni sono fatte con le più giovani. Il Signore poi permette a volte che l’anima non faccia più frutto delle prediche, delle meditazioni, degli avvisi, delle opere di pietà. Allora resta arida e quindi cade in un certo avvilimento, in un certo disorientamento, e neppure sa più confidarsi, neppure sa più aprirsi, non trova più una persona che le possa dire una parola che la incoraggi, che la sostenga. Oh, la mormorazione quanto danno fa a chi la sente!
Quarto. La mormorazione fa danno alla persona di cui si mormora, perché fa perdere la stima. È minor peccato rubare soldi, perché ogni uomo ha tre beni: i beni di persona, i beni di fortuna e i beni di stima. Beni di persona: quindi ognuno rispetti la persona altrui, ad esempio, non si può percuotere. Beni di fortuna: non si può derubare. Ma i più preziosi sono i beni di stima, l’onore. La Scrittura dice: «È meglio un buon nome, che
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molte ricchezze»4. Dunque, voglio dire, è minor male rubare, che togliere la stima alle persone. Ma è un male che ha fatto. E perché è stato fatto, credi di essere autorizzato a pubblicarlo? Ha fatto male, se veramente ha fatto male. Ma tu fai veramente male se mormori, se lo manifesti senza necessità.
Vi sono dei casi in cui bisogna manifestarlo ai superiori. Certamente, questo si fa per motivo di carità, per togliere un abuso, uno scandalo in mezzo alla comunità. Ma, invece, manifestarlo così per ricreazione, tanto per dire, questo è veramente offendere, togliere la stima. Anche se quel male è stato commesso, e non è stato ancora pubblicato, e anche se fosse già morto, perché parlarne? Forse Dio l’ha già perdonato quel peccato, e noi continuiamo a parlarne, continuiamo a diffonderne la notizia? No, non si può togliere con leggerezza la stima alle persone. Chi la restituirà poi? E non sarà così facile restituirla.
Vi sono casi in cui è necessario osservare i segreti, perché sono segreti commessi, perché sono segreti affidati, perché sono segreti naturali, perché sono segreti fiduciari, diciamo così, manifestati per avere consiglio o per altri bisogni. Violare i segreti è peccato, tanto più quando si manifestano dei difetti che o siamo venuti a conoscere, oppure che le persone hanno mostrato a noi, li hanno spiegati a noi per avere direzione e per avere un conforto, per conoscere il modo di emendare quel difetto, di togliersi da quello stato infelice in cui si trovavano. Rispettare tutte.
La mormorazione! Non si potrebbe dire quello che ha detto Gesù? Hanno condotto a Gesù una donna sorpresa in atto di peccato. E tutti ad accusarla, e avevano già le pietre in mano per lapidarla, com’era allora uso presso gli ebrei. E rivolgendosi a Gesù tutta quella gente manifestava la colpa di costei: «Fu sorpresa nel male. La legge dice di lapidarla; e tu che cosa dici?». E Gesù li guardò, poi si chinò a terra e cominciò a scrivere nella polvere con il dito. E tutti stavano a sentire e volevano indovinare che cosa scriveva. Ma vedendo che egli continuava, di nuovo lo interrogavano: «Ma cosa dici allora
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di questa donna?». E Gesù, guardandoli in volto: «Chi di voi è innocente, scagli la prima pietra»5. E li guardò fissi. Ce n’erano là dei peccatori che erano pronti a lapidare la povera adultera e non facevano l’esame su se stessi. C’è stato un difetto: chi di voi è innocente, si faccia avanti, lo pubblichi prima. «Chi di voi è innocente, scagli la prima pietra». Allora occorre pensare sempre a noi.
A volte vi sono persone che hanno un cattivo istinto: guardano i difetti degli altri. E vi sono persone che disturbano così le comunità, che non si può più disporre, non si può più compiere quello che si dovrebbe fare. Non c’è più la libertà, ecco. Queste persone, forse, vedranno solo al giudizio il male che hanno fatto. Ma è meglio che lo conoscano prima, specialmente negli Esercizi, per toglierlo, togliere la causa di questo. Non aggraviamoci ancora dei peccati altrui, perché ne abbiamo già troppi noi da confessare, da espiare, da riparare, da correggere. Non fare agli altri quello che ragionevolmente non vuoi fatto a te stesso, e fa’ agli altri quello che ragionevolmente vorresti fatto a te.
Vi sono autori, libri che sopra la mormorazione hanno delle parole roventi. Le superiore hanno il dovere assai grave di togliere questa zizzania e le seminatrici di zizzania. Ma non l’hanno solamente le superiore, a volte l’hanno di più le sorelle perché sono loro che sentono, quindi possono, umilmente ma caritatevolmente, dire chiaro: Correggi te stessa. Sai che hai da fare l’esame di coscienza su di te. Eppure c’è questa tendenza: si portano due bisacce, nella bisaccia davanti si mettono i difetti degli altri e si guardano e si conoscono, i nostri li mettiamo nella bisaccia di dietro6. E proprio quelle che fanno meno in una comunità stanno a guardare le altre, e rilevano e giudicano e condannano l’operato delle superiore e l’operato delle sorelle. Se poi una cosa va male, la colpa è di tutte, fuorché di loro. E forse è andata male proprio per causa loro, perché non hanno lavorato, perché non hanno messo il loro impegno, perché hanno lasciato la preghiera per la comunità, per
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le sorelle; perché non hanno dato buon esempio. Et a peccatis alienis munda me7, sì. Che il Signore ci perdoni i nostri peccati e ci perdoni anche quelli che abbiamo fatto commettere agli altri.
Quindi la mormorazione è una spada a quattro tagli: offende Iddio e offende colui che mormora; offende la persona di cui si mormora e offende ancora chi sente la mormorazione.
Domandiamo a Gesù questa grazia di avere grande carità, grande bontà. Copriamo volentieri i mali e i difetti altrui, come desideriamo che gli altri tacciano su di noi e spieghino sopra i nostri difetti e i nostri peccati un velo di silenzio.
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1 Predica tenuta ad Albano l’11 novembre 1957 durante il corso di Esercizi spirituali. Trascrizione da nastro A6/an 38a = ac 64a.

2 Cf Mt 25,45.

3 Cf Mt 7,5.

4 Cf Pr 22,1.

5 Cf Gv 8,1-11.

6 Cf Le due bisacce, dalle favole di Esopo (VI sec. a. C.), scrittore greco.

7 “Dai miei peccati… e da quelli degli altri assolvimi, o Signore”. Parte di una preghiera preparatoria alla Celebrazione eucaristica che, prima del Vaticano II, il sacerdote recitava in sacrestia mentre indossava i paramenti sacri.