Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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29. VERSO IL NATALE CON LE DISPOSIZIONI
DI MARIA SANTISSIMA1


Il Figliuolo di Dio ha come tre nascite: la prima è la nascita eterna dal Padre; poi la nascita temporale, quella che celebriamo con il Natale; e quindi la sua nascita mistica in ogni anima, quando l’anima lo riceve devotamente, con fede, con amore e con speranza viva. Ora il Natale ci porta a considerare la nascita temporale del Figliolo di Dio: «Verbum caro factum est et habitavit in nobis»2.
Per prepararci degnamente, abbiamo da considerare l’esempio di Maria. La nostra preparazione al Natale sarà santa, gradita a Gesù e quindi garanzia di molte grazie, se ci uniformiamo per quanto è possibile ai pensieri, ai sentimenti di Maria in quella circostanza così importante, così decisiva per l’umanità. Maria, quali pensieri, quali sentimenti ebbe nel santo Natale, nel Natale del suo Figlio Gesù?
Anzitutto sentimenti di umiltà. Ella, con Giuseppe, obbedì all’editto di Cesare Augusto che ordinava il censimento, e quindi fece il viaggio portandosi da Nazaret a Betlemme. La provvidenza di Dio, come sempre, guidava tutte le cose. E Cesare Augusto certamente non pensava che con quella disposizione, con quell’editto del censimento venisse a portare a realizzazione la profezia, e cioè contribuire al compimento della profezia: «E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei la minima fra le città di Giuda, perché da te nascerà il Messia, il salvatore del mondo»3. Maria si trovava con Giuseppe a Nazaret, e obbedendo a quest’ordine di Cesare Augusto la profezia veniva a compiersi.
Intanto, notiamo bene, Maria fa un atto di obbedienza con Giuseppe. Non era certamente quello il tempo più propizio per
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fare un viaggio da Nazaret a Betlemme, tempo difficile, stagione difficile, strada malagevole, e Maria in condizioni non di viaggiare, ma piuttosto di rimanere in casa. Obbedisce senza discutere, come aveva intrapreso, a suo tempo, il viaggio da Nazaret alla casa di Zaccaria e di Elisabetta. Ora va con Giuseppe, e dà il suo nome secondo che era prescritto per il censimento, adempie perfettamente la legge, ancorché sia solamente una legge civile. Non si dispensa. Obbedisce.
Al Signore piacciono tanto i nostri atti di obbedienza, perché tante volte non è la cosa in sé che conta, è invece l’atto di fede che si fa nell’obbedire. È un atto di adorazione al volere di Dio. Con l’obbedienza si adora la volontà santissima di Dio. A volte a certe leggi civili si dà poca importanza, e qualche volta non ordinano certamente sotto pena di peccato. Ma l’atto di obbedienza è sempre grande, è sempre grande. Supponiamo le leggi che riguardano la strada per chi deve viaggiare in macchina, per chi deve condurre l’automobile, sono leggi civili, ma l’obbedienza a queste leggi piace al Signore ed è grandemente meritoria. Vi sono poi disposizioni che riguardano il viaggiare, leggi stradali che bisogna osservare anche in coscienza, sia per non mettersi in pericolo, sia per non mettere altri in pericolo. Maria obbedisce e compie perfettamente quello che era prescritto tanto quando si trattava di una legge civile, e poi quando si trattava di una legge mosaica, cioè quando portò il Bambino e lo presentò al tempio, sebbene non obbligata.
Non abbiamo da discutere su certe cose, perché sebbene a volte possiamo trovare delle ragioni che ci dispensino, tuttavia, invece di altre penitenze, facciamo questa penitenza che piace al Signore: l’obbedienza. E vi sono certamente ragioni che a volte dispensano: ad esempio il malato grave che non può andare a Messa alla domenica, è dispensato. Ma quando non c’è l’impossibilità, abbondare in obbedienza, senza formarsi degli scrupoli, ma abbondare. Se non sono obbligato, farò tuttavia una penitenza, la penitenza più accetta a Dio: obbedirò. Adempirò quello che dispone la regola, quello che dispongono le Costituzioni, sebbene qualche volta ci siano le ragioni di dispensa, e qualche volta le ragioni di dispensa bisogna anche prenderle, perché il caso o la necessità o le circostanze vogliono così.
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Le Costituzioni, le regole di ogni Istituto che cosa sono? Sono il Vangelo applicato ai nostri casi particolari, alla nostra vita, all’Istituto a cui apparteniamo. Il Vangelo applicato ai casi particolari, se si ha da seguire la vocazione e mirare alla perfezione. Ecco, sottomissione alle Costituzioni. Il Vangelo vuole che noi per seguire la via della perfezione osserviamo la povertà, la castità, l’obbedienza, la carità e pratichiamo l’apostolato, e che abbiamo tanto a cuore la salute delle anime e quello che vuole il Vangelo in generale. Nel nostro caso particolare vi sono le Costituzioni che suggeriscono, dispongono il modo di praticare il Vangelo. Sottomissione, volentieri, anche a certe disposizioni che riguardano la salute, la cura, il modo di fare la cura, affinché tutto sia in merito. Non lasciarsi sfuggire così facilmente le occasioni di acquistare meriti. Prendere le occasioni con serenità, ma anche con diligenza.
Maria come si dispose ancora alla nascita del Bambino Gesù? Umiliazione. In quei giorni a Betlemme vi era molta gente che veniva a dare il nome secondo le prescrizioni dell’imperatore. La preferenza si dava ai ricchi, gli albergatori preferivano i ricchi, perché da essi aspettavano qualche cosa in più, un maggior guadagno. Maria e Giuseppe si presentavano in atteggiamento umile, vestiti da poverelli, perciò non trovarono posto nell’albergo, in quei ricoveri che anche allora vi erano per i forestieri: «Non erat eis locum in diversorio»4. L’umiliazione di essere rifiutati. Ecco come comincia la vita di Gesù. E Maria e Giuseppe sono obbligati a cercarsi un posto per passare la notte e devono andarselo a cercare, lontano dagli uomini, nella campagna. E trovano finalmente una grotta che era abitualmente ricovero degli animali quando stavano al pascolo e magari i temporali, la pioggia improvvisamente veniva a cadere. Ecco l’umiliazione: Non fra genti, ma fra giumenti è nato il Salvatore5.
E Maria deve sentirne tutta la pena, tutto il dolore. Doveva nascere il Figlio di Dio, atteso da migliaia di anni, e quando arriva è rifiutato. E Maria subisce l’umiliazione di dovere pre-
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sentare al suo Gesù non una culla comoda, non un ambiente riscaldato, non tutte quelle comodità che sono necessarie in tale frangente. Maria riceve il Bambino in una stalla, e la prima culla è una greppia. Su che cosa riposa il Bambino? Sulla paglia, su un po’ di strame6. E quella grotta non era di proprietà né di Gesù, né di Maria, né di Giuseppe, e i padroni potevano arrivare ad ogni momento e mandarli via. Quando Gesù disse: «Il Figliuolo dell’uomo non ha una pietra di sua proprietà su cui riposare il capo»7, lo disse predicando nella vita pubblica, ma qui lo compie. Non aveva un angoletto suo in cui potesse abitare liberamente e sul quale nessuno avesse dei diritti. L’umiliazione di Maria e la povertà di Maria e di Gesù.
Ora, è nella povertà che noi troviamo la salute e la santità, nell’umiliazione troviamo la salute e la santità. Sempre dobbiamo riconoscere la nostra indegnità, i torti che abbiamo davanti a Dio, e sempre considerare che è fin troppo quello che riceviamo, non meritato certamente. L’umiltà: siamo noi degni di ricevere Gesù nel nostro cuore? L’atto di umiltà deve sempre precedere: quindi prima della Comunione fare una specie di esame di coscienza breve, non per agitarsi, ma per umiliarsi. Perché, sebbene i peccati siano già stati assolti e non ci siano più, tuttavia possiamo sempre umiliarci. In quel giorno, in quel luogo io ho peccato, ho offeso Iddio: sempre umiliarci. Poi, possiamo umiliarci, prima della Comunione per tanti difetti che, sebbene non siano volontari e quindi non abbiano il carattere di peccato e non siano formalmente offesa di Dio, tuttavia sono difetti e abbiamo occasione di umiliarci. Poi possiamo sempre pensare ai propositi che abbiamo fatto e che forse non mettiamo ancora abbastanza in pratica. Possiamo sempre pensare che finora non abbiamo fatto abbastanza progresso nella virtù, non abbiamo sempre corrisposto alle grazie. Umiltà. L’umiltà è una bella, preziosissima, necessaria preparazione alla Comunione, a ricevere Gesù.
Terzo, Maria esercitò la fede. Sì, esercitò la fede. Ecco come nasceva il Figlio di Dio: nasceva in una grande povertà,
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in una grande umiliazione. Il Bambino si presentava all’esterno come un bambino comune, tuttavia Maria lo adorava come il Figlio di Dio. Si pensava che il Figlio di Dio incarnandosi avrebbe dovuto presentarsi in una maniera grandiosa, tanto da venire accolto dagli uomini come il Messia atteso. Invece, ecco che nasce nell’oscurità, nel silenzio della notte. E nasce nella povertà e in condizioni così umilianti che occorre tutta la fede per riconoscere in quel Bambino il Figlio di Dio incarnato, il Messia promesso. La fede! Maria non dubitò. Maria veramente meritò quelle parole: «Beata quae credidisti quia perficientur in te quae dicta sunt a Domino: Beata te che hai creduto perché così si adempiranno tutte le cose che ti furono dette»8, tutte le cose che furono promesse, annunziate.
Se avessimo molta fede, quante grazie riceveremmo in più! La nostra disposizione davanti al Signore dev’essere sempre duplice: da una parte riconoscere la nostra nullità e la nostra indegnità, la nostra necessità, e dall’altra parte riconoscere che il Signore è buono, riconoscere che il Signore è potente. Riconoscere che, sebbene noi non meritiamo niente, meriteremmo dei calci, Gesù Cristo ci ha meritato le grazie con la sua vita umile, povera, con la sua vita accompagnata da continue fatiche e coronata con la passione e la morte. Fede in Gesù Cristo, fede in Dio! Ecco il segreto di riuscita: credersi niente, come siamo niente; credersi peccatori, come siamo certamente; credere che siamo in continue necessità, e che la necessità maggiore che abbiamo è di conoscere noi stessi e di conoscere la nostra infermità. E intanto credere che: «Qualunque cosa domanderete al Padre in mio nome, l’avrete»9. Che vuol dire? Ogni grazia che voi vorrete domandare al Signore, ogni cosa che chiederete al Signore, credetelo: «Se lo domandate in mio nome, vi sarà dato». Cosa vuol dire «in mio nome»? Per i meriti di Gesù Cristo. Padre, sono indegno di comparirti davanti, perché ho peccato davanti agli uomini e davanti a te, o Signore, ma guarda al tuo Figlio diletto, guarda a Gesù Cristo, guarda al tuo Figlio crocifisso, alle sue piaghe. Io domando la
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tua misericordia, non perché la meriti, ma perché Gesù Cristo ha meritato le grazie per me. Gesù non guarda i nostri meriti, ma guarda la sua misericordia. Gesù ha sofferto e le sue sofferenze hanno un valore infinito. Avere questa fiducia: Da me nulla posso e con Dio posso tutto, ma specialmente posso farmi santo con Dio.
Dunque prepararsi al Natale con Maria, cioè con l’obbedienza, con l’umiltà e con la fede. Allora gli auguri che ci facciamo adesso, non saranno auguri vuoti, sono auguri accompagnati dalla preghiera, auguri che suppongono e sono preceduti dalle nostre disposizioni di sottomissione a Dio, di umiltà e di fiducia. Quando saremo al giudizio di Dio, vedremo tante cose che avremmo potuto fare in più, tanti meriti in più che avremmo potuto acquistare. Vedremo come siamo stati noi ad impedire la misericordia di Dio perché è mancata l’umiltà. L’orgoglio ha impedito che noi portassimo alla preghiera la prima disposizione: l’umiltà. E vedremo ancora che è mancata la fede, perché se noi avessimo fede piena, profonda, quella che si suppone entrando nella vita religiosa, certamente ci faremmo santi e molto santi. Fede, perché il Signore ci ha chiamati per questo, per essere perfetti, cioè per essere santi, e la sua chiamata non è una chiamata vuota: la sua chiamata è accompagnata dalla sua misericordia, dalle sue grazie.
Sempre portare davanti a Gesù questa disposizione di umiltà e di fiducia, sempre. Allora il presepio sarà per noi un’occasione per crescere nella santità. E ogni Natale aumenterà per noi i meriti, aumenterà in noi la fede, aumenterà in noi l’amore a Dio. Ecco così gli auguri: presentare e portare al presepio, a Gesù Bambino le disposizioni di Maria. In questi giorni pensare come Maria si è preparata al presepio e vedere di imitarla nella obbedienza, nella umiltà e nella fiducia, e riceveremo tante grazie.
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1 Predica tenuta ad Albano il 21 dicembre 1957. Trascrizione da nastro A6/ an 40b = ac 68b. La prima trascrizione ha il titolo: “Maria modello di obbedienza, umiltà, povertà e fede. In preparazione al Natale”.

2 Cf Gv 1,14: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi».

3 Cf Mt 2,6.

4 Cf Lc 2,7: «Perché per loro non c’era posto nell’alloggio».

5 Dal canto natalizio tradizionale “Fra l’orrido rigor”.

6 Fieno.

7 Cf Lc 9,58.

8 Cf Lc 1,45.

9 Cf Gv 16,23.