Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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27. PREPARAZIONE ALLA FESTA DELL’IMMACOLATA1


... 2 [Dio] ha cominciato a preparare colei che doveva essere Madre del Figliuolo di Dio. Il Signore voleva che il suo Figliuolo, il Figliuolo di Dio, al momento dell’incarnazione fosse posto in un tabernacolo degno, in un tabernacolo che non avesse mai avuto qualche cosa di meno che santo, che cioè non fosse mai stato abitato dal diavolo, dal peccato. Quindi ogni cosa che si riferisce al peccato, non si può mai applicare a Maria, Immacolata, tota pulchra, tutta bella!
Allora noi celebrando il grande avvenimento, celebrando il privilegio di Maria Immacolata, dobbiamo pensare: per ricevere Gesù nella Comunione, il Figlio di Dio incarnato, prepararci con la Madonna, prepararci con la mondezza del cuore, la mondezza della mente, la mondezza del corpo, la mondezza della volontà, affinché quando Gesù viene deposto sopra la nostra lingua, noi lo riceviamo con la innocenza, con cuore mondo.
Pensiamo come Maria ricevette il Bambino Gesù e là nel presepio lo depose sopra la paglia, nella greppia, con quale riverenza, rispetto e amore. Ecco, va tanto bene nella preparazione alla Comunione ricordare l’Immacolata Concezione. Se Iddio Padre volle intervenire con un privilegio così grande rispetto a Maria per preparare il suo cuore a ricevere il Figlio di Dio, il suo Figlio, quando si sarebbe incarnato, allora anche noi dobbiamo preparare un cuore puro, santo alla Comunione.
Va tanto bene questa pratica, da mezzodì fino al momento della Comunione del giorno seguente, pensare: Domani devo fare la Comunione, bisogna che il mio cuore quest’oggi sia immacolato, e cioè non voglio commettere neppure la minima mancanza volontaria. Dei difetti involontari sempre
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ne abbiamo, ma: Voglio preservare il mio cuore anche dalle macchie più piccole, volontarie, cioè non voglio acconsentire a nessun atto, a nessun pensiero, a nessun sentimento che sia anche soltanto una venialità. Pensare come Maria SS.ma preparò i pannilini per avvolgere il Bambino Gesù appena nato. Allora da mezzodì fino al momento della Comunione, immacolati, perché abbiamo da ricevere Gesù. E poi dalla Comunione fino a mezzodì, un continuato ringraziamento, in questo senso: Gesù è in me, non voglio disgustarlo, non voglio trattare male il mio ospite divino. E allora, evitare anche qui le offese a Gesù, sebbene piccole, ma quelle che sono volontarie, parliamo sempre di cose volontarie. Così la giornata è eucaristica, perché da mezzodì fino all’indomani mattina è una preparazione a ricevere Gesù; dal mattino della Comunione fino al mezzodì è un ringraziamento a Gesù venuto, a Gesù che sta nel nostro cuore, a Gesù che sta prima sacramentalmente e poi spiritualmente [in noi], perché abita in noi come Dio. Considerare sacro il petto, il cuore, come si considera sacro il tabernacolo. E vedo che qui c’è grande diligenza a tener pulito l’altare, e non solo l’altare, ma anche la chiesa, a tenere bene in ordine il tabernacolo, a osservare anche tutte le prescrizioni liturgiche della Chiesa. Ma il nostro cuore è un tabernacolo migliore di quello di pietra, che sta sull’altare, di quello di legno, quando il tabernacolo è di legno. E fosse anche d’oro, il nostro cuore è un cuore vivo. L’uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio e allora tanta più diligenza a conservare il cuore immacolato, senza mai crearsi degli scrupoli. La delicatezza è tutt’altra cosa che lo scrupolo.
Questo anche per un’altra ragione e cioè perché la suora è consacrata a Dio, appartiene a Dio. Fare i voti vuol dire tre cose: primo separarsi dalla comune degli uomini, e questo vuol dire quanto ci disse il Signore: «Exi de cognatione tua, et de finibus tuis: Esci dalla tua parentela, esci dal tuo paese e vieni nel luogo che io ti mostrerò»3, sì. Quindi una separazione dal mondo. Queste, sono le anime che il Signore ha creato per sé. Sono le anime che devono fare un ufficio tutto diverso dagli uffici ordinari, dai mestieri, dagli impieghi che hanno le
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persone ordinarie, dimodoché la vocazione importa una separazione. Ma separarsi davvero con i sentimenti, con i pensieri, con l’attività. Separazione! Gesù diceva degli Apostoli: «De mundo non sunt: Non sono mondani questi». «Sicut et ego de mundo non sum: Come neanch’io sono del mondo»4. Bisogna proprio che entri bene nell’anima che noi abbiamo fatto una separazione. E «lasciate che i morti seppelliscano i morti»5, nel pensiero e nel senso che Gesù dava a queste parole quando esortava quel tale a non recarsi in famiglia a seppellire il padre che era defunto.
Poi la professione implica la consacrazione a Gesù. Il che significa che dopo apparteniamo a Gesù. Ci possono essere tanti calici per consacrare e possono essercene altri adoperati per un uso comune, anche magari per bere a tavola. Ma quando un calice viene consacrato è profanazione usarlo per uso comune, come il bere a tavola, perché è di Gesù, è sacro. Così, noi consacrati a Dio, non possiamo più impegnarci nelle cose comuni. I nostri interessi sono quelli di Gesù, cioè che ci santifichiamo e che salviamo con l’apostolato le anime. Siamo suoi, consacrati a lui e non è una consacrazione come quella che si fa alla Madonna quando si recita la formula di consacrazione6. Qui è una donazione completa, una donazione che è anche irrevocabile, perpetua: Sono di Gesù. Lo può dire ogni cristiano in qualche senso, ma il religioso e la religiosa in un senso molto più ampio: Sono di Gesù. E se una cosa appartiene a Gesù, bisogna che noi la rispettiamo. Quindi, rispettare i propri occhi, il proprio udito, la propria lingua. I sensi non possono mai venire usati per peccare: sono di Gesù. E nessuno mi tocchi: sono di Gesù, consacrato a lui.
Poi la professione implica ancora un sacrificio, un’offerta: Sono di Dio e Dio può adoperarmi in quello che vuole. Io non ho più la volontà. Ho offerto tutto a lui e quindi vado immolando la mia vita un po’ per giorno per il Signore, perché ogni giorno che passa si abbrevia la nostra vita. Oggi vado morendo
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un po’: «Cotidie morior»7. Moriamo a quel tempo che viene già consumato, che viene già passato. Ecco, se dovevamo vivere, supponiamo, centomila giorni, per dire un numero, allora uno di meno. Offrire tutto il consumarsi della nostra salute, del nostro tempo al Signore. Ma anche accettare tutto quello che il Signore dispone a nostro riguardo e impegnarsi in opere buone, in opere sante, perché siamo di Dio: [ecco] il sacrificio. È chiaro che dopo il sacrificio di Gesù sul Calvario, dopo il martirio, la professione fatta bene è il maggior sacrificio. È l’atto più meritorio. Ma viverla questa professione, viverla!
Ecco, perché noi religiosi dobbiamo prepararci all’Immacolata con sentimenti più profondi che non i semplici cristiani. Perché? Perché dapprima ci comunichiamo spesso, quindi bisogna che rendiamo il tabernacolo del nostro cuore sempre più santo, sempre più accogliente rispetto alla Comunione, rispetto a Gesù. E d’altra parte noi sentiamo di essere totalmente di Dio, perché separati dal mondo come ha voluto Iddio: offerti a Gesù come ha voluto il Signore, e destinati a sacrificarci e a diventare vittime di amore, e compresa anche l’accettazione della morte. Vittime di amore per Gesù! Quando si parla di anime vittime, alle volte si dicono delle cose un po’ inesatte, o meglio si scrivono in certi libri le cose più inesatte. Ma noi dobbiamo comprendere bene il senso. Le anime consacrate a Dio sono tutte vittime, se intendono bene la professione, perché Gesù ha diritto di disporre di noi che ci siamo consacrati a lui in una maniera speciale, in modo particolare, appunto per la professione e non solamente come ha diritto di disporre di tutti i cristiani.
Allora celebriamo santamente la festa dell’Immacolata leggendo qualcosa sulla Madonna, dicendo meglio i rosari, ricordando frequenti giaculatorie; ma soprattutto preparandoci sempre bene alla Comunione. Questo è il modo di onorare il privilegio dell’Immacolata Concezione. Immacolata, perché doveva essere il tabernacolo di Gesù. Immacolati, perché dobbiamo diventare il tabernacolo di Gesù, portare sempre Gesù con noi, nel nostro cuore. Il nostro cuore, un tabernacolo.
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1 Predica tenuta ad Albano il 27 novembre 1957. Trascrizione da nastro A6/ an 40a = ac 67b.

2 Vuoto di registrazione.

3 Cf Gen 12,1.

4 Cf Gv 17,16.

5 Cf Lc 9,60.

6 Cf Cost’53, art. 92.

7 Cf 1Cor 15,31: «Ogni giorno io vado incontro alla morte».