Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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III
MARIA MODELLO DI OBBEDIENZA1


Abbiamo considerato ieri sera come Maria sia la mediatrice universale di grazia, quindi ci possiamo rivolgere a lei in ogni nostra necessità. La santissima Vergine non è solo la distributrice della grazia, ma è ancora il modello di ogni virtù. Ella è la prima suora, non solo prima in ordine di tempo, ma la prima nell’osservanza dell’obbedienza, della castità, della povertà, della vita comune, e così di ogni virtù. Ella mise in pratica il Vangelo predicato da suo Figlio, nel modo più perfetto che si possa pensare. Il suo cuore era così uniformato al cuore del Figlio, la sua mente così uniformata alla mente del Figlio, la sua volontà così uniformata alla volontà del Figlio da arrivare ad essere una immagine del suo Figlio stesso.
Stasera allora consideriamo l’obbedienza in Maria. Maria è madre, quindi ci ottiene la grazia; Maria è maestra, quindi ci insegna la virtù; Maria è regina, sostiene noi suoi devoti nel cammino buono. È maestra: ci insegna l’obbedienza.
L’obbedienza può essere considerata in generale: ogni atto di virtù, ogni volta che osserviamo i comandamenti obbediamo a Dio. E ogni peccato è una disobbedienza. S. Paolo scrive: «Per la disobbedienza di un uomo, tutto il genere umano fu rovinato; e per l’obbedienza di un Uomo, cioè di Gesù Cristo, tutta l’umanità fu salvata»2.
Consideriamo però proprio l’obbedienza nel suo senso più stretto: l’obbedienza religiosa che può essere l’osservanza delle Costituzioni, l’accettare gli uffici, il compierli bene e, nello stesso tempo, accogliere le disposizioni e gli ordini che vengono dati. La religiosa ha per suo massimo superiore il Papa che
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ordinariamente opera per mezzo della Congregazione dei Religiosi. Ogni religiosa poi ha le sue Costituzioni, ha il Capitolo, ha la superiora che si incarica di tutto l’Istituto, e la superiora provinciale e la superiora locale, secondo le varie gradazioni. Qui si tratta di quella obbedienza particolare compresa nel santo voto: Emetto i voti di povertà, castità e obbedienza.
Con l’obbedienza diamo al Signore quello che è il meglio di noi, cioè la libertà: sottomettiamo il nostro giudizio e uniformiamo il nostro cuore a Dio, al suo volere. Quindi la religiosa nell’obbedienza si muove, e tutto quello che fa, se ha buon spirito, lo fa precisamente nell’obbedienza. E se offre tutto quello che fa al Signore, tutto quello che è disposto, tutto quello che succede nella giornata, tutto, anche le piccole cose, le piccole osservanze, i piccoli lavori, ecc., allora in ogni azione guadagna il doppio merito. Il merito, perché è religiosa e pratica la virtù della religione, e il merito, perché sottomette la propria volontà ai superiori e attraverso loro a Dio.
L’obbedienza porta tre grandi vantaggi. Il primo vantaggio riguarda l’intelligenza, la mente, poi un vantaggio che riguarda il cuore, e c’è poi un vantaggio che riguarda la volontà, la vita. Il primo riguarda la mente. Cosa avviene? Chi obbedisce è sempre sicuro di fare la volontà di Dio. Se operiamo secondo la nostra mente, secondo i nostri voleri, facessimo anche una cosa ammirabile, possiamo sempre dubitare se quello piace a Dio, perché piace a Dio non ciò che è voluto da noi, ma quello che vuole lui. Se invece una cosa è disposta, è sicuro che è volontà di Dio. L’unica eccezione sarebbe quando una cosa, per disgrazia, fosse disposta e fosse contraria al bene, quindi contraria al Signore e quindi fosse peccato.
Che serenità deve avere la religiosa che fa l’obbedienza! In questi giorni ci hanno fatto passare il foglio da sottoscrivere, chi voleva, per la beatificazione di Dom Columba Marmion3. Egli ha scritto in una lettera: Io mi sono fatto religioso solo per obbedire. Non mi mancavano i mezzi per santificarmi nel
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mondo e, d’altra parte, ero già professore, avevo già un avvenire assicurato, già praticavo la religione, e frequentavo le funzioni sacre, vivevo veramente bene. Ma mi mancava una cosa per essere contento: sottomettere la volontà. E allora mi sono deciso a farmi religioso. L’obbedienza ha tale valore davanti a Dio che ben merita che uno si consacri a lui. Che distanza fra chi vive bene nel mondo, dove sceglie lui il bene che ha da fare, e la religiosa che vive bene in convento con il voto di obbedienza! Che tranquillità e serenità gode!
E c’è ancora un grande vantaggio, perchè la religiosa obbedendo e facendo quel che fa è sicura di essere aiutata dal Signore, è nella volontà di Dio, e Dio l’aiuta a compiere la sua volontà. La religiosa è sempre sicura del successo, del buon risultato, perché se anche tutto, per disgrazia, andasse male o perché il comando è stato sbagliato, o perché ci sono state contrarietà o opposizioni, essa ha guadagnato ugualmente tutto il merito. Per lei è andato tutto bene, quindi il suo premio è eterno. Allora la religiosa fedele all’obbedienza, non solamente alle superiore, ma anche al confessore nel lavoro spirituale o alle sue superiore secondo i casi, gode tranquillità e procede nella serenità sempre, ed è benedetta da Dio. Quando agiamo per obbedienza, sapendo che la volontà di Dio è sicura, sentiamo il coraggio: Dio lo vuole, e allora vado avanti e faccio di tutto per riuscire. Qualche volta si compiono anche atti eroici e Dio benedice.
Pensiamo allora alla santissima Vergine Maria: l’angelo Gabriele le annuncia il mistero dell’incarnazione e le comunica che la volontà di Dio è che ella accetti la divina maternità. Maria prudente, Virgo prudentissima, vuole qualche spiegazione e l’angelo gliela dà; e allora subito dice: «Ecco l’ancella di Dio, la serva del Signore: sia fatto di me come hai detto»4. Ecco il suo sì, pronto, generoso, totale. A Maria non mancavano cognizioni sulla Sacra Scrittura, in generale almeno, quindi poteva già sapere che cosa sarebbe stato del Messia, a quali sofferenze egli sarebbe andato incontro, e quindi che pena la Madre del Messia avrebbe dovuto sostenere. Accettò tutto. Se-
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guì la sua vocazione con il suo continuo sì al Signore, fino all’ora in cui venne da Dio chiamata all’eterno riposo, al premio. Doveva essere ben duro per lei vedere il Bambino Gesù, il Figlio di Dio incarnato, nato in una grotta, in una miseria così. E vedere che deve fuggire in Egitto per salvare la vita del suo figliolo, con un viaggio penoso. Maria, successivamente, in tutti i giorni della sua vita quante cose incontrò, ma fu sempre sottomessa al divino volere.
Solo e sempre il divino volere, anche quando ella sentì che il suo figliuolo era condannato a morte. Pensiamo lo strazio della madre, sapendo che il Figlio di Dio incarnato era innocentissimo, santissimo, e quindi quella condanna era ingiustissima. Eppure ella, abbandonata al volere di Dio, si affretta a raggiungere il Figlio sulla via del Calvario per accompagnarlo. E là si adempie quello che aveva preannunciato il santo vecchio Simeone: «Tuam ipsius animam pertransibit gladius: La tua anima sarà trapassata da una spada di dolore»5. Quale pena nel vedere suo Figlio spirare sulla croce! Quale trafittura al suo cuore quando il Figlio viene deposto dalla croce e sepolto! E quale pena quando il Figlio definitivamente lasciò la terra e cessò la sua presenza visibile per salire al cielo! E poi le pene seguenti, quando vide che il Vangelo del suo Figlio era ostacolato, e gli Apostoli erano perseguitati, battuti, imprigionati! Sempre e solo il suo sì al Signore. Non molte parole: il suo sì. E, possiamo esprimerci così, neppure interporre il tempo che ci vuole a pronunciare il sì, ma appena si manifesta la volontà di Dio, subito eseguirla. Il volere santissimo di Dio!
Oh, allora la religiosa è la prima imitatrice della prima suora, Maria! La prima imitatrice. Il sì al Signore sempre! Sempre avanti in qualunque disposizione! Così alla fine, quando il Signore la inviterà al cielo, dirà ancora sì e partirà per il premio.
L’obbedienza come dev’essere, perché rassomigli all’obbedienza di Maria?
Prima dev’essere soprannaturale. Non si deve guardare a chi comanda, né alle sue virtù, né alla sua intelligenza, né alla
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sua capacità. Si deve guardare il Signore, il Signore. Fede ci vuole! Non guardare se la superiora è una persona simpatica o una persona antipatica; se è una persona più anziana o una persona più giovane. Tanto più che l’obbedienza non comprende solamente l’eseguire gli ordini della superiora generale, ma anche della capo-ufficio, ad esempio, della capo-laboratorio. Nella proporzione giusta la capo-ufficio, la capo-laboratorio, ecc., hanno la superiorità e quindi devono essere obbedite. Lì tante volte si nasconde quello che è umano, quello che dentro c’è di umano: o si obbedisce, perché non si osa disobbedire e non si vuole meritare un rimprovero, o per incontrare la benevolenza della persona che dispone. E tante volte è per altri fini anche meno buoni di questi, meno buoni ancora.
Vedere Dio: «Chi ascolta voi ascolta me»6. Che cosa ci importa che sia una o un’altra? Basta che sappiamo che quella ha l’ufficio di disporre e quindi rappresenta per noi il Signore. Chi vede sempre Iddio è ancora più libero, e la sua obbedienza è ancora più facile, perché non si obbedisce a quella persona, che può essere anche meno istruita, ma si obbedisce al Signore, il padrone di tutto, colui che è la Sapienza infinita. Come Gesù uomo-Dio obbediva a S. Giuseppe che era un semplice uomo, pur tanto buono, ma un semplice operaio, senza istruzione.
Prima dev’essere soprannaturale, in secondo luogo, l’obbedienza dev’essere totale in tutte le cose, sia quando si è veduti come quando non si è veduti, sia di giorno e sia di notte, quando magari tutti riposano e c’è solamente l’occhio di Dio che veglia sopra di noi. In tutte le cose, anche in quelle che dispiacciono, che sono contro la nostra inclinazione: obbedienza totale. Obbedienza totale specialmente quando non capiamo la ragione del comando. Molti vorrebbero vedere la ragione e capire il motivo. E qualche volta si mettono a ragionare con le superiore, così da venire come a un accordo: fanno le loro obiezioni, trattano quello che si deve fare, e alla fine fanno la loro volontà, non l’obbedienza. Sì, questo fa perdere tanto merito e tanta pace alla fine. Fa perdere merito e pace. No, obbedire con semplicità, con semplicità. Per questo è molto
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importante che negli Esercizi si leggano le Costituzioni e, specialmente si meditino. Una delle letture più importanti è quella di leggere la regola propria, le Costituzioni proprie per poterle penetrare sempre di più nel loro spirito, oltre che considerarle nella lettera.
Inoltre l’obbedienza, perché piaccia a Dio, dev’essere amorosa. Amare quel che è disposto, non perché sempre piaccia, ma perché piace a Dio. Ecco: Sì, piace a me, e anche se non mi piace, devo fare in maniera che mi piaccia, perché piace al Signore, diceva quell’inferma. Piace al Signore e deve piacere anche a me. Non che piaccia sempre al senso, ma piace al Signore e piace alla mia volontà, piace in quanto io così mi guadagno un grande merito, perché faccio un atto di amore verso il Signore. Chi ama, chi ama il Signore non sente fatica ad eseguire. Ubi amatur: Dove si ama, non si soffre, e se anche si soffre, si pena, perché l’ufficio, il comando è duro, si ama la stessa fatica, si ama lo stesso sacrificio che si sta facendo: Ubi amatur non laboratur: vel si laboratur, labor ipse amatur7.
Noi non arriveremo mai ad imitare perfettamente l’obbedienza di Gesù. Ma Gesù disse a un’anima: Ricordati che io sono morto per far l’obbedienza, per fare l’obbedienza al Padre. Così egli ha detto là nel Getsemani: «Padre, non la mia, ma la tua volontà sia fatta. Non come voglio io, ma come vuoi tu»8, come vuoi tu. E quando sul Calvario venne spogliato degli abiti e gli si comandò di stendersi a terra e di attaccare le sue membra, le sue mani e i suoi piedi alla croce, obbedì, non fece alcuna resistenza: «Oboediens usque ad mortem, mortem autem crucis»9. Se noi riuscissimo a crocifiggere la nostra volontà alla croce!
Ci sono persone che sanno raggirare e infine fanno sempre la loro volontà; sanno lavorare con astuzia e politica, diciamo così, che non è la politica pulita, e allora dove andranno a ricevere la ricompensa? Chi le pagherà del lavoro fatto, anche se le cose sono sempre riuscite bene? Chi le pagherà? Hanno
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già ricevuto la ricompensa! Hanno fatto la loro volontà. Non le pagherà Dio, perché non hanno fatto quello che Iddio ordinava. Allora, in morte delusione, non è vero? Ho lavorato tanto e ho preso niente, non ho guadagnato niente! Press’a poco è la frase degli apostoli quando avevano lavorato tutta la notte e non avevano preso un pesciolino, pur buttando le reti a destra e a sinistra: «Per totam noctem laboravimus, nihil coepimus»10. Oh, che il diavolo non riesca a ingannarci in questo punto di lasciare che fatichiamo e lui portarsi via tutto il frutto; lasciare che fatichiamo e poi rimanere a mani vuote! Quante volte un’anima semplice che non sa fare altro che obbedire, in paradiso passerà prima di altre persone più intelligenti, magari più intraprendenti!
Ci benedica il Signore e ci dia questa sapienza, la sapienza di Gesù Cristo, «factus oboediens...», «…subditus illis»11, e la sapienza di Maria così da ripetere sempre, innanzi a tutto il nostro sì, soprannaturalmente, amorosamente, generosamente. Poi... premio eterno.
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1 Predica tenuta ad Albano il 9 novembre 1957. Trascrizione da nastro A6/an 37a = ac 62a.

2 Cf Rm 5,15.17.

3 Beato Columba Marmion (1858-1923), irlandese, monaco benedettino, scrittore di opere di spiritualità. L’opera più conosciuta è Cristo vita dell’anima. Beatificato da Giovanni Paolo II il 3 settembre 2000.

4 Cf Lc 1,38.

5 Cf Lc 2,35.

6 Cf Lc 10,16.

7 S. Agostino, De bono viduitatis, 21,26.

8 Cf Lc 22,42.

9 Cf Fil 2,8: «Facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce».

10 Cf Lc 5,5: «Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla»

11 Cf Lc 2,51: «…stava loro sottomesso».