Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Alba, 29-30/31 agosto 1957
I
LA PICCOLEZZA SPIRITUALE1


Siamo ormai alla novena di Maria Bambina: l’8 settembre si celebra la natività di Maria nostra Madre, Maestra e Regina, come il 25 dicembre si celebra la natività di nostro Signore.
Gli angioli si affollano volentieri attorno alla culla della Bambina celeste per ossequiarla come loro regina. Dobbiamo anche noi avvicinarci a quella santa culla, perché Maria non è nata nel modo nostro consueto: umanamente sì, ma spiritualmente in modo molto diverso. Fu concepita senza peccato originale, fu ornata subito di molta grazia e allorché l’anima sua è uscita dalle mani del Padre celeste era più santa che non i santi in punto di morte.
Pensiamo che santa Bambina vi era in quella culla e come gli angeli avevano ragione di venirla a salutare con tanta riverenza, con la stessa riverenza con cui poi Gabriele la salutò nella sua casetta quando venne ad annunciarle il mistero dell’Incarnazione. Noi ci accostiamo volentieri a quella culla, solleciti di essere i primi a ricevere i doni che essa porta dal cielo ai suoi figlioli. È simpatica questa festa, cara questa festa, anche santa questa festa! Noi abbiamo messo all’8 settembre l’inizio dell’anno scolastico. L’8 settembre ha avuto inizio la vita terrena di Maria. Speriamo tanto e confidiamo tanto in questa madre celeste che voglia benedire il nostro anno.
Che cosa raccomanderemo a Maria in questo tempo? A Maria Bambina che cosa domanderemo per l’Istituto? Quattro cose: far bene il lavoro spirituale; far bene il lavoro intellet-
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tuale (studio); far bene il lavoro apostolico; far bene il lavoro formativo: formazione umana e religiosa. Chiediamo questo con fiducia presso la culla di Maria.
Intanto mettiamo in relazione la nascita di questa Bambina con la nascita del Bambino Gesù. Ecco: Gesù voleva insegnarci, quando avrebbe predicato, che bisogna farsi simili ai bambini. Farsi simili ai bambini, cioè avere sempre le qualità del bambino. Gesù però non cominciò a predicare, ma cominciò a fare: si fece bambino e ci invitò ad essere semplici come i bambini. Allora avendo capito che il Figliolo di Dio incarnandosi volle presentarsi agli uomini come un bambinello comune, in una povera grotta, in una povera greppia, su povera paglia, vestito con umili e poveri pannicelli, ecco noi capiamo che cosa voglia dire il Signore quando ci dice: «Siate simili ai bambini»2.
Il Vangelo dell’altro ieri3 ci ricordava questo: un giorno i discepoli, gli apostoli quando non avevano ancora ricevuto lo Spirito Santo, discutevano fra loro chi doveva essere il primo, il capo: «Quis eorum videretur esse major». E facevano supposizioni e ognuno difendeva i suoi diritti, presunti però, non reali. Gesù, arrivato nella casa, li chiamò tutti, poi invitò un bambino che c’era in quella casa, lo mise in mezzo ad essi e disse quelle grandi parole, cioè: «Se non vi convertirete e non vi farete simili a questo bambino, non entrerete nel regno dei cieli, perché il paradiso è fatto per questi». È fatto «talium», e vuol dire, non solo chi è bambino di età e di statura, ma chi è semplice, chi ha le qualità del bambino. «Talium est enim regnum coelorum»4. E «guai a chi scandalizza un bambino»5, e «chi accoglie un bambino in mio nome, ecco fa un’opera che considero come fatta a me». «Sinite parvulos venire ad me: Lasciate che i piccoli vengano a me».
E Gesù dai bambini sopportava anche le loro ingenuità e
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che a volte anche verso di lui non mostrassero rispetto e potessero essere anche un po’ noiosi. Ma Gesù li amava: erano innocenti. E quindi permetteva che lo toccassero, che chiedessero la benedizione, che godessero delle sue carezze e dava loro dimostrazioni di affetto che non diede agli adulti: «Amplectens eos»6.
Vediamo allora le parole «Se non vi convertirete», voleva dire: Dal vostro orgoglio, dalla vostra voglia di primeggiare, dalla vostra ambizione, dai vostri desideri vani, dalle vostre pretese, ecco: «Se non vi convertirete». L’orgoglio è il nemico numero uno degli adulti. Soprattutto in principio, il nemico è la golosità; poi c’è nemico il vizio della lussuria; poi, fatti più adulti, entra il nemico numero uno: l’orgoglio, la superbia, il voler essere sopra. Superbia vuol proprio dire: super, sopra gli altri, stimarsi per quello che c’è, compiacersi di quello che c’è e magari preferirsi agli altri. Quando qualche volta si è disoccupati, può essere che si arrivi a fare anche un paragone fra noi e gli altri. E sebbene in alcune cose ci riconosciamo inferiori, esageriamo e gonfiamo certe altre cose, per cui infine crediamo di poter alzare la nostra testa: superbia, orgoglio. Dunque convertirci dall’orgoglio.
È necessario che negli Esercizi e poi in tutto il lavoro spirituale e in tutta la vita noi ci guardiamo sempre da questo nemico numero uno: l’orgoglio, la superbia. Mettiamo a base del nostro lavoro spirituale, del nostro lavoro intellettuale, del nostro lavoro apostolico, del nostro lavoro formativo l’umiltà. Come tutti, quando devono costruire una casa, mettono a base il fondamento. Fundamentum videlicet humilitatis, dice S. Agostino7. Quanto più vuoi alzare la tua fabbrica, tanto più pensa ad approfondire e a mettere forti i fondamenti. Fundamentum videlicet humilitatis. Vi sono troppe persone che non arrivano a mettere proprio il piede sul fermo: il nostro nulla, i nostri peccati, le nostre miserie e le nostre necessità continue, sia per farci buoni sia per fare l’apostolato. Se non si mette un piede fermo, come si fa a stare diritti, come si fa? Non si è
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mai sicuri, ecco. Occorre un po’ di terra ferma, un po’ di terra ferma.
E siamo arrivati a questo punto: «Se non vi convertirete». Il bambino non è orgoglioso, il bambino non è superbo, il bambino non è falso, il bambino non combina inganni. E tutto questo male viene dall’orgoglio: il bambino è semplice, umile. Poi Gesù va avanti e dice quelle altre parole: «... se non vi farete come questo bambino, non entrerete nel regno dei cieli». Una volta, in principio dell’Istituto, ho spiegato questo senza citare le parole del Vangelo. Allora due sono venuti da me: Ma lei quest’oggi è stato troppo duro!. Oh, e che cosa ho detto?. E mi hanno riportato quelle parole. Allora ho detto: Prendete il Vangelo, capo tale, versetto tale. L’ha detto il Signore. E guardate: non sono io che sono stato duro, piuttosto siamo tutti insieme duri di testa a capire. Così. Ma proprio se non ci facciamo simili al bambino, non entreremo nel regno dei cieli.
Il bambino è innocente, altra qualità del bambino. Ci può entrare uno con il peccato in paradiso? Mai. Il peccato veniale esclude per sempre, cioè esclude il peccato dall’ingresso immediato in paradiso; prima occorre allora quella pena temporale, quella purgazione per mezzo delle pene del purgatorio. Il peccato mortale esclude poi sempre l’anima dal paradiso, se quest’anima è passata all’eternità senza aver ottenuto il perdono. Vedete, curare l’innocenza: «Se non vi farete come questo bambino». L’innocenza o che si è conservata dal Battesimo: ancora stola bianca, o che si riacquista lavando la stola macchiata nel sangue dell’agnello Gesù. Ecco, innocenza di vita: innocenza nella mente, innocenza nel cuore, innocenza nella volontà, innocenza nelle fantasie, innocenza nel parlare, innocenza nell’ascoltare, innocenza nel guardare, innocenza nel comportamento, nelle relazioni: innocenza! Che bella cosa l’innocenza! A volte arrivano fanciulli a San Paolo, arrivano fanciulle; li guardate un momento negli occhi e vi vedete trasparire l’innocenza. Qualche volta qualcuno si presenta e si vede che dietro a quegli occhi c’è già stata una tempesta o è una tempesta che dura ancora in quelle anime. Gesù ci aspetta tutti innocenti in quel luogo, in cielo, nella sua casa paterna dove non può entrare nessun suo nemico, cioè chi commette
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peccati. Innocenza! È un ‘in’ che indica che manca la colpa, la colpa è cosa che nuoce. Innocenza vuol dire che non si sono commesse cose che nuocciono.
Il bambino poi è sincero, non sa fingere, non conosce ipocrisie. Abbiamo da essere sinceri come il bambino nel riconoscere i nostri falli. Qualche volta gli Esercizi si fanno molto bene; quando si arriva a metà degli Esercizi o verso i due terzi, già uno finisce con il dire: Ah, adesso conosco meglio me stesso, adesso mi credo meno giusto e meno santo di quando sono entrato; ho capito un poco le mie debolezze e fragilità. Questo credersi più bisognosi di Dio, meno virtuosi, meno capaci, ecc., alla fine degli Esercizi, è uno dei segni che gli Esercizi sono andati bene, perché gli Esercizi sono un entrare in noi stessi, gli Esercizi sono un incontro prolungato con Gesù per parlargli di noi stessi. Gli Esercizi sono meditazioni e riflessioni che si possono quindi fare senza prediche e senza libro, ma gli Esercizi mai si possono fare senza riflessione, meditazione e preghiera.
Quasi sempre quelli che fanno gli Esercizi spirituali di un mese li vogliono fare quasi interamente da sé. Allora si entra in maggiore intimità con Dio; allora il Signore illumina, l’anima si apre e allora il frutto è maggiore. Riconoscere ciò che siamo e confessare i nostri sbagli, ammetterli, non offendersi se avviene una correzione, se avviene una diminuzione di autorità o di posizione o di ufficio. Non offendersi. Poi, queste nostre debolezze, fragilità, queste nostre tendenze all’orgoglio, all’invidia, alla pigrizia, alla tiepidezza, confessiamole a Dio: Confiteor Deo omnipotenti, beatae Mariae semper virgini: mi confesso a Dio onnipotente, alla beata vergine Maria..., si dice il Confiteor che non è una Confessione sacramentale, ma è un riconoscimento. E perciò Ideo precor: prego Iddio onnipotente, la beata vergine Maria, ecc. Poi confessarci sinceramente. Dire, dire. Quella tendenza che abbiamo a minimizzare la colpa è brutta, e la tendenza a ingrossarla è brutta. No: «Est est, non non»8. È così, non è così: dire le cose come sono, con sincerità, senza doppio senso e senza voler mutare e voler far
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apparire diverso lo stato dell’anima. Non andare a cercare cose sublimi, che facciano parlare di cose alte, ecc. La semplicità, quindi la veracità, la sincerità, ecco, perché possiamo veramente rassomigliare al bambino: «Se non vi farete come questo bambino».
Il bambino è docile, ascolta la mamma quando è piccolo. Quando poi si cominciano ad avere certi capriccetti, perché si è già un po’ più adulti, a volte ci son persone che i capriccetti dei bambini li fanno anche quando hanno settant’anni. Proprio capriccetti anche ridicoli. Il bambino è docile. La ‘docilitas’: la docilità nella vita religiosa è la cosa principale, perché è il voto di obbedienza. Ma non quell’obbedienza che si fa per forza, ma la ‘docilitas’ è la disposizione continuata a fare il volere di Dio. Il Papa ci ha dato le Costituzioni: docilmente prenderle e leggerle e uniformarsi, perché non vogliamo soltanto essere dei sudditi del Papa, ma dei figli che lo amano, che cercano di assecondarlo in tutti i suoi desideri, che partecipano alle sue pene come alle sue gioie. Ecco, il Papa deve trovare nei religiosi e nelle religiose un grande stuolo di anime che soffrono con lui, pregano con lui, godono con lui e sui quali egli può contare: sul loro affetto, sui loro sacrifici, sulla loro dedizione, sulla loro docilità.
Quindi, nelle ammissioni al noviziato e ancora prima alla vestizione, e poi alle professioni, la qualità ‘docilitas’, la docilità, sottomissione abituale, prontezza non stentata, non quella che fa soffrire i superiori e che porta anzi a far perdere tanti meriti, perché si fa come per forza, ma la ‘docilitas’, la disposizione di accettare in letizia e riconoscenza, il volere di Dio, fosse anche una malattia. Specialmente accettare bene le Costituzioni e gli uffici, i luoghi, gli apostolati che vengono assegnati. Oh, la ‘docilitas’ è la disposizione fondamentale della vita religiosa! Diversamente si sta sottomessi, perché non si può fare a meno, e quando sono in gioventù, perché si vuole arrivare alla vestizione e alla professione, e dopo, perché si sentono già professe, a loro sembra: Adesso sono a posto. Ecco, non temono più che vengano escluse. ‘Docilitas’ vera, profonda.
Si opponeva in qualche cosa il Bambino quando la Madonna lo metteva sulla paglia? Oppure lo prendeva per dargli
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il latte? Oppure, quand’era bambinetto e gli dava già qualche cosa da occuparlo, o fanciullo, per esempio, lo mandava alla fontana a prender l’acqua, ecc., si opponeva? No, mai. Come non si è opposto quando il carnefice si avvicinava e puntava il chiodo, sulla sua mano e alzava il martello per far penetrare il chiodo. ‘Docilitas’ nelle mani del Padre celeste, come prima ‘docilitas’ nelle mani della Mamma. «Se non vi farete come questo bambino, non entrate nel regno dei cieli».
Qualche volta viene detto: Ma tu sei sempre un bambino! viene detto a un adulto o a un’adulta. Cosa pensare di questa espressione? Qualche volta è un rimprovero e qualche volta può essere un elogio. È un rimprovero quando alle qualità del bambino non si sono aggiunte le qualità dell’adulto, allora è un rimprovero. A una che non vale niente si dice: Sei sempre una bambina, perché non sa prendere una risoluzione, non sa mantenere un proposito. Il bambino è debole: non aspettatevi la perseveranza, egli ha bisogno di cambiare giochi cinque volte all’ora. Ma si è adulti. Il bambino non può avere la prudenza, non può averla. Ma l’adulto deve essere prudente, giudicare delle persone, quando, supponiamo, va a trattare con loro. La docilità!
Abbiamo da aggiungere poi, più tardi, le virtù, le qualità dell’adulto: le virtù teologali, le virtù cardinali, le virtù religiose. Da aggiungere: l’apostolato sapiente, intelligente, industrioso. E allora può essere anche un elogio: Sempre bambina. S. Tommaso9, morto a cinquant’anni, dopo aver scritto tanti libri e predicato tanto, aveva l’aria, l’aspetto di un bambino. Così semplice nelle sue cose! Così i santi in generale. Allora la semplicità in una persona adulta, l’umiltà, l’innocenza, la docilità del bambino sono grandi virtù. Il bambino possedeva quelle qualità, ma senza merito, ma chi ha conservato queste qualità fino avanti negli anni e magari fino alla tarda età, questa è virtù, non qualità naturale. È virtù che risulta da tante virtù interne, da tante disposizioni dello spirito: pensiamo all’innocenza
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portata fino al sepolcro, pensiamo alle disposizioni di obbedire a persone che sono già avanti negli anni, eppure si può dar loro qualunque disposizione.
Ma quando si cominciano a impennare: Ma io... e si fa appello all’età, si fa appello al lavoro già fatto, ecc. Dunque: «Se non vi farete come questo bambino, non entrerete nel regno dei cieli», perché il regno dei cieli è fatto per quelli che rassomigliano al bambino: «Talium est enim regnum coelorum». Gesù non voleva dire solo a quelli che sono ancora bassi di statura e hanno un piccolo corpo e hanno ancora poco tempo di vita, forse un anno, due o tre; voleva dire a quelli che han lo spirito così: «Talium est enim regnum coelorum». Cioè umiltà, innocenza, poi veracità, e poi docilità.
A Maria Bambina chiediamo questo: essere sempre ornati di quelle qualità che ha il bambino, qualità che in noi saranno meriti. E aggiungere, man mano che si va avanti: «Proficiebat…: Gesù progrediva in sapienza, età e grazia»10, aggiungere le qualità e le virtù dell’adulto.
Fare bene la novena della Natività, accostiamoci con riverenza a salutare Maria Bambina nella sua culla. I bambini si rubano i baci; e date pure dei baci alle manine di Maria, sperando che dopo questa vita Maria ci mostri Gesù: Mostraci Gesù dopo questo esilio, e allora in paradiso alla nostra Madre si baceranno i suoi santissimi piedi. Concludete bene così gli Esercizi.
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1 Predica tenuta ad Alba il 29 agosto 1957 durante un corso di Esercizi spirituali. Trascrizione da nastro A6/32a = ac 54a. Il giorno 26 agosto 1957, nota il Diario Sp., Don Alberione parte per Alba; si ferma alcuni giorni e predica tre corsi di Esercizi: a un gruppo di chierici, ai discepoli, alle Figlie di San Paolo. Rientra a Roma il 1° settembre.

2 Cf Mt 18,3.

3 Martedì 27 agosto, memoria di S. Giuseppe Calasanzio (1557-1648), fondatore dei Chierici Regolari Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie (detti Scolopi). Il Vangelo del giorno è Mt 18,1-5.

4 Cf Mt 19,14: «…a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli».

5 Cf Mt 18,6.

6 Cf Mc 10,16: «Prendendoli tra le braccia».

7 Cf Discorso 69: “L’umiltà è il fondamento dell’edificio spirituale”.

8 Cf Mt 5,37: «Sì, sì, no, no.»

9 Tommaso d’Aquino (1225-1274), domenicano, teologo e Dottore della Chiesa. Ha esercitato un influsso determinante sull’indirizzo del pensiero filosofico e sulla ricerca teologica nei secoli seguenti.

10 Cf Lc 2,52.