Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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6.
LA PREGHIERA

Ogni persona che attende agli esercizi spirituali conclude con dei propositi. Abbiamo parlato particolarmente degli Istituti Secolari e sappiamo che in questi Istituti vi sono grandi vantaggi, vi sono anche doveri, e vi sono i mezzi per compierli con soddisfazione. Il mezzo generale e principale è la preghiera, perciò se si sarà osservanti dell'obbedienza, della castità, della povertà, si farà bene l'apostolato a misura della preghiera.
Che cosa sia pregare ognuno lo sa. Vi è la preghiera vocale e vi è la preghiera mentale. La preghiera vocale: per esempio il Rosario, la Via Crucis, il canto delle lodi sacre, le orazioni del mattino e della sera, eccetera. Si chiamano vocali, cioè fatte a voce, non perché siano solamente fatte con la bocca, ma perché oltre la mente e il cuore, vi è anche la parola esterna; perciò parlando, ad esempio, del Rosario, vi è la meditazione del mistero e nel mistero si cerca di ricavare un frutto, un proposito. Ma oltre alla meditazione del mistero, c'è anche da pregare con la voce, perciò si chiama orazione vocale. Il Rosario è una preghiera tanto facile. Conosco un grande numero di persone che lo recitano ogni giorno intero, ed altre più numerose, che ne recitano almeno una terza parte.
Oltre la preghiera vocale vi è la preghiera mentale. È quella che si compie specialmente all'interno, con la nostra mente, col nostro cuore e anche con i propositi. Chi fa l'esame di coscienza, fa preghiera mentale; chi fa la meditazione, fa preghiera mentale; chi sta facendo buoni propositi, fa preghiera mentale; chi esprime al Signore e ha nel suo cuore desideri santi, fa preghiera mentale, interna.
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Bisogna però distinguere: vi è la preghiera fatta di formule, vi è lo spirito di preghiera e vi è la vita di preghiera. La preghiera di formule si ha quando si recitano, ad esempio, le preghiere del mattino e della sera, quando si recita il Rosario, quando si recitano preghiere di preparazione e ringraziamento alla Comunione. Tutte queste sono formule di preghiera che noi leggiamo o diciamo accompagnandole col sentimento interno. Ma oltre a queste formule di preghiera, vi è anche lo spirito di preghiera, che si ha quando interiormente si parla con Dio; si sente l'unione con Dio, si esprimono sentimenti propri. Vi sono anime che invece delle formule di preparazione e ringraziamento alla Comunione fanno preghiere spontanee che escono dall'anima e dal cuore: allora c'è lo spirito di preghiera. Lo spirito di preghiera è un sentimento interiore di umiltà e di fiducia in Dio; si sente il bisogno e ci si rivolge al Signore; si sente che da noi nulla possiamo, ma con Dio possiamo tutto; si sente che siamo figli piccoli, ma Dio è il Padre buono e grande. E tutto questo è espresso in quella formula che usava san Francesco di Sales: «Da me nulla posso, ma con Dio posso tutto». Quando abitualmente si ha questo senso di debolezza, si ha questa specie di timore e diffidenza di noi, non fermandoci a pensieri di scoraggiamento, di disperazione, ma rivolgendoci con fiducia al Signore, allora vi è lo spirito di preghiera; anzi si può dire che l'anima è sempre in uno stato di preghiera.
Vi sono persone che non recitano molte formule, ma portano sempre questi due sentimenti: diffidenza di sé, confidenza totale nel Signore. Considerano le cose della vita presente come mezzi per il Paradiso, per la vita eterna e considerano la stessa vita presente come un dono di Dio, perché la vita nostra per sé cosa vale? Solo se essa è considerata in ordine all'eternità vale tutto; per sé vale nulla, perché con la morte è tutto finito; ma le conseguenze sono eterne.
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Le conseguenze della vita di Giuda quali sono state? L'eterna dannazione, le eterne pene. Le conseguenze della vita di san Pietro e di san Paolo quali sono state? Il cielo, il Paradiso. Essi sono due stelle del cielo. Oggi abbiamo festeggiato santa Chiara. Era una giovane di Assisi, figlia di ricchi signori, quindi aveva in famiglia tutte le comodità che si possono desiderare e davanti a sé aveva un avvenire piacevole, per quanto poteva prevedere. Ella invece conobbe san Francesco che aveva lasciato tutto per donarsi a Dio; e allora, colpita e illuminata dalla grazia di Dio, decise di seguirlo nella povertà e nella vita semplice e laboriosa, soprattutto in quello spirito particolare in cui la dirigeva il Santo. Così arrivò alla santità.
La vita nostra vale in quanto ci merita il Paradiso, ed è un dono grande di Dio, del quale dobbiamo rendergli conto. E quando questo dono non venisse utilizzato per Dio, che cosa sarebbe? Pochi sono gli anni di vita, ma le conseguenze sono eterne. Quanti, mentre noi stiamo parlando, soffrono le pene dell'inferno e comprendono che potevano, nella loro vita guadagnarsi la felicità eterna; perciò vivono in una disperazione eterna nelle loro sofferenze che non termineranno mai. E quante anime invece, mentre noi stiamo parlando, ci guardano dal cielo, ci incoraggiano e ci aspettano: «Me expectant justi, donec retribuas mihi»: i giusti mi staranno al fianco quando m'avrai largito il tuo soccorso (Sal 141,8). Ci incoraggiano: tenete la nostra strada, non declinate né a destra né a sinistra; la via è anche difficile, però mette capo al Paradiso.
Quando si vive in questi sentimenti di soprannaturalità si può dire che si vive in continua orazione. E questo ci mette nel terzo grado della preghiera. I1 Signore dice nel Vangelo: «Oportet semper orare et non deficere»: è necessario pregare sempre senza scoraggiarsi mai (Lc 18,1). Si può interpretare questo testo per dire che è necessario sempre pregare senza mai stancarsi?
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Sì. Ciò vuol dire che oggi bisogna pregare quanto dobbiamo, domani pregare quanto dobbiamo, l'anno venturo ancora pregare quanto dobbiamo. Mai trascorrere dei mesi senza preghiera, mai fare come certe persone che per un po' di tempo sono fervorose, frequentano i sacramenti, magari la confessione settimanale e la comunione quotidiana, ma poi dopo passano dei mesi e forse periodi anche più lunghi senza pregare. È necessario pregare sempre.
Però questo testo del Vangelo si interpreta anche in un altro modo: sempre pregare nel senso di trasformare la nostra vita in preghiera. Chi lavora prega. Con ciò si intende che chi lavora bene, con le dovute disposizioni, offrendo al Signore il suo lavoro, la sua fatica, prega. Offrendo cioè le nostre fatiche al Signore, noi facciamo un atto di obbedienza, sacrifichiamo la nostra salute, il nostro tempo, l'offriamo al Signore in atto di adorazione: facciamo Dio padrone della nostra vita, delle nostre forze, del nostro tempo, perché tutto consacriamo a Lui. Allora, ecco, si lavora per il Signore. Certamente si lavora anche per l'altro fine di guadagnarci il pane col sudore della fronte. Ma oltre a questo fine immediato, del resto materiale, ma necessario, vi è anche il fine soprannaturale: compiere il santo volere di Dio. Però ci vuole la retta intenzione, perché il lavoro si trasformi in preghiera.
Noi passiamo le 24 ore del giorno e mentre queste si succedono il sole fa il suo giro, per parlare popolarmente; il sole nelle 24 ore vede sulla terra elevarsi continuamente il calice e l'ostia verso il cielo. Sono 400.000 sacerdoti che celebrano la messa nella giornata e vi sono tre, quattro consacrazioni ogni minuto secondo. Questo vuol dire che c'è una messa continuata, che il sacrificio della croce è sempre vivo. Il sole oggi a quest'ora illumina certe terre, poi passa con la sua luce ad altre terre e ad altre terre ancora, ma continuamente è l'ostia, è il calice che si elevano verso il cielo in adorazione, ringraziamento, soddisfazione e supplica a Dio.
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Un calvario sempre vivo, sempre vero, sempre attuale, che si prolunga nei secoli, che glorifica il Signore e fa piovere grazia e benedizione sull'umanità, anche sull'umanità più lontana da Dio. Chi nella giornata intende vivere unito a tutte queste Messe, prega dicendo: «Vi offro tutte le mie intenzioni, azioni e patimenti in unione con tutti i sacerdoti che celebrano la santa Messa»; chi fa così è in continua adorazione. D'altra parte, «sia che tu mangi, sia che tu beva - dice san Paolo - fa' tutto a gloria di Dio» (Col 3,17); tutto, anche il riposo e anche il tempo del sollievo, tutto sia a gloria di Dio; ma tutto unito a questo sacrificio continuato sulla terra. È questo ciò che tiene ferma la mano della giustizia di Dio a colpire l'umanità tanto macchiata di peccati; ed è ancora la supplica continua perché tante anime che si consacrano a Dio, vivano nell'amore di Dio e siano apostole sulla terra. Allora questa Messa da una parte paga anche i nostri peccati, le nostre incorrispondenze alla grazia, le nostre freddezze; e nello stesso tempo ottiene le grazie per la santificazione nostra, per sostegno, perché si continui cioè il lavoro apostolico, e si continui il lavoro di santificazione. Allora se tutta la nostra giornata è offerta in questo spirito, con l'intenzione «per cui voi, o Gesù, vi sacrificate ogni momento sull'altare», allora la giornata è giornata di preghiera, «Oportet semper orare et non deficere» (Lc 18,1):È necessario pregare, perché chi prega si salva e chi non prega si danna; chi prega molto si fa santo e chi prega poco non si fa santo; arriverà forse al Paradiso, sì perché un poco ha pregato.
Chi non può stare molte ore fermo in chiesa, perché molte sollecitudini l'aspettano, abbia almeno la vita di orazione, e per guanto può, faccia quelle pratiche che sono necessarie o almeno utili. Ma quando non si possono fare le pratiche che si vorrebbero, allora cambiare la vita in preghiera, e con frequenti giaculatorie al Signore tenersi uniti con i sacrifici che si stanno compiendo sugli altari, cioè con le continuate Messe che si succedono ogni ora, ogni istante. È necessario pregare. Chi non va alla preghiera, va alla rovina.
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Tanti vanno alla rovina, perché non hanno pregato. Ma anche quelli che pregano hanno delle prove, delle sofferenze, alle volte hanno delle pene, sono contrariati, combattuti. È vero, ma intanto nella prova fanno progresso; cambiano le loro pene in meriti e le loro prove servono a stabilirli nella virtù: «faciet cum tentatione proventum ut possitis sustinere»: insieme alla tentazione vi darà pure la forza di poterla superare (1Cor 10,13).
Si è parlato dell'obbedienza, della castità, della povertà, ma non ho voluto scendere ai particolari. Può essere che ci siano momenti di disorientamento, ma chi prega intenderà bene la virtù della povertà, della castità, dell'obbedienza, così come intenderà bene il voto di povertà, di castità, di obbedienza, i quali conferiscono un aumento grande di grazia e di merito per l'eternità. Pregare molto! Si dirà che non c'è tempo, ma allora bisogna convertire tutto il tempo in preghiera. Vi sono anime che sono come una preghiera ambulante, che cammina. Fanno le cose in casa, fuori casa, allo stabilimento, oppure in chiesa; ma qualunque cosa la fanno per Dio, unite in spirito alle Messe che si celebrano sulla terra, offrendo sempre con Gesù Ostia, se stesse. Allora non dobbiamo più lamentarci, il tempo per pregare c'è; ci sono le 24 ore della giornata; anche dormendo, perché alla sera si mette l'intenzione che tutti i respiri siano cambiati in atti di amor di Dio, e tutti i battiti del cuore che si succederanno durante il sonno siano atti di amor di Dio. Allora tutto avviene nel compimento del volere di Dio. Alla sera si chiede al Signore di preparare le grazie per l'indomani e di mandare, mentre si riposa, tante anime in cielo per il loro riposo eterno. Ci sono anime che si prefiggono di dare al Paradiso almeno un'anima nella giornata, e di liberare almeno un'anima dal Purgatorio. Così si fa l'apostolato e si hanno anche dei risultati. A volte però sembra che l'apostolato ottenga l'effetto contrario, o almeno che non dia risultato visibile. Quando però si continua a pregare, il risultato ci sarà sempre anche se sembra che si ottenga l'effetto contrario.
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È poi Dio che opera, e «se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?» (Rom 8,31). E se Dio è con noi, che cosa è che non possiamo aspettarci da Dio? Vi sono anime vittime, le quali trattengono la giustizia di Dio irritata; anime le quali non sanno pensare che del bene; anime che si tengono in contatto abituale con Dio dovunque si trovino: sul treno, sulla corriera, mentre cucinano o rigovernano, eccetera. In tutto quello che fanno c'è l'unione con Dio, che sarà più o meno sentita, ma che poco per volta diverrà sempre più sentita e renderà l'anima sempre più lieta, perché sentirà la sua unione col Signore sempre più viva.
Adesso bisogna fare un buon esame sulla preghiera. Si prega? Si dicono solo formule o c'è lo spirito di preghiera? C'è lo spirito di preghiera qualche ora, oppure si trasforma la vita intera in preghiera? E si insegna a pregare? Adesso se guardate il mondo, se guardate gli stabilimenti, i movimenti operai, le famiglie, si fa di tutto, si fanno tanti sacrifici, tanti lavori, si prendono tante vie, tanti mezzi e spesso è lasciata da parte la preghiera. «Abbiamo molto da fare!» Ma la prima cosa da fare è pregare. E se si comincia la giornata senza Dio, che cosa sarà nel decorso di essa? Certi motivi che si adducono a che cosa servono per l'anima? Viviamo soltanto per la terra, o viviamo per l'eternità?
Perciò compiamo l'apostolato della preghiera, non solo offrendo le nostre orazioni, azioni e patimenti in unione col sacrificio della croce, ma oltre a questo, riempiendo la giornata di preghiera. Allora la nostra attività produrrà tanto frutto in più. Apostolato della preghiera: insegnare a pregare. Vi sono bambini che ancora non sanno le orazioni e già si vorrebbero ammettere alla comunione. Vi sono adulti che hanno disimparato anche le preghiere principali. Vi sono uomini e vi sono a volte morenti che se si suggerisce loro di dire l'atto di dolore stanno muti, non sanno più dire le preghiere.
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Far l'apostolato della preghiera: insegnare a pregare. E noi chiediamo al Signore: «Doce nos orare»: insegnaci a pregare (Lc 11,1), e a nostra volta insegniamo ad altri a pregare.
Particolarmente per chi si dedica all'apostolato catechistico insegnare a pregare, esigerlo facendo ripetere conducendo frequentemente i bambini alla comunione e prima alla confessione. Insegnare a pregare: ascoltare bene la Messa, far partecipare alle funzioni in chiesa; insegnare a pregare: la devozione a Maria, il Rosario, particolarmente la devozione a Gesù Ostia, a Gesù che dimora nei nostri altari, agli Angeli Custodi e ai Santi di cui si porta il nome.
Così l'apostolato della preghiera, mentre è di estrema utilità per noi, sarà anche di grande vantaggio per le anime che avvicineremo.
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