26.
LA VOCAZIONE
Il Signore ha dato a tutti una grande vocazione: creandoci ci ha destinato al Paradiso e ci chiama tutti al Paradiso. «Deus vult omnes homines salvos fieri et ad agnitionem veritatis venire»: il Signore vuole tutti salvi e vuole che tutti conoscano la verità per camminare nella via della salvezza (1Tim 2,4). Questa è la vocazione di tutti gli uomini perché tutti, fatti ad immagine e somiglianza di Dio, e tutti destinati, per quanto dipende da Dio, al cielo. Siamo usciti dalle sue mani creatrici ed Egli che è il Padre nostro nei cieli ci attende lassù, come si esprime il Vangelo, alla mensa di felicità, alla sua mensa eterna, a partecipare cioè alla sua beatitudine.
Tuttavia non tutti gli uomini devono camminare per la medesima strada, anche se tutti devono vivere la fede, praticare la morale e pregare. Sì, per tutti la fede, la morale e il culto; però in particolare, vi sono persone che devono esercitare la loro fede, praticare il culto, la preghiera, in una determinata condizione di vita; altri, in altre condizioni. Quindi, oltre alla vocazione generale al cielo, vi è poi una vocazione particolare per certe anime. Tutti sono destinati al Paradiso, ma non tutti per la medesima strada. E questa strada diversa, che può essere assegnata da Dio a un'anima o ad un'altra, la chiamiamo propriamente vocazione. Per vivere la vita ordinaria del buon cristiano, la vita che conduce alla salvezza, non è necessaria una vocazione speciale. Invece per chi deve arrivare al sacerdozio, per chi deve arrivare alla vita religiosa, per chi deve arrivare agli Istituti Secolari, è necessaria una vocazione sua particolare, cioè è necessario che vi sia una inclinazione e che il Signore abbia dato grazie e lumi particolari a questo scopo.
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Parliamo allora della vocazione propriamente detta. Che cos'è? La vocazione dalla parte di Dio è la volontà sua che destina un giovane o una giovane ad uno stato particolare. Dalla parte di Dio, la volontà sua; e dalla parte nostra, la vocazione è quel complesso di attitudini, di disposizioni, di capacità, con un'inclinazione, con grazie e lumi particolari per indirizzarci ad uno stato determinato. C'è la vocazione al sacerdozio per i giovani che intendono abbracciare tale vita; la vocazione alla vita religiosa per chi intende abbracciare tale vita; e la vocazione agli Istituti Secolari per chi vuole abbracciare la vita di consacrazione, di perfezione, nel mondo, e nello stesso tempo impegnarsi ad un apostolato nel mondo. Attendere cioè ad una perfezione, ad un miglioramento, ad un progresso spirituale e nello stesso tempo operare per le anime, per il prossimo. Vocazione!
Quando il Signore, che è un Padre buono, crea un'anima, non l'abbandona come una madre snaturata che abbandona il suo figlio dopo che l'ha messo al mondo. Il Padre celeste che ci ama ha già disposto per noi una via da tenersi per ritornare a lui nella beatitudine eterna. Quando il Signore crea un'anima, volendo che quest'anima segua una determinata via, la crea con facoltà, attitudini, qualità adatte a quella via per cui quell'anima deve raggiungere il paradiso. Il Signore poi nel battesimo infonde tali luci, tali attitudini, tali inclinazioni che, ben sviluppate, quando la bambina o il bambino arriva all'uso di ragione, determinano una propensione, una inclinazione. In quella bambina, in quel bambino, il Signore infonde la fede, la speranza e la carità, perché infonde la grazia. Il Signore nel battesimo dà la vita soprannaturale, e questa vita soprannaturale è la grazia. La grazia, operando nella mente comunica la fede, operando nella volontà comunica la speranza e operando nel sentimento, nel cuore, comunica l'amore di Dio anche se il bambino non è conscio di questo.
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Certo, se muore prima dell'uso di ragione con quella fede che egli ha ricevuto nel battesimo, vedrà Dio; con quella speranza che gli è stata infusa, egli possederà Dio; con quella carità che ha ricevuto, il bambino amerà Dio e godrà Dio per tutta l'eternità. Quindi il bambino che muore tra il battesimo e l'uso di ragione è certamente salvo. Siamo tanto sicuri di questo che è permesso di pregare quei bambinetti che sono passati all'eternità fra il battesimo e l'uso di ragione, quando non era ancora possibile peccare, particolarmente se sono bambini della famiglia o della parentela.
Ora quando un'anima è destinata ad una via particolare, non ha solamente i doni naturali di capacità, di intelligenza, di fermezza di carattere, le doti necessarie per il lavoro che dovrà fare; ma ha anche le grazie del battesimo per quella via determinata. Queste grazie, arrivati all'uso di ragione, porteranno certe inclinazioni, certe preferenze, certe tendenze; sia perché vi è la natura, sia perché vi è la grazia, tutti e due elementi che determinano la propensione, l'inclinazione, la preferenza ad uno stato. Se questa inclinazione, preferenza, propensione, è al sacerdozio per i giovani, allo stato religioso per tutti, o agli Istituti Secolari, noi la chiamiamo vocazione. È un fiore che se si trova in un ambiente buono si svilupperà e porterà i frutti. Questa vocazione ha bisogno di trovare adatto prima di tutto l'ambiente familiare, specialmente la mamma che è la prima maestra del fanciullo; ha bisogno di trovare un ambiente scolastico, un ambiente sociale in generale, ha bisogno di trovare un ambiente parrocchiale per svilupparsi, altrimenti quanti fiori spariscono e la vocazione non è corrisposta. Noi sappiamo che vi sono certi fiori nell'Africa, verso l'Equatore, che hanno bisogno di quella determinata temperatura calda. Portati da noi deperiscono immediatamente, anzi quelle piante non fioriscono più. La vocazione ha bisogno di trovare un clima, un'atmosfera adatta, di respirare un'aria conveniente per la sua salute spirituale e per poter seguire la chiamata di Dio.
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È necessario conoscere la propria vocazione? Sì, è molto importante, anzi a volte è decisivo per la salvezza. Supponiamo che il Signore chiami un giovane per la via sacerdotale. Il Signore ha preparato tutte le grazie per il suo cammino e per il tempo degli studi, per il tempo della formazione, per l'esercizio del suo ministero; nelle varie condizioni di vita in cui si troverà, ha disseminato le grazie. Se lui passa da un'altra strada, non trova le grazie, quelle preparate per lui, e difficilmente ha quelle di un altro stato. Ci vorrebbe una volontà ferrea.
E allora che cosa bisogna fare? Dobbiamo metterci sulla strada su cui ci chiama il Signore, lì troveremo tutto più facile, lì troveremo più abbondanti le grazie. Sull'altra strada si troverà quasi una sterilità, tutto quel che si fa costa più fatica. Dante stesso nella Divina Commedia, rimprovera coloro, i genitori, gli insegnanti in generale, che vogliono che uno si faccia sacerdote, che un altro si faccia capitano di milizie. Così si crea un mondo infelice, perché uno che non è sulla sua strada, è come un osso slogato, non è al suo posto e quindi soffre sempre. Quando invece l'individuo si trova sulla sua strada, si sente a posto, sente e ama quello che deve fare, perché il Signore infondendo fede, speranza e carità, nella carità dà l'amore a fare quel bene, a vivere quella vita determinata.
Inoltre c'è una soddisfazione, anche se vi sono delusioni. Delusioni nella vita ce ne sono per tutti; tuttavia la persona sa accettare le delusioni e andare incontro alle difficoltà, fornita della grazia di Dio e disposta a camminare ugualmente nella via di Dio. Essa trova sempre i modi di risorgere anche quando è caduta e soprattutto in quella via trova consolazioni, mentre nella via non sua, in generale, trova la sterilità. Vi sarà sforzo, sì; ma se lo sforzo c'è ovunque, fuori dalla propria strada dovrà essere duplicato, sarà molto più pesante e può contare meno sulle grazie di Dio. Sì, se uno non si trova nella sua strada, c'è una sterilità in quanto a meriti e una sterilità anche in quanto all'apostolato. Bisogna allora conoscere la propria vocazione.
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Quali sono i mezzi per conoscere la propria vocazione e per corrispondervi? Sono tre. Il primo mezzo è pregare; il secondo è pensarci seriamente; il terzo è consigliarsi.
Bisogna anche dire che tante volte una persona crede di essere fatta per una strada mentre non lo è. Le grazie del Signore sono seminate su un'altra strada. Magari questa persona vuole la vita contemplativa mentre è fatta per la vita attiva, o vuole la vita attiva mentre le sue qualità, le sue grazie, sono per la vita contemplativa.
Così vi è un apostolato dei laici e vi è un apostolato dei religiosi; chi è fatto per una strada e chi per un'altra. Per esempio, il santo Curato d'Ars, san Giovanni Battista Vianney, in tutta la sua vita ha sempre sospirato la vita contemplativa, di ritirarsi in un convento, che possiamo paragonare ai Certosini o ai Trappisti; ha sospirato una vita contemplativa di silenzio, di mortificazione e di preghiera. Egli non ha mai potuto realizzare tutto questo e il Signore l'ha tenuto invece nella vita sacerdotale come parroco. E come tale egli si è distinto per la sua grande missione al confessionale, alla predicazione e al catechismo. Nella vita contemplativa sarebbe stato buono più per sé, ma meno per le anime.
Perché allora il Signore gli ha lasciato sempre quel desiderio di vita contemplativa mai realizzato? Vi sono persone le quali hanno bisogno, in certi tempi, di sentire questa tendenza, la quale non è propriamente una vocazione alla vita contemplativa, ma è un richiamo di Dio perché uno che è nell'apostolato non vi si abbandoni troppo, cioè non abbandoni troppo l'orazione, il raccoglimento. Il suo bisogno di raccoglimento, quindi, non è una spinta alla vita contemplativa, ma una grazia che il Signore gli conserva affinché, pur lavorando per gli altri, trovi anche il tempo per sé. Prima la preghiera e poi l'apostolato; prima l'orazione per sé e poi l'azione per gli altri. Certe tendenze, quindi, non indicano che vi sia un'altra vocazione, ma piuttosto la grazia di Dio che lavora per mantenere l'apostolo nella sua via, oppure per mantenere il religioso contemplativo sulla sua via.
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Al religioso contemplativo tante volte viene la tentazione di uscire, di mettersi a lavorare per le anime, di predicare. Quella non è una vocazione a un altro stato, ma è solo una voce di Dio, una chiamata per esortarlo a esercitare lì l'apostolato con la preghiera, ad aiutare le anime con la preghiera, con la mortificazione e con lo sforzo continuo di santificarsi. Quindi noi abbiamo sempre bisogno di avere consigli, per non fraintendere la voce di Dio.
In generale i mezzi sono tre; il primo è la preghiera. Il Signore che ci ha destinato per una strada non mancherà di avviarci e darci i mezzi necessari per introdurci a prendere quella strada. Il Signore comunicherà specialmente nella comunione e nella confessione e molto di più nei giorni di ritiro, di esercizi, la luce per farci capire a quale via siamo chiamati, che cosa dobbiamo fare conformemente al disegno di Dio e alle attitudini, qualità, ricevute nella creazione, nel battesimo e nelle grazie successive. Il Signore non manca di farsi sentire, purché si preghi e soprattutto perché l'anima rimanga in grazia. Perché la voce di Dio nel peccatore generalmente non si fa sentire finché non abbia detestato il peccato. Quindi conservarsi in grazia.
La vocazione si ha con la creazione e col battesimo, quindi la sentono più facilmente i bambini, quando vivono in un ambiente di serenità e di innocenza. Poi, se c'è stata questa vocazione si farà sentire più fortemente a 12, a 14, a 18, a 20 anni, eccetera. Pregare molto, specialmente nei giorni di ritiro mensile. Il Signore farà sentire la sua voce in questi giorni, ma ancora di più negli esercizi spirituali.
Secondo: occorre riflettere. Il problema della vocazione è un problema grande e non si può dire con leggerezza che si farà questo o si farà quello. È un problema che impegna la vita e anche l'eternità, in una certa misura. Allora rifletterci.
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Raccontavano due fratelli che per scegliere la loro strada buttavano il cappello per aria e se cadeva da una parte era segno che dovevano fare il militare, mentre se cadeva da un'altra parte, era segno che dovevano fare il prete. Bisogna rifletterci, pensarci seriamente senza lasciarsi impressionare dalle cose esterne, neppure dalla voce dei genitori se si tratta di vocazione che viene da Dio. Vedete che Gesù, quando si è trattato di dar saggio della sua vocazione, a 12 anni si è fermato nel Tempio ad insaputa dei genitori, e là si è intrattenuto coi Dottori riguardo alle cose che si riferivano al Padre Suo. La madre e san Giuseppe quando l'hanno ritrovato gli hanno detto: «Figliolo, perché ci hai fatto così?». E Gesù a loro: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Maria e Giuseppe non compresero subito questa risposta, ma la intesero più tardi (Cfr. Lc 2,41 e ss.). Quindi il nostro desiderio dev'essere quello di conoscere ciò che vuole Dio da noi, dove più facilmente ci salviamo e dove possiamo fare più bene. Pensarci!
Ci vogliono le attitudini, si comprende. Chi non ha salute non può fare il missionario, ad esempio; chi non ha capacità per lo studio, non può pretendere di intraprendere una carriera che implica impegno allo studio. Ci vogliono le attitudini, ma le attitudini possono essere alle volte tanto per chi, per esempio, vuol fare gli studi come legale, come avvocato, aspirando alla carriera del legale, come ci vogliono le capacità allo studio per chi deve farsi sacerdote. Pensarci su!
Terzo: bisogna consigliarsi e il consigliere dev'essere uomo che sa, uomo che ama, uomo esperto, uomo maturo. Molto spesso è il confessore, se il confessore si è frequentato un po' a lungo o almeno se in un corso di esercizi la persona si manifesta più a lungo, interamente, rispondendo sinceramente alle domande che venissero fatte. Occorre il consiglio di chi è disinteressato, e non sempre i parenti sono disinteressati. Una mamma rispondeva saggiamente: «La mia preghiera è che tu trovi la tua strada, e che ti renda degno della tua strada, cioè che viva bene e così possa sentire la voce di Dio». Allora consigliarsi.
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Come corrispondere poi alla propria vocazione? Per corrispondere alla propria vocazione occorre sempre vincere qualche difficoltà, e alle volte sono molte le difficoltà. Qualche volta le difficoltà dipendono dalla persona stessa, qualche volta dall'ambiente, qualche volta non si hanno i mezzi materiali, qualche volta può essere la salute che impedisce questo o quell'altro lavoro, questo o quell' altra missione. Se una vocazione è un po' ostacolata e riesce vittoriosa, mostra subito che è una vocazione vera. Quando si devono fare sacrifici per raggiungerla, allora si dimostra di avere una volontà ferma e quei sacrifici che si fanno meriteranno la grazia per corrispondere.
Le condizioni per rispondere alla chiamata della vocazione sono: 1) la preghiera; sempre la preghiera ci vuole; 2) risoluzione ferma; 3) stabilità. La preghiera! Il Signore ha preparato le grazie perché ognuno possa seguire la sua via, però vuole che sempre preghiamo. Egli ci ha assicurato che tutto quello che chiederemo al Padre in nome suo ci sarà dato. Pregare ogni giorno per ricevere ogni giorno. Chi abbandona la preghiera che cosa riceverà? Specialmente se si tratta di una vocazione distinta, una vocazione alta, occorrono più grazie. Allora occorre maggior preghiera.
In secondo luogo, bisogna perseverare. Verranno sempre dei giorni difficili; qualunque strada noi prendiamo, ci saranno sempre delle difficoltà. Se non ci facciamo il programma di vincere con la grazia di Dio e con il nostro sforzo tutte le difficoltà, allora saremo come delle banderuole che si piegano ad ogni vento, quello che ieri ci piaceva oggi non ci piacerà più, perché c'è quella difficoltà o quella tentazione. Dopo che un'anima ha rinunciato al mondo per mezzo della sua vita di consacrazione, potrà avere qualche volta anche delle tentazioni più forti di altri che vivono nel mondo. Ma le tentazioni non sono né bene né male, sono occasioni di peccato per chi vuol seguirle, e occasioni di merito per chi vuol combatterle.
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Chi vince una tentazione grave, alle volte ha più merito forse che a fare la comunione; perché a fare la comunione non trova difficoltà, invece per vincere una tentazione grave bisogna che ci sia una lotta ferma, una lotta continua, perché il nemico è ostinato.
Terzo: occorre poi che uno prenda la sua strada. Bisogna decidersi, una volta in età adatta, vincendo gli ostacoli che si presentano e poi perseverare. A chi dice di aver paura di avere sbagliato, sant'Agostino risponde: «Se non eri chiamato fatti chiamare adesso, se il Signore non ti aveva chiamato prima». E come? Pregando un po' di più. Il Signore allora infonderà le grazie, la luce e la fortezza necessaria per perseverare; ma non bisogna arrendersi alle difficoltà. Tante difficoltà sono solo occasione di maggior merito. Avanti quindi per la strada nella quale ci sentiamo chiamati. La vocazione può essere che si sia sentita più presto o più tardi; ma quando la voce di Dio è chiara, se avete sentito oggi la voce di Dio, non fate i sordi, non abbiate un cuore duro, perseverate con forza ed energia.
Il Signore vi guidi tutte per la strada vostra perché quella è la strada della salvezza, della santità, dell'apostolato.
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